rosso come il cielo

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rosso come il cielo
ROSSO COME IL CIELO
Età
consigliata
dagli 11 anni
Regia Cristiano Bortone Origine Italia, 2004
Durata 96’ Distribuzione Lady Film
Il film è ispirato alla storia di Mirco Mencacci, uno dei montatori del suono italiani di maggior talento e non vedente.
Il film é ispirato alla storia di Mirco Mencacci, uno dei montatori del suono italiani di maggior talento e non vedente.
È il 1971. Un paese della Toscana. Mirco - 10 anni - È intelligente e vivace,
appassionato di cinema, soprattutto di film western e d’avventura. Suo padre,
idealista, camionista, condivide con il figlio la passione per le avventure su
grande schermo. Un giorno, mentre Mirco gioca con un vecchio fucile, parte un
colpo che lo colpisce in pieno. Il ragazzo sopravvive, ma perde la vista.
In quegli anni ai non vedenti non era permesso frequentare la scuola pubblica.
Mirco frequenterà quindi l'Istituto per ciechi David Chiossone di Genova.
Il ragazzino ha difficoltà ad accettare la cosa. Quando trova un registratore a
bobine e scopre che, tagliando e riattaccando il nastro, riesce ad ideare delle
storie fatte solo di rumori, per lui si apre un nuovo mondo. Insieme al compagno Felice e a Francesca, figlia della portinaia, il ragazzo comincia a registrare
tutti i rumori dell’ambiente e si diverte anche a produrne di originalissimi utilizzando qualsiasi oggetto. Il tema assegnato dal maestro - descrivere le stagioni
– sarà realizzato da Mirco in modo originale: con suoni anzichè con i caratteri
brail. L'attività di Mirco è osteggiata, dal direttore dell’Istituto convinto che un
cieco sia un handicappato al quale è meglio non creare illusioni. Ma Mirco
continua la sua lotta e comincia a coinvolgere nelle sue favole sonore tutti gli
altri bambini ciechi del collegio facendo loro scoprire i sogni e le potenzialità
negategli fino ad allora. Una notte, con l’aiuto di Francesca, Mirco convince il
piccolo gruppo di ragazzi a uscire di nascosto dal collegio per andare al cinema. Per tutti l’esperienza sarà esaltante, ma Mirco viene espulso dal collegio.
Mentre Mirco combatte la sua guerra personale, fuori dal collegio è in corso una
battaglia più ampia per cambiare la società. Sono scoppiate le proteste politiche,
gli studenti sono in piazza. Durante una delle sue scappatelle, Mirco aveva
conosciuto e fatto amicizia con Ettore, uno studente universitario non vedente
con una coscienza politica e una sensibilità sociale. Saputo dell’espulsione del
ragazzo, Ettore spinge alla mobilitazione l’intera città. Studenti e lavoratori si
parano davanti all’istituto per ciechi minacciando di spegnere l’altoforno della
città se il bambino non sarà riammesso.
Di fronte alla mobilitazione gli eventi precipitano. La gestione dell’istituto viene
messa sotto inchiesta. Mirco viene riammesso e ottiene addirittura il permesso di
cambiare il tema della recita di fine anno. Invece delle solite poesie d’ispirazione religiosa i ragazzini, sotto la guida entusiasta del loro insegnante, metteranno in scena la loro “favola sonora” di fronte a un pubblico di genitori bendati.
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Molto spesso l’atteggiamento istintivo nei confronti della diversità,
anche se non di aperta intolleranza, è
di imbarazzo o compatimento. Ciò
accade soprattutto nei confronti della diversità fisica. Paradossalmente le
lotte dei non vedenti nell’ultimo
secolo sono state invece tutte nella
direzione opposta: il riconoscimento
della propria “normalità”. La storia di
Mirco è simbolica di questo percorso. Il film racconta in modo provocatorio la lotta tenace di un ragazzo
che, divenuto cieco, cerca di riconquistare la propria dignità e di dimostrare il suo talento
in un mondo legato a preconcetti. Fino al 1975, anno in cui furono abolite le “scuole per
ciechi” e i bambini furono inseriti nel “mondo reale”, gli educatori davano per scontato che
un ragazzo non vedente potesse essere destinato solo alla beneficenza o a lavori non qualificati.Al contrario i bambini si sentivano come gli altri e cercavano di imparare quanto più
possibile per conquistarsi il diritto alla normalità. La loro scommessa era poter fare, in
modo diverso, tutte le cose che un bambino normale voleva fare. “Niente è impossibile”
sembrava essere il loro motto. Mettendo sullo schermo i ricordi di chi ha vissuto questa
condizione in prima persona, il film racconta questa sfida eccezionale e ci porta a scoprire
le emozioni, gli stati d’animo di un mondo poco conosciuto dalla maggioranza di noi. Ma la
lezione finale è più ampia: ognuno nasce con le proprie difficoltà e il destino di non vedente non è poi così diverso da quello di tutti noi. Importante nella vita è vivere con intensità
senza rinunciare ad affermare la propria identità e a inseguire i propri sogni.
Le ambientazioni del film sono divise fra la Toscana e Genova. Per ricreare la maestosità e i
grandi spazi di un collegio della fine degli anni sessanta si è scelta l’imponente struttura
dell’ex Albergo dei Poveri a Genova. Il complesso, con la sua aria monumentale ma allo
stesso tempo polverosa e fatiscente, è riuscito a rendere l’idea di uno spazio “più grande”
dei bambini ciechi che lo abitavano, una dimensione che incutesse rispetto e timore anche
a chi non era in grado di percepirla direttamente con la vista. All’interno dell’enorme
costruzione è stato creato un vero e proprio centro di produzione e sono stati ricostruiti la
maggior parte degli ambienti del film: le enormi camerate, le cucine, la sala mensa, i giardini
interni. Essendo uno degli elementi centrali della storia, il suono del film non poteva non
essere oggetto di una ricerca creativa e tecnica particolare. L’impianto sonoro della produzione è stato creato da un gruppo di lavoro di sound design fin dalle prime fasi della realizzazione. Così la figura del rumorista non ha fornito un semplice arricchimento del film finito,
ma un apporto creativo per tutto il periodo della lavorazione. Durante la revisione della sceneggiatura e nel corso delle riprese i rumoristi hanno ideato le atmosfere sonore che avrebbero guidato Mirco all’interno del suo nuovo mondo di oscurità e hanno creato i rumori che lui e
i suoi amici avrebbero raccolto per le loro “favole sonore”. Il passo successivo è stato insegnare ai bambini protagonisti come riprodurre dal vero i rumori. Tutti si sono trasformati in
rumoristi in erba, esplorando oggetti, materiali, forme, fino ad arrivare a dare essi stessi consigli e idee. Una delle sfide più rischiose del film è stata ricreare in maniera credibile un
intero collegio di bambini non vedenti di dieci anni. Molto spesso il cinema ha tentato di
avvicinarsi alla cecità. In questo caso il numero dei protagonisti, e la loro età, ponevano una
difficoltà ancora maggiore.
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Nel corso di un anno gli autori hanno cercato nelle sedi delle associazioni di non vedenti di tutta Italia i
bambini in grado di interpretare il
gruppo degli amici di Mirco. La loro
volontà era quella di offrire a dei veri
ragazzini non vedenti, spesso emarginati nella vita reale, l’opportunità di
essere per una volta protagonisti.
È stata, come dichiara la produzione
stessa, una ricerca appassionante che
ha coinvolto la direzione nazionale
dell’Unione Italiana Ciechi, l’Associazione Genitori Bambini Non Vedenti e lo stesso nuovo Istituto Chiossone di Genova,
dove la storia ha avuto luogo nella realtà. Il risultato ha prodotto la scoperta di veri e propri
talenti, dove la disabilità visiva viene compensata da una straordinaria sensibilità e voglia di
affermazione. Per preparare il resto del cast di minori alla cecità, prima delle riprese del
film è stato organizzato a Genova un training speciale di un mese che, con l’ausilio di educatori specializzati, ha messo a confronto i piccoli attori vedenti con un mondo nuovo e
completamente insospettato. Per la prima volta sono stati i bambini ciechi a insegnare ai
vedenti qualcosa che da soli non avrebbero mai saputo fare: come mangiare, vestirsi, camminare, vivere la propria vita quotidiana senza l’ausilio della vista.
a cura di Patrizia Canova
SPUNTI DI RIFLESSIONE
• Definisci il significato che ha per te la parola diversità. Pensi che Mirco sia un ‘diver•
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so’? Perché? Che cosa pensi dei suoi comportamenti? E di quelli del direttore dell’Istituto?
Quali sono secondo te gli ‘ingredienti’ necessari per superare i propri limiti?
Ci sono persone che conosci che tu consideri ‘diverse’? Perché? Che sentimenti provi
nei loro confronti? Come li tratti?
Ti capita di sentirti ‘diverso’? Rispetto a chi? Quando? Perché? Come ti comporti quando ti senti ‘diverso’?
Approfondimenti: handicap e diversità, i pregiudizi nelle relazioni, le scuole ‘speciali’ e
l’esclusione, il coraggio come ‘terapia’ del limite, l’handicap nel cinema e nella vita
reale.
PERCORSI DIDATTICI
• Il coraggio può essere una favola ad occhi chiusi recita la locandina del film, Sogno,
suono, sono, sostiene Mirco Mencacci: a partire da queste affermazioni far sperimentare agli alunni l’esperienza di ri-trovare dentro sé immagini, storie e situazioni, chiudendo gli occhi e lasciandosi avvolgere solo dal mondo sonoro.
• In Rosso come il cielo i dialoghi, i suoni e, in particolare, i rumori sono molto importanti
e significativi. A partire dalle suggestioni proposte dalle ‘favole sonore’ è possibile proporre agli alunni di munirsi di un semplice registratore e di un microfono e provare a
riprodurre i suoni della natura e anche a crearne nuovi con oggetti d’uso comune. I suoni ottenuti potranno servire come punto di partenza per inventare una nuova storia.
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