Proposte - Drone Magazine

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DIPARTIMENTO REGOLAMENTAZIONE Documento redatto da ing. Andrea FANELLI dott. Andrea MOCHI ing. Andrea TORRI Calcio (BG), 20 Marzo 2015 OGGETTO:​
Proposte di modifica al Regolamento SAPR ­ Ed.1 del 16/12/2013 Questo documento contiene Proposte, Suggerimenti e Richieste di miglioramento/modifica dell’attuale Regolamento SAPR. Le proposte sono il risultato dell’analisi ed elaborazione delle domande/perplessità/difficoltà operative che le decine di Operatori Riconosciuti trovano sul loro cammino per poter lavorare rispettando il Regolamento. Molti di questi Operatori Riconosciuti sono in una situazione di attesa, senza lavorare, mentre altri “Potenziali Operatori” preferiscono restare in “stand­by” e non iniziare l’iter previsto per il Riconoscimento in quanto ritengono che “non ne valga la pena” stante le difficoltà operative che conducono alla sostanziale inapplicabilità pratica del Regolamento; favorendo in questo modo chi, non riconosciuto, opera illegalmente e, finora, senza alcuna reale sanzione. La situazione attuale, se perdura, potrebbe portare ad una perdita di credibilità dell’ente normatore e del regolamento emanato e quindi alla perdita di opportunità economiche per il Paese, in quanto chi lavora nell’illegalità resterà in un mercato sommerso di evasione ed elusione. Le seguenti proposte e le relative, possibili, soluzioni sono state discusse e prioritizzate durante il tavolo di lavoro a Rivalta (PC), in occasione della prima convention di FIAPR. 1 di 11 1. Operazioni specializzate all’interno di CTR Ground PROBLEMA: ­ I CTR Ground in Italia sono molto estesi, fino a più di 50 Km di distanza dagli aeroporti di riferimento. Talvolta possono coprire intere province; per poter compiere operazioni specializzate in questi spazi aerei l’attuale Regolamento prevede che sia presentata una Domanda di Autorizzazione ad Operazioni Critiche ed eventualmente richiesto ed ottenuto un NOTAM (processo lento e costoso). PREMESSE: ­ Il traffico aereo che si può incontrare lontano dagli aeroporti nello spazio aereo compreso tra SFC e 220 ft d’altezza all’interno di questi CTR GND molto estesi NON è differente o più denso di quello che si trova in spazio G alle stesse altezze; ­ Riteniamo che non abbia senso (dal punto di vista della SICUREZZA) impedire ai pochi operatori di SAPR riconosciuti (86 ad oggi), con i seguenti requisiti: 1.
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3.
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mezzi con sistema di terminazione del volo; piloti in buona salute (idoneità psico­fisica Classe II); piloti educati alle regole dell’aria (competenza teorica); piloti idonei al pilotaggio (capacità pratica); di effettuare voli (limitati a 70m d’altezza) nei CTR Ground lontano dagli aeroporti, come è invece permesso a DECINE DI MIGLIAIA di “aeromodellisti” (che secondo l’articolo 23 del Regolamento possono impegnare lo stesso spazio aereo senza dover essere in possesso dei requisiti sopra elencati); tali Aeromodellisti possono (se in possesso d’attestato AeCI) addirittura compiere evoluzioni fino a 150m di altezza, nei suddetti spazi CTR Ground. Da notare che gli Aeromodelli sono mezzi che in caso di avarie e malfunzionamenti necessiterebbero di buffer ben piu estesi poichè non dotati di sistema di terminazione del volo. SOLUZIONE PROPOSTA: Escludere i CTR dagli spazi aerei controllati in cui gli APR non possono volare (esattamente come già attualmente previsto per gli aeromodelli) sostituendo i due punti dell'Art.8 comma 5a : ­ in spazi aerei non controllati; ­ fuori dalle ATZ e comunque ad almeno 8 km dal perimetro di un aeroporto ​
E dai sentieri di avvicinamento/decollo di/da un aeroporto. con il contenuto dell’Art.23 della Sez. Aeromodelli. (Sez. V): ­
fuori dalle ATZ e comunque ad una distanza di almeno 8 Km dal perimetro di un aeroporto ​
E FUORI dai sentieri di avvicinamento/decollo​
*​
. Devono inoltre essere rispettate le regole dell’aria applicabili inclusa la capacità di “see and avoid”. *​
P​
er quanto concerne l'attività SAPR sostituire "8Km dal perimetro di un aeroporto ​
E dai sentieri [...]" con "8Km dal perimetro di un aeroporto ​
E FUORI ​
dai sentieri [..]”, in quanto si evidenzierebbe una problematica molto simile all'estensione dei CTR Ground, nel caso si debba mantenere la distanza di 8Km ANCHE dai sentieri, oltre che dagli aeroporti. [NOTA: idealmente anche la distanza troppo “semplicistica” di “8Km da QUALUNQUE aeroporto” va sostituita da volumi proibiti più congrui al rischio reale d’interferenza come indicato nella proposta 6. 2 di 11 2. Persone coinvolte nelle operazioni Si chiede all’Ente Normatore di confermare ufficialmente, all’interno del regolamento o in una nota esplicativa, (finora il seguente chiarimento è stato dato solo a voce da alcuni funzionari ma mai per iscritto) che “qualora le persone all’interno dell’area delle operazioni + buffer siano tutte CONSAPEVOLI delle operazioni in corso coi SAPR, abbiano ricevuto un’informativa sul comportamento da tenere durante le operazioni e in caso di problemi all’APR, e abbiano firmato una liberatoria in cui si dichiarano in ​
accordo con l’attività e ​
consapevoli dei rischi, NON devono essere considerate “persone alle quali il SAPR non può avvicinarsi a meno di 50m” (nota esplicativa n.1 ­ ORGANIZZAZIONE, p.to 8) PREMESSA: Negli altri paesi, ad esempio in Francia sul sito dell’Ente normatore, è presente un modulo ufficiale da far firmare alle persone coinvolte nelle operazioni (i.e. ad esempio attori e macchinisti su di un set cinematografico) per potercisi avvicinare con l’APR, non rispettando quella distanza minima che è invece necessario rispettare verso persone ignare delle operazioni: http://www.developpement­durable.gouv.fr/document142757 3 di 11 3. Definizioni/terminologia PROBLEMA: Nel Regolamento attuale alcune definizioni sono potenzialmente ambigue e lasciano apertura ad interpretazioni. Ciò porta gli Operatori SAPR ad avere idee e valutazioni delle regole e dei requisiti regolamentari talvolta significativamente divergenti, con il risultato di perdere la commessa in un caso ed acquisirla nell’altro. Servono definizioni precise, che non lascino spazio ad interpretazioni. PREMESSA: Il seguente elenco di termini, da descrivere con maggior definizione ed esauriente chiarezza, scaturisce dall’esigenza di dover rimuovere i dubbi che sfociano nel poter definire “Non Critica/Critica” una data operazione specializzata, unitamente alla necessità di dover rispettare le condizioni per l’analisi del rischio e dell’assicurazione professionale in corso. Ove necessario, al fine di non lasciar spazio all’interpretazione, si chiede all’Ente normatore di produrre un elenco di definizioni (ad. es. per la definizione di ​
impianti industriali ​
o per le ​
infrastrutture, ​
sulle quali è vietato il sorvolo). DEFINIZIONI INDISPENSABILI: 1. AREA CONGESTIONATA​
: confronto distanze «150m da aree congestionate» Vs «50m da persone» (Art.8 comma 5a). ➔ Quante persone fanno diventare un’area «congestionata», quindi quando la distanza di sicurezza passa da 50m «da persone e cose» a 150m «da aree congestionate»? 2. SORVOLO​
; 3. ASSEMBRAMENTO​
; 4. AGGLOMERATO URBANO​
(quale densità abitativa diviene “agglomerato”?); 5. INFRASTRUTTURA​
(quindi “divieto di ​
sorvolo”​
); 6. IMPIANTO INDUSTRIALE *​
*​
​
(quindi “divieto di ​
sorvolo”​
); Esempio “campo fotovoltaico”: molti operatori interpretano il regolamento alla lettera e li considerano “impianti industriali” e si autolimitano ritenendo di non poter effettuare operazioni specializzate non critiche in queste aree. Altri operatori, si attengono alla loro personale analisi del rischio e ritenendo non pericoloso (i.e. nessun effetto collaterale CATASTROFICO) il crash del loro APR su un pannello fotovoltaico se l’area è sgombra da persone non implicate nelle operazioni (si veda anche il capitolo successivo!) ritengono di poterci operare in tranquillità… ma… subordinati all’interpretazione che fornirà eventualmente il Legale dell’assicurazione in caso di incidente (anche solo per un eventuale risarcimento materiale ­ danni a cose). ** ​
Considerare differentemente i diversi impianti industriali, in base ai reali ​
rischi derivanti dall’attività SAPR; Il rischio di ​
evento catastrofic​
o, ​
compatibilmente all’attività industrial​
e, non scaturisce in probabilità maggiori di quelle imposte dal Regolamento a causa della semplice caduta dell’APR su un generico impianto industriale (in quanto, in op. spec. non critica, l’area operativa + buffer è sgombra da persone e cose non sotto il diretto controllo o, in caso contrario, a distanza di almeno 50m). Piuttosto, con la caduta dell’APR in una zona particolar​
e di quell’industria particolare che presenta ​
interferenze ​
con l’APR stesso ed i suoi componenti/caratteristiche. Si fà riferimento 4 di 11 esclusivamente, quindi, alle “aree classificate con pericolo di esplosione”, in cui, a seguito dell’impatto, ​
potrebbero generarsi incidenti gravi; le cause che potrebbero portare al manifestarsi dell’evento pericoloso possono essere: componenti dell’APR che siano sorgente di innesco dell’atmosfera potenzialmente esplosiva ​
(se e solo se presente al momento dell’impatto​
); questo scenario, tuttavia, non si presenta in tutti gli ​
impianti industriali​
, bensì esclusivamente in ​
particolari ​
aree (ben identificate/identificabili) di ​
particolari impianti i quali, a seguito di valutazione del rischi​
o aziendale e classificazione delle aree pericolose​
, hanno individuato la presenza dell’area pericolosa e adottato le precauzioni del caso (mitigazione del rischio). Sarebbe quindi sufficiente evitare di sorvolare suddette aree, rispettando l’analisi del rischio sia aziendale che dell’operatore SAPR (per buffer e distanze), senza limitare il sorvolo all’intero impianto. Si ritiene necessario esclusivamente ​
evitare di introdurre i rischi da interferenza con l’attività sorvolat​
a, senza specificare la ​
tipologia di impianto; impianti che realizzano lo stesso prodotto, con simile processo produttivo, possono restituire differenti valutazioni del rischio, in base alle differenti caratteristiche intrinseche aziendali: diversa materia prima, diversa ventilazione/portata d’aria, diversa posizione della sorgente d’emissione; inoltre, differenti pressioni con le quali è in circolo la sostanza pericolosa nell’impianto, comportano diverse estensioni dell’area pericolosa in caso di guasto, con conseguenti aree pericolose estese/ridotte​
/non present​
i, nonostante la tipologia di attività dei due impianti­campione confrontati sia la stessa. Si consiglia, dunque, di rimandare all’analisi dei rischi dell’impianto industriale, caso per caso, per comprendere dove siano ubicate suddette zone pericolose (​
se presenti​
) e quanto siano estese, così da programmare l’attività SAPR di conseguenza, senza mutare nè il livello di rischio calcolato, nè quello dell’impianto sorvolato, rendendo possibile lo svolgimento delle operazioni in scenario non critico, senza interferire con l’attività industriale. ​
Questa valutazione congiunta trova perfetta corrispondenza con le prescrizioni dell’articolo 6.3 del Regolamento, che richiede la definizione preliminare di un accordo tra Operatore e e Committente in merito a valutazione dei rischi, idoneità del SAPR, modalità operative, responsabilità civili. Concludendo, è eccessivamente limitante considerare “impianto industriale”non sorvolabile un’intera raffineria o base petrolifera, dovendone invece specificare le aree con interdizione al sorvolo (se presenti) e soprattutto risulta eccessivamente ridondante la definizione generica di “impianto industriale”, se ci si deve riferire a “​
un complesso di capitali​
, ​
macchine​
, ​
mezzi e ​
addetti atti a sfruttare le ​
risorse materiali ed ​
energetiche per trasformarle in prodotti finiti a maggior ​
valore aggiunto attraverso trasformazioni ​
chimico ​
fisiche o processi di ​
fabbricazione e/o ​
montaggi​
o”, definizione in cui rientrerebbero, ad esempio, u​
n capannone in cemento armato con commercio rottami lavorati, una tipografia, un’officina meccanica, ed altri ambienti in cui il rischio di evento catastrofico è ampiamente inferiore a quello richiesto, non essendo presenti persone e cose non sotto il diretto controllo e sorgenti di emissione che creino una zona con pericolo di esplosione. Responsabilità dell’operatore (e del Committente) riferirsi all’analisi del rischio aziendale per valutarne la classificazione delle aree. 5 di 11 4. Operazioni Specializzate “critiche miste​
” PROBLEMA: Impossibilità di operare senza cavo di vincolo, riscontrata dagli operatori nella fase di studio di fattibilità dello scenario definito misto. La difficoltà è quella di poter ​
effettivamente operare negli scenari misti perchè calcolando la distanza denominata “d1” moltiplicando la velocità massima dell’APR per 5 secondi si ottengono dimensioni di buffer molto ampie e spesso irrealizzabili. Nella valutazione proposta dalla Nota Esplicativa 2 non è possibile poter tenere conto dei seguenti fattori di mitigazione: ­
­
­
accelerazione dell’APR, che inizia dalla manifestazione del guasto a velocità istantanea durante le operazioni (nelle op. spec. miste, soprattutto, la velocità media a cui si effettuano le operazioni è molto bassa, spesso non supera i 2m/s) e non già alla massima velocità; struttura organizzativa dell’operatore e composizione dell’equipaggio che, nella maggior parte dei casi di scenario misto, non è composto dal solo Pilota in Comando, bensì è assistito almeno da un osservatore e/o da un secondo pilota addetto camera/sensoristica o telemetria; in conseguenza allo svolgimento delle operazioni a bassissima velocità in scenario misto​
, potendo quindi ​
percepire ​
immediatamente un fail o un comportamento errato/autonomo dell’APR, la capacità di reagire alla manifestazione del guasto è << 5s (il tempo di reazione, ottenibile grazie a personale organizzato ed addestrato a percepire queste situazioni di fail, in operazioni nelle quali la velocità dell’APR e la sua altezza e distanza rispetto a punti fissi sono limitate, è stato provato attestarsi sotto ai 2s) PREMESSA: In base a quanto riportato nella ​
Nota Esplicativa n.2 del 17 Dicembre 2014, le due soluzioni adottabili sono esclusivamente la limitazione del volume di volo mediante vincolo fisico insormontabile (cavo resistente ancorato ad un elemento al suolo) e la creazione di una “Zona Franca” di dimensioni calcolate in modo semplificato ed eccessivamente conservativo, basandosi solo sul valore di velocità massima e 5 secondi di ritardo nell’attivazione del secondo terminatore di volo. Nell’ipotesi di aver definito una Zona Franca (eventualmente di dimensioni più operabili) non è chiara la motivazione per la quale tutte le operazioni definite miste dovrebbero essere considerate “critiche”. Inoltre, la richiesta aggiuntiva del worst­case “ad altezza massima” è opzione non presente nella nota esplicativa n.2, ma richiesta nelle fasi operative di analisi documentazione, senza poter tenere in considerazione le mitigazioni precedentemente descritte. All’interno di una Zona Franca si ricrea lo scenario operativo non critico (Art.8, comma 5 ­ lettera a), in quanto l’area operativa + buffer presenta le seguenti caratteristiche: ­
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­
­
­
­
­
assenza di persone non​
indispensabili alle operazioni​
, nella “​
zona franca​
”; distanza di almeno 50m da persone o cose non sotto il diretto controllo dell’operatore; operazioni che ​
non prevedono il sorvolo​
, anche in caso di avarie e malfunzionamenti, di aree congestionate, assembramenti di persone, agglomerati urbani e infrastrutture, aree riservate ai fini della sicurezza dello stato, linee e stazioni ferroviarie, autostrade e impianti industriali rispetto dell’area operativa e buffer, in presenza di secondo sistema di terminazione del volo indipendente; procedure di security attive; limitazione dell’esposizione al rischio (quindi della durata del volo); operazioni condotte in V70; 6 di 11 ­
in condizioni di luce diurna; … etc L’unico punto dei requisiti “non critici” cui viene meno un’operazione mista, facendola ricadere nella definizione di “critico”, è lo svolgimento delle operazioni all’interno di un’area che nel suo insieme, prima di averla recintata e controllato gli accessi, è globalmente congestionata, dalla quale bisognerebbe mantenersi ad una distanza di almeno 150m.. ​
All’interno dell’area congestionata viene ricreato esattamente uno scenario di non criticità delle operazioni, rispettando una serie di requisiti prefissati per le operazioni non critiche già in essere, per garantire, anche in caso di avarie e malfunzionamenti, la terminazione del volo entro l’area di buffer, tramite il secondo sistema indipendente di terminazione del volo. N.B.: si fà presente che nelle operazioni specializzate non critiche è consentito il sorvolo delle persone sotto il diretto controllo dell’operatore, purchè non si configurino in “assembramento” (non solamente delle persone “indispensabili alle operazioni”, come per le op. critiche miste). Oltre ad adempiere a requisiti particolari, quindi, si configura un livello di rischio addirittura piu basso rispetto al “non critico”. SOLUZIONE PROPOSTA: Viste le premesse sopra esposte, ​
si propone di far rientrare le operazioni miste in una sotto­categoria delle operazioni “NON critiche” in quanto sono rispettati i livelli minimi di sicurezza che consentono di non sconfinare nell’operazione critica (installando i sistemi di sicurezza richiesti dalla nota esplicativa 2 e rispettandone i requisiti). Per dare evidenza del fatto che, anche in assenza di una esplicita e preventiva verifica ENAC, l’Operatore abbia valutato preliminarmente la rischiosità della missione in Zona Franca, si propone che il documento di Valutazione del Rischio venga inviato ad Enac (ad esempio a mezzo PEC) prima dell’esecuzione dei voli e/o conservato dall’Operatore per un congruo periodo di tempo. Il documento di Risk Assessment specifico dell’operazione mista terrà in considerazione di: limitazioni operative, velocità massima alla quale viene effettuata la missione, procedure di security, altezza massima necessaria alle operazioni, procedure operative ordinarie e straordinarie (definite nel Manuale delle Operazioni e nelle specifiche Istruzioni di Missione), definizione dell’area operativa e di buffer, misure di contingency, check­list pre­volo/post­volo e determinazione della “zona franca”. A sostegno della proposta, si cita la ​
condivisa interpretazione dell’Ing. Cardi (Roma Drone Conference ­ 17/03/2015) inerente l’esempio di un’operazione specializzata in un cantiere (nel 2
dettaglio: EXPO2015), eseguita in area con densità ab/km​
assimilabile ad area congestionata, ​
ma, sotto regime di autocertificazione valutata (giustamente, viste le limitazioni e i buffer), come “operazione specializzata non critica​
”. La proposta si conclude con la modifica dell’Art. 8, comma 5 ­ lettera b): b. Per operazioni specializzate critiche, si intendono quelle operazioni condotte in VLOS, nell’ambito di limitazioni/condizioni che non rispettano, anche solo parzialmente, quanto al precedente comma 5a, ​
ad esclusione delle operazioni specializzate di tipo misto in zona franca, fermo restando il rispetto degli specifici requisiti dedicati a quest’ultimo tipo di operazione specializzata. Si richiede un iter “semplice” (o quantomeno dal costo CERTO), qualora l’Operatore decida di chiedere direttamente una “autorizzazione” invece di adottare la “Zona Franca” che si configurerebbe come autocertificazione. 7 di 11 5. Creazione di volumi di spazio aereo di sicurezza attorno agli aeroporti più congrui al rischio reale, rispetto al cilindro di 8Km di raggio PROBLEMA: La distanza di sicurezza di “8Km da QUALUNQUE aeroporto” indipendentemente dal suo tipo di traffico, dalle sue procedure etc., va sostituita, almeno per i SAPR (lasciando una forma semplice per gli aeromodelli) da volumi di spazio aereo proibiti più congrui al rischio reale d’interferenza e che permettano, senza abbassare in alcun modo la sicurezza, di compiere molte più operazioni senza bisogno di richiedere autorizzazioni per operazioni critiche e/o emissioni di NOTAM. PREMESSA: In Francia da anni gli spazi aerei proibiti senza autorizzazione agli APR attorno agli aeroporti sono in funzione di diversi parametri (lunghezza pista, procedure d’avvicinamento etcetc) e la loro forma è costruita nel senso dell’asse pista, sovrapponendo parallelepipedi via via più grandi all’allontanarsi dall’asse pista (i.e. si può lavorare relativamente vicino ai “lati” delle piste non superando pochi metri d’altezza). Si consideri inoltre che in Italia (a differenza della sopracitata Francia) esiste già l’obbligo di montare un sistema indipendente per la terminazione del volo, che riduce moltissimo (da fattore 100 a fattore 1000 anche per i sistemi meno performanti!) il rischio d’impatto in aria a seguito di APR fuori controllo. SOLUZIONE PROPOSTA: Implementare volumi “proibiti” ai SAPR senza preventiva autorizzazione, diversi a seconda di ogni categoria e tipologia d’aeroporto, seguendo l’esempio della Francia (che è stato il primo paese in Europa a dotarsi di una Regolamentazione specifica per gli APR: Arrêté du 11 avril 2012). Esempi: 8 di 11 [NOTE aggiuntive]: ●
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I VDS hanno come limite di distanza minima di 5 Km da aeroporto (oltre al limite ATZ se esiste). Quindi ben minore rispetto agli 8 Km imposti ai SAPR; Per il VDS sono già previsti corridoi ed aree di lavoro in cui è possibile il volo entro CTR ed ATZ a quote comprese tra 300 e 500 ft. In queste aree potrebbe essere dato sin da subito libero accesso ai SAPR che hanno caratteristiche tecniche di sicurezza (secondo terminatore di volo). Fare attenzione alla differenza tra Aviosuperfici (utilizzabili da aeromobili) e Campi Volo per VDS (non utilizzabili da Aeromobili). I campi volo per VDS (piste, punti decollo per delta e parapendio, ecc) NON sono formalmente elencati in un documento comprensivo e facilmente reperibile ­­> problema di “informazione­prevenzione” per l’Operatore; Proporre possibilità di operare in ATZ e distanze <8 Km (o nuova distanza, ridimensionata) con semplice autorizzazione di TWR o accordo con gestore del campo volo tramite telefonata e contatto durante le attività SAPR (come già avviene in altri Paesi); Cercare di evitare di avere spazi proibiti attorno ad Avio/eli­superfici ENAC (nuove norme EASA/SERA) e, se inevitabile, cercare di adottare limitazioni “alla francese”, a forma di cono con apice verso il basso, meno restrittive del cilindro di 8Km di raggio. 9 di 11 6. Visita medica di Classe II PROBLEMA: Anche per effettuare operazioni specializzate ​
non critiche con SAPR leggerissimi è oggi richiesto che il pilota sia in possesso di certificato medico di Classe II in corso di valiità. E’ evidente quanto questo requisito sia un’ingiustificabile DISCRIMINAZIONE verso quelle persone che hanno deficit ritenuti non compatibili con il volo A BORDO di aeromobili ma che, di tutta evidenza, non comportano alcun rischio per quanto concerne la specifica attività di pilotaggio remoto di mezzi con MTOW <25Kg e soprattutto per compiere operazioni specializzate non critiche! Il certificato medico di seconda classe ha inoltre scadenza periodica, aggiungendo ulteriori costi e complicazioni agli operatori. PREMESSA: In ​
nessun altro paese al mondo, per pilotare mezzi di MTOW<25Kg, è richiesto nelle normative vigenti (o in tutte quelle in via d’approvazione o nelle linea guida in discussione a livello Europeo o Americano) un livello d’idoneità psico­fisica che si approssimi a quelli richiesti dalla visita medica di Classe II. SOLUZIONE PROPOSTA: Aggiungere all’Art.17 comma 4, la seguente prefazione: “Nel caso di operazioni specializzate critiche o di SAPR di massa massima al decollo maggiore o uguale a 25 Kg, [...]” 10 di 11 7. Definizione di un tariffario Enac DETTAGLIATO per attività SAPR PROBLEMA: Molti operatori non cominciano neppure il percorso per mettersi in regola o per richiedere l’autorizzazione ad effettuare singole operazioni specializzate critiche in quanto, in assenza di certezza sul costo finale dell’operazione, preferiscono attendere che si delinei un tariffario comune. In occasione di singole operazioni critiche, deve essere possibile preventivare l’importo che sarà fatturato all’operatore per l’esame della documentazione, oppure, se non prevedibile, almeno un range min­max noto. In generale, formulare un tariffario che sia pubblicamente consultabile sul sito Istituzionale, in base al quale ogni cittadino possa calcolare il costo finale dell’iter di riconoscimento o autorizzazione. PREMESSA: L’UFAC Svizzero ad esempio, indica un costo unico per l’analisi di qualunque domanda operazione specializzata critica. SOLUZIONE PROPOSTA: Formulare un tariffario che sia pubblicamente consultabile sul sito Istituzionale, in base al quale ogni utente possa calcolare il costo finale almeno per: ●
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Iter per riconoscimento per effettuare operazioni di “sperimentazione” (Ricerca e sviluppo); Iter per riconoscimento per effettuare operazioni specializzate non critiche; Iter per domanda di autorizzazione ad effettuare operazioni specializzate in scenari misti; Iter per domanda di autorizzazione ad operazioni specializzate critiche; Esami di idoneità al pilotaggio pratico presso Enac o distaccamento; Riconoscimento come Organizzazione di Addestramento; Riconoscimento come Organizzazione di Consulenza; Ispezioni, ​
richieste dall’Operatore,​
da parte di funzionari Enac; 11 di 11