Raffaello

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Raffaello
Cristina Acidini Luchinat
Letture e percorsi
Raffaello
© 1999 Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Firenze, Prato e Pistoia
Una realizzazione editoriale
s i l l a b e s.r.l.
Livorno
www.sillabe.it
Prima edizione digitale Gennaio 2016
ISBN 978-88-8347-839-0
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sillabe
I ritratti dei coniugi Agnolo e Maddalena Doni
e gli altri quadri a Firenze
I ritratti dei coniugi Agnolo e Maddalena Doni, nella Galleria Palatina a Firenze, sono all’apice della produzione giovanile di Raffaello Sanzio, l’artista urbinate che appartiene, con Leonardo e Michelangelo, alla ristretta rosa dei sommi maestri della pittura del
Rinascimento italiano, e che fu interprete di un tempo felice e
brevissimo – il primo ventennio del Cinquecento – con la sua
arte dall’armonioso ed equilibrato classicismo.
I Doni, dipinti attorno al 1506, attirano l’attenzione con forza
magnetica per più di un motivo: la serietà intensa dell’espressione,
la plastica fermezza nell’occupare interamente il primo piano del
quadro, il concertato addensarsi dei colori nelle vesti, che ha come un contrappunto nelle tinte lievi del paesaggio fluviale, sotto
cieli solcati pacificamente da nubi fioccose.
In Agnolo Doni, elegante nel suo “giuppone” di pesante seta nera
dal quale escono le maniche di panno di lana rosso, le fattezze
forti e lo sguardo indagatore denotano il mercante fiorentino,
agiato ma sobrio, confidente nel suo dominio sull’incostanza capricciosa della Fortuna, però prudente nell’amministrazione delle
sostanze familiari. Il tratto di balaustra in pietra e terracotta, che
in entrambi i ritratti della coppia è l’unico elemento architettonico, sostiene il braccio sinistro in scorcio prospettico, che si riunisce all’altro, piegato, in un giro possente che amplifica il busto.
All’incontro delle due mani, corte e robuste, risaltano con qualche ostentazione gli anelli con pietre preziose.
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Raffaello,
Ritratto di
Agnolo Doni,
1506 circa,
tavola, cm 63 × 45,
Firenze, Galleria
Palatina.
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A pagina 8:
Retro del Ritratto di
Agnolo Doni,
Maestro di Serumido,
Il Diluvio (dal mito di
Deucalione e Pirra),
tavola, cm 63 × 45,
Firenze, Galleria
Palatina.
Con la solidità dei volumi chiari, che sembra tradurre in termini
visivi altrettanta solidità sociale ed economica, anche Maddalena
Doni nata Strozzi si presenta seduta: il braccio sinistro poggia con
A pagina 9:
placida forza su un bracciolo seminascosto, la mano destra posta
Retro del Ritratto di
Maddalena Doni,
sull’altra mostra gli anelli. La rotondità piena del volto, dove gli
Maestro di Serumido, occhi incontrano quelli dell’osservatore con un’impassibilità che
La rinascita del genere è forse garanzia della modesta riservatezza di una sposa recente,
umano (dal mito di
attraverso il collo breve e tornito si dilata nelle spalle ampie e
Deucalione e Pirra),
ricurve, cui le ricche maniche, scese secondo la moda del motavola, cm 63 × 45,
mento, conferiscono una magnificenza straordinaria. Ad accompaFirenze, Galleria
gnare e impreziosire un tale glorioso incastro di forme, Raffaello
Palatina.
non ha tralasciato i dettagli. Un nastro scuro ferma sulla fronte i
capelli biondi raccolti in una coda, dalla quale alcune ciocche finissime sono libere di sfuggire ondeggiando nel vento gentile, uniche
cose mobili nella coppia di ritratti. Il corpetto in seta rossa marezzata è rilegato da fasce di velluto, il velo trasparente è contornato di bordi scuri ricamati, le maniche di damasco azzurro sono
fissate al corpetto dai nodi degli “agugelli” finemente delineati dal
pittore. È di gusto sorprendentemente moderno il gioiello nuziale di Maddalena, sospeso a un semplice cordino nero: riuniti in
una legatura d’oro a forma di “liocorno”, uno smeraldo, un rubino
e uno zaffiro alludono alla purezza e alla prosperità della sposa,
insieme con la grossa perla a goccia pendente.
I due ritratti recano sul tergo, dunque non visibili, due scene mitologiche dipinte a monocromo da un pittore fiorentino, che si
indica col nome convenzionale di Maestro di Serumido, e che
viene talvolta identificato con Piero di Cosimo. Dietro Agnolo è
il Concilio degli dei che delibera di distruggere l’umanità iniqua con
Raffaello,
il diluvio universale; dietro Maddalena, Deucalione e Pirra – i giusti
Ritratto di
scampati – ridanno vita al genere umano gettandosi dietro le
Maddalena Doni,
spalle pietre che divengono, rispettivamente, uomini e donne.
1506 circa,
Evidente allusione alla fecondità del matrimonio, il mito parrebbe
tavola, cm 63 × 45,
auspicare o adombrare una gravidanza di Maddalena, garanzia di
Firenze, Galleria
Palatina.
continuità della stirpe a dispetto di calamità e catastrofi.
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A sinistra:
Raffaello,
Madonna col Bambino
(“Madonna del
Granduca”),
1506 circa,
tavola, cm 84 × 55,
Firenze, Galleria
Palatina.
A destra:
Raffaello,
Madonna in trono con
il Bambino, quattro
santi e quattro angeli
(“Madonna del
baldacchino”),
1508 circa,
tavola, cm 277× 224,
Firenze, Galleria
Palatina.
Con la “Madonna del baldacchino” Raffaello poté cimentarsi in una
impresa artistica di ampio respiro a destinazione pubblica, poiché
la grande pala d’altare doveva inserirsi nella cappella della famiglia
Dei nella chiesa agostiniana di Santo Spirito, un’autentica pinacoteca del Quattro-Cinquecento nel cuore del quartiere di Oltrarno. Rimasta però incompiuta alla partenza dell’artista per Roma,
nel 1508, fu installata nella pieve di Pescia e infine, acquistata dal
gran principe Ferdinando de’ Medici, posta nella Galleria Palatina.
In contemporaneità con la pittura devota e monumentale del
domenicano fra’ Bartolomeo, Raffaello si accostò nella “Madonna
del baldacchino” a una spazialità grandiosa, popolata di maestose
figure. I sacri personaggi sono distribuiti nell’illusoria cavità
dell’abside in un equilibrio non statico, bensì percorso da fremiti
di dinamismo: gli angeli che sostengono i drappeggi, con il loro
volo impetuoso, ne sono la massima espressione.
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Raffaello,
Madonna col Bambino
e san Giovannino
(“Madonna della
seggiola”),
1513-1514,
tavola, diam. cm 71,
Firenze, Galleria
Palatina.
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All’ambiente della Curia romana va forse collegata la celeberrima
“Madonna della seggiola”, nella Galleria Palatina. La circolarità del
dipinto racchiude in armonioso contatto la Madonna, il robusto
Bambino che le si appoggia al seno e il piccolo Battista in preghiera. Una leggenda, nata e coltivata nell’Ottocento, vorrebbe che
nella Madonna Raffaello ritraesse la figlia di un vinaio con i due
figlioletti, usando per supporto il coperchio di una botte. Altri videro nella Madonna un ritratto della Fornarina, la donna amata dal
pittore. In realtà la Madonna è seduta su una pregiata “sedia camerale”, del tipo che nella corte papale era riservato agli alti dignitari, e il suo abbigliamento di seta all’orientale è tutt’altro che
popolano, anzi allude agli accessori di moda fra le gentildonne tra
il tardo Quattrocento e il primo Cinquecento. Il freschissimo
senso cromatico porta a una datazione verso il 1513-1514.
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