RAFFAELLO SANZIO (1483-1520)

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RAFFAELLO SANZIO (1483-1520)
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RAFFAELLO
SANZIO
(1483-1520)
Figlio del pittore Santi, Raffaello nasce a Urbino nel 1483 e qui ha modo di educarsi nella bottega paterna a contatto
con le opere d'arte della corte dei Montefeltro. Raffaello, così, iniziò a studiare la pittura fiamminga attraverso pittori
italiani come Piero della Francesca, *Signorelli e *Pinturicchio. Inizialmente l'artista si presenta molto vicino ai modi di
Pietro Perugino (grazie a questo riuscì ad affinare il classicismo aggraziato), successivamente seguì invece
l'esperienza leonardesca: infatti, si reca a Firenze attrattovi dalla presenza di Leonardo e Michelangelo.
*Signorelli Luca: Pittore (Cortona tra il 1445 e il 1450 - ivi 1523). Secondo G. Vasari fu allievo di Piero della
Francesca, come confermano gli scarsi frammenti dell'affresco giovanile per la torre del Vescovo a Città di Castello
(Madonna con Bambino e i ss. Girolamo e Paolo, 1474), conservato nella Pinacoteca Comunale.
*Pinturicchio: Bernardino di Betto Betti, più noto come Pinturicchio o Pintoricchio (Perugia, 1452 circa – Siena, 11
dicembre 1513), è stato un pittore italiano. Fu un artista completo, capace di padroneggiare sia l'arte della pittura su
tavola, che l'affresco e la miniatura, lavorando per alcune delle più importanti personalità del suo tempo[1]. Fu uno dei
grandi maestri della scuola umbra del secondo Quattrocento, con Pietro Perugino e il giovane Raffaello.
Qui Raffaello viene considerato un pittore eterno poiché la bellezza delle sue opere non ha tempo. Numerose donne
andavano a farsi ritrarre da questo, poiché aveva la capacità di abbellire i soggetti ritratti. Era un genio, aveva capito
che artisti venuti prima di lui quali Michelangelo e Leonardo potevano dargli tantissimo.
Raffaello rimase nella capitale fiorentina sino a quando, su invito di papa Giulio II e con l'appoggio di Donato
Bramante, si trasferì a Roma. Qui, a contatto con gli esponenti di punta della cultura letteraria della corte pontificia,
stimolato dalla nuova architettura bramantesca, dalla pittura di Michelangelo e del confronto con le più elevate
manifestazioni dell'arte classica, si compie definitivamente la sua ricca maturazione artistica.
A Roma, Raffaello, rimase sino alla morte nel 1520, mentre ancora era intento a lavorare alle sue ultime opere. I
letterati suoi contemporanei furono coloro che maggiormente soffrirono la sua scomparsa. Dell'artista si disse:" Morse
il gentilissimo et excellentissimo pittore Raphaelo di Urbino, con universal dolore de tutti et maximamente de li docti".
Giorgio Vasari descrisse Raffaello come un uomo pieno di doti e dalla "più rare virtù", definendo gli uomini come lui
"Dei mortali". Questa definizione dell'artista gettò le basi per la mitizzazione dell'artista, allo stesso tempo divino e
carnale, tipica dei secoli a venire.
IL DISEGNO
Le figure di Raffaello sono precisate da una linea di contorno inizialmente non
continua, ma realizzata con numerosi tratti che in parte si sovrappongono, mentre i
volumi sono definiti da un tratteggio ondulato ad archetti. Per primo Raffaello
disegnò modelli nudi per poi rivestirli nella traduzione pittorica, al solo fine di
studiarne e comprenderne al meglio atteggiamenti, anatomia e senso del
movimento.
Per quanto riguarda l'influenza della pittura e del disegno di Leonardo, è possibile
fare riferimento al San Giorgio e il drago degli Uffizi. L'aspirazione leonardesca è
particolarmente evidente nel cavallo impennato, nella posizione scattante del
cavaliere, nel lungo collo e nella coda del drago. Anche il chiaroscuro a tratteggio
incrociato o a brevi chiazze deriva da Leonardo.
Inoltre è da notare la pratica del cartone ausiliario da parte dell'artista: il cartone è
ottenuto da un altro analogo disegno, per foratura, in modo da favorire lo studio di
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possibili varianti (solitamente si tratta di disegni di teste e di mani, cioè di quelle parti anatomiche dei dipinti passibili di
modifiche in corso d'opera).
Inoltre, il disegno leonardesco è caratterizzato da forti segni di matita nera che contornano barbe e ciocche di capelli,
mentre un tratteggio lungo e parallelo o lungo e breve suggerisce solitamente i volumi, rinforzato dalla pressione
decisa della matita.
OPERE:
LO SPOSALIZIO DELLA VERGINE
Vasari avvicina lo stile del giovane Raffaello (quindi il
suo primo periodo) a quello del Perugino. Tale vicinanza e
similitudine è talmente profonda che rende quasi impossibile
distinguere tra un dipinto giovanile del primo e uno del
secondo. Nonostante quanto affermato Raffaello conquista
presto una propria autonomia e lo fa con un'opera che
sembrerebbe invece ancora legatissima allo stile del maestro.
Ma la dipendenza dell'opera di Raffaello da quelle del Perugino
è puramente formale ed esteriore. Lo Sposalizio della Vergine
fu eseguito da Raffaello nel 1504 per la Chiesa di San
Francesco a Città di Castello. Le due opere del Perugino che
influenzarono maggiormente quella di Raffaello sono: Lo
Sposalizio della Vergine (iniziato l'anno precedente per la
Chiesa di San Lorenzo a Perugia) e La consegna delle chiavi a
San Pietro (affresco nella Cappella Sistina in Vaticano).
Sposalizio della Vergine
Raffaello Sanzio
1504
Olio su tavola
174×121 cm
Ubicazione: Pinacoteca di Brera, Milano
Lo schema compositivo della tavola di Raffaello è
ispirato alla Consegna delle chiavi di Perugino per la presenza
di due gruppi, per l'introduzione del tempio a pianta centrale
nel fondo e per l'intelaiatura prospettica sottolineata dalla
griglia della pavimentazione della piazza. Invece, la scelta del
soggetto, la forma centinata della tavola, gli atteggiamenti di
certe figure, la porta aperta del tempio che lascia intravedere la
prosecuzione del paesaggio al di là di essa, derivano
sicuramente dallo Sposalizio del Perugino.
La tavola di Raffaello è decisamente più piccola di
quella del Perugino dove, inoltre, i personaggi sono affollati. Al
contrario Raffaello dispone le sue figure secondo una curva
che lascia vuoto lo spazio antistante al sacerdote (irrigidendo
la maggiore libertà del Cristo nella Consegna della Chiavi). Il
dipinto dell'artista di Urbino è sbilanciato verso destra. Da
questa parte vi è un maggior movimento che si contrappone
alla calma del lato opposto dove si trovano le dolci, pacate e
graziose figure femminili che accompagnano la Vergine. Tale
movimento è sottolineato e accentuato da San Giuseppe, che
sembra venire in avanti e dal giovane in primo piano che
spezza una verga con i ginocchi o (soggetto presente anche
nella tavola del Perugino).
La linea dell'orizzonte (più alta di quella che sta alla
base dell'impianto del Perugino) arricchisce la composizione di
un effetto scenografico che dilata lo spazio e aiuta Raffaello a
dare monumentalità ai personaggi tramite il variare delle loro
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Sposalizio della Vergine
(1501-1504),
Musée des Beaux-Arts, Caen.
Il tempio non è incombente come nel dipinto
peruginesco (costruito per fasce sovrapposte e bloccato nello
slancio verticale, per essere la cupola troncata dalla centina
stessa della tavola). Esso inoltre occupando la parte superiore
della tavola, ne costituisce il centro visivo configurando un
limite, quasi un rallentamento o una sosta per l'occhio che
corre a cercare il paesaggio profondissimo. Le figurette sotto il
porticato sono artifici per consentire all'osservatore di definire
una scala di rapporti che rende il tempio ponderabile (ciò non
avviene nell'opera del Perugino). Il tempio stesso non più a
base ottagonale ma a sedici lati, è notevolmente meno pesante
e rigido che quello dipinto dal Perugino. Il tempio in questo
modo è sensibilmente più simile a un cilindro piuttosto che a un
prisma (grazie anche alla presenza del portico colonnato che
genera l'impressione di uno spazio circolare e ruotante intorno
all'edificio). Il tempietto raffallesco si mostra come il risultato di
una vera architettura: capitelli ionici, volute ad arco rovescio e
Perugino,
a ricciolo (che rinforzano gli spigoli del tamburo), paraste
angolari, spigoli a tamburo, finestre architravate, trabeazioni
ripartite, una cupola scura sormontata dalla lanterna.
Inoltre sono notevoli i colori: il prezioso azzurro
lapislazzuli risplende sulla Vergine, in delicato contrasto con il
bianco e il verde cupo dei rispettivi mantelli delle fanciulle.
Sulla piazza, invece, è stata creata una netta distinzione tra le
fasce bianche e rosse. Il tempio, infine, ha un caldo colore
ambrato.
La consegna delle chiavi.
Perugino e aiuti
1481-1482 circa
affresco
335×550 cm
Cappella Sistina, Città del Vaticano
Maria dovette scegliere tra numerosi pretendenti
proprio marito, per fare ciò essa decise di aspettare un segnale
no, ovvero il germogliare di un fiore in uno dei rami secchi
che ciascun uomo teneva tra le mani. E’ un olio su tavola, al
centro della composizione vi è il sacerdote che unisce le mani
dei due sposi, Giuseppe e Maria. A sinistra abbiamo le
compagne di Maria e a destra i pretendenti delusi.
Nell’opera di Raffaello tutte le figure sullo sfondo
creano una serie di piani in maniera molto scientifica, la
prospettiva è data dalla geometria del pavimento che
suggerisce uno spazio reale mentre in quella del perugino non
c’è rapporto proporzionale, è, infatti, tutto più schematico.
Anche nella consegna delle chiavi e nella cappella Sistina le
figure sono più solide di quelle qui rappresentate. Rispetto
all’opera del Perugino i colori di Raffaello sono più caldi, c’è poi
più armonia anche perché si denota una conoscenza del
colore attraverso lo studio della pittura fiamminga, dei colori di
Giotto ma principalmente attraverso la pittura veneta di bellini.
MADONNA DEL PRATO
Il fascino delle composizioni piramidali (=estensione
spaziale di quelle triangolari) e del linguaggio dei gesti e degli
affetti, di cui Leonardo per primo si era servito con tutta la
sapienza di cui era capace, si manifesta in molte Madonne del
periodo fiorentino di Raffaello (1506/1507). Eseguita nel 1506
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Madonna del prato
1506
Olio su tavola
113×88 cm
Kunsthistorisches Museum, Vienna
Madonna del Cardellino
1506 circa
olio su tavola
107×77 cm
Galleria degli Uffizi, Firenze
la Madonna del Prato (o Madonna del Belvedere) ne è
l'esempio più significativo. Immersa nel verde calmo di un prato
la Vergine è in posa contrapposta. La sua gamba destra si
distende lungo una diagonale portando con sé il manto azzurro
bordato d'oro, mentre quella sinistra è piegata e portata
indietro. Alla massa azzurra si contrappone quella rossa della
veste. La testa di Maria, ruotata è lievemente inclinata ( è
paragonabile a un sole raggiante contro il celeste tenue del
paesaggio lacustre alle spalle). La Vergine sorregge il Bambino
o e incapace di autonomo equilibrio) che si protende e
prende la piccola croce portagli da San Giovannino (in
ginocchio di fronte a lui). Su quest'ultimo posa lo sguardo
sereno Maria. La precognizione e l'accettazione del martirio da
parte di Gesù sono chiaramente suggerite dalla croce tenuta
dai due bambini (al sangue allude anche il rosso dei papaveri e
delle fragole). Gli sguardi tengono assieme emotivamente i
personaggi. Le mani invece stabiliscono un legame fisico.
Entrambi i particolari rinsaldano la struttura stabile della
piramide compositiva.
MADONNA DEL CARDELLINO: Immersi in un ampio
paesaggio fluviale dall'orizzonte particolarmente alto, si
trovano la Madonna seduta su una roccia, che regge tra le
gambe Gesù Bambino, mentre san Giovannino, abbracciato
dalla Vergine, è a sinistra. I due fanciulli giocano con un
cardellino, che simboleggia la Passione di Cristo. La
composizione, di forma piramidale, con i protagonisti legati
dalla concatenazione di sguardi e gesti, deriva con evidenza
da modelli leonardeschi. Raffaello mise in atto una
rappresentazione dell'affettuosità, dove è ormai sfumata anche
la tradizionale malinconia della Vergine, che premonisce il
destino tragico del figlio. Maria ha le gambe e il busto ruotate
verso destra, mentre con la testa e lo sguardo osserva in
basso a sinistra, verso il fulcro dell'azione tra i due fanciulli.
Alla massa azzurra del manto si contrappone quella rossa
della veste: il rosso rappresentava la Passione di Cristo e il blu
la Chiesa, per cui nella Madonna vi era sottintesa l'unione della
Madre Chiesa con il sacrificio di suo Figlio. Nella sinistra tiene
un libro in mano, in cui legge le profezie sul destino del figlio, e
il suo atteggiamento richiama quindi l'interruzione della lettura
per rivolgere teneramente il suo sguardo verso i bambini. I volti
del Battista e di Cristo recano un'impronta inconfondibilmente
leonardesca nello sfumato che li avvolge e nei tratti somatici
tratti dallo studio dal vero.
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PALA BAGLIONI
Atalanta Baglioni commissionò la pala della
Deposizione per la sua cappella nella Chiesa di San Francesco
al Prato a Perugia. Con questo dipinto (1507) Atalanta
intendeva ricordare allo stesso tempo l'assassinio del figlio
Federico (1500) su istigazione del cugino Gianpaolo, e il dolore
proprio e della nuora Zenobio Sforza.
La realizzazione è preceduta da numerosi disegni
preparatori e nasce inizialmente come il Compianto sul Cristo
morto. Solo successivamente il soggetto sacro si trasforma in
una Deposizione. L'opera è una delle prime pale d'altare di
Raffaello che rechi un soggetto narrativo; è evidente
l'elaborazione delle forme ideate da Michelangelo nella Firenze
degli inizi del '500.
Pala Baglioni
1507
Olio su tavola
Galleria Borghese, Roma
Nello sfondo di un paesaggio profondo, dominato a
destra dal Golgota con le tre croci, il Cristo morto è portato al
sepolcro. Il suo busto si appoggia a quello di Giuseppe
d'Arimatea, vestito d'azzurro e con indosso un turbante, mentre
le gambe attraversano diagonalmente quelle di Nicodemo, il
giovane in abito rosso e verde dalla chioma ondulata mossa
dal vento, inclinato in direzione opposta a quella di Giuseppe
per bilanciare e distribuire meglio il peso di Gesù, di cui Maria
Maddalena sostiene la mano sinistra. Partecipano
decisamente commossi San Giovanni e San Pietro. A destra la
Vergine sviene per il forte dolore (immagine figurata del dolore
di Atlanta) ed è sostenuta da tre pie donne. Una di esse, che le
è inginocchiata di fronte, è rappresentata in moto torsionale,
memore della Vergine del Tondo Doni di Michelangelo.
Nicodemo (tradizionalmente associato a Federico Baglioni) è il
tramite figurativo tra il gruppo di coloro che trasportano il Cristo
e quello delle donne a destra, partecipando allo stesso tempo
dell'uno e dell'altro. La composizione di Raffaello si struttura
lungo le due diagonali della tavola definendo due ampie fasce
all'interno delle quali si distribuiscono tutti i personaggi della
narrazione evangelica.
I gesti rispecchiano i sentimenti di ciascuno di essi: dal
colore trattenuto alla forte commozione, al pianto che riga di
lacrime il volto giovane di Maddalena al cui busto si avvolgono
in spirale i lunghi, biondi capelli sciolti.
Forme e colori notevoli: da notare gli accordi cromatici,
le forme e i profili rigorosi, studiati e complessi; inoltre i colori
cangianti, inaugurati in grande stile da Michelangelo nel Tondo
Doni, tornano a vibrare e a suggerire riflessi verdi-aranciati
nella lunga veste della figura femminile di destra che chiude
orizzontalmente l'episodio; infine straordinaria e originale la
concatenazione di piani messa su tavola dal grande Raffaello.
La Pala Baglioni è un dipinto molto celebre, oggetto di
studio per gli artisti che seguirono Raffaello. E’ una pala
d’altare si trova nella galleria borghese a Roma. L’ispirazione
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della composizione è di tipo michelangiolesca (lo si nota dalla
vergine, svenuta per il forte dolore).
STANZE VATICANE
A Roma Raffaello è immediatamente impiegato per la
decorazione delle stanze dell'appartamento papale, dove già
altri grandi artisti erano al lavoro: il Papa affidò a lui solo la
realizzazione degli affreschi e i difficili soggetti del programma
decorativo furono certamente suggeriti dai colti umanisti della
corte pontificia.
Stanza della Segnatura
L'esecuzione degli affreschi (1508/1509) abbracciò la
fine del pontificato di Giulio II e quello del successore Leone X
e Raffaello si servì degli allievi come aiuti. Le stanze di cui
Raffaello si occupò sono quattro:
-La stanza della Segnatura(così chiamata perché in
essa aveva sede la biblioteca privata del papa che lì firmava i
documenti, dal latino signare). Il programma iconografico di
questa stanza prevede la visualizzazione dei concetti del Vero,
del Bene e del Bello. Il Vero è Dio, raggiungibile tramite il
pensiero filosofico dell'uomo e tramite la fede nella Rivelazione
interpretata dalla teologia; il Bene è ciò che viene raggiunto
tramite la giustizia (la legge, canonica e civile); il Bello è
raggiungibile attraverso le arti.
Stanza di Eliodoro
Stanza dell’Incendio Di Borgo
-La stanza di Eliodoro (il nome deriva da uno degli
affreschi illustrante il racconto biblico in cui Eliodoro inviato a
rubare nel Tempio di Gerusalemme, viene scacciato
dall'apparizione di angeli accorsi in seguito alle preghiere del
grande sacerdote Onia). Il tema di questa stanza fu
probabilmente suggerito dallo stesso pontefice. Infatti, sono
rappresentati episodi storici nei quali è evidente la protezione
accordata da Dio alla Chiesa.
-La stanza dell'Incendio di Borgo. Qui sono dipinti
episodi riferiti alla vite dei papi aventi in comune il nome,
Leone. Questi affreschi furono realizzati per compiacere il
nuovo papa LeoneX.
-La stanza di Costantino. (Ultima stanza). Sono
rappresentati episodi tratti dalla vita del grande imperatore
cristiano.
Nella Scuola d'Atene (stanza della
Segnatura)(1509/1510)Raffaello rappresenta una delle due vie
averso le quali si può raggiungere il Vero e quindi arrivare a
Dio: la filosofia, caratteristica di un percorso tipicamente
umano.
Stanza di Costantino
In un grandioso e monumentale edificio classico, che
ricorda le terme romane e il progetto bramantesco per la nuova
a di San Pietro, sono riuniti i più grandi e importanti
filosofi dell'antichità. La porzione visibile dell'edificio si
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1509-1511 circa
Affresco
500×770 cm
Musei Vaticani, Città del Vaticano
configura come composta di due bracci coperti da volte a botte
con lacunari in cui si alternano esagoni e rombi( riprese fedeli
di quelli dell'abside della campata centrale della Basilica di
Massenzio) che affiancano uno spazio cupolato. Non vi è
concordanza, però, tra gli spigoli perfettamente ortogonali della
crociera e la forma dei pennacchi, che corrispondono, invece,
a quelli che raccordano uno spazio quadrato a spigoli smussati
(=San Pietro)a una cupola a pianta circolare. Raffaello ha,
pertanto, apportato una correzione al dipinto per evitare una
cattiva percezione delle forme. L'edificio è preceduto da una
scalinata: su di essa e sui ripiani dei due livelli l'artista pone i
vari personaggi disponendoli secondo un andamento
semicircolare attorno alle figure centrali di Platone e Aristotele:
il primo indica il cielo, ricordando che secondo le proprio
concezioni il mondo non è altro che una brutta copia di un altro
mondo superiore e ideale; il secondo, con un braccio teso
davanti a sé, vuole significare che l'unica realtà possibile è
quella concreta in cui viviamo, quella sensibile, cioè sensibile,
percepibile dai nostri sensi. Tra i due filosofi di tutti i tempi è
posizionato il punto di fuga dell'impianto prospettico, la cui
rigorosa costruzione determina un senso di equilibrio, di
classicità e di grande compostezza. Le due figure
apparentemente discordanti di Eraclito e di Diogene (sdraiato
scompostamente sulla scalinata) contribuiscono a tale
impressione: infatti, l'inclinazione dei loro corpi segue
docilmente quella delle linee di fuga. Ad alcuni filosofi,
Raffaello ha dato le fattezze di artisti suoi contemporanei (fra
essi ha posto anche se stesso: è il giovane con il berretto
scuro che guarda all'esterno della composizione, all'estrema
destra in basso) a simboleggiare il filo ideale che lega gli
uomini colti del suo tempo con quelli del passato. Bramante è
ritratto in Euclide (chinato a tracciare disegni geometrici);
Platone ha il volto di Leonardo; Michelangelo è raffigurato in
Eraclito (filosofo pensoso che annota qualcosa su un foglio,
mentre seduto si appoggia contro un blocco marmoreo).
Eraclito non era stato previsto nel progetto originario, tant'è
che manca nel cartone preparatorio e l'inclusione avvenne
quando l'affresco era già terminato come omaggio a
Michelangelo.
La vista delle figure michelangiolesche modifica le
concezioni artistiche di Raffaello, che ancora segue quelle di
Leonardo (movimento, gestualità, contrapposto), come si
deduce dal cartone preparatorio, ed è lo stesso Eraclito a
configurare, nella sua monumentalità e per la scultorea
volumetria, che ricorda il profeta Isaia della Sistina, una nuova
fase nella pittura di Raffaello.
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1513-1514
affresco
500×660 cm
Musei Vaticani, Città del Vaticano
Incendio del Borgo
1514
affresco
500×670 cm
Musei Vaticani, Città del Vaticano
L’episodio della LIBERAZIONE DI SAN PIETRO DAL
CARCERE nella stanza di Eliodoro è tratto dagli Atti degli
Apostoli dove è narrato che Pietro, il primo papa, imprigionato a
Gerusalemme da re Erode Agrippa che intendeva processarlo,
credette di sognare che un angelo lo liberasse dalle catene.
Quando si accorse di essere realmente libero e lontano dal
carcere, si recò fra i suoi confratelli raccolti in preghiera. I
protagonisti della composizione sono l’oscurità, che sta per
essere vinta dall’alba, e la luce. La scena è stata resa dal
Sanzio fortemente unitaria nonostante l'articolarsi della parete in
tre zone, a causa dell'apertura della finestra, che Raffaello riempì
con tre momenti del racconto. Al centro, al di là di una grata tra
oscure e massicce cortine murarie, avviene l'apparizione radiosa
dell'angelo nel carcere, dove Pietro giace ancora profondamente
immerso nel sonno e avvinto dalle catene; l'apparizione luminosa
dell'angelo e le sbarre in controluce generano un sorprendente
effetto di profondità spaziale. L'emanazione luminosa arriva a
toccare tutti gli elementi della scena, comprese le mura
carcerarie, dove permangono bagliori rossicci. A destra l'angelo
conduce l'apostolo fuori dal carcere, in un'atmosfera tra sogno e
realtà, evocata anche dalle guardie miracolosamente cadute nel
sonno; a sinistra altri soldati scoprono la fuga, mentre si agitano
al chiarore della luna e dei bagliori delle fiaccole, che accendono
le loro armature di riflessi.
INCENDIO DI BORGO:
Nell'847 divampò nel quartiere antistante l'antica basilica
di San Pietro (il "Borgo") un terribile incendio. Leone IV,
impartendo la benedizione solenne dalla Loggia delle
Benedizioni, fece spegnere miracolosamente il fuoco, salvando
la popolazione e la basilica.
La storia è calata in un ambiente classico, popolato da
figure eroiche che risentono dell'influenza di Michelangelo, con
venature letterarie, che alludono all'incendio di Troia di virgiliana
memoria, e politiche, che alludono al ruolo pacificatore del papa
tra il divampare dei focolai di guerra tra le potenze cristiane. Due
gruppi di architetture fanno da quinte laterali, estremamente
dinamiche, mentre al centro uno squarcio in lontananza rivela la
figura del pontefice, d’immota serenità dovuta alla
consapevolezza della sua infallibilità. La parte sinistra, con un
tempio in rovina, mostra attraverso un arco un edificio in fiamme
col tetto ormai scoperchiato. Un uomo nudo si cala dalla parete
con la tensione muscolare dello sforzo ben evidente, mentre una
donna porge a un uomo un bambino in fasce; più avanti si
riconosce Enea che trascina sulle spalle il padre Anchise e il
figlio Ascanio a lato. Dietro di essi, la donna vestita in giallo,
Creusa, ricorda vagamente la Sibilla Libica di Michelangelo nella
volta della Cappella Sistina. A destra, un gruppo di donne, si
affanna per portare contenitori colmi d'acqua per domare le
fiamme in un tempio ionico, che ricorda quello di Saturno. Al
centro una serie di donne con bambini si rivolge verso il
pontefice, che si affaccia da un'architettura bramantesca. Il vuoto
centrale e l'insieme dei gesti riescono a far convergere l'occhio
dello spettatore sulla figura del pontefice, per quanto piccola
rispetto al primo piano. Tale schema venne ampiamente ripreso
dai classicisti seicenteschi.

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