: IL CALABRIA - Centro Sub Nettuno

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: IL CALABRIA - Centro Sub Nettuno
SERIE TECNICA : IL CALABRIA
Il nostro appuntamento è per le ore 09.00 c/o la marina dell’aeroporto di Genova dove si
trova la nuova sede del diving “Centro Sub Tigullio”, gestito da Eva Bacchetta e dal suo
compagno Lorenzo del Veneziano, il massimo esponente attuale italiano della esplorazione
subacquea di relitti.
Obiettivo, una immersione tecnica sul relitto del Calabria, situato un paio di miglia al largo di
Genova.
Sono le 08.15 del mattino di domenica 23 ottobre 2011 e assieme a Massimo (il Gerva), mio
compagno abituale di immersioni tecniche e ricreative, stiamo percorrendo l’autostrada per
Genova per raggiungere l’altro compagno Giovanni (il Conte) direttamente c/o il diving.
Purtroppo – a causa di impegni precedentemente assunti – non fa parte del gruppo l’altro
nostro compagno abituale Angelo Meroni.
Il termometro della autovettura segna – 1°c (brrrr…) ed al nostro arrivo a destinazione ci
accoglie un vento gelido di Tramontana che non lasci presagire nulla di buono.
Ci attendono – oltre a Eva - Giovanni che sta già preparando la sua attrezzatura ed alcuni
subacquei tutti dotati di “rebreathers” (Inspiration e Megalodon) ad eccezione di un
simpatico toscano proveniente da Lucca che – come noi – opera in circuito aperto.
Espletate le solite formalità (consegna del brevetto, firma documento di manleva ecc ecc)
imbarchiamo tutte le attrezzature (preparate nel frattempo) su un bellissimo gommone di
8,50 metri dotato di un fuoribordo Honda da 225 HP che si rivelerà estremamente
silenzioso.
Il mare e’ leggermente increspato ma non disturba la navigazione mentre il vento – sommato
alla velocità del gommone – ci induce ad indossare un cappellino di lana al disopra del
cappuccio della muta stagna precedentemente indossata prima della partenza.
La bassa rumorosità del fuoribordo ci consente di scambiare quattro chiacchiere con gli altri
subacquei, parlare delle nostre avventure nelle fredde acque del lago e ottenere alcune
informazioni in merito alle caratteristiche del relitto che stiamo per esplorare.
Andrea, molto esperto della zona del Tigullio e dei relitti in essa situati nonche assiduo
frequentatore del Centro Sub Tigulio (per noi è la prima volta) , ci spiega che il relitto (da lui
esplorato più volte) è da considerarsi suddiviso in tre tronconi e che in base al nostro volume
di gas disponibile in circuito aperto ci sarà consentito oggi di esplorare solo il primo
troncone.
La profondità operativa è di – 75 metri ed il tempo di fondo pianificato è di 20 minuti.
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Raggiunto il punto GPS dopo circa 20 minuti di navigazione, ci diamo da fare per individuare il
bidone bianco terminale del pedagno che si trova a circa 6 metri di profondità.
L’operazione richiede fortunatamente pochi minuti ed Andrea – con muta stagna e
fortemente zavorrato – scende in apnea per collegare al pedagno sommerso la doppia cima di
ormeggio del gommone.
Completata l’operazione e risalito in barca, Andrea si accorge di aver perso la ghiera esterna
della “pee valve” e teme di non poter effettuare l’immersione pena l’allagamento della stagna.
Fortunatamente – essendo la valvola dotata di una membrana antiriflusso – Andrea si convince
che con tutta probabilità non ci sarà alcun allagamento.
Ancora una volta – qualora c’e ne fosse stato bisogno – il gommone si rivela il mezzo ideale per
l’attività subacquea in quanto , nonostante la pesante attrezzatura (bibo + 2 stage + torcia,
manichetta, reel ecc ) , la vestizione risulta facile e non affaticante.
Una volta entrati tutti in acqua, incominciamo in fila indiana la discesa lungo il pedagno che ci
porterà dritti sulla prua del Calabria.
La discesa è velocissima (solo Massimo ha accusato un lieve rallentamento nella fase iniziale
disponendo per la prima volta di una bombola di ossigeno S40 anziche la solita da 10 litri più
pesante) e le condizioni sono ideali in quanto non rileviamo corrente.
Raggiunta la prua a – 71 metri circa , ci si stabilizza in attesa dell’arrivo di tutti i subacquei e
io ne approfitto per scendere a – 75 metri ed osservare più sopra l’occhio di cubia della
fiancata di dritta da cui fuoriesce la catena dell’ancora e - più sotto - quest’ultima che si
trova alla mia quota nella sua posizione naturale.
Abbastanza curiosa – di fianco alla cima del pedagno – la presenza di centinaia di “anthias” in
formazione a rappresentare una sorta di “cilindro” di circa un metro di diametro e alto
(almeno così mi è sembrato) dai 3 ai 4 metri.
Seguendo Andrea (equipaggiato con rebreather ed una bombola da 20 litri con miscela di
fondo) , iniziamo a perlustrare la fiancata di dritta.
La visibilità si aggira attorno ai 4 – 5 metri e, considerando la pessima fama della zona in cui
ci troviamo relativamente a tale aspetto, direi che siamo stati fortunati.
Il relitto – non poteva essere diversamente essendo affondato nel 1891 - è caratterizzato
dalla presenza di una miriade di incrostazioni di ogni tipo, pali (bansighi ?) che si abbattono
sulla coperta e numerose reti che rivestono buona parte delle sovrastrutture e della fiancata.
(probabilmente trattenute dalle battagliole)
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Percorsi una quindicina di metri raggiungiamo una zona in cui la fiancata apparentemente si
interrompe e sparisce letteralmente alla vista (devastata sicuramente da una esplosione) e
da qui parte orizzontalmente una sagola predisposta dal “diving” come precedentemente
preannunciatoci da Andrea.
Vicinissima alla gassa che trattiene la sagola nel punto di partenza troviamo una aragosta di
media taglia che ci osserva incuriosita.
Procediamo lentamente seguendo per altri venti metri circa la sagola sino a raggiungere il
punto in cui la fiancata del relitto ritorna visibile unitamente ad una grossa struttura scura al
centro della coperta che – al primo impatto – mi risulta irriconoscibile.
Si tratta della caldaia e relativa ciminiera che – come in uso all’epoca sulle navi miste
(propulsione a vela e a motore) veniva posizionata al centro della coperta per assicurare una
corretta distribuzione dei pesi.
A questo punto – spostandoci verso il centro della coperta – riprendiamo la via del ritorno.
Incrostazioni e reti continuano a farla da padrone sulla coperta devastata quindi
raggiungiamo l’inizio del cassero di prua .
Giovanni decide autonomamente di mantenere la quota di – 70 metri evitando la penetrazione
nel cassero nel quale io e Massimo ci inoltriamo sino a raggiungere – alla quota di – 75 metri –
la zona di sentina dove sono ben visibili le ordinate . i correnti, la controchiglia e il diritto di
prora interno della nave.
Normalmente in queste zone buie e riparate è facile trovare gamberi e mostelle ma questa
volta “butta male”.
Fuoriusciamo da una apertura presente nella coperta (falla o boccaporto ?) e ci allontaniamo
di quattro o cinque metri dal dritto di prora per osservare – in una posizione privilegiata – la
prua della nave in perfetto assetto di navigazione
Il tempo trascorre inesorabile ed i venti minuti indicati dal timer ci impongono di iniziare la
risalita mentre Andrea e gli altri compagni equipaggiati con i “rebreathers “ proseguono
l’immersione.
I consumi di gas sono stati ottimi e sia io che Massimo e Giovanni ci ritroviamo - al primo
cambio di gas (dal trimix 13/55 al nitrox EAN 40 alla quota di – 30 metri) - con 50+50 bars
nel bibo da 12 litri.
Raggiunta la quota di – 6 metri passiamo all’ossigeno puro e la nostra immersione si conclude
dopo 88 minuti trascorsi in acqua di cui 20 minuti di fondo e 68 minuti dedicati alla
decompressione.
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Il ritorno in superficie ci riserva una bella sorpresa, il vento infatti è completamente cessato
ed uno splendido sole rallegra la giornata facendo registrare una temperatura di 16°C
Mezz’ ora dopo anche gli altri sub sono riemersi e così affrontiamo la veloce navigazione di
ritorno ed una volta raggiunta la banchina, procediamo allo sbarco delle attrezzature ed al
relativo lavaggio.
Siamo tutti soddisfatti della bella immersione e ci siamo ripromessi di ritornare al più presto
in questa zona in cui si concentra una notevole quantità di relitti, tutti d’accordo peraltro
sulla necessità di aggiungere una bombola di “stage” per prolungare in sicurezza i tempi di
fondo.
Giovanni raggiunge moglie e figlia in albergo a Genova mentre io e Massimo ci concediamo –
prima del rientro - una buona pizza nella marina dell ’ aeroporto di Genova ed una successiva
visita alla zona del porto dedicata alle grandi imbarcazioni. Che spettacolo !
Carlo Noce ( Il Nox)
PS
Alcune informazioni relative al “Calabria”
Tipologia
piroscafo misto (vela/motore) trasporto merci/passeggeri
Stazza
circa 1200 tonnellate
Lunghezza
circa 71 metri
Baglio
circa 9 metri
Anno costruzione
1870 (UK)
Anno naufragio
1891
Cause naufragio
esplosione caldaia
Profondità max
76 metri