gallura - Diocesi di Tempio – Ampurias
Transcript
gallura - Diocesi di Tempio – Ampurias
G ALLURA & Periodico della Diocesi di Tempio-Ampurias fondato nel 1927 NGLONA N. 2 - Anno XXI - 27 febbraio 2013 - Nuova serie - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/b L. 662/96 - Sassari - €1,00 enedetto XVI, nel suo ultimo Angelus, con migliaia di fedeli che hanno riempito piazza S. Pietro, prima di lasciare, giovedì 28 Febbraio alle ore 20,00, il ministero petrino, commentando il Vangelo di Luca della Trasfigurazione del Signore, ci ha voluto trasmettere un insegnamento molto importante: il primato della preghiera, senza la quale tutto l’impegno dell’apostolato e della carità si riduce ad attivismo. Di qui, l’invito a tutti a dare, nella quaresima, il giusto tempo alla preghiera, personale e comunitaria, che dà respiro alla nostra spirituale. Benedetto XVI ha ricordato che la preghiera non è un isolarsi dal mondo e dalle sue contraddizioni, come avrebbe voluto fare l’Apostolo Pietro sul monte Tabor ma riconduce al cammino, all’azione. Bisogna salire continuamente sul monte per incontrarci con Dio per poi discendere por- tando l’amore e la forza che ne derivano, in modo da servire i nostri fratelli e sorelle con lo stesso amore di Dio. Anche il Papa, in questo momento, è stato invitato a salire sul monte, non per abbandonare la Chiesa ma per servirla in modo diverso, con la stessa dedizione e lo stesso amore, dedicando più tempo alla preghiera e alla meditazione, compiendo un gesto straordinario, senza precedenti nella storia moderna del Papato, e promettendo di stare con noi, anche se “nascosto al mondo”. Ora la Chiesa volta pagina. Il popolo cristiano deve dire solo “Grazie”a questo pontefice che non ha voluto seguire la logica del mondo e del potere, ma ci ha insegnato ad amare e servire la Chiesa con grande umiltà così come aveva promesso il giorno del suo insediamento. La Chiesa continuerà ad amarlo e pregare per la sua persona ed invocare dall’alto la presenza dello Spirito perché ci doni un Pastore secondo il cuore di Dio. bambini in modo da stimolare le loro capacità di apprendimento, evitando di utilizzare un linguaggio intriso di una razionalità poco comunicativa. L’insegnamento che i genitori danno ai loro figli è recepito dai fanciulli in base alla coerenza con la quale il padre e la madre vivono il messaggio che comunicano. Se i genitori non partecipano alla Santa Messa, neanche i bambini riterranno importante parteciparvi. Il messaggio dunque ha bisogno dell’esperienza vissuta per potersi consolidare nella mente dei fanciulli. La Chiesa non può limitarsi a due momenti: messa e catechismo, spesso vissuti dai bambini come adempimento di obblighi e non come esperienza di fede. Per evitare questo si deve promuovere la partecipazione dei bambini a gruppi ed associazioni, integrando il cammino di iniziazione cristiana con attività che fanno vivere ai fanciulli esperienze gioiose di fede. Un esempio vivo ed efficace di cammino esperienziale è proposto in parrocchia dagli scout, che in occasione della visita pastorale hanno ospitato i loro amici scout di Sassari. Lo scoutismo consente ai bambini e ai ragazzi di vivere momenti di condivisione e di fede. Condurre il fanciullo alla scoperta di una dimensione della vita semplice ed essenziale, lontana dai messaggi proposti dai media può facilitare l’intuizione del bambino nel suo cammino di fede. di Gianni Sini Grazie, Santità B Il vescovo a La Salette: “Il messaggio ha bisogno di esperienza vissuta” di Simone Columbano L a visita pastorale del nostro vescovo nella città di Olbia ha vissuto una tappa importante nella parrocchia di N.S. de La Salette dove S.E. ha presieduto la Santa Messa delle 9,30 il 24 febbraio. La messa è stata animata da tanti bambini e ragazzi che vivono il loro cammino di iniziazione cristiana mettendosi al servizio della Chiesa. I ministranti, il coro, gli scout e tutta l’assemblea composta in gran parte da bambini hanno fatto esperienza di vita cristiana; una fede vissuta e non astratta. Il nostro vescovo durante l’omelia ha evidenziato come Gesù verbo incarnato è presente nella Parola di Dio e nell’Eucarestia, ma anche nel prossimo e in modo speciale nei bambini; i loro occhi hanno una luce particolare. Al termine della Santa Messa il vescovo ha incontrato i genitori con i quali ha instaurato un dialogo incentrato sul tema principale della visita pastorale: L’educazione dei bambini. È fondamentale che i genitori, i catechisti, gli insegnanti e tutti gli adulti impegnati nel settore educativo tengano presente che il linguaggio col quale si esprimono i bambini è di tipo esperienziale; bisogna dunque stimolare la loro capacità intuitiva e suscitare in loro interesse trasmettendo il messaggio in un clima sereno ed accogliente. Gli adulti si devono rapportare con i ALLURA &AGNGLONA Nuova Serie Aut. Trib. Tempio Pausania n. 4 del 21-12-1960 Proprietà: Diocesi di Tempio-Ampurias Amministratori Gavino Fancellu Direttore responsabile: don Giovanni Sini [email protected] Redazione: Franco Fresi Andrea Muzzeddu Francesca Sassi Giuseppe Pulina Gianni Satta Pietro Zannoni Tomaso Panu Gavino Fancellu Raimondo Pittorru AbbONAMENTI 12 MESI ITALIA ordinario € 20,00 sostenitore € 30,00 benemerito € 50,00 ESTERO + spese di spedizione PUbbLIcITà Tariffe 2012 Commerciali con secondo colore redazionali a cmq € 1,00 a modulo mm 25 x colonna € 8,00 a pagina intera € 800,00 a mezza pagina (orizzontale) € 430,00 Istituzionali: -20% Promozionali: -25% Prima pagina: a modulo € 15,00 Ultima pagina (solo riquadri settori commerciali) a cmq € 1,00 a modulo mm 25 x colonna € 1,00 Sconti, non cumulabili, per formato, frequenza, invito. I prezzi sono al netto di IVA. La Redazione si riserva la facoltà di rifiutare inserzioni pubblicitarie Direzione Redazione e Amministrazione Via Episcopio, 7 07029 Tempio Pausania c. P. 183 - c. c. P. n.11733078 Tel e Fax 079 635790 e-mail: [email protected] Impaginazione e grafica GIANNI cARIA [email protected] Stampa TAS P. Niedda sud strada 10 - 07100 Sassari Tel 079 262221 - 079 262236 Fax 079 262221 e-mail: [email protected] Questo numero di Gallura & Anglona è stato consegnato alle Poste, per la spedizione, il 27 febbraio 2013. Anno XXI n. 2 27 febbraio 2013 messaggi MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA QUARESIMA 2013 L a celebrazione della Quaresima, nel contesto dell’Anno della fede, ci offre una preziosa occasione per meditare sul rapporto tra fede e carità: tra il credere in Dio, nel Dio di Gesù Cristo, e l’amore, che è frutto dell’azione dello Spirito Santo e ci guida in un cammino di dedizione verso Dio e verso gli altri. Partendo dalla fondamentale affermazione dell’apostolo Giovanni: «Abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi» (1 Gv 4,16), ricordavo che «all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva... Siccome Dio ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4,10), l’amore adesso non è più solo un ”comandamento”, ma è la risposta al dono dell’amore, col quale Dio ci viene incontro» (Deus caritas est, 1). La fede costituisce quella personale adesione – che include tutte le nostre facoltà – alla rivelazione dell’amore gratuito e «appassionato» che Dio ha per noi e che si manifesta pienamente in Gesù Cristo. L’incontro con Dio Amore che chiama in causa non solo il cuore, ma anche l’intelletto: «Il riconoscimento del Dio vivente è una via verso l’amore, e il sì della nostra volontà alla sua unisce intelletto, volontà e sentimento nell’atto totalizzante dell’amore. Questo però è un processo che rimane continuamente in cammino: l’amore non è mai “concluso” e completato» (ibid., 17). Da qui deriva per tutti i cristiani e, in particolare, per gli «operatori della carità», la necessità della fede, di quell’«incontro con Dio in Cristo che susciti in loro l’amore e apra il loro animo all’altro, così che per loro l’amore del prossimo non sia più un comandamento imposto per così dire dall’esterno, ma una conseguenza derivante dalla loro fede che diventa operante nell’amore» (ibid., 31a). Il cristiano è una persona conquistata dall’amore di Cristo e perciò, mosso da questo amore. Tutto ciò ci fa capire come il principale atteggiamento distintivo dei cristiani sia proprio «l’amore fondato sulla fede e da essa plasmato» (ibid., 7). Tutta la vita cristiana è un rispondere all’amore di Dio. La prima risposta è appunto la fede come accoglienza piena di stupore e gratitudine di un’inaudita iniziativa divina che ci precede e ci sollecita. E il «sì» della fede segna l’inizio di una luminosa storia di amicizia con il Signore, che riempie e dà senso pieno a tutta la nostra esistenza. Dio però non si accontenta che noi accogliamo il suo amore gratuito. Egli non si limita ad amarci, ma vuole attiraci a Sé, trasformarci in modo così profondo da portarci a dire con san Paolo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (cfr Gal 2,20). Quando noi lasciamo spazio all’amore di Dio, siamo resi simili a Lui, partecipi della sua stessa carità. Aprirci al suo amore significa lasciare che Egli viva in noi e ci porti ad amare con Lui, in Lui e come Lui; solo allora la nostra fede diventa veramente «operosa per mezzo della carità» (Gal 5,6). Con la fede si entra nell’amicizia con il Signore; con la carità si vive e si coltiva questa amicizia (cfr Gv 15,14s). La fede ci fa accogliere il comandamento del Signore e Maestro; la carità ci dona la beatitudine di metterlo in pratica (cfr Gv 13,13-17). Nella fede siamo generati come figli di Dio (cfr Gv 1,12s); la carità ci fa perseverare concretamente nella figliolanza divina portando il frutto dello Spirito Santo (cfr Gal 5,22). La fede ci fa rico- noscere i doni che il Dio buono e generoso ci affida; la carità li fa fruttificare (cfr Mt 25,14-30). Alla luce di quanto detto, risulta chiaro che non possiamo mai separare o, addirittura, opporre fede e carità. Queste due virtù teologali sono intimamente unite ed è fuorviante vedere tra di esse un contrasto o una «dialettica». Da un lato, infatti, è limitante l’atteggiamento di chi mette in modo così forte l’accento sulla priorità e la decisività della fede da sottovalutare e quasi disprezzare le concrete opere della carità e ridurre questa a generico umanitarismo. Dall’altro, però, è altrettanto limitante sostenere un’esagerata supremazia della carità e della sua operosità, pensando che le opere sostituiscano la fede. Per una sana vita spirituale è necessario rifuggire sia dal fideismo che dall’attivismo moralista. L’esistenza cristiana consiste in un continuo salire il monte dell’incontro con Dio per poi ridiscendere, portando l’amore e la forza che ne derivano, in modo da servire i nostri fratelli e sorelle con lo stesso amore di Dio. La priorità spetta sempre al rapporto con Dio e la vera condivisione evangelica deve radicarsi nella fede. Talvolta si tende, infatti, a circoscrivere il termine «carità» alla solidarietà o al semplice aiuto umanitario. E’ importante, invece, ricordare che massima opera di carità è proprio l’evangelizzazione, ossia il «servizio della Parola». Non v’è azione più benefica, e quindi caritatevole, verso il prossimo che spezzare il pane della Parola di Dio, renderlo partecipe della Buona Notizia del Vangelo, introdurlo nel rapporto con Dio: l’evangelizzazione è la più alta e integrale promozione della persona umana. In sostanza, tutto parte dall’Amore e tende all’Amore. L’amore gratuito di Dio ci è reso noto mediante l’annuncio del Vangelo. A proposito del rapporto tra fede e opere di carità, un’espressione della Lettera di san Paolo agli Efesini riassume forse nel modo migliore la loro correlazione: «Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo» (2, 8-10). Si percepisce qui che tutta l’iniziativa salvifica viene da Dio, dalla sua Grazia, dal suo perdono accolto nella fede; ma questa iniziativa, lungi dal limitare la nostra libertà e la nostra responsabilità, piuttosto le rende autentiche e le orienta verso le opere della carità. Queste non sono frutto principalmente dello sforzo umano, da cui trarre vanto, ma nascono dalla stessa fede, sgorgano dalla Grazia che Dio offre in abbondanza. Una fede senza opere è come un albero senza frutti: queste due virtù si implicano reciprocamente. La Quaresima ci invita proprio, con le tradizionali indicazioni per la vita cristiana, ad alimentare la fede attraverso un ascolto più attento e prolungato della Parola di Dio e la partecipazione ai Sacramenti, e, nello stesso tempo, a crescere nella carità, nell’amore verso Dio e verso il prossimo, anche attraverso le indicazioni concrete del digiuno, della penitenza e dell’elemosina. La fede, dono e risposta, ci fa conoscere la verità di Cristo come Amore incarnato e crocifisso, piena e perfetta adesione alla volontà del Padre e infinita misericordia divina verso il prossimo; la fede radica nel cuore e nella mente la ferma convinzione che proprio questo Amore è l’unica realtà vittoriosa sul male e sulla morte. La fede ci invita a guardare al futuro con la virtù della speranza, nell’attesa fiduciosa che la vittoria dell’amore di Cristo giunga alla sua pienezza. Da parte sua, la carità ci fa entrare nell’amore di Dio manifestato in Cristo, ci fa aderire in modo personale ed esistenziale al donarsi totale e senza riserve di Gesù al Padre e ai fratelli. Il rapporto che esiste tra queste due virtù è analogo a quello tra due Sacramenti fondamentali della Chiesa: il Battesimo e l’Eucaristia. Il Battesimo (sacramentum fidei) precede l’Eucaristia (sacramentum caritatis), ma è orientato ad essa, che costituisce la pienezza del cammino cristiano. In modo analogo, la fede precede la carità, ma si rivela genuina solo se è coronata da essa. Tutto parte dall’umile accoglienza della fede («il sapersi amati da Dio»), ma deve giungere alla verità della carità («il saper amare Dio e il prossimo»), che rimane per sempre, come compimento di tutte le virtù (cfr 1 Cor 13,13). chiesa sarda Anno XXI n. 2 27 febbraio 2013 ALLURA &AGNGLONA 3 La rinuncia di benedetto XVI gesto di altissimo significato evangelico ed ecclesiale Lo ha detto la Conferenza Episcopale Sarda in un comunicato L a Conferenza Episcopale Sarda, riunita in seduta ordinaria il 12 febbraio 2013, sotto la presidenza di Monsignor Arrigo Miglio, ha accolto la notizia della rinuncia del Santo Padre Benedetto XVI al pontificato con animo commosso e in spirito di fedele ossequio alla sua libera e sofferta scelta per amore alla Chiesa. Tutti i Vescovi hanno espresso sincera e convinta condivisione delle ragioni che lo stesso Santo Padre ha manifestato nel darne l’annuncio. Riconoscono in esse lo spessore della sua fede e dell’atteggiamento interiore con cui ha sempre vissuto l’altissimo mandato di supremo pastore della Chiesa, scevro da ogni falsa retorica, da qualunque cedimento alle facili suggestioni del potere mondano, unicamente teso ad essere “umile e semplice lavoratore nella vigna del Signore”, come disse presentandosi al mondo subito dopo la sua elezione. Il gesto è di altissimo significato evangelico ed ecclesiale, un autentico atto di magistero della vita, con cui suggella i suoi otto anni di pontificato. Il suo gesto, nel pensiero dei vescovi, è un ennesimo ed estremo atto di fedeltà a Dio e di amore alla Chiesa. Il prendere atto del proprio indebolimento fisico e la percezione di “riconoscere l’incapacità di amministrare bene il ministero” che gli era stato affidato, denotano non solo il coraggio di fare un passo indietro, ma soprattutto la chiara coscienza di far subito posto a un successore perché alla Chiesa non manchi una guida solida e sicura, in un tempo e in un mondo, come ha detto egli stesso, “soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede”. Con questo atto, l’affetto e la riconoscenza alla persona del Santo Padre, nonché l’incondizionato apprezzamento per i contenuti e lo stile del suo pontificato sono ancora più convinti e profondi. Così come siamo sicuri che questo suo ultimo atto di magistero lascerà una traccia indelebile nella coscienza di tutti i cristiani e aprirà una pagina di rinnovato slancio apostolico nella Chiesa del prossimo futuro. I Vescovi della Sardegna, invitano i propri fedeli a sostenere con assidua preghiera questi ultimi giorni del ministero petrino del nostro amato e venerato Benedetto XVI. In particolare, per la sera del 28 febbraio, con inizio alle ore 19,30, indiciamo una speciale veglia di preghiera in tutte le cattedrali e le chiese della nostra Isola, per affidare alla potente azione dello Spirito la persona di Benedetto XVI, nel momento in cui rinuncia al suo mandato, per continuare ad immolare la propria vita nel silenzio del nascondimento e della contemplazione per il bene della Chiesa e del mondo. In quella veglia invocheremo lo Spirito Santo anche per il breve tempo di sede vacan- Confermati nella fede Ad Olbia la giornata diocesana dei cresimandi di d. Pala e l’equipe dell’UCD L ’ Ufficio Catechistico Diocesano ha organizzato per il prossimo 7 Aprile ad Olbia, nella parrocchia di San Simplicio, la quarta Giornata diocesana dei Cresimandi dal titolo “Con-fermati nella fede!!!”. Lo slogan scelto quest’anno gioca sulla parola “confermati”, ma anche sulla parola “fermati”! Cioè trattieniti, permani nella fede e nella Chiesa. Ci sembrava opportuno sottolinearlo specialmente durante quest’anno della fede. L’incontro si svolgerà secondo il programma prestabilito come annunciato nella locandina pubblicitaria. L’invito è rivolto evidentemente non solo alle catechiste perché si preparino alla manifestazione lo affidati e a tutte le comunità parrocchiali della Diocesi. Sono invitati anche quei ragazzi che percorrono il cammino di preparazione alla Cresima che non riceveranno il sacramento entro il 2013 in virtù dell’adeguamento dell’età secondo le norme diocesane. Anche quest’anno è chiesto ai gruppi parrocchiali di preparare: un cartellone/striscione (2 m x 0,80 cm circa) che sia rappresentativo della propria Comunità parrocchiale. Inoltre, è chiesto ai gruppi parrocchiali di preparare: un simbolo che rappresenti il Santo titolare della Parrocchia con una pergamena nella quale i ragazzi racconteranno brevemente la sua storia. I simboli e le storie saranno depositati ai piedi delle reliquie di San Simplicio quando i ragazzi entreranno per l’omaggio al Santo in basilica. Culmine della giornata sarà la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Mons. Sanguinetti. Come è avvenuto negli ultimi anni si spera in una partecipazione massiccia dei ragazzi. Già la loro presenza è sempre motivo di festa. Madonna di Bonaria te, e perché la Sua luce illumini le menti e i cuori dei Padri Cardinali, chiamati ad eleggere il futuro Pastore universale della Chiesa. Nel contempo, i vescovi hanno preso atto del fatto che è stata sospesa la visita ad limina prevista per il prossimo 14 marzo, fino a che il futuro Pontefice non deciderà di fissare la nuova data. Da ultimo, viene sospeso anche il programmato pellegrinaggio dei fedeli delle Diocesi sarde, che avrebbero accompagnato i propri Vescovi, in occasione dell’Anno della Fede. ✠ Sebastiano Sanguinetti Segretario C.E.S. 4 ALLURA &AGNGLONA Anno XXI n. 2 27 febbraio 2013 v isit a p a st o r a le La comunità della Sacra Famiglia vista dal Consiglio Pastorale Trovare stimoli nuovi che coinvolgano più persone di Giesse L a numerosa comunità della Sacra Famiglia, nei giorni di 14, 15, 16 Febbraio, ha vissuto dei momenti particolarmente intensi durante la visita pastorale di Mons. Sanguinetti. E’ stato fruttuoso l’incontro con un bel gruppo di genitori dei ragazzi della catechesi, un centinaio circa, con i quali il vescovo ha affrontato il problema della collaborazione della famiglia con la Parrocchia per trasmettere i valori della fede. E’ seguito l’incontro con il Consiglio Pastorale e i collaboratori, il Consiglio per gli Affari Economici, la Caritas e i rappresentanti delle Associazioni. Il Consiglio Pastorale ha esposto una relazione di cui riportiamo alcuni passaggi salienti: “Il Consiglio Pastorale di questa parrocchia si riunisce, generalmente, il primo martedì di ogni mese. Quando è stato costituito, Don Andrea ha deciso che, all’interno di esso ci fossero tutte le componenti parrocchiali. Nelle riunioni, non sempre siamo tutti presenti, è questo per vari motivi. Le iniziative e le proposte, sia che nascano da Don Andrea e Don Mirco, sia che vengano proposte da qualcuno di noi, vengono discusse, migliorate e valutate nella loro fattibilità e, infine, sperimentate. Il Consiglio Pastorale ha sempre lavorato per cercare di coinvolgere, il più possibile, le famiglie alla vita pastorale della parrocchia. Nei periodi “forti” dell’anno liturgico, la nostra preoccupazione di coinvolgere il numero maggiore di fedeli è sempre stata pressante. Si sono formati dei gruppi costituiti da un sacerdote o diacono e altre due o tre persone, che lo accompagnavano. Le famiglie sono state contattate precedentemente, e le loro case sono state aperte ad amici e al vicinato. E’ stata un’ esperienza molto positiva per tutti: per la famiglia ospitante, per tutti i partecipanti ed anche per noi. Nonostante le difficoltà oggettive quali la formazione dei gruppi di lavoro, l’orario di visita e di accoglienza, il trovare famiglie disponibili, si è cercato di riproporre l’iniziativa, visto il grande entusiasmo dimostrato da tutti, soprattutto da quelle persone poco abituate all’ascolto della Sacra Scrittura. Sempre per la Pasqua, ogni anno, proponiamo la Via Crucis nelle vie del quartiere. Un’altra iniziativa quaresimale, una volta alla settimana, è quella della “Lectio Divina” tenuta da Don Andrea; la meditazione è per tutti sentita e arricchente. Altra iniziativa, accolta favorevolmente, è stata quella della “peregrinatio crucis”presso le famiglie dei bambini del catechismo. Durante la celebrazione della messa, la croce è stata affidata ad una famiglia che, dopo averla tenuta per una giornata, l’ ha consegnata ad un’altra. Così molte case, hanno avuto la ricchezza di “ospitare” il Signore ed è stata questa l’occasione per riunire la famiglia e anche altre persone, in preghiera, intorno al Crocifisso. Per il periodo di Avvento e per il Santo Natale, il Consiglio Pastorale ha sempre pensato a modi diversi per animare la novena. L’anno scorso sono stati i bambini del catechismo che, accompagnati dai loro catechisti, hanno sviluppato dei temi riguardanti le varie espressioni della carità cristiana vissuta. Quest’anno, in concomitanza dell’anno della fede, il compito è stato affidato alle insegnanti di religione, appartenenti a questa comunità, che hanno commentato i vari articoli del Credo. Inoltre si è cercato un modo per coinvolgere le famiglie e lo abbiamo trovato attraverso la preparazione, a casa, di un presepe con tutti i materiali possibili da recuperare. Questo consiglio Conferimento del lettorato pastorale è stato sempre sensibile a e accolitato tutte le iniziative riguardanti la carità verso i più bisognosi. Infatti, durante il periodo di avvento e quaresima, i bambini del catechismo sono stati sensibilizzati alla raccolta di viveri che vengono poi condivisi con gli ultimi della nostra comunità. Infine, il Consiglio ha sempre sostenuto tutte le iniziative riguardanti la formazione dei bambini e dei giovani, come i campi scuola estivi a San Teodoro e le varie attività dell’oratorio. Tante sono le soddisfazioni, ma anche tante le diffi- Il Vescovo dà il calcio d’inizio coltà, ne elenchiamo alcune: le persone impegnate sono sempre le stesse; è difficile realizzare proposte interparrocchiali che, spesso, rimangono solo sulla carta; le iniziative non sempre vengono portate a termine nel migliore dei modi per il sovraccarico di impegni parrocchiali, e non solo, che gravano sempre sulle stesse persone. Si potrebbe fare di più! Mettendoci in discussione, forse dovremmo trovare degli stimoli nuovi che possano coinvolgere più persone. Manchiamo di accoglienza? Non lo sappiamo. Una cosa è certa: con un po’ di buona volontà e con l’aiuto di Dio si potrà fare e dare di più. L’incontro con l’Oratorio, poi, ha portato il vescovo a toccare con mano i gruppi di lavoro: musica, sport, teatro, attività manuali. E’ stato organizzato persino un torneo di calcetto denominato “trofeo del vescovo”. Anche i ministranti hanno avuto il loro momento, con loro si è parlato delle vocazioni, oggi particolarmente in crisi. La messa del sabato è stata molto partecipata da bambini, genitori e adulti. All’interno di essa c’è stato il conferimento del ministero del lettorato e dell’accolitato a fra Giuseppe Pipitone e fra Pichignito Ferreira dell’ordine dei “frati poveri di Gesù e Maria”, di prossima approvazione. Il vescovo è rimasto soddisfatto di questa visita ed ha incoraggiato la comunità a proseguire sulla strada che già percorre nell’attenzione ai ragazzi, ai giovani, alle famiglie e alle problematiche sociali. Ha apprezzato l’impegno del gruppo “Gocce d’amore”, adolescenti che si impegnano per la carità, visitando le famiglie, portando viveri, organizzando raccolte per i poveri. Questo, certamente, è uno dei frutti più belli dei campi scuola che sono stati organizzati in questi anni dalla Parrocchia. In tanti è emerso il bisogno di collaborare con tutte le Parrocchie, pur mantenendo ognuna la sua identità. Uno scambio è proficuo e inoltre toglierebbe dall’isolamento e arricchirebbe tutti. La rinuncia di benedetto XVI e i precedenti storici di d. Theron Oscar Casula I n seguito all’abdicazione di Papa Benedetto XVI, comunicata lo scorso 11 febbraio, in molti fedeli si è accesa la curiosità circa i pontefici che nel corso della storia hanno rinunciato al ministero petrino. Stilare un elenco dei papi che hanno abdicato sulla base del fatto che morirono dopo aver cessato il loro pontificato non è facile. In molti casi infatti, furono deposti, in altri semplicemente sostituiti. I successori di Pietro sui quali le fonti storiche riportano con differente grado di certezza la rinuncia al ministero petrino sono 6: Clemente I, Ponziano, Silverio, Benedetto IX, Celestino V e Gregorio XII. Clemente I nel 97 e Ponziano nel 235 abdicarono prima di essere allontanati da Roma a causa dell’esilio loro imposto dagli imperatori romani. Per entrambi tuttavia resta aperto il dibattito, in particolare su Clemente I per via della discordanza tra le fonti che raccontano il suo pontificato. Alcuni storici riferiscono che Papa Silverio rinunciò al pontificato nel 537 in favore del suo successore Vigilio, tuttavia viste le forti pressioni imperiali sarebbe preferibile parlare di deposizione. Diverso dai precedenti il caso di Benedetto IX. Nel periodo forse più oscuro del papato, egli fu papa per ben tre volte. Eletto nel 1032 venne deposto nel 1044. Tornò sul trono pontificio nel 1045 e fu allora, dopo appena 20 giorni, che rinunciò al papato per via di un accordo economico con il suo successore Gregorio VI. Infine si insediò nuovamente sulla cattedra di Pietro nel 1047 per esserne poi cacciato de- finitivamente l’anno successivo. Alcuni studiosi ritengono che anche papa Gregorio VI fu costretto a dimettersi nel 1046 per l’accusa di simonia, ma in questo caso pare più credibile una deposizione dello stesso. Nel 1294 fu Celestino V a compiere quell’atto che Dante definì “il gran rifiuto”. L’abate Pietro del Morrone venne eletto dai cardinali dopo oltre due anni di conclave all’età di circa 85 anni. Cinque mesi dopo, consapevole del peso del pontificato, pubblicò nel concistoro del 13 dicembre la Bolla con la quale si affermava il diritto del papa ad abdicare, e subito dopo diede lettura della sua rinuncia al pontificato. Su questa rinuncia influì il consiglio del cardinale Caetani il quale, dieci giorni dopo, successe a Celestino V con il nome di Bonifacio VIII. L’ultimo papa che esercitò il diritto sancito da Celestino V fu Gregorio XII nel 1415. Era il tempo del grande Scisma d’Occidente, quando in Europa si contrapponevano ben tre papi, ognuno con valide motivazioni per definirsi legittimo. Dopo vari tentativi nel Concilio di Costanza, anche grazie alla regia dell’imperatore Sigismondo, si impose la soluzione della”cessione”, secondo la quale i tre papi Benedetto XIII di Avignone, Giovanni XXIII di Pisa, e Gregorio XII di Roma, avrebbero rinunciato contemporaneamente alla corona pontificia per ristabilire l’unità della Chiesa. Alla fine i primi due furono deposti, mentre Gregorio XII, riconosciuto papa legittimo, comunicò la sua abdicazione alla cattedra di San Pietro il 4 luglio 1415, permettendo finalmente alla Chiesa di avere un unico papa dopo circa 40 anni. Tuttavia il conclave venne convocato solo dopo la sua morte nel 1417, quando venne eletto Martino V. Osservando questi sei casi proposti appaiono evidenti le loro diversità. Nei primi tre oltre all’incertezza, e talvolta discordanza delle fonti, emerge l’influenza delle autorità imperiali, che esercitata in vari modi e con diverse motivazioni, determinò la rinuncia di Clemente I, Ponziano e Silverio.Riguardo alla rinuncia di Benedetto IX siamo davanti a un evidente caso di simonia, dove lo stesso papa considerava il suo ministero come un qualunque titolo feudale cedibile per una grande quantità di denaro. La scelta di Gregorio XII si pone invece in un periodo anomalo per la vita della Chiesa, ed appare obbligata come unica via per risolvere lo scisma che dilaniava l’Europa cristiana. Diverso dai precedenti il caso di Celestino V che in un tempo di relativa tranquillità per la Chiesa, scelse di sua iniziativa, nonostante l’opposizione di molti suoi sostenitori, di rinunciare al ministero pontificio. Egli riteneva infatti di non avere le capacità fisiche e intellettuali per governare la Chiesa. Non vi furono altre “rinunce” nella storia del papato fino ai nostri giorni, anche se sono note le volontà, mai divenute esecutive, di Pio XII e Paolo VI circa un eventuale fine anticipata del loro pontificato. Con la rinuncia di Benedetto XVI la Chiesa vive un evento storico i cui precedenti risalgono addietro nei secoli, ma come già evidenziato, anche questa abdicazione è destinata ad essere un fatto unico. Oggi, circa 720 anni dopo, Papa Benedetto XVI ci ha detto che quella scelta viene fatta ancora una volta “per il bene della Chiesa”. visita pastorale Anno XXI n. 2 27 febbraio 2013 ALLURA &AGNGLONA 5 Olbia, il Vescovo a S. Paolo per infondere coraggio e speranza di Marilù Mara / Isa Marotto / Laura Rodio I l 22 e 23 febbraio il vescovo monsignor Sebastiano Sanguinetti, ha incontrato la nostra comunità della Parrocchia di San Paolo Apostolo, chiesa primaziale di Olbia, nella sua prima visita pastorale, che lo ha accolto come un Padre che visita i suoi figli. La lettera pastorale dal titolo “ siamo Chiesa …siamolo!” che aveva pre-annunciato a suo tempo il tema della visita, è stata da noi attentamente approfondita ed esaminata nei vari incontri avvenuti nel corso dell’anno durante le riunioni di preparazione alla catechesi, sotto la preziosa guida del nostro parroco don Gianni Satta. Il tema chiave, parrocchia comunità educante è stato più volte al centro delle nostre riflessioni e fonte di studio per la comprensione del vero significato di una comunità aperta all’incontro con Dio e con i fratelli. L’incontro con il vescovo è un momento di intensa partecipazione di ogni singolo credente e appartenente ad un percorso di fede all’interno di una comunità parrocchiale, che ha bisogno della Parola e della presenza del proprio pastore per crescere e fortificarsi nel Vangelo di Cristo. Con tale proposito la nostra comunità, nelle proprie diversità, ha atteso con gioia la visita e preparato l’accoglienza. Nella mattinata del 22 febbraio il vescovo ha fatto visita, accompagnato dal parroco don Gianni, alla scuola cattolica di San Vincenzo, diretta dalle suore Vincenziane. Il vescovo ha potuto confrontarsi con i bambini della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, che lo hanno accolto con affetto e allegria rivolgendogli domande semplici con curiosità che hanno fatto più volte sorridere Monsignor Sanguinetti, che ha dichiarato di essere entusiasta per il tempo trascorso in compagnia dei bambini. All’incontro che si è tenuto nel pomeriggio dello stesso giorno presso il salone parrocchiale alla presenza di sua Eccellenza e di Don Gianni, era ben rappresentata la comunità di San Paolo. Gli interventi si sono susseguiti in maniera sintetica ma, esauriente in un clima di accogliente familiarità. I portavoce dei gruppi hanno illustrato al vescovo e alla comunità presente le attività che si svolgono nella nostra Parrocchia. È stato interessante e costruttivo ascoltare e conoscere quello che avviene nella Parrocchia, chi se ne occupa e come si lavora in gruppo, secondo le capacità e i carismi di ciascuno. Il gruppo catechistico, catechesi di preparazione ai sacramenti e post cresima, ha raccontato il lavoro svolto con i bambini ed i ragazzi, presentandolo con grande entusiasmo. Lavoro che è frutto di una preparazione collettiva ispirata dalla fede e guidata dai consigli del parroco. Ha illustrato tutte le attività che si svolgono in parrocchia, la domenica e nei tempi forti, la soddisfazione nel vedere coinvolte le famiglie, ma anche le difficoltà che s’incontrano nell’avere una partecipazione costante. Il rappresentante del gruppo liturgico, gruppo costitui- tosi per iniziativa di don Gianni, ha efficacemente monianza utile, non solo alla comunità ma anche alspiegato il servizio da loro svolto, sottolineando l’im- la sua persona. Pertanto ha ulteriormente sottolineapegno nel fare in modo che la parola di Dio, sia com- to l’importanza del tema della visita sulla Comunità presa ed assaporata da tutta l’assemblea. L’obiettivo è Educante, raffrontando e rimarcando le frasi e le riquello di coinvolgere la comunità tutta, affinché ci sia flessioni che i singoli gruppi hanno rivolto e scritto. una partecipazione attiva di tutti i fedeli, presenti alla l’omelia è terminata nel ringraziamento della numecelebrazione liturgica e come Chiesa madre, in quel- rosa presenza alla Celebrazione Liturgica, alla Confrale occasioni solenni in cui si richiamano altre comu- ternita di santa Croce, al folto gruppo di Giovani che nità parrocchiali. Il portavoce del gruppo Caritas ha hanno animato la celebrazione con il canto, segno di descritto dettagliatamente la situazione in cui versa in una nuova crescita e di un nuovo percorso parrocquesto momento di crisi la città di Olbia. I poveri da chiale. Don Gianni ha ringraziato il Vescovo salutanaiutare, sempre più numerosi si rivolgono quotidia- dolo con il nome di vescovo Sebastiano, e offrendo namente ai volontari, che con umiltà, spirito cristiano, parole di commozione per la forza e il carisma con il testimoni del Vangelo sostengono con aiuto concreto quale il egli, ha affrontato il difficile problema delchi ha bisogno; nella consapevolezza però,di non po- l’educazione dei giovani, e l’educazione nella famiter risolvere i problemi di tutti. Il Consiglio per gli Af- glia. Don Gianni ha anche manifestato la sua gioia fari Economici, organo consultivo presieduto da Don per il percorso intrapreso all’interno della parrocchia, Gianni, è impegnato nella gestione e amministrazio- già definito dal vescovo, come percorso nella “Giune di quei beni che costituiscono il patrimonio mate- sta Strada”, soffermandosi sul lavoro svolto dalle variale, storico-artistico e culturale della nostra comuni- rie associazioni e gruppi e sull’attività‘ molto preziosa tà parrocchiale. La partecipazione, la gestione e l’am- e silenziosa delle “Figlie della Carità”, in un momenministrazione dei lavori del consiglio avvengono sem- to di così grande difficoltà. Ha inoltre ripercorso il pre in un clima di divisione dei compiti, in un conte- senso profondo della presenza del vescovo riportansto cristiano ed è ispirata da valori etici, religiosi e spi- do la frase “ Benedetto colui che viene nel nome del rituali. Per ultimo, ma non per importanza, un Con- Signore “, frase che e’ stata rivolta delle catechiste cofratello della Confraternita “Santa Croce”, dopo aver me saluto iniziale al vescovo. Ha ricordato il compito sottolineato l’importanza delle associazioni cristiane del vescovo di essere testimone del vangelo di Cristo fondate con lo scopo di favorire l’aggregazione tra fe- come successore di Pietro, e la comunità presente aldeli, esercitare opere di carità, pietà ed assistenza, ha la Santa Messa ha così salutato Mons. Sanguinetti con illustrato le attività della confraternita, che in maniera un applauso sentito e carico di affetto, in dimostraaggiornata, è impegnata nelle liturgie e nel seguire la zione della grazia che ci e’ stata donata per la sua parola del vangelo e per portare solidarietà e confor- presenza. Il vescovo e’ stato realmente vicino alla coto a chi ne ha bisogno. Il vescovo che ha ascoltato munità in questi giorni, infondendo con le sue parotutti con grande interesse e disponibilità, ha espresso le sapienza, coraggio, forza e speranza, diventando il suo apprezzamento per tutti gli interventi, ribaden- uno di noi in mezzo a noi. A lei, Eccellenza Reverendo i concetti e le motivazioni della sua Visita, affinché dissima, un grazie con tutto il nostro cuore. la comunità di San Paolo sia una comunità educante e continui il cammino di fede sempre con entusiasmo e vitalità. Il giorno seguente sabato 23 febbraio la visita è culminata con la celebrazione liturgica eucaristica della sera. Davanti ad una comunità raccolta in preghiera, il vescovo nella sua omelia ha tracciato i momenti più significativi e importanti trascorsi durante l’incontro con i vari gruppi della nostra parrocchia. Ha ringraziato innanzitutto l’attività svolta da don Gianni nella crescita comunitaria e ha ulteriormente rivolto parole di gratitudine per il servizio e lo spirito di Il Vescovo nella parrocchia collaborazione riscontrato nella di S. Paolo parrocchia, come segno di testi- LA PARROCCHIA DELLO SPIRITO SANTO IN TISIENNARI RICEVE IL PASTORE di fr. Emmanuele Manca L a presente relazione ricalca sostanzialmente quella preparata da padre Giuseppe Piga in occasione del passaggio di consegne tra lui e don Vladimiro. E’ da pochi mesi che mi è stata affidata la parrocchia, quindi non sono ancora in grado di poterne dare una descrizione esaustiva, benché abbia comunque già visitato quasi tutte le famiglie e incontrato i parrocchiani in assemblea. Da uno di questi incontri è scaturita una equipe che dovrebbe funzionare come sorta di Consiglio Pastorale. La parrocchia dello Spirito Santo in Tisiennari, non è urbana, ma legata a un vasto territorio. La stessa chiesa parrocchiale, solitaria, guarda i campi, coltivati o pascolo per greggi e mandrie, il lago Coghinas, le colline circostanti. Istituita nel 1966, in comune di Bortigiadas, ma di fatto meglio collegata con Perfugas, è costituita da singole case (stazzi) e da piccoli agglomerati, chiamati frazioni: Li paulis e Giovanni Moro (più legati a Bortigiadas perché meglio collegati col paese), Littigheddi, Nibareddu, Scala Ruia, vicini alla chiesa di san Rocco, ma lontanissimi dalla chiesa parrocchiale, e La fraigata, Antonazzu, Lu Torrinu, Cupeddu, Scupaggiu, Ponte Vecchio, Alvarizzu, frazioni via via più vicine alla chiesa parrocchiale.Già da questa descrizione si intuisce quanto il territorio sia vasto e disagiato e quanto le distanze ostacolino la classica pastorale parrocchiale legata a un centro urbano. Qui è tutto complicato, e non solo dalle distanze, ma dalle strade, strette e in condizioni pietose, spesso non asfaltate, in particolare quando introducono a una abitazione privata (neanche a dirlo: distante dalla strada comunale….).A patire per questa situazione sono le relazioni interpersonali, gli anziani, chi non possiede un mezzo proprio. Anche la cosa più semplice, come andare a fare la spesa, andare dal medico, può diventare un’impresa complicata. Lo stesso vale per andare a Messa, e in particolare, a tal proposito, per le frazioni a monte, ossia Li Paulis e Giovanni Moro, che distano da Tisiennari circa 30 chilometri se si percorre la strada asfaltata; l’altra, è vero più corta, 8 chilometri, è sterrata e pericolosa. Non sarà la Visita pastorale l’occasione buona per certificare una situazione di fatto, ossia che queste due frazioni già gravitano su Bortigiadas e quindi assegnarle a quella parrocchia? Nonostante questi condizionamenti, i parrocchiani, tutto sommato, sono presenti e desiderosi di partecipare: sanno di aver bisogno di momenti aggregativi sia dal punto di vista umano che religioso. Partecipa un buon gruppo alla celebrazione domenicale e ora anche a quella feriale del giovedì, giorno che trascorro a Tisiennari.La popolazione è composta prevalentemente da anziani, molti dei quali vivono da soli e persino isolati. E’ presente anche qualche famiglia di giovani che però per lavorare si reca fuori. I pochi giovani preferiscono andare dove c’è il lavoro, dato che la campagna non basta più per una vita dignitosa. Anche la pastorizia pian piano viene meno. I pochi bambini (5) frequentano il catechismo domenicale, i giovani disertano, come dappertutto. Ciò di cui c’è bisogno non sono grandi cose: essere vicini alla gente, curare la liturgia con dignità, favorendo la partecipazione attiva, visitare gli anziani, i malati, le famiglie. Sottolineare i momenti forti dell’anno liturgico con qualche celebrazione appropriata. Favorire sempre più la corresponsabilità nella gestione della chiesa parrocchiale e di quella di san Rocco. Da quel che ho capito, i parrocchiani di Tisiennari non vogliono sentirsi di serie B… 6 ALLURA &AGNGLONA anniversari Anno XXI n. 2 27 febbraio 2013 Madre Paola Muzzeddu, a cento anni dalla nascita Aveva i segni distintivi della donna gallurese Madre Paola Muzzeddu di d. Sandro Serreri C ento anni fa, il 26 febbraio 1913, nasceva ad Aggius Paola Muzzeddu colei che, il 5 ottobre 1947, con l’approvazione dell’allora Arcivescovo di Sassari Mazzotti, avrebbe fondato una nuova famiglia religiosa: la “Compagnia di Mater Purissima”, le celestine. Era la quarta figlia di Giovanni Battista e di Francesca Serra. Dopo di lei ne sarebbero nati altri otto. Nasceva ad Aggius, un piccolo paese gallurese con le case abbarbicate ad una montagna di granito, quasi come a volersi proteggere e riscaldare l’un l’altra, a pochi chilometri dalla “nobile” Tempio Pausania. Nasceva tra l’ultimo morto ammazzato (1910) della spietata faida tra i Vasa e i Mamia e la celebrazione della pace (1921). Il clima, dunque, era quello della morte e della preghiera. La sua era una famiglia povera, dove tutti dovevano dare il loro contributo di fati- di d. Sandro Serreri L a finestra, ancora accesa. Dentro, un uomo chino su di un grande scrittoio. Fuori, piove e violenti fulmini s’abbattono. La stilo scorre dentro una grafia piccola, semplice, quasi infantile. Le labbra, mormorano. Dentro, il silenzio si confonde con un’atmosfera d’infinita solitudine. Nessuno, neppure… osa entrare. Il gatto, dai grandi occhi gialli, osserva e sbadiglia. Fuori, la notte è blu e il suo blu ha avuto il sopravvento su tutto o quasi. Dentro, il nero pianoforte tace. Sotto, la piazza è vuota. Pochi, col naso all’insù, guardano e, forse, pregano. La città continua la sua vita, monotona, i taxi attraversano, i passanti si tirano dietro gli ombrelli aumentando il passo, ignari. Dentro, un vecchio, bello come un profeta michelangiolesco, tolti gli occhiali, cerchiati d’oro, legge le poche righe scritte con grande fatica. Legge e rilegge. Poi, dà un’occhiata oltre, oltre i vetri rigati dalla pioggia che irriverente tamburella. Quindi, sorride cercando di allungare lo sguardo ancor più oltre, oltre la finestra e i limiti degli spazi sottostanti, oltre le colonne e le pietre, i tetti e le foreste televisive, le case e le vie e le piazze. Il mondo lontano, molto lontano, continua a girare. La notte là, è già giorno. E il giorno là, è già notte. Nuovi e potenti riflettori si sono accesi. Che importanza hanno? Così, ha l’impressione che il tutto ruoti mentre la finestra, la sua finestra, è là, ferma, immobile, muta testimone, aperta e chiusa. Il foglio stemmato, tra le sue dita ossute, trema. Pensa: Quel ca e di sacrificio, specialmente i figli più grandi. Paola, per carattere, non si sottraeva a nessuno di questi. La sua Gallura era quella della “cultura degli stazzi”, di una società agro-pastorale dove bastava un po’ di terra e tanto lavoro e sudore per poter riuscire a sopravvivere. Paola crebbe respirando i commenti alla luce del focolare, la notte, dopo la frugale cena, circa l’odio tra i Vasa e i Mamia, la povertà dignitosa, il duro lavoro domestico e nei campi. Ma questa vita, che né allora e né mai si addice ad una bambina, non le impedì di far crescere e maturare quella interiorità che, anno dopo anno, imparò ad ascoltare e a seguire sino alla scelta difficile, impegnativa e radicale della vita consacrata. Paola era, non lo dimentichiamo, ed è questo il motivo fondamentale di questo ricordo, figlia della Gallura del tempo, recante i caratteristici segni distintivi della donna gallurese: la dolcezza combinata con la forza, la dignità con la laboriosità, la tenerezza con la fermezza, la corresponsabilità nella gestione della vita familiare e domestica. Tutto questo insieme, e quasi sintesi, ad una religiosità mai bigotta, forzata, di dovere, ma naturale, semplice, che lei, a partire dagli anni della adolescenza, viveva, testimoniava, comunicava. La sua vita e la sua pratica religiosa furono così contagiose che Paola non poteva non capire, anno dopo anno, che la preghiera personale e familiare, il lavoro domestico, dovevano superare questi ristretti ambiti per abbracciare chiunque aveva bisogno di ascolto, consiglio, conforto, incoraggiamento, soccorso, assistenza, educazione, casa, scuola. Al di là della agiografia che se ne può ampiamente ricavare dalla sua vita e testimonianza, quel che mi preme sottolineare, facendo memoria di questo centenario, è il fatto non trascurabile, allora come oggi, che Paola Muzzeddu è stata una risposta gallurese, della donna gallurese in particolare, ai “segni dei tempi”, a quella società e cultura che se da una parte portava i connotati della solidarietà, negli stazzi come nei paesi, dall’altra portava quelli dell’egoismo, della gelosia, dell’odio. Paola Muzzeddu, donna aggese, donna gallurese, con la sua vita e la sua opera, spese per la promozione delle nostre genti, ha fatto emergere quel che di nobile, bello e positivo c’è nella “galluresità” che sa farsi generosità, altruismo, volontariato, solidarietà nonostante i vizi e i peccati che condizionano il nostro carattere. Per questo, ma non solo, è nostro dovere ricordarla, a cento anni dalla sua nascita. In un territorio, il nostro, che sta soffrendo le ripercussioni di una crisi finanziaria ed economica globale, è importante riscoprire che quando si è “poveri” si è anche più generosi, quando si è tormentati dai problemi si è anche più disponibili verso i problemi del prossimo, quando si ha di meno si è più inclini a condividere di più. Cento anni fa la nostra Gallura, povera e analfabeta, minata da odi e vendette omicide, partoriva Paola Muzzeddu. Oggi che non siamo più poveri, ma abbiamo più del necessario, forse siamo chiamati, anche alla luce di testimoni come Madre Paola, a superare i piccoli egoismi ed interessi di parte e far riemergere i lati positivi dell’orgoglio, della laboriosità e della solidarietà galluresi. Una piccola donna aggese è riuscita a non farsi sconfiggere dalla povertà e dai sacrifici. A noi, oggi, spetta la responsabilità di attingere anche dal suo esempio ringraziando ed impegnandoci a far crescere e a promuovere il nostro territorio e le sue genti. LA FINESTRA che ho scritto ho scritto! Quel che dirò dirò! Ecco il mio: Amen! La stanza è come sospesa, tra terra e cielo. Deposta, infine, la bianca veste, dopo aver accarezza il gatto che si stiracchia, spegne la finestra, apre la porta e si avvia con passo stanco, ma deciso, verso la vicina cappella dove crede e sa che Qualcuno gli dirà, semplicemente: Dominus tecum! visita pastorale Anno XXI n. 2 27 febbraio 2013 Il problema educativo sta nella fragilità degli adulti È necessario “fare rete” tra educatori di d. Augusto Ramirez L a comunità parrocchiale di Viddalba ringrazia Dio per la breve ma intensa Visita Pastorale del suo Vescovo. La giornata di venerdì è stata caratterizzata dall’incontro con gli educatori; prima della messa il Vescovo ha incontrato tutti gli insegnanti della scuola dell’infanzia, della primaria e della secondaria di primo grado che fanno parte dell’Istituto Comprensivo Badesi-Viddalba-Trinità. In un dialogo aperto e fraterno gli insegnanti hanno raccontato la loro esperienza e le loro difficoltà di oggi nel ruolo di educatori. È emersa la richiesta da parte della scuola di fare rete con le altre istituzioni educanti presenti nel territorio per coinvolgere sempre di più i genitori nell’impegno educativo. Questi, pur nella loro fragilità, non sono mai da colpevolizzare, ma al contrario da sensibilizzare ed aiutare: dietro alcuni atteggiamenti aggressivi nei confronti degli insegnanti si rivela l’estrema debolezza di molti genitori. Il Vescovo, dopo aver ascoltato tutti ha fatto riferimento alla crisi dei nostri tempi caratterizzata in modo particolare dalla fragilità degli adulti: sono pochi gli adulti che veramente educano. Ha ricordato che Cristo e la speranza cristiana che da Lui deriva, abbracciano non una dimensione della persona, ma abbracciano tutta la persona: l’educazione oggi come ieri, per essere efficace deve essere integrale; bisogna unire le forze; oggi è urgente un’alleanza educativa tra la Chiesa, la scuola e le altre Istituzioni presenti nel territorio a favore dell’uomo e della famiglia. È proprio la famiglia la parte della società più debole, più fragile! Essa ha bisogno di aiuto, non di essere oggetto di rimproveri. Una professoressa che ha partecipato all’incontro al termine ha commentato: “E’ emerso un quadro chiaro della situazione attuale,la quale pur avendo molti punti di criticità, ci sprona a metterci insieme tutti noi educatori per il bene dei nostri bambini e dei ragazzi. Sono rimasta positivamente colpita; il vescovo è riuscito a calarsi nella realtà dei problemi dando dei suggerimenti che mi potranno servire sia come madre sia come insegnante”.Alle 18.00 Il Vescovo ha celebrato la Santa Messa animata dai ragazzi delle medie e dai bambini della scuola materna ed elementare a cui hanno partecipato anche i genitori, insegnanti, catechisti e gli animatori dell’oratorio: una ragazza delle medie ed un L’ORATORIO PARROCCHIALE DI VIDDALBA ALLURA &AGNGLONA 7 Incontro con gli insegnanti dell’ Istituto comprensivo di Badesi-Trinità bambino delle elementari hanno esposto al vescovo le loro difficoltà nel lasciarsi coinvolgere dagli adulti nel processo educativo, il loro desiderio di verità, e l’attesa di comportamenti coerenti da parte degli adulti. Dopo la Messa i genitori, i catechisti e gli animatori dell’Oratorio si sono confrontati con il Vescovo sulla loro esperienza educativa, sulle difficoltà, le sconfitte ma anche le gioie che questa inevitabilmente comporta. Il Vescovo ha ribadito la necessità di un’alleanza educativa, di tutti gli educatori, per poter generare una società migliore. Si è ribadita la necessità di proporre l’Oratorio come uno spazio educativo di formazione dei ragazzi che li renda più vicini e più partecipi alla vita della Chiesa. Visita all’ oratorio Un’esperienza educativa di Giusy Oggiano S abato pomeriggio, il Vescovo ha visitato l’oratorio della nostra parrocchia, così ha avuto modo di interagire con i bambini che lo frequentano e ha visto le attività loro proposte dagli animatori. Per l’occasione gli animatori hanno organizzato un pomeriggio dedicato ai colori e alle sensazioni; hanno proposto ai bambini di realizzare dei disegni da regalare al Vescovo e di realizzare un cartellone con tutte le impronte colorate delle loro mani per rappresentare l’unione e la soli- darietà, due valori che sono fondamentali per i cristiani. I bambini hanno scelto come tema dei loro disegni la pace, hanno inoltre deciso di accogliere il Vescovo con un canto molto allegro e di mostrargli il loro gioco preferito. Tutti gli animatori sono rimasti molto soddisfatti della visita, soprattutto perché il Vescovo ha interagito molto con i bambini, li ha ascoltati, ha visto i loro disegni e ha chiesto ad ognuno di loro di spiegare ciò che volevano rappresentare attraverso questi. È stato molto importante il momento in cui egli ha ascoltato le richieste degli animatori e ha mo- strato interesse per i piccoli problemi (legati soprattutto al fatto che non hanno seguito alcun corso per essere animatori) che essi incontrano durante le attività dell’oratorio. VIDDALBA: UN PAESE SEGNATO DALLA CRISI ECONOMICA La crisi economica nasce dell’egoismo dell’uomo Il vescovo Sanguinetti di d. Augusto Ramirez S abato 26 gennaio 2013 il Vescovo ha potuto conoscere la comunità intera di Viddalba in due celebrazioni prefestive molto partecipate; alle 16.00 a Giuncana ha incontrato i parrocchiani di questa frazione incoraggiandoli nella fede nella speranza e nella carità. Per questa piccola comunità, la presenza del Vescovo, è stata un’occasione di festa, ben evidente sulle loro facce, essendo la prima volta che il Vescovo la visitava. Prima della celebrazione della messa in Viddalba, il Vescovo ha voluto incontrare i ragazzi dell’Oratorio i quali gli hanno offerto un lavoro artistico fatto durante l’attesa del suo arrivo. È stato un momento meraviglioso per i ragazzi: hanno potuto sperimentare la presenza di un Vescovo vicino a loro e sempre sorridente. Nella Messa conclusiva con l’intera comunità dopo che il rappresentante del sindaco ha descritto in modo sintetico, e allo stesso tempo realistico, la situazione socio culturale di Viddalba, caratterizzata dagli effetti devastanti di una crisi economica che sta coinvolgendo la nostra comunità, il Vescovo ha ribadito la necessità di una efficace alleanza tra Chiesa e le altre istituzione Irene Spezzigu, rappresentante del sindaco per il bene comune, bene che deve stare a cuore a tutti coloro che prestano un servizio alla comunità. Al termine della celebrazione Il Vescovo ha incontrato il Consiglio Pastorale Parrocchiale: ha avuto modo di ascoltare i diversi responsabili ed avere così un quadro sintetico del cammino che la comunità di Viddalba ha compiuto negli ultimi anni sotto la guida del suo parroco don Mauro, e delle prospettive di evangelizzazione del futuro immediato, anche per il contributo che potrà venire dalla presenza del nuovo viceparroco don Augusto. 8 ALLURA visita pastorale &AGNGLONA Apertura ufficiale della visita pastorale nel vicariato d L a visita pastorale, nella visione e nella tradizione della Chiesa, è «un segno della presenza del Signore che visita il suo popolo nella pace» (Pastores gregis, 46). Ancora, “è occasione per ravvivare le energie degli operai evangelici, lodarli, incoraggiarli e consolarli, è anche l’occasione per richiamare tutti i fedeli al rinnovamento della propria vita cristiana e ad un’azione apostolica più intensa” (Apostolorum successores, 221). Con questo spirito e in questa prospettiva vengo nel Vicariato e nella Città di Olbia, affidando questo tempo di grazia alla protezione di San Simplicio e di tutti i patroni delle singole Parrocchie. Sebbene la visita sia eminentemente pastorale, non posso e non possiamo ignorare che essa avviene in un momento della vita sociale particolarmente delicato e difficile, per la grave crisi economica che investe l’intero tessuto umano e produttivo di un territorio che fino a qualche anno fa era considerato un polo trainante dell’intera economia isolana. Il mio primo pensiero, perciò, non può che andare ai tanti disoccupati, a chi ha perso il lavoro, alle famiglie in difficoltà, alle imprese e aziende che hanno chiuso e a quelle che stentano ad andare avanti, agli anziani a cui non basta Apertura della visita pastorale Anno XXI n. 2 27 febbraio 2013 più la pensione per arrivare a fine mese. E se questa situazione contingente suggerisce a tutti noi un più forte impulso alla solidarietà e alla vicinanza soprattutto alle persone più svantaggiate, non minore attenzione dobbiamo prestare a quella che oggi, forse, è la madre di tutte le crisi, anche di quella economica, è cioè la crisi antropologica, la crisi interiore dell’uomo moderno, che ha perso ogni riferimento ai valori fondanti dell’etica personale e sociale, delle relazioni interpersonali, del bene comune, della dimensione trascendente della vita. Una crisi che interpella la Chiesa nella sua azione formativa e missionaria, ma anche per le subdole infiltrazioni di essa nella mentalità e nei comportamenti degli stessi credenti. Ciò detto desidero prospettare a grandi linee, soprattutto la specifica peculiarità che riveste la visita alla città di Olbia e all’intero Vicariato. E ciò, in ragione del momento storico che vive la città tutta, e in essa la Chiesa, ma anche del ruolo e del rilievo che la Città ha avuto e continua ad avere nell’intero tessuto diocesano. Fin dal primo momento del mio arrivo in Diocesi, oltre sei anni fa, sono andato sempre più convincendomi e dicendo a tutti i livelli che Olbia, nelle sue straordinarie poten- zialità, ma anche nelle sue evidenti fragilità, rappresenta lo snodo più significativo dell’intera pastorale diocesana … non solo per il numero degli abitanti, ma anche per il suo essere l’emblema più evidente delle profonde trasformazioni ed evoluzioni che la Gallura ha conosciuto negli ultimi cinquanta anni. Negli ultimi decenni, insieme allo sviluppo demografico ed economico, essa è diventata un crocevia straordinario di culture, di etnie, di religioni che hanno segnato un profondo mutamento antropologico, dalle conseguenze non sempre sufficientemente metabolizzato, compreso e affrontato. Dentro questo quadro è nato quello che abbiamo chiamato “progetto Città di Olbia”, che nell’istituzione delle 5 nuove parrocchie ha avuto il suo elemento più visibile, ma che aveva di mira principalmente un profondo adeguamento della vita e della missione della Chiesa cittadina alle mutate situazioni socio-culturali e ambientali della città. Questo progetto e le riflessioni che lo hanno determinato e accompagnato nel suo svilupparsi, lungi dall’essere compiuto, è, possiamo dire, ancora nella sua fase embrionale. Comincia a mettere i suoi primi timidi passi, ben sapendo che esso potrà prendere sempre più corpo soltanto grazie a un cambio di marcia della nostra pastorale, e soprattutto a una più chiara consapevolezza da parte di tutti, sacerdoti e laici, delle domande e delle urgenze che emergono, e a un cambio di mentalità che, senza lasciare tutto ciò che di buono si è sinora fatto, si apra a nuove e innovative strade di evangelizzazione. La visita pastorale si colloca provvidenzialmente dentro questo percorso, come momento di verifica e di rilancio del progetto, in un contesto di reciproco ascolto, di dialogo, di riflessione e di progettazione per il futuro. Ecco, allora, il tema della Visita: “Noi siamo Chiesa, siamolo!” Questo invito, è tutt’altro che orientato a una mera chiusura nell’esistente, o a un arroccamento a difesa della cittadella assediata. Anche se, sappiamo, mai come in questi ultimi tempi, la Chiesa è stata posta sotto assedio da una cultura e da un’informazione secolarizzata, laicista, anticlericale e anti cattolica. Al contrario è invito a un radicamento sempre più convinto in quello che possiamo chiamare il suo statuto fondativo: essere luogo dove risplende la luce stessa di Cristo, per illuminare tutti gli uomini con l’annuncio del Vangelo; essere “sacramento o segno e strumento dell’in- visita pastorale Anno XXI n. 2 27 febbraio 2013 ALLURA &AGNGLONA 9 di Olbia. Le parole del vescovo nella chiesa di S. Paolo tima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (cf LG, 1). In questa prospettiva la Chiesa non esiste per sé, ma perché attraverso di lei possa risplendere la luce di Cristo per tutti gli uomini. Appartiene alla natura della Chiesa l’essere estroversa, proiettata verso l’esterno, verso l’uomo, verso ogni uomo, verso il mondo; quindi l’essere missionaria. Ma non sarebbe “lumen gentium”, se la vita dei credenti non fosse essa stessa portatrice di luce, di verità, di carità, di amore, di solidarietà autentica verso i fratelli. Se il “Progetto Città di Olbia”, nasce da questo imperativo, e se la visita pastorale si comprende come occasione di una sua verifica e di un suo rilancio, possiamo a questo punto individuare alcuni snodi principali del percorso che faremo in questo mese e mezzo. 1.- Radicare sempre più l’esistente, fondare e rimotivare il nostro essere Chiesa, per esserlo veramente e integralmente, recuperando l’autenticità della fede, la fedeltà al Vangelo e al magistero della Chiesa, senza lasciarci suggestionare e contaminare dalle false sirene del secolarismo, di una cultura agnostica e intollerante a qualunque discorso sulle verità fondamentali dell’uomo e sulla trascendenza. A Olbia e nel territorio c’è un importante vissuto di fede, una trama significativa di tradizioni e di vita ecclesiale, che ha formato intere generazioni di cristiani ferventi, ricchi di generosità apostolica. E’ un patrimonio che va conservato, valorizzato e ulteriormente esteso. 2.- Curare e potenziare il senso dell’appartenenza. Il clima cittadino, soprattutto di una città cresciuta molto in fretta e con una struttura ecclesiale che non ha saputo adeguarsi ai ritmi vorticosi della sua crescita, non sempre ha aiutato la gente a maturare il legame forte dell’appartenenza alla propria comunità. La parrocchia nasce come il luogo familiare dove condividere, a partire dalla mensa dell’Eucaristica e della Parola, il pane della fraternità e della comunione, del perdono e del sostegno reciproco, della condivisione e del comune impegno per la diffusione del regno di Dio. In un tempo in cui l’individualismo e l’autoreferenzialità la fanno da padrone, distruggendo o banalizzando persino quel nucleo portante e ineliminabile della chiesa e della società che è la famiglia, occorre recuperare il significato più profondo della comunione ecclesiale. Giovanni Paolo II, definì la parrocchia come “la Chiesa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie”. Sarebbe difficile, se non impossibile, fare un’autentica esperienza di chiesa, e quindi di fede vissuta, matura e condivisa, senza un’appartenenza forte alla Parrocchia. Senza questo legame forte ca- L’ assemblea dremmo nella superficialità e nell’insignificanza della nostra fede. Così scrissi, a questo riguardo, nella lettera di indizione della visita pastorale: “Cerchiamo di non cadere nella tentazione di un’appartenenza parziale o condizionata alla Chiesa o a una visione di essa distorta e ridotta. Il rischio sempre più ricorrente è quello di vedere in essa una sorta di super mercato del sacro dove si entra e si esce a piacimento, dove si va per comprare ciò che ci serve in quel momento, poi si esce sapendo, comunque, che la vita segue il suo corso da tutt’altra parte. In effetti, riduciamo la Chiesa a super-market quando vediamo in essa soltanto una realtà erogatrice di alcuni servizi sacri a richiesta, quali, secondo le circostanze, il battesimo dei figli, la messa domenicale, la cresima, il matrimonio, l’unzione degli infermi, il certificato di un sacramento, l’autorizzazione per poter fare da padrino o madrina. La chiesa è vista, in questa luce, come semplice luogo dove si va per chiedere ciò che in quel momento serve o si desidera, dove la tradizione c’indirizza in certe circostanze, ma la vita del credente è vissuta da tutt’altra parte e ha ben altri riferimenti.” E oggi aggiungerei: siccome i supermercati sono tanti, la tendenza è quella di andare a quello che fa il maggiore sconto. Solo così si spiegano certe migrazioni da una parrocchia all’altra, per cercare il prete compiacente e comprensivo, a cui si chiede il massimo sconto. La fede vera e autentica, invece, ha bisogno di ben altro. Ha bisogno di un’esperienza forte di appartenenza, ha bisogno di una casa stabile, accogliente, quale è e deve essere la comunità parrocchiale. Questo, naturalmente, non esclude, anzi lo richiede, un’azione comune di collaborazione e di interazione tra le parrocchie, in una visione unitaria e condivisa della pastorale cittadina. 3.- Passare da una pastorale passiva e di mera conservazione, a una pastorale missionaria, capace di visitare luoghi diversi, di individuare strade e linguaggi nuovi. La parrocchia, pertanto, pur rimanendo sempre il luogo ordinario e familiare della propria vita ed esperienza di fede, non va intesa come realtà statica e immobile. Al contrario, è realtà dinamica, come dinamica è la parola di Dio e il dinamismo dell’amore che da lui promana: “Andate. Andate e predicate il mio vangelo a tutte le creature”. Sebbene sia molto impegnativo e non senza difficoltà e ostacoli, offrire un percorso formativo adeguato a chi già fa parte attiva della Parrocchia, non possiamo chiuderci entro le nostre mura, dobbiamo guardare sia ai battezzati della periferia, sia ai lontani, a quelli che, forse, anche senza saperlo o volerlo esplicitamente aspettano che qualcuno gli parli di Cristo e gli faccia conoscere la via buona del vangelo. I dati numerici ce lo impongono. A fronte dei 56.000 fedeli che frequentano la Messa domenicale, ci sono gli altri 50-60.000, alcuni dei quali sia affacciano solo occasionalmente e molti altri, invece, non li vediamo mai. Non possiamo ignorarli. Non possiamo disinteressarcene. Ritorna stringente il monito di Paolo: “Guai a me se non predicassi il Vangelo!” 4.- Da ultimo, un breve accenno al tema centrale della visita pastorale: Parrocchia comunità educante. Non ci può essere evangelizzazione se non passa anche attraverso un solido e organico progetto educativo della comunità, un progetto, cioè, che avvicini la Parola annunciata al vissuto delle persone, permeandone in profondità l’esistenza. Ciò avviene dentro un contesto che aiuti il credente a sperimentare ciò che ascolta e a coglierne il valore e il significato per la propria vita. E soprattutto attraverso una relazione educativa interpersonale, dove uno racconta all’altro la bellezza del proprio incontro con Cristo, del proprio vissuto intriso di fede. Per questo privilegerò l’incontro con la comunità degli adulti delle nostre parrocchie, i consigli pastorali, i catechisti, gli educatori e animatori delle diverse realtà formative, e, in particolare, i genitori e gli insegnanti. Discuteremo e ci interrogheremo su come le nostre parrocchie sentono e vivono il loro essere comunità educante, attraverso quali modalità e quali percorsi si esprime tale mandato, attraverso quali luoghi, quali strumenti e quali soggetti. .. Sarò soprattutto interessato ad ascoltare per conoscere ciò che si fa, ma anche per ricercare insieme quali vie ancora poter esplorare e sperimentare. Che il Signore, attraverso l’intercessione di Maria Santissima e dei nostri Santi Patroni, dia alla nostra Chiesa un rinnovato slancio missionario, perché possa essere presenza amica e rassicurante in mezzo agli uomini e alle donne del nostro tempo. Amen. ✠Sebastiano Sanguinetti Olbia S. Paolo, 3 febbraio 2013 10 ALLURA &AGNGLONA Visita pastorale a San Teodoro Il vescovo: mi sento felice per la situazione trovata di Giovanna Furlani D ue sono gli eventi ecclesiali recentemente accaduti a San Teodoro, a breve distanza l’uno dall’altro, che hanno segnato in maniera positiva e determinante lo spirito della comunità parrocchiale. Lo scorso 3 novembre è entrato come nuovo Parroco Don Mauro Moretti, che ha preso il posto dell’amato (indimenticabile) don Francesco Pala che, come si ricorderà, ha lasciato la parrocchia dopo ben 57 anni di guida pastorale. Nei giorni 8 e 9 febbraio u.s. ha avuto luogo la visita pastorale di S.E. Mons. Sebastiano Sanguinetti, Vescovo della Diocesi di Tempio Ampurias, alla comunità parrocchiale di San Teodoro, visita di cui, a dir la verità, si sentiva il bisogno, e per il cambio di Parroco, e per la necessità di rianimare e rivitalizzare una comunità che stava correndo il rischio di avvitarsi su se stessa perdendo di vista la “vita buona” del vangelo. Non ultimo, per l’affetto che da sempre la comunità manifesta per la persona di Mons. Sanguinetti e per il suo illuminato Ministero. Il Vescovo ha voluto incontrare dapprima i rappresentanti dell’Amministrazione Comunale. Un segno, questo, di grande apertura e di cordialità. Un’ora dopo Mons. Sanguinetti era atteso nella chiesa parrocchiale, dove è stato accolto da tutta la comunità che gli si stretta at- Don Mauro Moretti visita pastorale Anno XXI n. 2 27 febbraio 2013 torno per pregare e cantare insieme i Vespri. Subito dopo, nel salone parrocchiale, il Vescovo ha incontrato tutti i genitori; la cui partecipazione è stata attiva e interessante. Il giorno dopo, al mattino, il Vescovo ha voluto incontrare gli operatori pastorali della parrocchia: catechisti (dei ragazzi e degli adulti), operatori Caritas, (pochi) iscritti all’Azione Cattolica, gruppo liturgico per i canti. Si è subito creato un clima di grande cordialità e per il manifesto entusiasmo dei catechisti, dai quali trapelava una gran voglia di impegnarsi, di pregare, di aggiornarsi, che ha messo Mons. Sanguinetti in stato di contentezza massima nel constatare la gioia di questi giovani nel poter raccontare di operare in modo nuovo con i bambini e i ragazzi. La giornata è terminata alle 18 con la celebrazione della SS. Eucaristia, durante la quale il Parroco don Mauro Moretti ha ringraziato il Vescovo della sia pur breve ma efficace visita. All’Offertorio c’è stato un momento molto toccante durante il quale bambini e ragazzi hanno offerto al Vescovo, insieme ad altri doni, i loro quaderni del catechismo, come segno del loro impegno. Al termine della celebrazione e prima della benedizione, è stato distribuito per mano del Vescovo un Vangelo per ciascun bambino. Il gruppo canoro, di recente formazione, ha prodotto un grande rallegramento nel quale il Vescovo si è sentito coinvolto, fino a dire, durante l’omelia, di “sentirsi felice della situazione trovata”. La comunità si augura di proseguire e persistere nel cammino delineato dal nuovo Parroco, in una reciproca amichevole collaborazione, affidando tutto alle mani di Gesù e Maria. Il diacono di S. Teodoro Gian Franco Solinas Una riflessione sul rapporto tra la Chiesa e i giovani di Davide Pidinchedda L ’ esperienza della mia conversione, confortata da quella di tanti altri giovani, conferma la mia teoria... Molti di noi siamo figli di adulti che forse, senza volerlo, non hanno saputo trasmetterci la fede cristiana attraverso l’educazione, come invece è avvenuto per molti di loro. Ci hanno lasciato sprovvisti di riferimenti spirituali, la maggior parte di noi giovani hanno dovuto vedersela da soli nel cercarsi un piano morale e concreto che ci aiutasse a crescere... Certo, ci volevano felici, trascurando però la trasmissione della fede e dei valori cristiani, per questo oggi mi chiedo: come potevo trovare la felicità nel seguire quei valori, se in quella fede non ci trovavo una ragione, un motivo, un senso? Un senso che solo oggi ho potuto ritrovare presente nella fede, riscoperta grazie ad alcuni cristiani che con la propria vita me l’anno testimoniata e trasmessa. Mi chiedevo: perché sono stato battezzato? Perché do- vrei andare a messa la domenica? Perché mi dovrei confessare? Perché devo partecipare alla vita della parrocchia? Dove mi vogliono far arrivare? Domande che hanno accompagnato un po’ la mia adolescenza e che accompagnano quella di tanti giovani. A queste domande ho trovato risposte solo nella fede, quella fede che nasce dall’incontro con il Signore, quella fede che ha cambiato la mia vita, quella fede che se non viene trasmessa subito, rimane allo stato primitivo e rischia di farci perdere nella “confusione del mondo”... Bisogna riconoscere, oggi, che molti giovani sono abbastanza estranei a qualsiasi dimensione religiosa. La religione ufficiale la si confonde con l’ irrazionalità, con qualcosa di magico, di fuori dal comune. I giovani spesso sono attratti dai quei fenomeni che si possono collocare ai “confini della realtà” che sì, provocano una risonanza emotiva, ma che non fanno incontrare Dio, ma solo se stessi e la propria immaginazione, allontanandoci così dalla verità... L’uomo ha bisogno di essere introdotto in un’altra dimensione oltre a se stes- so, dimensione che il Creatore ha inscritto nel cuore di ogni essere umano. Viene così collegato da Dio agli altri, alla storia, e soprattutto a un progetto di vita che lo rivela a se stesso... E’ questo il senso della Parola del Vangelo trasmessa dalla Chiesa, offrire un progetto salvifico alla nostra vita, attraverso la fede che le dà una direzione, un compimento, una speranza... Ecco, il mondo impazza e far sentire tra i giovani la voce di Dio diventa sempre più difficile, per questo motivo credo che la Chiesa, oggi, sia chiamata a fare di più, offrendo l’opportunità ai giovani di vivere esperienze profonde e significative specialmente per chi, inquieto, è in uno stato di ricerca del senso della propria esistenza... Dopo tutto la fede è fiducia, e di questo che si ha più bisogno, ed è per questo che credo che la Chiesa, come Madre, debba dare più fiducia ai propri figli, ai giovani, rendendoli forse più partecipi in tutte le attività, perché i figli possano sentirsi nel bisogno di poter fare qualcosa di importante, ma sopratutto sentirsi parte di essa come una cosa sola… visita pastorale Anno XXI n. 2 27 febbraio 2013 ALLURA &AGNGLONA 11 Il consiglio Pastorale presenta la comunità di Perfugas L a comunità di Perfugas si può definire abbastanza aperta e disponibile, anche se negli ultimi decenni è cambiata, adesso sembra essere quasi addormentata, indifferente ad ogni stimolo culturale e religioso. Forse si tratta della secolarizzazione ormai diffusa, ma rispetto ad altre comunità, specialmente quelle cittadine, non dobbiamo disperare e quindi possiamo metterci di nuovo in cammino. È subentrato un interesse molto blando nei confronti della vita cristiana, concentrato solo in momenti significativi, dando peraltro spazio all’apparire piuttosto che all’essere, e a un marcato personalismo autoreferenziale. La parrocchia nel nostro territorio è percepita da una parte della popolazione come luogo di culto, da frequentare e rispettare, ma dall’altra parte, e purtroppo è la parte giovane della popolazione, è vista come luogo da non frequentare e criticare a prescindere, compreso ogni parroco che via via si è avvicendato. Una sorta di anticlericalismo. Assume particolare rilevanza anche l’atteggiamento distaccato degli abitanti delle frazioni del Comune di Perfugas, che aspettano la celebrazione della messa nella “loro” Chiesetta piuttosto che mettersi in macchina e andare in paese. Una parte dei parrocchiani s’identifica con la Comunità e ne accetta le regole, l’altra parte, che purtroppo è la più numerosa, vede in essa semplicemente la funzionalità dei servizi che offre e non sempre ne accetta le regole, oppure si adegua solo in determinate occasioni. La nostra Comunità parrocchiale offre un percorso educativo, la catechesi che è rivolta e diversificata nelle varie fasce d’età, comprende, quindi, bambini e giovani; ai secondi è rivolto un percorso educativo, purtroppo poco partecipato. La catechesi è suddivisa in percorsi formativi in base all’età, che va dai sette a tredici anni. Dopo la Cresima c’e la proposta del postcresima e del gruppo giovani, al momento in fase di formazione. Abbiamo avuto fino a qualche anno fa incontri di catechesi e informazione per gli adulti. C’è stato un rallentamento negli ultimi anni, ma c’è in programma di riprenderli a breve, sia in occasione dell’Avvento che della Quaresima. Abbiamo vissuto pochi anni fa la missione popolare nella quale la popolazione si è sentita coinvolta e ha partecipato attivamente. Oltre alle risorse umane, ci si avvale dell’utilizzo della Bibbia, dei testi per il catechismo della Chiesa Cattolica, di vari sussidi e della creatività personale. Inoltre, in paese esistono altre realtà educative per i ragazzi, come i vari gruppi sportivi, che sembrano essere i più frequentati, ma non sempre rispondono alla formazione cristiana. Ci sono Associazioni di volontariato che si rivolgono a tutti i fedeli come la Caritas che, però, non è frequentata da ragazzi. L’AVIS, invece, che svolge in diversi ambiti i propri scopi sociali, è frequentata da giovani ma sono pochi rispetto al numero totale dei parrocchiani. L’UNITALSI è presente, ma il gruppo è composto da poche persone che peraltro ruotano tra i vari gruppi. L’oratorio era aperto per i più piccoli e i campi-scuola erano rivolti alle varie fasce di età. Ora si pensa di riprendere il campo-scuola, ma solo per i cresimandi. Sono attivi, peraltro,corsi formativi per i fidanzati, purtroppo non sempre accettati seriamente e, addirittura, incontri tenuti dal Parroco per le giovani coppie che chiedono il battesimo. Sino a qualche anno fa la preghiera comunitaria era presente ed aveva una funzione educante con varie iniziative del Parroco, incontri nelle varie famiglie del quartie- re, incontri di catechesi in parrocchia. Un esempio di bellissima e costruttiva esperienza è stata la missione popolare che ha coinvolto tutta la Comunità di Perfugas ed Erula, ma sembrano passati anni luce, la funzione educativa della Missione all’ascolto della Parola del Signore ebbe grande risonanza. Adesso esistono solo la celebrazione giornaliera della messa e i vari momenti liturgici: rosario e vespri. E’ presente in Parrocchia il gruppo di preghiera Rinnovamento nello Spirito. Esiste anche la Confraternita di Santa Croce che, oltre ad animare la Settimana Santa, accompagna le esequie e i ministri straordinari dell’Eucarestia che portano la comunione agli ammalati. Per quanto riguarda la situazione delle famiglie nella nostra comunità, attualmente non è delle migliori, vista anche la presenza di molte situazioni di famiglie cosiddette allargate. Si nota comunque una partecipazione alla vita sacramentale, nel senso che, per tradizione, viene comunque fatta la richiesta dei sacramenti. Inoltre si osserva la mancanza di giovani coppie sia a livello di partecipazione alla messa sia nell’ attività parrocchiale vera e propria. Sicuramente ci si trova davanti ad una emergenza educativa e lo si coglie a livello scolastico, familiare, parrocchiale e socia- biata. Possiamo dire che, per effetto della globalizzazione, l’era di Internet e i media hanno mutato le generazioni; culturalmente il paese è migliorato, infatti c’è una scolarizzazione più alta rispetto al passato, ma forse abbiamo perso quei valori umani e morali, lasciando spazio all’egoismo, meno all’essere e più all’apparire. Anche socialmente siamo cambiati; fino a qualche decennio fa la famiglia era un punto fermo da tutelare e rispettare, i figli erano la speranza, un tesoro da proteggere e, senza dubbio, univano la coppia. Adesso il matrimonio spesso non è un’unione duratura, alle prime difficoltà si sgretola, i rapporti extra coniugali sono più diffusi e cresce il disordine morale. Nel 2001 i divorziati erano 5 (4 uomini e 1 donna), mentre nel 2011 sono passati a 21 (8 uomini e 13 donne). A fare le spese di questi cambiamenti sono i figli, i bambini e i giovani, il futuro della società. Per sopperire al ruolo di genitori assenti o carenti, ai figli spesso viene dato tutto o troppo e, siccome gli adulti hanno altro da fare, vengono “affidati“ allo sport, alla televisione, al computer e quant’altro. La conseguenza di ciò è quello che vediamo fare alcune volte dai giovani: vandalismo, non si rispetta niente e nessuno, bullismo, l’abuso di alcool già da piccoli e anche l’uso di droIl Consiglio Pastorale incontra il Vescovo ghe. Grazie a Dio ci sono anche famiglie e ragazzi che resistono al cambiamento e che hanno un comportamento esemplare. Altro fatto socialmente rilevante è l’immigrazione che ha trasformato anche Perfugas in un paese multirazziale: infatti dal 2003 al 2010 gli immigrati sono passati da 4 a 60 provenienti da 15 nazioni diverse, I più numerosi sono i Romeni (21) seguiti dai Marocchini (16) e dai Cubani (5). Riguardo alla religione, in paese sono presenti persone di fede, praticanti, che seguono gli insegnamenti della Chiesa, ma una parte dei giovani purtroppo ha una fede molto blanda e dopo aver ricevuto la Prima Comunione e la Cresima si allontanano dalla Chiesa. Comunque possiamo dire che la fede cristiana resiste. Per affrontare i le. Nonostante il piccolo paese, è presente una “tempi nuovi” non esiste una ricetta miracolosa, buona dispersione scolastica con le conseguenze specialmente oggi con la crisi generazionale, che ne derivano anche dal punto di vista sociale. istituzionale ed economica che stiamo vivendo, Le famiglie non riconoscono l’autorità delle agen- ma non dobbiamo soccombere ne essere pessizie educative, tranne forse che per gli allenatori misti. Con molta onestà dobbiamo interrogarci di attività sportive. Nella squadra ci sono regole su “cosa voglio e posso fare veramente, quanto ben precise e non si sgarra... nella parrocchia mi posso mettere in gioco?” dopo di che lavoquesto non succede e l’accoglienza è forse frain- rare di conseguenza, ognuno nel proprio ruolo. tesa come una sorta di anarchia. Chi crea proble- Purtroppo la Chiesa, con le sue vicissitudini, ha mi a scuola è anche quello che non partecipa al- in parte perso l’autorità e la stima della gente e la vita parrocchiale e alla vita sociale, perciò vive anche se nella nostra Diocesi c’è ancora collauna realtà da emarginato. Le difficoltà sono do- borazione, c’è comunque un forte anticlericalivute principalmente alla scarsa partecipazione smo diffuso; quindi bisogna lavorare per ricondei fedeli alle attività ecclesiali, in genere ridotta quistare la fiducia della gente, avere da parte a messe funebri o feste nei momenti forti del- dei sacerdoti le stesse linee guida nelle parrocl’anno. Le risorse sono poche, anche l’oratorio ha chie, un esempio: “nell’amministrazione dei Saper un certo periodo smesso di operare per man- cramenti” e non creare confusione nei fedeli. canza di iniziative da parte della parrocchia. Le Essere, quindi, di nuovo missionari per capire varie agenzie educative presenti nel paese non la nuova società. Ringraziando il cielo, la pietà collaborano pienamente nel servizio educativo, si popolare è ancora presente nel nostro paese, le lavora a compartimenti stagni e manca soprattut- feste dei Patroni sono ancora partecipate, si orto l’umiltà da parte della famiglia ad accettare ganizzano comitati per la buona riuscita delle consigli e correzione fraterna. La percezione è stesse. In tempi forti come l’Avvento e la Pasquella di un forte distacco da parte dei giovani qua, nella Settimana Santa, la liturgia è ancora nei confronti della chiesa in generale e dei sacer- frequentata. Questo significa che in paese c’è doti in particolare. Riconoscono un Dio, ma non ancora fede e quindi speranza per un’azione riconoscono la Chiesa, più che ateismo, abbiamo pastorale più forte. una sorta di anticlericalismo. Negli ultimi decen- La relazione in preparazione alla visita è stata ni, la nostra Diocesi, e anche Perfugas, è cam- curata dal Consiglio Pastorale parrocchiale. 12 ALLURA &AGNGLONA Anno XXI n. 2 27 febbraio 2013 visita pastorale Non basta essere cristiani della domenica, dobbiamo essere cristiani dentro Il vescovo in visita alla parrocchia di San Michele Arcangelo di Francesca Sassi N el giorno di domenica 17 Febbraio, Mons. Sanguinetti, durante la sua visita pastorale ad Olbia, è stato accolto nella parrocchia di San Michele Arcangelo per dare inizio a tre giorni intensi nei quali andrà a conoscere le varie realtà di questa comunità e di quella di Putzolu che fa capo alla chiesa di Santa Elisabetta appartenente alla stessa Parrocchia. Nella sua prima celebrazione liturgica, il Vescovo ha dedicato l’omelia soprattutto ai bambini esordendo così: “Perché il viola dell’abito che indosso è il colore della penitenza? – spiega – Fare penitenza significa allenarsi a fare il bene. Allenarsi vuol dire anche fare sacrificio, fatica, perché non è sempre facile agire nel modo giusto. Osservare i comandamenti di Dio richiede allenamento, bisogna esercitarsi ad amare il Signore;-continua- Ma come si può amare Dio? Facendo quelle cose che ci aiutano a sentirlo vicino: andare in chiesa, pregare, amare il prossimo e allontanare le tentazioni”. Un tema forte quello dell’amore come quello della tentazione. Il Vescovo ha preferito mettere i bambini di fronte alla realtà, rivelando che il diavolo esiste e che esiste nei cuori di chi disprezza Dio e che ci mostra le cose brutte come se fossero belle. Di qui le varie domande dei più piccoli, forse bisognosi di quella conferma che tutte le favole gli hanno sempre insegnato: che il bene vince il male, sempre! Ed è proprio questa la risposta rassicurante che hanno ottenuto. Un messaggio indirizzato anche agli adulti in un momento in cui non si sente altro che parlare di Apocalisse e apostasia, che vede le dimissioni del Papa non “come un insegnamento di umiltà ma come una resa”; Mons. Sanguinetti ha ricordato, infatti, che ci troviamo in un clima di sofferenza globale ma ha voluto esprimeInizio della visita pastorale Il Vescovo ospite nella scuola di Isticadeddu re il suo rammarico perché, qualche giorno prima, proprio la comunità di questa Parrocchia, ha subito la profanazione del tabernacolo e il furto dell’Ostia Magna che viene esposta per l’adorazione dei fedeli. “Noi siamo Chiesa, Siamolo!” Questo è il tema della visita pastorale; una frase, spiega il Vescovo, estrapolata da uno dei bellissimi discorsi pronunciati da Benedetto XVI in cui dice: “Non basta essere cristiani della domenica, non basta fare soltanto gesti esteriori, dobbiamo essere cristiani dentro, nel cuore e dobbiamo essere cristiani sempre. Dobbiamo essere Chiesa vera, unita!”. “Ecco –spiega il Vescovosono venuto per ricordarvelo e per esserlo assieme a voi. Sono venuto per Ascoltare e Vedere, per conoscervi tutti, grandi e piccoli”. Al termine della Liturgia, i 12 gruppi catechistici della parrocchia di San Michele, accompagnati dalle loro catechiste, hanno presentato i cartelloni preparati per l’occasione. Ogni cartellone rappresentava il Santo appartenente a ciascun gruppo. I bambini fremevano per l’orgoglio scaturito dalle loro creazioni. La mattinata si è conclusa con i dovuti ringraziamenti del parroco don Theron rivolti, ai bambini, con un tono di compiacimento, per il lavoro svolto ma, soprattutto, al Vescovo, per il tempo dedicato alla parrocchia e per le parole spese su questa comunità che “sta screscendo e sempre più sta diventando Chiesa!”. Lunedì 18 Febbraio, Mons. Sanguinetti ha avuto il piacere di visitare la scuola primaria di Isticadeddu e, immediatamente dopo, quella di Putzolu. All’ingresso della scuola Isticadeddu, il Vescovo e il parroco don Theron, sono stati accolti da tutti i bambini che si erano disposti a semicerchio, nell’andito centrale, per un caloroso benvenuto agitando bandierine colorate. Non solo, i bambini, insieme agli insegnanti, hanno dipinto un cuore gigante su un lenzuolo che portava le foto di tutti gli alunni con su scritto: “Un sorriso per te”. Hanno, poi, intonato delle canzoni in varie lingue commuovendo il Vescovo che, subito dopo, prese la parola per complimentarsi con loro delle splendide voci ma, soprattutto, per quanto fossero straordinari. E’ subito iniziato il dibattito con alunni che hanno fatto domande sul lavoro che svolge un Vescovo, sull’abito e sullo zucchetto che indossa alle quali Mons. Sanguinetti prontamente ha risposto. Al termine, ha ricevuto un cesto con dei doni offerti da tutti i bambini e, il Vescovo assieme al Parroco, ha ringraziato tutti, soprattutto gli insegnanti, la dirigente Dott.ssa Sirtori per la splendida accoglienza e ha rivolto un augurio speciale ai bambini: “Portate sempre nel cuore la voglia di cantare e sorridete sempre!” Si conclude così la visita nella scuola primaria di Isticadeddu per raggiungere quella di Putzolu dove l’ospitalità è stata altrettanto calorosa. “Il futuro è nelle nostre mani”… E’ stato il tema delle decorazioni preparate dal corpo insegnanti e dagli alunni, come accoglienza per il Vescovo. Accompagnato dal parroco don Theron, appena en- trato, si è trovato davanti a un centinaio di bambini che sventolavano mazzi di fiori di carta colorati, seduti lungo il corridoio, pronti per un saluto davvero speciale, fatto di canzoni, una filastrocca inventata e recitata dai bambini della 3° classe apposta per il suo arrivo, seguito da una splendida e commovente lettera, letta da una bambina, sul grande tema della vita e, appunto, del futuro, che diceva: “Vita! Parola semplice e breve ma con mille significati. La vita è un’avventura da vivere con lealtà, è un dono di Dio ma spesso l’uomo non riesce a coglierne la vera essenza e le varie sfumature perché è accecato dell’egoismo. Ma noi vogliamo essere gli artefici di un futuro diverso, migliore, perché se è vero che la vita ci mette davanti a mille momenti di tristezza e difficoltà, è anche vero che, in natura, dopo la pioggia c’è sempre il sereno”. Subito dopo, cominciò quel momento che tutti aspettavano: il dibattito. Fargli delle domande sul suo, sul perché è diventato Vescovo ecc. Un clima di festa nella piccola scuola di periferia dove il Vescovo si è mischiato tra i bambini, si è lasciato trasportare e sopraffare dai loro sorrisi rivelando che, in quella mattinata, stava facendo una “scorpacciata di gioia”. In ultimo, il Vescovo e il Sacerdote, hanno caldamente ringraziato la dirigente dott.ssa Sirtori e il corpo insegnanti per aver reso possibile questo incontro così raro e speciale. Nel corso della visita pastorale nella parrocchia di San Michele Arcangelo, lunedì 19, nel pomeriggio, il Vescovo ha incontrato prima i genitori dei bambini che partecipano al catechismo e, di seguito, il gruppo dell’Azione Cattolica adulti. Per quanto riguarda l’incontro con i genitori, si è discusso a lungo sull’emergenza giovani e sul ruolo della famiglia nella loro educazione: “Un’educazione – ha detto il Vescovo- che deve andare al di là delle semplici regole, e che deve mettere la cristianità al centro della vita di ognuno”. Ha spiegato che non c’è solo una crisi economica ma anche affettivo/educativa in cui non esiste collaborazione tra Chiesa e famiglia. Ha ribadito il concetto più volte dando importanza alla partecipazione domenicale alla Santa Messa, ma soprattutto, sottolineando che il catechismo è fondamentale perché pone le basi per una vita cristiana, non deve essere visto solo in funzione dei sacramenti. Il Vescovo ha detto che gli Oratori parrocchiali si stanno riempiendo e che, quindi, sorge la necessità di figure che possano animare questi nuovi spazi sia per i più piccoli che per i ragazzi che si trovano nell’età critica del dopo cresima. Animatori che intendano essere educatori, che insegnino ad amarsi, a perdonarsi, ad agire per il bene, a “concorrere” per uno stesso obiettivo: l’amore per Gesù attraverso un percorso nella fede. Nell’incontro con l’Azione Cattolica Adulti, il Vescovo ha ribattuto proprio su questo concetto considerando l’importanza dell’esistenza di questo gruppo parrocchiale. L’incontro ha avuto inizio con un breve dibattito sul perché abbiamo bisogno dell’ “Essenziale”; non è necessario possedere troppi oggetti e soldi, servono valori quali la fede, l’amore, l’amicizia, il rispetto. Alla domanda: “Perché scegliere l’Azione Cattolica? Mons. Sanguinetti risponde esaltando il lavoro concreto che si svolge all’interno del gruppo perché l’A.C. ha un progetto educativo esperienziale, quindi unico, dove la parola di Dio viene espressa con l’esperienza di vita vissuta in un cammino di fede importante. Spiega che l’A.C. non ha un proprio progetto ma sposa i progetti e la missione della Chiesa. E’, quindi, un importante servizio educativo/formativo perché, anche attraverso le catechesi, prepara ognuno al proprio ministero. Mons. Sanguinetti si compiace del gruppo nato di recente ed esprime il suo desiderio di trovarne, in futuro, uno in ogni Parrocchia. visita pastorale Anno XXI n. 2 27 febbraio 2013 Restituire a Dio il suo primato nella nostra vita di Lidia Anna Fiori L a prima domenica di quaresima rimarrà una data importante per la piccola comunità di Putzolu, 1.300 abitanti, sparsi sul territorio. È infatti la prima visita pastorale da quando è stata fondata (1930) la chieIl Vescovo accolto a S. Elisabetta setta intitolata a S. Elisabetta d’Ungheria. Il coro, i catechisti, il gruppo liturgico, il comitato e i fedeli che partecipano alla Messa domenicale erano tutti presenti. La Santa Messa è iniziata alle 17.00. La chiesa è sorprendentemente piccola, perfettamente arredata secondo lo stile originario della prima metà del XX secolo, ma d’una sobrietà accogliente. L’evento è solenne, ma la Messa è vissuta in tono festoso, amichevole, con autentico spirito paterno da parte di Mons. Sanguinetti che, nella sua omelia, ha rimarcato il vero spirito del cammino quaresimale: “Restituire a Dio il suo primato nella nostra vita, Gesù ci apre la strada col suo spirito vivente che sfocerà nella morte e resurrezione, il fulcro della nostra fede!” Il Vescovo viene per rinsaldare la comunione ecclesiale. E’ ALLURA &AGNGLONA 13 questo un momento di conferma della fede della comunità di Putzolu che, oggi, è rappresentata dalle autorità civili nella persona del delegato di frazione, consigliere comunale Niccolò Maccarrone. La celebrazione è stata animata dai bambini che hanno servito la Messa, letto le letture del giorno, cantato e portato l’offertorio al Vescovo, il quale ha ricordato nell’omelia, di essere venuto come pastore di questa bella comunità, come successore degli Apostoli inviati nel mondo da Gesù che oggi ci insegna che l’uomo non vive di solo pane. Ha ringraziato don Theron sottolineando il suo grande impegno sacerdotale che ha alimentato, dalle fondamenta, la nascita e la crescita di questa nuova comunità in senso parrocchiale. Al termine della celebrazione, ha espresso la sua contentezza per questo avvenimento che, umilmente, definisce “Un’opportunità di incontro in un cammino ecclesiale che deve continuare e che vedrà anche il suo interessamento per l’ampliamento, con l’aiuto della Provvidenza, degli spazi liturgici e parrocchiali, oggi veramente molto modesti. La giornata si è conclusa con una festa di ringraziamento in onore del vescovo, un buffet allestito dai parrocchiani con estrema generosità, un momento di grande convivialità nel segno dell’amicizia. La visita del Vescovo nel ricordo di un ministro straordinario della comunione di Giuseppina Gallittu L ’ avvio di questo evento comunitario di tre giorni col nostro Vescovo era ciò di cui avevamo bisogno: il “medico” al momento giusto, nel posto giusto con la “cura giusta”. Il suo arrivo in chiesa, è stato un’esplosione di gioia e di festa nei tanti presenti, grandi e piccoli, in uno sventolare di bandierine gialle e di canti al Signore. I diversi appuntamenti, hanno visto riuniti i diversi gruppi di collaboratori e collaboratrici, allo scopo di far conoscere i vari servizi che la Parrocchia, seppur giovane, vuol diventare un punto di riferimento per la comunità cristiana. Personalmente ho partecipato ai due momenti del gruppo di Azione Cattolica, e a quello con i ministri straordinari della comunione, il gruppo catechisti, il gruppo liturgico, il coro parrocchiale, i comitati di Sant’Antonio di Padova e di Sant’Antonio Abate, e il comitato di quartiere Isticadeddu. Nell’ultimo incontro congiunto, per ciascun gruppo ha parlato un proprio rappresentante, facendo sintesi dell’espe- rienza già fatta e di quanto ci si propone di fare nell’immediato futuro e tutte quelle attività mirate a sviluppare e radicare il senso di appartenenza a quella comune famiglia che è la parrocchia. Preziosa è stata la testimonianza del diacono Lino che ha ripercorso la sua attività iniziata nella parrocchia di San Simplicio e continuata da poco dopo la sua istituzione nella nuova, confermando il suo assiduo e costante quotidiano impegno e dedizione. Don Theron ha segnalato l’importante e significativa azione del gruppo liturgico che garantisce quotidianamente una presenza costante. Per i ministri straordinari della comunione io stessa, anche a nome di Lucia e Bianca, ho avuto modo di esprimere come il compito affidatoci sia davvero di grande conforto per gli ammalati che ogni domenica possono ricevere l’Eucarestia, e il conforto, non solo dello spirito, ma anche per i malesseri fisici e psicologici. Il vescovo, prendendo la parola, ha giustificato il suo progetto “Città di Olbia” a partire dalla crescita demografica della città e, conseguentemente, dell’insufficiente presenza di realtà parrocchiali rispetto a tali numeri, quindi con fermezza – ha spiegato predisponeva il progetto di istituzione delle nuove parrocchie di Olbia che potessero colmare tale vuoto, vuoto certamente in termini di strutture ma anche e soprattutto in termini culturali, sociali e spirituali. In una città in cui si è pensato a costruire senza una adeguata pianificazione, ciò ha prodotto inevitabilmente una grande estensione senza tuttavia i necessari servizi e luoghi di aggregazione; le nuove Parrocchie rappresenteranno un punto di riferimento sicuro. Il vescovo ci ha invitato ad essere noi stessi testimoni di fede e di solidarietà cristiana nel nostro operare al servizio del prossimo in seno alla Parrocchia, confermando che tutto ciò può essere fatto bene se la nostra guida e il nostro vademecum è il Vangelo di Cristo da cui non si può prescindere. Ci siamo salutati, non congedati, con l’impegno di ritrovarci presto per confrontarci in un reciproco e condiviso cammino di fede. Un momento di convivialità organizzato dai catechisti e dal gruppo liturgico ha concluso la prima visita pastorale nella parrocchia di San Michele Arcangelo. OLBIA, PROfAnATO IL TABERnACOLO DELLA CHIESA DI S. AnTOnIO di Gianni Sini L a notte tra il 13 e il 14 febbraio si è verificato un grave atto di profanazione nella chiesa di Sant’Antonio di Padova in via Aspromonte ad Olbia. Una o forse due persone si sono introdotte all’interno della chiesa, puntando direttamente al tabernacolo la cui porticina è stata forzata e scassata in più parti con notevole forza. L’autore dell’atto sacrilego ha prelevato dal tabernacolo la piccola teca-ostensorio in vetro contenente l’ostia grande usata ogni giorno per l’esposizione del SS. Sacramento. Avvertito immediatamente, il parroco Don Theron Casula ha verificato l’assenza dal tabernacolo della teca con l’ostia patrona, mentre erano rimaste la pisside e la piccola teca contenenti le ostie consacrate per la comunione dei fedeli. I ca- rabinieri hanno effettuato i primi rilievi con la ricerca delle eventuali impronte digitali non riscontrate. Un furto così mirato mostra una chiara matrice legata al satanismo e alle messe nere presenti nella città di Olbia. La comunità cristiana parrocchiale e cittadina è rimasta molto colpita e sconvolta da quanto accaduto. Tanti sono stati gli attestati di vicinanza alla Parrocchia di San Michele Arcangelo. Mentre proseguono le indagini degli inquirenti, il parroco Don Theron ha comunicato che presto sarà organizzato un importante momento di preghiera cittadino in riparazione del grave sacrilegio. È importante sottolineare alcune cose: tutti gli atti deliberatamente compiuti in odio e ad oltraggio del Santissimo Sacramento dell’Eucaristia costituiscono una gravissima colpa di sacrilegio (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2120). In particolare, si tenga presente che: chi profana le specie consacrate, oppure le asporta o le conserva a scopo sacrilego, incorre nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica … (Codice di Diritto Canonico can. 1367). Alla stessa pena è sottoposto chi, pur senza sottrarre l’ostia consacrata dal tabernacolo, dall’ostensorio o dall’altare, ne fa oggetto di un qualsiasi atto esterno, volontario e grave di disprezzo. Con la formula latae sententiae s’intende affermare che la scomunica consegue di per sé al comportamento delittuoso. In tal caso, pertanto, perché uno sia scomunicato non è necessario che l’autorità ecclesiastica commini esplicitamente la pena. Chi profana le ostie e/o il vino consacrati compie un atto per il quale si trova ad essere scomunicato di per sé (ipso facto). 14 ALLURA &AGNGLONA S. Antonio di Gallura La chiesa ha un secolo di Angelo Pittorru I l 30 dicembre 2012 si è celebrato a Sant’Antonio di Gallura il centenario della costruzione della chiesa parrocchiale. Dopo una breve introduzione del parroco Don Santino Cimino, il sindaco Angelo Pittorru, ha illustrato in sintesi la storia ed i numerosi restauri ai quali l’edificio sacro è stato sottoposto in tutti questi anni. Riportiamo qui di seguito il suo intervento. “La nostra storia - ha detto Pittorru - inizia il 5 novembre del 1907, quando a Tempio il vescovo Mons. Giovanni Maria Contini firmò la bolla che istituiva la nuova parrocchia di S. Antonio Abate in comune di Calangianus, e nominò il primo parroco nella persona di Don Giovanni Battista Mura. Fatto straordinario! Normalmente prima nasce il nucleo di case e poi, cosa quasi sempre difficile, s’istruisce la pratica per l’istituzione della parrocchia. Per noi accadde esattamente il contrario. Era stata già costruita la casa parrocchiale a 5 stanze con forno, il cortile con la stalla per il cavallo, ma occorreva ottemperare alla promessa fatta al vescovo di edificare una nuova chiesa più bella e più spaziosa, dal momento che quella esistente, intitolata a S. Andrea, era piccola, scomoda e persino poco decoDon Santino Cimino è il 12o parroco rosa. Si costituì un comitato di pastori della zona i cui nomi meritano, con tutta la nostra riconoscenza, di essere ricordati: Ruzittu Matteo (presidente), Lentinu Giovanni (cassiere), Don Antonio Furreddu (segretario), Ruzittu Giacomo, Mannu Giovanni Matteo, Codina Giovanni, Ruzittu Biagio, Filigheddu Andrea, Ruzittu Michele, Ruzittu Andrea fu Antonio, Ruzittu Giovanni Andrea fu Biagio, Ruzittu Andrea fu Salvatore, Carta Lorenzo, Ruzittu Tomaso, Chiodino Giovanni Michele. Si raccolsero i fondi tra i fedeli e si chiese persino un contributo al Ministero del Culto che dispose un fi- Il ricordo A un mese dalla scomparsa del patriarca di Lu Bagnu di Angelino Cimino I ntorno alle 06 del mattino del 1 febbraio corrente, all’età di 95 anni, a Castelsardo, nel popoloso rione di Lu Bagnu, è venuto a mancare uno degli ultimi patriarchi locali: zio Baingio Lorenzoni, nipote diretto del primo capostipite Baingio (1840- 1907), il quale fu il primo ad insediarsi nella zona quale operatore nel campo agro pastorale. In quel tempo, metà ottocento, attratti dalla suggestività e ubertosità della zona, vi si aggiunsero ben presto altre tre famiglie della stessa condizione agraria: famiglia Zallu di Nulvi, Guascari di Castelsardo e Carbini della Gallura, le quali, fino al 1950, data dell’inizio dell’espansione urbanistica della S. Antonio di Gallura nel 1914 Anno XXI n. 2 27 febbraio 2013 anniversari nanziamento di 1000 lire. Il 30 agosto del 1911, fu stipulato il contratto con un imprenditore: si chiamava Giuseppe Prevosto, un piemontese residente ad Olbia. La somma pattuita fu di 12.400 lire. L’8 dicembre si ebbe la posa della prima pietra e l’8 aprile del 1913, don Antonio Furreddu benedì solennemente la nuova chiesa. Non ci dobbiamo dimenticare che era sorta in aperta campagna. Non c’era ancora la strada per Calangianus che sarà costruita nel 1927; non c’era la ferrovia che sarà costruita nel 1929 e non c’era neanche la luce elettrica. La chiesa era bella, spaziosa e molto decorosa. Era a tre navate con colonne ad archi a tutto sesto. Nelle pareti laterali erano state ricavate alcune nicchie per i Santi; in fondo, al centro, l’abside con l’altare maggiore; sulla sinistra, entrando dall’ingresso principale, trovava posto il battistero e sulla destra, in fondo, un’ampia sacristia. Al lato della chiesa fu innalzato il campanile quadrangolare in cantonetti di granito squadrato, culminante con una cupola a vela. Nel 1916, tre anni dopo l’inaugurazione, venne ulteriormente abbellita dalla costruzione di un altarino per la Madonna ed uno per il Sacro Cuore di Gesù; l’abside venne dipinta ad opera del1’artista Federico Frau d’Iglesias. Nel 1927 fu acquistato, con il contributo della popolazione, un harmonium che venne a costare la considerevole cifra di 7.100 lire. Lo strumento musicale, giustamente considerato uno dei migliori della diocesi, nel 1948 fu portato a Tempio in occasione di un congresso eucaristico per accompagnare le funzioni religiose. Nel 1940 fu innalzato, di fronte all’altare maggiore, un bel pulpito in marmo, dono di una facoltosa famiglia del paese. Dopo 25 anni, nel 1965, in seguito ad abbondanti piogge, comparvero delle crepe lungo i pilastri e delle macchie d’umido che ne resero evidente l’inagibilità. Don Papi, insieme agli altri problemi di cui si faceva carico nel piccolo paese, dovette affrontare anche quello del restauro della chiesa. Si costituì un comitato, si raccolsero i fondi e nel contempo fu inoltrata richiesta di finanziamento alla Regione Sardegna che nel 1968 dispose un finanziamento di 40 milioni. L’incarico per la progettazione fu affidato direttamente dal1’assessorato Regionale ad un tecnico di Cagliari che redasse l’elaborato senza fare sufficienti verifiche “in loco” e soprattutto senza rendersi conto della bellezza e del valore architettonico del piccolo tempio che invece doveva essere ristrutturato nel pieno rispetto delle originali linee e forme. La scelta disastrosa fu quella di salvare solo i muri perimetrali. Furono abbattuti i pilastri e gli archi delle navate, furono chiuse anche le nicchie e rimossi i simulacri dei Santi. La nuova struttura, nonostante il pavimento e le parti basse delle pareti rivestite in marmo, non piaceva. Nel 1980 fu nominato parroco Don Michele Farre che, sensibile alle lamentele dei fedeli, si rese subito conto che la chiesa aveva bisogno di modifiche sostanziali. In tre mesi di lavoro, da settembre a dicembre del 1985 e con una spesa di 36 milioni, la chiesa ha cambiato volto. È stata abbattuta la cantoria costruita a suo tempo a sue spese da don Francesco Filigheddu; nelle pareti laterali sono state riscoperte le antiche nicchie abbellite da archetti di marmo. L’architrave sovrastante l’altare è stato sostituito con un arco ed il presbiterio ampliato e ristrutturato è stato dotato di una esedra e di sedili in marmo pregiato. Negli stessi anni a cura della Sovrintendenza alle Belle Arti furono riportate a faccia a vista la facciata principale e la parete laterale. Fu rifatta la cupola del campanile e restaurata anche la chiesa di S. Andrea da dove emersero importanti testimonianze della nostra storia antica. I restauri non sono ancora finiti: nel 2008, grazie al consistente contributo di un imprenditore locale, Salvatore Punzeddu ed al buon gusto dell‘allora parroco Don Antonio Tamponi, sono stati eseguiti importanti lavori di abbellimento: la croce in legno nel soffitto ed i bellissimi quadri di una giovane artista locale, Lucia Canu. Oggi la chiesa è bella, invita alla meditazione ed alla preghiera, ma è completamente diversa da come era stata costruita nel 1912. Di restauri in un secolo se ne contano una decina, quasi quanti sono stati i parroci. Don Santino Cimino è il 12° parroco. Il primo fu Don Giovanni Battista Mura, il secondo Don Antonio Furreddu. Gli successe Don Sebastiano Sirena che rimase per 26 anni fino al 1945. Nei sei mesi successivi resse la parrocchia Don Domenico Mureddu e poi il 13 dicembre l945 fu nominato Don Fausto Papi che rimasse per 32 anni fino al 1977. Per un anno ci fu Don Gavino Denau e dopo di lui per altri due anni dal 1978 al 1980 Don Pietrino Ruiu. Dal 1980 al 1994 resse la parrocchia Don Michele Farre e per un anno, nel 1995 Don Sandro Serreri. Gli successe Don Antonio Addis che rimase per 4 anni fino al 1999 e di seguito Don Antonio Tamponi che è stato parroco fino al 2010”. zona, operavano laboriose e solitarie. Vi è da precisare che Lu Bagnu non è da riferire al litorale arenoso, ma prende nome dalle antiche rovine romane. Il tardo latino, infatti, lo indica “ Balneu” in riferimento a sorgenti termali, distrutte definitivamente non molti anni fa. Ebbene, zio Baingio, quartogenito di una numerosa famiglia, crebbe sotto la guida del padre Giuseppe e della madre Maria e all’età di 14 anni, dopo le prime scuole elementari conseguite a volo d’uccello, venne avviato col fratello Domenico, sedicenne, ad arare i campi (guidando i buoi dalla pacata faccia) col giovanile cipiglio di chi vuole ben presto essere annoverato quale uomo abile e competente. Lo scomparso è da ricordare soprattutto quale uomo buono e generoso, fondamentalmente onesto e laborioso, rispettoso delle opinioni altrui, sincero e cordiale. Era un cristiano convinto ed osservante e la sua fede forte crebbe maggiormente con l’insediamento a Lu Bagnu delle Congregazioni delle Suore della Carità a San Giuseppe e del Getsemani di Santa Teresina, avvenuto in- torno agli anni 1926-1929. Il missionario Padre Giovanni Battista Manzella, infatti, accolto dall’umile gente come un santo, li entusiasmava a tal punto che l’accoglienza trascendeva ogni immaginazione. Zio Baingio amava sempre dare buoni consigli ad amici e conoscenti con la bonarietà e la sobrietà dell’uomo saggio: il suo operare con accortezza ed il parlare con assennatezza lo connotavano in fatti uomo di talento, cauto, riflessivo e prudente. Nell’esprimere la mia affettuosa vicinanza, unitamente a quella della lunga schiera di amici e conoscenti, alla gentile consorte Anna Sanna, al figlio Giuseppe, già sindaco di Castelsardo, ai due nipoti Gavino e Anna Pina, cuore pulsante di nonno Baingio, sento di esprimere un personale devoto augurio: che l’anima beata del defunto sia già nel Regno dei Cieli, per godere eternamente l’amore di Dio nostro Padre, e che la forte personalità del Patriarca che ci lascia, frutto della buona gente d’Anglona, mai abbia a disperdersi, ma sempre a rinnovarsi e moltiplicarsi nella futura progenie. cultura Anno XXI n. 2 27 febbraio 2013 ALLURA &AGNGLONA 15 Su siddhadu, il tesoro che ognuno sogna di scoprire A Nulvi continua l’attività dell’Associazione Omaggio a Faber, gran finale di Mauro Tedde S u siddhadu. Il tesoro. O meglio il tesoro nascosto. Quello che ognuno sogna, prima o poi, di ritrovare. A volte però un tesoro da scoprire può non essere per forza un vecchio forziere pieno zeppo di antichi dobloni d’oro o solo qualcosa di materiale. Nasce da questa semplice considerazione il nome che un gruppo di appassionati di storia e di tradizioni di Nulvi hanno voluto dare alla loro associazione, nata proprio con l’intento di cercare di riscoprire quel tesoro nascosto e quindi poco conosciuto rappresentato dalla lunga e affascinante storia di questo piccolo ma importante centro dell’Anglona, dai suoi personaggi, dalle sue antiche tradizioni, dal suo prezioso patrimonio artistico, architettonico, culturale e ambientale. L’idea nacque proprio dalla fervida curiosità verso questa materia di don Michele Farre, nulvese doc, attualmente parroco di Martis ma in quegli anni ancora parroco di Lu Bagnu. Don Michele coinvolse nell’iniziativa un gruppo di appassionati e di studiosi che diedero vita all’associazione culturale “Su Siddhadu”. Diverse sono state le iniziative intraprese dall’associazione in questi anni nonostante le esigue disponibilità finanziarie. Andando alla scoperta della storia del paese l’associazione si è imbattuta in un interessante “filone”, una serie di tesi di laurea su Nulvi elaborate nel tempo da tanti studenti nulvesi in varie Facoltà universitarie. E’ iniziata così la raccolta e la catalogazione e per ognuno di questi lavori, tutti di grandissimo interesse culturale e storico, è stato organizzato un incontro di presentazione e di divulgazione, alla presenza, quando è stato possibile, degli stessi relatori delle tesi o di studiosi Alle serate sono intervenute delle personalità tra cui prof. Brigaglia della materia che veniva affrontata. Un ciclo che ha destato l’interesse e l’apprezzamento della gente che è sempre accorsa numerosa alle presentazioni, allestite nella sala convegni dell’ex monastero francescano di Santa Tecla. Ad aprire il ciclo de “I venerdì de Su Siddhadu” è stata la tesi di laurea di Pier Giuseppe Flore dal titolo “La reale scuola pratica di Agricoltura in Nulvi”. Il lavoro venne presentato dal prof. Vanni Dau, preside dell’Istituto Agrario “N. Pellegrini” di Sassari. Poi fu la volta del lavoro di Antonina Mulargia “L’onorevole Francesco Pais Serra e l’inchiesta parlamentare sulle condizioni economiche e sulla pubblica sicurezza in Sardegna (1894-1896)” con relatore il prof Manlio Brigaglia che illustrò la figura dell’importante politico nulvese. Seguirono poi la tesi di Barbara Nardecchia “Architettura e arredi sacri a Nulvi” presentata splendidamente da don Francesco Tamponi e quella di Alessandro Useli “Nulvi, centro dell’Anglona, storia, econo- Capanna, l’opera “Mortos in terra anzena” di mia, cultura”, con relatori il prof. Carlo Patatu e Giuliano Chirra, i romanzi “Il sangue di Cristo” di don Pietrino Usai. “Pastori e contadini di Nulvi” Michele Pio Ledda, “Sardomachia” del giovane è invece il titolo dell’affascinante tesi di laurea scrittore nulvese Aldo Sechi, “Boghes e caras di Cesarina Manconi, con relatore il prof. antigas de su mulinu ‘e s ‘entu” di Salvatore Michele Pinna, direttore dell’Istituto “Bellieni” Patatu, e solo recentemente il libro-reportage di Sassari. Poi fu la volta della tesi di laurea di “Inseguendo una freccia gialla” di Luca Fiori. Giovannina Mattossi, con relatore il prof. L’associazione nulvese si è fatta promotrice Raimondo Turtas, che analizza la lite giudiziaria anche di altre iniziative come l’originale concorfra il gremio dei pastori e degli artigiani di Nulvi so gastronomico “Sa rosonita ‘e oro” riservato dopo una disputa sul diritto di precedenza nella alle aziende agrituristiche dell’Anglona e della processione di candelieri di Nulvi. Sempre il provincia di Sassari e il convegno-forum sulla prof. Brigaglia presentò poi la tesi di Giannino paraparesi spastica ereditaria, organizzate insieDessole “Nulvi - Il ciclo festivo tra tradizione e me alla locale Pro Loco, o come la celebrazione attualità”. Vennero poi presentati gli elaborati di del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia organizAndreina Cascioni “Storia demografica di Nulvi zato con il Comune di Nulvi, che ha visto la parnel XVIII secolo” con relatori il prof. Angelino tecipazione degli storici Manlio Brigaglia e Tedde e il prof. Giovanni Soro, di Giovanna Salvatore Sechi. “Su Siddhadu” ha inoltre preSanna “La parrocchiale di Nulvi con le leggi sentato lo stupendo documentario sui candelieri Siccardi” e di Silvana Posadinu “ I laureati di Nulvi “Nulvi e gli altari che camminano” reaall’Università di Sassari dal 1766 al 1825 - I lau- lizzato da Franco Stefano Ruiu e “La chea, l’antireati in Medicina e Chirurgia dal 1825 al 1945”, ca arte dei carbonai in Sardegna” di Pietro entrambe presentate dal prof. Angelino Tedde. Brundu e Maurizio Marras. Sempre in campo Tutto questo prezioso materiale storico e cultu- musicale è stata curata la presentazione dell’ultirale verrà raccolto, se l’associazione nulvese mo cd del chitarrista perfughese Gavino Loche e dovesse (come si augura) trovare i necessari l’allestimento dello stupendo recital della canfinanziamenti, in una grande pubblicazione che tante Rita Casiddu dal titolo “Le due metà del raccoglierà le tesi di laurea o un sunto di esse cielo”. E’ già in cantiere inoltre, in collaborazioe che sarà curata dallo stesso prof. Manlio ne con il Lions Club di Castelsardo, la presentaBrigaglia. Di altro argomento le due tesi di due zione del libro di Gianni Garrucciu “Papa giovani laureati nulvesi che hanno lavorato Giovanni Paolo II, l’uomo che ha cambiato gli entrambi sulla figura e la musica di Fabrizio de uomini”. Ma su siddhadu di Nulvi, il “tesoro Andrè. La presentazione delle loro tesi “Il pen- nascosto” di questa antica comunità è ancora siero di Fabrizio di Andrè - Parole e musica” di ben lontano dall’essere riscoperto interamente. Aldo Sechi e “La musica leggera italiana del Per questo l’associazione spera nell’apporto di Novecento - Il ruolo politico e sociale dei can- nuovi soci, di nuove e fresche energie, che portautori: Fabrizio de Andrè” di Mario Sini, si tra- tino contributi, conoscenze ed entusiasmo. sformò in un vero e proprio spettacolo musicale con una apprezzata interpretazione di alcuni dei più bei brani del cantautore genovese da parte di musicisti e cantanti nulvesi, tutti rigorosamente non professionisti. I li appuntamenti con i “Venerdì de Su Sid“Venerdì de Su Siddhadu” sono stati dhadu” proseguiranno venerdì 1 marzo, alperò occasione per presentare anche le 18 nel Centro Servizi “Anglona” di Giulzi, con alcune opere letterarie di autori sardi la presentazione del libro di don Gianni Sini o che avessero a che fare con la “Quando parlo col diavolo”. L’iniziativa sarà cuSardegna. Da ricordare fra i tanti libri, rata dall’associazione “Su Siddhadu” insieme ad esempio, “La sarabanda delle con il Lions Club di Castelsardo con il quale l’asombre” di Giuseppina Tedde presensociazione nulvese ha spesso collaborato. tato dal prof. Angelino Tedde, il saggio “Il sessantotto al futuro” di Mario I prossimi appuntamenti de Su Siddhadu G 16 ALLURA &AGNGLONA La felicità dentro un bicchiere Santino Cimino - Direttore ufficio pastorale sanitaria P ochi giorni fa nelle prime pagine del quotidiano “ La Nuova Sardegna” compariva un titolo abbastanza preoccupante, conseguenza non certo di un giudizio temerario, ma di indagini e statistiche vere e proprie: “ alcol: cresce l’allarme tra le donne: 600 aborti all’anno nell’isola“. Non è di certo questo articolo ad aprire gli occhi su un fenomeno in gra- L’ alcolismo: fenomeno in allarmante diffusione Anno XXI n. 2 27 febbraio 2013 duale aumento, ma si aggiunge a tante altre informazioni che sovente accendono i riflettori su una realtà per niente appagante. La “droga in bottiglia“,ossia l’alcolismo, è la piaga di molte società, sia industrializzate che del terzo mondo. E’ in rapida ed allarmante diffusione. Il costo sociale dell’alcolismo è enorme: miete sempre più vittime, è all’origine di un’alta percentuale di incidenti stradali, distrugge le famiglie, favorisce l’improduttività negli ambienti di lavoro, comporta gravi conseguenze sulle gravidanze come annota il sopracitato titolo. L’alcolismo non è certamente un crimine ma una seria piaga, e come tale va affrontata e curata. Allo stato attuale il numero dei giovani, sopratutto donne che abusano di sostanze alcoliche, è in continuo aumento. Si sa che l’alcool è esistito con l’uomo. Anzi, in passato, aveva assunto la caratteristica di un alimento e si riteneva che, con le sue calorie, sostituisse le carenze alimentari. In realtà, l’alcol ha un effetto tossico, è una sostanza che si trasforma in veleno e l’eccessivo consumo può provocare dipendenza poiché il soggetto non è più padrone del proprio bere ma ne diventa schiavo. I dati dell’Istat indicano che il 75% degli italiani consuma alcol e sono oltre tre milioni i bevitori a rischio. Le ragioni iniziali che spingono la persona a bere sono varie: la curiosità, il costume sociale, la spensieratezza o l’euforia, il bisogno di mascherare, almeno un pò, le preoccupazioni. Un bevitore casuale può però trasformarsi, senza accorgersene, in bevitore abituale e, di qui, il passo alla dipendenza cronica. Quali sono le condizioni che possono portare un alcolista sull’orlo dell’autodistruzione? Non si può generalizzare: ogni persona è una storia a sè, ci possono essere predisposizioni genetiche o fattori ambientali che riguardano la sfera sociale, culturale, psicologica e spirituale della persona. A questi fattori si aggiungono oggi sopratutto l’aumento dei divorzi, la disoccupazione, l’incremento delle malattie psichiche, il disorienta- attualità mento della gioventù che hanno contribuito a un’allarmante crescita del fenomeno dell’alcolismo. Ogni anno sono attribuibili, direttamente o indirettamente, al consumo di alcol: il 10% di malattie, il 10% di tumori, il 63% di tutte le cirrosi epatiche, il 41% degli omicidi, il 45% degli incidenti, il 9% di invalidità o malattie croniche. Complessivamente il 10% dei ricoveri in strutture ospedaliere è attribuibile all’alcool e ogni anno in Italia sono circa 40.000 le persone che muoiono a causa di questa piaga. Dinanzi a questo triste scenario non ci si può rassegnare. Non basterebbero leggi severe che tutelino l’uso e la vendita di bevande, anche perché spesso ci sono interessi economici che impediscono dei provvedimenti nel campo. Non bastano neanche gli interventi medici per quanto utili ed efficaci possano essere sulla cura degli organi colpiti dall’etilismo. Credo occorrano un insieme di alleanze terapeutiche che intervengano sull’ambiente sociale e psichico della persona e propongano una salutare opera di prevenzione. Tra queste forze non possiamo escludere la famiglia, la scuola e la chiesa. Innanzitutto la famiglia, primo nucleo educativo in cui l’essere si forma. La scuola, specialmente nella fase adolescenziale che risulta essere una delle più complesse, dovrebbe offrire un bagaglio di valori umani che aiutino i ragazzi ad affrontare le sfide della società. Anche la chiesa, fedele al messaggio del suo maestro, non può non educare a una buona qualità della vita e a una promozione della cultura della salute che, come afferma l’organizzazione mondiale della sanità, non è solo assenza di malattia o infermità, ma anche uno stato di equilibrio psicosociale. Forse non si faranno miracoli o non si risolveranno tutti i problemi, ma cominciare a prendere in seria considerazione questo fenomeno e a proporre in vari ambiti tematiche ad esso attinenti, potrebbe costituire già un segno di attenzione a un disagio sociale in allarmante diffusione. Nuova destinazione per il seminario regionale di Cuglieri Un compendio di grande pregio storico e culturale di MP N “ on c’è nessun immobilismo da parte della Giunta regionale in merito alla gestione del Seminario regionale di Cuglieri. L’Esecutivo guidato dal presidente Cappellacci sta valutando le opportunità e le richieste di concessione della struttura, pervenute fin ora negli uffici dell’assessorato degli Enti locali, affinché possa essere trovata la miglior soluzione per lo sviluppo di un complesso architettonico di grande pregio, considerata la sua storia secolare che lo ha visto nel tempo diventare un punto di riferimento, spirituale e culturale, e che oggi, grazie alla sua valorizzazione, può rappresentare per l’intero territorio una nuova opportunità di crescita sociale ed economica”.Lo ha precisato l’assessore regionale degli Enti locali, Nicola Rassu, in merito alle dichiarazioni del consigliere, Gian Valerio Sanna. “Le strutture dell’ex Seminario, nel corso di questi ultimi anni, sono state più volte utilizzate dal Comune di Cuglieri, peraltro uno dei soggetti interessati alla sua fruizione, per l’organizzazione di importanti manifestazioni pubbliche e pertanto sono prive di ogni fondamento le accuse di chi sostiene che il bene regionale sia inutilizzato”. “Dopo i lavori di ristrutturazione che hanno occupato diversi anni e interessato una parte considerevole della struttura che consta di 14 mila metri quadrati e sorge su un’area complessiva di 31mila metri quadrati, lo scorso 25 febbraio 2011 in occasione della giornata di presentazione del progetto pilota di Marketing Territoriale ‘Anima Mundi’, sono state aperte, per la prima volta al grande pubblico, le porte del complesso. L’obiettivo finale, quindi, resta sempre quello di valorizzare il compendio affidandolo a chi potrà garantire le risorse necessarie al completamento dei restanti lavori necessari per renderlo completamente fruibile e funzionale”, ha aggiunto Rassu.“La gestione del compendio deve essere oculata poiché rappresenta un’importantissima risorsa non solo locale e territoriale ma per l’intera Sardegna considerato il suo grande pregio storico e culturale - ha proseguito l’assessore – Pare pertanto più che mai strano che l’interesse per le sorti del Seminario di Cuglieri, da parte dell’ex assessore Sanna, sia così esponenzialmente cresciuto solo recentemente, quando lui stesso avrebbe avuto tutto il tempo per porvi rimedio durante il suo mandato. Nel periodo che lo ha visto a capo dell’assessorato regionale degli Enti locali, infatti, non sono stati risolti i problemi di gestione del Seminario. Attualmente l’assessorato sta invece valutando le proposte pervenute per il possibile utilizzo del compendio e la valutazione che deve essere fatta è centrata sulle possibili ricadute che i progetti potranno avere sul territorio nonché sulla capacità di questi di essere un richiamo per iniziative anche di carattere nazionale e internazionale – ha concluso Rassu - A differenza di come è capitato in passato, quindi, nessuna trascuratezza o disattenzione ma bensì massima attenzione e la forte volontà di rendere fruibile nel breve periodo questa importantissima struttura affinché possa essere un altro elemento di sviluppo del territorio”.