Ictus_ le staminali del cordone ombelicale

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Ictus_ le staminali del cordone ombelicale
Ictus: le staminali del cordone ombelicale riparano
l' 85% del tessuto cerebrale danneggiato, bloccando la
migrazione ed i cambiamenti di forma delle cellule
immunitarie
Anche se non ancora clinicamente disponibile per malattie del cervello, si prevede che la
tecnologia delle cellule staminali del cordone ombelicale evolverà in uno dei più potenti
strumenti per la gestione biologica di complessi disturbi del sistema nervoso centrale e
periferico. Per molti di essi oggi le opzioni terapeutiche tradizionali risultano ancora
limitate.
Tra essi l' ictus è sicuramente la patologia con più avanzati studi sperimentali per l ' uso
delle staminali cordonali. Nel numero del Maggio 2010 il Journal of Neuroscience
Research ha pubblicato l' importante ricerca del Dottor Christopher C. Leonardo e del suo
team del Department of Molecular Pharmacology and Physiology, College of Medicine,
presso la University of South Florida, a Tampa (USA), sotto la supervisione della
Professoressa Alison E. Willing del Department of Neurosurgery, Center of Excellence for
Aging and Brain Repair, uno dei più importanti centri al mondo per lo studio delle staminali
del cordone ombelicale umano.
Essi hanno scoperto che la loro significativa efficacia nella terapia dell' ictus è legata in gran
parte alla capacità di inibire il reclutamento delle cellule pro-infiammatorie associate alla
isolectina e di modificare la morfologia di quelle positive per il marker Cd11b, da un aspetto
ameboide ad uno ramificato, meno attivo.
Ogni anno si verificano in Italia circa 196.000 casi, di cui circa il 20% è costituito da
recidive (39.000). L’ictus è la terza causa di morte nel nostro Paese dopo le malattie
cardiovascolari e le neoplasie, causando il 10%-12% di tutti i decessi per anno, la seconda
nel Mondo Occidentale; rappresenta la principale causa d’invalidità e la seconda causa di
demenza. Colpisce, sia pure in misura minore, anche individui giovani e si stima che ogni
anno il numero di persone in età produttiva (<65 anni) colpite sia intorno a 27.000, tra cui
diversi bambini. 1
L' ischemia cerebrale produce un' onda iniziale di lesioni neurali a causa del crollo dei livelli
energetici, risultante dal diminuito afflusso di ossigeno e nutrienti. Tuttavia la neurodegenerazione è aumentata da una seconda risposta, ritardata, che coinvolge le cellule
immunitarie e segnali che attivano la flogosi, ritardando l' estendersi dei danni al sistema
nervoso centrale, anche a distanza di diversi giorni.2
Mentre il cervello, nella situazione fisiologica, è generalmente impermeabile alle cellule
immunitarie del sangue, dopo l' ischemia avviene una loro infiltrazione per un' alterazione
della barriera emato-encefalica.
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Innescano l' infiammazione in sinergia con la microglia, macrofagi del cervello con
caratteristiche simili a quelli periferici. In risposta ad un insulto vascolare modificano la
propria morfologia da una forma ramificata, non attiva, ad una ameboide, associata ad uno
stato dinamico, producendo citochine, che favoriscono l ' infiammazione. Inoltre uno studio
ha dimostrato che la microglia costituisce la maggior parte dei monociti all' interno del
tessuto ischemico, suggerendo che i macrofagi periferici possano influenzare il suo
comportamento.
Per tutti questi motivi nuove terapie indirizzate verso monociti periferici e le loro interazioni
con la microglia possono rivelarsi utili nel trattamento della morte cellulare differita dopo
un ictus.
Sperimentazioni recenti del Dipartiment of Molecular Pharmacology and Physiology del
Dottor Leonardo hanno portato alla scoperta che la somministrazione sistemica ritardata
delle staminali del cordone ombelicale riduce in modo consistente i danni della sostanza
bianca del sistema nervoso centrale; risultato ottenuto dall' equipe del Dottor Craig T. Ajmo,
Jr. e apparso su Experimental Neurology nel Luglio 2009.3 Inoltre esse riducono il volume
dell' infarto e migliorano il recupero comportamentale nei ratti dopo occlusione dell' arteria
cerebrale media.4 5
L' efficacia del trattamento ritardato dell' ictus con le staminali cordonali è attribuito alle
azioni combinate antinfiammatorie e protettive, nonché alla riduzione dei linfociti B e dei
monociti e macrofagi caratterizzati dal marker CD11b. Queste ultime aumentano il legame
con la isolectina IB4 nel cervello danneggiato, suggerendo che ciò avviene nelle cellule proinfiammatorie.6
Con la sua nuova sperimentazione Leonardo giunge alla conclusione che le staminali del
cordone ombelicale, trapiantate dopo alcuni giorni dall' infarto cerebrale, si dirigono
preferenzialmente verso le cellule che attivano la flogosi e quindi riducono il loro
reclutamento.
I topi da esperimento sono stati sottoposti a legatura dell' arteria cerebrale media a livello
del Circolo di Willis ed all' infusione di 1 milione di staminali cordonali.
Nei controlli, non trattati, dopo 96 ore ore le cellule della microglia ed i macrofagi CD11b
migrano in gran numero nel corpo striato, vicino al corpo calloso e al ventricolo laterale, le
aree maggiormente colpite dall' ischemia, spostandosi attraverso arterie collaterali e la
sostanza bianca vicina; mentre nei primi due giorni erano rimaste in gran parte all' interno
dei vasi sanguigni. Inoltre si ingrandiscono e modificano la loro forma in ameboide, con
ampie protuberanze in movimento; cambiamento associato ad un aumento d' attività.
Contemporaneamente nei topi, che non hanno ricevuto le staminali cordonali, è stato
rilevato un significativo aumento della presenza di cellule associate alla lectina, con le
stesse caratteristiche delle precedenti. L' unica differenza risiede in una loro maggiore
concentrazione nella sostanza bianca del corpo calloso e lungo tutta la regione periventricolare nello stesso emisfero, dove è stata realizzata l' occlusione dell' arteria,
formando un fascio continuo, che può essere tracciato dai vasi fino alla base del cervello. I
legami con la lectina aumentano del 66% sulla superficie di queste cellule tra la
cinquantunesima e la settantaduesima ora.
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Inoltre esse esprimono in misura elevata la MMP-3, la metallo-peptidasi 3 della matrice,
ben nota per contribuire alla patologia ischemica. Questa proteasi degrada i costituenti della
membrana basale, causando perdite di sangue attraverso la barriera emato-encefalica del
cervello e aumentando l' invasione dei globuli bianchi provenienti dal sistema vascolare. Un
meccanismo simile si verifica nei confronti dell' ossido nitrico (NO), importante marker
della flogosi, per mezzo di una sovra-regolazione.
Questi risultati confermano che le cellule CD11b e quelle positive all' isolectina,
partecipano alla risposta immunitaria ritardata dell' ictus, oltre ad esprimere markers per la
neuro-infiammazione in vivo ed in vitro.7
Ben diversa la situazione negli animali da esperimento trapiantati con staminali del cordone
ombelicale: dopo 51 ore, nelle aree vicine al ventricolo laterale, si realizza un blocco della
trasformazione morfologica delle cellule CD11b, che sono inattivate o presentano uno
stadio intermedio. In aggiunta risultano qui meno numerose, mentre nel nucleo striato non
presentano differenze rispetto ai controlli. Le cellule positive alla isolectina rimangono in
gran parte all' interno dei vasi sanguigni, mentre sono molto poche quelle presenti nella
sostanza bianca peri-ventricolare e nella zona che circonda l' ictus. Esse si riducono
ulteriormente nelle 24 ore successive e diminuisce il volume di cervello infiltrato,
limitandosi allo striato con pochi elementi.
L' infusione endovenosa di staminali cordonali abolisce quasi del tutto la risposta delle
cellule immunitarie alla settantaduesima ora dalla legatura dell' arteria cerebrale media.
Contemporaneamente, in contrasto con quanto osservato il giorno precedente, le cellule
CD11b diminuiscono fortemente nell' area dell' infarto dello striato, che risulta quasi priva
delle cellule positive alla lectina.
La somministrazione posticipata di staminali del cordone ombelicale permette loro di agire
con la massima forza nel momento in cui si stanno per manifestare le disfunzioni neurali ed
infiammatorie più gravi.7
In passato si riteneva che, già dalle prime ore dopo l' ictus, i neuroni disfunzionali fossero
irrecuperabili, avendo espresso markers per l' apoptosi, come la scissione della caspasi-3 e
la colorazione TUNEL. Invece ricerche proprio della University of South Florida hanno
dimostrato che questi danni sono reversibili con trattamenti somministrati anche fino a 48
ore dopo l' occlusione dell' arteria cerebrale mediana.8
La scoperta più rilevante di questa sperimentazione: la terapia con staminali cordonali
permette una significativa riduzione del volume di questo tipo d' infarto cerebrale fino al
85%, singolarmente lo stesso ottimo risultato che si è ottenuto con altri trattamenti, che
agiscono anch'essi sulla risposta immunitaria, ma comportando un' invasività ed effetti
collaterali enormemente più gravi, come la splenectomia.4 Questa eccezionale scoperta
comporta anche che il nucleo necrotico dell' ictus, che si forma nelle prime ore successive
all' evento, risulta più piccolo di quanto pensassero gli scienziati, interessando solo il 15%
del volume complessivo del tessuto danneggiato.
Fin dalle prime ore dopo il trapianto le staminali cordonali iniziano a modificare le capacità
di migrazione e di legare la lectina nelle cellule immuni infiltranti, che favoriscono la
flogosi. Tuttavia, rispetto ai soggetti non trattati, in questa prima fase la loro concentrazione
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non si modifica nelle aree ischemiche, con la presenza di grappoli di cellule lungo le vie di
migrazione, che partono dai vasi sanguigni collaterali alla base del cervello e dalla sostanza
bianca del corpo calloso, in direzione dello striato. In questa struttura vi sono ancora molte
cellule associate alla lectina, ma esse sono diventate già molto rare nelle regioni che
circondano l' ictus, per ridursi praticamente a zero a 72 ore dall' inizio della terapia.
L' infusione delle staminali del cordone ombelicale attenua l' entità della risposta
immunitaria e determina il cambiamento morfologico delle cellule che esprimono il CD11b
dopo 51 ore.7
In precedenza nel 2006 sperimentazioni su questo stesso tema scientifico sono stati
effettuate dalla Dottoressa Jennifer D. Newcomb e dagli scienziati del Center of Excellence
for Aging and Brain Repair, anch'essi nel College of Medicine presso la University of South
Florida. La loro ricerca, apparsa sulla rivista scientifica Cell Transpantation, già dimostrava
che le staminali del cordone ombelicale umano potessero proteggere il sistema nervoso
centrale da un' ischemia focale, se somministrate a 48 ore dall' occlusione dell' arteria
cerebrale media, ma non ancora dagli effetti patologici tardivi dopo 72 ore.
Anche in questo caso gli animali da esperimento evidenziavano un buon recupero
comportamentale e fisiologico. Molti dei neuroni del nucleo ischemico erano stati riparati e
salvati grazie alle staminali cordonali, dimostrando che la morte cellulare per apoptosi
aveva
un ruolo preminente nell' ictus, rispetto ad un meccanismo necrotico, pur presente.
Come i suoi colleghi del Department of Molecular Pharmacology and Physiology, la
Dotteressa Newcomb osservava una diminuzione od un' assenza dell' infiltrazione di
neutrofili e monociti, nonché dell' attivazione di astrociti e microglia nel parenchima dei
soggetti trattati con staminali cordonali.4
Futuri studi dovranno stabilire i meccanismi con cui esse si interpongono tra i si segnali di
attivazione infiammatoria e le cellule associate alla lectina e che esprimono il CD11b, come
anche l' intervallo di tempo ottimale dall' evento vascolare, dopo il quale effettuare il
trapianto.
Queste sperimentazioni della University of South Florida, coronate da successi, come molte
altre in questo settore della terapia cellulare per l' ictus, potrebbe offrire ai medici un forte
incoraggiamento a iniziare trials clinici sull' uomo, grazie anche ad una finestra temporale
efficace più ampia per il trapianto delle staminali del cordone ombelicale umano.
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