Accesso a Medicina: selezione alla fine del primo anno?

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Accesso a Medicina: selezione alla fine del primo anno?
Accesso a Medicina: selezione alla fine del primo anno?
Breve guida per orientarsi a cura di
Il dibattito su possibili miglioramenti e modifiche del sistema di accesso ai corsi di laurea di medicina e
chirurgia ha molto spazio sui media. Il Ministro dell’Università Stefania Giannini, in alcune interviste e
dichiarazioni pubbliche, propone di togliere il numero chiuso all’ingresso introducendo sbarramenti alla fine
del primo o del secondo anno di corso sulla base dei risultati conseguiti dagli studenti, come avviene in
Francia per i corsi dell’area medico-sanitaria. L’idea, ancora solo abbozzata, merita un approfondimento e un
confronto con l’attuale sistema vigente in Italia.
Selezione a Medicina in Francia e in Italia: due sistemi a confronto
Il numero programmato in Francia esiste dal 1971. Dal 2010 il primo anno di studi dei corsi dell’area medica,
PACES (Première Année Commune aux Etudes de Santé), è ad accesso libero e comune a quattro facoltà:
medicina, odontoiatria, farmacia e ostetricia.
La selezione avviene con due esami, uno al termine del primo semestre e uno al termine del secondo
semestre. Le prove selettive sono dei test sulle materie studiate durante l’anno. Il sistema prevede la
possibilità di ripetere il primo anno solo una volta.
Dopo la selezione, passano solo gli studenti classificati in posizione utile in base al numero dei posti
disponibili; gli esclusi possono ricollocarsi in altre facoltà o decidere di ripetere, per una sola volta, il
primo anno comune. La tabella che segue mette a confronto i due sistemi.
Numero chiuso
ITALIA
Sì
FRANCIA
Sì
Prova di selezione
Test a risposta multipla
Test a risposta multipla
Test unico nazionale
Sì, predisposto dal ministero
No, ma predisposto dai singoli atenei
Graduatoria nazionale
Sì
No, graduatoria per singoli atenei
Peso curriculum
scolastico/voto di
maturità
No
No
Periodo di svolgimento
delle prove
Durante il quinto anno di scuola
superiore
Durante il primo anno di università, al
termine del primo semestre (gennaio) e
al termine del secondo semestre
(giugno)
Test di gennaio: chimica/biochimica,
citologia/istologia, fisica/biofisica,
matematica
Materie d’esame
Logica e cultura generale, biologia,
chimica, fisica e matematica
Programmi d’esame
Definiti a livello nazionale dal
ministero in linea con i programmi
affrontati nella scuola media superiore
Potenzialmente differenti per ciascuna
università
Struttura del test
60 domande a risposta multipla da
risolvere in 100 minuti. Suddivisione
dei quesiti nella prova: logica e
cultura generale (27 quesiti), biologia
(15 quesiti), chimica (10 quesiti),
matematica e fisica (8 quesiti).
Definita dai singoli atenei. Esempio
università di Montpellier al termine del
primo semestre: chimica/biochimica (40
quesiti in 60 minuti); citologia/istologia
(40 domande a risposta multipla in 60
minuti); fisica/biofisica (30 domande a
risposta multipla in 45 minuti);
matematica (20 domande a risposta
Test di giugno: fisica/biofisica,
anatomia, farmacologia, scienze
umane, materie specifiche dei singoli
indirizzi
1
multipla in 30 minuti).
Possibilità di ripetere il
test
Senza limiti
Una sola volta
Mentre la mancanza di una graduatoria nazionale è certamente un limite del sistema francese, si
potrebbe pensare che la selezione in itinere degli studenti sia più affidabile ed equa rispetto a un test preimmatricolazione. Alcuni dati relativi al sistema francese ne mettono tuttavia in evidenza i limiti strutturali e
di impostazione.
I limiti del sistema francese
Secondo i numeri forniti dalle università francesi, tra gli iscritti al primo anno il 40% circa è
costituito da studenti ripetenti (doublants). Ciò significa che al primo anno dei PACES accedono senza
limitazioni i neodiplomati ai quali va aggiunta circa la metà degli studenti del PACES dell’anno precedente che
scelgono di riprovare.
Le condizioni in cui si svolge la didattica sono dunque tutt’altro che ottimali: aule sovraffollate,
sdoppiamento dei corsi in mattutini e pomeridiani, lezioni in videoconferenza o addirittura a distanza con
l’utilizzo di DVD limitano molto l’interazione tra studenti e docenti e hanno un forte impatto negativo sulla
qualità della formazione.
L’alta percentuale di ripetenti, inoltre, autorizza a concludere che anche il riorientamento degli studenti
che hanno fallito l’ammissione, appositamente predisposto dal sistema francese, non raggiunga gli obiettivi
previsti. Sono la maggioranza gli studenti che, alla frustrazione di non essere riusciti a superare lo scoglio
del primo anno, devono aggiungere il costo, non solo economico, di un primo anno di studi universitari
sprecato. La Commissione degli Affari Sociali francese, facendo nel 2013 un primo bilancio del sistema
avviato nel 2010 si pronuncia così: «L’avviamento del PACES non ha consentito di rendere il primo anno di
studi realmente formativo e nemmeno di rimediare al tasso di fallimento nelle prove selettive organizzate alla
fine dell’anno». La Commissione continua: «Il principale obiettivo del PACES, rimediare cioè allo spreco di
risorse umane, non viene raggiunto 1. I tassi di riuscita rimangono molto bassi e il riorientamento è tardivo e
poco efficace». Questi punti critici sono attualmente oggetto di discussione in Francia.
Risulta infine ingente l’onere di questo sistema per le singole università francesi che si trovano ad
affrontare ogni anno costi economici elevati per il personale docente e le strutture destinate alla didattica e
per riorientare gli studenti “in eccesso”.
Modello francese anche in Italia?
Nell’ultimo concorso tenutosi in Italia l’8 aprile 2014 gli iscritti al test di ammissione a medicina e
odontoiatria erano 63.043 per 10.130 posti, con un rapporto tra posti disponibili e candidati di 1 su 6. Negli
anni precedenti, quando il test si svolgeva in settembre, i candidati erano ogni anno più di 80.000. Se
l’accesso al primo anno fosse libero e l’iscrizione si potesse effettuare dopo l’esame di Stato della scuola
superiore, sarebbe quindi naturale attendersi un numero di matricole ancora più alto. Alla fine del primo
anno si troverebbero pertanto “fuori” da medicina o odontoiatria oltre 70.000 studenti. In Italia, tra l’altro, al
momento la normativa non consente alcun tipo di “riallocazione forzata” di tali studenti.
L’anno successivo, ai neodiplomati che si iscriverebbero al primo anno di medicina-odontoiatria
andrebbe aggiunta una parte non trascurabile di ripetenti provenienti dagli anni precedenti. Il numero di
studenti da formare sarebbe quindi elevatissimo e si aggraverebbe a dismisura il problema del
sovraffollamento delle aule e del numero di docenti necessario, con un inevitabile peggioramento della
qualità della formazione.
L’ipotetica nuova selezione “alla francese” non potrebbe comunque che essere di tipo comparativo,
con circa 10.000 posti per quasi 100.000 candidati all’anno. La prospettiva di un aspirante medico in Italia
sarebbe quella di intraprendere un lungo e faticoso iter selettivo con bassissime probabilità di successo
1 Si
vedano in rete i lavori della Commission des Affaires Sociales.
2
nonostante l’impegno profuso. In questa situazione, il senso di fallimento e frustrazione della stragrande
maggioranza degli studenti coinvolti nella selezione non verrebbe ridimensionato, ma sarebbe anzi
amplificato dalla loro consapevolezza di aver “perso” uno o più anni del proprio percorso formativo.
Che dire poi dell’impatto economico sulle casse delle università e, in ultima analisi, dei contribuenti, di
un sistema basato sul mantenimento agli studi di un numero di studenti sovradimensionato e destinato a
non raggiungere l’obiettivo della laurea?
L’intera gestione dell’attuale sistema di selezione italiano per medicina con test di preimmatricolazione costa poche decine di euro a candidato, tra l’altro versate dai singoli studenti
attraverso le spese di iscrizione all’esame.
Il nuovo sistema ipotizzato costerebbe invece diverse migliaia di euro per ogni studente del primo
anno, per un totale di diverse centinaia di milioni di euro all’anno. Chi pagherebbe questi costi? Saranno a
carico degli studenti che dovranno così pagare spese di iscrizione molto più alte o ricadranno sui
contribuenti? Questa seconda ipotesi è la più probabile: in assenza di una selezione in ingresso,
sarebbe la collettività a dover pagare il nuovo iter di selezione di decine di migliaia di studenti che
non accederanno mai al secondo anno di medicina.
Di fatto, molti autorevoli esponenti del mondo accademico e sanitario hanno espresso forti dubbi
sull’applicazione in Italia di un sistema “alla francese”. Di seguito ne riportiamo alcuni.
Giuseppe Paolisso (preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia della Seconda Università degli Studi
di Napoli): «Le università italiane non sono pronte, sarebbe il caos. […] Ci sembra soprattutto una trovata ad
effetto, che non tiene conto delle problematiche reali. […] Cambiare tutto in pochi mesi è folle. Il ministro
sostiene che a Medicina “si iscriverebbero solo i più motivati”, e che comunque “il problema si risolve a valle,
non a monte”. Ma la previsione di Giannini sembra ottimistica: almeno all’inizio, in attesa di verificare
l’effettiva durezza della selezione, gli studenti di medicina aumenterebbero in maniera esponenziale. […] Il
Ministro ha lanciato questa idea senza consultare nessuno. […] Nessuno di noi ha mai pensato che i quiz
siano l’ideale. Rispetto a certe prospettive, però, probabilmente sono il male minore». 2
Alessandro Padovani (presidente del corso di laurea in Medicina e Chirurgia dell’Università degli
Studi di Brescia): «La maggior parte di noi [n.d.r: presidenti dei 44 corsi di laurea degli atenei italiani] ha
espresso la ferma intenzione di dimettersi dal proprio ruolo se ci sarà una seria possibilità che vengano
eliminati i test di ingresso e si adotti il modello francese. Non riusciamo a capire le ragioni anche perché la
stessa Francia sta abbandonando il suo modello per omologarsi a quanto accade nel resto d’Europa. Non
capiamo nemmeno in base a quali considerazioni il ministro abbia avanzato questa ipotesi, dal momento che
non mi risulta ci sia stato un confronto con il Consiglio Universitario Nazionale o con altri vertici
accademici».3
Eugenio Gaudio (preside della facoltà di Farmacia e Medicina della Sapienza): «A Roma ci sono 6 corsi di
laurea, con una media di 6 esami il primo anno e 72 professori (due professori a esame, senza contare tutor
e assistenti, quindi 12 per ogni corso di laurea). Le aule grandi sono 6 (una per ogni corso di laurea) e 36
aule più piccole per le esercitazioni (6 aule per ogni corso di laurea). Ora, se dovessimo passare al sistema
francese, le matricole diventerebbero circa 6 volte più numerose (considerando che quest’anno il rapporto
tra posti liberi e iscritti è stato di 1 a 6). Solo a Roma i professori dovrebbero passare da 72 a 432, le aule
grandi da 6 a 36, e quelle più piccole da 36 a 216. Possibile? Se il governo ha soldi da investire in questo
progetto ne saremmo tutti contenti, ma dubito che potrà essere così. Rischiamo, invece, di trovarci di fronte
al solito psicodramma post test. Non è possibile che ogni anno vengano attivate nuove modalità di accesso.
Studenti e università hanno bisogno di certezze e regolarità».4
2 Test
Medicina, università contro il ministro: “Se li abolisce troppi studenti”, «Il Fatto Quotidiano» 22/5/2014.
il test per medicina? Credo che non abbia senso, «Il Giornale di Brescia» 22/5/2014.
Medicina, cosa succede se si passa dai test al sistema francese, «Repubblica», 12/5/2014.
3 Abolire
4
3
Amedeo Bianco (presidente della Federazione degli ordini dei medici): «Prendiamo il caso di Torino. Se
adottassimo il modello francese, gli studenti passerebbero da 300 a 1800. Dove si farebbero le lezioni? Negli
stadi? Su questo è necessario riflettere, prendersi del tempo e trovare strumenti che possano migliorare il
sistema. La selezione, per sua natura, è imperfetta e può essere più o meno ingiusta. Questa è la premessa.
Ma siamo sicuri che spostare il test al termine del primo anno vada davvero a favore degli studenti? Le
nostre università sono pronte? Non credo»5.
5 Medicina,
cosa succede se si passa dai test al sistema francese, «Repubblica», 12/5/2014.
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