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Dipartimento di Medicina Traslazionale in collaborazione con
Università Cattolica del Sacro Cuore e Università di Milano Bicocca
MASTER IN SCIENZE DELLA PREVENZIONE MSP-ASPP
ADVANCED SCHOOL OF PREVENTION AND HEALTH PROMOTION
“La Prevenzione degli Infortuni e la
Promozione della Salute nei luoghi di
lavoro con particolare riferimento al
fenomeno dell’invecchiamento della
forza lavoro”
Valentina Trotta
Anno accademico 2012-2013
La Prevenzione degli Infortuni e la Promozione della Salute nei luoghi di lavoro con particolare riferimento al fenomeno
dell’invecchiamento della forza lavoro
INDICE
ABSTRACT................. ............................................................................................................................ 4
PREMESSA..............................................................................................................................................7
INTRODUZIONE ..................................................................................................................................... 8
CAPITOLO 1 ANALISI DEL FENOMENO INFORTUNISTICO E DEL CONTESTO ........................... 11
1.1. L'INDAGINE EPIDEMIOLOGICA: LA STRUTTURA PRODUTTIVA E LA POPOLAZIONE LAVORATIVA DEL
PIEMONTE ANNI 2009 - 2010 - 2011. ................................................................................................................... 15
1.2. GLI INFORTUNI OCCORSI DENUNCIATI ALL’INAIL ............................................................................... 18
1.3. ANALISI DEI COSTI IN CASO DI INFORTUNI ........................................................................................... 22
CAPITOLO 2 ANALISI DELLE DETERMINANTI DEI COMPORTAMENTI CHE POSSONO ESPORRE A
INFORTUNI ........................................................................................................................................... 25
CAPITOLO 3 ANALISI DELL’ESISTENTE: REVISIONI, LETTERATURA, INTERVENTI ESISTENTI,
TEORIE DI RIFERIMENTO. .................................................................................................................. 30
3.1. . PREVENZIONE, PROMOZIONE E LAVORO ............................................................................................. 30
3.2. UNO SGUARDO ALL’EUROPA .................................................................................................................. 31
3.3. EVOLUZIONE NORMATIVA COME PRIMA FORMA DI INTERVENTO .................................................... 33
3.4. INFORMAZIONE, FORMAZIONE E ADDESTRAMENTO ALLA SALUTE E SICUREZZA .......................... 37
3.5. PREMI E INCENTIVI IN ITALIA PER DIFFONDERE I COMPORTAMENTI SICURI ................................... 40
3.6. IL FATTORE UMANO: COMUNICAZIONE E LEADERSHIP ....................................................................... 42
3.7. UN METODO PER MOTIVARE AI COMPORTAMENTI SICURI: BEHAVIORAL BASED SAFETY ............. 44
3.8. EMBRACO EUROPE, PRODUTTORE DI COMPRESSORI – STABILIMENTO DI RIVA PRESSO CHIERI .... 49
3.9. DIAB, PRODUTTORE DI PANNELLI COMPOSITI – STABILIMENTO DI LONGARONE ............................ 50
3.10. HEINEKEN ITALIA, PRODUTTORE DI BIRRA – 4 STABILIMENTI IN ITALIA ........................................ 50
3.11. WHIRLPOOL EMEA, PRODUTTORE DI ELETTRODOMESTICI – 4 STABILIMENTI IN ITALIA .............. 50
3.12. TECHINT E&C, COSTRUZIONI INDUSTRIALI – CANTIERI IN EGITTO E ARABIA SAUDITA. ............... 51
CAPITOLO 4 PROGETTAZIONE DELL’INTERVENTO: IN PROGRESS ........................................... 51
4.1. IL PROTOCOLLO BBS E IL FENOMENO DELL’AGING .......................................................................... 54
CONCLUSIONI ...................................................................................................................................... 58
BIBLIOGRAFIA ..................................................................................................................................... 60
SITOGRAFIA......................................................................................................................................... 62
TABELLE
Tabella 1 Categorie attività ................................................................................................................................................... 13
Tabella 2 Addetti e Aziende del territorio Piemontese....................................................................................................... 16
Tabella 3 Distribuzione addetti per dimensioni di aziende................................................................................................. 17
Tabella 4 Infortuni distribuiti per comparto ........................................................................................................................ 18
Tabella 5 Infortuni positivi distribuiti per comparto ............................................................................................................ 19
Tabella 6 Infortuni occorsi distribuiti per età ...................................................................................................................... 22
Tabella 7 Piano Nazionale della Prevenzione 2010 – 2012 (PNP) ............................................................................................. 36
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La Prevenzione degli Infortuni e la Promozione della Salute nei luoghi di lavoro con particolare riferimento al fenomeno
dell’invecchiamento della forza lavoro
Tabella 8 Riduzione premio INAIL per numero di lavoratori .................................................................................................... 40
FIGURE
Figura 1: Addetti e Aziende del territorio Piemontese ....................................................................................................... 17
Figura 2: Distribuzione degli infortuni per genere e per comparto ..................................................................................... 21
Figura 3: Distribuzione degli infortuni per i comparti “a rischio” ......................................................................................... 22
Figura 4: Determinati della Salute (USA) .......................................................................................................................... 26
Figura 5: Determinanti della Salute (Europa) .................................................................................................................... 26
Figura 6: Determinanti sociali della salute e delle diseguaglianze nella salute ................................................................. 27
Figura 7: Fasi di lavoro applicazione protocollo BBS ........................................................................................................ 53
Figura 8: Percentuale della popolazione oltre i 65 anni nel 2009 ...................................................................................... 56
Figura 9: Percentuale della popolazione oltre i 65 anni nel 2050 ...................................................................................... 56
Figura 10: Incremento e decremento delle abilità dovuto all’invecchiamento. .................................................................. 57
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La Prevenzione degli Infortuni e la Promozione della Salute nei luoghi di lavoro con particolare riferimento al fenomeno
dell’invecchiamento della forza lavoro
ABSTRACT
Secondo la European Agency for Safety and Health at Work, ogni 5 secondi un lavoratore
dell’Unione Europea è coinvolto in un infortunio sul lavoro e ogni due ore un lavoratore perde la
vita in un incidente sul lavoro.
In Italia secondo quanto pubblicato dall’INAIL nei suoi rapporti annuali, ogni anno si verificano
circa 1200 infortuni mortali, 36 000 che danno luogo a conseguenze permanenti e poco più di 600
000 che provocano solo assenze temporanee.
Tali eventi hanno ricadute e ripercussioni sul sistema sociale, previdenziale, sanitario, economico e
inevitabilmente impattano sulla vita delle organizzazioni, dei lavoratori e dei familiari.
In collaborazione con Giampiero Bondonno e Carlo Barbero, nella prima parte del presente lavoro,
il fenomeno infortunistico è stato analizzato in termini di:
-
-
-
Rilevanza e impatto economico: sono stati analizzati i dati forniti dall’INAIL del triennio
2009/2010/2011, relativi alla realtà produttiva e di servizi del territorio piemontese, distribuiti
per settore, per genere ed età dei lavoratori. Si è poi cercato di analizzare i modelli economici
che possono definire e quantificare il costo economico dell’infortunio.
I fattori determinanti un evento infortunistico: per cui è necessario considerare le caratteristiche
del lavoratore genere, età, condizione fisica, livello di formazione e addestramento, esperienza
professionale, resistenza al cambiamento, la sua cultura alla sicurezza e le sue abitudini di vita
ma anche il contesto culturale e sociale condiviso nell’organizzazione di lavoro, l’ambiente e le
condizioni di lavoro, le condizioni economiche, l’accessibilità ai servizi. Resta il dato per cui
nel 90% dei casi di infortuni/incidenti/morti la causa radice è identificata nell’errato
comportamento umano.
Tipologia ed efficacia degli interventi di prevenzione: sono stati considerati tali l’evoluzione
normativa sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, il sistema sanzionatorio ad essa riferito,
gli incentivi economici, il sistema di formazione e addestramento, attività di sviluppo della
comunicazione e leadership. Dall’analisi è emerso che non esiste un metodo di valutazione
dell’efficacia di tali interventi e che, secondo gli studi considerati, tali interventi a sé stanti non
hanno prodotto una significativa riduzione dei tassi infortunistici e di diffusione di una cultura
della sicurezza condivisa.
Sulla base di tale disamina, un metodo che possa caratterizzare un intervento di prevenzione del
fenomeno infortunistico che tiene conto di tutti glia aspetti sopra considerati e la cui efficacia è stata
valutata nei contesti in cui è stata applicata, è la Behavioral Based Safety (BBS).
Nell’ottica di interventi di prevenzione e promozione della salute nei luoghi di lavoro, il presente
lavoro si è poi focalizzato su uno specifico fenomeno: l’invecchiamento progressivo della forza
lavoro.
L’Agenzia Europea per la Sicurezza e Salute al Lavoro riporta che dal 1995 al 2002 la forza lavoro
che appartiene alla fascia di età tra i 15 e i 24 anni è aumentata del 2%, quella appartenente alla
fascia tra i 55 e i 64 anni è aumentata del 16%.
Le recenti riforme pensionistiche condivise ed adottate da molti Paesi hanno prolungato la vita
lavorativa delle persone creando la nuova categoria dei “lavoratori anziani”. Questo importante
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cambiamento, destinato a diventare sempre più rilevante nei prossimi decenni, vede l’intervento
attivo delle professionalità che si occupano di garantire la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro.
La scarsa letteratura esistente sulle difficoltà legate all’invecchiamento del lavoratore, evidenzia che
si tratta di un fenomeno nuovo se considerato in relazione al mondo del lavoro, e che assumerà
rilevanza sempre maggiore in futuro.
Ad oggi non ci sono dati sugli indici infortunistici, sul tasso di malattie professionali e sulla
condizione di benessere lavorativo e sulla qualità delle prestazioni tali per cui si possa ritenere un
lavoratore anziano maggiormente esposto o vulnerabile a un infortunio. Ma considerando i dati
delle proiezioni demografiche, la recente riforma del sistema pensionistico, il progressivo declino
fisiologico di alcune capacità fisico-cognitive tipiche dell’invecchiamento che ora deve essere
riconsiderato alla luce del prolungarsi dell’attività lavorativa, l’interesse/preoccupazione al tema a
livello europeo, l’efficacia dimostrata da quei pochi ma utili interventi, si ritiene opportuno
cominciare a pensare agli interventi di prevenzione dai rischi e di promozione della salute in ambito
lavorativo considerando il fattore età.
OBIETTIVO: Considerando più in generale il problema degli infortuni sul lavoro e più in
particolare il dilagante fenomeno dell’invecchiamento della popolazione lavorativa, sulla base dei
dati raccolti e della letteratura evidenziata, è stato poi individuato il modello e il metodo oggetto del
progetto operativo, qui descritto solo in fase iniziale, che verrà sviluppato successivamente e che si
pone il duplice obiettivo di:
- attuare un intervento in quelle realtà aziendali di piccola e media dimensione, che risultano essere
i contesti più a rischio, finalizzato alla riduzione del tasso infortunistico e della percentuale di eventi
infortunistici, supportando la diffusione di quella cultura della sicurezza condivisa che garantisca il
permanere del risultato nel tempo.
- esplorare la relazione tra percezione e gestione della sicurezza e l’appartenenza alle diverse fasce
di età al fine di comprendere se il progressivo invecchiamento della popolazione lavorativa possa di
per sé costituire un fattore di rischio ulteriore per la sicurezza e attuare interventi di prevenzione e
protezione maggiormente efficaci.
METODO E STRUMENTI: alla luce di quanto analizzato, si ipotizza l’applicare del protocollo
scientifico della BBS in quanto al momento risulta essere quello in grado di garantire maggiore
struttarazione del modello teorico di riferimento, rilevazioni empiriche di dati e soprattutto
monitoraggio scientifico sui risultati con relativa analisi dell’efficacia dell’intervento stesso. La
Behavior Based Safety è una metodologia scientifica derivata dalle Scienze del Comportamento
(Behavior Analysis); comportamento definito come osservabile, misurabile e modificabile mediante
l’utilizzo di strumenti elaborati e condivisi con i lavoratori.
Il progetto avrà una durata di un anno e vedrà il coinvolgimento di aziende di piccola e media
dimensione del Piemonte, appartenenti a diversi ambiti produttivi e di servizio. Tale eterogeneità
consentirà anche di fare una valutazione di efficacia in relazione ai diversi contesti.
CONCLUSIONI: gli infortuni, non rappresentano solo per il datore di lavoro l’aumento del numero
di assenza del lavoratore, la perdita della continuità del processo di lavoro, l’aumento de costi per
assunzione e formazione di nuovo personale e per le assicurazioni, ma rappresentano soprattutto
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perdita di vite umane, della qualità della vita spesso in modo permanente, sofferenza per il
lavoratore e per le famiglie; è necessario pensare che tutto questo ha un impatto drammatico per
l’intera società e per lo sviluppo dei singoli e della collettività.
Considerata la rilevanza del fenomeno infortunistico, risulta importante esplorare e approfondire il
fenomeno, sperimentando interventi di prevenzione che possano risultare efficaci. D’altro canto le
analisi sulle proiezioni demografiche stanno già definendo il modificarsi della popolazione
lavorativa. E’ quindi responsabilità di tutti considerare ogni aspetto al fine di garantire a tutti i
lavoratori salute e sicurezza in ottica di prevenzione dai rischi e di promozione della salute.
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PREMESSA
Secondo la European Agency for Safety and Health at Work, ogni 5 secondi un lavoratore
dell’Unione Europea è coinvolto in un infortunio sul lavoro e ogni due ore un lavoratore perde la
vita in un incidente sul lavoro.
In Italia secondo quanto pubblicato dall’INAIL nei suoi rapporti annuali, ogni anno si verificano
circa 1200 infortuni mortali, 36 000 che danno luogo a conseguenze permanenti e poco più di 600
000 che provocano solo assenze temporanee.
La sicurezza nei luoghi di lavoro può essere oggi definita come un “problema collettivo” ossia ciò
che Alberto Martini (2006) intende come una situazione socialmente percepita come
insoddisfacente e quindi meritevole di cambiamento.
La promozione della salute nei luoghi di lavoro è il risultato degli sforzi congiunti dei datori di
lavoro, dei lavoratori e della società allo scopo di migliorare la salute e il benessere nei luoghi di
lavoro. Vi contribuiscono i seguenti fattori: il miglioramento dell’organizzazione del lavoro e
dell’ambiente di lavoro; la partecipazione dei lavoratori all'intero processo riguardante la
promozione della salute nei luoghi di lavoro; la possibilità di compiere scelte sane e
l’incoraggiamento dello sviluppo personale.
Migliorando il benessere e la salute dei lavoratori, la promozione della salute nei luoghi di lavoro
porta a numerose conseguenze positive quali un minore avvicendamento di personale e meno
assenteismo, motivazione e produttività maggiori, miglioramento dell'immagine dell’azienda
riconosciuta come un'organizzazione positiva e attenta al benessere del personale
(https://osha.europa.eu/it/topics/whp).
Sin dal 1986, con la Carta di Ottawa, la Conferenza Internazionale sulla Promozione della Salute
(Ottawa Charter for Health Promotion, 1986) sostiene e diffonde un nuovo concetto di salute, più
armonico per un approccio olistico e sostenibile alla salute.
La condizione di salute non può essere garantita dal solo settore sanitario. Non soltanto: la
promozione della salute impone il coordinamento di tutti gli organismi interessati: i governi, il
settore sanitario, socio-economico, le organizzazioni non governative, le autorità locali, l’industria e
i mezzi di comunicazione. Il problema riguarda tutti - indipendentemente dalla loro condizione - sul
piano individuale, familiare e comunitario.
Compito imprescindibile dei gruppi professionali, tecnici e socio-sanitari, è la mediazione dei
diversi interessi presenti nella società finalizzata alla promozione della salute.
Per promozione della salute si intende il processo che consente alla gente di esercitare un maggiore
controllo sulla propria salute e di migliorarla. Per conseguire uno stato di completo benessere fisico,
mentale e sociale, l’individuo o il gruppo devono essere in grado di identificare e realizzare le
proprie aspirazioni, di soddisfare i propri bisogni, di modificare l’ambiente o di adattarvisi. La
salute vista, dunque, come risorsa di vita quotidiana, non come obiettivo di vita: un concetto
positivo, che insiste sulle risorse sociali e personali, oltre che sulle capacità fisiche. Di conseguenza,
la promozione della salute non è più responsabilità esclusiva del settore sanitario, ma supera anche
la mera proposta di modelli di vita più sani, per aspirare al benessere.
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La salute è un bene essenziale per lo sviluppo sociale, economico e personale, ed è un aspetto
fondamentale della qualità della vita. I fattori politici, economici, sociali, culturali, ambientali,
comportamentali e biologici possono favorirla così come possono lederla.
Le società contemporanee sono complesse e interdipendenti, per questo lo stato di salute non può
essere considerato un obiettivo isolato. Infatti, come in più occasioni citato dal Prof. Bulsei (1990),
l’oggetto e il soggetto della prevenzione non è il problema di salute ma il complesso triangolo
persona – ambiente sociale – problema di salute, in un’ottica di sistema inclusivo.
La promozione oggi vede un approccio responsabile e proattivo alla salute, orientato a favorire lo
sviluppo delle capacità personali, fornendo informazione, istruzione sul problema della salute e
preparazione generale. Aumenteranno così per tutti le possibilità di esercitare maggiore controllo e
di operare scelte più consapevoli riguardo alla propria salute e all’ambiente.
INTRODUZIONE
Il presente lavoro nasce nell’ambito del master “Adavnced School of Prevention and Health
Promotion”e dalla condivisione di un interesse, diventata poi collaborazione, con alcuni membri del
gruppo partecipanti al master.
Il problema identificato nell’ambito del lavoro e della salute occupazionale fa riferimento al
fenomeno sempre più preoccupante degli infortuni sul lavoro che, oltre a provocare morte nei casi
più gravi, spesso determinano danni permanenti alla salute dei lavoratori impattando sulla qualità
della vita della persona, della famiglia e della società in generale.
Diversi studi, si cui si parlerà in seguito, hanno dimostrato che il 90% delle cause radice degli
incidenti/infortuni è attribuibile al fattore umano. Tale concetto è assorbito e inglobato nella
normativa italiana in ambito di salute e sicurezza sul lavoro, infatti l’art.28 del D.Lgs 81/08 e s.m.i.
recita: la valutazione deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi
compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli
collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004,
e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal Decreto
Legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla
provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene
resa la prestazione di lavoro”. Parlando di rischi legati alle condizioni del lavoratore si avvia quel
lento ma indispensabile processo di evoluzione e diffusione della cultura della sicurezza
interdipendente nei luoghi di lavoro, in ottica di prevenzione e promozione della salute.
Nei seguenti capitoli si è cercato di analizzare il problema da diversi punti di vista: dall’aspetto
epidemiologico a quello dei costi, ai fattori o determinanti che provocano l’evento infortunistico.
Questa parte del lavoro è stata condivisa con i colleghi del master Carlo Barbero e Giampiero
Bondonno; per esigenze di brevità sarà possibile trovare un più puntuale approfondimento all’intero
del lavoro di tesi di quest’ultimo.
Si è poi proposta una breve disamina, certamente non esaustiva, degli interventi che, toccando
l’aspetto economico, sociale, normativo, umano, sono stati messi in campo al fine di prevenire gli
infortuni e promuovere un concetto di salute e sicurezza condiviso.
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Il presente lavoro focalizza poi la sua attenzione sul fenomeno dell’invecchiamento della
popolazione lavorativa. Tale fenomeno può essere definito un “nuovo rischio” in quanto:
 Era precedentemente sconosciuto ed è causato da recenti nuovi processi, nuove tecnologie,
nuovi luoghi di lavoro, o da cambiamenti organizzativi e sociali; basti pensare
all’evoluzione della scienza e della medicina che hanno contribuito all’accrescere
dell’aspettativa di vita che avrà nei prossimi decenni un impatto sempre più rilevante sul
sistema sociale e dei servizi sanitari e socio-assistenziali, alla recente riforma del sistema
pensionistico e al progressivo evidenziarsi della necessità di riorganizzare le attività
lavorative per rendere sostenibile, sana e sicura la permanenza degli “older worker” nei
luoghi di lavoro.
 Nuove conoscenze scientifiche portano a identificare come rischio un problema già
conosciuto ma non considerato come tale: sono sempre esistiti lavoratori che hanno scelto di
proseguire la loro attività lavorativa oltre i limiti di età richiesti per il pensionamento ma
spesso si trattava di professioni intellettuali; oggi il prolungamento della vita lavorativa
viene richiesto indistintamente ai lavoratori (donne, uomini, che svolgono attività manuali e
lavori già definiti come usuranti).
Ad oggi, a tutti i livelli di interesse: tecnico, normativo, medico, sociale, si sta cercando di studiare
il fenomeno e il necessario nuovo approccio al “lavoratore para-geriatrico” per poter sperimentare
le azioni più efficaci di prevenzione e di promozione della salute dei lavoratori. Al momento sia i
dati sui tassi infortunistici, sia gli studi sulle capacità, abilità e competenze in età anziana, sia gli
studi condotti, non dimostrano una correlazione significativa tra infortuni/incidenti e il fattore età.
Secondo i dati a disposizione, in parte ripresi nei capitoli successivi, la frequenza e la gravità degli
infortuni sono più correlate al comparto produttivo e alla tipologia di mansione; infatti, ciò che si
rileva da uno studio della “ageing workforces and ageing occupations” (New Zeland, 2007) è che:




Le differenze tra le persone sono maggiori delle differenze fra le classi di età;
Vi è maggior variabilità nell’anziano che nel giovane;
Un anziano allenato può aver maggior capacità di un giovane sedentario;
I deficit possono manifestarsi solo quando le richieste lavorative eccedono la capacità di
lavoro.
Considerando il problema degli infortuni sul lavoro e più in particolare il dilagante fenomeno
dell’invecchiamento della popolazione lavorativa, sulla base dei dati raccolti e della letteratura
evidenziata, è stato poi individuato il modello e il metodo oggetto del progetto operativo, qui
descritto solo in fase iniziale, che verrà sviluppato successivamente e che si pone il duplice
obiettivo di:
- attuare un intervento in quelle realtà aziendali di piccola e media dimensione, che risultano essere
i contesti più a rischio, finalizzato alla riduzione del tasso infortunistico e della percentuale di eventi
infortunistici, supportando la diffusione di quella cultura della sicurezza condivisa che garantisca il
permanere del risultato nel tempo.
- esplorare la relazione tra percezione e gestione della sicurezza e l’appartenenza alle diverse fasce
di età al fine di comprendere se il progressivo invecchiamento della popolazione lavorativa possa di
per sé costituire un fattore di rischio ulteriore per la sicurezza e attuare interventi di prevenzione e
protezione maggiormente efficaci.
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Più in generale, l’obiettivo di questo lavoro di tesi è quello di individuare dall’analisi dell’esistente
e di applicare un metodo per la riduzione del tasso infortunistico, le cui evidenze di efficacia
possano supportare l’orientamento condiviso della prevenzione primaria sia in relazione al
fenomeno infortunistico sia a quello dell’invecchiamento della forza lavoro, valutando, ad esempio,
l’ipotesi di redazione di linee guida.
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CAPITOLO 1 ANALISI DEL FENOMENO INFORTUNISTICO E DEL
CONTESTO
Come riportato da Baldasseroni (2009), il fenomeno degli infortuni sul lavoro rappresenta un
problema molto sentito dalle opinioni pubbliche dei paesi di tutto il mondo sia perché il peso che gli
infortuni assumono nel determinare le politiche sanitarie e della prevenzione nei luoghi di lavoro è
legato all’immediatezza del rapporto causa (occasione di lavoro) –danno (infortunio) che li rende
fenomeni facilmente percepiti come evitabili, agendo sull’occasione di lavoro, sia perché i dati
relativi ai casi di decesso a seguito di incidente sul lavoro sono particolarmente toccanti.
Secondo le stime dell’INAIL, il numero di decessi causati da infortuni sul lavoro, durante questo
decennio, sia intorno ai 312000 casi per una popolazione lavorativa di circa 2,9 miliardi di occupati
prevalentemente tra i maschi (con percentuali che variano dal 91 al 99% secondo i diversi paesi) e
classi di età maggiormente colpite quelle tra i 15 e i 59 anni, con un non trascurabile 14% di
lavoratori di età uguale e superiore ai 60 anni. L’Europa vedrebbe ogni anno morire circa 10000
lavoratori tra i 197 milioni di occupati.
La prevenzione negli ambienti di lavoro ha come snodo strategico l’implementazione, lo sviluppo e
l’aggiornamento di un sistema informativo da cui estrarre dati e indicatori utili alla gestione ed alla
programmazione degli interventi di prevenzione.
Tra i diversi ambiti, la conoscenza della composizione e della distribuzione della struttura
produttiva sul territorio riveste un ruolo determinante.
Di seguito verrà presentata una breve analisi del territorio piemontese in merito alla numerosità
degli addetti e delle aziende, del numero di infortuni occorsi, della loro gravità e specificità per
comprendere quali sono i comparti produttivi a più alto indice infortunistico del territorio
esaminato, nella consapevolezza che ‘conoscere è essenziale per prevenire’ e che un sistema
informativo concorra a rafforzare le possibilità di successo di un razionale intervento preventivo.
Un impulso in questa direzione è costituito dall’iniziativa ‘Nuovi flussi informativi per la
prevenzione nei luoghi di lavoro’ rivolta a Regioni e Servizi di Prevenzione pubblici delle Aziende
Sanitarie Locali di tutt’Italia, e basata su un accordo tra Inail, Ispesl, Coordinamento delle Regioni
(Accordo 25 luglio 2002).
Infatti, una delle ricadute più significative dell’accordo è la distribuzione a partire dalla fine del
2002 e con cadenze annuali, degli archivi anagrafici relativi alle ditte (di fonte Inail e Ispesl) e degli
archivi degli infortuni e malattie professionali (di fonte Inail) riferiti al territorio di competenza.
I dati utilizzati per la costruzione dell’elaborato provengono dagli archivi gestionali dell’Inail
relativi alle aziende assicurate e agli eventi infortunistici. Poiché gli archivi delle aziende
riguardano unicamente i settori artigianato ed industria, rimane esclusa una parte del settore
agricolo la cui l’attività non è assicurata dall’Inail.
Per poter costruire una mappa specifica del territorio piemontese, cioè uno strumento utile e
funzionale e possibilmente minimizzare gli eventuali errori, si è pensato di utilizzare i dati relativi al
triennio 2009 – 2010 – 2011, andando per ogni singolo anno e per ogni comparto a definire gli
addetti totali e gli infortuni totali definiti positivamente dall’INAIL.
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I primi dati analizzati sono quelli relativi alla struttura produttiva del territorio, andando a verificare
quanti sono gli addetti totali dei vari comparti e gli addetti totali di tutto il sistema produttivo.
La seconda parte dell'analisi invece riguarderà gli infortuni definiti positivamente da INAIL nei tre
anni considerati, andando a specificare il comparto specifico, la percentuale degli eventi e la loro
numerosità rispetto alla popolazione lavorativa dello specifico comparto.
La terza parte invece riguarderà la frequenza degli accadimenti infortunistici e soprattutto la loro
gravità secondo quanto stabilito dalla norma UNI 7249 del 2007, in modo che sia possibile costruire
una mappa dettagliata dei comparti in cui l’indice di gravità infortunistico è elevato, per poter poi
intervenire con azioni mirate di riduzione del rischio presente.
Infatti la descrizione dettagliata e l’analisi approfondita dei dati riguardanti gli infortuni sul lavoro,
sono strumenti utili per la conoscenza del territorio, per la definizione del grado e delle priorità
d’intervento.
Per l’elaborazione dei dati contenuti negli archivi e presentati nelle tabelle di sintesi qui riportate, è
stato utilizzato come già detto il sistema informativo integrato nazionale per la prevenzione
degli infortuni e delle patologie nei luoghi di lavoro, denominato “Flussi informativi INAIL –
ISPESL - Regioni e Province autonome”.
Ogni anno, ad ogni Regione e ad ogni ASL, ad ogni Direzione regionale e sede periferica INAIL e
all’ISPESL, vengono forniti i dati aggiornati relativi al territorio nazionale, regionale, provinciale
ed all’area di propria competenza.
Il nucleo centrale è costituito dal database informatico contenente gli:


ARCHIVI ANAGRAFICI delle AZIENDE e delle UNITÀ PRODUTTIVE, costruiti
integrando le informazioni derivanti dall’INAIL, dall’ISPESL e dall’INPS, riferiti agli anni
2009-2010 - 2011;
ARCHIVI degli INFORTUNI, costruiti integrando le informazioni derivanti dalla banca dati
INAIL, riferiti agli anni 2009 - 2010 - 2011.
In questa relazione, i dati sono stati elaborati tenendo conto della tipologia di gestione assicurativa
(macro-settore) utilizzato dall’INAIL, cioè: Industria e Servizi;
Nella gestione Industria e Servizi sono compresi tutti i casi di infortunio occorsi:


ai lavoratori dipendenti, per la cui tutela assicurativa il datore di lavoro paga un premio,
calcolato sulla base sia delle retribuzioni erogate ai dipendenti che del tasso medio di tariffa
corrispondente alla lavorazione esercitata;
agli artigiani (definizione e requisiti contenuti nella Legge n. 443/85), il cui premio non è
collegato alla retribuzione, ma è unitario;
I dati relativi alla gestione Industria e Servizi sono stati ripartiti, in base alla tipologia di attività, in
due grandi categorie:
1. Industria;
2. Servizi;
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dell’invecchiamento della forza lavoro
Nella categoria Industria rientrano le:
Attività manifatturiere, Attività estrattive e impiantistiche, Attività di produzione e distribuzione
energia, gas ed acqua, Costruzioni, Attività della pesca, Agrindustria, Relative attività ausiliarie.
Nella categoria Servizi rientrano le:
Attività dei trasporti e comunicazioni, Attività commerciali, comprese quelle turistiche, Attività di
produzione, intermediazione e prestazione dei servizi anche finanziari, Attività professionali,
artistiche e dello spettacolo, Attività svolte dagli Enti pubblici (escluso Stato) e gli Enti locali,
Relative attività ausiliarie.
Nell’ambito di ciascuna grande categoria è stata effettuata, poi, una ripartizione ancor più
dettagliata dei dati, distinguendoli per Comparti di attività economica;
Nella tabella seguente sono descritte le specifiche attività produttive che rientrano nei diversi
comparti (identificati da un codice):
Tabella 1 Categorie attività
01
Agrindustria e
Pesca
02
Estrazione Minerali
03
Industria
Alimentare
04
Industria Tessile
05
Industria Conciaria
06
Industria Legno
07
Industria Carta
08
Industria Chimica e
Petrolio
09
Industria Gomma
10
Industria Trasf.
Non Metalliferi
Lavorazione e trasformazione industriale di prodotti vegetali od animali, di origine
naturale, al fine di ricavarne semilavorati (fibre, farine, ecc.) ad utilizzo alimentare,
industriale, artigianale e domestico.
Utilizzo di risorse in ambienti marini o d'acqua dolce, allo scopo di catturare o
raccogliere pesci, crostacei, molluschi ed altri prodotti marini (ad es. perle, spugne
ecc.)..Attività di piscicoltura e acquicoltura che producono gli stessi prodotti della
pesca.
Estrazione di minerali, “energetici” (carbone, idrocarburi, ecc.) e “non energetici”
(minerali vari e prodotti di cava) solidi, liquidi e gassosi, che può avvenire in
sotterraneo, a cielo aperto o mediante pozzi. Attività complementari per il trasporto
delle materie grezze e loro preparazione al fine di renderle commercializzabili:
frantumazione, macinazione, lavaggio, ecc.
Trasformazione dei prodotti dell'agricoltura, della zootecnia e della pesca in alimenti e
bevande commestibili per l'uomo o per gli animali. Produzione di tabacco e
fabbricazione di prodotti a base di tabacco: sigarette, sigari, ecc.
Preparazione, filatura e tessitura di fibre tessili e loro finissaggio, confezionamento di
articoli in tessuto ed a maglia Confezione di articoli di abbigliamento; preparazione,
tintura e confezione di pellicce.
Fabbricazione di articoli da viaggio, borse, selleria e calzature in cuoio e in materiale
similare.Preparazione e concia del cuoio.
Industria del legno e dei prodotti in legno e sughero (quali pavimenti, infissi, ecc.)
esclusi i mobili.
Fabbricazione di articoli in materiali da intreccio.
Fabbricazione della pasta-carta, carta e cartone e dei loro prodotti; stampaggio di
articoli di carta stampata (es. carta da regalo, ecc.).
Editoria, stampa e riproduzione di supporti registrati (audiocassette, CD-ROM, ecc.), di
giornali, riviste, altri periodici e libri.
Fabbricazione di prodotti chimici e di fibre sintetiche e artificiali.
Raffinazione del petrolio con separazione del greggio nei suoi componenti,
fabbricazione deingas di raffineria e del carbon fossile (coke), trattamento dei
combustibili nucleari.
Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche.
Fabbricazione vetro e prodotti in vetro, prodotti ceramici non refrattari (non destinati
all’edilizia) e refrattari, piastrelle in ceramica per pavimenti e rivestimenti, mattoni,
tegole ed altri prodotti per l’edilizia in terracotta. Produzione cemento, calce, gesso e
conglomerati bituminosi. Fabbricazione prodotti in calcestruzzo,
cemento, pietra artificiale e gesso. Taglio, modellatura e finitura di pietre e marmo;
frantumazione di pietre e minerali
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dell’invecchiamento della forza lavoro
11
Industria Metalli
12
Metalmeccanica
13
Industria Elettrica
14
Altre Industrie
15
Elettricità Gas
Acqua
16
Costruzioni
17
Commercio
18
Trasporti
19
Sanità
20
Servizi
99
Comparto non
determinabile
Fusione e/o raffinazione di metalli ferrosi e non, a partire da minerali, lingotti o rottami
metallici.
Fabbricazione di tubi e raccordi di ghisa e di acciaio ed altre attività di prima
trasformazione a freddo. Fabbricazione di prodotti semilavorati e getti di vario genere
per c/ terzi secondo le specifiche del cliente e le attività di pressofusione.
Fabbricazione e lavorazione dei prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (come
parti, contenitori, strutture), aventi una funzione statica.
Fabbricazione di elementi da costruzione in metallo, di articoli di coltelleria, utensili,
serrature e di altri prodotti metallici.
Trattamento e rivestimento dei metalli; lavorazioni di meccanica generale.
Fabbricazione, installazione, riparazione e manutenzione di macchine ed apparecchi
meccanici utilizzati nell'industria, nelle costruzioni e nell'ingegneria civile, in
agricoltura, per uso militare o domestico.
Fabbricazione di armi e di apparecchi speciali per il trasporto di passeggeri o merci in
locali demarcati.
Fabbricazione di macchine per ufficio (ad es. fotocopiatrici), di elaboratori e sistemi
informatici (ad es. computer) compresi gli accessori.
Fabbricazione, installazione, riparazione e manutenzione di
macchine ed apparecchi elettrici n.c.a. Fabbricazione di: apparecchi radio TV,
medicali, strumenti ottici e di precisione, orologi ed apparecchiature per
comunicazioni.
Fabbricazione di mobili;
altre industrie manifatturiere n.c.a.
Recupero e preparazione per il riciclaggio quali lavorazione di cascami, rottami e altri
oggetti, usati o meno, svolte al fine di trasformarli in materie prime secondarie. e
permetterne il riutilizzo in altri processi produttivi.
Fornitura di energia elettrica, gas naturale, vapore ed acqua attraverso la gestione di
infrastrutture permanenti di rete con linee, condotte o tubature a complessi industriali e
condomini. Produzione e distribuzione di energia elettrica, di gas e del calore e del
freddo.
Raccolta, depurazione e distribuzione d’acqua.
Lavori (generali e speciali) di costruzione e completamento di edifici e
opere di ingegneria civile, e lavori di installazione in essi dei servizi (impianti
idraulico-sanitari, riscaldamento e condizionamento, ecc.) necessari al funzionamento
della costruzione.
Completamento o finitura di costruzioni: intonacatura, tinteggiatura e imbiancatura,
ecc.
Attività delle cooperative di costruzioni e lavorazioni edili conto terzi.
Vendita all'ingrosso e al dettaglio (senza trasformazione) di ogni genere di beni,
nonché fornitura di servizi correlatialla vendita di merci. Commercio, manutenzione e
riparazione di autoveicoli e motocicli; vendita al dettaglio di carburanti per
autotrazione. Attività di intermediari del commercio (operatori di borsa merci,
intermediari che effettuano transazioni commerciali a nome di un mandante, case
d'asta).Commercio, manutenzione e riparazione di beni personali e per la casa.
Le attività di trasporto merci e persone con conducente
Attività preventive, diagnostiche e curative finalizzate alla tutela della salute delle
persone. Assistenza sociale a favore dell’infanzia, degli anziani e di persone non
completamente autosufficienti, in cui le cure mediche o istruzione rivestono carattere
marginale. case di riposo, orfanotrofi ed altri centri per l’infanzia abbandonata, ecc.
Smaltimento rifiuti solidi, acque di scarico e simili. Attività quali pulizia di strade e
eliminazione della neve,ecc. Attività ricreative, culturali e sportive. Servizi n.c.a,
quali.: Lavanderie; tintorie di articoli tessili e pellicce; Parrucchieri e barbieri;
Trattamenti estetici e centri per il benessere fisico; Attività connesse alla vita sociale
(ad es. agenzie matrimoniali); Servizi di cura degli animali da compagnia, esclusi i
servizi veterinari (ad es. pensione, ecc.). Sevizi alle imprese in genere;
Attività che non rientrano in nessuna delle precedenti descrizioni.
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La Prevenzione degli Infortuni e la Promozione della Salute nei luoghi di lavoro con particolare riferimento al fenomeno
dell’invecchiamento della forza lavoro
1.1. L'indagine epidemiologica: la struttura produttiva e la popolazione lavorativa del
PIEMONTE anni 2009 - 2010 - 2011.
Secondo la Camera di Commercio del Piemonte, la Regione Piemonte è tra le regioni italiane più
importanti per la produzione industriale, tra cui spicca quella metalmeccanica, della lana e dei
tessuti di eccellenza. Attualmente sta vivendo un lento declino industriale, paragonabile a quello
delle altre regioni. Infatti, proprio per il perdurare della crisi industriale, vi sono delle difficoltà di
inserimento nel mondo del lavoro da parte dei giovani e di reinserimento lavorativo per chi perde il
lavoro.
Secondo l’Osservatorio Regionale del Mercato del Lavoro: “la Regione Piemonte vede, negli ultimi
anni una trasformazione del proprio tessuto economico. Dal carattere spiccatamente industriale che
ancora all’inizio degli anni Duemila caratterizzava il territorio, si passa ora ad una prevalenza dei
servizi che, nel 2002, operano un sorpasso sul settore secondario rappresentato dall’industria”.
Infatti se si analizza il comparto industriale più presente nel territorio, il metalmeccanico, si può
facilmente notare la grave perdita di occupazione. Solamente negli ultimi 10 anni il personale
occupato nel comparto è passato da oltre 214.000 addetti stimati a circa 154000. Tale forza lavoro
persa in quel comparto, si è riversata in altri comparti ed in altre attività, soprattutto nei servizi e nel
lavoro autonomo del comparto delle costruzioni.
Per descrivere le principali caratteristiche del tessuto economico di questo territorio; tra le
informazioni, più utili a tal fine, sono da considerare:



la numerosità degli addetti e la loro distribuzione nei diversi settori lavorativi;
la numerosità delle imprese ed la loro tipologia.
I dati di seguito presentati, forniti dall’INAIL, descrivono la popolazione lavorativa operante
nel territorio piemontese in termini di addetti stimati.
La popolazione lavorativa, qui descritta, comprende i lavoratori dipendenti e gli artigiani autonomi
(titolari, familiari e soci);
Sono 1.410.000 gli addetti totali assicurati da Inail nel settore industria ed artigianato nel 2011 nel
territorio piemontese; la maggior parte di essi è concentrato nel comparto dei servizi ( 45% degli
addetti totali), nel comparto delle costruzioni (10.5%) nella metalmeccanica (11%), nel commercio
(8%) e nella sanità (7.5%). Questi cinque comparti, da soli, raggruppano circa l'82 per cento di tutti
gli addetti stimati della regione.
Le P.A.T. (Posizioni Assicurative Territoriali) totali sono circa 323000 anch'esse in maggioranza
nei cinque comparti a più alto numero di addetti ( circa l'83% del totale).
Il territorio urbano di Torino raccoglie poco più del 20 per cento di tutte le aziende della Regione,
ma quasi il 30 per cento degli addetti, indicando quindi come il torinese sia espressione delle realtà
produttive di grandi dimensioni.
I comparti produttivi con il maggior numero di aziende, sono i
Servizi (125.474 unità), le Costruzioni (73.846 unità) ed il Commercio (37.708 unità). I comparti
che invece esprimono più addetti sono i Servizi (636.447), la Metalmeccanica (153.952) e le
Costruzioni (143.257). Si osserva che a una percentuale più elevata di aziende per i comparti
Costruzioni e Commercio, corrisponde un valore più basso per gli addetti. Ciò indica una
dimensione aziendale media più bassa in questi comparti rispetto ai Servizi, alla Sanità e alla
Metalmeccanica.
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dell’invecchiamento della forza lavoro
Tabella 2 Addetti e Aziende del territorio Piemontese
Addetti
2009
Addetti
2010
Addetti
2011
Aziende
2009
Aziende
2010
Aziende
2011
01 Agroindustria e pesca
5.010,8
4.950,9
5.059,3
2996
3092
3191
02 Estrazioni minerali
1.887,0
1.707,7
1.653,7
268
255
246
03 Industria Alimentare
32.600,8
31.708,8
31.390,7
5153
5169
5176
04 Industria Tessile
30.187,0
29.070,6
28.244,8
5363
5302
5172
05 Industria Conciaria
594,6
571,6
562,8
114
110
110
06 Industria Legno
15.160,0
14.387,9
13.765,2
5699
5605
5469
07 Industria Carta
16.583,1
15.477,0
14.407,2
2938
2875
2847
08 Industria Chimica e Petrolio
30.839,2
30.786,1
30.381,5
2120
2058
1999
09 Industria Gomma
10.592,3
10.632,9
10.906,4
716
718
741
10 Ind.Trasf. non Metalliferi
13.453,5
13.214,0
12.880,5
1982
1950
1927
11 Industria Metalli
10.392,3
10.906,5
10.934,4
332
331
315
12 Metalmeccanica
157.383,6
156.735,9
153.952,1
25361
25031
24777
13 Industria Elettrica
20.993,8
20.408,1
20.311,4
3149
3078
3086
14 Altre Industrie
22.605,6
21.286,0
21.103,4
6324
6254
6213
15 Elettricita Gas Acqua
7.832,3
7.808,5
7.080,4
305
303
314
16 Costruzioni
150.658,2
147.895,6
143.257,3
73520
73990
73846
17 Commercio
113.360,2
112.185,5
112.136,6
37974
38138
37708
18 Trasporti
41.587,4
39.037,0
40.080,6
12030
11785
11499
19 Sanita'
110.087,7
109.739,2
107.966,6
6931
7232
7437
20 Servizi
646.405,3
639.723,9
636.447,2
121860
122918
125474
99 Comparto non determinabile
8.357,8
7.731,1
6.964,1
5304
5192
5326
Totale
1.446.572,5
1.425.964,8
1.409.486,2
320439
321386
322873
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La Prevenzione degli Infortuni e la Promozione della Salute nei luoghi di lavoro con particolare riferimento al fenomeno
dell’invecchiamento della forza lavoro
Grafico 1: Distribuzione degli ADDETTI (uomini /anno) per
singolo comparto
01 Agrindustria e pesca
03 Industria Alimentare
05 Industria Conciaria
07 Industria Carta
09 Industria Gomma
11 Industria Metalli
13 Industria Elettrica
15 Elettricità Gas Acqua
17 Commercio
19 Sanità
99 Comparto non determinabile
02 Estrazioni minerali
04 Industria Tessile
06 Industria Legno
08 Industria Chimica e Petrolio
10 Ind. Trasf. Non metalliferi
12 Metalmeccanica
14 Altre industrie
16 Costruzioni
18 Trasporti
20 Servizi
0%0% 2% 1%
1% 1%
0% 2% 0% 1% 2%
1%
11%
45%
1%
1% 1%
10%
8%
8%
3%
Figura 1: Addetti e Aziende del territorio Piemontese
Nella tabella di seguito viene riportata la percentuale di addetti distribuita sulla base delle
dimensioni delle aziende.
Tabella 3 Distribuzione addetti per dimensioni di aziende
0-1 addetti
1,1-10 addetti
10,1-100 addetti
100,1-500 addetti
> 500 addetti
Aziende
45,8%
43,7%
7,4%
2.6%
0,5%
Addetti
8,7%
28,5%
33,9%
17,4%
11,5%
Dall’analisi della dimensione aziendale, illustrata nella tabella 2, si evidenzia come le
microimprese, cioè le aziende fino ai 10 dipendenti, rappresentino circa l'89% del totale delle
aziende della Regione, di queste più del 45% è rappresentato da aziende individuali. Per quanto
riguarda la distribuzione degli addetti, gli stessi sono maggiormente presenti nelle aziende comprese
nella fascia fra > 10 e 100 addetti con una quota del 33,95% del totale, nella fascia fra >1 e 10 è
presente il 28,5% degli addetti. Tali dati confermano l’elevata frammentazione del tessuto
produttivo di questo territorio.
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La Prevenzione degli Infortuni e la Promozione della Salute nei luoghi di lavoro con particolare riferimento al fenomeno
dell’invecchiamento della forza lavoro
1.2. Gli infortuni occorsi denunciati all’INAIL
Gli infortuni denunciati rappresentano il totale degli infortuni notificati all’Istituto
Assicuratore (INAIL) attraverso formale denuncia di infortunio o per segnalazione dei prontosoccorso; la denuncia è obbligatoria per tutti i casi individuati dall’art. 2 del DPR 1124 del 1965
(“Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali”) ossia quelli “…da cui sia derivata la morte od un’inabilità permanente al
lavoro (assoluta o parziale) od un’inabilità temporanea assoluta che comporti l’astensione dal lavoro
per più di 3 giorni…”.
L’archivio degli infortuni denunciati contiene tutti gli eventi notificati all’INAIL a prescindere dal
fatto che l’infortunio corrisponda alla definizione data dall’art. 2 del Testo Unico; l’utilizzo di tale
archivio è limitato in quanto il numero degli infortuni inferiori ai 4 giorni (per i quali non è previsto
l’obbligo di denuncia all’INAIL) è ovviamente soggetto a variazioni non controllabili. Nella tabella
n. 3 sono presentati il numero assoluto di infortuni denunciati nel territorio piemontese, suddivisi
per anno evento e per comparto produttivo.
Tabella 4 Infortuni distribuiti per comparto
Comparti
2009
2010
2011
01 Agrindustria e pesca
312
323
299
02 Estrazioni minerali
89
55
38
03 Industria Alimentare
1.097
935
851
04 Industria Tessile
643
657
562
05 Industria Conciaria
11
20
15
06 Industria Legno
642
603
553
07 Industria Carta
488
397
353
08 Industria Chimica e Petrolio
1.181
1.237
1.006
09 Industria Gomma
326
335
280
10 Ind.Trasf. non Metalliferi
521
530
525
11 Industria Metalli
513
704
595
12 Metalmeccanica
5.853
5.690
5.167
13 Industria Elettrica
419
369
380
14 Altre Industrie
644
611
511
15 Elettricita Gas Acqua
231
196
177
16 Costruzioni
5.828
5.372
4.995
17 Commercio
3.276
3.473
3.135
18 Trasporti
2.157
2.184
2.000
19 Sanita'
4.409
4.535
4.412
20 Servizi
14.430
13.685
12.963
99 Comparto non determinabile
11.697
11.277
10.675
998 Agricoltura
5.067
4.548
4.044
Totali
59834
57736
53536
Dall’analisi dei dati si può notare che, nel periodo compreso tra il 2009 ed il 2011 continua il trend
in diminuzione già evidenziato negli anni precedenti, e si ha una sostanziale diminuzione del
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La Prevenzione degli Infortuni e la Promozione della Salute nei luoghi di lavoro con particolare riferimento al fenomeno
dell’invecchiamento della forza lavoro
numero assoluto degli infortuni denunciati, diminuiti di circa 6300 eventi e in percentuale di
oltre il 10 per cento. I dati riguardano tutti i comparti produttivi, compresa l'agricoltura.
Questo dato, certamente incoraggiante in prima battuta, deve comunque tener conto del graduale
aumento del tasso di disoccupazione sul territorio e delle condizioni economiche in cui versano le
aziende.
L’INAIL stima che una quota di 5/6 punti percentuali del calo degli infortuni sia attribuibile alla
crisi economica in cui versa l’Italia in questo periodo:




Diminuzione occupati pari a -1,2%
Diminuzione ore lavorate pari a -1,7%
Diminuzione produzione industriale di beni e servizi pari a -21,5 %
Diminuzione delle esportazioni -24,2%
Di seguito verranno illustrate le elaborazioni riferite ai soli infortuni definiti positivi, che sono
quelli per i quali si è concluso l’iter sanitario e amministrativo da parte dell’Istituto Assicuratore;
la definizione è positiva, quando gli infortuni corrispondono alla definizione prevista dall’art. 2 del
T.U. sia per quanto riguarda l’aspetto sanitario che quello amministrativo. Nella tabella seguente
viene riportata la suddivisione degli infortuni definiti positivi nei vari comparti considerati.
Tabella 5 Infortuni positivi distribuiti per comparto
Comparti
2009
2010
2011
01 Agrindustria e pesca
248
267
250
02 Estrazioni minerali
73
46
29
03 Industria Alimentare
786
690
616
04 Industria Tessile
452
428
394
05 Industria Conciaria
7
17
12
06 Industria Legno
518
491
445
07 Industria Carta
348
293
257
08 Industria Chimica e Petrolio
873
899
724
09 Industria Gomma
231
229
176
10 Ind.Trasf. non Metalliferi
413
419
415
11 Industria Metalli
444
591
502
12 Metalmeccanica
4.324
4.104
3.796
13 Industria Elettrica
235
205
217
14 Altre Industrie
414
379
330
15 Elettricita Gas Acqua
142
115
107
16 Costruzioni
4.387
3.979
3.709
17 Commercio
2.037
2.129
1.922
18 Trasporti
1.452
1.458
1.343
19 Sanita'
2.643
2.701
2.708
20 Servizi
7.856
7.354
6.808
99 Comparto non determinabile
660
612
649
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La Prevenzione degli Infortuni e la Promozione della Salute nei luoghi di lavoro con particolare riferimento al fenomeno
dell’invecchiamento della forza lavoro
998 Agricoltura
4.102
3.682
3.196
Totali
32.645
31.088
28.605
Purtroppo per la definizione di alcuni casi, possono essere necessari lunghi lassi di tempo (anche
alcuni anni), nell’attesa o della stabilizzazione dei postumi o della cessazione del periodo di
inabilità temporanea assoluta. In genere sono i casi più “gravi” quelli che hanno una definizione
post-datata rispetto all’evento infortunistico.
Per assicurare un buon compromesso tra la necessità di disporre di dati confrontabili in tempi non
eccessivamente lunghi e la necessità di avere dati il più possibile completi, il gruppo di lavoro
nazionale dei flussi informativi ha scelto di considerare stabilizzati i dati dopo che sono trascorsi
due anni dall’anno di evento; eventuali definizioni successive non vengono più diffuse nell’ambito
dei nuovi flussi (compresi eventuali casi riaperti per aggravamento verificatosi dopo la
definizione).
Escludendo dal conteggio gli infortuni in itinere, quelli stradali e quelli accaduti a collaboratrici
domestiche, studenti e sportivi, dall’analisi dei dati presentati si può notare che, nel periodo
compreso tra il 2009 ed il 2011 si ha una sostanziale diminuzione del numero assoluto degli
infortuni definiti positivamente che sono scesi in numeri assoluti di circa 4000 eventi e in
percentuale di circa il 13%. I comparti in cui si registrano più infortuni positivi, tralasciando per il
momento l'agricoltura che sarà trattata a parte, sono sempre quelli più rappresentativi come numero
di aziende e di addetti: servizi, costruzioni, metalmeccanica, commercio e sanità.
In questi 5 comparti accadono circa il 75 per cento di tutti gli infortuni positivi del Piemonte. Inoltre
questa percentuale è stabile (intorno al 75%) anche se analizziamo i due anni precedenti. Nello
specifico assistiamo una diminuzione, in numeri assoluti, degli infortuni positivi in quasi tutti i
comparti (alcuni sono statisticamente poco rilevanti data l'esiguità del numero) ma nei 5 comparti
più rappresentativi la somma percentuale degli eventi rimane pressoché costante nel triennio.
Analizzando le differenze di genere possiamo notare, come nel triennio 2009 - 2011 i comparti
Sanità (82%), Servizi (48%), Commercio (47%) e Tessile (40%) sono quelli a maggior rilevanza di
infortuni per il genere femminile (Figura 2).
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dell’invecchiamento della forza lavoro
Figura 2: Distribuzione degli infortuni per genere e per comparto
Analizzando poi l'andamento nei soli comparti più rappresentativi possiamo notare che nei servizi,
nelle costruzioni e nella metalmeccanica la diminuzione è costante nel triennio e ricalca in maniera
quasi speculare la diminuzione numerica degli addetti verificatesi negli stessi anni, (diminuzione
delle ore lavorate e degli addetti totali con diminuzione del numero di infortuni), invece nei
comparti sanità e commercio pur in presenza di una diminuzione della forza lavoro assistiamo a una
diminuzione più contenuta degli infortuni nel commercio e un aumento in sanità.
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dell’invecchiamento della forza lavoro
Grafico n. 3
comparti
servizi
sanità
commercio
costruzioni
metalmeccanica
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
7000
8000
9000
n. infortuni
2011
2010
2009
Figura 3: Distribuzione degli infortuni per i comparti “a rischio”
A conclusione di questa breve disamina, la tabella seguente riporta la distribuzione degli infortuni
per gli anni di riferimento sulla base delle diverse fasce di età.
Tabella 6 Infortuni occorsi distribuiti per età
Classi eta'
2009
2010
2011
da 15 a 17
77
104
74
da 18 a 29
6.312
5.904
5.380
da 30 a 40
10.793
10.223
9.126
da 41 a 50
10.367
10.034
9.383
da 51 a 60
6.802
6.470
6.302
da 61 a 65
817
731
785
Oltre 65
688
617
461
Indeterminata
195
211
153
Totali
36.051
34.294
31.664
E’ possibile considerare che, nonostante il generale calo degli infortuni, il trend non è lo stesso per i
lavoratori nella fascia di età dai 61 ai 65 anni, che vede un lieve aumento degli eventi infortunistici
considerati gli anni 2010-2011.
1.3. Analisi dei costi in caso di infortuni
Le malattie e gli infortuni sul lavoro possono comportare costi umani, sociali, economici, per
numerosi e differenti gruppi o persone: lavoratori, aziende, compagnie di assicurazione, sistema
sanitario e previdenziale, ecc..
I costi derivanti da un infortunio sul lavoro sono stati individuati e studiati da vari autori, ad
esempio Heinrich già nel 1931, Oxenburgh (1997), LaBelle (2000), Gosselin (2004) (in Jallon at al.
2011).
Mentre i costi umani sono rappresentati dalla perdita di vite umane, i costi sociali vengono distinti
in: costi diretti, indiretti e intangibili:
I costi diretti includono la cura del paziente, i servizi del medico, i farmaci.
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I costi indiretti comprendono produttività ridotta, il tempo impiegato dal paziente nel richiedere i
servizi medici e reddito perso dalla famiglia, i tempi di inattività degli infortunati, il tempo perso da
altri dipendenti a causa dell’incidente, e la diminuzione della produttività del dipendente infortunato
al rientro al lavoro. Sono stati considerati costi indiretti anche i danni ai beni o alla proprietà a
seguito di incidente (Dorman, 2000; Hinze, 1991; Laufer, 1987b; Leopold& Leonard, 1987) (in
Jallon at al. 2011), che possono anche essere considerati come costi diretti quando assicurati (Sun et
al., 2006). E ancora maggiore turnover del personale, peggioramento dell'immagine aziendale
(Hinze, 1991) (in Jallon at al. 2011), riduzione dell’impegno e delle motivazioni dei dipendenti
(Rikhardsson & Impgaard, 2004) (in Jallon at al. 2011).
Sebbene difficilmente quantificabili, i componenti principali dei costi indiretti possono essere
raggruppati in quattro grandi categorie (Sun et al, 2006):





Costi legali e amministrativi: il datore di lavoro deve allocare le risorse umane e finanziarie per
impostare e monitorare i file, inserire i dati nel registro infortuni, compilare statistiche degli
incidenti, pubblicare una relazione, ecc..
Costi di produttività: un incidente sconvolge l'equilibrio sul posto di lavoro, questo può influire
sulla produttività, a causa dell’arresto della produzione, del lavoro straordinario, dei ritardi di
produzione, ecc..
Costi di sostituzione: un dipendente assente deve essere sostituito per mantenere la
produttività. I possibili costi da sostenere sono il trasferimento e la formazione del personale.
Costi di indagine: si tratta di costi derivanti dalle indagini sulle cause che hanno determinato
l'incidente
I costi intangibili, invece, comprendono i costi psicologici associati a invalidità, isolamento
sociale, cambiamenti nelle funzioni sociali e nelle attività quotidiane.
Per quanto concerne i costi economici, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha stimato che
la perdita di PIL globale conseguente a decessi, infortuni e malattie legati al lavoro è circa 20 volte
maggiore degli aiuti ufficiali allo sviluppo. Se i costi economici sono molto elevati (il 4% del PIL
mondiale), le perdite umane, le sofferenze fisiche e il dolore sono difficilmente quantificabili. In
particolare, in Italia, il danno economico degli infortuni e delle malattie professionali, che si
affianca a quello sociale e alle sofferenze individuali e delle famiglie, è superiore al 3% del PIL.
Questo è quanto risulta da un’analisi, svolta dall’INAIL sulla base degli eventi lesivi del 2003, in
base alla quale il costo totale della mancata prevenzione nei luoghi di lavoro è risultato pari a 41,6
miliardi di euro. Parliamo della quantità di soldi che l’Italia, nel suo complesso, ha speso o sta
spendendo a causa degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali verificatisi in un solo
anno (2003). Il costo complessivo risulta essere la somma di varie componenti: prestazioni erogate
(8,5 mld per gli infortuni e 2 mld per le malattie professionali), costi di prevenzione
(rispettivamente 10,9 mld e 2,3 mld), costi indiretti a carico delle aziende e delle vittime e quelli per
la perdita della produzione e danni all’economia in generale. Nel calcolo sono stati considerati gli
eventi che hanno colpito non solo gli assicurati, ma anche quelli che hanno riguardato i lavoratori
non soggetti ad assicurazione, il lavoro sommerso e le nuove categorie tutelate dall’INAIL. Sembra
dunque opportuno fare una riflessione sull’efficacia delle azioni di prevenzione finora messe in
campo a diversi livelli.
Secondo i dati INAIL, riferiti al 2005, il costo totale della mancata prevenzione nei luoghi di lavoro
è di quasi 45 miliardi e mezzo (infortuni e malattie professionali). Nello specifico i costi assicurativi
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sono stati solo 11.7 miliardi di euro, a fronte di 14.3 miliardi per gli interventi e i dispositivi di
prevenzione e di ben 19.3 miliardi per le altre spese legate ai danni da lavoro: si va dal tempo
perduto dai colleghi delle vittime per il soccorso, all'addestramento dei sostituti, dai guasti alle
macchine alla perdita di immagine da parte dell'azienda.
Il principale strumento di riduzione degli infortuni e delle malattie professionali, quindi dei costi ad
essi correlati, è rappresentato dalla prevenzione sui luoghi di lavoro. La prevenzione, che potrebbe
essere percepita dall’azienda esclusivamente come un costo da sostenere, rappresenta un
investimento, dato che il vantaggio economico che si ricava dalla riduzione dei costi è, quasi
sempre, superiore all’impegno finanziario in prevenzione.
La prevenzione degli infortuni sul lavoro, delle lesioni e delle malattie professionali e la
promozione della salute non porta soltanto ad una riduzione dei costi, ma contribuisce anche a
migliorare il rendimento dell’impresa. I benefici in termine di produzione ed efficienza possono
derivare da: maggiore quantità e qualità produttiva, numero minore di assenze per malattia, meno
danni e meno rischi di responsabilità civile e riduzione dei premi assicurativi. Il risultato è un
incremento del valore economico aziendale, dell’affidabilità e della notorietà che vengono
riconosciute dal pubblico all’azienda. Tuttavia, non è sempre chiaro quali costi sono da ricollegarsi
alle malattie e agli infortuni sul lavoro, anche perché spesso non si conoscono i benefici potenziali
di una buona gestione della salute e sicurezza sul lavoro, oppure perché tali benefici differiscono da
una situazione all’altra e non esiste un sistema generalizzato di indicatori per la verifica di tale
efficacia. Da ciò deriva l’importanza e l’utilità della valutazione economica della prevenzione degli
infortuni sul lavoro che permette di rendere evidenti i costi e i benefici della salute e della gestione
della sicurezza, sia a livello nazionale che aziendale, consentendo l’individuazione di aree di
criticità e di potenziale miglioramento. Per ottenere il massimo da una valutazione economica essa
dovrebbe essere frutto di un’attività congiunta tra i lavoratori, gli specialisti in materia di sicurezza
e salute sul lavoro e gli esperti finanziari e i responsabili dei processi decisionali.
Non esiste una ricetta di valutazione, tuttavia dalla pratica e dalla teoria sono emerse alcune voci di
costo imprescindibili, rispetto alle quali si possono fare aggiunte o modifiche a seconda
dell’obiettivo della valutazione del sistema di sicurezza sociale di un determinato paese e così via.
Nonostante negli ultimi anni si siano sviluppati vari metodi e strumenti per stabilire i costi della
salute e sicurezza sul lavoro, non esiste ancora un reale strumento di stima data la complessità e la
molteplicità di fattori da prendere in considerazione. Inoltre, emerge una scarsa conoscenza sul
tema della valutazione dei costi della prevenzione data la carenza di progetti e ricerche condotti a
livello nazionale ed internazionale.
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CAPITOLO 2 ANALISI DELLE DETERMINANTI DEI COMPORTAMENTI
CHE POSSONO ESPORRE A INFORTUNI
Una ormai ampissima letteratura ha dimostrato come la salute delle persone e, più in generale, delle
popolazioni sia largamente influenzata da fattori estranei al sistema sanitario e agli interventi della
medicina; tra questi si possono annoverare fattori sociali, economici, comportamentali e ambientali
legati alla salute. Le principali dimensioni strutturali che vanno ad agire sulla salute vengono
individuate nella distribuzione del reddito, nell’organizzazione del lavoro e dell’educazione,
nell’ambiente fisico e sociale.
Il ruolo degli addetti alla prevenzione non può pertanto più prescindere dal confrontarsi con le
origini sociali della malattia, le relative interpretazioni e le possibili soluzioni. Doveroso, in questo
contesto, diventa anche sottolineare la definizione di salute. Il significato di salute si è infatti
modificato passando da un concetto negativo, in cui la salute veniva intesa come assenza di
malattia, ad un concetto positivo di benessere dell’individuo all’interno del contesto sociale in cui
vive. Si è giunti in tal modo alla definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità:
“La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente una
assenza di malattia o infermità.”
In questo senso la salute diventa condizione affinché la persona abbia piena capacità di realizzare se
stessa nel proprio contesto sociale, in base alle proprie aspirazioni, bisogni e potenzialità. Emerge
che la mortalità e la frequenza delle malattie risultano, pertanto, indicatori imperfetti di ciò di cui si
vorrebbe parlare ma sono tra le variabili più efficacemente in grado di dimostrare una distribuzione
sociale nelle malattie.
I fattori responsabili della salute del singolo individuo e di una popolazione possono essere
riconducibili a quattro categorie: impronta genetico-biologica, assistenza sanitaria, comportamenti
individuali, condizioni sociali e contesto ambientale (Tarlov, 1996).
I determinanti della salute sono quindi i fattori che influenzano lo stato di salute di un individuo e –
più estesamente – di una comunità o di una popolazione. Contano più i comportamenti individuali o
il contesto politico, socio-economico e culturale? La discussione non è solo teorica e concettuale; le
sue conclusioni hanno a che fare con le strategie di prevenzione e le politiche sanitarie di una
nazione. Per questo motivo la Commissione sui Determinanti Sociali della Salute ha prodotto su
questo tema uno specifico rapporto e proposto una nuova, originale cornice concettuale
I determinanti della salute possono essere raggruppati in varie categorie: condizioni di vita e di
lavoro; accesso ai servizi sanitari; condizioni generali socio-economiche, culturali e ambientali;
fattori genetici. La semplice enumerazione di questi fattori non genera alcun problema concettuale;
la lista può essere incrementata o ristretta, resa più analitica o sintetica senza che ciò provochi
particolari discussioni o controversie.
Le discussioni (e le controversie) iniziano quando si propongono modelli concettuali che pongono
in evidenza un fattore piuttosto che un altro, quando stabiliscono una gerarchia di valore tra i vari
elementi. Inoltre il fatto che le risorse nella sanità siano inevitabilmente limitate sottolinea
l’importanza delle decisioni che riguardano l’allocazione delle risorse e quindi delle priorità.
I modelli concettuali rappresentati nelle slide 1 e 2 sono profondamente diversi e propongono
antitetiche strategie di sanità pubblica.
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Figura 4: Determinati della Salute (USA)
In un’accezione fortemente autodeterminante, secondo il modello statunitense (slide 1. Fonte USA:
Centers for disease control and prevention) lo stato di salute delle persone sarebbe condizionato per
il 50% dai loro comportamenti e dal loro stile di vita. Molto meno importanti gli altri fattori: fattori
ambientali (20%), fattori genetici (20%), assistenza sanitaria (10%). Si tratta di un modello che
mette in primo piano il ruolo degli stili di vita delle persone e rispecchia l’enfasi che negli USA
viene posta nella responsabilità individuale nei confronti della salute e delle malattie.
Figura 5: Determinanti della Salute (Europa)
Nel secondo modello (slide 2), elaborato da scuole di sanità pubblica del nord Europa, si
evidenziano una serie di dimensioni concentriche corrispondenti ciascuna a differenti livelli di
influenza. Al centro c’è l’individuo, con le sue caratteristiche biologiche: il sesso, l’età, il
patrimonio genetico: ovvero i determinanti non modificabili della salute.
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I determinanti modificabili, quelli cioè che sono suscettibili di essere corretti e trasformati, si
muovono dagli strati interni verso quelli più esterni: gli stili di vita individuali, le reti sociali e
comunitarie, l’ambiente di vita e di lavoro, il contesto politico, sociale, economico e culturale.
Questo modello che abbiamo appena descritto è quindi molto più complesso e articolato del
precedente; la grafica a semicerchi concentrici rivela una gerarchia di valore tra i diversi
determinanti della salute (sono i semicerchi più esterni, quelli che rappresentano il “contesto”, a
influire maggiormente sullo stato di salute). È un modello concettuale che da una parte riflette la
cultura europea di welfare state fondata sul “diritto alla salute” e dall’altra fa propria la visione
“multisettoriale” della tutela della salute contenuta nella Dichiarazione di Alma Ata.
Figura 6: Determinanti sociali della salute e delle diseguaglianze nella salute
Nella slide 3 è riportato il modello proposto dalla Commissione sui Determinanti Sociali della
Salute. Una cornice concettuale che si riferisce non solo ai fattori che influenzano lo stato di salute
degli individui e delle comunità (determinanti della salute), ma anche a quelli coinvolti nella
diseguale distribuzione della salute all’interno della popolazione (determinanti delle diseguaglianze
nella salute). Leggendo la figura da sinistra a destra si evidenziano i fattori che a diverso titolo
hanno un impatto sulla distribuzione della salute e del benessere:
A) Il contesto politico e socio-economico.
B) La posizione socio-economica – [a + b = determinanti strutturali].
C) Condizioni di vita e di lavoro, fattori psicosociali, coesione sociale, comportamenti
individuali e fattori biologici, sistema sanitario – [determinanti intermedi].
A. Il contesto politico e socio-economico
Il “contesto” include un ampio insieme di aspetti strutturali, culturali e funzionali del sistema
sociale di cui è impossibile quantificare l’impatto sulla salute degli individui, ma che tuttavia
esercita una potente influenza su come una società distribuisce le risorse tra i suoi membri e di
conseguenza sulle opportunità di salute della popolazione. Gli aspetti del “contesto” possono essere
riassunti nei seguenti elementi principali:




Governance
Politiche sociali
Politiche macroeconomiche
Valori culturali e sociali
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B. La posizione socio-economica
In ogni società le risorse (denaro, potere, prestigio, conoscenza, ecc..) sono distribuite in modo
ineguale. Questa diseguaglianza si manifesta attraverso un sistema di stratificazione sociale o di
gerarchia sociale. Le persone raggiungono differenti posizioni nella gerarchia sociale di una società
in relazione ad alcune fondamentali variabili:






Reddito
Istruzione (indicatori caratterizzati da un’associazione “dose-risposta” con la salute: più elevati
sono i livelli di reddito e di istruzione più favorevoli sono gli indicatori di salute)
Occupazione
Classe sociale
Genere
Razza/Gruppo etnico
C. I determinanti intermedi
I determinanti che abbiamo in precedenza descritto sono definiti strutturali, i fattori cioè che
generano la stratificazione sociale e che definiscono la posizione socio-economica degli individui
all’interno di gerarchie di potere, prestigio e accesso alle risorse. Sono i primi anelli di una catena di
cause; una catena fatta di altri anelli, di ulteriori fattori causali la cui azione è più direttamente
legata all’insorgenza di una malattia (determinanti intermedi).
Le principali categorie dei determinanti intermedi di salute sono:






Condizioni materiali: gli standard materiali di vita quotidiana (disponibilità di acqua potabile e
di cibo adeguato, riscaldamento, infrastrutture igieniche, ecc) rappresentano probabilmente il
più importante determinante intermedio.
Condizioni socio-ambientali o psicosociali: lo stress acuto o cronico può essere causa di
diverse forme di malattia; la posizione socio-economica di una persona può essere causa di
stress a lungo termine e può influire sulla capacità di quella stessa persona di gestire situazioni
stressanti e difficili.
Comportamenti individuali come abitudine a fumo, alcol, sostanze, alimentazione, attività
fisica, molto condizionati dalla posizione socioeconomica.
La coesione sociale che espressa dalla qualità delle relazioni sociali e dall’esistenza di
reciproca fiducia e rispetto, di reciproci doveri all’interno della comunità, aiuta a proteggere le
persone e la loro salute. Società con alti livelli di diseguaglianze nel reddito tendono ad avere
meno coesione sociale e più crimini violenti.
Fattori biologici non modificabili: patrimonio genetico, età, sesso.
Il sistema sanitario. Il modello concettuale proposto dalla Commissione individua nel sistema
sanitario un fondamentale determinante sociale di salute, e di equità nella salute, attraverso
alcune principali modalità di azione: intervenendo attraverso la prevenzione primaria nelle aree
della nutrizione, dell’igiene ambientale, dell’abitazione e delle condizioni di lavoro;
riducendo la vulnerabilità nei confronti delle malattie come le vaccinazioni o il supporto
sociale; curando e riabilitando i problemi di salute che costituiscono il gap socioeconomico del
carico di malattia (la riabilitazione, in particolare, è spesso trascurata come un potenziale
fattore nella riduzione delle diseguaglianze nella salute); proteggendo contro le conseguenze
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sociali ed economiche della malattia attraverso la copertura assicurativa sanitaria e adeguate
politiche del lavoro.
In questo ambito si colloca la prevenzione primaria e per condurre una politica di riduzione
dell’esposizione a rischi lavorativi potenzialmente dannosi per la salute in un territorio, appare
necessario identificare quali siano i fattori di rischio su cui intervenire prioritariamente, oltre che in
quali settori produttivi e in quali aree essi siano maggiormente concentrati. I criteri che guidano la
selezione dei fattori di rischio a questo scopo sono molteplici, e includono principalmente:




la diffusione e la frequenza dell’esposizione tra gli addetti;
l’occorrenza e la severità delle patologie ad essa associate;
la loro prevenibilità e i relativi costi per la prevenzione;
criteri di tipo etico, come l’equità nella distribuzione dei danni da lavoro e l’accettabilità del
costo sociale in una situazione di risorse limitate.
La selezione delle priorità viene generalmente effettuata da Agenzie nazionali o internazionali per
la prevenzione e la sicurezza sul lavoro (OSH), che, dopo una preliminare revisione dei dati
disponibili e della letteratura tematica, selezionano un’ampia lista di rischi. Questa viene
successivamente ridotta attraverso la discussione di esperti e di rappresentanti delle organizzazioni
sindacali, imprenditoriali, del pubblico, etc., utilizzando criteri che vengono discussi e alla fine
condivisi dall’insieme del gruppo di lavoro. Le fonti informative utilizzate a questo scopo sono
rappresentate essenzialmente da dati di sorveglianza sulla salute occupazionale (indicatori di
mortalità, morbosità, invalidità lavorativa, malattie professionali e infortuni, altre patologie
associate al lavoro, assenze per malattia, sintomi) e sull’esposizione a rischi professionali
(prevalenza e intensità di esposizione a fattori fisici, chimici, ergonomici, psicologici, psicosociali),
oltre che da studi epidemiologici analitici. Infatti, secondo l’Agenzia Europea, tra le principali cause
di morte prematura e disabilità figurano gli infortuni e le lesioni spesso legate al contesto lavorativo,
problemi psichici, patologie tumorali, affezioni circolatorie e respiratorie1.
Nel contesto lavorativo, in relazione alle azioni di prevenzione infortuni e promozione della salute,
tutti i modelli fin qui analizzati possono essere validamente considerati. Tra i determinanti un
evento incidentale sarebbe, infatti, opportuno considerare le caratteristiche del lavoratore genere,
età, condizione fisica, livello di formazione e addestramento, esperienza professionale, resistenza al
cambiamento, la sua cultura alla sicurezza e le sue abitudini di vita ma anche il contesto culturale e
sociale condiviso nell’organizzazione di lavoro, l’ambiente e le condizioni di lavoro, le condizioni
economiche, l’accessibilità ai servizi, ecc..
Considerando i dati analizzati nel precedente capitolo, emerge la necessità di attuare dei piani di
prevenzione la cui efficacia sia misurabile, valutabile e condivisibile a partire anche da una scelta
consapevole e discriminante in ottica di fattibilità, dei fattori potenzialmente concorrenti un
infortunio.
A tal proposito nel capitolo successivo verranno considerati interventi di diversa natura, dall’aspetto
normativo, a quello sanzionatorio, a quello di sviluppo, e si cercherà di evidenziarne l’effettiva
1
http://ec.europa.eu/health-eu/health_in_the_eu/prevention_and_promotion/index_it.htm
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efficacia al fine di identificare un possibile metodo che caratterizzi la ricerca/intervento la cui
progettazione verrà ipotizzata nella parte finale del presente elaborato.
CAPITOLO 3 ANALISI DELL’ESISTENTE: REVISIONI, LETTERATURA,
INTERVENTI ESISTENTI, TEORIE DI RIFERIMENTO.
L’obiettivo di questo capitolo è quello di offrire una panoramica su interventi, azioni, campagne,
modelli utilizzati al fine di prevenire incidenti e infortuni sul lavoro e di promuovere una cultura
della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Tale disamina, che non ha alcuna pretesa di essere
esaustiva ma solo introduttiva, supporterà la scelta metodologica del progetto operativo descritto nel
capitolo successivo.
Grazie, in particolare, al dossier pubblicato nel 2009 da Baldasseroni et al, è possibile fare un
riferimento più puntuale alla recente letteratura. In questo lavoro viene infatti riportata una
revisione della letteratura scientifica e grigia relativa all’efficacia degli interventi ad ampio spettro
di prevenzione nei confronti degli infortuni sul lavoro.
3.1. . Prevenzione, Promozione e Lavoro
Il mutare dei modelli di vita, del lavoro e del tempo libero influisce in modo decisivo sulla salute. Il
modo stesso in cui la società organizza il lavoro deve contribuire a renderla più sana.
Dalla promozione della salute derivano condizioni di vita e di lavoro più sicure, stimolanti,
gratificanti e piacevoli.
Nell’ambito del lavoro, la prevenzione guarda alla persona e alla comunità per promuoverne la
salute potenziando i determinanti positivi e riducendo quelli negativi, per individuare precocemente
fattori di rischio e rimuoverli.
Le strategie e i programmi di promozione della salute devono adattarsi alle condizioni e alle
esigenze locali dei singoli paesi o regioni, tenendo conto dei diversi sistemi sociali, culturali ed
economici. Nell’importante ambiente di vita lavorativo, fare promozione della salute passa
inevitabilmente dal primo step di prevenzione dai rischi.
Negli ultimi decenni l’attenzione a livello mondiale ed europeo sul tema della sicurezza sul lavoro e
sull’importanza della prevenzione, protezione e promozione della salute nei luoghi di lavoro, è
diventata sempre più sentita, condivisa e concreta in termini operativi; basti pensare, ad esempio, a
tutte le campagne di comunicazione e sensibilizzazione dell’OMS e dell’Agenzia Europea per la
Sicurezza e Salute sul Lavoro a cui si farà riferimento in seguito. La tematica riguardante la
sicurezza è in continua evoluzione in quanto rispondente alle novità tecnologiche, alle nuove
evidenze scientifiche ed ai cambiamenti socio-economici. E’ infatti possibile parlare di un lento ma
graduale e progressivo cambiamento culturale, reso possibile dal lavoro sinergico di più enti e
organismi a tutti i livelli e alla condivisione progettuale di molti e differenti aspetti: governativo,
sanitario, tecnico, economico, sociale, di ricerca, di attenzione analitica alla cronaca, ecc..
Di seguito viene proposta una breve disamina delle politiche e degli interventi condotti
recentemente con l’obiettivo di ridurre continuamente i tassi d’infortunio sul lavoro, di incidenti, di
malattie professionali, di morti sul lavoro e di sviluppare la diffusione di una nuova cultura della
salute e sicurezza non solo nel mondo del lavoro ma anche negli altri ambiti di vita.
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dell’invecchiamento della forza lavoro
Nello specifico ambito del lavoro, spesso gli interventi fanno riferimento ad aspetti tecnicostrutturali considerando un modello di miglioramento continuo basato su:





Descrizione delle categorie di rischio presenti nello specifico contesto;
Idenficazione dei rischi più rilevanti;
Definizione e attuazione delle misure di prevenzione e protezione;
Monitoraggio periodico;
Eventuali modifiche per garantire il miglioramento del livello di salute e sicurezza.
Studi recenti hanno evidenziato che Il 90% delle cause radice di incidenti è riconducibile a
comportamenti non sicuri (fattore umano) e solo il 10% è il risultato di condizioni insicure legate
all’ambiente e alle attrezzature (W.H. Heinrich), motivo per cui per garantire il successo di un
programma di prevenzione e protezione risulta indispensabile considerare a tutti i livelli, il
complesso fattore umano. La complessità determinata dall’interazione con una variabile così poco
prevedibile, che è l’uomo, suscita molto interesse e diventa il focus intrascurabile di tutti gli
interventi di prevenzione. Quelli che verranno considerati di seguito non faranno, quindi,
riferimento ad aspetti strutturali o di processo ma muoveranno da un’analisi del fattore umano in
un’ottica proattiva di valorizzazione e responsabilizzazione delle scelte comportamentali delle
singole persone.
Relativamente alla tipologia d’intervento, come sarà evidenziato, un fattore di criticità quasi
costante risulta essere la mancanza di un vero e proprio sistema di valutazione dell’efficacia degli
interventi. Infatti come si evince dagli atti del convegno svoltosi a Firenze 23 e 24 Ottobre 2008
sull’“EBP e Lavoro – La prevenzione efficace dei rischi e danni da lavoro”, a cura del Prof.
Baldasseroni, è probabile che manchi tra gli operatori dei servizi di prevenzione la consapevolezza
che la diffusione e pubblicazione delle proprie esperienze sono parte integrante degli obblighi di
lavoro, “l’assenza, cioè, di comunicazione scritta sui risultati di programmi d’intervento realizzati,
finisce per essere un ostacolo insormontabile alla conoscenza di tutti gli interessati sui sistemi
(complessi) di intervento per il fronteggiamento di questi problemi”.
Da un recente studio italiano condotto da Zanardi (Zanardi et al. 2008), viene definita la piramide
dell’efficacia in medicina del lavoro in cui si evidenzia l’impressionante mancanza di pubblicazioni
e di condivisione di interventi sul campo di cui è stata valutata empiricamente l’efficacia.
3.2. Uno sguardo all’Europa
In Europa, L'Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro rappresenta un importante
punto di riferimento: ha da sempre un ruolo molto attivo nello sviluppo e nella diffusione della
cultura della sicurezza, in particolar modo attraverso attività di sviluppo e ricerca, di informazione e
di sensibilizzazione nel tentativo di creare un background comune a livello europeo. Essa,
attivamente monitora, raccoglie e analizza dati scientifici, statistiche e misure di prevenzione,
sostiene inoltre lo scambio e la condivisione delle informazioni, linee guida e casi di studio utili per
risolvere un'ampia gamma di problematiche e ha una grande influenza su una serie di diversi settori
politici che includono la politica sanitaria, l'assicurazione sociale, l'istruzione e la formazione
professionale, la politica del mercato del lavoro e lo sviluppo economico e regionale. Il suo ruolo è
quello di facilitare la cooperazione tra le amministrazioni nazionali, i sindacati e le organizzazioni
dei datori di lavoro. Tra le molte attività condotte dall’Agenzia, sembra doveroso annoverare, oltre
al supporto della ricerca scientifica e alla disponibilità di fondi a supporto del miglioramento dei
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dell’invecchiamento della forza lavoro
livelli di sicurezza, quelle iniziative volte a perseguire più specificatamente i concetti di
prevenzione, promozione e cultura della sicurezza:
Elaborazione e diffusione di modelli di buona prassi, in particolare su aspetti tecnici, che risultano
efficaci in un determinato luogo di lavoro ma che, con gli opportuni adeguamenti, possono essere
applicati in contesti differenti. Prima di attuare qualsiasi modello di buona prassi, occorre svolgere
una valutazione dei rischi e dei pericoli presenti nel luogo di lavoro, anche alla luce della normativa
nazionale vigente;
Campagna di comunicazione e sensibilizzazione alla sicurezza e salute sul lavoro: è stato, infatti,
creato NAPO; egli è l'eroe dell'omonima serie di cartoni animati. Rappresenta simbolicamente la
figura del lavoratore qualunque è né buono né cattivo, né giovane né vecchio, capace di forti
reazioni ed emozioni. NAPO non è legato a una professione o a un ambiente di lavoro specifico, la
sua personalità e il suo aspetto fisico rimangono costanti in tutti i video. È un lavoratore
volonteroso, che può cadere vittima di situazioni che sfuggono al suo controllo, ma è anche in grado
di identificare pericoli o rischi e sa dare ottimi consigli per migliorare la sicurezza e
l'organizzazione del lavoro. Chiunque, quindi, può identificarsi in lui, dal giovane lavoratore a
quello impiegato in azienda già da diversi anni. Le storie non hanno un valore educativo. Sollevano
domande e stimolano il dibattito su aspetti specifici della sicurezza sul luogo di lavoro. A volte
forniscono risposte pratiche ai quesiti o semplicemente guidano alla loro risoluzione. NAPO
risponde al bisogno di informazione e sensibilizzazione, non limitato da confini nazionali e adatto
alle diverse culture, lingue e necessità pratiche della gente che lavora. I film non sono stati concepiti
con l'obiettivo di fornire informazioni esaustive su un argomento, né vanno considerati come film
formativi o didattici. Il ruolo di NAPO e dei suoi amici è piuttosto quello di suscitare interesse per
la sicurezza e salute sul lavoro attraverso personaggi accattivanti, storie divertenti, il loro umorismo
e la loro allegria. Il motto di NAPO per un posto di lavoro più sicuro, più sano e migliore è “la
sicurezza con un sorriso”.
L’approccio europeo alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è basato sul concetto di prevenzione
a partire dall’analisi e dall’identificazione dei fattori di rischio, finalizzati all’eliminazione o alla
riduzione del rischio stesso. Come definito dall’articolo 6 del Framework Directive of 12 June 1989
(89/391/EEC), il primo step di un’attività di prevenzione è la valutazione dei rischi esistenti con
impatto a breve e lungo termine sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori. In generale la normativa
europea di riferimento si pone l’obiettivo di introdurre le misure per incoraggiare il miglioramento
continuo del livello di salute e sicurezza sul lavoro.
Nel 2008/2009 l’Agenzia Europea (EU-OSHA) ha lanciato una campagna 'Healthy Workplaces
Campaign' (HWC) per aumentare la conoscenza dell’approccio alla valutazione dei rischi come
primo step per la diffusione del processo di gestione dei rischi; purtroppo ad oggi una linea di
intervento coerente e valida per tutti i settori, non è ancora stata definita.
La campagna del 2012/2013 “Healthy Workplace Campaign” si pone come esplicito e prioritario
obiettivo il miglioramento della salute e sicurezza sul lavoro attraverso la prevenzione; EU-OSHA
identifica la promozione della prevenzione come core di un approccio europeo focalizzato sulla
ricerca di soluzioni pratiche ed applicabili nel tempo.
Un ambizioso obiettivo della Commissione Europea (COM, 2007) è quello di ridurre del 25% il
tasso di incidenti sul lavoro tra gli Stati Membri dell’Unione Europea.
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La Prevenzione degli Infortuni e la Promozione della Salute nei luoghi di lavoro con particolare riferimento al fenomeno
dell’invecchiamento della forza lavoro
L’attenzione europea è ora focalizzata su identificazione dei possibili interventi, infatti, oltre alle
campagne di comunicazione, sensibilizzazione, informazione di cui si parlerà di seguito, si discute
sul bisogno di utilizzare incentivi economici per motivare le aziende ad adottare buone pratiche per
gli specifici contesti.
Un progetto europeo (e.g. EU-OSHA, 2010a) avviato nel 2007 ha supportato la diffusione del
modello degli incentivi economici riconosciuti alle organizzazioni che sviluppano e implementano
ambienti di lavoro sani e sicuri. Da una prima valutazione del progetto si è subito evidenziata la
difficoltà nella gestione e disponibilità di fondi a livello europeo; inoltre si osserva che in un
approccio integrato, l’utilizzo del modello di incentivi economici potrebbe non essere esaustivo al
fine di supportare lo sviluppo di una vera e propria cultura della salute e sicurezza nei luoghi di
lavoro.
Con lo stesso obiettivo di sviluppare e sperimentare un metodo che possa agire efficacemente sulla
prevenzione e promozione ma considerando un fattore diverso da quello umano, si annovera un
interessante studio dell’European Working Conditions Observatory (EWCO). Anch’esso prende in
considerazione la leva degli incentivi economici e ne fa una breve disamina a livello europeo.
Secondo questo studio, alcuni paesi dell'UE hanno già sistemi nazionali che includono incentivi
economici per migliorare la salute e la sicurezza. Il tipo più comune opera attraverso un
meccanismo assicurativo. I datori di lavoro pagano un premio per fornire un indennizzo per i
lavoratori infortunati. Il premio viene regolato sulla base dei precedenti casi d’infortunio, in modo
che i datori di lavoro che registrano scarsi risultati in materia di salute e sicurezza paghino di più.
Questo dà un incentivo a migliorare le condizioni di lavoro. Altri tipi di schemi possono essere
previsti, ma non sembra che siano stati provati in pratica fanno riferimento a sgravi fiscali, per
esempio, per le spese di sicurezza. Tali sistemi d’incentivi necessitano, tuttavia, dell’integrazione
con altri approcci per migliorare l'ambiente di lavoro, ad esempio quello normativo.
Tra i punti di forza di questo approccio si riscontra: lo sviluppo di una maggiore consapevolezza e
responsabilità nella gestione della sicurezza (concetto di self-enforcing); il coinvolgimento diretto a
livello bottom line; l’incoraggiamento all’individuazione di nuove fonti di rischio per agevolarne la
gestione.
Tra le maggiori criticità è possibile identificare: l’esercizio di una forma di pressione a non
denunciare gli incidenti, forme di vessazione sui lavoratori; riconoscimenti troppo generosi
potrebbero incoraggiare alcune persone a vedere certi danni alla salute (ad esempio, perdita di udito
indotta dal rumore), come un prezzo accettabile da pagare.
Già a partire da questi brevi cenni sembra evidente come i canali di “sperimentazione” e le attività
oggetto del più attuale dibattito europeo siano i più diversi; la riflessione comune sembra comunque
considerare la necessità di un approccio integrato di tutti gli aspetti coinvolti.
3.3. Evoluzione normativa come prima forma di intervento
In Italia, emblema di questo cambiamento culturale è rappresentato, in prima battuta,
dall’evoluzione del sistema normativo in materia di salute e sicurezza sul lavoro che definisce un
primo e importante intervento strutturato in ottica di prevenzione:
La Costituzione contiene principi fondamentali e inderogabili quali la tutela del lavoro in tutte le
sue forme e applicazioni (art. 35), il riconoscimento della tutela della salute come diritto
dell'individuo (autonomo diritto, primario e assoluto, risarcibile) e fondamentale interesse della
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dell’invecchiamento della forza lavoro
società (art. 32) e un vincolo insuperabile per l'iniziativa economica privata, che è libera ma “non
può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà,
alla dignità umana” (art. 41);
Art. 2087 Codice Civile: L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure
che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità
fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro;
D.P.R. n° 547 del 1955: È la prima normativa in Italia dove si affronta il problema della sicurezza.
Siamo negli anni del boom economico (è finita la guerra – siamo nella fase della ricostruzione – si
utilizzano ancora macchine di prima della guerra senza la sicurezza integrata). Il legislatore pensa
alla sicurezza del lavoratore, cercando di allontanare il lavoratore dalle macchine (ripari, protezioni,
carter blocchi automatici del moto, necessità di utilizzare entrambe le mani per mettere in moto le
macchine ecc.);
D.P.R. 303/56: Norme generali per l’igiene del lavoro: Ambienti di lavoro (altezza, cubatura,
pavimenti, finestre lucernai, areazione dei luoghi di lavoro, temperatura locali, illuminazione
artificiale e naturale, apparecchi di riscaldamento,umidità, locali di riposo, pulizia locali); Difesa
dagli agenti nocivi, difesa dell’aria dagli; inquinamenti con prodotti nocivi; difesa contro le polveri,
difesa dalle radiazioni nocive, difesa contro le radiazioni ionizzanti; Servizi sanitari; Servizi
igienico-assistenziali (acqua, docce, lavabi, gabinetti, spogliatoi e armadi, refettorio);
D.Lgs. 277/91: In questo decreto si usa un nuovo gergo: si comincia a parlare di valutazione dei
rischi, riduzione dei rischi per quanto è possibile, si introduce il concetto che il rischio va gestito,
vengono introdotti i cosi detti valori limite sotto i quali non si lavora;
Il D.Lgs 626/94: Esplicita gli obblighi del datore di lavoro (responsabilità che prima aveva, ma non
erano evidenziate); introduce nuovi soggetti della prevenzione (r.s.p.p., r.l.s., m.c., lavoratore) ruolo
e responsabilità; fa fronte a nuove nocività; ma la vera innovazione concettuale è il passaggio dalla
presunzione del rischio alla sua valutazione. La valutazione del rischio, inteso come processo
dinamico, mutevole e in continua evoluzione. Fino ad allora in Italia vigeva la presunzione del
rischio, secondo quanto stabilito dal DPR 303/56 che, a prescindere dalla conoscenza specifica dei
luoghi di lavoro e dal monitoraggio puntuale degli ambienti, si limitava a definire gli obblighi di
carattere tecnico, per ciascun impianto e attrezzatura, ai quali i datori di lavoro dovevano attenersi
per evitare gli infortuni. Il D.Lgs. 626 ha rappresentato il primo modello di gestione della
prevenzione dei rischi sui luoghi di lavoro nel nostro Paese; ha riconosciuto adeguatamente la
centralità e il ruolo chiave svolto dall’uomo in quest’attività; ha introdotto l’obbligatorietà di
momenti d’informazione e formazione per il personale dipendente e concepisce il rischio come
componente ineliminabile di ogni attività umana, ma in buona parte determinabile e prevedibile.
Il D.Lgs 81/08 e s.m.i ha sostituito e abrogato il DLgs 626/94 e regola tutte le disposizioni in
materia di salute e sicurezza sul lavoro. Oltre ad aver accorpato tutta la legislazione precedente in
un unico testo ha anche il merito di dedicare maggior spazio agli aspetti relativi alla prevenzione,
alla valutazione dei rischi e all’informazione e formazione. Il Testo Unico pensa al concetto di:
Sicurezza in termini di prevenzione; Salute “intesa quale stato di completo benessere fisico,
mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’infermità” (art.2, comma1);
Benessere (Organizzativo): da intendersi come la capacità di un’organizzazione di promuovere e
mantenere il più alto grado di benessere fisico, psichico e sociale della comunità lavorativa
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dell’invecchiamento della forza lavoro
nell’ottica di un miglioramento sia delle prestazioni sia della soddisfazione dei singoli componenti
dell’organizzazione. In linea con i principi mondiali in materia e con particolare attenzione al
recepimento delle Direttive Europee, il D.Lgs. 81/08 e s.m.i. "Testo Unico sulla Sicurezza sul
Lavoro" attualmente in vigore in Italia e in continuo aggiornamento, rappresenta un importante
strumento di prevenzione e di promozione della salute e del benessere fisico, psicologico e sociale
nei luoghi di lavoro.
Piano Nazionale della Prevenzione 2010 – 2012 (PNP): l’esigenza di un piano dedicato
all’elaborazione e alla diffusione di informazioni e buone pratiche relative alla prevenzione, nasce
da interazione di molteplici fattori: evoluzione sociale, dal recepimento di principi e normative
europee, dalla crescita del livello culturale e della responsabilità delle imprese e datori di lavoro,
dall’attenzione sempre più puntuale agli studi epidemiologici. Il PNP promuove un importante
cambiamento nell’approccio alla prevenzione, sottolineando l’importanza di definire meglio le
priorità, di mettere in campo interventi atti a contrastare i fattori di rischio e a potenziare i
determinanti positivi, interventi efficaci che abbiano la persona al centro del progetto di salute. Il
PNP promuove, dunque, il concetto di prevenzione come cultura, che comprenda interventi di
carattere normativo e di comunicazione. Una particolare sezione è dedicata all’incidentalità in
ambito lavorativo che ha un peso rilevante nell’indice della mortalità prevedibile per cui iniziative
di prevenzione possono incidere sensibilmente nel modificare il fenomeno.
Come definito dal Piano stesso, la prevenzione degli infortuni sul lavoro rientra tra le linee di
intervento sociale promosse dall’Unione Europea; obiettivi d’impatto e guadagno per la salute e la
sicurezza sul lavoro 2007 – 2012 sono stati altresì proposti dalla Commissione Europea al
Parlamento, al Consiglio, al Comitato economico e sociale, e al Comitato delle Regioni [Bruxelles,
21/2/2007, COM (2007) definitivo].
Lo standard indicato a livello europeo è la riduzione del 25% del tasso complessivo d'incidenza
degli infortuni sul lavoro, da raggiungere entro il 2012 nell'EU-27.
Il perseguimento di tali obiettivi, pur se non indicanti le percentuali di riduzione, è stato previsto
anche nel Piano Sanitario Nazionale 2006-2008; nel Patto per la tutela della salute e la prevenzione
nei luoghi di lavoro sottoscritto dalla Conferenza Stato Regioni nella seduta del 1/8/2007; nei Piani
di Prevenzione Nazionali collegati al Piano Nazionale della Prevenzione conclusisi nel 2009.
In tutti questi indirizzi e documenti programmatici viene posto l’obiettivo della concreta riduzione
degli infortuni e delle malattie professionali nei luoghi di lavoro.
È, dunque, necessario che il presente PNP consideri in modo adeguato le azioni da porre in atto per
l’obiettivo di mantenimento dei trend di riduzione degli infortuni mortali e con esiti invalidanti,
nell’ottica della riduzione del 15% nel prossimo triennio, in linea con quanto previsto a livello
europeo e, in particolare:
definizione ed attuazione di programmi di informazione, assistenza, formazione e controllo che
prevedano una focalizzazione sulle aree di attività lavorativa a maggior rischio a partire da edilizia
ed agricoltura; nei programmi sarà considerato anche il benessere complessivo dei lavoratori;
promozione della attività dei comitati regionali di coordinamento (ex art. 7 D.Lgs 81/08) per lo
sviluppo di programmi di prevenzione e controllo condivisi con parti sociali ed istituzioni preposte
alla prevenzione dei rischi negli ambienti di lavoro;
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dell’invecchiamento della forza lavoro
definizione di protocolli di intesa con il sistema prevenzione (DRL, INAIL, VVF, AG, ecc.) per
l’attuazione di interventi basati sull’evidenza;
studi di valutazione dell’efficacia delle inchieste infortuni e ipotesi di modifica delle procedure in
atto, alla luce di un miglior utilizzo delle risorse umane del SSN.
Strumento indispensabile sarà la messa a regime del sistema informativo derivante dal progetto
nazionale INAIL/ISPESL/Regioni (NFI + Inf. Mortali) e collaborazione alla realizzazione del
SINP.
Di seguito vengono sintetizzati gli obietti e gli interventi definiti dal Piano:
Tabella 7 Piano Nazionale della Prevenzione 2010 – 2012 (PNP)
LINEE DI SUPPORTO
Definizione di protocolli di intesa con il
sistema prevenzione (DRL, INAIL, VVF,
AG, ecc.) per l’attuazione di interventi basati
sull’evidenza
Studi di valutazione dell’efficacia delle
inchieste infortuni e ipotesi di modifica
Messa a regime del sistema informativo
derivante dal progetto nazionale INAIL
ISPESL Regioni (NFI + Inf. Mortali) e
collaborazione alla realizzazione del SINP .
OBIETTIVI
GENERALI DI
SALUTE
Mantenimento dei trend
di riduzione degli
infortuni mortali e con
esiti invalidanti,
nell’ottica della riduzione
del 15% nel prossimo
triennio, in linea con
quanto previsto a livello
europeo
LINEE DI INTERVENTO
Definizione ed attuazione di programmi di
informazione, assistenza, formazione e controllo che
prevedono:
focalizzazione sulle aree di attività lavorativa a
maggior rischio a partire da edilizia ed agricoltura
promozione della attività dei comitati regionali di
coordinamento (ex art. 7 D.Lgs 81/08) per lo sviluppo
di programmi di prevenzione e controllo condivisi con
parti sociali ed istituzioni preposte alla prevenzione dei
rischi negli ambienti di lavoro.
- Monitoraggio
Utilizzo dei sistemi informativi per la
valutazione dati e produzione dei report
nazionali finalizzati alla redazione di
programmi nazionali in comparti produttivi e
a maggior rischio
- Contenimento dei rischi
di patologie con
particolare riguardo a
tumori e patologie
professionali
Elaborazione di report regionali e programmi con
eventuali interventi di prevenzione e monitoraggi delle
esposizioni
Sembra opportuno sottolineare che in linea con le indicazioni europee e legislative anche il PNP
focalizza l’attenzione sull’attuazione di interventi finalizzati in particolare all’elaborazione e alla
condivisione di sistemi informativi e di raccolta dati e alla Definizione ed attuazione di programmi
di formazione a diversi livelli.
Tra gli studi condotti sull’efficacia degli interventi normativi possiamo annoverare quello di Van
der Molen HF et al (2007), relativo a uno dei settori considerati più a rischio: il settore edile.
Il lavoro valuta gli effetti degli interventi volti alla prevenzione degli infortuni nei lavoratori del
comparto delle costruzioni. La revisione considera studi primari di tipo trial randomizzato
controllato, trial randomizzato controllato a cluster, studi prima-dopo con gruppo di controllo e
serie temporali interrotte. La popolazione partecipante agli studi è quella dei lavoratori nel settore
delle costruzioni, sia impiegati in ditte che autonomi. Sono state consultate le banche dati Cochrane
Injuries Group’ s specialised register, CENTRAL, MEDLINE, EMBASE, PsychINFO, OSH-ROM,
EI Compendex.
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dell’invecchiamento della forza lavoro
Secondo questo studio, gli interventi normativi non hanno mostrato effetto né iniziale né prolungato
sugli infortuni fatali e non fatali, con una dimensione di effetto pari a 0,69 (IC 95% da -1,70 a 3,09)
e 0,28 (IC 95% da 0,05 a 0,51). La campagna sulla sicurezza ha mostrato un effetto iniziale e
prolungato nel tempo riducendo gli infortuni non fatali con una dimensione di effetto pari a -1,82
(IC 95% da – 2,90 a – 0,75) e – 1,30 (IC 95% da – 1,79 a – 0,80), rispettivamente. Gli Autori
concludono che non vi è evidenza che gli interventi normativi siano efficaci nel ridurre gli infortuni
fatali e non fatali, indicando la possibile necessità di strategie supplementari per massimizzare la
compliance dei datori di lavoro e dei lavoratori verso le misure di sicurezza prescritte dalle norme.
Spesso la classe datoriale percepisce l’aspetto normativo nel suo carattere restrittivo e sanzionatorio
più che di richiesta di attenzione e intervento sui fattori di rischio.
3.4. Informazione, Formazione e Addestramento alla salute e sicurezza
“La Repubblica cura la formazione e
l’elevazione professionale dei lavoratori”
Costituzione Italiana
Negli ultimi anni una particolare rilevanza è stata data all’attività formativa con l’obiettivo di
accrescere la consapevolezza dei lavoratori sui fattori di rischio e di diffondere un processo di
consapevole gestione dei rischi stessi in un’ottica di responsabilità condivisa.
Nel D.Lgs.81/08 gli articoli 36 e 37 fanno esplicito riferimento all’obbligo di informazione,
formazione e addestramento di tutti i lavoratori e lo stesso Decreto definisce tali strumenti come:



«formazione»: processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti
del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla
acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e
alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi;
«informazione»: complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione,
alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro;
«addestramento»: complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l’uso corretto
di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le
procedure di lavoro;
Le modalità formative, i contenuti e la periodicità in riferimento al ruolo ricoperto nell’ambito del
sistema di gestione della sicurezza aziendale, sono state puntualizzate nel recente Accordo StatoRegioni 21 dicembre 2011.
Come pubblica un recente articolo del “Punto Sicuro” (16 ottobre 2012), la formazione è una
misura di sicurezza al pari di un dispositivo di protezione e deve essere efficace ed efficiente,
svolge una funzione essenziale per il controllo dei rischi lavorativi.
La normativa sopra citata, prevede, a fronte dei rischi lavorativi valutati, l’adozione di misure di
sicurezza che eliminino o riducano, nei limiti del tecnicamente fattibile, la loro entità o quella delle
conseguenze del loro verificarsi. In questo senso la formazione alla sicurezza è l’unica misura che
può essere validamente opposta alle situazioni di rischio residuo: è dalla formazione che può
derivare da parte del lavoratore il comportamento idoneo a tenere sotto controllo un rischio quando
tutte le altre misure poste in atto non siano state in grado di eliminarlo.
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dell’invecchiamento della forza lavoro
Proprio per la sua rilevante funzione di prevenzione è importante che la formazione sia:


efficace: in grado di ottenere il comportamento
efficiente: cioè aggiornata in modo da adeguarsi continuamente alla domanda di autoprotezione del lavoratore derivante dal possibile evolvere delle situazioni correnti di rischio
residuo cui viene a trovarsi esposto.
L’ efficacia della formazione è un elemento che acquista sempre più importanza proprio in
relazione al fatto che il comportamento del lavoratore è normalmente riconosciuto essere tra le
componenti più frequenti (e spesso determinanti) degli eventi infortunistici.
Relativamente all’efficacia della formazione è necessario evidenziare che ad oggi i criteri di
valutazione e monitoraggio non sono ben individuati, standardizzati, uniformi e diffusi; tuttavia è
possibile riconoscere un criterio di efficacia dell’intervento formativo mediante la “verifica
(intermedia e finale) dell’apprendimento” richiamata in più occasioni nei testi che regolamentano
l’erogazione e svolgimento delle attività formative.
Questo è un elemento che non può mancare al termine di un percorso formativo che, prima ancora
che efficace, voglia almeno essere allineato con i requisiti di base di una formazione che possa
effettivamente essere considerata tale, cioè un’azione in grado di conseguire o addirittura di
cambiare un determinato comportamento. E specialmente ciò deve valere in tutti i casi in cui dal
comportamento tenuto possono derivare conseguenze di estrema gravità (pensiamo alle manovre di
emergenza in caso di guasti in situazioni – nucleari, ad es. – ad alto rischio) e comunque tanto più
nel caso della sicurezza sul lavoro.
Al di là del dibattito sulla capacità o meno di saper cogliere la complessità dell’evento formativo,
ciò che è importante sottolineare è che anche all’interno dello schema obiettivi-risultati deve
esistere uno sforzo volto a comprendere i processi che guidano l’apprendimento della persona nei
contesti di formazione continua, apprendimento inteso nel suo senso più ampio.
Arthur, Bennett, Edens e Bell (2003), all’interno della metanalisi da loro elaborata, sostengono che
una delle prime decisioni da prendere per studiare l’efficacia della formazione sia quella di definire
i criteri di valutazione della formazione stessa, cioè scegliere le misure dipendenti attraverso le
quali operazionalizzare l’efficacia della formazione.
Analizzando diversi contributi emerge che i modelli volti a comprendere i fattori alla base del
processo di trasferimento delle conoscenze e delle abilità acquisite attraverso la formazione nei
contesti di lavoro, ruotano intorno ad un concetto rivisitato di trainability introdotto da Wexley e
Latham (1981) che lo definiscono come funzione delle abilità e delle motivazioni. Secondo Noe
(1986) questo concetto diventa funzione di tre fattori principali quali abilità della persona, la
motivazione e la percezione del contesto di lavoro come ad esempio il rinforzo e il feedback.
Questo vuol dire che affinchè ci sia un processo di applicazione nel contesto lavorativo di ciò che è
stato appreso durante la formazione, è necessario che vi sia un ambiente organizzativo favorevole
(environmental favorability) che supporti e rinforzi e che offra le opportunità di applicazione. Per
comprendere l’efficacia della formazione quindi non basta analizzare il metodo utilizzato o le
strategie di analisi di fabbisogni ma è necessario considerare il contesto sociale che può attenuare o
rinforzare l’efficacia della formazione stessa.
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La verifica dei risultati dell'attività formativa sugli uomini e sulle strutture è, insieme all'analisi dei
bisogni, parte integrante del processo di formazione.
Uno dei più completi contributi nel campo della valutazione della formazione è l'approccio basato
sulla teoria della gerarchia degli obiettivi/risultati della formazione. La prima formulazione del
modello si deve a Kirkpatrick (1960), poi ripreso e approfondito da Hamblin (1974).
Il modello della gerarchia dei bisogni valuta l'efficacia formativa confrontando gli obiettivi attesi
con i risultati ottenuti. Tale modello tiene conto della complessità dell'attività di monitoraggio e
propone quattro step di misurazione, indicando per ciascuno procedure e tecniche idonee ad essere
adottate in qualunque organizzazione (Craig, 1976):




livello 1: Reazione
livello 2: Apprendimento
livello 3: Trasferimento sul lavoro
livello 4: Risultati di business.
L’aspetto importante è che tali misurazioni siano definite in fase di progettazione e continue fin
dalla fase di erogazione dell’attività formativa, in un’ottica d’integrazione che abbia in mente un
modello di valutazione basato sull'approccio sistemico. L'approccio sistemico prende le mosse da
una concezione delle organizzazioni come sistemi aperti, ossia sistemi composti da parti o
subsistemi altamente interdipendenti, che interagiscono tutti tra loro e con l' ambiente e che
determinano le dinamiche di funzionamento dell'organizzazione stessa. In tale contesto i programmi
di formazione con i loro obiettivi particolari devono essere considerati come possibili ingredienti di
sistemi di organizzazione del lavoro globalmente ridisegnati e non come meccanismi isolati di
cambiamento.
Tra gli studi condotti sull’efficacia della formazione è possibile annoverare quello di Rautiainen RH
et al (2008) condotto nel settore dell’industria agricola.
La revisione considera studi trial randomizzati controllati (RCTs), trial randomizzati controllati a
cluster (cRCTs), studi prospettici di coorte con gruppo di controllo e serie temporali interrotte (ITS,
Interrupted Time Series), Cochrane Central Register of Controlled Trials, Cochrane Injuries
Group’s specialised register, MEDLINE (dal 1966), EMBASE (dal 1988), PsychINFO (dal 1983),
OSH-ROM (incluso NIOSHTIC e HSELINE).
L’obiettivo del lavoro è di determinare l’efficacia degli interventi volti alla prevenzione degli
infortuni sul lavoro nel settore dell’agricoltura. Le conclusioni degli autori indicano che non vi è
evidenza che supporti l’efficacia degli interventi educativi nel ridurre gli infortuni nei lavoratori
agricoli.
Nonostante i modelli e i riferimenti in letteratura sul processo di apprendimento e sulla valutazione
dell’efficacia formativa non manchino, da una recente indagine dell’INAIL sullo stato della qualità
della formazione sulla sicurezza nel sistema prevenzionale italiano, è emerso che:




la formazione spesso è vista non come ‘processo educativo’ ma come mero obbligo formale;
l’analisi dei bisogni formativi e del contesto organizzativo (processo di diagnosi) spesso manca
e/o risulta inadeguata;
gli approcci progettuali e metodologici denotano scarsa inadeguatezza;
le verifiche dell’efficacia formativa (ex ante, in itinere, ex post) sono assenti e/o inadeguate;
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dell’invecchiamento della forza lavoro


un sistema di monitoraggio della qualità formativa basata su standard qualitativi definiti e
misurabili sulla base di parametri ed indicatori in genere manca o risulta inadeguato;
risulta una eccessiva presenza di soggetti non qualificati.
Oltre all’esigenza di strutturare in modo funzionale e applicativo un sistema di valutazione e
monitoraggio della formazione intesa come attività di prevenzione e promozione di salute e
sicurezza nei luoghi di lavoro, un’osservazione condivisa dal Punto Sicuro sembra doverosa: la
formazione forse, da sola, non è sufficiente per modificare i comportamenti delle persone. Ma
l’apprendimento può avvenire solo attraverso esperienze e stimoli? Nel mondo lavorativo alcuni
stimoli potrebbero arrivare troppo tardi… E la svalutazione dell’efficacia della formazione non
rischia di essere pericolosa? Un’ottima giustificazione per chi, in barba a tutte le normative,
continua a negarla ai propri dipendenti. Insomma lo scontro tra esperienza e scienza, tra
apprendimento tramite esperienza e apprendimento tramite formazione, riempie i libri delle scienze
umane da secoli... Forse quello che deve avvenire non è uno scontro, ma semplicemente un
incontro…” (www.puntosicuro.it).
3.5. Premi e incentivi in Italia per diffondere i comportamenti sicuri
Anche in Italia, così come proposto a livello europeo, è stato impostato un sistema di premi e
incentivi economici con l’obiettivo di incentivare anche l’adozione di interventi per migliorare il
livello di sicurezza e salute nei contesti di lavoro e la diffusione della cultura e l’attenzione alla
sicurezza.
L’INAIL può essere considerato il corrispettivo italiano dell’Agenzia Europea per la salute e
sicurezza sul lavoro. Esso rappresenta uno degli attori principali del welfare, con compiti che si
estendono sull’intero ciclo di tutela integrata e globale del lavoratore. Tra queste attività vi è di
particolare rilievo quella della prevenzione e della promozione della salute e sicurezza nei luoghi di
lavoro.
L’INAIL concede una riduzione consistente sul premio annuo pagato dalle aziende che oltre ad
essere in regola con la normativa sulla sicurezza, scelgono di eseguire interventi per il
miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro, in aggiunta a quelli
minimi previsti dalla normativa in materia (D.Lgs. 81/2008).
Con le nuove riduzioni approvate nel 2011 molte aziende riescono a recuperare in tutto o per lo
meno in gran parte l’investimento effettuato per la sicurezza. Come riportato dalla tabella di
seguito, la riduzione sul premio è tanto più consistente quanto più piccola è l’azienda.
Tabella 8 Riduzione premio INAIL per numero di lavoratori
Lavoratori - anno
Riduzione
Fino a 10
30 %
Da 11 a 50
23 %
Da 51 a 100
18 %
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dell’invecchiamento della forza lavoro
Da 101 a 200
15 %
Da 201 a 500
12 %
Oltre 500
7%
Ad oggi non risulta pubblicato e condiviso un report di monitoraggio dell’efficacia di questa
tipologia d’intervento in termini di riduzione del tasso d’infortuni e incidenti sul lavoro. Bisogna
inoltre considerare la complessità delle elaborazioni statistiche di monitoraggio dell’efficacia
nell’individuazione di una relazione di causa-effetto diretta e pura.
SUVA, l’istituto svizzero per l'assicurazione e la prevenzione degli infortuni ha elaborato un
interessante documento sulla gestione di un sistema di riconoscimento efficace per incentivare
comportamenti sicuri. L’approccio utilizzato è quello psicologico grazie al quale sarebbe possibile
capire “cosa passa nella testa di una persona quando si espone a un rischio (meccanismi
decisionali); quali fattori ambientali promuovono od ostacolano un comportamento responsabile;
come possiamo motivare le persone ad adottare un comportamento responsabile. Riguardo in
particolare al sistema di riconoscimento dei comportamenti sicuri, Suva ha ragionato sull’efficacia
di un sistema che premi i comportamenti sicuri. Il Dott. Ruedi Rüegsegger (psicologo del lavoro,
Suva Lucerna) in collaborazione con l'UPI (Ufficio Prevenzione Infortuni) di Berna, ha
approfondito il dibattito motivando i due orientamenti:


un sistema di premi e riconoscimenti per i comportamenti sicuri può essere efficace perché, i
comportamenti sicuri non sono insiti nella natura umana e non sono istintivi. L'uomo è
sistematicamente soggetto all'errore nella valutazione dei rischi e delle proprie capacità.
Inoltre, tende a generalizzare la propria esperienza soggettiva. In altre parole, l'uomo
sottovaluta quasi la metà dei pericoli che incontra e perciò corre rischi più spesso di quanto
dovrebbe. Il problema è che “trattandosi di comportamenti irrazionali sui quali la ragione può
influire solo limitatamente, fornire delle motivazioni logiche non è sufficiente per convincere
qualcuno ad adottare un comportamento sicuro. Occorrono degli incentivi in più, come un
premio o una ricompensa. Tuttavia, il risultato dipende da come questi vengono gestiti”;
un sistema di premi e riconoscimenti per i comportamenti sicuri può non essere efficace perché
dare un premio è come segnalare che i comportamenti sicuri sono ‘un extra’, mentre invece
sono alla base di qualsiasi lavoro svolto correttamente e vengono già retribuiti con lo stipendio.
Lo studio sottolinea che “le motivazioni del no sono assolutamente condivisibili. O meglio, lo
sarebbero se avessimo a che fare con delle decisioni razionali. In realtà, istintivamente, le persone
non scelgono la via più sicura ma quella più comoda. E siccome le misure di sicurezza sono spesso
‘scomode’ e richiedono più tempo, istintivamente si preferisce evitarle”. Bisogna anche tener conto
dell’innata tendenza degli uomini a sottovalutare i pericoli. Per queste ragioni “non è per niente
scontato che i lavoratori assumano comportamenti sicuri”: ed è dunque utile incentivarli con dei
premi. A conclusione di questa analisi, SUVA propone una linea guida, di seguito riportata
brevemente, che considera 10 punti per un sistema di riconoscimento efficace, tratti dagli studi e
dalle esperienze fatte nelle aziende, su come introdurre e gestire un sistema di riconoscimento:
1. assumere i comportamenti rispettosi delle regole di sicurezza come criterio per attribuire dei
premi: costanza nell'uso dei dispositivi di protezione individuale, frequenza dei metodi di
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dell’invecchiamento della forza lavoro
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lavoro sicuri, numero di pericoli segnalati ecc. Verificare questi criteri richiede più lavoro
che non fare la conta degli infortuni e dei giorni di assenza, ma in compenso permette di fare
leva direttamente sui fattori decisivi a livello comportamentale. Inoltre, gli infortuni sono un
criterio poco adatto perché dipendono anche da altri fattori non correlati al comportamento;
non premiare i comportamenti sicuri con il denaro, ma con buoni acquisto e altre
ricompense ‘in natura’, come una cena, una vacanza, una colazione o del tempo libero in
più;
il valore del premio deve essere sufficiente a motivare le persone, ma non così alto da
diventare fine a se stesso o assumere la stessa importanza dello stipendio;
tra il momento in cui si constata un comportamento corretto e il premio deve trascorrere
poco tempo. Se si aspetta la fine dell'anno si rischia che il premio per il comportamento
sicuro venga percepito come una qualsiasi prestazione salariale e perda di significato;
premiare singoli lavoratori e non gruppi di persone. Ognuno deve avere la possibilità di
guadagnarsi un premio migliorando il proprio comportamento, altrimenti il sistema rischia
di essere percepito come ingiusto. Se si premiano dei gruppi di persone si rischia inoltre di
mettere troppa pressione su chi sbaglia, e lo stress potrebbe aumentare il rischio di infortuni;
“o tutto o niente” è il principio sbagliato. È meglio ridurre gradualmente il premio per chi è
meno bravo nel tenere un comportamento sicuro invece di premiare solo il lavoratore
‘perfetto’. In questo modo l'incentivo rimane nonostante qualche sbaglio;
fare in modo che un premio sia percepito come qualcosa di speciale. E’ opportuno collegare
la consegna dei premi ad un evento particolare, come una piccola cerimonia. In questo modo
si darà risalto al tema della sicurezza e si eviterà che il premio venga percepito come una
qualsiasi componente salariale;
coinvolgere anche i superiori nel sistema di riconoscimento. In questo modo ne aumenta la
credibilità;
di tanto in tanto è necessario qualcosa di nuovo al sistema di riconoscimento;
combinare il sistema di riconoscimento ad una campagna di sicurezza (per una migliore
cultura della sicurezza) e alla fine valutate i risultati.
Al di là dei suggerimenti riportati, si sottolinea l’importanza della “soggettività” degli interveti
ovvero l’importanza di una buona analisi del contesto ad ampio raggio per rendere più
probabilmente efficace il sistema di premi e riconoscimenti.
3.6. Il Fattore Umano: Comunicazione e Leadership
Molti sono gli studi che si sono focalizzati sul fattore umano sia nell’analisi di casi di incidenti sia,
in ottica di prevenzione, sulla promozione di un ambiente di lavoro sano e sicuro. In questo senso,
gli aspetti più frequentemente studiati come fattori di rischio o come incentivo a seconda della loro
efficacia, sono la comunicazione e la leadership. Si parla infatti di comunicazione efficace e di
leadership efficace lì dove intendiamo la capacità di un soggetto di imprimere cambiamenti positivi
in altri soggetti e nei sistemi sociali, facendo leva sulla motivazione, sul senso morale e
sul rendimento del gruppo attraverso una serie di diversi meccanismi (Lale Gumusluoglu, Arzu
Ilsev, 2009).
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Studi europei hanno dimostrato che i leader, e i loro stili di comunicazione, svolgono un ruolo
fondamentale e centrale nella gestione della sicurezza e salute sul lavoro (SSL), influenzandola in
svariati modi. Essi infatti possono:








stabilire una formula di governo efficace per la gestione della SSL
fornire esempi di buone prassi attraverso la propria condotta
garantire che la sicurezza e la salute rimangano aspetti prioritari nel corso delle operazioni di
lavoro quotidiane
offrire ai lavoratori la necessaria formazione in materia di sicurezza, nonché gli strumenti e i
dispositivi di sicurezza
definire una strategia, una politica e degli obiettivi e monitorare i progressi compiuti
introdurre una cultura positiva in materia di sicurezza e salute e promuovere il coinvolgimento
di tutto il personale nelle questioni di SSL
fornire ai singoli lavoratori gli strumenti per adottare azioni preventive e comportamenti
consoni a una modalità di lavoro sicura e salubre
coinvolgere i lavoratori nelle decisioni in materia di sicurezza e salute.
L’Institute of Directors and the Health and Safety Executive (2007), identifica i tratti salienti di una
solida leadership in materia di sicurezza e salute sul lavoro: leadership attiva, capace di incentivare
il coinvolgimento e la partecipazione dei lavoratori e dei dirigenti e una procedura efficace di
valutazione e revisione dell'ambiente di lavoro; partecipazione attiva e continua dei lavoratori nella
promozione e nella gestione di condizioni e procedure di lavoro salubri e sicure costituisce un
chiaro segnale della presenza di una forte leadership in materia di SSL. I leader possono e
dovrebbero incoraggiare i dipendenti a partecipare attivamente alla promozione e alla protezione di
un ambiente di lavoro salubre e sicuro. Questa partecipazione può essere favorita attraverso la
diffusione di informazioni, formazione e istruzioni di elevata qualità in materia di sicurezza e salute.
È possibile incoraggiare e coltivare il coinvolgimento dei lavoratori attraverso un'efficace
comunicazione a doppio senso tra lavoratori e dirigenti, nell'ambito della quale i leader siano
recettivi ai contributi e ai riscontri dei subalterni. Una forte conduzione e gestione delle
problematiche riguardanti la sicurezza e la salute sul lavoro implica la presenza di procedure
efficaci di valutazione e revisione tra cui l'individuazione e la gestione puntuali ed efficaci dei rischi
in materia di sicurezza e salute.
Le capacità dirigenziali sono uno dei principali fattori in grado di influenzare il benessere dei
dipendenti e sono indispensabili per promuovere e mantenere nel tempo un ambiente di lavoro
sicuro e salubre. Una scarsa capacità a livello di conduzione e gestione sul luogo di lavoro può
provocare una lunga sequela di effetti negativi per i dipendenti.
La letteratura scientifica individua un forte nesso tra la qualità di leadership e il miglioramento del
benessere dei dipendenti (ossia meno ansia, depressione e stress legato all'attività lavorativa, una
diminuzione dei congedi per malattia e una diminuzione delle pensioni di invalidità).
È noto, al contrario, che la presenza in azienda di scarse competenze dal punto di vista di
conduzione e gestione rappresenta uno dei principali indicatori di infortuni per la sicurezza e può
essere messo in correlazione con un impegno a uno stile di vita salubre da parte dei lavoratori.
Inoltre, numerosi studi dimostrano che una leadership forte ed efficace influenza positivamente la
salute e il benessere dei lavoratori.
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Una scarsa capacità dirigenziale nel settore della sicurezza e della salute sul lavoro può nuocere sia
alla reputazione sia alla situazione finanziaria dell'organizzazione e concorrere a pessimi risultati
sul piano economico e operativo.
Ecco un esempio: un'azienda operante nel settore chimico ha calcolato che il tempo perduto a causa
di infortuni sul lavoro che hanno richiesto un'assenza dal lavoro di uno o più giorni ha comportato
una perdita di oltre 22.000 EUR. Il costo economico reale è stato calcolato tenendo conto:




del tempo impiegato dai dirigenti per esaminare le cause dell'infortunio;
delle interruzioni della produzione necessarie per condurre le indagini in relazione
all'infortunio;
di eventuali responsabilità legali correlate agli infortuni sul lavoro;
del costo dell'applicazione in futuro di misure preventive.
Al contrario, una buona leadership può avere effetti positivi di più ampia portata sull'organizzazione
tra cui:






rafforzamento della reputazione dell’organizzazione;
una maggiore fedeltà dei clienti e dei subappaltatori;
la valorizzazione del fattore morale tra dipendenti;
una maggiore capacità di attirare i dipendenti migliori: l'organizzazione è percepita come un
datore di lavoro modello;
possibilità di aggiudicarsi nuovi contratti;
aumento della produttività e delle efficienze operative.
Nonostante gran parte della letteratura internazionale di riferimento sostenga l’impatto positivo che
la comunicazione efficace e uno stile di leadership inclusivo e funzionale, abbiano sulla gestione del
lavoro, è altrettanto sostenuta la complessità nel dimostrare empiricamente, trattandosi di fattori
latenti difficilmente operazionalizzabili, una relazione causale con il livello di sicurezza e sanità che
dovrebbe caratterizzate un buon ambiente di lavoro.
3.7. Un metodo per motivare ai comportamenti sicuri: Behavioral Based Safety
Dalla panoramica di interventi fin qui descritta si evince che non esiste attualmente un metodo per
prevenire incidenti e infortuni sul lavoro e promuovere un cultura della sicurezza, che abbia una
evidenza scientifica e un’efficacia riscontrabile in tutti i settori produttivi e in tutte le
organizzazioni.
In questi anni, però, si è molto ragionato sugli aspetti su cui intervenire (normativo, sanzionatorio,
economico, ecc..) e sugli strumenti da utilizzare (formazione, addestramento, ecc..). Certamente la
riflessione continuerà in modo sempre più approfondito e operativo non solo per l’importanza
relativa ai costi che il fenomeno infortunistico produce (oltre 45 miliardi di euro all’anno nel 2005
secondo i dati INAIL, pari al 3,21% del PIL), ma principalmente per l’attenzione dedicata alla
dimensione sociale ed umana del problema.
In tale scenario la Campagna di Comunicazione Integrata iniziata, sotto l’Alto Patronato del
Presidente della Repubblica, il 23 agosto 2010 e dedicata alla sicurezza sui luoghi di lavoro, ha la
esplicita finalità di promuovere un vero e proprio cambiamento culturale, un processo collettivo
di sensibilizzazione e responsabilizzazione, in cui ogni cittadino assume un ruolo attivo. Infatti dalle
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statistiche emerge che la maggior parte degli incidenti sul lavoro possono definirsi di natura
‘comportamentale’.
Quando si parla di sicurezza in ambito lavorativo, così come previsto dal D.Lgs 81/08 e s.m.i., da
più parti si sottolinea la fondamentale importanza delle attività di informazione/formazione dei
lavoratori e la necessità di un sistema prevenzionistico ben organizzato e possibilmente impostato
secondo la regola dei Sistemi di Gestione(UNI-INAIL OHSAS 18001).
E’, infatti, noto che i Sistemi di Gestione della Salute e Sicurezza sul lavoro (SGSL) integrano
sinergicamente obiettivi e politiche per la salute e la sicurezza ed è quindi opinione diffusa che
dovrebbero trovare una loro specifica applicazione nella progettazione e gestione di sistemi di
lavoro e di produzione di beni o servizi, visto che la gestione della salute e della sicurezza sul
lavoro costituisce parte integrante della gestione generale dell’azienda.
Solo grazie ad una visione innovativa e sistemica è possibile affrontare in modo efficace i problemi
connaturati ad un settore vasto, complesso e multidisciplinare come quello della sicurezza sul
lavoro ottenendo i risultati e gli obiettivi prefissati.
Purtroppo è ancora troppo diffuso tra le aziende un approccio formale a questa tematica.
L’intero processo visto come un’imposizione piuttosto che come un processo culturale, si riduce
alla messa in atto di meri dettami della legislazione vigente, condizione che non può che fornire
risultati non soddisfacenti a costi comunque elevati.
Questa è certamente una delle ragioni per le quali si registrano ancora molte difficoltà applicative in
merito alla diffusione del SGSL quali presupposti indispensabili per la promozione della cultura
della sicurezza sul lavoro ed elementi insostituibili del processo di rinnovamento organizzativo che
le aziende sono tenute a compiere.
L’opportunità di un approccio innovativo e manageriale alla gestione della sicurezza e la necessità
della verifica di risultati ottenuti sono ormai due condizioni imprescindibili per ogni realtà che
desideri realmente applicare quanto previsto dalla vigente normativa in tema di igiene e sicurezza
sul lavoro. La sicurezza non deve essere vista come un onere degli addetti al Servizio di
prevenzione e protezione, ma come un interesse personale che porta vantaggi all’individuo e al
gruppo di lavoro. E il coinvolgimento nella prevenzione rende protagonisti i lavoratori, che di
conseguenza si sentono più responsabili.
Punto di partenza per qualsiasi attività nel campo della sicurezza sul lavoro è il comportamento del
lavoratore (il fattore umano) e il modo in cui sia possibile influenzarlo attraverso la formazione e
l’adozione di opportune strategie.
La Dott.ssa Padovan (2010) identifica i possibili ostacoli alla sicurezza in:



individuali (caratteristiche personali: età, esperienza, convinzioni, percezione del rischio…);
sociali (dinamiche di gruppo: bisogno di appartenenza, di approvazione, leadership formale e
informale…);
organizzativi (cultura organizzativa: principi, valori, miti, comunicazioni,…)”.
Sembra quindi indispensabile motivare alla sicurezza attraverso il coinvolgimento e
l’incentivazione dei comportamenti sicuri. Anche Confindustria in più occasioni ha sottolineato
l’importanza e le potenzialità del coinvolgimento per lo sviluppo della sicurezza aziendale e dei
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dell’invecchiamento della forza lavoro
vantaggi di impostare una politica aziendale che motivi concretamente ad attuare comportamenti
sicuri.
E’ stato dimostrato che il comportamento umano gioca un ruolo fondamentale nel 76% dei casi di
eventi incidentali.
Molto è stato fatto e si sta facendo nel campo della formazione, infatti, se si condivide la
definizione di formazione intesa come l’acquisizione di specifiche competenze teorico-pratiche che
permettano di pensare ed agire in sicurezza, appare chiaro che l’obiettivo principale del training è
quello di ottenere una modifica del comportamento dei lavoratori in modo che essi pensino ed
agiscano in modo sicuro: realizzare questo obiettivo significa non solo mettere in pratica le regole e
i principi della salute, sicurezza ed igiene del lavoro, anche costruire nuove scale di valori e nuove
abitudini comportamentali.
Anche se da più parti viene riconosciuto il ruolo importante della formazione continua, all’atto
pratico non sono poche le difficoltà che si incontrano sul campo: metodologie d’insegnamento non
efficaci e atteggiamenti di difesa, diffidenza e spesso di rifiuto da parte dei lavoratori che ritengono
di essere già perfettamente in gradi di adempiere ai propri compiti e non accettano o non vedono la
necessità e l’utilità di apprendere qualcosa di nuovo, soprattutto se diverso dal proprio modo di
operare.
Un recente metodo in via di diffusione nelle organizzazioni di lavoro è quello della Behavior Based
Safety basata sul principio per cui per diffondere la sicurezza, convenga premiare i comportamenti
sicuri ed è necessaria l’osservazione e il rinforzo dei comportamenti corretti attraverso le check list
e adeguati feedback, specialmente se positivi.
Sia in fase di progettazione sia in fase di applicazione, questo metodo tiene in considerazione, sulla
base delle caratteristiche del contesto in cui viene sviluppato, tutti gli elementi considerati nei
paragrafi precedenti in un approccio che può essere definito integrato. Si considerano infatti:
l’analisi del contesto aziendale, il comparto produttivo, il tipo di mansione e i rischi ad essa
associati, le procedure di gestione dei rischi presenti e la loro efficacia, i dati di riferimento sugli
infortuni e mancati incidenti, il fattore umano in una prospettiva comportamentale e motivazionale,
il sistema di riconoscimento e di incentivi, la comunicazione, la formazione, la leadership e il livello
di cultura condiviso.
Dunque, un notevole aiuto per tutti coloro che si occupano di sicurezza può derivare
dall’applicazione delle metodiche derivanti dal Behavior Analysis (Montrose, 2013). La Behavioral
Safety (BS) o la Behavioral Based Safety (BBS) consente di migliorare i comportamenti di
sicurezza sul lavoro con l’obiettivo di ridurre l’influenza dell’errore umano nella dinamica della
maggior parte degli eventi incidentali.
Cosa è la BBS?
La BBS viene definita una scienza naturale in quanto vera e misurabile, basata sul ragionamento
induttivo che prevede l’osservanza rigorosa di un protocollo condiviso e replicabile.
Dai primi studi condotti si è registrata una riduzione degli eventi incidentali pari al 50% per il primo
anno di applicazione del protocollo e del 20% negli anni successivi e parallelamente si registra un
incremento della produttività. Si consideri, ad esempio, l’esperienza della Novartist, Kundl –
Austria 2005.
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Il metodo è basato sull’osservanza dei comportamenti; il principio di riferimento è che il
comportamento sicuro non è innato, neanche negli animali; a governare le nostre azioni è la
reazione agli stimoli immediati. Il comportamento è una variabile visibile e misurabile e quello
sicuro va inteso come funzione di tre aspetti: organizzazione, training, management.
Il protocollo BBS coinvolge tutti questi aspetti con l’obiettivo di creare fuori dall’individuo le
motivazioni a un comportamento sicuro, agisce quindi sull’ambiente. Il modello teorico di
riferimento è il paradigma comportamentista di Pavlov (1941) del condizionamento rispondente e il
paradigma di Skinner del condizionamento operante (1961) (si rimanda ai riferimenti bibliografici
per ulteriori approfondimenti).
Fare BBS vuol dire quindi manipolare stimoli esterni per ottenere un cambiamento, in questo caso
un comportamento sicuro.
La Behavioral Based Safety si basa sull’evidenza che tutti i comportamenti sul lavoro (ad esempio:
indossare gli occhiali nel corso di una lavorazione a rischio o impugnare correttamente gli utensili)
possono essere evocati da stimoli fisici immediatamente antecedenti (cartelli ammonitori e segnali
ottico/acustici) ma sono fortemente influenzati dagli stimoli immediatamente conseguenti (le battute
di scherno dei colleghi).
Si parla quindi di un sistema costituito da antecedenti, comportamenti, conseguenti, rinforzi
positivi, rinforzi negativi e punizioni. Brevemente, gli strumenti principali utilizzati
nell’applicazione di questo protocollo sono:





il coinvolgimento dell’organizzazione a tutti i suoi livelli;
il lavoro di gruppi,
l’osservazione diretta,
le check list create ad hoc per l’organizzazione e in grado di analizzare incidenti e infortuni,
elencare i comportamenti a rischio che inducono all’infortunio e i comportamenti sicuri che
evitano l’infortunio. La costruzione condivisa delle check list rappresenta il momento più
complesso e delicato dell’applicazione del metodo;
i feedback positivi e correttivi, sempre interattivi e inclusivi, costituiscono un sistema di
regolazione che consente di modificare il comportamento.
Per spiegare perché questo metodo funziona, è necessario ricordare che per modificare un
atteggiamento occorre agire sui tre fronti:



cognitivo: informare, formare, dimostrare, con riferimento a dati, statistiche, norme…;
emotivo: esplorare le emozioni preesistenti, considerare le dinamiche di gruppo, inviare
messaggi anche di contenuto emotivo;
comportamentale: instaurare abitudini, agendo sulle conseguenze dei comportamenti”.
E secondo l’Analisi Comportamentale, il nostro comportamento dipende da stimoli Antecedenti (ciò
che pensiamo, sappiamo, percepiamo prima), ma soprattutto Conseguenze (ciò che accade dopo)”:


tendiamo a ripetere il comportamento che ha avuto conseguenze per noi gratificanti;
tendiamo a non ripetere il comportamento che ha avuto conseguenze per noi negative o che
non ha avuto alcuna conseguenza”.
Secondo la BBS i comportamenti di sicurezza:
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
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

si identificano attraverso un’analisi del processo lavorativo e dei rischi “reali” (infortuni
possibili, mancati e avvenuti);
si fanno conoscere attraverso informazione, formazione e addestramento;
si aumentano con rinforzo + e rinforzo –;
si diminuiscono con punizione ed estinzione;
si diffondono grazie alla vigilanza reciproca alimentata dal senso di responsabilità attribuito a
ognuno (soprattutto nel ruolo di osservatore);
si orientano con obiettivi;
si consolidano con premi e celebrazioni.
E tutto il processo si basa sul coinvolgimento:




nelle organizzazioni il cambiamento va preparato, comunicato e possibilmente negoziato;
se un cambiamento, che richiede un certo impegno, viene imposto dall’alto incontra senz’altro
delle resistenze;
se lo stesso cambiamento è frutto di una scelta individuale, o almeno di una decisione
condivisa, allora l’impegno è una conseguenza automatica, secondo il principio della coerenza;
coinvolgere i lavoratori significa dimostrare loro che sono importanti e che il loro contributo è
considerato prezioso”.
Infine si ricorda il “bisogno di attenzioni”:





le persone hanno bisogno di feedback, meglio se positivi;
non ricevere alcun feedback corrisponde all’essere ignorati, al non essere considerati. quindi
meglio un feedback negativo piuttosto che nessun feedback;
in assenza di feedback (sul lavoro svolto, sulla segnalazione o sul suggerimento fornito, …),
l’impegno progressivamente diminuisce;
il feedback sistematico e immediato mantiene alta la motivazione;
il massimo impegno si ottiene quando 4 volte su 5 si ricevono feedback positivi (conferme per
l’ autostima)”.
Di seguito viene riportano un caso (Cogo, Lorenzetto, 2010) di un’azienda metalmeccanica, la
Vertical S.p.a., che conta 125 dipendenti. In questa realtà, dopo un corso per preposti - in cui si sono
affrontati i principi del metodo Behavior Based Safety, si è creata la squadra di lavoro SCS
(Sviluppo Comportamenti Sicuri). E’ stato, quindi, dato avvio all’applicazione del protollo.
Sono state elaborate le prime check list, con revisione delle stesse da parte di due esponenti di
ciascun reparto e formazione dei primi osservatori.
Un volta che il sistema è andato a regime (da aprile 2010) è stata richiesta la compilazione e la
discussione di due check list a settimana, gli osservatori sono diventati tutti gli operatori a turni
mensili, si sono tenute riunioni di reparto per confrontarsi sull’andamento (ogni 3 mesi).
Al di là delle difficoltà (ad esempio all’inizio “era necessario sollecitare la compilazione delle check
list” e “alcuni operatori hanno posto delle resistenze quando gli è stato chiesto di fare gli
osservatori”) vediamo i risultati di tipo organizzativo indicati dai due relatori:


“la gestione della sicurezza in azienda ora coinvolge tutti gli operatori;
esiste un canale ufficiale per le segnalazioni di rischio;
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


abbiamo introdotto anche una scheda per la segnalazione dei mancati infortuni e per le idee di
miglioramento;
a ogni segnalazione il Servizio di Prevenzione e Protezione (SPP) si impegna a dare un
feedback immediato: decide di dare seguito alla segnalazione o motiva la decisione contraria;
oggi la direzione ha 70 addetti al Servizio di Prevenzione e Protezione”.
Questi i risultati sulle persone:
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
finalmente l’importanza della sicurezza è una priorità per tutti;
maggiore consapevolezza dei rischi;
maggiore attenzione al proprio comportamento e a quello altrui (art. 20 T.U.);
atteggiamento più propositivo degli operatori;
maggiori segnalazioni di rischio e richieste di interventi di prevenzione;
dopo anni di inutili tentativi siamo riusciti a far mettere le scarpe antinfortunistica a tecnici e
personale delle pulizie;
le persone sentono che le loro osservazioni sono tenute in considerazione e si sentono motivate
a dare il loro contribuito;
anche le persone meno sicure e più defilate sono state coinvolte, gli è stato dato un ruolo e
hanno risposto contribuendo attivamente al processo;
il ‘rinforzo’ è stato dare attenzione alle persone, creando le condizioni per farle sentire
protagoniste”.
Infine alcune indicazioni sul ruolo del coinvolgimento:




“il sistema funziona perché il ‘rinforzo’ è costituito: dall’attenzione che viene data alle persone
e dalla considerazione con cui vengono accolte le loro segnalazioni;
finora non sono stati erogati altri rinforzi o premi perché gli obiettivi (troppo ambiziosi) che gli
operatori stessi hanno fissato non sono stati ancora raggiunti (questo dimostra la bontà dei
dati);
a fine anno saranno comunque premiati: il reparto che ha raggiunto i migliori risultati
(efficacia); il reparto da cui sono provenuti più suggerimenti di miglioramento (propositività);
il reparto che ha fornito il maggior numero di osservazioni (costanza e accuratezza);
a settembre si è provocatoriamente chiesto alla squadra se si voleva procedere o se si preferiva
fermarsi: all’unanimità si è deciso di procedere almeno fino a fine anno”.
Da un primo resoconto si è dimostrato come, dal 2009 al 2010, nell’azienda che ha portato avanti
questa sperimentazione sia diminuita del 50% la frequenza degli infortuni.
In Italia l’A.A.R.B.A., Association for the Advancement of Radical Behavior Analysis, è la Società
Scientifica Italiana di Analisi del Comportamento. Essa supporta gli interventi di applicazione della
BBS in alcune realtà produttive monitorando il progressivo andamento dei risultati. Di seguito
vengono riportati alcuni esempi (http://www.aarba.eu).
3.8. Embraco Europe, produttore di compressori – Stabilimento di Riva presso Chieri
“Il protocollo B-BS è risultato applicabile ed efficace. Ha ancora spazi di miglioramento, ma il
processo ha già mostrato i suoi effetti già a pochi mesi dall’avvio abbassando sia l’indice di
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frequenza infortuni e sia l’indice di medicazioni”, sostiene Gianpiero Leva, Responsabile della
sicurezza di Embraco Europe, filiale della multinazionale brasiliana produttrice di compressori con
più di 400 dipendenti nel suo stabilimento di Riva di Chieri (TO). Embraco ha avviato il processo
B-BS in tutti i suoi stabilimenti un anno fa e in Italia, dal 2010 al 2011, ha visto ridursi da 14 a 9 gli
infortuni e le medicazioni da 180 a 62. A parità di ore lavorate ha significato una riduzione del 34%.
“Con questo metodo è davvero possibile la diffusione della cultura della sicurezza, ovvero la
creazione di un ambiente di lavoro in cui tutti pongono la sicurezza al primo posto, sia in relazione
alla propria incolumità che in relazione alla tutela della salute e sicurezza dei propri colleghi di
lavoro”, continua Leva.
3.9. DIAB, produttore di pannelli compositi – Stabilimento di Longarone
“La storia recente alla Diab di Longarone parla di indici infortunistici oscillanti tra valori alti e
valori bassi; dal 2009 in poi c’è stata una decisa diminuzione dell’ indice di frequenza, ossia
numero infortuni per milione di ore lavorate”, scrivono negli atti Toni Barp, direttore di
stabilimento, e Sebastiano Cannata, responsabile della sicurezza, che hanno attuato il protocollo BBS nello stabilimento Diab di Longarone. L’impianto occupa circa 200 persone nella produzione di
pannelli per l’industria navale ed energetica. Inoltre, “c’è stato il più lungo periodo senza infortuni
della storia Diab degli ultimi 15 anni – 160 giorni – e anche una diminuzione delle medicazioni: 29
nel 2010, 19 nel 2011, 4 fino ad aprile del 2012.”, aggiungono gli autori”.
3.10. Heineken Italia, produttore di birra – 4 stabilimenti in Italia
“Heineken ha lanciato nel 2010 un piano per diventare il produttore di birra più green al mondo:
Brewing a Better Future. La BBS è uno degli elementi per raggiungere questo obiettivo”, ha detto
Alessandro Merlo, Responsabile della Sicurezza per Heineken Italia, che negli atti del congresso
descrive i primi risultati ottenuti dal processo.
“In questi primi cinque mesi di implementazione il numero di infortuni senza inabilità
(medicazioni) è diminuito del 47%”, scrive Merlo negli atti del congresso.
http://www.centrostudiilva.com/items/75/allegati/1/Heineken.pdf
3.11. Whirlpool EMEA, produttore di elettrodomestici – 4 stabilimenti in Italia
“I primi risultati che abbiamo potuto riscontrare, a pochi mesi dall’inizio del progetto, nella fabbrica
pilota, riguardano un aumento generalizzato dei comportamenti sicuri in termini di frequenza, in
modo particolare nelle aree dei processi primari di stampaggio e lavorazione lamiera e
dell’assiemaggio prodotti. In questi reparti si è anche registrato, da subito, un rapido incremento
dell’utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuali”, scrivono negli atti Alberto Testi, HSE Senior
Manager di Whirlpool EMEA. “Dopo 4 mesi di attività sul campo, abbiamo registrato anche una
riduzione notevole dei passaggi in infermeria, i cosiddetti first aids che, rispetto all’anno
precedente, si sono dimezzati. La riduzione degli infortuni negli stessi reparti è risultata pari al 30%
rispetto all’anno precedente”.
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dell’invecchiamento della forza lavoro
3.12. Techint E&C, costruzioni industriali – Cantieri in Egitto e Arabia Saudita.
“La Salute, la Sicurezza e l’Ambiente sono obiettivi primari di Techint E&C.”, sostiene Canio
Pietragallo, HSE Director di Techint. “La B-BS – continua Pietragallo – ci ha consentito di ottenere
brillanti risultati in termini di milioni di ore senza infortuni e di Strong Commitment verso la
Sicurezza da parte sia del Top Management che del Site Management di Techint E&C. Applicando
il protocollo B-BS siamo certi di replicare a Yanbu in Arabia Saudita lo stesso esaltante successo
ottenuto in Egitto nel Progetto Damietta.”
CAPITOLO 4 PROGETTAZIONE DELL’INTERVENTO: IN PROGRESS
Gli infortuni possono causare menomazioni o determinare la morte dei lavoratori. Tutti i settori
dell'economia ne sono colpiti, ma il problema è particolarmente grave nelle piccole e medie imprese
(PMI).
Il maggior numero di infortuni in tutti i settori, dall'industria pesante al lavoro d'ufficio, è dovuto a
scivolamenti, inciampate e cadute. Tra gli altri pericoli si annoverano la caduta di oggetti, le ustioni
termiche e chimiche, gli incendi e le esplosioni, le sostanze pericolose e lo stress. Come visto
precedentemente, una percentuale realmente elevata di infortuni e incidenti sul lavoro è causata da
comportamenti umani non sicuri. Per prevenire gli infortuni che si verificano sul lavoro, i datori di
lavoro devono creare un sistema di gestione della sicurezza che comprenda la valutazione dei rischi
e le procedure di monitoraggio ma che principalmente sia uno strumento di diffusione della cultura
della sicurezza.
Sulla base di quanto finora discusso, il progetto, di seguito descritto brevemente e attualmente
ancora in fase embrionale nella sua strutturazione, muove da questi presupposti e si pone il duplice
obiettivo di:
- attuare un intervento in quelle realtà aziendali di piccola e media dimensione, che risultano essere
i contesti più a rischio, finalizzato alla riduzione del tasso infortunistico e della percentuale di eventi
infortunistici e alla diffusione d quella cultura della sicurezza condivisa che garantisca il permanere
del risultato nel tempo.
- esplorare la relazione tra percezione e gestione della sicurezza e l’appartenenza alle diverse fasce
di età al fine di comprendere se il progressivo invecchiamento della popolazione lavorativa possa di
per sé costituire un fattore di rischio ulteriore per la sicurezza e attuare interventi di prevenzione e
protezione maggiormente efficaci.
A seguito della breve disamina sugli interventi, si è scelto di applicare il protocollo scientifico della
BBS in quanto al momento risulta essere quello in grado di garantire maggiore strutturazione del
modello teorico di riferimento, rilevazioni empiriche di dati e soprattutto monitoraggio scientifico
sui risultati con relativa analisi dell’efficacia dell’intervento stesso.
Il progetto avrà una durata di due anni e vedrà il coinvolgimento di aziende di piccola e media
dimensione del Piemonte che costituiscono la maggiore percentuale di realtà presenti sul territorio.
Esse afferiranno a diversi ambiti produttivi e di servizio, con particolare attenzione al settore
metalmeccanico per aspetti di organizzazione e coordinamento con l’attività svolta dal collega
Bondonno. Tale eterogeneità consentirà anche di fare una valutazione di efficacia in relazione ai
diversi contesti.
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dell’invecchiamento della forza lavoro
Le aziende saranno scelte sia attraverso il software EPIWORK dell'INAIL sulla base della
numerosità degli eventi accaduti e della loro gravità sia attraverso l’analisi delle PAT (posizione
assicurativa territoriale) sulla base della distribuzione degli addetti per fasce di età.
Allo step attuale di progettazione si ipotizza il coinvolgimento di circa cinquanta realtà aziendali e il
dato atteso di partecipazione è di circa il 60%. L’adesione al progetto sarà volontaria e gratuita e
basata sulla reale motivazione al cambiamento della classe datoriale.
Di seguito vengono schematicamente descritti, in modo generale e ancora in fase di progettazione,
gli step di lavoro:
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dell’invecchiamento della forza lavoro
Figura 7: Fasi di lavoro applicazione protocollo BBS
In fase di avvio, a seguito del reclutamento dell’azienda, in prima battuta verranno individuati i
canali informativi più efficaci in relazione al contesto con l’obiettivo di informare, sensibilizzare,
coinvolgere i lavoratori a tutti i livelli aziendali (dal datore di lavoro agli operai) ed avviare il
complesso processo di cambiamento partecipato. Per ogni azienda verranno coinvolti: il datore di
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dell’invecchiamento della forza lavoro
lavoro, la dirigenza, le risorse umane, il servizio di prevenzione e protezione, i sindacati e i
lavoratori; verranno costituiti e formati gruppi di lavoro con compiti e obiettivi ben definiti;
verranno identificati a diversi livelli i leader con compiti di coordinamento e supervisione.
Verrà effettuata un’iniziale analisi del contesto che fornirà la condizione di partenza per ogni
singola realtà: documentazione (Documento di Valutazione dei Rischi), analisi di eventuali
infortuni occorsi, incidenti e mancati incidenti; indicatori oggettivi (dati relativi al tasso di infortuni,
malattie, incidenti, assenteismo, ecc..), analisi delle mansione e dei relativi comportamenti a rischio.
Con particolare attenzione all’approccio partecipativo, verranno elaborati gli strumenti di
rilevazione dei comportamenti e periodicamente verranno elaborati e restituiti i dati.
In fase finale del progetto i dati raccolti nelle diverse realtà verranno elaborati in modo trasversale,
(con apposito programma di analisi dei dati SPSS); questo consentirà di verificare l’efficacia del
metodo nei diversi settori di riferimento e in particolare in relazione all’appartenenza alle diverse
fasce di età dei lavoratori partecipanti.
Questo lavoro, certamente ambizioso e non privo di complessità e difficoltà già in fase di avvio, si
pone l’obiettivo di condividere, che venga o meno dimostrata l’ipotesi di partenza, informazioni e
risultati con gli addetti ai lavori e con i decisori in modo da supportare e sostanziare l’orientamento
delle attività di prevenzione primaria.
L’intero progetto, privo della pretesa di generalizzazione, è orientato ad un approccio di
ricerca/intervento per cui sulla base dell’andamento della ricerca, dei feedback che verranno raccolti
sul campo e dell’aggiornamento della letteratura scientifica di riferimento, sarà possibile modificare
alcuni aspetti degli step di lavoro.
4.1. Il Protocollo BBS e il fenomeno dell’Aging
Ad oggi non ci sono dati sugli indici infortunistici, sul tasso di malattie professionali e sulla
condizione di benessere lavorativo e sulla qualità delle prestazioni tali per cui si possa ritenere un
lavoratore anziano maggiormente esposto o vulnerabile a un infortunio, eppure i dati analizzati nel
primo capitolo del lavoro, evidenziano un lieve incremento degli infortuni, riferiti agli anni
2010/2011, dei lavoratori appartenenti alla fascia di età 61-65 anni, contrariamente alle altre fasce
considerate.
Infatti, considerando i dati delle proiezioni demografiche, la recente riforma del sistema
pensionistico, il progressivo declino fisiologico di alcune capacità fisico-cognitive tipiche
dell’invecchiamento che ora deve essere riconsiderato alla luce del prolungarsi dell’attività
lavorativa, dell’interesse/preoccupazione al tema a livello europeo, all’efficacia dimostrata da quei
pochi ma utili interventi, si ritiene opportuno cominciare a pensare agli interventi di prevenzione dai
rischi e di promozione della salute in ambito lavorativo considerando il fattore età.
In prima battuta questo approfondimento si pone un obiettivo di ricerca esplorativo: l’appartenenza
alle diverse fasce di età può influenzare la percezione di salute e sicurezza dei lavoratori e la loro
gestione dei rischi? Il livello di partecipazione ai programmi di prevenzione? Per garantirne
l’efficacia è necessario considerare l’età del lavoratore a cui l’intervento si rivolge?
Con un parallelo interesse di ricerca e di intervento efficace e specifico, durante lo svolgimento del
progetto, particolare attenzione verrà posta al fenomeno dell’invecchiamento della forza lavoro. In
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particolare i dati e i risultati verranno raccolti e monitorati sulla base dell’appartenenza alle diverse
fasce d’età dei lavoratori. Tale approfondimento consentirà di cogliere eventuali differenze legate
all’età e all’anzianità di servizio, relativamente alla vulnerabilità agli infortuni e agli incidenti sul
lavoro e alla loro natura, al modo di vivere e interpretare il concetto di prevenzione dai rischi sul
lavoro e di promozione della salute in ambito occupazionale, al livello di coinvolgimento e di
predisposizione al cambiamento finalizzato al miglioramento continuo del livello di sicurezza sul
lavoro e della propria salute.
L’interesse per il fenomeno dell’invecchiamento della forza lavoro nasce dalla semplice
osservazione di importanti cambiamenti demografici che impattano, e lo faranno con sempre
maggiore rilevanza dei prossimi decenni considerate le previsioni degli esperti, sul sistema sociale,
assistenziale, politico, economico e del lavoro.
Come sostenuto da Macura et all (2005), il fenomeno ha conseguenze economiche e sociali molto
rilevanti: l’impatto di questa tendenza demografica si ripercuoterà sulla crescita economica e sul
mercato del lavoro, sui sistemi di protezione sociale e sul fabbisogno di assistenza sanitaria, sul
tenore di vita e sull’equità tra generazioni, sulla composizione delle famiglie e sulla divisione
sociale del lavoro, sulle politiche abitative e sui flussi migratori, e in generale su tutti gli aspetti
della vita quotidiana, rendendo necessari provvedimenti di politica economica e sociale di vasta
portata in tutti i paesi del mondo.
In un rapporto del Social Policy and Development Division (Department of Economic and Social
Affairs (DESA) – Economic and Social Council (ECOSOC) del 2009, viene proposta
un’interessante analisi del fenomeno dell’invecchiamento della popolazione nel mondo.
Nel 2009 sono state stimate 737 milioni di persone pari o maggiore di 60 anni che costituiscono la
“older population” del mondo, circa i 2/3 vive in città sviluppate . Si stima che questo numero
aumenterà fino a 2 billioni in 2050, e nel tempo il numero di persone anziane supererà quello dei
bambini (persone di età compresa tra 0 e 14 anni).
Oggi nel mondo per ogni 9 persone c’è una persona ultra sessantenne. United Nations Population
Division prevede che nel 2050 questo rapporto muterà e per ogni persona “giovane” ci saranno 5
ultrasessantenni. La percentuale delle persone anziane è attualmente più elevata nelle aree
sviluppate del mondo. In Europa, ogni 5 persone c’è già una persona con un’età pari o superiore ai
60 anni. Le proporzioni equivalenti sono 1 su 10 in Asia, in America Latina e nei Caraibi e 1 su 19
in Africa.
Tuttavia l’invecchiamento della popolazione è in rapido aumento anche nelle zone in via di
sviluppo.
In particolare, a fronte dei progressi della medicina e della diffusione delle informazioni, negli
ultimi decenni l’aspettativa di vita è notevolmente aumentata e di conseguenza la popolazione di
anziani di per sé continua a invecchiare.
Attualmente le persone con più di 80 anni d’età costituiscono il 14% della popolazione
ultrasessantenne e costituisce il segmento di popolazione in più rapido aumento tanto che si stima
che nel 2050, il 20% degli anziani avrà più di 80 anni. Anche il numero di persone centenarie è in
rapido aumento e si stima che il numero della popolazione più anziana aumenterà di 9 volte
passando approssimativamente da 454,000 nel 2009 to 4.1 milioni nel 2050.
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dell’invecchiamento della forza lavoro
Il mondo ha sperimentato un drastico incremento della longevità. A livello globale, l'aspettativa di
vita alla nascita è aumentata di più di 20 anni a partire dal 1950. Considerato il tasso di mortalità
attuale, gli uomini a 60 anni hanno un’aspettativa di vita pari a altri 18 anni mentre le donne a 21.
Tuttavia l’aspettativa di vita a 60 anni varia notevolmente da un Paese all’altro. Nei Paesi meno
sviluppati, gli uomini che raggiungono i 60 anni d’età hanno un’aspettativa di vita di “soli” 15 anni
mentre le donne di 17; nei Paesi più sviluppati, invece, l’aspettativa è di 20 anni per gli uomini e di
24 per le donne.
Le immagini seguenti rappresentano un interessante confronto relativo alla presenza nel mondo
della popolazione ultrasessantacinquenne nel 2009 e una proiezione della stessa nel 2050.
Figura 8: Percentuale della popolazione oltre i 65 anni nel 2009
Figura 9: Percentuale della popolazione oltre i 65 anni nel 2050
In Italia, secondo una recente analisi elaborata dall’ISTAT, al 1° gennaio 2012, l’età media della
popolazione ha raggiunto i 43,7 anni. La popolazione per grandi classi di età è così distribuita: 14%
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fino a 14 anni di età, 65,3% da 15 a 64 anni, 20,6% da 65 anni in su. Inoltre, gli individui di 80 anni
e più sono giunti a rappresentare il 6,1% del totale.
Nel mondo del lavoro, il primo importante impatto di questo fenomeno è rappresentato dalle
riforme del sistema pensionistico attuate da molti Paesi Europei che vedono, al prolungarsi
dell’aspettativa di vita, il protrarsi della vita lavorativa.
Come evidenziano Blondal e Scarpetta (1998) e Gruber e Wise (1999) il cambiamento demografico
in atto rende dunque necessaria la rimozione degli incentivi al ritiro precoce dal mercato del lavoro,
e l’adozione di misure incisive per incrementare i tassi di occupazione dei lavoratori anziani
attraverso la promozione di percorsi di formazione e di istruzione permanenti, le politiche attive del
mercato del lavoro e le buone condizioni di lavoro, i meccanismi di flessibilità come il tempo
parziale e la possibilità di interrompere il percorso di carriera.
Alcuni studi internazionali sistematizzati in un documento dall’Agenzia Europea per la sicurezza e
salute nei luoghi di lavoro (2007) definiscono il fenomeno dell’invecchiamento come un processo
di cambiamento dinamico e diversificato in cui funzioni (fisiologiche, cognitive, ecc..) declinano
ma allo stesso tempo altre competenze possono essere sviluppate. L’aspetto che rende complesso lo
studio del tema è la soggettività del processo stesso, diverso per ogni persona e legato ad altri fattori
quali: pregressa condizione di salute, stili di vita, tipologia di lavoro, genere, ecc..
Il documento sopracitato descrive una serie di abilità e competenze di cui si è dimostrato un
possibile incremento o decremento dovuto all’invecchiamento del lavoratore:
Figura 10: Incremento e decremento delle abilità dovuto all’invecchiamento.
Secondo questo studio, i lavoratori più anziani presentano degli aspetti che possono essere
incrementati con il tempo: una maggiore autonomia decisionale e di azione, il raggiungimento degli
obiettivi con meno sforzi dei lavoratori più giovani; un maggiore senso del dovere e di
responsabilità; maggiore abilità a stimare le loro abilità e i loro limiti; l’esperienza sociale e le
capacità relazionale sono più sviluppate e la possibile funzione di supervisione risulta più efficiente.
Un range di abilità e competenze è invece soggetto al naturale processo dell’invecchiamento in
termini di declino; sebbene non sempre l’invecchiamento causi tali perdite, è possibile affermare
che il declino è relativo principalmente all’aspetto fisico e sensoriale: si riduce la velocità di
reazione fisica e dei processi mentali; si riduce l’udito (il cui declino ha inizio tra i 20 e i 40 anni) e
gradualmente si deteriora la vista; diminuisce la forza fisica anche se può non essere elemento
importante per molte tipologie di lavoro; è stato dimostrato che la perdita delle capacità di
apprendimento non è esclusivamente legata all’età ma è il risultato di un’esperienza lavorativa
caratterizzata da una progressiva perdita di opportunità di apprendimento.
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Molti studi hanno esplorato la relazione tra l’età e il numero di incidenti sul lavoro. I risultati
sembrano essere contrastanti: in alcuni casi (Agenzia Europea) il numero di incidenti aumenta con
l’età mentre in altri diminuisce. Anche la stima delle giornate lavorative perse non sembra
significativa per differenza di età: l’equazione “invecchiamento = maggior rischio d’incidente non
può essere confermata”.
Ciò di cui questi studi parlano è una relazione tra fasce d’età e tipologia di infortunio:

lavoratori più giovani: tagli (gambe e braccia), cadute, urti contro oggetti (auto, bidoni di
rifiuti), il contatto con sostanze pericolose;
 lavoratori anziani: lesioni della schiena e del collo (a causa di movimenti veloci o sovraccarico
estrema), le lesioni delle ginocchia e le gambe (a causa di scivolamenti e cadute).
Da un’analisi descrittiva di 136.985 casi condotta dall’Istituto Nazionale per la Salute e Sicurezza
sul Lavoro negli Stati Uniti (Layne et al. 1997) è stato dimostrato che all’aumentare dell’età del
lavoratore diminuisce il numero di infortuni sul lavoro ma ne aumenta la gravità in termini di danno
permanete e tempi di recupero. Secondo gli autori, il minor numero di infortuni può essere attribuito
alla maggiore esperienza lavorativa , alla progressiva selezione dei compiti che implica una diversa
esposizione alle fonti di rischio ma anche a un maggior livello di commitment per le procedure di
sicurezza. I dati analizzati fanno anche riferimento ai diversi settori lavorativi, per cui è stato
evidenziato che negli Stati Uniti il 55% degli infortuni degli over 55 si verifica nel settore Services
Industry (ospedali e scuole) e in generale solo il 2% degli infortuni è attribuibile a fattori interni (es.
capogiri). L’attribuzione di causa interna o esterna può orientare diversi tipi d’intervento.
Rogers et al (2005), confermano che gli infortuni per i lavoratori più anziani richiedono più giorni
di assenza dal lavoro e sono in genere più gravi. La media di assenza dal lavoro per un analogo
incidente è di 8 gg in generale, di 12 gg per lavoratori dai 55-64 anni e di 18 gg per gli ultra65enni;
negli ultimi 2 casi è elevata anche la possibilità di disabilità permanete post-infortunio. Altri studi
(McMahan et al 2006; Zwerling et al 1996; Breslin et al, 2005) dimostrano che spesso la frequenza
e la gravità degli infortuni sul lavoro sono attribuibili a condizioni dell’ambiente lavorativo ma
anche alla non adeguatezza fisica rispetto al compito. Tale inadeguatezza è relativa a carichi di
lavoro percepiti come pesanti in concomitanza di altri cambiamenti caratteristici
dell’invecchiamento: la vista, l’udito, disturbi muscolo-scheletrici, riduzione della mobilità
giunturale, allungamento dei tempio di reazione, comorbilità e disturbi cronici.
Le modalità di gestione dei rischi sul lavoro in concomitanza con i cambiamenti legati
all’invecchiamento, il livello di vulnerabilità ai rischi, le possibili conseguenze in termini di gravità,
di inabilità permanente, e di giorni di lavoro persi a seguito di un infortunio per un lavoratore
anziano, richiedono inevitabilmente una riflessione sul tema da parte degli studiosi, al fine di
accrescere le conoscenze sull’argomento, e da parte delle organizzazioni stesse per attuare e
perseguire una politica di prevenzione, sicurezza e benessere di questa fascia di lavoratori.
CONCLUSIONI
La salute viene creata e vissuta da tutti nella sfera della quotidianità: lì dove si impara, si lavora, si
gioca, si ama. La salute si crea avendo cura di se stessi e degli altri, acquisendo la capacità di
prendere decisioni e di assumere il controllo delle circostanze della vita, e facendo in modo che la
società in cui si vive consenta la conquista della salute per tutti i suoi membri.
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Il progetto proposto si pone, appunto, l’obiettivo di migliorare la consapevolezza e di aumentare il
livello di responsabilizzazione delle persone nel loro contesto lavorativo, promuovendo, con
l’applicazione di un metodo scientifico e verificabile, la diffusione e la condivisione del concetto di
prevenzione e promozione della salute.
Gli infortuni, non rappresentano solo per il datore di lavoro l’aumento del numero di assenza del
lavoratore, la perdita della continuità del processo di lavoro, l’aumento de costi per assunzione e
formazione di nuovo personale e per le assicurazioni, ma rappresentano soprattutto perdita di vite
umane, della qualità della vita spesso in modo permanente, sofferenza per il lavoratore e per le
famiglie; è necessario pensare che tutto questo ha un impatto drammatico per l’intera società e per
lo sviluppo dei singoli e della collettività.
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 Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro (EU-OSHA), “How to create economic
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https://osha.europa.eu/en/publications/literature_reviews/guide-economic-incentives
 Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro (EU-OSHA), “Prevenzione degli
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https://osha.europa.eu/it/topics/accident_prevention
 Centro Studi Ilva, “Sicurezza comportamentale: un approccio verso una vera cultura della
Sicurezza”
http://www.centrostudiilva.com/items/75/allegati/1/Heineken.pdf
 Commissione
Europea,
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pubblica
http://ec.europa.eu/health-eu/health_in_the_eu/prevention_and_promotion/index_it.htm
 European
Working
Conditions
Observatory
(EWCO),
“Incentivi
http://www.eurofound.europa.eu/ewco/health/promotion/incentives.htm
economici”.
 European Working conditions Observatory (EWCO), “Workplace health promotions”
http://www.eurofound.europa.eu/ewco/health/promotion/index.htm
 INAIL
http://www.inail.it/
 Punto Sicuro, (apr. 2011), “Motivare alla sicurezza: il rinforzo dei comportamenti sicuri”
http://www.puntosicuro.it/sicurezza-sul-lavoro-C-1/varie-C-8/motivare-alla-sicurezza-ilPag 62 di 63
La Prevenzione degli Infortuni e la Promozione della Salute nei luoghi di lavoro con particolare riferimento al fenomeno
dell’invecchiamento della forza lavoro
rinforzo-dei-comportamenti-sicuri-AR-10755/
 PUNTO SICURO, (FEB. 2011), “STRUMENTI ED ESPERIENZE PER INCENTIVARE I
COMPORTAMENTI
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HTTP://WWW.PUNTOSICURO.IT/SICUREZZA-SUL-LAVORO-C-1/TIPOLOGIE-DICONTENUTO-C-6/CAMPAGNE-DI-PREVENZIONE-C-61/STRUMENTI-EDESPERIENZE-PER-INCENTIVARE-I COMPORTAMENTI-SICURI-AR-10600/
 PUNTO SICURO, (GEN. 2010), “MIGLIORARE LA SICUREZZA CONVIENE: LA
RIDUZIONE
DEL
PREMIO
INAIL”
HTTP://WWW.PUNTOSICURO.IT/SICUREZZA-SUL-LAVORO-C-1/TIPOLOGIE-DICONTENUTO-C-6/INCENTIVI-C-57/MIGLIORARE-LA-SICUREZZA-CONVIENE-LARIDUZIONE-DEL-PREMIO-INAIL-AR-9561/
 PUNTO SICURO, (MAR. 2011), “UNA LISTA DI CONTROLLO PER FAVORIRE I
COMPORTAMENTI
SICURI”
HTTP://WWW.PUNTOSICURO.IT/SICUREZZA-SUL-LAVORO-C-1/VARIE-C-8/UNALISTA-DI-CONTROLLO-PER-FAVORIRE-I-COMPORTAMENTI-SICURI-AR-10660/
 PUNTO SICURO, (MAR. 2013) ,“PREMI E INCENTIVI PER DIFFONDERE I
COMPORTAMENTI
SICURI”
HTTP://WWW.PUNTOSICURO.IT/SICUREZZA-SULLAVORO-C-1/TIPOLOGIE-DI-CONTENUTO-C-6/INCENTIVI-C-57/PREMI-INCENTIVIPER-DIFFONDERE-I-COMPORTAMENTI-SICURI-AR12692/?UTM_SOURCE=ISCRITTI&UTM_MEDIUM=EMAIL&UTM_CONTENT=ARTICO
LO_2&UTM_CAMPAIGN=NUMERO+DEL+2013-03-21
 Punto Sicuro, (nov. 2010), “L’importanza della formazione alla luce della scienza del
comportamento”
http://www.puntosicuro.it/sicurezza-sul-lavoro-C-1/tipologie-di-contenuto-C-6/informazioneformazione-addestramento-C-56/l-efficacia-della-formazione-alla-luce-della-scienza-delcomportamento-AR-10404/
 Punto Sicuro, (ott. 2012), “L’importanza dell’efficacia della formazione alla sicurezza”
http://www.puntosicuro.it/sicurezza-sul-lavoro-C-1/tipologie-di-contenuto-C-6/informazioneformazione-addestramento-C-56/l-importanza-dell-efficacia-della-formazione-alla-sicurezzaAR-12271/
 Sisconsulting
http://www.sisconsulting.it/index.php?option=com_content&view=article&id=53:inail&catid=1
0:evidenza
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