La pregiudizialita` amministrativa dieci anni dopo la sentenza
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La pregiudizialita` amministrativa dieci anni dopo la sentenza
Giurisprudenza Giurisdizione Pregiudizialità amministrativa La pregiudizialità amministrativa dieci anni dopo la sentenza 500/99: effettività della tutela e natura della giurisdizione Cassazione civile, sez.unite, sentenza 23 dicembre 2008, n. 30254 - Pres. Carbone - Est. Vittoria Il titolare di un interesse legittimo sacrificato da un esercizio illegittimo della funzione amministrativa ha diritto di scegliere tra il ricorso alla tutela risacitoria e il ricorso alla tutela demolitoria. Tra i presupposti della tutela risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo non è quello che l’atto in cui la funzione si è concretata sia stato previamente annullato in sede giurisdizionale amministrativa. È viziata da violazione di norme sulla giurisdizione ed è soggetta a cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione la decisione del giudice amministrativo che nega la tutela risarcitoria degli interessi legittimi sul presupposto che l’illegittimità dell’atto debba essere stata precedentemente richiesta e dichiarata in sede di annullamento. ORIENTAMENTI Giurisprudenza Conforme: Cass. civ., sez. un., 13 giugno 2006, nn. 13659, 13660 e 15 giugno 2006, n. 13911; Cass. civ., sez. un., 7 gennaio 2008, n. 35; Cons. Stato, sez. V, 31 maggio 2007, n. 2822; Cons. Stato, sez. V, 24 luglio 2007, n. 4136. Difforme: Cass. civ., 27 marzo 2003, n 4538; Cons. Stato, sez. VI, 3 febbraio 2009, n. 587; Cons. Stato, sez. IV, 8 maggio 2007, n. 2136; Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2007, n. 3034. Dottrina Conforme: M. Clarich, La pregiudizialità amministrativa riaffermata dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato: linea del Piave o effetto boomerang?, in questa Rivista, 2008, 1, 55; F. Caringella, La pregiudiziale amministrativa: una soluzione antica per un problema attuale, in G. Pellegrino (a cura di), Le nuove frontiere del giudice amministrativo, Milano, 2008, 99 ss; A. Di Majo, Tutela di annullamento e risarcitoria contro gli atti della P.A.: l’acquis civilistico, in Corr. giur., 2008, 2, 261 ss.; A. Travi, Pregiudiziale e confronto fra le giurisdizioni, in Foro it., 2008, III, 3 ss. Difforme: R. Chieppa, La pregiudiziale amministrativa, in R. Chieppa, V. Lopilato, Studi di diritto amministrativo, Milano, 2007, 655 ss.; E. Follieri, Il modello di responsabilità per lesione di interessi legittimi nella giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo: la responsabilità amministrativa di diritto pubblico, in Dir. proc. amm., 2006, 18 ss.; G. Greco, Inoppugnabilità e disapplicazione dell’atto amministrativo nel quadro comunitario e nazionale (note a difesa della c.d. pregiudizialità amministrativa), in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2006, 3, 513 ss.; G. Ruoppolo, La tutela aquiliana dell’interesse, in Dir. proc. amm., 2001, 758 ss. Omissis. Il commento di Luisa Torchia Dieci anni dopo il riconoscimento della risarcibilità degli interessi legittimi, non è più in discussione la competenza del giudice amministrativo in materia, ma il dibattito - fra studiosi e fra Corti - continua sull’ampiezza e la natura della tutela risarcitoria. Con la sentenza n. 30254 del 2008 la Cassazione ribadisce il suo precedente orientamento volto ad affermare la possibilità di un’azione risarcitoria autonoma dall’azione di annulla- Giornale di diritto amministrativo 4/2009 385 Giurisprudenza Giurisdizione mento e a negare, quindi, contestualmente, la c.d. pregiudizialità, ancora sostenuta, invece, dalla giurisprudenza amministrativa prevalente. La pregiudizialità confligge, secondo la Cassazione, con i principi di effettività della tutela e di unità funzionale della giurisdizione e la giurisdizione deve essere intesa non come l’insieme dei poteri di un giudice, ma come il complesso delle forme di tutela riconosciute dall’ordinamento. La questione e le sue implicazioni. Una breve ricapitolazione La questione della pregiudizialità amministrativa (1) si è trasformata, negli ultimi dieci anni, da regola processuale di preclusione, volta ad ordinare la sequenza fra le giurisdizioni adibili, in una sorta di totem: una entità dal forte significato simbolico, che un gruppo pone a base di un complesso di rapporti ed obblighi costitutivi della comunità. La difesa o l’abbattimento di un totem sono orientati, quindi, al mantenimento o alla trasformazione di un sistema e della sua logica interna e, proprio per questo, si concentrano più sugli aspetti astratti e simbolici che su quelli fattuali ed empirici (2). Non stupisce, allora, che la questione della pregiudizialità sia stata affrontata frequentemente, nella giurisprudenza amministrativa ed ordinaria, anche fuori dall’ambito del thema decidendum della specifica controversia. Cosı̀ è accaduto nella decisione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 12/2007, che ha riaffermato la pregiudizialità ricorrendo ad un obiter e cosı̀ accade nella decisione qui in commento, che nega la pregiudizialità ricorrendo all’art. 363 c.p.c. ed enunciando, quindi, un principio di diritto nell’interesse della legge (3). La questione non rileva, dunque, nel caso di specie per le sue conseguenze pratiche - tanto è vero che il ricorso principale è stato dichiarato inammissibile - ma deve essere esaminata soprattutto per le sue implicazioni di carattere generale, che sono del resto chiaramente individuate dalla Cassazione, come erano state chiaramente enunciate dal Consiglio di Stato nella decisione oggetto di ricorso: la conformazione della tutela a fronte di danni provocati dall’amministrazione pubblica e la natura della giurisdizione che deve assicurare quella tutela. Per meglio inquadrare le posizioni assunte, conviene prendere le mosse da una sia pur sommaria ricapitolazione dei principali passaggi attraverso i quali, negli ultimi 10 anni, la questione della pregiudizialità si è via via andata definendo e ridefinendo, sino a diventare oggetto di una sorta di «scontro» fra giurisdizioni superiori. Il punto di partenza delle vicenda, è bene ricordarlo, si trova nella «pietrificata giurisprudenza» della Cassazione - secondo la celeberrima e accorata definizione di Mario Nigro - volta a negare la risarcibi- 386 lità dell’interesse legittimo in un contesto in cui, peraltro, anche l’azione risarcitoria relativa ad un diritto soggettivo illegittimamente inciso da un provvedimento amministrativo doveva affrontare cinque gradi di giudizio, fra giustizia amministrativa e giustizia ordinaria. Il revirement (tardivo, secondo la dottrina prevalente) rispetto a questo consolidato orientamento è avvenuto ad opera delle sezioni unite, con la sentenza n. 500/1999 (4), con la quale si riconosce autonoma consistenza all’interesse al bene della vita «al quale l’interesse legittimo si correla» e si qualifica come ingiusta, e quindi risarcibile, la sua lesione, pur con differente accentuazione a seconda che si faccia riferimento ad un interesse legittimo pretensivo o ad un interesse legittimo oppositivo. Il diritto al risarcimento è qualificato come diritto soggettivo e l’azione di risarcimento va quindi proposta dinanzi al giudice amministrativo per le materie di giurisdizione esclusiva e dinanzi al giudice ordinario negli altri casi. In questa seconda ipotesi, affermano le sezioni unite - inaugurando la serie degli obiter dicta «non sembra ravvisabile la necessaria pregiudizialità del giudizio di annullamento», dato che non è più necessario far «riespandere» il diritto soggettivo dalla precedente «degradazione» (secondo il modelNote: (1) Per un inquadramento generale del tema, anche sotto il profilo comparato, v. F. Cortese, La questione della pregiudizialità amministrativa, Padova, 2007. (2) Sul carattere ideologico e simbolico della pregiudizialità v. C. Varrone, Annullamento o risarcimento: una medesima causa pretendi (la lesione dell’interesse legittimo) e G. Coraggio, La pregiudizialità è la soluzione?, ambedue in G Pellegrino (a cura di), Le nuove frontiere del giudice amministrativo, Milano, 2008, rispettivamente 121 ss. e 109 ss.. (3) Su queste tecniche di decisione sono ancora illuminanti le considerazioni di G. Gorla, «Ratio decidendi», principio di diritto (e «obiter dictum»), in Foro italiano, 1964, V, 89. (4) Fra gli innumerevoli commenti, F.D. Busnelli, Dopo la sentenza 500. La responsabilità civile oltre il «muro» degli interessi legittimi, in Riv. dir. civ., 2000, 335 ss.; V. Carbone, La Cassazione apre una breccia nella irrisarcibilità degli interessi legittimi, in Corr. giur., 1999, 1061 ss.; A. Di Majo, Il risarcimento degli interessi «non più solo legittimi», in Corr. giur., 1999, 1376 ss.; gli interventi di R. Caranta, F. Fracchia, A. Romano, E. Scoditti, in Foro it., 1999, I, 3201 ss.; A. Orsi Battaglini, C. Marzuoli, La Cassazione sul risarcimento del danno arrecato dalla pubblica amministrazione: trasfigurazione e morte dell’interesse legittimo, in Dir. pubbl., 1999, 487 ss.; L. Torchia, La risarcibilità degli interessi legittimi: dalla foresta pietrificata al bosco di Birnam, in questa Rivista, 1999, 9, 843 ss. Giornale di diritto amministrativo 4/2009 Giurisprudenza Giurisdizione lo di tutela calibrato, appunto, sulla irrisarcibilità degli interessi legittimi). La pregiudizialità viene negata, quindi, in un assetto nel quale si presume che l’azione risarcitoria non debba essere esercitata dinanzi al giudice amministrativo, bensı̀ davanti al giudice ordinario, fatte salve, naturalmente, le «particolari materie» di giurisdizione esclusiva. Questo assetto viene modificato dal legislatore che con diversi interventi, approdati poi all’attuale testo dell’art. 7 della legge n. 1034/1071 (c.d. legge Tar) (5), concentra la tutela del privato nei confronti dell’amministrazione dinanzi al giudice amministrativo, il quale conosce, quindi, sia dell’annullamento, sia del risarcimento. La questione della pregiudizialità diventa, cosı̀, una questione interna alla giurisdizione amministrativa e la giurisprudenza si orienta prevalentemente ad utilizzare la pregiudizialità per regolare non solo la sequenza, ma anche la rispettiva rilevanza dell’azione di annullamento e dell’azione di risarcimento, configurando la prima come condizione della seconda. La tutela risarcitoria viene variamente definita come consequenziale, accessoria, sussidiaria, eventuale rispetto alla tutela demolitoria, e viene assoggetta ai meccanismi processuali tipici di quest’ultima, primi fra tutti l’impugnazione e la decadenza (6). La situazione non muta dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 204/2004, che, nel definire i confini delle materie attribuite al giudice amministrativo, esclude che il risarcimento sia anch’esso una materia e lo qualifica, invece, come una tutela ulteriore a disposizione del privato (7), che trova la sua fonte direttamente nell’art. 24 della Costituzione. All’affermazione, spesso in termini netti ed enfatici, della pregiudizialità si accompagnano, però, anche nella giurisprudenza amministrativa ad essa favorevole, orientamenti più articolati, che consentono, ad esempio, l’opzione, in determinate circostanze, per il solo risarcimento, senza imporre al privato di avvalersi necessariamente degli effetti conformativi dell’annullamento (8). La pregiudizialità torna a diventare una questione di giurisdizione, non più interna, ma esterna al processo amministrativo, con le due ordinanze delle sezioni unite 13 giugno 2006, nn. 13659 e 13660 e 15 giugno 2006, n. 13911, seguite dall’ordinanza 16 novembre, 2007, n. 23471, con le quali, dopo aver ribadito che il preventivo annullamento dell’atto amministrativo nel termine di decadenza non costituisce condizione necessaria per proporre l’azione risarcitoria, si aggiunge che «il rigetto della domanda per mancata impugnazione del provvedimento può essere considerato come rifiuto di esercizio della Giornale di diritto amministrativo 4/2009 giurisdizione, con conseguente applicabilità dell’art. 362, c. 1, del codice di procedura civile» (9). A queste seguono, in rapida successione, l’Adunanza plenaria n. 12/2007 (10), con la quale il Consiglio di Stato palesa il suo radicale disaccordo rispetto all’orientamento della Cassazione (11) e la nuova decisione della Cassazione, n. 30254 occasionata proprio dal ricorso contro la sentenza n. 12/2007, che di nuovo qualifica la pregiudizialità come una questione di giurisdizione, entrando, però, questa volta, nel merito delle nozioni di giurisdizione e di tutela e inquadrando l’azione risarcitoria in questa più ampia ricostruzione. Note: (5) Per un esame della successione delle norme v. A. Travi, Lezioni di giustizia amministrativa, Torino, 2008, 49 ss. (6) Esemplare, in proposito, Cons. Stato, Ad. plen.26 marzo 2003, n. 4, sulla quale v. L. Torchia, Giustizia amministrativa e risarcimento del danno fra regole di diritto processuale e principi di diritto sostanziale, in questa Rivista, 2003, 6, 567 ss.; per un esame d’insieme della giurisprudenza in materia v. R. Chieppa, La pregiudiziale amministrativa, in R. Chieppa, V. Lopilato, Studi di diritto amministrativo, Milano, 2007, 655 ss.; F. Cortese, La questione della pregiudizialità amministrativa, cit., pp. 142 ss.. (7) Sul significato dell’aggettivo ulteriore, come in precedenza era già accaduto per l’aggettivo consequenziale, continua il dibattito degli esegeti, senza però che dalla lettera si riescano a trarre determinazioni conclusive in ordine alla sostanza. Sulla sentenza n. 204/2004 della Corte cost. v. i commenti di M. Clarich, A. Police, B.G. Mattarella e A. Pajno in questa Rivista, 2004, 9, 969 ss.; L. Torchia, Biblioteche al macero e biblioteche risorte: il diritto amministrativo nella sentenza n. 204/2004 della Corte costituzionale, in Foro amministrativo Tar, supplemento al n. 12, 2004, p.119; i commenti di A. Travi e di F. Fracchia in Foro it, 2004, I, 2594 ss.; V. Carbone, C. Consolo, A Di Majo, Il «waltzer» delle giurisdizioni rigira e ritorna a fine ottocento, in Corriere giur. 2004, 9, 1125 ss. (8) Cons. Stato, sez. VI, 10 novembre 2004, n. 7256, con nota di R. Chieppa, È possibile optare per il solo risarcimento del danno da provvedimento amministrativo illegittimo, senza avvalersi degli effetti conformativi del giudicato di annullamento, in Diritto e formazione, 2005, 376. (9) Sulle quali v. A. Lamorgese, Riparto della giurisdizione e pregiudizialità amministrativa: le Sezioni unite non convincono, in Urb.e app., 2006, n. 10, 1175 ss.; A. Travi, La Corte regolatrice della giurisdizione e la tutela del cittadino, in Corr. giur., 2006, 1049 ss.; R. Garofoli, G. Ferrari, Manuale di diritto amministrativo, Neldiritto Editore, Roma, 2008, 1180 ss. (10) Sulla quale v. M. Clarich, La pregiudizialità amministrativa riaffermata dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato: linea del Piave o effetto boomerang?, in questa Rivista, 2008, n. 1, 55 ss.; A. Di Majo, Tutela di annullamento e risarcitoria contro gli atti della P.A.: l’acquis civilistico, in Corr. giur., 2008, n. 2, 261 ss.; G. Pellegrino, Giurisdizione e pregiudiziale: luci e ombre di una sentenza che fa discutere, ibidem, 267 ss; la nota di R. De Nictolis, in Foro it., 2007, 3186; A. Travi, Pregiudiziale e confronto fra le giurisdizioni, in Foro it., 2008, III, 3 ss. (11) Sulla necessità di un atteggiamento dialogante e non di scontro fra le due corti v. P. de Lise, Le nuove frontiere del giudice amministrativo: pregiudiziale, risarcimento, translatio (con Postilla successiva all’Ad. plen. n. 12/2007), in www.giustiziaamministrativa.it. 387 Giurisprudenza Giurisdizione La reazione del giudice amministrativo non si è fatta attendere. Con sentenza del 3 febbraio 2009, n. 587, la sesta sezione del Consiglio di Stato ha confermato la sua adesione alla pregiudizialità amministrativa chiarendo, però, che la mancata impugnazione del provvedimento, quale atto-fonte del danno, rende la domanda risarcitoria non inammissibile, ma infondata nel merito, in quanto impedisce che «il danno possa essere considerato ingiusto o illecita la condotta tenuta dall’amministrazione in esecuzione dell’atto inoppugnato o tardivamente impugnato». È evidente l’obiettivo di riportare la pregiudizialità all’interno del processo amministrativo e di escludere la sua rilevanza come questione di giurisdizione, eliminando cosı̀ la condizione che rende possibile la ricorribilità in Cassazione delle sentenze del Consiglio di Stato. È facile profezia prevedere che non mancheranno ulteriori interventi della Corte regolatrice sulla questione, tanto che da più parti si invoca un intervento del legislatore volto a regolare la materia. È per la verità accadimento raro che un intervento legislativo abbia effetti chiarificatori, specie in una materia che, come questa, è ormai indissolubilmente connessa a concezioni di fondo sulla natura della giurisdizione, delle situazioni soggettive, delle tutele disponibili e del diritto di attivarle, e, last but not least, del ruolo del giudice e di quelle che ciascun ordine di giudici vede come le proprie ragioni di legittimazione (12). La sentenza in commento non sarà, quindi, l’ultima parola della vicenda sinora sommariamente riepilogata, ma ne costituisce un passaggio essenziale e assai rilevante per l’ampiezza e lo spessore delle argomentazioni esposte, alle quali occorre ora rivolgere l’attenzione. Il fondamento: la verifica delle condizioni di ricorribilità Una domanda di annullamento di decreti di occupazione d’urgenza dichiarata improcedibile perché è sopravvenuta l’irreversibile trasformazione dei suoli. Una domanda di annullamento del decreto di espropriazione accolta, per essere stato il decreto adottato dopo la scadenza del termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità. Una questione di giurisdizione, risolta con l’affermazione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Una domanda di risarcimento ancora pendente dinanzi al giudice di primo grado, al quale viene rimessa la causa per la definizione del giudizio, senza che il Consiglio di Stato si pronunci sulla domanda 388 risarcitoria. Una dichiarazione di «non pertinenza» alla controversia della pregiudizialità amministrativa, se non per la sua connessione con la questione della giurisdizione. Tutti questi elementi, contenuti nell’Adunanza plenaria. n. 12/07, vengono confermati dalle sezioni unite., ma allo stesso tempo utilizzati per arrivare rapidamente, nella prima parte della sentenza, alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso principale e al rigetto del ricorso incidentale, senza però che questa (preliminare) conclusione esaurisca il dovere di pronunciarsi sugli stessi ricorsi. Le sezioni unite hanno ritenuto, infatti, come già detto, che la rilevanza e la particolare importanza della pregiudizialità amministrativa richiedesse la discussione della questione ai fini dell’enunciazione di un apposito principio di diritto, secondo le previsioni dell’art. 363 c.p.c. Il ricorso all’art. 363 c.p.c. non esime, naturalmente, dalla verifica delle condizioni che costituiscono il fondamento per il sindacato della Corte «per i soli motivi inerenti alla giurisdizione» (art. 111, u.c., Cost.). Le sezioni unite non si sottraggono alla verifica dell’esistenza del fondamento e circoscrivono, innanzitutto, l’indagine alle lesioni (di diritti o interessi) derivanti da un provvedimento illegittimo, escludendo, invece, i casi in cui la lesione derivi da un comportamento, anche quando tale comportamento sia conoscibile in sede di giurisdizione esclusiva. Dall’indagine viene altresı̀ escluso qualsiasi dubbio in ordine al fatto che debba esercitarsi dinanzi al giudice amministrativo l’azione risarcitoria del privato che si ritenga leso da un atto amministrativo. La verifica si concentra, quindi, sulla interpretazione dell’espressione «per i soli motivi inerenti alla giurisdizione» e muove dalla ricapitolazione dei fattori di evoluzione dell’ordinamento alla luce dei quali quella espressione va interpretata. Già dall’elenco dei fattori evolutivi traspare l’argomento centrale sul quale la decisione si fonda: una concezione della giurisdizione non come potere del giudice, ma come strumento e condizione di effettività dell’ordinamento e, quindi, delle tutele che l’ordinamento prevede. La giurisdizione non viene definita, quindi, con riferimento a ciò che spetta a ciascun giudice, ma con riferimento alla tutela che Nota: (12) Per quanto riguarda il Consiglio di Stato, v. i contributi raccolti in S. Cassese (a cura di), Il Consiglio di Stato e la riforma costituzionale, Milano, 1997; G. Barbagallo, Stile e motivazione delle decisioni del Consiglio di Stato, in I Consigli di Stato di Francia e d’Italia, a cura di G. Paleologo, Milano, 1998 pagg. 233 - 258; S. Giacchetti, Problemi esistenziali della giurisdizione amministrativa, 2008, in www.giustizia-amministrativa.it. Giornale di diritto amministrativo 4/2009 Giurisprudenza Giurisdizione spetta ad ogni situazione soggettiva, realizzando, secondo l’insegnamento di S. Satta, l’affermazione dell’ordinamento nel caso concreto (13) o, in termini oggi più correnti, la sua effettività Si tratta di una concezione della giurisdizione costituzionalmente orientata, che trova il suo fondamento, secondo le sezioni unite, nel diritto difesa sancito dall’art. 24 Cost., nel divieto di porre limiti alla tutela giurisdizionale nei confronti degli atti della pubblica amministrazione enunciato nell’art. 113 Cost. e nel principio del giusto processo e della sua ragionevole durata affermato con l’art. 111, c. 1, Cost.. I «motivi inerenti alla giurisdizione» possono essere ravvisati, di conseguenza, non solo relativamente alla eventuale violazione di una regola di riparto, ma anche in presenza di una pregiudiziale (è il caso di dire) esclusione di una forma di tutela che la giurisdizione, invece, ricomprende. In questo caso non si avrebbe, infatti, una decisione sul merito della pretesa avanzata da chi si rivolge al giudice, in quanto l’esame nel merito sarebbe, appunto, precluso dalla mancanza di un presupposto per l’esercizio dell’azione: nel caso di specie, il previo esperimento dell’azione di annullamento. Ma se la norma sulla giurisdizione indica non solo il giudice competente, ma anche le forme di tutela che l’ordinamento assicura, il giudice non può sottrarsi all’esame della fondatezza nel merito della richiesta di tutela risarcitoria, assoggettandone - tra l’altro in assenza di una espressa previsione dell’ordinamento - l’esercizio, e quindi l’ammissibilità, alla fondatezza della tutela demolitoria. Proprio questo primo passaggio della sentenza è stato immediatamente oggetto di critiche (14), volte a sottolineare come non si possa affermare che il giudice amministrativo, quando dichiara inammissibile la domanda risarcitoria in quanto non sia stata preventivamente esperita l’azione di annullamento, rifiuti di esercitare la giurisdizione: ché anzi si afferma, cosı̀, uno specifico modo di esercizio di quella giurisdizione, entro la quale vale (rectius, varrebbe) la regola di preclusione che va sotto il nome di pregiudizialità amministrativa. Si è richiamato, in proposito, l’esempio della tardività. Quando un ricorso viene dichiarato improcedibile per tardività, il giudice sta esercitando la sua giurisdizione, rilevando l’operatività di una preclusione all’esame di merito della pretesa: e lo stesso accadrebbe nel caso di affermazione della pregiudizialità amministrativa. Vengono assimilate, cosı̀ argomentando, però, due regole di preclusione assai diverse, per almeno due ordini di ragioni. La preclusione derivante dalla tardività del ricorso è espressa- Giornale di diritto amministrativo 4/2009 mente prevista dalla legge ed è quindi l’ordinamento, in questo caso, a conformare la tutela con la previsione di un termine per il suo esercizio. Al contrario, la preclusione derivante dalla pregiudizialità amministrativa (che non a caso, anche i sostenitori continuano a definire «cosiddetta») non ha alcun fondamento normativo, ma deriva da una operazione interpretativa mediante la quale si connettono in sistema la norma che prevede l’onere dell’impugnazione dell’atto amministrativo entro il termine di decadenza e la norma che attribuisce al giudice amministrativo la cognizione del risarcimento del danno insieme «agli altri diritti consequenziali». Sotto altro profilo, la preclusione derivante dalla tardività si configura come regola meramente processuale, non estendibile ad azioni diverse da quella impugnatoria (ad esempio, all’azione di accertamento in sede di giurisdizione esclusiva). Applicando la preclusione derivante dalla pregiudizialità si traspone, invece, una regola processuale dettata per l’azione di impugnazione all’azione di risarcimento e, cosı̀ facendo, si produce un effetto sostanziale rilevantissimo: si impedisce al soggetto danneggiato la scelta fra le azioni di tutela poste a sua disposizione dall’ordinamento e gli si impone, anzi, di esperirle in una determinata sequenza, all’interno della quale tutela demolitoria e tutela risarcitoria assumono consistenza assai diversa. Proprio perché l’effetto di preclusione sarebbe, cosı̀, generalizzato, sembra ragionevole la tesi delle S.U. che vede in esso non un vizio del modo di esercizio della giurisdizione, ma una violazione della norma che, nell’attribuire la giurisdizione (e quindi la tutela) risarcitoria al giudice amministrativo impone che l’eventuale diniego della tutela sia fondato sulle concrete circostanze della specifica controversia e non sull’astratta configurabilità dell’azione risarcitoria, misurata sul suo rapporto con l’azione di annullamento. Il fondamento del sindacato della Cassazione si trova, quindi, nella portata della norma attributiva della giurisdizione, che nella sentenza viene ricostruita mediante l’esame della tutela risarcitoria quale tutela autonoma, attribuita al giudice amministrativo in quanto tale e quindi da questo denegabile nel caso concreto quanto alla fondatezza della Note: (13) S. Satta, Giurisdizione (nozioni generali), in Enciclopedia del diritto, 218 ss. (14) Fra i primi commenti v. gli interventi di R. Villata, F. Satta, A. Rmano Tassone, C. Varrone, P. Quinto, R. Gisondi, P. Carpentieri, G. Abbamonte, in www.giustamm.it 389 Giurisprudenza Giurisdizione pretesa, ma non in astratto quanto all’autonomia dell’azione (15). Tutela risarcitoria autonoma e tutela risarcitoria di completamento L’interpretazione della norma attributiva della giurisdizione è centrale, quindi, per dimostrare che il giudice amministrativo, quando applica la preclusione derivante dalla pregiudizialità come regola generale e astratta sempre valida, pone in essere, secondo il canone tradizionalmente utilizzato, una violazione dei limiti esterni della giurisdizione. La prova di tale violazione è indagata, nella sentenza, sotto due diversi profili: l’estensione e la conformazione della giurisdizione attribuita al giudice amministrativo e la possibilità di sottoporre le forme di tutela costitutive di quella giurisdizione a particolari condizioni di esercizio. Sotto il primo profilo, le sezioni unite ricordano come la principale ragione giustificatrice dell’estensione della giurisdizione amministrativa alle azioni risarcitorie sia stata la volontà di concentrare la tutela del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione dinanzi ad un unico giudice. Una ragione, quindi, strettamente connessa al principio di effettività della tutela, che prescinde dagli ordinari criteri di attribuzione basati sulla natura della situazione soggettiva o su particolari materie, come risulta chiaramente anche dalle pronunce della Corte costituzionale sul punto (16). La tutela risarcitoria non nasce, quindi, con la sua attribuzione al giudice amministrativo, ma preesiste e viene attribuita al giudice amministrativo quale tutela già conformata dall’ordinamento: oggetto dell’attribuzione è la tutela risarcitoria già esercitabile dinanzi al giudice ordinario. È la tutela risarcitoria a rendere «piena» (17) la giurisdizione amministrativa e non viceversa. Di fronte al giudice amministrativo l’azione di risarcimento, che si aggiunge a quella di annullamento, può e deve esercitarsi, di conseguenza, con la medesima ampiezza con la quale si esercita dinanzi al giudice ordinario (e quindi sia per equivalente, sia in forma specifica). Le sezioni unite traggono qui la prima conseguenza dalla concezione, posta a base della decisione, della giurisdizione come insieme di forme di tutele e non, invece, come insieme di poteri di un giudice. È il potere del giudice che deve essere misurato mediante la norma attributiva della giurisdizione e non, viceversa, quest’ultima ad essere interpretata (restrittivamente) guardando ai poteri del giudice (o al modo in cui il giudice, per ragioni storiche, 390 concepisce quei poteri). In altri termini, il fatto che il giudice amministrativo sia e si concepisca soprattutto come un giudice titolare del potere di annullamento dell’atto, non significa che la tutela risarcitoria debba essere necessariamente collegata, ed anzi subordinata, alla tutela demolitoria. Si badi bene, le sezioni unite non negano che possa configurarsi una tutela risarcitoria complementare (ulteriore, consequenziale) alla tutela di annullamento. Ma la tutela risarcitoria che l’ordinamento appresta per la riparazione della lesione degli interessi legittimi non è - non può essere - ridotta alla tutela complementare, ma ha - può sempre avere - anche natura autonoma, la cui sussistenza deve essere verificata in relazione al caso concreto. Negare pregiudizialmente l’esistenza di una tutela risarcitoria autonoma costituisce, allora, un rifiuto di giurisdizione da parte del giudice amministrativo, in quanto tale sindacabile dalla Cassazione. E qui si verifica la condizione per l’intervento della Corte regolatrice. La parte più interessante e più ricca del ragionamento svolto dalle sezioni unite sta, però, per la verità, non tanto nell’applicazione del canone dei limiti esterni della giurisdizione alla materia in esame, quanto nelle conseguenze, di grande rilievo sul piano ricostruttivo, per quanto riguarda il tipo di protezione assicurata dall’ordinamento all’interesse legittimo e la configurazione del diritto di difesa in capo al soggetto che ritenga, appunto, leso un proprio interesse legittimo da un provvedimento amministrativo. Il diritto di difesa e la natura sostanziale dell’interesse legittimo Al fine di ricostruire la consistenza dell’interesse legittimo (18) come situazione soggettiva tutelata Note: (15) Sotto questo profilo, sembrerebbe potersi configurare un diniego di tutela, e quindi un rifiuto di giurisdizione, anche quando la domanda risarcitoria viene rigettata per infondatezza, ove il giudizio di infondatezza non sia l’esito di una indagine sulle concrete circostanze in cui la controversia si inquadra e, quindi, sulla consistenza della pretesa, ma il risultato automatico di una mera verifica formale sulla sussistenza di una previa azione di annullamento. (16) Corte cost. sentenze nn. 204/2004, 191/2006 e 77/2007. (17) Sul tema della piena giurisdizione davanti al giudice amministrativo v. A. Police, Il ricorso di piena giurisdizione davanti al giudice amministrativo, I e II, Padova, 2000-2001; D. Vaiano, Pretesa di provvedimento e processo amministrativo, Milano, 2002. (18) Per un’acuta e sintetica ricostruzione storica della nozione v. B. Sordi, Interesse legittimo, in Enciclopedia del diritto, Annali II, tomo II, 709 ss.. Giornale di diritto amministrativo 4/2009 Giurisprudenza Giurisdizione dall’ordinamento, le S.U. muovono nuovamente dalla Costituzione. Viene richiamato, innanzitutto, il diritto di difesa sancito dall’art. 24, inteso anche come diritto di ciascuno di scegliere la tutela da azionare fra quelle apprestate dall’ordinamento. La scelta della forma di tutela non può che essere soggettiva e finalizzata all’interesse privato protetto. Non si può, invece, funzionalizzare tale scelta (e quindi costringerla) nell’ambito di una configurazione della giurisdizione amministrativa come giurisdizione oggettiva, per la quale il ripristino della legalità violata è obiettivo primario ed assorbente mentre residuale, occasionale ed eventuale resta la protezione dell’interesse individuale leso. Che il processo amministrativo sia un processo di parti - quindi necessariamente poste su un piano di parità - è del resto acquisizione ormai consolidata e che ha trovato recenti conferme tanto nella giurisprudenza costituzionale, quanto negli interventi legislativi sul processo stesso. È quasi superfluo notare come l’eventuale rifluire del giudice amministrativo verso la giurisdizione oggettiva non potrebbe che incidere sulla sua capacità di assicurare l’effettività della tutela, costituirebbe una rottura dell’unità funzionale della giurisdizione e porrebbe lo stesso giudice in una inevitabile posizione di minorità. Di più. Una volta che l’ordinamento ha riconosciuto la sussistenza, nell’ambito della tutela assicurata dall’art. 113 Cost., della tutela risarcitoria, il diritto a chiedere il risarcimento del danno ingiusto subı̀to diviene misura comune di protezione di tutte le situazioni soggettive e si configura, secondo le sezioni unite, come misura minima di tutela, rispetto alla quale è la tutela di annullamento ad avere carattere aggiuntivo. Mentre, infatti, il giudice può annullare solo nei casi previsti dalla legge, lo stesso giudice è tenuto a riconoscere il risarcimento in tutti i casi in cui si ravvisi un danno ingiusto, in applicazione della norma primaria contenuta nell’art. 2043 c.c.. L’affermazione chiara e netta del diritto del privato di scegliere l’azione di tutela che ritiene per sé più confacente fa giustizia di tutte le ipotesi che per giustificare la pregiudizialità pretenderebbero dal danneggiato una sorta di collaborazione doverosa con il danneggiante, ben al di là dei limiti della diligenza del creditore. Il privato che subisca una lesione da un provvedimento illegittimo dovrebbe, in quelle ipotesi, operare innanzitutto in funzione della correzione della illegittimità - e, quindi, nell’interesse generale - e solo successivamente ed eventualmente agire nel proprio interesse. Ma se cosı̀ fosse, il diritto amministrativo e il suo processo manterrebbero non più soltanto tratti di specificità dovuti Giornale di diritto amministrativo 4/2009 alla natura delle relazioni e degli interessi in gioco, ma di vera e propria specialità, che si tramuterebbe, per quanto riguarda il risarcimento, in una separazione dall’ordinamento generale. Il soggetto danneggiato dall’amministrazione disporrebbe, infatti, solo di una separata e minore tutela, in un processo finalizzato all’annullamento, secondo regole e preclusioni del tutto distinte rispetto a quelle valide per chi subisce un danno da un soggetto privato (19). Questi tratti di specialità non sarebbero, però, secondo una diffusa opinione, propri solo del diritto amministrativo, ma ricorrerebbero anche nel diritto civile e nel diritto del lavoro: i casi più citati, in proposito, sono la disciplina della invalidità delle delibere delle società di capitali e la disciplina del licenziamento. Le sezioni unite si danno carico dell’obiezione ed esaminano queste ed altre fattispecie, ma fanno notare come, al di là del merito di ciascuna - e, occorre aggiungere, del fatto che si tratta di particolari fattispecie e non dell’intero arco di relazioni possibili in quell’ambito - esse sono accomunate da un tratto essenziale: l’esistenza di una norma che assoggetta a termini di decadenza l’esercizio dell’azione in quella specifica ipotesi o preclude il ricorso ad una specifica forma di tutela (cosı̀ come accade anche nel diritto amministrativo, con l’attuale formulazione dell’art. 246, c. 4, del Codice dei contratti pubblici). Nessuna norma prescrive, invece, che l’azione risarcitoria per un danno provocato da un provvedimento amministrativo sia preceduta dall’azione di annullamento. Né questa norma potrebbe essere individuata, come pure sostengono parte della dottrina e della giurisprudenza, nell’art. 7, c. 4 della legge Tar, perché delle due l’una: o la norma si riferisce alla tutela risarcitoria quale conformata dall’ordinamento, e allora essa comprende anche la tutela risarcitoria autonoma; o essa si riferisce soltanto ad una forma di tutela risarcitoria ancillare rispetto alla tutela demolitoria, ma allora è a quest’ultima che la preclusione andrebbe, in ipotesi, riferita e non a tutte le azioni risarcitorie possibili. Il complesso di queste azioni risarcitorie è da individuare, secondo le sezioni unitem, guardando alla natura sostanziale della tutela correlata alla natura sostanziale dell’interesse legittimo, quale situazione Nota: (19) F. Caringella, La pregiudiziale amministrativa: una soluzione antica per un problema attuale, in G. Pellegrino (a cura di), Le nuove frontiere del giudice amministrativo, cit., 99 ss. 391 Giurisprudenza Giurisdizione soggettiva protetta dall’ordinamento e dal generale principio di effettività della tutela. Il principio di effettività vale direttamente - e non mediatamente - per la tutela risarcitoria come per quella di annullamento, ciascuna dotata dei propri presupposti, processuali e sostanziali, che non possono essere traslati e sovrapposti, condizionando l’azione di danno alla previa impugnazione. L’assoggettamento dell’azione di danno all’azione di annullamento non trova giustificazione, sotto altro profilo, perché comporta una indebita estensione degli effetti della inoppugnabilità, facendone derivare una presunzione di legittimità dell’atto - nell’Ad. plen. n. 12/07 qualificata addirittura come assoluta (20) - che risente di una concezione dell’amministrazione come soggetto posto in una posizione di sopraordinazione e di privilegio non con riferimento a specifiche circostanze o momenti del suo agire e sulla base di norme espresse, ma per l’intrinseca (e insindacabile) natura del potere pubblico. La base legittimante di tale natura starebbe nella cura dell’interesse pubblico, che deve necessariamente configurarsi, allora, come un interesse diverso, superiore e, per cosı̀ dire, non contaminabile con gli interessi privati, che sempre devono di fronte ad esso soccombere, a meno di non trovarsi, per avventura, ad essere «occasionalmente protetti». Si dimentica cosı̀ che, per dirla in termini kantiani, l’interesse pubblico ormai da tempo non può più concepirsi come noumeno - realtà che non si può conoscere in senso proprio - ma rileva, invece, come fenomeno - il solo possibile oggetto dell’esperienza sul quale costruire la conoscenza - e, ancor più, come fenomeno di eterogeneità e di varietà (21). Non si può negare, per altro verso, che il richiamo all’interesse pubblico abbia i suoi meriti, perché, ove depurato dalla possibile venatura autoritaria, sottolinea la dimensione sovraindividuale dell’interesse curato dall’amministrazione e la necessaria considerazione degli interessi dei terzi, che assume nel rapporto amministrativo particolare rilevanza. Tale dimensione non può essere utilizzata, però, come una sorta di esimente o di attenuante relativamente al dovere di rispettare il principio di naeminem laedere, valido per l’amministrazione come per ogni altro soggetto dell’ordinamento, né può trasformare la ratio riparatoria dell’art. 2043 c.c. in una ratio sanzionatoria, valida solo per gli illeciti civili dell’amministrazione. Questi sarebbero, infatti, gli effetti del prevalere della concezione che vede il ripristino della legalità quale finalità assorbente del sindacato del giudice amministrativo e pretende, 392 quindi, che esso si concentri non sulla invalidità dell’atto, ma sul suo annullamento, perché solo cosı̀ l’atto illegittimo potrà essere sostituito dall’atto legittimo. La condizione di inoppugnabilità dell’atto non può, infatti, di per sé produrre un effetto di validazione dell’atto dannoso, perché lesivo di una situazione soggettiva protetta. Non si spiegherebbe, altrimenti, come ricordano le sezioni unite, la possibilità che l’amministrazione stessa annulli l’atto proprio per un vizio di legittimità, quasi che la «presunzione di legittimità» sia destinata a valere solo per i destinatari dell’atto, ma non per il soggetto che l’ha posto in essere. L’atto inoppugnabile è sicuramente un atto efficace, ma sembra una vera e propria forzatura trasformare l’attitudine a produrre effetti indipendentemente dalla validità in una sorta di convalida, dalla quale deriverebbe, a sua volta, l’impossibilità di qualificare il danno, provocato appunto dall’efficacia dell’atto, come ingiusto. Si avrebbe cosı̀ il paradosso di un atto che opera, al tempo stesso, come fonte della lesione e sua causa di giustificazione (22) e si negherebbe la stessa autonomia fra norme di validità e norme di comportamento, con la conseguenza, per fare un solo esempio, che la violazione della buona fede - che non incide sulla validità dell’atto o del contratto - non potrebbe mai essere fatta valere come fonte di responsabilità (23). L’argomento più frequentemente utilizzato per giustificare il rilievo dato all’inoppugnabilità non solo sul piano dell’efficacia, ma anche sul piano della validità dell’atto, è l’esigenza di stabilità e certezza delle situazione di diritto pubblico, esigenza tutelata, appunto, mediante il termine di decadenza per l’azione di annullamento. Anche qui si compie, però, una forzata traslazione fra azioni e loro effetti. L’azione risarcitoria non attenta in alcun modo alla stabilità e alla certezza delle situazioni di diritto pubblico o, secondo altra formula corrente, alla reNote: (20) Sulla presunzione di legittimità v. le convincenti considerazioni di M. Clarich, La pregiudizialità amministrativa riaffermata, cit., 59 ss. (21) In termini sistematici, M.S.Giannini, Diritto amministrativo, Milano, 1970, vol. I, 106 ss. (22) V. R. Giovagnoli, Il danno ingiusto, in La responsabilità della pubblica amministrazione, a cura di F. Caringella e M. Protto, Zanichelli, 2005, p. 161 (ove, peraltro, si ammette il giudizio risarcitorio «puro», ma a condizione che sia anch’esso instaurato entro il termine di decadenza). (23) In termini generali sul tema v. F. Merusi, Buona fede e affidamento nel diritto pubblico. Dagli anni «trenta» all’"alternanza», Milano, 2001. Giornale di diritto amministrativo 4/2009 Giurisprudenza Giurisdizione golazione degli interessi compiuta con l’atto amministrativo. Al contrario, proprio perché quella regolazione degli effetti è stabile, certa e produce effetti, è possibile accertare l’esistenza di un danno e la possibilità del suo risarcimento - senza che, sia detto per inciso, sia necessaria alcuna disapplicazione in funzione riparatoria di una lesione che non può essere cancellata e che, del resto, nella maggior parte dei casi non potrebbe essere interamente cancellata neanche mediante la rimozione dell’atto lesivo. La stessa giurisprudenza amministrativa è del resto orientata a non consentire alcuna facile equivalenza fra illegittimità dell’atto e illiceità, pretendendo ad esempio, ai fini dell’accoglimento della domanda di risarcimento, la prova della colpa dell’amministrazione, e riconoscendo con larghezza condizioni di esenzione dalla stessa colpa, quali la complessità delle norme da applicare o i contrasti giurisprudenziali (24). Allo stesso modo, non può stabilirsi alcuna automatica equivalenza fra inoppugnabilità dell’atto e presunzione di legittimità e fra (presunta) legittimità e insussistenza della illiceità della condotta, che deve invece essere misurata non soltanto attraverso lo schermo distorcente dell’atto, ma guardando al rapporto amministrativo nel suo complesso (25). Le sezioni unite. non mancano di ricordare, in proposito, come nella direzione di un processo amministrativo centrato sul rapporto e non solo sull’atto vadano numerosi sviluppi, quali la nuova disciplina dei motivi aggiunti, il nuovo regime dettato in via legislativa per i vizi c.d. formali, l’attribuzione al giudice di conoscere della fondatezza dell’istanza a fronte di un illegittimo silenzio dell’amministrazione. giudizialità sia in effetti rilevante, e non solo l’occasione per parlare di questioni diverse, per pur ben più consistenti. La sentenza, come quella che ne costituisce l’oggetto, ha preso le mosse, come si è visto, dal valore simbolico della pregiudizialità, quale elemento essenziale di una determinata concezione della giurisdizione. La concezione affermata dalla Cassazione può essere riassunta riecheggiando una nota formula letteraria: un giudice è un giudice è un giudice (26). Il giudice deve assicurare, nell’ambito della giurisdizione che gli è attribuita, tutte le forme di tutela che sono costitutive di quella giurisdizione. Non è quindi possibile che il trasferimento della giurisdizione (intesa quale misura della competenza) da un giudice ad un altro comporti una modifica, tantomeno in senso peggiorativo, della stessa giurisdizione (intesa come insieme di tutela riconosciute dall’ordinamento), perché è la tutela a conformare la funzione del giudice, e non viceversa. I principi di effettività della tutela e di unità funzionale della giurisdizione trovano, qui, concreta affermazione e realizzazione: i giudici possono anche essere storicamente divisi, ma le tutele e i diritti non possono essere, invece, separati e conformati a seconda del giudice al quale sono sottoposti. Di qui converrà muovere per dimostrare che la giustizia amministrativa è in grado di assicurare tutta intera la tutela spettante e che la maggiore semplicità e celerità del processo amministrativo, rispetto al processo civile, possono essere un vantaggio, e non un ostacolo, per l’effettività della tutela. La Cassazione e Gertrude Stein: un giudice è un giudice è un giudice Il dibattito sulla pregiudizialità è destinato a continuare e con esso l’esame degli specifici strumenti a disposizione del giudice per circoscrivere l’ambito del risarcimento (fra i più citati, il concorso del creditore in applicazione dell’art. 1227 c.c.) o per escludere dalla preclusione alcuni casi in cui è difficile sostenere la necessità del previo annullamento dell’atto (ad esempio quando il provvedimento sia già caducato in esito ad un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, o sia stato rimosso in sede di autotutela, o sia sopravvenuta, per ragioni non imputabili al ricorrente, l’improcedibilità della domanda di annullamento tempestivamente notificata). Si tratterà di un dibattito tanto più utile quanto più avrà ad oggetto casi per i quali la pre- Giornale di diritto amministrativo 4/2009 Note: (24) Ex multis, Cons. Stato, 23 ottobre 2007, n. 5539; Cons. Stato., sez. VI, n. 1514/2007; Cons. Stato, 30 maggio 2007, n. 2758; Cpns. Stato, sez. VI, n. 6608/2006, ove si afferma che «l’illegittimità dell’atto è solo un elemento concorrente ad integrare la illiceità della condotta dell’amministrazione, che deve essere verificata in base al rispetto delle regole proprie dell’azione amministrativa, poste da norme costituzionali (imparzialità, buon andamento), da norme di legge ordinaria (celerità, efficienza, efficacia, trasparenza),o da principi generali dell’ordinamento (ragionevolezza, proporzionalità, adeguatezza)». In termini generali sul tema v. S. Cimini, La colpa nella responsabilità civile delle amministrazioni pubbliche, Torino, 2008. (25) V. M. Protto, Il rapporto amministrativo, Milano, 2008, 203 ss.. (26) «Rose is a rose is a rose is a rose» è un verso del poema Sacred Emily di Gertrude Stein (1913), ora in Selected writings of Gertrude Stein, Vintage Books, 1990. 393