LA SPEDIZIONE TRANSATLANTICA DI LOCATELLI DEL 1924 LE

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LA SPEDIZIONE TRANSATLANTICA DI LOCATELLI DEL 1924 LE
L'APERTURA DELLE ROTTE COMMERCIALI AEREE. LE ROTTE TRANSATLANTICHE E TRANSPOLARI
1924 - ANTONIO LOCATELLI SULL'ATLANTICO NORD
LA SPEDIZIONE TRANSATLANTICA DI LOCATELLI DEL 1924
LE PREMESSE DELLA SPEDIZIONE LOCATELLI - Fino a cinquant'anni fa, in America
ci si andava solo per nave, con un transatlantico, se uno era ricco industriale o possidente o ricca ereditiera, o
con un cargo, se uno era un povero emigrante. E se la nave era un transatlantico che poteva competere per il
Nastro Azzurro, il viaggio poteva durare 4-5 giorni, se la nave era un cargo il viaggio poteva durare anche 1015 giorni. Oggi tutto è cambiato. Oggi uno può, al mattino, prendere il suo caffè sul Sentierone, imbarcarsi ad
Orio al Serio e alla sera, prima che tramonti il "suo" sole, andare a cena sulla 5th Avenue a New York.
In questa profonda trasformazione nel modo di viaggiare, Antonio Locatelli ha avuto un suo ruolo; ma ruolo
sfortunato e perciò dimenticato e forse anche da pochi conosciuto. Ed un contributo Locatelli lo ha dato anche
a quella somma di conoscenze della meteorologia dell'Artico che alla fine ha permesso l'apertura delle rotte
polari artiche.
Era il 1924, quando Locatelli aveva 29 anni (Bergamo 19-4-1895; Lekempti 27-6-1936).
Nel 1924 il Nastro Azzurro, l'ambita e ricercata fiamma che sventolava sull'albero maestro della nave che
aveva impiegato il minor tempo sul tragitto Europa - Nord America o viceversa, era detenuto dal transatlantico
inglese « Mauretania », che lo aveva conquistato nel Novembre del 1907, coprendo la distanza tra
Queenstown (ora Cobh - Irlanda) e New York in 4g 05h 10min alla velocità di 23,21 nodi. Il « Mauretania »
aveva queste caratteristiche: 31.938 ton di stazza - 240,8 mt di lunghezza e 26,8 mt di larghezza; le sue 4
eliche erano mosse a 180 g/min da 4 turbine a vapore da 68.000 cv, alimentate da 25 caldaie che
consumavano 850 ton di carbone/giorno; trasportava 560 passeggeri in 1ª classe, 460 in 2ª e 1180 in 3ª.
Il primato era poi stato superato, nel Luglio del 1929, dal transatlantico tedesco « Bremen », che aveva coperto
la distanza tra Cherbourg (Francia) e New York (Ambrose Lightship) in 4g 17h 42min alla velocità di 27,83 nodi.
Il « Bremen » aveva queste caratteristiche: 51.656 ton di stazza - 284,8 mt di lunghezza e 31,0 mt di larghezza;
le sue 4 eliche erano mosse da turbomotrici da 125.000 cv; trasportava 600 passeggeri in 1ª classe, 500 in 2ª,
600 in 3ª e 300 in classe turistica. Sul « Bremen », novità assoluta, era imbarcato anche un piccolo aereo che,
lanciato mediante catapulta in prossimità del porto di attracco, permetteva il recapito della posta con notevole
anticipo sull'ora d'arrivo della nave.
Si riportano i dati caratteristici di questi transatlantici, per dare un'idea di quali colossi erano le navi che
solcavano l'Atlantico.
Ancora nel 1933 il transatlantico italiano « Rex », per attraversare l'Atlantico sulla rotta Europa - America,
aveva impiegato 4g 13h 58min, viaggiando alla velocità di 28,92 nodi, e aveva conquistato il Nastro Azzurro.
(1)
Se al tempo di Locatelli, i 1500-2000 passeggeri di un transatlantico dovevano impiegare 4-5 giorni per andare
dall'Europa all'America, oggi, a bordo di 5-6 jumbo jet, vi impiegano 7-8 ore.
Il Boeing B 747/300, entrato in servizio nel 1983, ha queste caratteristiche: velocità massima 965 km/h,
autonomia 12.000 km, quota massima 13.700 mt; può trasportare 400-450 passeggeri. Il Boeing 747/400
entrato in servizio nel 1986 è ancora più capace.
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Comunemente si crede che l'Atlantico sia stato superato per via aerea, per la prima volta, da Charles Lindberg,
con il suo « Spirit of St. Louis », nel Maggio del 1927. Ma l'Atlantico, per via aerea, era già stato attraversato, e
più volte, nel 1919. (2) (3)
Ed è stato calcolato che siano stati in 91 ad attraversare l'Atlantico prima di Lindberg. (4)
L'idrovolante « NC-4 » della Marina Americana (quadrimotore, biplano, scafo centrale Navy/Curtiss), con sei
persone di equipaggio (A.C.Read, comandante; E.F.Stone, pilota; W.Hinton, pilota; J.L.Breese, tecnico
meccanico; H.C.Rodd, radiotelegrafista; E.S.Rhoads, motorista capo), effettuò la traversata dell'Atlantico dal 8
Maggio al 31 Maggio 1919 sul percorso Rockaway (New York) - Chatham (Massachusetts) - Halifax (Nuova
Scozia) - Trepassey Bay (Terranova) - Horta (Fayal - Azzorre) - Ponta Delgada (Såo Miguel - Azzorre) Lisbona (Portogallo) - Ferrol (Spagna) - Plymouth (Inghilterra). La distanza complessiva di 4740 miglia (m)
(7628 km) venne coperta in 53h 58min di volo effettivo.
La vera traversata atlantica da Trepassey Bay a Horta (isola Fayal, del gruppo delle Azzorre) (1206 miglia,
1940 km) venne effettuata nella notte tra il 16/17 Maggio e richiese 15h 13min di volo effettivo). La traversata
da Horta a Lisbona, con tappa intermedia a Ponta Delgada (isola Sáo Miguel), di complessive 939 m (1511 km)
venne effettuata tra il 20 e il 27 Maggio, per un tempo complessivo di volo di 11h 28min. La distanza
complessiva tra le estreme coste del continente americano e le coste del continente europeo (2145 m; 3451
km) venne coperta in 26h 41 min di volo effettivo.
Alla spedizione americana erano stati destinati quattro idrovolanti « NC ». Di questi, il « NC-2 » venne allestito
ma poi smantellato e non partecipò all'impresa; il « NC-1 » e il « NC-3 » parteciparono alla traversata da
Trepassey Bay ma per avversità atmosferiche e disturbi meccanici non raggiunsero le Azzorre e andarono
persi (gli equipaggi vennero però tratti in salvo). Solo il « NC-4 » completò la traversata. (5)
Gli idrovolanti della classe « NC » erano stati sviluppati, sul finire della guerra 1915 - 1918, dalla U.S.Navy per
pattugliamento antisommergibile. L'apparecchio « NC-4 » è ora esposto allo Smithsonian Institute di
Washington.
L'Atlantico venne attraversato per via aerea una seconda volta, sul percorso diretto Terranova - Irlanda, nella
notte tra il 14/15 Giugno 1919 da due inglesi (John Alcock e Arthur Whitten Brown) a bordo di un apparecchio
terrestre Vickers « Vimy », biplano, bimotore, biposto. Arrivati sulle coste irlandesi, a Clifden (Connemara),
avendo visto un ampio spazio adatto all'atterraggio, i due piloti si prepararono alla manovra, ma all'ultimo
momento, troppo tardi, realizzarono che era una marcita. Il pesante velivolo capottò, subendo gravi danni, ma i
due piloti rimasero incolumi. Le 1680 miglia (2703 km) tra costa e costa vennero coperte in 15h 57min, il tempo
totale di volo era stato di 16h 12min, le miglia complessivamente coperte 1890 (3041 km). (6)
Anche questo apparecchio era stato sviluppato, sul finire della guerra 1915-1918, come apparecchio da
bombardamento pesante e destinato a bombardare Berlino in rappresaglia dei bombardamenti tedeschi di
Londra e Parigi. Il velivolo, riparato, è ora esposto nel Science Museum di Londra.
Sempre nel 1919 l'Atlantico venne attraversato due volte dal dirigibile inglese « R-34 », prima in direzione
Europa - America (2 - 6 Luglio) poi in direzione America - Europa (9 - 13 Luglio) sul percorso East Fortune
(Scozia) - New York Pulham (Norfolk). Le due traversate vennero effettuate senza scali intermedi.
La distanza complessiva di 6330 miglia (10•185 km) venne coperta in 183h 15min di volo effettivo. Il « R-34 »,
con 30 persone a bordo, al comando di G.H.Scott, impiegò 108h 12min per percorrere le 3260 m (5245 km) del
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viaggio di andata e solamente 75h 3m per coprire le 3070 m (4940 km) del viaggio di ritorno. A bordo del « R34 » c'erano, nel viaggio di andata 30 persone (più un passeggero clandestino, il primo nella storia del
trasporto aereo) e 31 persone nel viaggio di ritorno. Ventotto persone ebbero a compiere sia il viaggio di
andata che il viaggio di ritorno. (7)
Nei giorni in cui gli americani si preparavano al loro tentativo di trasvolata atlantica, due equipaggi inglesi si
preparavano a compiere la stessa impresa, ma sul percorso diretto Terranova - Inghilterra. Fin dal 1913 il
quotidiano inglese "Daily Mail" aveva messo in palio la somma, assai elevata per quei tempi, di 10.000 sterline
per quel pilota che primo avesse a superare l'Atlantico per via aerea.
Il primo equipaggio che ebbe a tentare l'impresa (18 Maggio) fu quello del Sopwith « Atlantic » (monomotore,
terrestre, biplano, biposto); era costituito da H.G. Hawker e R. Mackenzie Grieve. Dopo aver percorso circa
1050 miglia (1945 km) in poco meno di 15 ore, i due piloti, per disturbi al raffreddamento del motore, furono
costretti a scendere in mare. Per loro buona fortuna una piccola nave da carico danese, la « Mary », li ebbe a
raccogliere, ma essendo la nave priva di apparecchio radio, la notizia del loro salvataggio non fu comunicata
che dopo una settimana. Per giorni e giorni il mondo rimase in ansia per la sorte dei due piloti, anche perché
questi, per non cedere agli americani la gloria del primato, erano partiti quando le condizioni atmosferiche non
erano le più favorevoli al volo. "For the King and the Country" esercitava un grande fascino. (8)
Il secondo equipaggio, F.Raynham e W.Morgan prima, F.Raynham e C.Biddlecombe poi, a bordo del
Martinsyde « Raymor » (monomotore, terrestre, biplano, biposto) tentò due volte l'impresa, ma capottò, una
prima (18 Maggio) ed una seconda volta (17 Luglio), ed alla fine rinunciò all'impresa. (9)
Il nome di St. John di Terranova, dove presero avvio i tentativi, sia di Hawker e di Raynham, che di Alcock, è
nome di spicco nella storia delle comunicazioni dell'era moderna. E' a St.John che il 12 Dicembre 1901,
Marconi, captando il segnale radio lanciato dalla stazione radio di Poldhu (Cornovaglia - Inghilterra di sud-est),
ebbe ad affrancare l'uomo dal contatto fisico per comunicare. Alcock e Brown affrancarono l'uomo dalla servitù
del mare per viaggiare.
Dai tentativi di trasvolata atlantica del 1919 venne tratto l'insegnamento che fosse il più leggero dell'aria, il
dirigibile, il mezzo destinato ad instaurare l'era del trasporto aereo. Solo il dirigibile poteva garantire una
autonomia di volo sufficiente per superare, in sicurezza, l'Oceano e nel contempo garantire una carico pagante
sufficiente per rendere remunerativa l'impresa.
Il progetto "dirigibile" sopravvisse a lungo per gli indiscutibili successi conseguiti dal dirigibile tedesco « Graf
Zeppelin », che, tra il 1928 e il 1939, ebbe a compiere una serie di crociere (590, comprese 140 traversate
dell'Atlantico), senza alcun incidente, per complessive 1.053.396 miglia (1.695.230 km), trasportando 13.100
passeggeri. Anche il dirigibile inglese « R-100 » e il dirigibile tedesco « Hindenburg » conseguirono notevoli
successi. Ma la perdita dei dirigibili « Akron », « Macon » e « Shenandoak » (americani), « R-101 » (inglese) e
« Hindenburg » (tedesco) pose la parola fine ai progetti di usare i dirigibili come mezzi di trasporto aereo.
Come già indicato, l'Atlantico era stato superato per via aerea nel 1919, ma le difficoltà dell'impresa erano
risultate tali che nessuno, fino al 1924, aveva più parlato di ripetere il tentativo.
Locatelli ebbe a tentare l'impresa ed il suo contributo alla soluzione del problema del trasporto aereo attraverso
l'Atlantico non deve essere dimenticato. Locatelli non è solo il Locatelli del volo su Vienna, del Locatelli del volo
sopra le Ande, o del Locatelli di Lekempti. E' anche il Locatelli del tentativo del volo transatlantico del 1924.
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Poiché il suo tentativo non è stato coronato dal successo, il Locatelli del 1924 è stato, però, quasi
completamente dimenticato. Anche perché contemporaneamente a Locatelli, piloti americani stavano
compiendo il giro del mondo in aereo e la loro impresa polarizzava completamente l'attenzione del mondo
aeronautico.
Per quanto a me risulta, non esiste libro che narri diffusamente e dettagliatamente questa impresa: la
progettazione, lo svolgimento, la conclusione. Locatelli stesso non ha scritto libri sul suo tentativo; di lui
esistono solo alcune interviste rilasciate alla conclusione del viaggio ed una conferenza tenuta al Donizetti un
anno dopo. I libri italiani di storia dell'aviazione o ignorano il fatto o vi dedicano solo poche righe. Più generosi i
libri inglesi di storia dell'aviazione che al tentativo di Locatelli dedicano più spazio. I libri italiani che più parlano
del tentativo di Locatelli sono un libro di Francesco Meriano del 1926, uno di Ercole Mazza del 1937, uno di
Annibale Arano del 1940 ed uno di Vittorio Polli del 1986. Ma anche questi libri trattano l'argomento in modo
incompleto; il più esteso è quello di Polli. (10) (11) (12) (13)
Le attuali rotte commerciali aeree sopra l'Atlantico e sopra il mare polare artico, sono conquiste che per
concretizzarsi hanno richiesto tempi lunghi e grossi impegni sia umani che finanziari. Si sono costituite e si
sono affermate nel corso di anni, dopo molti voli preparatori. Molti vi hanno portato il loro contributo, più o meno
consistente, più o meno conosciuto. Ed il contributo di tanti si è poi annegato, confondendosi, nel mare della
conquista finale. Ed il contributo del singolo non è più riconoscibile. Ma non è fuori luogo ricordare il nome di
questi tanti. E' a questo proposito che viene ricordato il nome di Antonio Locatelli e ne viene rievocato il
tentativo.
Come tutte le conquiste, anche il dominio dei cieli è stato conseguito per tappe, con tante sconfitte e tante
vittorie. Il pilota americano che per primo, ma al secondo tentativo, ha attraversato l'Atlantico a bordo di un
pallone aerostatico ha scritto: "Success in any venture is just the intelligent application of failure - Il successo in
ogni impresa non è altro che l'applicazione intelligente di un insuccesso". Ma ha anche detto:
E' stata necessaria anche una buona dose di fortuna ma il successo non dipende da lei. Può fare inclinare il
piatto della bilancia, come l'ultimo granello di sabbia. Ma come il successo in ogni impresa, i requisiti sono:
dedizione, preparazione e lavoro. (14)
E chi lo dice è il pilota che al primo tentativo aveva fallito lo scopo ed era finito in mare; salvato a mala pena da
una nave appoggio.
Il tentativo di Locatelli di raggiungere l'America per via aerea in direzione est-ovest può essere classificato
come una mezza vittoria e una mezza sconfitta. E' uno dei voli preparatori del successo finale. Questi voli non
avevano immediati scopi pratici, spesso non erano altro che semplici imprese sportive; inevitabilmente però
diventavano voli sperimentali dato che permettevano di raccogliere dati sulle condizioni meteorologiche delle
zone attraversate, di sperimentare la resistenza dei motori e dei velivoli, di studiare metodi di pilotaggio e
sistemi di orientamento e di radiocomunicazione su lunghe distanze senza mezzi di orientamento a terra.
Inoltre i voli alle alte latitudini presentavano difficoltà e pericoli per la vicinanza del polo magnetico che fa
impazzire le bussole normali.
In un secondo tempo i dati raccolti nel corso di questi voli sperimentali sono stati utilizzati per avviare servizi
aerei regolari. Ma senza questi voli preliminari, gli attuali servizi aerei non ci sarebbero. Se ora ci si può
spostare in ogni parte della terra per via aerea, lo si deve ai tanti piloti che hanno volato di qua e di la, che
hanno dato il loro contributo al progresso del più pesante dell'aria, e, caso non raro, vi hanno sacrificato la vita.
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Nel 1924, quattro aerei dell'Esercito degli Stati Uniti si erano proposti di effettuare il giro del mondo in aereo e
di attraversare sia il Pacifico che l'Atlantico. Non certo nel senso della loro maggiore larghezza o lunghezza,
perché l'autonomia di volo degli apparecchi impiegati non era tale da permettere lunghi percorsi. La traversata
sarebbe avvenuta seguendo l'andamento delle terre chee costituivano i bordi dei due oceani.
Locatelli tentò di raggiungere l'America per via area e di attraversare l'Atlantico in senso est-ovest nell'estate
del 1924 sul percorso Italia - Inghilterra - Islanda - Groenlandia - Labrador - New York, impegnandosi sullo
stesso percorso seguito dai piloti americani. L'impresa non era mai stata tentata prima e si mostrava rischiosa
anche perché, per la latitudine alla quale doveva svolgersi, le indicazioni fornite dalla bussola potevano rivelarsi
ingannevoli..
Locatelli partì il 25 Luglio del 1924 da Marina di Pisa a bordo di un idrovolante Dornier Wal con quattro
compagni: il Ten.Tullio Crosio, secondo pilota; il Ten. di Vascello Silvio Marescalchi, ufficiale di rotta; i motoristimeccanici Bruno Falcinelli e Giovanni Braccini. L'apparecchio era un idrovolante a scafo centrale, monoplano,
bimotore equipaggiato con due motori Rolls Royce da 350 cv ciascuno montati in tandem sopra l'ala con
un'elica traente e una propulsiva. L'apparecchio era stato progettato dal costruttore tedesco Claudius Dornier
ma veniva costruito in Italia nei cantieri di Marina di Pisa della Società Meccaniche Aeronautiche (CMASA). Gli
accordi del trattato di pace del 1919 non permettevano alla Germania costruzioni aeronautiche militari.
L'apparecchio era stato inizialmente progettato come apparecchio da bombardamento per la marina spagnola.
Locatelli con il suo idrovolante, immatricolato I-DEOR, raggiunge Marsiglia, poi Losanna, Rotterdam, Hull in
Inghilterra, Stromness nelle isole Orcadi, Thorshavn nelle isole Färöer, Reykjavik in Islanda. Il trasferimento
avviene a piccole tappe per permettere una completa e perfetta messa a punto del velivolo e dei motori. Si
ferma a Brough e fa revisionare apparecchio e motori presso le officine della Blackburn Company, nota
industria aeronautica inglese. Qualche giorno prima vi si erano fermati, per lo stesso scopo, gli apparecchi
americani che effettuavano il giro del mondo. Un autore inglese così riferisce:
A Brough, la Blackburn Company ha avvertito il netto contrasto tra l'organizzazione degli Americani e quella
degli Italiani. Gli Americani si erano procurati tutto quello di cui avrebbero potuto aver bisogno e, per esempio,
quando i galleggianti di uno dei loro apparecchi andarono danneggiati in una manovra, fu immediatamente
possibile aprire due contenitori e montare due galleggianti di ricambio. In contrasto, gli Italiani non avevano
assolutamente nulla, ma essi erano così apprezzati ed ammirati per il loro spirito sportivo, che, non solo non
venne loro addebitato il costo della manutenzione effettuata al loro apparecchio, ma Robert Blackburn fece loro
il regalo di riempire di benzina i loro serbatoi. (15)
Il giovedì 21 Agosto Locatelli parte da Reykjavik con destinazione Frederiksdal sulla costa sud occidentale
della Groenlandia, a circa 1300-1500 chilometri di distanza. Parte a circa venti minuti di distanza dai due
superstiti apparecchi americani che effettuano il giro del mondo. Locatelli era stato autorizzato dalle autorità
americane ad aggregarsi alla formazione americana per poter usufruire, in caso di necessità, del servizio di
assistenza che una consistente forza navale americana era pronta a fornire ai suoi piloti.
Dopo circa 7½ ore di volo e a circa 150 chilometri di distanza dalla meta, Locatelli è costretto a scendere in
mare da irregolarità di funzionamento dei motori e da una fitta nebbia che impedisce la visibilità. Locatelli
volava in una zona con presenza di numerosi icebergs e volare a bassa quota senza visibilità rendeva possibile
uno schianto contro un iceberg. Il limite dei ghiacci alla deriva si estendeva tutto attorno alla Groenlandia fino a
sud del Capo Farewell.
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Era intenzione di Locatelli di attendere che la nebbia si risolvesse per riprendere il volo. Ma la nebbia rimase
sempre fitta ed il funzionamento dei motori sempre irregolare. Locatelli con i suoi quattro compagni
(Marescalchi era stato sbarcato, perché era stato aggregato come ufficiale di collegamento con l'ammiraglio
Magruder che comandava la forza navale di appoggio) rimase in mare per tre giorni e quattro notti. Alle prime
ore del lunedì 25 Agosto, l'incrociatore americano « Richmond » avvista il velivolo italiano e trae in salvo l'intero
equipaggio. Il velivolo non può essere salvato e viene incendiato e distrutto perché non costituisca pericolo per
le navi.
Così termina il tentativo di Locatelli.
Un autore inglese parlando del fallito tentativo fatto nel 1930 da due piloti tedeschi (Wolfram Hirth e Oscar
Weller) di ripercorrere la rotta che già Locatelli aveva percorso, commentò:
I loro nomi appartengono alla eletta schiera di quelli che tentarono il volo azzardato, in quella zona piena di
pericoli, quando tutti possono ugualmente vincere o perdere, il risultato dipendendo interamente su quale piatto
della bilancia la fortuna capricciosa si fosse posata. (16)
Per Locatelli la fortuna capricciosa si era posata sul piatto sbagliato. E sul piatto della sua bilancia non era
caduto l' ultimo granello di sabbia necessario per farlo pendere dalla parte giusta.
Ora vediamo come e perché ebbe inizio il tentativo di Locatelli, l'impresa transatlantica di Locatelli non nacque
come tale, ma nacque come ripiego ad un'altra impresa fallita sul nascere.
IL PROGETTO DI SPEDIZIONE TRANSPOLARE DI AMUNDSEN - Nel 1924 il grande esploratore polare
norvegese Roald Amundsen, aveva progettato una spedizione con l'intento di raggiungere il Polo Nord per via
aerea. Amundsen era famoso per avere per primo aperto il passaggio di Nord-Ovest (1905) tra Europa e
America a bordo della piccola nave « Gjöa » (47 ton; ora esposta nel museo navale di Oslo) e per avere, per
primo, raggiunto il Polo Sud (1911) a bordo della « Fram » (pure esposta nel museo navale di Oslo), la nave
con la quale il norvegese Fridtjof Nansen aveva compiuto la sua spedizione polare del 1893-1896. Nella corsa
al Polo Sud, Amundsen aveva superato l'esploratore inglese Robert Falcon Scott che, sulla via del ritorno,
amareggiato per la mancata vittoria e debilitato per mancanza di viveri, era perito con i suoi quattro compagni
di avventura a poca distanza da un ben rifornito deposito che avrebbe costituito la loro salvezza. Tutto questo
aveva fatto sì che attorno ad Amundsen si creasse la fama di esploratore abile e fortunato al quale nulla
sarebbe stato impossibile. Nemmeno di raggiungere il Polo Nord per via aerea; impresa fallita nel 1897 agli
svedesi Andrée, Fraenkel e Strindberg. Il Polo Nord era già stato raggiunto, a piedi, il 6 Aprile 1909,
dall'esploratore americano Robert Edwin Peary, ma restava aperta all'esplorazione la vasta zona che si
estendeva dal Polo all'Alaska. E già nel Maggio 1923 Amundsen aveva progettato di compiere un tentativo in
tale senso.
Amundsen aveva progettato di attraversare l'intero bacino artico, partendo da Point Barrow (Alaska), e,
sorvolando il Polo, raggiungere le Spitzbergen (o Spitzberg, isole dell'arcipelago delle Svalbard); per lo scopo,
aveva attrezzato due apparecchi, un Junkers metallico J13 e un Curtiss-Oriole, sostituendo i soliti carrelli di
atterraggio con sci. Poiché l'autonomia del J13 non sarebbe stata sufficiente per permettere di effettuare il
lungo volo in una sola tratta (la traversata sarebbe stata effettuata solo il 20 Aprile 1928 da Wilkins e Eielson),
Amundsen aveva programmato che un secondo apparecchio, partendo dalle Spitzbergen, avesse ad
approntare un deposito di benzina in un punto della banchisa polare, dove lui potesse atterrare, rifornirsi di
carburante e ripartire per completare la traversata.
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Nessuno sa come Amundsen avrebbe potuto, senza assistenza radio a terra, ritrovare tale deposito costituito
su un lastrone di ghiaccio in costante movimento per la deriva. Amundsen aveva affidato a Haakon H.
Hammer, un americano di origine olandese che esercitava le funzioni di Console a Bergen, il compito di
organizzare la spedizione basata alle Spitzbergen. A Bergen i due si erano conosciuti ed erano entrati in
amicizia. Ma la spedizione Amundsen non si era realizzata perché i suoi due apparecchi, nel corso del Giugno,
durante voli di prova e di esplorazione, erano rimasti irreparabilmente danneggiati. Per il programmato
intervento di supporto ad Amundsen, era stata attrezzata la spedizione "Hammer - Junkers", con base a Green
Harbour nelle isole Spitzbergen, che aveva a disposizione un altro apparecchio metallico Junkers J13.
Hammer, saputo che Amundsen aveva rinunciato al suo tentativo, non rinunciò ad effettuare parecchi voli
esplorativi "per accertare e determinare la possibilità di una aviazione polare". Nel corso di questi voli
esplorativi, Walter Mittelholzer, noto fotografo svizzero aggregato alla spedizione, ebbe a scattare una serie di
fotografie, di elevata qualità, le prime mai scattate nell'Artico.
E Hammer così descrisse i risultati di questi voli:
Stabilimmo la nostra base di operazioni a Green Harbour (Spitzberg) a circa 78 gradi di latitudine nord e vi
trovammo un eccellente porto naturale, dove potemmo tirare l'aeroplano sulla spiaggia e lasciarvelo nei
momenti di riposo. Come ho accennato l'aeroplano era di costruzione interamente metallica, di alluminio, e
poteva quindi essere lasciato all'aperto con ogni sorta di tempo. L'aeroplano metallico è il solo che si possa
usare nei voli artici, essendo difficilissimo, se non impossibile, portare seco gli "hangars" necessari per i comuni
apparecchi di legno e tela.
Il nostro apparecchio era fornito di galleggianti metallici; ma avevamo con noi anche delle ruote e dei pattini per
il caso che avessimo trovato opportuno cambiare il modo di atterraggio. Pure accertammo ben presto che le
ruote non servivano, perché era impossibile trovare, in tutto il gruppo delle isole, della terra nuda, sufficiente
per spiccare il volo: la sola parte delle isole non coperta di neve è la cima dei monti. Anche i pattini si
dimostrarono inutilizzabili, perché i soli luoghi di partenza, dove i pattini potevano essere usati, erano i ghiacciai
e, nei mesi estivi, la neve sui ghiacciai, sebbene in apparenza dura alla superficie, è troppo bucherellata e
spugnosa per sostenere il peso e la pressione di un aeroplano atterrante. Noi dovevamo partire dall'acqua e
non avevamo quindi altra alternativa che usare dei galleggianti e affidarci alla fortuna, poiché era pienamente
previsto che, se l'aeroplano fosse stato costretto ad atterrare sul ghiaccio o sulla neve, esso sarebbe rimasto
colà dove era sceso. Per questa eventualità noi portammo con noi, in tutti i voli, attrezzi di sciatore per
l'equipaggio e viveri per quattordici giorni.
Dalle nostre esperienze aviatorie dell'estate 1923 era apparso chiaramente che gli apparecchi da usarsi per un
volo transpolare dovessero essere costruiti in modo da partire ugualmente bene dalla terra, dal ghiaccio e dalla
neve ed atterrarvi. Eliminata la possibilità di usare galleggianti e pattini come mezzo di atterramento, si arrivò
alla conclusione che un battello volante con uno scafo specialmente rinforzato e attrezzato di pattini per
atterrare sul ghiaccio sarebbe stata la migliore soluzione. Apprendemmo che le "Costruzioni Meccaniche" di
Marina di Pisa avevano già fatto esperimenti in tale senso e che il loro capo costruttore, signor Dornier, era
pronto a fabbricare il tipo di scafo che avrebbe potuto servire al nostro intento.
La prima intenzione del capitano Amundsen fu di usare tre o quattro aeroplani del tipo « Dornier Delphin », con
motore B.M.W. di 185 cv; ma calcoli accurati mostrarono che il raggio di volo di questo aeroplano sarebbe stato
soltanto, nelle migliori condizioni, di 700 miglia (1100 chilometri) circa, il che era affatto insufficiente. Gli ordini
furono quindi mutati in due apparecchi « Dornier Wal », equipaggiati con due motori Rolls-Royce di 380 cv.
Questi motori non sono, come in moltissimi aeroplani bimotori, collocati allo stesso piano delle ali, ma sopra di
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esse. Questo collocamento di motori ha il grande vantaggio di permettere all'aeroplano di continuare il volo,
anche se uno di essi si arrestasse.
Il raggio di azione del tipo « Wal » è di circa 1300 miglia (2000 chilometri circa), un po' più della distanza dal
Polo Nord all'Alaska. Poiché la distanza totale dalle Spitzberg all'Alaska è di circa 1800 miglia (2900 chilometri),
è evidente che noi dovremo fare una sosta nelle vicinanze del Polo e stabilirvi un deposito, per atterrarvi poi di
nuovo e rifornirci di carburante per il volo finale transpolare
Ambedue gli aeroplani avranno stazioni radiotelegrafiche emittenti e riceventi con un raggio da 400 a 500
miglia (da 640 a 800 chilometri). (1)
Il « Dornier Wal » era un apparecchio monoplano bimotore, a scafo centrale, a struttura interamente metallica.
Lateralmente allo scafo, suddiviso in compartimenti stagni separati da paratie, vi erano due corte pinne, che
aumentavano la stabilità in mare, anche burrascoso. Per facilitare il decollo e l'ammaraggio, lo scafo era
opportunamente sagomato con due redan. I due motori, indipendenti e disposti in linea in tandem, erano
montati, sostenuti da un castello di tubi di acciaio, sopra l'ala ed erano ispezionabili in volo. Azionavano eliche
quadripale blindate, una traente ed una propulsiva. Era stato progettato dall'ingegnere tedesco Claude Dornier,
che lo aveva sviluppato come apparecchio da bombardamento marittimo per conto della Marina militare
spagnola. Per le limitazioni imposte dal trattato di pace, tale apparecchio non poteva essere costruito in
Germania e pertanto veniva costruito nei cantieri di Marina di Pisa dalla società "CMASA" (Costruzioni
Meccaniche Aeronautiche S.A.). Il « Dornier Wal » era un ottimo apparecchio e in varie versioni venne costruito
in circa 300 esemplari. Molti primati degli anni '20 e '30 vennero conquistati da questo apparecchio. Le
caratteristiche dell'apparecchio erano le seguenti: (2)
Apertura alare mt22,5
Lunghezza mt17,2
Altezza mt 5,2
Superficie alare mqq 96
Peso a vuoto kg 3560
Peso totale kg 5700
Velocità massima km/h 180
Velocità di crociera km/h 140
Quota tangenza mt 3500
Autonomia km 1800
Motorizzazione:due motori Hispano Suiza da 300 cv
La versione « Marina » adottata per l'impresa polare, differiva da questa principalmente nella motorizzazione
(due motori Rolls-Royce Eagle a 12 cilindri a V raffreddati a liquido da 350 cv), in una maggiore resistenza
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strutturale, in un maggior carico utile (kg 2000) e in una maggiore autonomia di volo (km 2000). Lo scafo, diviso
in cinque compartimenti stagni, aveva a prua una cabina per l'osservatore; seguiva la cabina per i piloti, che
avevano a disposizione doppi comandi; le cabine erano aperte. I motori potevano essere ispezionati in volo. Il
velivolo era dotato di un apparecchio cinematografico, sistemato a prua, per le riprese in volo e di un
apparecchio radiotelegrafico con una portata di 700-800 km.
Gli scopi della spedizione polare vennero indicati da Hammer come segue:
Bisogna bene mettere in chiaro che l'obiettivo di un volo transpolare non è quello di riscoprire il Polo o di
trovare e di annettere un continente artico; ma quello di esplorare il milione circa di miglia quadrate di territorio
sconosciuto, situato tra il Polo Nord e l'Alaska, e di dimostrare la praticità degli aeroplani per le esplorazioni. E'
opportuno ricordare che una nave, se fosse possibile, impiegherebbe da quattro a sette giorni per spingersi
attraverso il bacino polare, mentre un aeroplano per traversare lo stesso territorio impiegherà da 24 a 26 ore di
volo effettivo.
L'esplorazione della vasta zona sconosciuta fra il Polo Nord e l'America sarà certamente di immenso interesse
e valore per la scienza e ciò, dal punto di vista di un esploratore, sarà sufficiente a giustificare il tentativo di volo
transpolare. Ma da un punto di vista politico o, per così dire, nazionale, altri obiettivi possono essere raggiunti:
uno dei più importanti è la conoscenza delle possibilità di una via aerea transpolare e la determinazione di
possibili stazioni di tappa in questa zona sconosciuta. E' certo che gli aeroplani percorreranno in futuro le 1800
miglia (2500 chilometri) del volo transpolare. In 5 o 10 anni la via transpolare durante l'estate sarà la più breve
e la più sicura via aerea per l'Europa: lungo questa via si potranno stabilire sicuri posti di atterramento di
fortuna, ciò che non sarà mai possibile nell'Oceano Atlantico. Un volo transpolare, abbia o non abbia successo,
sarà un evento straordinario nella storia dell'aviazione e servirà moltissimo all'ulteriore sviluppo di essa. (3)
Il progetto di Amundsen era ambizioso e lungimirante, perché si proponeva, non solo l'esplorazione di zone
sconosciute, ma anche di gettare le basi per la realizzazione di linee commerciali aeree, che congiungessero
America, Europa e Estremo Oriente passando sopra il tetto del mondo; che è la rotta più breve. Solo nel 1952
la SAS (Scandinavian Airlines System) diede inizio a voli commerciali tra Europa e America seguendo una rotta
transpolare artica. Questa rotta è ora regolarmente usata da molte compagnie aeree per i collegamenti con
l'Estremo Oriente.
Quando il Commissariato Italiano all'Aeronautica, non esisteva allora un Ministero dell'Aeronautica, ebbe
notizia degli intendimenti di Amundsen, si inserì nell'iniziativa e si offrì di approntare un terzo apparecchio da
affiancare ai due già stabiliti, impegnandosi ad acquistarlo, pagandolo interamente, e ad equipaggiarlo con
personale italiano.
Un accordo stipulato il 9 Aprile e debitamente approvato da Mussolini, stabiliva:
Fra il Commissariato dell'Aeronautica Italiana rappresentato da Arturo Mercanti, Intendente Generale, da un
lato, e l'esploratore Roald Amundsen, assistito dal signor Hammer, dall'altro è stabilito:
Il Commissariato dell'Aeronautica consente a partecipare, nella più grande possibile estensione, alla
spedizione di Amundsen al Polo Nord e, di conseguenza, aggiungerà alla spedizione un terzo « Wal Dornier ».
Questo terzo « Wal Dornier » sarà esattamente uguale in tutte le sue parti a quelli in corso di costruzione nella
Officina S.A.I.Costruzioni Meccaniche di Pisa.
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Il capitano Roald Amundsen accetta questo aiuto nella sua impresa da parte del Governo Italiano, purché il
terzo « Wal Dornier » sia pronto per il 31 Maggio 1924.
Il terzo « Wal Dornier » è pertanto prestato al capitano Amundsen e rimarrà di proprietà del Governo Italiano,
sia durante che dopo la spedizione, ma dovrà necessariamente portare la bandiera della spedizione Amundsen
con condizioni uguali a quelle degli altri due aeroplani.
Il terzo « Wal Dornier » sarà equipaggiato per cura e a spese del Governo Italiano, ma secondo le istruzioni e
sotto la sorveglianza del capitano Amundsen. L'equipaggio di questo terzo « Wal Dornier » consisterà di non
più di tre italiani, che siano accetti al capitano Amundsen. La distribuzione dell'equipaggio però sarà
interamente devoluta al capitano Amundsen. Per il tempo nel quale i tre italiani parteciperanno ai voli, non
potrà essere garantito loro di essere tutti adibiti allo stesso aeroplano. Ad altri due italiani potrà essere
permesso di aggiungersi ai membri della base della spedizione alle Spitzberg.
Il « Wal Dornier » offerto dal Governo Italiano sarà sotto l'assoluto comando del capitano Amundsen. Tutti i
membri italiani saranno considerati come partecipanti alla spedizione Amundsen sotto gli ordini del capitano
Amundsen, alle stesse condizioni e con lo stesso contratto degli altri membri della spedizione.
I membri e il materiale italiani avranno gli stessi diritti e gli stessi obblighi che l'altro personale e materiale della
spedizione senza eccezione.
E' inteso che il « Wal Dornier » e l'equipaggio italiano prestati dal Governo Italiano non saranno considerati
come di scorta e di riserva, ma saranno impiegati attivamente così come gli altri due aeroplani costituenti
l'equipaggiamento della spedizione.
In ogni caso il capitano Amundsen garantisce, nei limiti delle sue possibilità, che l'italiano « Wal Dornier » sarà
usato per voli al Polo Nord e più oltre, se sarà possibile.
L'organizzazione della spedizione Amundsen provvederà a tutte le spese per l'impiego del terzo « Wal Dornier
» (consumo, cibo, ecc.) dal momento della partenza da Marina di Pisa sino al rientro della spedizione.
I membri italiani saranno pagati e indenizzati dal Governo Italiano. (4)
Venne pure sottoscritto un impegno che riservava al solo Amundsen lo sfruttamento delle corrispondenze
giornalistiche e delle riprese foto-cinematografiche relative all'impresa. E ciò perché con questo mezzo
Amundsen si riprometteva di rientrare dalle enormi spese che avrebbe dovuto sostenere per l'effettuazione
dell'impresa.
La "Agenzia Stefani" così aveva dato notizia dell'accordo sottoscritto:
L'esploratore Amundsen, prima di lasciare l'Italia, ha firmato una convenzione con l'Intendente Generale
dell'Aeronautica, Arturo Mercanti, convenzione che è già stata ratificata dall'on. Finzi, Vice Commissario
dell'Aeronautica e dal Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri ed Alto Commissario per l'Aeronautica, in
seguito alla quale è assicurata all'Italia una larga partecipazione alla spedizione al Polo Nord.
L'Italia ha concesso ad Amundsen un terzo apparecchio « Wal » che le Officine Meccaniche di Marina di Pisa
daranno pronto contemporaneamente agli altri due già in allestimento e che sarà equipaggiato con personale
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italiano. L'aggiunta di un terzo apparecchio da maggiori probabilità di successo all'audace tentativo del grande
esploratore e permetterà all'Italia di partecipare alla sua gloria per virtù della sua industria e dei suoi uomini. (5)
Mussolini aveva subordinato la firma del suddetto accordo all'accettazione di un contratto di compromesso
relativo ai diritti di esclusiva di pubblicazione di articoli relativi alla spedizione. Amundsen aveva già stipulato
questo accordo giornalistico con il "Corriere della Sera". Quando Mussolini venne a sapere di questo accordo
stipulato con un "giornale di opposizione", pretese che in questo accordo venisse incluso anche il suo giornale
"Il Popolo d'Italia". Raggiunto un compromesso tra i due giornali, Mussolini diede il benestare per la firma
dell'accordo principale, ma pretese che nel contratto giornalistico, stipulato il 8 Aprile, venisse inclusa la
seguente clausola:
Roald Amundsen garantisce che i partecipanti italiani alla spedizione non potranno fare separati contratti
giornalistici. (6)
Così Amundsen descrisse il programma del volo:
Come è stato accennato,la spedizione avrà a sua disposizione tre aeroplani « Dornier Wal », ciascuno fornito
di due motori Rolls-Royce: gli aeroplani hanno costruzione perfettamente uguale, sono battelli volanti con
pattini che permettono di atterrare e di prendere il volo così dall'acqua, come dal ghiaccio o dalla neve. Gli
aeroplani sono stati costruiti nelle officine "Costruzioni Meccaniche" di Marina di Pisa, e saranno pronti alla
consegna alla fine di marzo. I principali membri della spedizione, oltre ad Haakon H.Hammer, sono il tenente
Ralph E.Davidson della Marina Americana, i tenenti Hjalmar Rjiser-Larsen e Leif Dietrichson della Marina
Norvegese, il tenente Oscar Omdal della riserva della Marina Norvegese e il ben noto aviatore e deputato
italiano Locatelli, insieme con altri due italiani non ancora scelti da Mussolini. La spedizione sarà inoltre
accompagnata da un eminente giornalista americano, Floyd Gibbons, e dal capitano Jackson dell'Esercito
Americano, come fotografo. Oltre a questi membri, vi saranno altri specialisti, cosicché il numero totale dei
partecipanti alla spedizione sarà di circa una trentina di persone.
Alla fine di Maggio, quando tutti gli aeroplani saranno compiutamente saggiati, ci trasferiremo per via aerea da
Pisa alle Spitzberg. Questo volo coprirà una distanza di circa 3700 chilometri e sarà di grande importanza,
perché costituirà un'aspra prova degli uomini e del materiale. Questo trasferimento sarà diretto da Haakon H.
Hammer con Davidson, Rjiser-Larsen e Locatelli, rispettivamente, come piloti dei tre aeroplani. Almeno quattro
fermate saranno effettuate durante il viaggio e possibilmente gli aeroplani faranno una breve visita a
Copenaghen e a Cristiania.
Nel frattempo, la nave-base della spedizione, che ha una portata da 300 a 500 tonnellate, sarà approntata in
Tromsö (Norvegia) e sarà fornita di una forte stazione radiotelegrafica della ditta Erik F.Huth di Berlino, ditta
che ha installato impianti radiotelegrafici anche in ciascuno dei tre aeroplani. Alle Spitzberg, l'isola Danese
costituirà la principale base degli aeroplani, ma la nave si recherà quanto più a nord le sarà consentito dalle
condizioni dei ghiacci, per servire di stazione, dalla quale gli aerei partiranno per il loro volo verso il nord.
Il primo mese alle Spitzberg sarà impiegato dalla spedizione in osservazioni e preparativi: il vero volo
transpolare non sarà tentato che alla metà di Luglio. Considero questo periodo di tempo come il più favorevole
per il fatto che allora troveremo la massima quantità di acqua nelle regioni polari: quantunque si possa atterrare
anche sui ghiacci o sulla neve, sarà sempre nostra mira scendere sull'acqua.
E' mio intendimento ora di partire con tutti e tre gli aeroplani No.1,2,3, con pieno carico di benzina. Dopo 400
miglia (640 chilometri) di viaggio sarà fatto un atterramento e l'aeroplano No.1 trasferirà agli aeroplani No.2 e 3
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sufficiente benzina per riempire i loro serbatoi, il No.1 rimarrà sul posto come stazione radiotelegrafica
intermedia. Gli apparecchi No.2 e 3 effettueranno un'altra tappa di 640 chilometri e il No.2 allora darà al No.3
sufficiente benzina, perché quest'ultimo riempia di nuovo i suoi serbatoi, avendo in tal modo abbastanza
carburante a bordo per completare l'ultima tappa del viaggio sino all'Alaska, dove sono stati già costituiti sulla
costa settentrionale dei depositi di benzina. Anche il No.2 rimarrà sul posto di atterramento, come stazione
radiotelegrafica. In questo modo, la base delle Spitzberg potrebbe comunicare radiotelegraficamente con
l'aeroplano No.3 per la maggior parte del suo viaggio.
Alla metà di Agosto, la nostra spedizione dovrebbe essere compiuta: i risultati della nostra opera saranno
immediatamente conosciuti. Questa prestezza, per me che sono stato abituato a metodi più lenti, è affatto
nuova. Ma voglio riserbare ad allora l'espressione del mio giudizio sulla pratica convenienza degli aeroplani
come mezzo di esplorazione nel futuro. (7)
In questa esposizione di intenti, Amundsen nulla diceva su come intendeva procedere al ricupero degli
equipaggi dei due aerei abbandonati nel corso del volo transpolare.
A questo proposito qualche cosa di più aveva detto, in precedenza, Rjiser-Larsen, il pilota norvegese di
Amundsen, parlando del programma della spedizione:
Dopo le prove a Pisa ed alle Spitzberg per accertare esattamente il consumo di benzina e il rendimento dei
motori, e dopo voli di prova nelle regioni polari per trovare località di atterramento, l'ultima fase della spedizione
avverrà con le modalità seguenti:
Poiché nessuna macchina può portare benzina sufficiente per l'intero volo dallo Spitzberg all'Alaska, tre
aeroplani saranno necessari per l'ultimo volo, due dei quali serviranno da deposito volante. Ciascuna macchina
porta benzina per sedici ore di volo. Le tre macchine partiranno insieme. Dopo quattro ore di volo atterreranno
ed una macchina cederà a ciascuna delle altre due benzina per tre ore e quindi tornerà allo Spitzberg. Le altre
due procederanno per altre otto ore e quindi atterreranno. Uno degli aeroplani cederà all'altro tutta la sua
benzina e cioè sette ore di benzina: questo aeroplano verrà quindi abbandonato. L'altro così rifornito ripartirà
per l'Alaska recando anche gli aviatori dell'apparecchio abbandonato. L'ultima tappa potrà essere compiuta in
dieci ore. (8)
Alla fine di Aprile il Commissariato dell'Aeronautica scelse il pilota che avrebbe comandato l'equipaggio del
terzo apparecchio della spedizione Amundsen. La scelta cadde su Antonio Locatelli:
Al Comando dell'Aeronautica erano stati sottoposti alcuni nomi fra quelli dei più intrepidi nostri aviatori: si sa
che è stato scelto l'aviatore tenente Locatelli, bergamasco, decorato di medaglia d'oro, neo deputato nella lista
nazionale. Come è noto, il Locatelli che fu tra gli "assi" di guerra, partecipò con D'Annunzio all'impresa di
Vienna, mostrando un ardimento eccezionale. (9)
Locatelli così ebbe a commentare:
Prenderò parte all'impresa ed ho accettato appunto perché l'impresa richiede ardimento. Avrei desiderato che
la cosa mi fosse stata comunicata prima, poiché so per esperienza che ad imprese eccezionali non si é mai
preparati a sufficienza. Appena lessi dell'impresa, ne fui entusiasta e desiderai in cuor mio di poter prendervi
parte. Come vede, sono un fortunato. E' necessario ora un pronto allenamento. (10)
A Locatelli vennero poi affiancati il Tenente pilota Tullio Crosio, 2º pilota; il Tenente di Vascello Silvio
Marescalchi, Ufficiale di rotta; Giovanni Braccini e Bruno Falcinelli, meccanici-motoristi. Non so perché sia stato
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scelto Locatelli come capo spedizione e capo equipaggio. Certamente per le sue indubbie, insuperabili qualità
di pilota, rivelatesi nel corso della Guerra 1915-1918 con i suoi voli su Zagabria, Pola, Fiume, Friedrichshafen e
con il volo su Vienna del 8 Agosto 1918 - "Giovane leone di guardia" di Gabriele D'Annunzio - e con i suoi voli
sopra le Ande tra Pacifico e Atlantico. Ma la sua scelta può essere stata dettata anche da considerazioni
politiche. Aveva partecipato alla spedizione di Fiume a fianco di D'Annunzio, si era avvicinato al movimento
fascista di Mussolini e nelle elezioni politiche del 1924 era stato eletto al Parlamento sia nel Collegio di
Bergamo che nel Collegio di Milano per la Lista Nazionale di ispirazione fascista.
Mussolini, sempre pronto a sfruttare ogni occasione per cancellare le origini squadristiche del suo movimento e
per rifarsi una verginità verso quei vasti strati di italiani che ancora non avevano preso posizione in suo favore,
può aver visto in Locatelli un mezzo idoneo per raggiungere il suo scopo politico. Locatelli, Eroe della guerra,
Medaglia d'Oro, non coinvolto in imprese squadristiche, se avesse felicemente portato a termine l'impresa
polare a fianco di un eroe leggendario quale Amundsen, avrebbe certamente riversato su Mussolini, che lo
aveva designato all'impresa e lo aveva appoggiato, una parte della gloria conquistata. Non bisogna dimenticare
che, allora, il Polo Nord esercitava un fascino particolare, come espressione di tutta l'audacia, di tutto il
coraggio che l'uomo poteva esprimere.
La partenza da Marina di Pisa sarebbe dovuta avvenire il 15 Maggio per Davidson e Rjiser-Larsen (Amundsen
li avrebbe raggiunti alle Spitzberg per nave), e ai primi di Giugno per Locatelli. La partenza venne poi
posticipata alla metà di Giugno ed il 13 Giugno, per assistere alla partenza, a Marina si erano recate la madre e
la sorella di Locatelli, portatrici di un vessillo augurale da loro ricamato, e il padre di Crosio, il signor Antonio
Crosio.
DALLA SPEDIZIONE AMUNDSEN ALLA SPEDIZIONE LOCATELLI - Locatelli, come ebbe notizia di essere
stato scelto come capo spedizione e capo equipaggio dell'apparecchio italiano aggregato alla progettata
spedizione Amundsen, si buttò a capofitto nell'impresa, prima di tutto per acquisire, lui pilota di apparecchi
terrestri, la massima padronanza del nuovo mezzo e poi per capire i mille problemi dell'Artico.
Studiò e si documentò. E quanto studiò e quanto si documentò è provato dai tanti libri che in argomento
esistono nella sua biblioteca.
Si sottopose a intensi allenamenti, per trasformarsi in pilota di idrovolanti, prima sul lago di Bracciano, poi a
Marina di Pisa. Lui abituato a pilotare uno Sva che pesava si e no mille chili, che era lungo otto metri e largo
nove, doveva diventare padrone di un mezzo che pesava cinquemila chili ed era lungo sedici metri e largo
ventidue. E la maneggevolezza dello SVA nulla aveva a che vedere con quella del Dornier. E' come se uno
abituato a guidare una cinquecento venisse chiamato a guidare un Tir con rimorchio. Con la differenza che con
il Tir ci si può fermare, si può fare marcia indietro, si può accelerare, si può rallentare, fermare e ripartire. Con
un aereo se si sbaglia la manovra, solo i santi possono rimediare all'errore.
Del progetto originale non rimase soddisfatto e non si trattenne dall'esprimere critiche e avanzare dubbi:
La traversata polare non può essere considerata alla stregua di qualunque altra spedizione, a causa delle
numerose incognite che presenta. Si è, per esempio, affermato che il volo si sarebbe certamente potuto
effettuare con gli attuali apparecchi. Da parte mia, ho sempre avuto dei dubbi circa tale effettuazione, e non ho
mancato nemmeno di segnalarli agli organi competenti. L'apparecchio é costruito in modo perfetto, ma non
possiede un'autonomia di volo tale da compiere interamente il percorso polare. L'idrovolante costruito per
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l'impresa può infatti tenere l'aria per 1800 chilometri; ma, come avviene per tutte le previsioni, anche questa ha
un valore completamente relativo, sicché un margine calcolato anche ad abundantiam, non può consentire la
previsione che l'apparecchio sia perfettamente in grado di compiere la trasvolata fino al suo termine. Per
arrivare all'Alaska vi é molto, ma molto di più, dei 1800 chilometri di distanza previsti per l'autonomia di volo
dell'idrovolante transpolare. (11)
Era stato stimato che la distanza complessiva da coprire fosse di 3300 chilometri, 1100 chilometri tra le
Spitzberg e il Polo, 2200 chilometri tra il Polo e l'Alaska. Malgrado i tanti dubbi che aveva, Locatelli, tuttavia,
non si ritrasse dall'impegno assunto:
Eravamo impegnati in una convenzione: non potevamo ritirarci, anche perché si sarebbe riversata su di noi la
colpa della mancata spedizione. Se gli altri partivano, saremmo partiti. Avevo la certezza che se doveva
arrivare un pilota straniero, a parità di condizioni, dovevamo arrivare anche noi, almeno un palmo più in là. Ero
anche sicuro che non avevo nulla da imparare dagli organizzatori della spedizione, mentre avevo qualche cosa
da insegnare. Mi domandavo con sospetto perché Amundsen e Hammer non avevano fatto le considerazioni
elementari che ho in parte esposto. Una rivista olandese di geografia diceva che la spedizione mancava di
serietà: cominciavo a crederlo anch'io. (12)
Anche la Società Geografica Italiana aveva avanzato riserve sulla fattibilità dell'impresa. Una speciale
Commissione aveva studiato il progetto dal punto di vista strettamente geografico e aveva dato il suo parere
sui seguenti quesiti: 1) Sarà possibile superare in successione le distanze tra i punti di sosta? - 2) Date le
condizioni meteorologiche, favorevoli o contrarie, che si possono, fino a un certo punto, prevedere, quali ne
potranno essere gli effetti sulla rotta e sulla sicurezza del viaggio?
La Commissione concludeva l'esame dei due quesiti, emettendo, in data 2 Giugno 1924, il seguente parere
finale:
In conclusione, la Società Geografica, tenendosi strettamente nei limiti della propria competenza, ritiene di
poter dichiarare che la riuscita dell'audacissimo volo appare affidata assai più a un imprevedibile determinarsi
di circostanze favorevoli, che a una sapiente organizzazione tecnica, ed alla perizia e al coraggio di coloro che
vorranno avventurarvisi. (13)
Alla questione la Reale Società Geografica Italiana era stata interessata, in data 15 Maggio 1924, con la
seguente lettera a firma dell'Intendente Generale dell'Aeronautica:
La partecipazione italiana alla spedizione di Roald Amundsen è stata convenuta con criteri di grande prudenza,
e non sarà certamente il Governo Italiano che si assocerà ad una spedizione se non quando ne avrà accertato
il carattere di serietà e considerando che l'impresa deve avere pur sempre la parte di incognita annessa a tutte
le spedizioni polari, quanto meno consueto è il mezzo che si adopera nella spedizione.
In argomento mi sarebbe certamente gradito il ponderato pensiero di codesta Società. (14)
Durante le fasi preparatorie del volo erano sorte anche delle divergenze tra Locatelli e gli altri membri della
spedizione. Locatelli non aveva voluto accettare che il suo velivolo portasse solo le insegne della spedizione e
pertanto lo aveva fatto registrare in Italia e aveva fatto dipingere sul timone la bandiera italiana. Inoltre Locatelli
si era rifiutato di sottostare alla condizione, voluta da Amundsen ma bene accolta, se non anche suggerita, da
Mussolini, di astenersi, per due anni dalla conclusione della spedizione, dallo scrivere corrispondenze in
proposito e dallo sfruttare il materiale foto-cinematografico raccolto nel corso della spedizione. Locatelli non
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voleva sottostare a queste limitazioni, dato che già godeva di buona reputazione come scrittore e come
operatore fotografico:
Quando vollero impormi che per i due anni successivi alla spedizione, conservassi il silenzio sull'impresa e non
mi servissi del materiale che con macchine fotografiche e cinematografiche mie avrei raccolto, dichiarai
inaccettabili tali condizioni, che risultavano affatto nuove per la convenzione. Ero nettamente convinto della
necessità della mia collaborazione, e non potevo concederla contro condizioni. Io ero preparato completamente
e in buona fede. Credo che essi fossero seccati che l'Italia mandasse un equipaggio che sapeva il fatto suo e
poteva essere di controllo a loro stessi. Esigevo io stesso una clausola precisa, che stabilisse di lasciare a me
sempre il comando del velivolo italiano e l'equipaggio dello stesso indivisibile. (15)
In questa fase critica dei rapporti tra i vari componenti la progettata spedizione, si venne ad inserire la richiesta
della CMASA, costruttricei dei due « Dornier Wal » ordinati da Amundsen, di vedere regolati i conti perché da
questo non avevano ancora ricevuto alcuna sovvenzione, mentre per il terzo apparecchio ordinato dal Governo
italiano erano stati regolarmente e integralmente pagati. Amundsen, non avendo trovato il necessario sostegno
presso il Governo Norvegese, fu costretto a rinunciare al suo progetto e a cancellare la spedizione. La
decisione, presa quando già la spedizione era in procinto di partire, venne così comunicata:
L'esploratore Amundsen ha definitivamente rinunciato al suo progetto di spedizione aerea al Polo, perché il più
attento esame delle esigenze della spedizione stessa lo ha persuaso che l'impresa richiede mezzi tecnici e
finanziari dei quali egli non può disporre. (16)
Amundsen era sempre in uno stato cronico di fabbisogno economico ed aveva sempre bisogno di qualche
mecenate che avesse a sovvenzionare le sue spedizioni. Per le eccessive spese sostenute per organizzare la
trasvolata polare, avendo impegnato mezzi superiori a quelli di cui disponeva e a quelli messi a sua
disposizione dal Governo Norvegese, venne dichiarato fallito:
Per organizzare la spedizione al Polo, l'esploratore aveva speso assai più di quanto non gli consentissero i
mezzi propri e quelli messi a sua disposizione dallo Stato. (17)
A seguito della decisione di sospendere la spedizione, si aprirono velenose polemiche tra Hammer, al quale
Amundsen aveva affidato il compito di organizzare la spedizione stessa, e Locatelli. Hammer scrisse in un
giornale berlinese:
Il signor Locatelli era considerato come un eccellente pilota di aeroplani comuni, ma non aveva mai
precedentemente volato su di un idroplano o battello volante ed era riguardato come inadatto per il volo
transpolare da alcuni degli esperti aviatori uniti alla spedizione. (18)
Locatelli rispose per le rime e andò giù pesante con la polemica. Dopo aver esaminato nei dettagli il progetto di
volo ("che supera in fantasia le migliori invenzioni di Verne"), disse "due chiare parole ad Hammer":
C'è nell'articolo di Hammer un tratto che mi riguarda, che fa apparire come un favoritismo la mia scelta quale
pilota, come se fosse un favoritismo il concedere di partecipare ad una impresa che aveva per sfondo possibile
la morte. In quanto al suo giudizio sul mio conto, non me ne curo; si ricordi Hammer che forse il volo più lungo
della sua vita fu quello eseguito come mio passeggero da Pisa a Livorno in un piccolo scafo, dove la sua
pancia rientrava appena a misura, e ricordi che mi sono accorto troppo tardi che facevo troppo onore a lui a
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partecipare ad una spedizione nella quale egli era immischiato per scopi puramente speculativi, e vorrei
aggiungere che se vi fu qualcuno ingannato fu proprio Amundsen stesso, la ditta costruttrice e noi.
Se la spedizione avesse avuto luogo, avrei pregato il signor Hammer di andare in cucina a dirigere i cuochi
come più gli conveniva e non gli avrei permesso di immischiarsi nelle faccende di volo. (19)
Critiche ad Hammer vennero anche da altri quartieri:
L'aviatore Mittelholzer, uno dei migliori piloti della Svizzera, che già ebbe ad occuparsi della possibilità di un
volo polare con la competenza che gli deriva da indagini fatte personalmente in velivolo nelle regioni artiche,
pubblica nella "Neuer Zurcher Zeitung" un lungo articolo in cui si dice in grado di stabilire definitivamente le
gravi ragioni che impedirono la volata polare di Amundsen, che, come è noto, avrebbe dovuto iniziarsi a Marina
di Pisa lo scorso giugno.
L'articolo riesce un atto di accusa, garbato ma molto chiaro, a carico di quel signor Hammer che doveva curare
per conto dell'Amundsen la parte finanziaria della spedizione. Questi si sarebbe servito del nome di Amundsen
non per scopi scientifici, ma puramente finanziari.
L'Hammer ordinò, come è noto, gli aeroplani alle Officine Meccaniche di Marina di Pisa quando non aveva
alcuna base finanziaria sicura.
Il 31 Marzo, in occasione della visita a Pisa dell'Amundsen e dell'Hammer, i due apparecchi ordinati erano
quasi pronti, ma i versamenti fatti dall'Hammer non coprivano neanche le spese di acquisto dei motori ordinati
in Inghilterra. L'Hammer si scusò dicendo di essere stato ingannato da persona da lui incaricata in America per
la raccolta dei fondi ed aggiungendo che avrebbe fatto un nuovo piano finanziario. Intanto ai due aeroplani si
aggiunse il terzo, quello donato dal Governo Italiano, finché saltò fuori, tra la meraviglia generale, che
l'Hammer non era in grado di affrontare l'approvvigionamento del viaggio, sebbene egli, in lunghi articoli di
giornali, avesse parlato dell'organizzazione e dei mezzi di cui la spedizione era dotata, facendosi valere come il
meglio preparato per il compito da lui assunto in seguito all'esperienza fatta con voli di orientamento allo
Spitzberg.
In realtà l'Hammer aveva compiuto una volta un volo del genere assieme all'estensore dell'articolo e quella
volta, dopo alcuni giri, aveva perduto l'orientamento.
Un esempio della superficialità dell'Hammer è dato dalla storia del piroscafo che avrebbe dovuto
accompagnare la spedizione. Questa, la vecchia nave sudpolare « Deutschland », doveva trovarsi a Genova
ed era stata comperata per incarico dell'Hammer da persona che da lui aveva ricevuto il denaro occorrente.
Per alcune settimane si fecero ricerche del piroscafo, che si diceva fosse adibito al trasporto di carbone, ma le
ricerche riuscirono vane.
Grazie all'abnegazione dei piloti si riuscì a tempo opportuno a mettere insieme tutte le riserve e gli
approvvigionamenti necessari alla parte aviatoria della spedizione e tutti furono inviati verso lo Spitzberg,
sebbene l'Hammer non avesse pagato che un terzo del convenuto anticipo.
La ditta costruttrice non poteva contentarsi di ricevere in pagamento chiacchiere che non avrebbe potuto
scontare in nessuna banca. La spedizione fallì in tal modo, anche perché l'epoca era intanto molto avanzata ed
era opportuno rinviare ogni tentativo. (20)
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Molti anni più tardi, un esperto aeronautico inglese, esperto perché esperto di voli polari condotti in prima
persona, così ebbe a parlare dell'impresa di Amundsen:
Al suo ritorno a New York (dopo il fallito tentativo, del 1923, di raggiungere il Polo in aeroplano partendo
dall'Alaska) con risorse finanziarie ridotte a zero, Amundsen ebbe la buona ventura di incontrare il facoltoso
americano Lincoln Ellsworth, che accettò di finanziare un tentativo di volare al Polo Nord usando due
idrovolanti « Dornier Wal », equipaggiati con due motori Rolls-Royce da 365 c.v. Queste macchine con la loro
chiglia piatta e le pinne laterali allo scafo per una maggior stabilità laterale, sembravano molto adatte per il
tentativo, essendo in grado di prendere il volo dal ghiaccio dello Spitzbergen. Tuttavia la loro autonomia,
stimata in 16 ore alla velocità di 86 m/h (138 km/h), era in realtà insufficiente per il volo da King's Bay al Polo e
ritorno (1534 m - 2469 km). Il piano di Amundsen contemplava la possibilità di un ammaraggio vicino al Polo, il
trasbordo dell'equipaggio e il rifornimento di un apparecchio da parte del secondo apparecchio, così che
abbandonando un apparecchio, il secondo fosse in grado di compiere il volo di ritorno. Tutto questo
presupponeva la possibilità di trovare, vicino al Polo, una zona di acque libere o di neve soffice, dove i due
apparecchi potessero ammarare e poi decollare; evenienza molto discutibile.
Tenendo in debito conto la possibilità di errori di navigazione e il fatto che il vento, in un volo di andata e
ritorno, provoca normalmente una riduzione di autonomia, un suo aumento di almeno il 25 % avrebbe dovuto
essere presa in considerazione. In altre parole, per assicurare sicurezza di volo, il « Dornier » avrebbe dovuto
avere una autonomia di 1534 + 384 = 1918 miglia (2470 + 618 = 3088 km), all'incirca 2000 miglia (3219 km), in
paragone a quella effettiva di 1376 miglia (2214 km).
Malgrado la sua padronanza delle tecniche di viaggi polari con navi e con cani, Amundsen non ha mai capito le
regole fondamentali dei viaggi in aeroplano. Egli era uno degli uomini più coriacei che si possano immaginare e
bene rappresentava la parte del suo soprannome "L'ultimo dei Vichinghi". Egli aveva il più spiccato senso
istintivo per una vita dura, ma non la raffinatezza colta, l'umorismo o la diplomazia del suo altrettanto famoso
conterraneo, Nansen. Amundsen era perfettamente onesto, ma di soldi non capiva niente, e, prima di
incontrare Ellsworth, egli aveva dovuto più volte fuggire dai suoi creditori. La scienza, per lui, presentava un
interesse secondario, il suo principale scopo nella vita era l'esplorazione, per il puro gusto dell'esplorazione.
Roald Amundsen, viaggiatore terrestre coraggioso, tenace e pieno di iniziativa, ebbe a fare tali gravi errori di
calcolo in occasione del suo viaggio in aeroplano, che fu sua fortuna che il suo successivo volo, ancora una
volta con Lincoln Ellsworth, sia avvenuto come passeggero e non come membro attivo di una spedizione. Ciò è
avvenuto in occasione del suo volo con il Colonnello Nobile, progettista e pilota di dirigibili, attraverso il Polo
Nord da King'Bay a Teller in Alaska a bordo del dirigibile « Norge »; era il 1926, l'anno dopo il suo volo con il «
Dornier ».
Destino tragico, Amundsen incontrò la morte quando con un idrovolante francese Latham ebbe a partecipare
alle ricerche di Nobile (con il quale aveva avuto seri contrasti a seguito del volo del « Norge »), dopo che
Nobile, nel 1928, aveva fatto naufragio sui ghiacci con un altro dirigibile, l'« Italia ».
La gloria di Roald Amundsen resterà sempre legata al suo viaggio pionieristico a bordo della « Gjöa »
attraverso il Passaggio di Nord-Ovest, e al suo epico assalto al Polo Sud. In aviazione, invece, mentre uno
deve rendere omaggio alla intraprendenza, alla immaginativa ed alla abilità di Amundsen di saper strappare un
trionfo dagli artigli del disastro, i suoi successi si sono realizzati malgrado il suo modo di programmare le
spedizioni, non a seguito di esso. (21)
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Alla notizia che la spedizione Amundsen era stata cancellata, Locatelli espresse il desiderio di intraprendere da
solo il volo transpolare. In una intervista ebbe a dichiarare che egli era disposto anche a partire subito, purché
la spedizione venisse organizzata seriamente ed in modo diverso da come era stata progettata in principio. Il
piano di Locatelli:
Gli aviatori italiani dovrebbero anzitutto portarsi alle Spitzberg su una nave polare, recando su questa
l'idrovolante; poi stabilire una base a terra il più lontano possibile dallo Spitzberg e da questa nuova base
spiccare il volo. La spedizione dovrebbe comportarsi di un solo apparecchio con tre persone a bordo: Locatelli,
il Ten. Crosio e un motorista. Non è necessaria la partecipazione di Amundsen, non tanto per disconoscere il
valore e la competenza dell'esploratore norvegese, ma soprattutto per economizzare i posti a bordo
dell'idrovolante ed ottenere così l'autonomia di volo necessaria per la trasvolata. Se i mezzi non mancheranno
la partenza potrebbe avvenire nell'ultima settimana di Luglio o, al più tardi, nella prima di Agosto. (22)
La cancellazione del progetto Amundsen, era stata accolta con disappunto in Italia ed aveva dato l'avvio ad
iniziative per sovvenzionare una spedizione tutta italiana:
Il Giornale "Il Progresso Italo - Americano" di New York ha offerto al Commissariato dell'Aeronautica Italiana di
fare le spese per la spedizione al Polo in aeroplano, fino alla concorrenza di due milioni di lire. La Direzione del
giornale ha già scambiato sull'argomento vari telegrammi con il Commissariato italiano dell'Aeronautica, che
sembra non sarebbe contrario alla proposta. La somma verrebbe raccolta rapidamente. Alla spedizione
prenderebbe parte anche l'esploratore polare Amundsen che, come è noto, ha dovuto rinunciare con suo
rammarico alla realizzazione del vagheggiato progetto per insufficienza di fondi.
La proposta del giornale italo-americano è stata esaminata dall'on. Mussolini in un colloquio avuto con alcune
personalità dell'Aeronautica e con l'aviatore on. Locatelli, qui giunto col suo apparecchio da Pisa. Risulta che il
Presidente del Consiglio sarebbe favorevole, in linea di massima, ad accoglierla. Comunque una decisione in
proposito non sarebbe ancora stata presa. (23)
In appoggio a Locatelli si venne a porre il Gruppo Medaglie d'Oro di Guerra:
Il triumvirato delle Medaglie d'Oro, Paolucci, Fantini, Rossi, comunica che il Gruppo Medaglie d'Oro nella
riunione d'oggi, ha stabilito di mettersi alla testa del movimento di propaganda, organizzazione e finanziamento
per la spedizione italiana al Polo Nord, guidata dalla Medaglia d'Oro Antonio Locatelli.
Il Gruppo Medaglie d'Oro è a conoscenza che il R. Governo ha già messo a disposizione uno dei due
apparecchi occorrenti e che avrebbe dovuto già prendere parte alla fallita spedizione Amundsen. Mentre
durano le trattative con enti giornalistici e industriali per procurare il massimo di contributi all'impresa, il Gruppo
Medaglie d'Oro provvederà alla formazione di un comitato e lancerà una sottoscrizione nazionale,
accompagnata da un appello al Paese. (24)
Su questi piani vennero fornite queste informazioni:
Acquistare la nave-base e tutto l'impianto dell'Amundsen, acquistare un secondo idrovolante e lanciare un
appello alla nazione per il finanziamento. Si dice che dieci tra i maggiori giornali italiani abbiano promesso fra
tutti un milione per assicurarsi le corrispondenze che invierà Locatelli. La Standard Oil avrebbe assicurato i
rifornimenti. S.E. Mussolini appoggia caldamente l'impresa, la cui organizzazione è assunta dal Gruppo
Medaglie d'Oro, che ha lanciato un entusiasta comunicato ai giornali. (25)
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All'impresa polare si ebbe a dimostrare contrario il Commissariato all'Aeronautica, che invece si pronunciò a
favore di un tentativo di trasvolata atlantica:
Il Commissariato all'Aeronautica si è mostrato contrario alla trasvolata del Polo che l'on. Locatelli avrebbe
voluto compiere dopo il ritiro di Amundsen. Il Commissariato, però, consentirebbe all'on Locatelli di fare una
crociera nei mari artici e di raggiungere l'America per le terre glaciali.
La crociera mai tentata da alcuno, avrebbe un interesse mondiale ed un grande valore scientifico. L'on.
Locatelli partirebbe dalla Scozia, raggiungendo l'Islanda e la punta sud della Groenlandia e conterebbe così di
arrivare in Canada.
Sono già state data disposizioni per approntare depositi di benzina in Islanda e in Groenlandia. Il viaggio
potrebbe essere compiuto presto. L'on. Locatelli sarebbe accompagnato da un altro pilota, il Ten. Crosio, e da
due motoristi. (26)
A seguito delle notizie relative all'iniziativa del Gruppo Medaglie d'Oro, venne anche comunicato:
Il volo transpolare della spedizione comandata dall'on. Antonio Locatelli è in preparazione, ma per l'anno
venturo. Per quest'anno la spedizione eseguirà la trasvolata dell'Atlantico nella massima lunghezza, recandosi
così a poca distanza della prima tappa del volo transpolare e compiendo nello stesso tempo una delle più
ardue imprese aeree finora eseguite. In attesa della stagione favorevole per il volo transpolare del 1925, il
Comitato continuerà l'opera di funzionamento e di preparazione tecnica. (27)
Così nacque l'impresa atlantica di Locatelli, che si sarebbe dovuta sviluppare sul percorso: Marina di Pisa Marsiglia - Rotterdam - Inghilterra - isole Orcadi - Islanda - coste orientali della Groenlandia - Labrador Canada - New York. Dall'Inghilterra a New York sarebbe stato seguito lo stesso percorso programmato dai
piloti americani che stavano compiendo il giro del mondo. Le tappe più lunghe sarebbero state di circa 12001400 km (l'apparecchio aveva una autonomia di 1800-2000 km), e l'intero percorso sarebbe stato coperto in
25-30 giorni.
L'IMPRESA DI LOCATELLI IN PROSPETTIVA - Come detto prima, l'impresa di Locatelli può essere
considerata per metà un successo e per metà un insuccesso.
Ogni conquista scientifica, e l'impresa di Locatelli può essere paragonata ad un conquista scientifica, si regge
sopra una serie di tentativi, sopra una serie di successi, sopra una serie di insuccessi. E' il processo che ora
viene detto "Trial and error", ma che un tempo veniva detto del "Prova e riprova". Anche un insuccesso
contribuisce al successo finale, perché mette in evidenza le manchevolezze da evitare, mette in evidenza i
progetti che portano da nessuna parte, mette in evidenza i punti da perfezionare
Il tentativo di Locatelli mise in evidenza, in positiva evidenza, che rotte aeree su lunghe distanze e su lunghi
tratti di mare aperto erano percorribili e che il trasporto aereo per scopi commerciali era realizzabile. Il mezzo
passibile di impiego commerciale era già a disposizione, tanto che dal Dornier Wal di Locatelli venne poi
derivato il Dornier Wal Cabina che permetteva il trasporto 8/10 passeggeri paganti con relativo bagaglio. Il
velivolo di Locatelli possedeva un requisito fondamentale per un mezzo di trasporto commerciale: assicurare la
incolumità dei passeggeri anche in caso di emergenza. Locatelli e i suoi tre compagni di disavventura non
avranno trascorso ore piacevoli in mezzo all'Atlantico in tempesta per tre giorni e quattro notti, ma si sono
salvati la vita.
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Il tentativo di Locatelli mise in evidenza le manchevolezze che dovevano in ogni modo essere superate se si
voleva che il trasporto aereo commerciale si affermasse. E questa manchevolezza, in primo luogo, riguardava i
motori. I motori erano troppo pesanti, il rapporto peso/potenza sviluppata era nettamente sfavorevole.
Risparmio nel peso del propulsore significa aumento della capacità di carico utile, carburante in primo luogo,
cioè aumento della autonomia di volo. E poi la affidabilità dei motori, resistenza all'usura e regolarità di
funzionamento in tutte le condizioni climatiche. Non è pensabile usare il mezzo aereo come mezzo di trasporto
se i motori dopo dieci ore di funzionamento diventano inutilizzabili. E dieci ore erano allora il tempo massimo di
durata di un motore.
Altra manchevolezza messa in evidenza riguardava l'assistenza meteorologica. Se Locatelli fosse stato
informato della consistenza dello strato nuvoloso e nebbioso lungo la sua rotta, avrebbe potuto superarlo
salendo in quota? Non è detto, perché sarebbero sorti altri problemi. Aumento di consumo di carburante e
possibilità di formazione di ghiaccio sul velivolo lo avrebbero negativamente condizionato. Il problema dello
sghiacciamento del velivolo: ecco un'altro problema da risolvere. E forse Locatelli non è salito in quota
consapevole di questo pericolo.
Altro problema che andava risolto: i collegamenti radio. Locatelli era partito con un impianto radio a bordo. Non
sembra che lo abbia mai utilizzato. E' certo che nel momento del bisogno l'impianto non funzionava. Ma, a quel
tempo, i piloti stessi non avevano una mentalità radio-dipendente. Alcuni piloti per poter aumentare l'autonomia
di volo aumentando la quantità di carburante imbarcato, non esitavano a partire senza portare con se l'impianto
radio. Alcuni, che lo avevano, non esitavano a scaricarlo al momento della partenza per la tappa più
impegnativa: quella sopra l'Atlantico. Come per i motori, affidabilità e peso dell'impianto radio dovevano
diventare fattori determinanti per rendere l'impiego della radio diffuso.
Altra manchevolezza messa in evidenza e che andava assolutamente risolta: possibilità di volare con qualsiasi
tempo, con nebbia e con nubi. Ciò voleva dire possibilità di volo strumentale.
Analizziamo ora alcune imprese aviatorie che, in un certo modo, sono collegate a quella di Locatelli e che
mettono in risalto i punti, favorevoli e sfavorevoli, prima discussi.
E' già stato detto che Locatelli ebbe a tentare la sua traversata mentre era in corso il tentativo dei piloti
americani di compiere il giro del mondo. Dei quattro apparecchi partiti per l'impresa uno era uscito di scena fin
dal primo giorno, perché era andato a sbattere contro una montagna in Alaska. L'apparecchio era andato
perso, fortunatamente senza perdite di vite umane. Uno degli altri tre, mentre effettuava la traversata isole
Orcadi - Islanda, fu costretto, per irregolare funzionamento del motore a scendere in acqua. I piloti vennero
tratti in salvo ma l'apparecchio andò distrutto. Secondo i protagonisti dell'impresa, l'apparecchio non aveva
subito danni tanto gravi da essere inutilizzabile, aveva subito danni irreparabili solo quando ne era stato tentato
il recupero a bordo di una nave soccorso. Il tutto si era svolto nel giro di circa sei ore. E pensare che
sull'apparecchio era stato da poco montato un motore nuovo.
Un commentatore inglese ebbe invece a commentare l'episodio in questi termini:
Le alte onde che squassavano il mare, rapidamente ridussero in poltiglia l'apparecchio e i piloti vennero tratti a
salvamento da un cacciatorpediniere americano appena in tempo prima che l'apparecchio affondasse. (1)
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Di percorrere la rotta seguita da Locatelli non se ne parlò più fino al 1929, quando due aviatori svedesi
tentarono l'impresa. Dopo parecchie disavventure essi riuscirono a raggiungere Ivigtut sulla costa sud
occidentale della Groenlandia, ma non riuscirono ad andare oltre perché la nebbia lo impedì e perché il motore
li piantò. Ed un motore nuovo era stato installato sul velivolo prima della partenza dall'Islanda. Si salvarono
perché a bordo c'era un impianto radio efficiente e perché il terzo membro dell'equipaggio era un radio
operatore. Ed il motore non ebbe a funzionare perché si era evidenziato un insolito fenomeno di commistione di
olio lubrificante e di carburante dovuto ad un insospettato difetto di progettazione dei serbatoi dell'olio e del
carburante.
Il tentativo di Locatelli si realizzò compiutamente solo nel 1930, quando un equipaggio tedesco, al comando di
Walter von Gronau, riuscì a raggiungere New York sulla rotta Germania - Islanda - Groenlandia - New York.
L'apparecchio usato era un Dornier Wal analogo a quello di Locatelli; in realtà era uno dei due apparecchi
costruiti a Marina di Pisa per il volo polare di Amundsen, ma era stato equipaggiato con due motori da 500 cv
ciascuno ed a bordo c'era un efficiente impianto radio ed un radio operatore che mantenne l'apparecchio in
contatto con il mondo per tutta la durata della traversata. L'apparecchio di Locatelli aveva due motori da 350 cv
ciascuno, quindi una differenza di 300 cv totali in meno.
Von Gronau, parlando del suo volo, dice:
Una volta si diceva che la nebbia era la morte dell'aviatore. Con gli strumenti moderni, il volo tra la nebbia non
rappresenta più una difficoltà insormontabile. Tuttavia volare in quell'ovatta che nasconde tutto, rende inquieti.
(2)
Un buon funzionamento della radio è, specialmente con il cattivo tempo, la condizione necessaria per la
riuscita dei lunghi voli. Non si alzeranno mai abbastanza stazioni trasmittenti. (3)
Questo venne scritto per un volo effettuato sei anni dopo quello di Locatelli. Gli insegnamenti del suo
insuccesso erano stati recepiti.
Alla fine ci si può anche porre la domanda: Locatelli ha compiuto qualche errore così da compromettere il
risultato finale?
Forse Locatelli sbagliò ad ammarare appena ebbe a notare irregolarità nel funzionamento del motore, anche
perché la manovra di ammaraggio risultò più pericolosa del previsto. Il mare, che dall'alto sembrava calmo, al
momento dell'ammaraggio - ma troppo tardi per poter interrompere la manovra - si presentò molto agitato e
nella manovra il castello motore ebbe a subire danni. Secondo un commentatore inglese, un pilota più esperto
di voli su lunghe distanze su mare aperto, non avrebbe effettuato tale manovra ed avrebbe proseguito il volo.
Come fecero con successo i piloti americani.
Ma sentiamo cosa dicono i piloti americani che nello stesso giorno ebbero a percorrere lo stesso itinerario di
Locatelli. I due velivoli volavano di conserva e la narrazione riporta pensieri ed azioni dei loro piloti.
Noi stavamo volando alla velocità di 145 km/h ed avevamo una visibilità tra i 30 e i 35 metri. Potete immaginare
come un velivolo che viaggi a questa velocità possa utilizzare la distanza consentita dalla visibilità e figuratevi
quanto poco tempo ci sia lasciato per vedere un iceberg, decidere da quale parte girare e poi eseguire la
manovra.
Tre volte ci siamo trovati di fronte ad un grande iceberg così improvvisamente da non avere tempo per
prendere una decisione. Semplicemente abbiamo tirato la cloche per una rapida cabrata e siamo stati
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sufficientemente fortunati da poter salire in candela oltre il suo culmine entrando in una nebbia ancora più fitta.
Qui eravamo completamente persi e incapaci di vedere al di là dell'elica e della estremità delle ali. (4)
Alla fine quello che temevamo, accadde. Tuffandoci attraverso un banco di nebbia ancora più fitta che
stazionava vicino all'acqua, sbucammo dall'altra parte trovandoci a piombare direttamente verso una parete
tutta bianca. Un'enorme massa di ghiaccio incombeva sopra di noi. Io virai bruscamente a destra, l'altro
apparecchio a sinistra. L'ala sinistra sembrò sfiorare il bordo dell'iceberg mentre sfrecciavamo oltre. E in meno
tempo di quello che occorre per dirlo, i due apparecchi si persero di vista. (5)
In questa condizioni si può proprio dire che Locatelli abbia sbagliato a scendere in acqua? L'apparecchio di
Locatelli era più veloce degli apparecchi americani, era più pesante e meno manovriero. Forse non avrebbe
risposto in modo sufficientemente sollecito ai comandi per permettere l'esecuzione di manovre di evasione.
Ma parlare di se e di ma vuol dire entrare in un campo infìdo dove ogni ipotesi e ogni soluzione può essere
vera e falsa allo stesso tempo. E' poi un procedimento da non seguire, perché non scientificamente corretto
mancando la risposta della controprova.
Ho detto che il tentativo di Locatelli può essere paragonato ad un esperimento. L'insuccesso che apre la strada
al successo, lo sperimentatore che viene superato, e cancellato, dallo sperimentatore che lo segue, fino a
quando non viene conseguito il successo finale. Ed allora si può dire:
No research is ever quite complete. It is the glory of a good bit of work that it opens the way for still better, and
thus rapidly leads to its own eclipse. The object of research is the advancement, not of the investigator, but of
knowledge.
If I have seen further than others, it is because I have stood on the shoulders of giants.
Guardiamo ora una cartina delle zone polari e atlantiche e delle rotte delle linee aeree che le percorrono. Le
zone che vengono ora solcate sono le stesse zone dove si svolse il tentativo di Locatelli.
Immaginiamo ora di costruire su questa cartina un grande mosaico con tante tessere colorate. Immaginiamo di
porre dietro il mosaico una luce intensa che lo illumini sul retro. Se mancasse qualche tessera nel mosaico, lo
si vedrebbe subito perché la luce filtrerebbe attraverso i buchi lasciati dalle tessere mancanti. Ma in questo
mosaico non traspare alcuna luce, le tessere sono tutte al loro posto. Ed una di queste tessere è stata posta da
Antonio Locatelli.
Questo scritto non pone fine alla ricostruzione ed alla rievocazione del tentativo di traversata atlantica effettuato
da Antonio Locatelli nel 1924. Deve essere integrato e completato con la ricostruzione del volo vero e proprio,
del naufragio, del recupero e del rientro in Italia. Questa seconda parte verrà pubblicata appena se ne
presenterà l'occasione propizia.
Milano, 21 Ottobre 1992 , 31 Maggio 1993, 16 Giugno 1993, 30 Novembre 1993, 15 Aprile 1994
Bergamo, 23 Marzo
1997, 30 Ottobre 1997
b.c.d.
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BIBLIOGRAFIA
PARTE PRIMA
(1) Brayard, F.O., Il Nastro Azzurro - Storia del primato di velocità dei transatlantici dal 1838 al 1952, Milano,
Mursia, 1981.
(2) Rowe, P., The Great Atlantic Air Race, London, Angus & Robertson Publisher, 1977.
(3) Beaty,D., The Water Jump - The Story of Transatlantic Flight, New York, Harper & Row Publishers, 1976.
(4) Allen, P., The 91 before Lindberg, Shrewsbury, Airlife Phblishing Ltd., 1984.
(5) Smith, R.K., First Across, Annapolis, Naval Institute Press, 1973.
(6) Wallace, G., The flight of Alcock and Brown, London, Putnam, 1955.
(7) Maitland, E.M., The log of H.M.A. R-34 journey to America and back, London, Hodder & Stoughton, 1919.
(8) Hawker, H.G. and MacKenzie Grieve, K., Our Transatlantic Attempt, London, Methuen & Co., 1919.
(9) Ellis, F.M. and Ellis, E.M., Atlantic Air Conquest - The complete story of all North Atlantic attempts during
the pioneer years from 1910 to 1940, London, W.Kimber, 1963.
(10) Meriano, F., L'aviatore Locatelli, Bologna, N.Zanichelli, 1926.
(11) Mazza, E., Antonio Locatelli - Due volte Medaglia d'oro, Bergamo, Anonima Bolis, 1937.
(12) Arano, A., Il Volo dell'Aquila - Antonio Locatelli, Rovereto, La Cassa Scolastica del R.Ist.Tecnico, 1940.
(13) Polli, V., Antonio Locatelli. Vita e Documenti, Bergamo, Edizioni Bolis, 1986.
(14) Abruzzo, B.L., Anderson, M.L. and Newman, L., «Double Eagle II» has landed, National Geographic,
Vol.154, 1978, p. 858.
(15) Grierson. J., Challenge to the Poles, London, Foulis, 1964, p. 63.
(16) Ellis, F.M. and Ellis, E.M., Atlantic Air Conquest - The complete story of all North Atlantic attempts during
the pioneer years from 1910 to 1940, London, W.Kimber, 1963, p. 99.
PARTE SECONDA
(1) Corriere della Sera, 19 Aprile.
(2) Storia dell'Aviazione, Milano, Fabbri, 1973, Vol.VII, p. 257.
(3) Corriere della Sera, 24 Aprile.
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(4) Corriere della Sera, 31 Luglio.
(5) Corriere della Sera, 13 Aprile.
(6) Corriere della Sera, 31 Luglio.
(7) Corriere della Sera, 20 Maggio.
(8) Corriere della Sera, 29 Aprile.
(9) Corriere della Sera, 29 Aprile.
(10) Corriere della Sera, 30 Aprile.
(11) Corriere della Sera, 1 Luglio.
(12) Corriere della Sera, 2 Ottobre.
(13) Boll. R. Soc. Geografica It., 1926 No.10-11, p.736.
(14) Ibidem
(15) Corriere della Sera, 2 Ottobre.
(16) Corriere della Sera, 29 Giugno.
(17) Corriere della Sera, 6 Settembre.
(18) Corriere della Sera, 31 Luglio.
(19) A.Locatelli, Scritti e Disegni. Polemiche su di un progettato volo polare. Bergamo, Istituto Arti Grafiche,
1937, p. 7.
(20) Corriere della Sera, 27 Agosto
(21) John Grierson, Heroes of the Polar Skies, London, Heinemann, 1967.
(22) Corriere della Sera, 1 Luglio.
(23) Corriere della Sera, 29 Giugno.
(24) Corriere della Sera, 4 Luglio.
(25) Gazzetta dell'Aviazione, 10 Luglio.
(26) Corriere della Sera, 5 Luglio.
(27) Corriere della Sera, 5 Luglio.
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PARTE TERZA
(1) Ellis, F.M. and Ellis, E.M., Atlantic Air Conquest, London, W.Kimber, 1963.
(2) Gronau, W., Un idrovolante attorno al globo, Milano, A.Mondadori, 1933, p. 25.
(3) Gronau, W., Un idrovolante attorno al globo, Milano, A.Mondadori, 1933, p. 28.
(4) Lowell, T., The First World Flight, Boston, Houghton Mifflin Co., 1925, p. 273.
(5) Lowell, T., The First World Flight, Boston, Houghton Mifflin Co., 1925, p. 274.
Pubblicazioni del Museo Storico della Città di Bergamo a disposizione:
Per la serie dei Quaderni del Museo Storico della Città:
0. Oscar Castellini, La storia minore. La prima guerra mondiale nei documenti della raccolta Castellini,
Bergamo, Lubrina editore, 1996 (£ 12.000)
1.
Mauro Gelfi, L’economia a Bergamo nell’Ottocento. I primi anni della dominazione austriaca, Bergamo,
1997 (£ 1.000)
2.
Mauro Gelfi, La società a Bergamo nell’Ottocento. 1860: la relazione del prefetto Stefano Centurione al
Ministro Camillo Benso conte di Cavour, Bergamo, 1997 (£ 1.000)
3.
Cesare Fenili, Sanità e assistenza a Bergamo nell’Ottocento. Profili biografici di alcuni medici
bergamaschi, Bergamo, 1997 (£ 1.000)
4.
Cesare Fenili, Sanità e assistenza a Bergamo nell’Ottocento. Malattie ed epidemie a Bergamo, Bergamo,
1997 (£ 1.000)
5.
Cesare Fenili, Sanità e assistenza a Bergamo nell’Ottocento. Il sistema assistenziale a Bergamo dal 1797
al 1880, Bergamo, 1997 (£ 1.000)
6.
Barbara Cattaneo, Storia della cultura a Bergamo 1797-1870. I luoghi, le forme e i protagonisti del
dibattito culturale fra tradizione e rinnovamento, Bergamo, 1997 (£ 5.000)
7.
Mauro Gelfi, L’Africa vista dai soldati italiani, Bergamo, 1997 (£ 2.000)
8.
Camillo D. Bianchi, Thomas Coryate, uomo simbolo dell'Europa senza frontiere. 1608: un viaggiatore
inglese percorre, per cinque mesi, prevalentemente a piedi, l'Europa e racconta le sue esperienze di viaggio. E
parla di Bergamo e dei Bergamaschi, Bergamo, 1997 (£ 2.000)
9.
Camillo D. Bianchi, 1945 rientrano a Bergamo i deportati nei lager tedeschi, Bergamo, 1998 (£2.000)
Margherita Cancarini, Mauro Gelfi, Rosanna Paccanelli (Regia di Alberto Cima), Una città che cambia. Il volto
di Bergamo nell’Ottocento, Bergamo, 1996 (VHS, durata 12”50’) (£ 20.000)
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Mauro Gelfi, Archivio Francesco e Luigi Cucchi. Catalogo, Bergamo, 1997 (£ 20.000)
Mauro Gelfi, Francesco Rossi, Terra di San Marco, Bergamo, 1996 (£ 15.000)
Sono, inoltre, ancora disponibili alcuni volumi editi da “Civitas Garibaldina”.
Si ricorda che per le scuole sono stati attivati dall’Associazione Culturale e didattica del Museo Storico della
Città, interventi specifici e mirati, oltre che sul percorso museale, anche su un percorso didattico sulle armi del
Museo, sugli aspetti sociali di Bergamo nel XIX secolo, sugli eventi del 1848, sulle leggi razziali del 1938 (in
riferimento alla mostra “L’Africa vista dai soldati italiani”).
Prossime iniziative del Museo:
Marzo 1998: approntamento di un percorso didattico sugli eventi del biennio 1848-1849
Aprile 1998: Mostra sul trentennale del 1968
Ottobre 1998: Mostra “La menzogna della Razza”
Chi desiderasse avere notizie sulle attività di mostre e conferenze del Museo può compilare il coupon
all’ingresso
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