LA SPEDIZIONE TRANSATLANTICA DI LOCATELLI DEL 1924 LE
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LA SPEDIZIONE TRANSATLANTICA DI LOCATELLI DEL 1924 LE
L'APERTURA DELLE ROTTE COMMERCIALI AEREE. LE ROTTE TRANSATLANTICHE E TRANSPOLARI 1924 - ANTONIO LOCATELLI SULL'ATLANTICO NORD LA SPEDIZIONE TRANSATLANTICA DI LOCATELLI DEL 1924 LE PREMESSE DELLA SPEDIZIONE LOCATELLI - Fino a cinquant'anni fa, in America ci si andava solo per nave, con un transatlantico, se uno era ricco industriale o possidente o ricca ereditiera, o con un cargo, se uno era un povero emigrante. E se la nave era un transatlantico che poteva competere per il Nastro Azzurro, il viaggio poteva durare 4-5 giorni, se la nave era un cargo il viaggio poteva durare anche 1015 giorni. Oggi tutto è cambiato. Oggi uno può, al mattino, prendere il suo caffè sul Sentierone, imbarcarsi ad Orio al Serio e alla sera, prima che tramonti il "suo" sole, andare a cena sulla 5th Avenue a New York. In questa profonda trasformazione nel modo di viaggiare, Antonio Locatelli ha avuto un suo ruolo; ma ruolo sfortunato e perciò dimenticato e forse anche da pochi conosciuto. Ed un contributo Locatelli lo ha dato anche a quella somma di conoscenze della meteorologia dell'Artico che alla fine ha permesso l'apertura delle rotte polari artiche. Era il 1924, quando Locatelli aveva 29 anni (Bergamo 19-4-1895; Lekempti 27-6-1936). Nel 1924 il Nastro Azzurro, l'ambita e ricercata fiamma che sventolava sull'albero maestro della nave che aveva impiegato il minor tempo sul tragitto Europa - Nord America o viceversa, era detenuto dal transatlantico inglese « Mauretania », che lo aveva conquistato nel Novembre del 1907, coprendo la distanza tra Queenstown (ora Cobh - Irlanda) e New York in 4g 05h 10min alla velocità di 23,21 nodi. Il « Mauretania » aveva queste caratteristiche: 31.938 ton di stazza - 240,8 mt di lunghezza e 26,8 mt di larghezza; le sue 4 eliche erano mosse a 180 g/min da 4 turbine a vapore da 68.000 cv, alimentate da 25 caldaie che consumavano 850 ton di carbone/giorno; trasportava 560 passeggeri in 1ª classe, 460 in 2ª e 1180 in 3ª. Il primato era poi stato superato, nel Luglio del 1929, dal transatlantico tedesco « Bremen », che aveva coperto la distanza tra Cherbourg (Francia) e New York (Ambrose Lightship) in 4g 17h 42min alla velocità di 27,83 nodi. Il « Bremen » aveva queste caratteristiche: 51.656 ton di stazza - 284,8 mt di lunghezza e 31,0 mt di larghezza; le sue 4 eliche erano mosse da turbomotrici da 125.000 cv; trasportava 600 passeggeri in 1ª classe, 500 in 2ª, 600 in 3ª e 300 in classe turistica. Sul « Bremen », novità assoluta, era imbarcato anche un piccolo aereo che, lanciato mediante catapulta in prossimità del porto di attracco, permetteva il recapito della posta con notevole anticipo sull'ora d'arrivo della nave. Si riportano i dati caratteristici di questi transatlantici, per dare un'idea di quali colossi erano le navi che solcavano l'Atlantico. Ancora nel 1933 il transatlantico italiano « Rex », per attraversare l'Atlantico sulla rotta Europa - America, aveva impiegato 4g 13h 58min, viaggiando alla velocità di 28,92 nodi, e aveva conquistato il Nastro Azzurro. (1) Se al tempo di Locatelli, i 1500-2000 passeggeri di un transatlantico dovevano impiegare 4-5 giorni per andare dall'Europa all'America, oggi, a bordo di 5-6 jumbo jet, vi impiegano 7-8 ore. Il Boeing B 747/300, entrato in servizio nel 1983, ha queste caratteristiche: velocità massima 965 km/h, autonomia 12.000 km, quota massima 13.700 mt; può trasportare 400-450 passeggeri. Il Boeing 747/400 entrato in servizio nel 1986 è ancora più capace. FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] Comunemente si crede che l'Atlantico sia stato superato per via aerea, per la prima volta, da Charles Lindberg, con il suo « Spirit of St. Louis », nel Maggio del 1927. Ma l'Atlantico, per via aerea, era già stato attraversato, e più volte, nel 1919. (2) (3) Ed è stato calcolato che siano stati in 91 ad attraversare l'Atlantico prima di Lindberg. (4) L'idrovolante « NC-4 » della Marina Americana (quadrimotore, biplano, scafo centrale Navy/Curtiss), con sei persone di equipaggio (A.C.Read, comandante; E.F.Stone, pilota; W.Hinton, pilota; J.L.Breese, tecnico meccanico; H.C.Rodd, radiotelegrafista; E.S.Rhoads, motorista capo), effettuò la traversata dell'Atlantico dal 8 Maggio al 31 Maggio 1919 sul percorso Rockaway (New York) - Chatham (Massachusetts) - Halifax (Nuova Scozia) - Trepassey Bay (Terranova) - Horta (Fayal - Azzorre) - Ponta Delgada (Såo Miguel - Azzorre) Lisbona (Portogallo) - Ferrol (Spagna) - Plymouth (Inghilterra). La distanza complessiva di 4740 miglia (m) (7628 km) venne coperta in 53h 58min di volo effettivo. La vera traversata atlantica da Trepassey Bay a Horta (isola Fayal, del gruppo delle Azzorre) (1206 miglia, 1940 km) venne effettuata nella notte tra il 16/17 Maggio e richiese 15h 13min di volo effettivo). La traversata da Horta a Lisbona, con tappa intermedia a Ponta Delgada (isola Sáo Miguel), di complessive 939 m (1511 km) venne effettuata tra il 20 e il 27 Maggio, per un tempo complessivo di volo di 11h 28min. La distanza complessiva tra le estreme coste del continente americano e le coste del continente europeo (2145 m; 3451 km) venne coperta in 26h 41 min di volo effettivo. Alla spedizione americana erano stati destinati quattro idrovolanti « NC ». Di questi, il « NC-2 » venne allestito ma poi smantellato e non partecipò all'impresa; il « NC-1 » e il « NC-3 » parteciparono alla traversata da Trepassey Bay ma per avversità atmosferiche e disturbi meccanici non raggiunsero le Azzorre e andarono persi (gli equipaggi vennero però tratti in salvo). Solo il « NC-4 » completò la traversata. (5) Gli idrovolanti della classe « NC » erano stati sviluppati, sul finire della guerra 1915 - 1918, dalla U.S.Navy per pattugliamento antisommergibile. L'apparecchio « NC-4 » è ora esposto allo Smithsonian Institute di Washington. L'Atlantico venne attraversato per via aerea una seconda volta, sul percorso diretto Terranova - Irlanda, nella notte tra il 14/15 Giugno 1919 da due inglesi (John Alcock e Arthur Whitten Brown) a bordo di un apparecchio terrestre Vickers « Vimy », biplano, bimotore, biposto. Arrivati sulle coste irlandesi, a Clifden (Connemara), avendo visto un ampio spazio adatto all'atterraggio, i due piloti si prepararono alla manovra, ma all'ultimo momento, troppo tardi, realizzarono che era una marcita. Il pesante velivolo capottò, subendo gravi danni, ma i due piloti rimasero incolumi. Le 1680 miglia (2703 km) tra costa e costa vennero coperte in 15h 57min, il tempo totale di volo era stato di 16h 12min, le miglia complessivamente coperte 1890 (3041 km). (6) Anche questo apparecchio era stato sviluppato, sul finire della guerra 1915-1918, come apparecchio da bombardamento pesante e destinato a bombardare Berlino in rappresaglia dei bombardamenti tedeschi di Londra e Parigi. Il velivolo, riparato, è ora esposto nel Science Museum di Londra. Sempre nel 1919 l'Atlantico venne attraversato due volte dal dirigibile inglese « R-34 », prima in direzione Europa - America (2 - 6 Luglio) poi in direzione America - Europa (9 - 13 Luglio) sul percorso East Fortune (Scozia) - New York Pulham (Norfolk). Le due traversate vennero effettuate senza scali intermedi. La distanza complessiva di 6330 miglia (10•185 km) venne coperta in 183h 15min di volo effettivo. Il « R-34 », con 30 persone a bordo, al comando di G.H.Scott, impiegò 108h 12min per percorrere le 3260 m (5245 km) del FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] viaggio di andata e solamente 75h 3m per coprire le 3070 m (4940 km) del viaggio di ritorno. A bordo del « R34 » c'erano, nel viaggio di andata 30 persone (più un passeggero clandestino, il primo nella storia del trasporto aereo) e 31 persone nel viaggio di ritorno. Ventotto persone ebbero a compiere sia il viaggio di andata che il viaggio di ritorno. (7) Nei giorni in cui gli americani si preparavano al loro tentativo di trasvolata atlantica, due equipaggi inglesi si preparavano a compiere la stessa impresa, ma sul percorso diretto Terranova - Inghilterra. Fin dal 1913 il quotidiano inglese "Daily Mail" aveva messo in palio la somma, assai elevata per quei tempi, di 10.000 sterline per quel pilota che primo avesse a superare l'Atlantico per via aerea. Il primo equipaggio che ebbe a tentare l'impresa (18 Maggio) fu quello del Sopwith « Atlantic » (monomotore, terrestre, biplano, biposto); era costituito da H.G. Hawker e R. Mackenzie Grieve. Dopo aver percorso circa 1050 miglia (1945 km) in poco meno di 15 ore, i due piloti, per disturbi al raffreddamento del motore, furono costretti a scendere in mare. Per loro buona fortuna una piccola nave da carico danese, la « Mary », li ebbe a raccogliere, ma essendo la nave priva di apparecchio radio, la notizia del loro salvataggio non fu comunicata che dopo una settimana. Per giorni e giorni il mondo rimase in ansia per la sorte dei due piloti, anche perché questi, per non cedere agli americani la gloria del primato, erano partiti quando le condizioni atmosferiche non erano le più favorevoli al volo. "For the King and the Country" esercitava un grande fascino. (8) Il secondo equipaggio, F.Raynham e W.Morgan prima, F.Raynham e C.Biddlecombe poi, a bordo del Martinsyde « Raymor » (monomotore, terrestre, biplano, biposto) tentò due volte l'impresa, ma capottò, una prima (18 Maggio) ed una seconda volta (17 Luglio), ed alla fine rinunciò all'impresa. (9) Il nome di St. John di Terranova, dove presero avvio i tentativi, sia di Hawker e di Raynham, che di Alcock, è nome di spicco nella storia delle comunicazioni dell'era moderna. E' a St.John che il 12 Dicembre 1901, Marconi, captando il segnale radio lanciato dalla stazione radio di Poldhu (Cornovaglia - Inghilterra di sud-est), ebbe ad affrancare l'uomo dal contatto fisico per comunicare. Alcock e Brown affrancarono l'uomo dalla servitù del mare per viaggiare. Dai tentativi di trasvolata atlantica del 1919 venne tratto l'insegnamento che fosse il più leggero dell'aria, il dirigibile, il mezzo destinato ad instaurare l'era del trasporto aereo. Solo il dirigibile poteva garantire una autonomia di volo sufficiente per superare, in sicurezza, l'Oceano e nel contempo garantire una carico pagante sufficiente per rendere remunerativa l'impresa. Il progetto "dirigibile" sopravvisse a lungo per gli indiscutibili successi conseguiti dal dirigibile tedesco « Graf Zeppelin », che, tra il 1928 e il 1939, ebbe a compiere una serie di crociere (590, comprese 140 traversate dell'Atlantico), senza alcun incidente, per complessive 1.053.396 miglia (1.695.230 km), trasportando 13.100 passeggeri. Anche il dirigibile inglese « R-100 » e il dirigibile tedesco « Hindenburg » conseguirono notevoli successi. Ma la perdita dei dirigibili « Akron », « Macon » e « Shenandoak » (americani), « R-101 » (inglese) e « Hindenburg » (tedesco) pose la parola fine ai progetti di usare i dirigibili come mezzi di trasporto aereo. Come già indicato, l'Atlantico era stato superato per via aerea nel 1919, ma le difficoltà dell'impresa erano risultate tali che nessuno, fino al 1924, aveva più parlato di ripetere il tentativo. Locatelli ebbe a tentare l'impresa ed il suo contributo alla soluzione del problema del trasporto aereo attraverso l'Atlantico non deve essere dimenticato. Locatelli non è solo il Locatelli del volo su Vienna, del Locatelli del volo sopra le Ande, o del Locatelli di Lekempti. E' anche il Locatelli del tentativo del volo transatlantico del 1924. FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] Poiché il suo tentativo non è stato coronato dal successo, il Locatelli del 1924 è stato, però, quasi completamente dimenticato. Anche perché contemporaneamente a Locatelli, piloti americani stavano compiendo il giro del mondo in aereo e la loro impresa polarizzava completamente l'attenzione del mondo aeronautico. Per quanto a me risulta, non esiste libro che narri diffusamente e dettagliatamente questa impresa: la progettazione, lo svolgimento, la conclusione. Locatelli stesso non ha scritto libri sul suo tentativo; di lui esistono solo alcune interviste rilasciate alla conclusione del viaggio ed una conferenza tenuta al Donizetti un anno dopo. I libri italiani di storia dell'aviazione o ignorano il fatto o vi dedicano solo poche righe. Più generosi i libri inglesi di storia dell'aviazione che al tentativo di Locatelli dedicano più spazio. I libri italiani che più parlano del tentativo di Locatelli sono un libro di Francesco Meriano del 1926, uno di Ercole Mazza del 1937, uno di Annibale Arano del 1940 ed uno di Vittorio Polli del 1986. Ma anche questi libri trattano l'argomento in modo incompleto; il più esteso è quello di Polli. (10) (11) (12) (13) Le attuali rotte commerciali aeree sopra l'Atlantico e sopra il mare polare artico, sono conquiste che per concretizzarsi hanno richiesto tempi lunghi e grossi impegni sia umani che finanziari. Si sono costituite e si sono affermate nel corso di anni, dopo molti voli preparatori. Molti vi hanno portato il loro contributo, più o meno consistente, più o meno conosciuto. Ed il contributo di tanti si è poi annegato, confondendosi, nel mare della conquista finale. Ed il contributo del singolo non è più riconoscibile. Ma non è fuori luogo ricordare il nome di questi tanti. E' a questo proposito che viene ricordato il nome di Antonio Locatelli e ne viene rievocato il tentativo. Come tutte le conquiste, anche il dominio dei cieli è stato conseguito per tappe, con tante sconfitte e tante vittorie. Il pilota americano che per primo, ma al secondo tentativo, ha attraversato l'Atlantico a bordo di un pallone aerostatico ha scritto: "Success in any venture is just the intelligent application of failure - Il successo in ogni impresa non è altro che l'applicazione intelligente di un insuccesso". Ma ha anche detto: E' stata necessaria anche una buona dose di fortuna ma il successo non dipende da lei. Può fare inclinare il piatto della bilancia, come l'ultimo granello di sabbia. Ma come il successo in ogni impresa, i requisiti sono: dedizione, preparazione e lavoro. (14) E chi lo dice è il pilota che al primo tentativo aveva fallito lo scopo ed era finito in mare; salvato a mala pena da una nave appoggio. Il tentativo di Locatelli di raggiungere l'America per via aerea in direzione est-ovest può essere classificato come una mezza vittoria e una mezza sconfitta. E' uno dei voli preparatori del successo finale. Questi voli non avevano immediati scopi pratici, spesso non erano altro che semplici imprese sportive; inevitabilmente però diventavano voli sperimentali dato che permettevano di raccogliere dati sulle condizioni meteorologiche delle zone attraversate, di sperimentare la resistenza dei motori e dei velivoli, di studiare metodi di pilotaggio e sistemi di orientamento e di radiocomunicazione su lunghe distanze senza mezzi di orientamento a terra. Inoltre i voli alle alte latitudini presentavano difficoltà e pericoli per la vicinanza del polo magnetico che fa impazzire le bussole normali. In un secondo tempo i dati raccolti nel corso di questi voli sperimentali sono stati utilizzati per avviare servizi aerei regolari. Ma senza questi voli preliminari, gli attuali servizi aerei non ci sarebbero. Se ora ci si può spostare in ogni parte della terra per via aerea, lo si deve ai tanti piloti che hanno volato di qua e di la, che hanno dato il loro contributo al progresso del più pesante dell'aria, e, caso non raro, vi hanno sacrificato la vita. FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] Nel 1924, quattro aerei dell'Esercito degli Stati Uniti si erano proposti di effettuare il giro del mondo in aereo e di attraversare sia il Pacifico che l'Atlantico. Non certo nel senso della loro maggiore larghezza o lunghezza, perché l'autonomia di volo degli apparecchi impiegati non era tale da permettere lunghi percorsi. La traversata sarebbe avvenuta seguendo l'andamento delle terre chee costituivano i bordi dei due oceani. Locatelli tentò di raggiungere l'America per via area e di attraversare l'Atlantico in senso est-ovest nell'estate del 1924 sul percorso Italia - Inghilterra - Islanda - Groenlandia - Labrador - New York, impegnandosi sullo stesso percorso seguito dai piloti americani. L'impresa non era mai stata tentata prima e si mostrava rischiosa anche perché, per la latitudine alla quale doveva svolgersi, le indicazioni fornite dalla bussola potevano rivelarsi ingannevoli.. Locatelli partì il 25 Luglio del 1924 da Marina di Pisa a bordo di un idrovolante Dornier Wal con quattro compagni: il Ten.Tullio Crosio, secondo pilota; il Ten. di Vascello Silvio Marescalchi, ufficiale di rotta; i motoristimeccanici Bruno Falcinelli e Giovanni Braccini. L'apparecchio era un idrovolante a scafo centrale, monoplano, bimotore equipaggiato con due motori Rolls Royce da 350 cv ciascuno montati in tandem sopra l'ala con un'elica traente e una propulsiva. L'apparecchio era stato progettato dal costruttore tedesco Claudius Dornier ma veniva costruito in Italia nei cantieri di Marina di Pisa della Società Meccaniche Aeronautiche (CMASA). Gli accordi del trattato di pace del 1919 non permettevano alla Germania costruzioni aeronautiche militari. L'apparecchio era stato inizialmente progettato come apparecchio da bombardamento per la marina spagnola. Locatelli con il suo idrovolante, immatricolato I-DEOR, raggiunge Marsiglia, poi Losanna, Rotterdam, Hull in Inghilterra, Stromness nelle isole Orcadi, Thorshavn nelle isole Färöer, Reykjavik in Islanda. Il trasferimento avviene a piccole tappe per permettere una completa e perfetta messa a punto del velivolo e dei motori. Si ferma a Brough e fa revisionare apparecchio e motori presso le officine della Blackburn Company, nota industria aeronautica inglese. Qualche giorno prima vi si erano fermati, per lo stesso scopo, gli apparecchi americani che effettuavano il giro del mondo. Un autore inglese così riferisce: A Brough, la Blackburn Company ha avvertito il netto contrasto tra l'organizzazione degli Americani e quella degli Italiani. Gli Americani si erano procurati tutto quello di cui avrebbero potuto aver bisogno e, per esempio, quando i galleggianti di uno dei loro apparecchi andarono danneggiati in una manovra, fu immediatamente possibile aprire due contenitori e montare due galleggianti di ricambio. In contrasto, gli Italiani non avevano assolutamente nulla, ma essi erano così apprezzati ed ammirati per il loro spirito sportivo, che, non solo non venne loro addebitato il costo della manutenzione effettuata al loro apparecchio, ma Robert Blackburn fece loro il regalo di riempire di benzina i loro serbatoi. (15) Il giovedì 21 Agosto Locatelli parte da Reykjavik con destinazione Frederiksdal sulla costa sud occidentale della Groenlandia, a circa 1300-1500 chilometri di distanza. Parte a circa venti minuti di distanza dai due superstiti apparecchi americani che effettuano il giro del mondo. Locatelli era stato autorizzato dalle autorità americane ad aggregarsi alla formazione americana per poter usufruire, in caso di necessità, del servizio di assistenza che una consistente forza navale americana era pronta a fornire ai suoi piloti. Dopo circa 7½ ore di volo e a circa 150 chilometri di distanza dalla meta, Locatelli è costretto a scendere in mare da irregolarità di funzionamento dei motori e da una fitta nebbia che impedisce la visibilità. Locatelli volava in una zona con presenza di numerosi icebergs e volare a bassa quota senza visibilità rendeva possibile uno schianto contro un iceberg. Il limite dei ghiacci alla deriva si estendeva tutto attorno alla Groenlandia fino a sud del Capo Farewell. FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] Era intenzione di Locatelli di attendere che la nebbia si risolvesse per riprendere il volo. Ma la nebbia rimase sempre fitta ed il funzionamento dei motori sempre irregolare. Locatelli con i suoi quattro compagni (Marescalchi era stato sbarcato, perché era stato aggregato come ufficiale di collegamento con l'ammiraglio Magruder che comandava la forza navale di appoggio) rimase in mare per tre giorni e quattro notti. Alle prime ore del lunedì 25 Agosto, l'incrociatore americano « Richmond » avvista il velivolo italiano e trae in salvo l'intero equipaggio. Il velivolo non può essere salvato e viene incendiato e distrutto perché non costituisca pericolo per le navi. Così termina il tentativo di Locatelli. Un autore inglese parlando del fallito tentativo fatto nel 1930 da due piloti tedeschi (Wolfram Hirth e Oscar Weller) di ripercorrere la rotta che già Locatelli aveva percorso, commentò: I loro nomi appartengono alla eletta schiera di quelli che tentarono il volo azzardato, in quella zona piena di pericoli, quando tutti possono ugualmente vincere o perdere, il risultato dipendendo interamente su quale piatto della bilancia la fortuna capricciosa si fosse posata. (16) Per Locatelli la fortuna capricciosa si era posata sul piatto sbagliato. E sul piatto della sua bilancia non era caduto l' ultimo granello di sabbia necessario per farlo pendere dalla parte giusta. Ora vediamo come e perché ebbe inizio il tentativo di Locatelli, l'impresa transatlantica di Locatelli non nacque come tale, ma nacque come ripiego ad un'altra impresa fallita sul nascere. IL PROGETTO DI SPEDIZIONE TRANSPOLARE DI AMUNDSEN - Nel 1924 il grande esploratore polare norvegese Roald Amundsen, aveva progettato una spedizione con l'intento di raggiungere il Polo Nord per via aerea. Amundsen era famoso per avere per primo aperto il passaggio di Nord-Ovest (1905) tra Europa e America a bordo della piccola nave « Gjöa » (47 ton; ora esposta nel museo navale di Oslo) e per avere, per primo, raggiunto il Polo Sud (1911) a bordo della « Fram » (pure esposta nel museo navale di Oslo), la nave con la quale il norvegese Fridtjof Nansen aveva compiuto la sua spedizione polare del 1893-1896. Nella corsa al Polo Sud, Amundsen aveva superato l'esploratore inglese Robert Falcon Scott che, sulla via del ritorno, amareggiato per la mancata vittoria e debilitato per mancanza di viveri, era perito con i suoi quattro compagni di avventura a poca distanza da un ben rifornito deposito che avrebbe costituito la loro salvezza. Tutto questo aveva fatto sì che attorno ad Amundsen si creasse la fama di esploratore abile e fortunato al quale nulla sarebbe stato impossibile. Nemmeno di raggiungere il Polo Nord per via aerea; impresa fallita nel 1897 agli svedesi Andrée, Fraenkel e Strindberg. Il Polo Nord era già stato raggiunto, a piedi, il 6 Aprile 1909, dall'esploratore americano Robert Edwin Peary, ma restava aperta all'esplorazione la vasta zona che si estendeva dal Polo all'Alaska. E già nel Maggio 1923 Amundsen aveva progettato di compiere un tentativo in tale senso. Amundsen aveva progettato di attraversare l'intero bacino artico, partendo da Point Barrow (Alaska), e, sorvolando il Polo, raggiungere le Spitzbergen (o Spitzberg, isole dell'arcipelago delle Svalbard); per lo scopo, aveva attrezzato due apparecchi, un Junkers metallico J13 e un Curtiss-Oriole, sostituendo i soliti carrelli di atterraggio con sci. Poiché l'autonomia del J13 non sarebbe stata sufficiente per permettere di effettuare il lungo volo in una sola tratta (la traversata sarebbe stata effettuata solo il 20 Aprile 1928 da Wilkins e Eielson), Amundsen aveva programmato che un secondo apparecchio, partendo dalle Spitzbergen, avesse ad approntare un deposito di benzina in un punto della banchisa polare, dove lui potesse atterrare, rifornirsi di carburante e ripartire per completare la traversata. FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] Nessuno sa come Amundsen avrebbe potuto, senza assistenza radio a terra, ritrovare tale deposito costituito su un lastrone di ghiaccio in costante movimento per la deriva. Amundsen aveva affidato a Haakon H. Hammer, un americano di origine olandese che esercitava le funzioni di Console a Bergen, il compito di organizzare la spedizione basata alle Spitzbergen. A Bergen i due si erano conosciuti ed erano entrati in amicizia. Ma la spedizione Amundsen non si era realizzata perché i suoi due apparecchi, nel corso del Giugno, durante voli di prova e di esplorazione, erano rimasti irreparabilmente danneggiati. Per il programmato intervento di supporto ad Amundsen, era stata attrezzata la spedizione "Hammer - Junkers", con base a Green Harbour nelle isole Spitzbergen, che aveva a disposizione un altro apparecchio metallico Junkers J13. Hammer, saputo che Amundsen aveva rinunciato al suo tentativo, non rinunciò ad effettuare parecchi voli esplorativi "per accertare e determinare la possibilità di una aviazione polare". Nel corso di questi voli esplorativi, Walter Mittelholzer, noto fotografo svizzero aggregato alla spedizione, ebbe a scattare una serie di fotografie, di elevata qualità, le prime mai scattate nell'Artico. E Hammer così descrisse i risultati di questi voli: Stabilimmo la nostra base di operazioni a Green Harbour (Spitzberg) a circa 78 gradi di latitudine nord e vi trovammo un eccellente porto naturale, dove potemmo tirare l'aeroplano sulla spiaggia e lasciarvelo nei momenti di riposo. Come ho accennato l'aeroplano era di costruzione interamente metallica, di alluminio, e poteva quindi essere lasciato all'aperto con ogni sorta di tempo. L'aeroplano metallico è il solo che si possa usare nei voli artici, essendo difficilissimo, se non impossibile, portare seco gli "hangars" necessari per i comuni apparecchi di legno e tela. Il nostro apparecchio era fornito di galleggianti metallici; ma avevamo con noi anche delle ruote e dei pattini per il caso che avessimo trovato opportuno cambiare il modo di atterraggio. Pure accertammo ben presto che le ruote non servivano, perché era impossibile trovare, in tutto il gruppo delle isole, della terra nuda, sufficiente per spiccare il volo: la sola parte delle isole non coperta di neve è la cima dei monti. Anche i pattini si dimostrarono inutilizzabili, perché i soli luoghi di partenza, dove i pattini potevano essere usati, erano i ghiacciai e, nei mesi estivi, la neve sui ghiacciai, sebbene in apparenza dura alla superficie, è troppo bucherellata e spugnosa per sostenere il peso e la pressione di un aeroplano atterrante. Noi dovevamo partire dall'acqua e non avevamo quindi altra alternativa che usare dei galleggianti e affidarci alla fortuna, poiché era pienamente previsto che, se l'aeroplano fosse stato costretto ad atterrare sul ghiaccio o sulla neve, esso sarebbe rimasto colà dove era sceso. Per questa eventualità noi portammo con noi, in tutti i voli, attrezzi di sciatore per l'equipaggio e viveri per quattordici giorni. Dalle nostre esperienze aviatorie dell'estate 1923 era apparso chiaramente che gli apparecchi da usarsi per un volo transpolare dovessero essere costruiti in modo da partire ugualmente bene dalla terra, dal ghiaccio e dalla neve ed atterrarvi. Eliminata la possibilità di usare galleggianti e pattini come mezzo di atterramento, si arrivò alla conclusione che un battello volante con uno scafo specialmente rinforzato e attrezzato di pattini per atterrare sul ghiaccio sarebbe stata la migliore soluzione. Apprendemmo che le "Costruzioni Meccaniche" di Marina di Pisa avevano già fatto esperimenti in tale senso e che il loro capo costruttore, signor Dornier, era pronto a fabbricare il tipo di scafo che avrebbe potuto servire al nostro intento. La prima intenzione del capitano Amundsen fu di usare tre o quattro aeroplani del tipo « Dornier Delphin », con motore B.M.W. di 185 cv; ma calcoli accurati mostrarono che il raggio di volo di questo aeroplano sarebbe stato soltanto, nelle migliori condizioni, di 700 miglia (1100 chilometri) circa, il che era affatto insufficiente. Gli ordini furono quindi mutati in due apparecchi « Dornier Wal », equipaggiati con due motori Rolls-Royce di 380 cv. Questi motori non sono, come in moltissimi aeroplani bimotori, collocati allo stesso piano delle ali, ma sopra di FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] esse. Questo collocamento di motori ha il grande vantaggio di permettere all'aeroplano di continuare il volo, anche se uno di essi si arrestasse. Il raggio di azione del tipo « Wal » è di circa 1300 miglia (2000 chilometri circa), un po' più della distanza dal Polo Nord all'Alaska. Poiché la distanza totale dalle Spitzberg all'Alaska è di circa 1800 miglia (2900 chilometri), è evidente che noi dovremo fare una sosta nelle vicinanze del Polo e stabilirvi un deposito, per atterrarvi poi di nuovo e rifornirci di carburante per il volo finale transpolare Ambedue gli aeroplani avranno stazioni radiotelegrafiche emittenti e riceventi con un raggio da 400 a 500 miglia (da 640 a 800 chilometri). (1) Il « Dornier Wal » era un apparecchio monoplano bimotore, a scafo centrale, a struttura interamente metallica. Lateralmente allo scafo, suddiviso in compartimenti stagni separati da paratie, vi erano due corte pinne, che aumentavano la stabilità in mare, anche burrascoso. Per facilitare il decollo e l'ammaraggio, lo scafo era opportunamente sagomato con due redan. I due motori, indipendenti e disposti in linea in tandem, erano montati, sostenuti da un castello di tubi di acciaio, sopra l'ala ed erano ispezionabili in volo. Azionavano eliche quadripale blindate, una traente ed una propulsiva. Era stato progettato dall'ingegnere tedesco Claude Dornier, che lo aveva sviluppato come apparecchio da bombardamento marittimo per conto della Marina militare spagnola. Per le limitazioni imposte dal trattato di pace, tale apparecchio non poteva essere costruito in Germania e pertanto veniva costruito nei cantieri di Marina di Pisa dalla società "CMASA" (Costruzioni Meccaniche Aeronautiche S.A.). Il « Dornier Wal » era un ottimo apparecchio e in varie versioni venne costruito in circa 300 esemplari. Molti primati degli anni '20 e '30 vennero conquistati da questo apparecchio. Le caratteristiche dell'apparecchio erano le seguenti: (2) Apertura alare mt22,5 Lunghezza mt17,2 Altezza mt 5,2 Superficie alare mqq 96 Peso a vuoto kg 3560 Peso totale kg 5700 Velocità massima km/h 180 Velocità di crociera km/h 140 Quota tangenza mt 3500 Autonomia km 1800 Motorizzazione:due motori Hispano Suiza da 300 cv La versione « Marina » adottata per l'impresa polare, differiva da questa principalmente nella motorizzazione (due motori Rolls-Royce Eagle a 12 cilindri a V raffreddati a liquido da 350 cv), in una maggiore resistenza FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] strutturale, in un maggior carico utile (kg 2000) e in una maggiore autonomia di volo (km 2000). Lo scafo, diviso in cinque compartimenti stagni, aveva a prua una cabina per l'osservatore; seguiva la cabina per i piloti, che avevano a disposizione doppi comandi; le cabine erano aperte. I motori potevano essere ispezionati in volo. Il velivolo era dotato di un apparecchio cinematografico, sistemato a prua, per le riprese in volo e di un apparecchio radiotelegrafico con una portata di 700-800 km. Gli scopi della spedizione polare vennero indicati da Hammer come segue: Bisogna bene mettere in chiaro che l'obiettivo di un volo transpolare non è quello di riscoprire il Polo o di trovare e di annettere un continente artico; ma quello di esplorare il milione circa di miglia quadrate di territorio sconosciuto, situato tra il Polo Nord e l'Alaska, e di dimostrare la praticità degli aeroplani per le esplorazioni. E' opportuno ricordare che una nave, se fosse possibile, impiegherebbe da quattro a sette giorni per spingersi attraverso il bacino polare, mentre un aeroplano per traversare lo stesso territorio impiegherà da 24 a 26 ore di volo effettivo. L'esplorazione della vasta zona sconosciuta fra il Polo Nord e l'America sarà certamente di immenso interesse e valore per la scienza e ciò, dal punto di vista di un esploratore, sarà sufficiente a giustificare il tentativo di volo transpolare. Ma da un punto di vista politico o, per così dire, nazionale, altri obiettivi possono essere raggiunti: uno dei più importanti è la conoscenza delle possibilità di una via aerea transpolare e la determinazione di possibili stazioni di tappa in questa zona sconosciuta. E' certo che gli aeroplani percorreranno in futuro le 1800 miglia (2500 chilometri) del volo transpolare. In 5 o 10 anni la via transpolare durante l'estate sarà la più breve e la più sicura via aerea per l'Europa: lungo questa via si potranno stabilire sicuri posti di atterramento di fortuna, ciò che non sarà mai possibile nell'Oceano Atlantico. Un volo transpolare, abbia o non abbia successo, sarà un evento straordinario nella storia dell'aviazione e servirà moltissimo all'ulteriore sviluppo di essa. (3) Il progetto di Amundsen era ambizioso e lungimirante, perché si proponeva, non solo l'esplorazione di zone sconosciute, ma anche di gettare le basi per la realizzazione di linee commerciali aeree, che congiungessero America, Europa e Estremo Oriente passando sopra il tetto del mondo; che è la rotta più breve. Solo nel 1952 la SAS (Scandinavian Airlines System) diede inizio a voli commerciali tra Europa e America seguendo una rotta transpolare artica. Questa rotta è ora regolarmente usata da molte compagnie aeree per i collegamenti con l'Estremo Oriente. Quando il Commissariato Italiano all'Aeronautica, non esisteva allora un Ministero dell'Aeronautica, ebbe notizia degli intendimenti di Amundsen, si inserì nell'iniziativa e si offrì di approntare un terzo apparecchio da affiancare ai due già stabiliti, impegnandosi ad acquistarlo, pagandolo interamente, e ad equipaggiarlo con personale italiano. Un accordo stipulato il 9 Aprile e debitamente approvato da Mussolini, stabiliva: Fra il Commissariato dell'Aeronautica Italiana rappresentato da Arturo Mercanti, Intendente Generale, da un lato, e l'esploratore Roald Amundsen, assistito dal signor Hammer, dall'altro è stabilito: Il Commissariato dell'Aeronautica consente a partecipare, nella più grande possibile estensione, alla spedizione di Amundsen al Polo Nord e, di conseguenza, aggiungerà alla spedizione un terzo « Wal Dornier ». Questo terzo « Wal Dornier » sarà esattamente uguale in tutte le sue parti a quelli in corso di costruzione nella Officina S.A.I.Costruzioni Meccaniche di Pisa. FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] Il capitano Roald Amundsen accetta questo aiuto nella sua impresa da parte del Governo Italiano, purché il terzo « Wal Dornier » sia pronto per il 31 Maggio 1924. Il terzo « Wal Dornier » è pertanto prestato al capitano Amundsen e rimarrà di proprietà del Governo Italiano, sia durante che dopo la spedizione, ma dovrà necessariamente portare la bandiera della spedizione Amundsen con condizioni uguali a quelle degli altri due aeroplani. Il terzo « Wal Dornier » sarà equipaggiato per cura e a spese del Governo Italiano, ma secondo le istruzioni e sotto la sorveglianza del capitano Amundsen. L'equipaggio di questo terzo « Wal Dornier » consisterà di non più di tre italiani, che siano accetti al capitano Amundsen. La distribuzione dell'equipaggio però sarà interamente devoluta al capitano Amundsen. Per il tempo nel quale i tre italiani parteciperanno ai voli, non potrà essere garantito loro di essere tutti adibiti allo stesso aeroplano. Ad altri due italiani potrà essere permesso di aggiungersi ai membri della base della spedizione alle Spitzberg. Il « Wal Dornier » offerto dal Governo Italiano sarà sotto l'assoluto comando del capitano Amundsen. Tutti i membri italiani saranno considerati come partecipanti alla spedizione Amundsen sotto gli ordini del capitano Amundsen, alle stesse condizioni e con lo stesso contratto degli altri membri della spedizione. I membri e il materiale italiani avranno gli stessi diritti e gli stessi obblighi che l'altro personale e materiale della spedizione senza eccezione. E' inteso che il « Wal Dornier » e l'equipaggio italiano prestati dal Governo Italiano non saranno considerati come di scorta e di riserva, ma saranno impiegati attivamente così come gli altri due aeroplani costituenti l'equipaggiamento della spedizione. In ogni caso il capitano Amundsen garantisce, nei limiti delle sue possibilità, che l'italiano « Wal Dornier » sarà usato per voli al Polo Nord e più oltre, se sarà possibile. L'organizzazione della spedizione Amundsen provvederà a tutte le spese per l'impiego del terzo « Wal Dornier » (consumo, cibo, ecc.) dal momento della partenza da Marina di Pisa sino al rientro della spedizione. I membri italiani saranno pagati e indenizzati dal Governo Italiano. (4) Venne pure sottoscritto un impegno che riservava al solo Amundsen lo sfruttamento delle corrispondenze giornalistiche e delle riprese foto-cinematografiche relative all'impresa. E ciò perché con questo mezzo Amundsen si riprometteva di rientrare dalle enormi spese che avrebbe dovuto sostenere per l'effettuazione dell'impresa. La "Agenzia Stefani" così aveva dato notizia dell'accordo sottoscritto: L'esploratore Amundsen, prima di lasciare l'Italia, ha firmato una convenzione con l'Intendente Generale dell'Aeronautica, Arturo Mercanti, convenzione che è già stata ratificata dall'on. Finzi, Vice Commissario dell'Aeronautica e dal Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri ed Alto Commissario per l'Aeronautica, in seguito alla quale è assicurata all'Italia una larga partecipazione alla spedizione al Polo Nord. L'Italia ha concesso ad Amundsen un terzo apparecchio « Wal » che le Officine Meccaniche di Marina di Pisa daranno pronto contemporaneamente agli altri due già in allestimento e che sarà equipaggiato con personale FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] italiano. L'aggiunta di un terzo apparecchio da maggiori probabilità di successo all'audace tentativo del grande esploratore e permetterà all'Italia di partecipare alla sua gloria per virtù della sua industria e dei suoi uomini. (5) Mussolini aveva subordinato la firma del suddetto accordo all'accettazione di un contratto di compromesso relativo ai diritti di esclusiva di pubblicazione di articoli relativi alla spedizione. Amundsen aveva già stipulato questo accordo giornalistico con il "Corriere della Sera". Quando Mussolini venne a sapere di questo accordo stipulato con un "giornale di opposizione", pretese che in questo accordo venisse incluso anche il suo giornale "Il Popolo d'Italia". Raggiunto un compromesso tra i due giornali, Mussolini diede il benestare per la firma dell'accordo principale, ma pretese che nel contratto giornalistico, stipulato il 8 Aprile, venisse inclusa la seguente clausola: Roald Amundsen garantisce che i partecipanti italiani alla spedizione non potranno fare separati contratti giornalistici. (6) Così Amundsen descrisse il programma del volo: Come è stato accennato,la spedizione avrà a sua disposizione tre aeroplani « Dornier Wal », ciascuno fornito di due motori Rolls-Royce: gli aeroplani hanno costruzione perfettamente uguale, sono battelli volanti con pattini che permettono di atterrare e di prendere il volo così dall'acqua, come dal ghiaccio o dalla neve. Gli aeroplani sono stati costruiti nelle officine "Costruzioni Meccaniche" di Marina di Pisa, e saranno pronti alla consegna alla fine di marzo. I principali membri della spedizione, oltre ad Haakon H.Hammer, sono il tenente Ralph E.Davidson della Marina Americana, i tenenti Hjalmar Rjiser-Larsen e Leif Dietrichson della Marina Norvegese, il tenente Oscar Omdal della riserva della Marina Norvegese e il ben noto aviatore e deputato italiano Locatelli, insieme con altri due italiani non ancora scelti da Mussolini. La spedizione sarà inoltre accompagnata da un eminente giornalista americano, Floyd Gibbons, e dal capitano Jackson dell'Esercito Americano, come fotografo. Oltre a questi membri, vi saranno altri specialisti, cosicché il numero totale dei partecipanti alla spedizione sarà di circa una trentina di persone. Alla fine di Maggio, quando tutti gli aeroplani saranno compiutamente saggiati, ci trasferiremo per via aerea da Pisa alle Spitzberg. Questo volo coprirà una distanza di circa 3700 chilometri e sarà di grande importanza, perché costituirà un'aspra prova degli uomini e del materiale. Questo trasferimento sarà diretto da Haakon H. Hammer con Davidson, Rjiser-Larsen e Locatelli, rispettivamente, come piloti dei tre aeroplani. Almeno quattro fermate saranno effettuate durante il viaggio e possibilmente gli aeroplani faranno una breve visita a Copenaghen e a Cristiania. Nel frattempo, la nave-base della spedizione, che ha una portata da 300 a 500 tonnellate, sarà approntata in Tromsö (Norvegia) e sarà fornita di una forte stazione radiotelegrafica della ditta Erik F.Huth di Berlino, ditta che ha installato impianti radiotelegrafici anche in ciascuno dei tre aeroplani. Alle Spitzberg, l'isola Danese costituirà la principale base degli aeroplani, ma la nave si recherà quanto più a nord le sarà consentito dalle condizioni dei ghiacci, per servire di stazione, dalla quale gli aerei partiranno per il loro volo verso il nord. Il primo mese alle Spitzberg sarà impiegato dalla spedizione in osservazioni e preparativi: il vero volo transpolare non sarà tentato che alla metà di Luglio. Considero questo periodo di tempo come il più favorevole per il fatto che allora troveremo la massima quantità di acqua nelle regioni polari: quantunque si possa atterrare anche sui ghiacci o sulla neve, sarà sempre nostra mira scendere sull'acqua. E' mio intendimento ora di partire con tutti e tre gli aeroplani No.1,2,3, con pieno carico di benzina. Dopo 400 miglia (640 chilometri) di viaggio sarà fatto un atterramento e l'aeroplano No.1 trasferirà agli aeroplani No.2 e 3 FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] sufficiente benzina per riempire i loro serbatoi, il No.1 rimarrà sul posto come stazione radiotelegrafica intermedia. Gli apparecchi No.2 e 3 effettueranno un'altra tappa di 640 chilometri e il No.2 allora darà al No.3 sufficiente benzina, perché quest'ultimo riempia di nuovo i suoi serbatoi, avendo in tal modo abbastanza carburante a bordo per completare l'ultima tappa del viaggio sino all'Alaska, dove sono stati già costituiti sulla costa settentrionale dei depositi di benzina. Anche il No.2 rimarrà sul posto di atterramento, come stazione radiotelegrafica. In questo modo, la base delle Spitzberg potrebbe comunicare radiotelegraficamente con l'aeroplano No.3 per la maggior parte del suo viaggio. Alla metà di Agosto, la nostra spedizione dovrebbe essere compiuta: i risultati della nostra opera saranno immediatamente conosciuti. Questa prestezza, per me che sono stato abituato a metodi più lenti, è affatto nuova. Ma voglio riserbare ad allora l'espressione del mio giudizio sulla pratica convenienza degli aeroplani come mezzo di esplorazione nel futuro. (7) In questa esposizione di intenti, Amundsen nulla diceva su come intendeva procedere al ricupero degli equipaggi dei due aerei abbandonati nel corso del volo transpolare. A questo proposito qualche cosa di più aveva detto, in precedenza, Rjiser-Larsen, il pilota norvegese di Amundsen, parlando del programma della spedizione: Dopo le prove a Pisa ed alle Spitzberg per accertare esattamente il consumo di benzina e il rendimento dei motori, e dopo voli di prova nelle regioni polari per trovare località di atterramento, l'ultima fase della spedizione avverrà con le modalità seguenti: Poiché nessuna macchina può portare benzina sufficiente per l'intero volo dallo Spitzberg all'Alaska, tre aeroplani saranno necessari per l'ultimo volo, due dei quali serviranno da deposito volante. Ciascuna macchina porta benzina per sedici ore di volo. Le tre macchine partiranno insieme. Dopo quattro ore di volo atterreranno ed una macchina cederà a ciascuna delle altre due benzina per tre ore e quindi tornerà allo Spitzberg. Le altre due procederanno per altre otto ore e quindi atterreranno. Uno degli aeroplani cederà all'altro tutta la sua benzina e cioè sette ore di benzina: questo aeroplano verrà quindi abbandonato. L'altro così rifornito ripartirà per l'Alaska recando anche gli aviatori dell'apparecchio abbandonato. L'ultima tappa potrà essere compiuta in dieci ore. (8) Alla fine di Aprile il Commissariato dell'Aeronautica scelse il pilota che avrebbe comandato l'equipaggio del terzo apparecchio della spedizione Amundsen. La scelta cadde su Antonio Locatelli: Al Comando dell'Aeronautica erano stati sottoposti alcuni nomi fra quelli dei più intrepidi nostri aviatori: si sa che è stato scelto l'aviatore tenente Locatelli, bergamasco, decorato di medaglia d'oro, neo deputato nella lista nazionale. Come è noto, il Locatelli che fu tra gli "assi" di guerra, partecipò con D'Annunzio all'impresa di Vienna, mostrando un ardimento eccezionale. (9) Locatelli così ebbe a commentare: Prenderò parte all'impresa ed ho accettato appunto perché l'impresa richiede ardimento. Avrei desiderato che la cosa mi fosse stata comunicata prima, poiché so per esperienza che ad imprese eccezionali non si é mai preparati a sufficienza. Appena lessi dell'impresa, ne fui entusiasta e desiderai in cuor mio di poter prendervi parte. Come vede, sono un fortunato. E' necessario ora un pronto allenamento. (10) A Locatelli vennero poi affiancati il Tenente pilota Tullio Crosio, 2º pilota; il Tenente di Vascello Silvio Marescalchi, Ufficiale di rotta; Giovanni Braccini e Bruno Falcinelli, meccanici-motoristi. Non so perché sia stato FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] scelto Locatelli come capo spedizione e capo equipaggio. Certamente per le sue indubbie, insuperabili qualità di pilota, rivelatesi nel corso della Guerra 1915-1918 con i suoi voli su Zagabria, Pola, Fiume, Friedrichshafen e con il volo su Vienna del 8 Agosto 1918 - "Giovane leone di guardia" di Gabriele D'Annunzio - e con i suoi voli sopra le Ande tra Pacifico e Atlantico. Ma la sua scelta può essere stata dettata anche da considerazioni politiche. Aveva partecipato alla spedizione di Fiume a fianco di D'Annunzio, si era avvicinato al movimento fascista di Mussolini e nelle elezioni politiche del 1924 era stato eletto al Parlamento sia nel Collegio di Bergamo che nel Collegio di Milano per la Lista Nazionale di ispirazione fascista. Mussolini, sempre pronto a sfruttare ogni occasione per cancellare le origini squadristiche del suo movimento e per rifarsi una verginità verso quei vasti strati di italiani che ancora non avevano preso posizione in suo favore, può aver visto in Locatelli un mezzo idoneo per raggiungere il suo scopo politico. Locatelli, Eroe della guerra, Medaglia d'Oro, non coinvolto in imprese squadristiche, se avesse felicemente portato a termine l'impresa polare a fianco di un eroe leggendario quale Amundsen, avrebbe certamente riversato su Mussolini, che lo aveva designato all'impresa e lo aveva appoggiato, una parte della gloria conquistata. Non bisogna dimenticare che, allora, il Polo Nord esercitava un fascino particolare, come espressione di tutta l'audacia, di tutto il coraggio che l'uomo poteva esprimere. La partenza da Marina di Pisa sarebbe dovuta avvenire il 15 Maggio per Davidson e Rjiser-Larsen (Amundsen li avrebbe raggiunti alle Spitzberg per nave), e ai primi di Giugno per Locatelli. La partenza venne poi posticipata alla metà di Giugno ed il 13 Giugno, per assistere alla partenza, a Marina si erano recate la madre e la sorella di Locatelli, portatrici di un vessillo augurale da loro ricamato, e il padre di Crosio, il signor Antonio Crosio. DALLA SPEDIZIONE AMUNDSEN ALLA SPEDIZIONE LOCATELLI - Locatelli, come ebbe notizia di essere stato scelto come capo spedizione e capo equipaggio dell'apparecchio italiano aggregato alla progettata spedizione Amundsen, si buttò a capofitto nell'impresa, prima di tutto per acquisire, lui pilota di apparecchi terrestri, la massima padronanza del nuovo mezzo e poi per capire i mille problemi dell'Artico. Studiò e si documentò. E quanto studiò e quanto si documentò è provato dai tanti libri che in argomento esistono nella sua biblioteca. Si sottopose a intensi allenamenti, per trasformarsi in pilota di idrovolanti, prima sul lago di Bracciano, poi a Marina di Pisa. Lui abituato a pilotare uno Sva che pesava si e no mille chili, che era lungo otto metri e largo nove, doveva diventare padrone di un mezzo che pesava cinquemila chili ed era lungo sedici metri e largo ventidue. E la maneggevolezza dello SVA nulla aveva a che vedere con quella del Dornier. E' come se uno abituato a guidare una cinquecento venisse chiamato a guidare un Tir con rimorchio. Con la differenza che con il Tir ci si può fermare, si può fare marcia indietro, si può accelerare, si può rallentare, fermare e ripartire. Con un aereo se si sbaglia la manovra, solo i santi possono rimediare all'errore. Del progetto originale non rimase soddisfatto e non si trattenne dall'esprimere critiche e avanzare dubbi: La traversata polare non può essere considerata alla stregua di qualunque altra spedizione, a causa delle numerose incognite che presenta. Si è, per esempio, affermato che il volo si sarebbe certamente potuto effettuare con gli attuali apparecchi. Da parte mia, ho sempre avuto dei dubbi circa tale effettuazione, e non ho mancato nemmeno di segnalarli agli organi competenti. L'apparecchio é costruito in modo perfetto, ma non possiede un'autonomia di volo tale da compiere interamente il percorso polare. L'idrovolante costruito per FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] l'impresa può infatti tenere l'aria per 1800 chilometri; ma, come avviene per tutte le previsioni, anche questa ha un valore completamente relativo, sicché un margine calcolato anche ad abundantiam, non può consentire la previsione che l'apparecchio sia perfettamente in grado di compiere la trasvolata fino al suo termine. Per arrivare all'Alaska vi é molto, ma molto di più, dei 1800 chilometri di distanza previsti per l'autonomia di volo dell'idrovolante transpolare. (11) Era stato stimato che la distanza complessiva da coprire fosse di 3300 chilometri, 1100 chilometri tra le Spitzberg e il Polo, 2200 chilometri tra il Polo e l'Alaska. Malgrado i tanti dubbi che aveva, Locatelli, tuttavia, non si ritrasse dall'impegno assunto: Eravamo impegnati in una convenzione: non potevamo ritirarci, anche perché si sarebbe riversata su di noi la colpa della mancata spedizione. Se gli altri partivano, saremmo partiti. Avevo la certezza che se doveva arrivare un pilota straniero, a parità di condizioni, dovevamo arrivare anche noi, almeno un palmo più in là. Ero anche sicuro che non avevo nulla da imparare dagli organizzatori della spedizione, mentre avevo qualche cosa da insegnare. Mi domandavo con sospetto perché Amundsen e Hammer non avevano fatto le considerazioni elementari che ho in parte esposto. Una rivista olandese di geografia diceva che la spedizione mancava di serietà: cominciavo a crederlo anch'io. (12) Anche la Società Geografica Italiana aveva avanzato riserve sulla fattibilità dell'impresa. Una speciale Commissione aveva studiato il progetto dal punto di vista strettamente geografico e aveva dato il suo parere sui seguenti quesiti: 1) Sarà possibile superare in successione le distanze tra i punti di sosta? - 2) Date le condizioni meteorologiche, favorevoli o contrarie, che si possono, fino a un certo punto, prevedere, quali ne potranno essere gli effetti sulla rotta e sulla sicurezza del viaggio? La Commissione concludeva l'esame dei due quesiti, emettendo, in data 2 Giugno 1924, il seguente parere finale: In conclusione, la Società Geografica, tenendosi strettamente nei limiti della propria competenza, ritiene di poter dichiarare che la riuscita dell'audacissimo volo appare affidata assai più a un imprevedibile determinarsi di circostanze favorevoli, che a una sapiente organizzazione tecnica, ed alla perizia e al coraggio di coloro che vorranno avventurarvisi. (13) Alla questione la Reale Società Geografica Italiana era stata interessata, in data 15 Maggio 1924, con la seguente lettera a firma dell'Intendente Generale dell'Aeronautica: La partecipazione italiana alla spedizione di Roald Amundsen è stata convenuta con criteri di grande prudenza, e non sarà certamente il Governo Italiano che si assocerà ad una spedizione se non quando ne avrà accertato il carattere di serietà e considerando che l'impresa deve avere pur sempre la parte di incognita annessa a tutte le spedizioni polari, quanto meno consueto è il mezzo che si adopera nella spedizione. In argomento mi sarebbe certamente gradito il ponderato pensiero di codesta Società. (14) Durante le fasi preparatorie del volo erano sorte anche delle divergenze tra Locatelli e gli altri membri della spedizione. Locatelli non aveva voluto accettare che il suo velivolo portasse solo le insegne della spedizione e pertanto lo aveva fatto registrare in Italia e aveva fatto dipingere sul timone la bandiera italiana. Inoltre Locatelli si era rifiutato di sottostare alla condizione, voluta da Amundsen ma bene accolta, se non anche suggerita, da Mussolini, di astenersi, per due anni dalla conclusione della spedizione, dallo scrivere corrispondenze in proposito e dallo sfruttare il materiale foto-cinematografico raccolto nel corso della spedizione. Locatelli non FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] voleva sottostare a queste limitazioni, dato che già godeva di buona reputazione come scrittore e come operatore fotografico: Quando vollero impormi che per i due anni successivi alla spedizione, conservassi il silenzio sull'impresa e non mi servissi del materiale che con macchine fotografiche e cinematografiche mie avrei raccolto, dichiarai inaccettabili tali condizioni, che risultavano affatto nuove per la convenzione. Ero nettamente convinto della necessità della mia collaborazione, e non potevo concederla contro condizioni. Io ero preparato completamente e in buona fede. Credo che essi fossero seccati che l'Italia mandasse un equipaggio che sapeva il fatto suo e poteva essere di controllo a loro stessi. Esigevo io stesso una clausola precisa, che stabilisse di lasciare a me sempre il comando del velivolo italiano e l'equipaggio dello stesso indivisibile. (15) In questa fase critica dei rapporti tra i vari componenti la progettata spedizione, si venne ad inserire la richiesta della CMASA, costruttricei dei due « Dornier Wal » ordinati da Amundsen, di vedere regolati i conti perché da questo non avevano ancora ricevuto alcuna sovvenzione, mentre per il terzo apparecchio ordinato dal Governo italiano erano stati regolarmente e integralmente pagati. Amundsen, non avendo trovato il necessario sostegno presso il Governo Norvegese, fu costretto a rinunciare al suo progetto e a cancellare la spedizione. La decisione, presa quando già la spedizione era in procinto di partire, venne così comunicata: L'esploratore Amundsen ha definitivamente rinunciato al suo progetto di spedizione aerea al Polo, perché il più attento esame delle esigenze della spedizione stessa lo ha persuaso che l'impresa richiede mezzi tecnici e finanziari dei quali egli non può disporre. (16) Amundsen era sempre in uno stato cronico di fabbisogno economico ed aveva sempre bisogno di qualche mecenate che avesse a sovvenzionare le sue spedizioni. Per le eccessive spese sostenute per organizzare la trasvolata polare, avendo impegnato mezzi superiori a quelli di cui disponeva e a quelli messi a sua disposizione dal Governo Norvegese, venne dichiarato fallito: Per organizzare la spedizione al Polo, l'esploratore aveva speso assai più di quanto non gli consentissero i mezzi propri e quelli messi a sua disposizione dallo Stato. (17) A seguito della decisione di sospendere la spedizione, si aprirono velenose polemiche tra Hammer, al quale Amundsen aveva affidato il compito di organizzare la spedizione stessa, e Locatelli. Hammer scrisse in un giornale berlinese: Il signor Locatelli era considerato come un eccellente pilota di aeroplani comuni, ma non aveva mai precedentemente volato su di un idroplano o battello volante ed era riguardato come inadatto per il volo transpolare da alcuni degli esperti aviatori uniti alla spedizione. (18) Locatelli rispose per le rime e andò giù pesante con la polemica. Dopo aver esaminato nei dettagli il progetto di volo ("che supera in fantasia le migliori invenzioni di Verne"), disse "due chiare parole ad Hammer": C'è nell'articolo di Hammer un tratto che mi riguarda, che fa apparire come un favoritismo la mia scelta quale pilota, come se fosse un favoritismo il concedere di partecipare ad una impresa che aveva per sfondo possibile la morte. In quanto al suo giudizio sul mio conto, non me ne curo; si ricordi Hammer che forse il volo più lungo della sua vita fu quello eseguito come mio passeggero da Pisa a Livorno in un piccolo scafo, dove la sua pancia rientrava appena a misura, e ricordi che mi sono accorto troppo tardi che facevo troppo onore a lui a FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] partecipare ad una spedizione nella quale egli era immischiato per scopi puramente speculativi, e vorrei aggiungere che se vi fu qualcuno ingannato fu proprio Amundsen stesso, la ditta costruttrice e noi. Se la spedizione avesse avuto luogo, avrei pregato il signor Hammer di andare in cucina a dirigere i cuochi come più gli conveniva e non gli avrei permesso di immischiarsi nelle faccende di volo. (19) Critiche ad Hammer vennero anche da altri quartieri: L'aviatore Mittelholzer, uno dei migliori piloti della Svizzera, che già ebbe ad occuparsi della possibilità di un volo polare con la competenza che gli deriva da indagini fatte personalmente in velivolo nelle regioni artiche, pubblica nella "Neuer Zurcher Zeitung" un lungo articolo in cui si dice in grado di stabilire definitivamente le gravi ragioni che impedirono la volata polare di Amundsen, che, come è noto, avrebbe dovuto iniziarsi a Marina di Pisa lo scorso giugno. L'articolo riesce un atto di accusa, garbato ma molto chiaro, a carico di quel signor Hammer che doveva curare per conto dell'Amundsen la parte finanziaria della spedizione. Questi si sarebbe servito del nome di Amundsen non per scopi scientifici, ma puramente finanziari. L'Hammer ordinò, come è noto, gli aeroplani alle Officine Meccaniche di Marina di Pisa quando non aveva alcuna base finanziaria sicura. Il 31 Marzo, in occasione della visita a Pisa dell'Amundsen e dell'Hammer, i due apparecchi ordinati erano quasi pronti, ma i versamenti fatti dall'Hammer non coprivano neanche le spese di acquisto dei motori ordinati in Inghilterra. L'Hammer si scusò dicendo di essere stato ingannato da persona da lui incaricata in America per la raccolta dei fondi ed aggiungendo che avrebbe fatto un nuovo piano finanziario. Intanto ai due aeroplani si aggiunse il terzo, quello donato dal Governo Italiano, finché saltò fuori, tra la meraviglia generale, che l'Hammer non era in grado di affrontare l'approvvigionamento del viaggio, sebbene egli, in lunghi articoli di giornali, avesse parlato dell'organizzazione e dei mezzi di cui la spedizione era dotata, facendosi valere come il meglio preparato per il compito da lui assunto in seguito all'esperienza fatta con voli di orientamento allo Spitzberg. In realtà l'Hammer aveva compiuto una volta un volo del genere assieme all'estensore dell'articolo e quella volta, dopo alcuni giri, aveva perduto l'orientamento. Un esempio della superficialità dell'Hammer è dato dalla storia del piroscafo che avrebbe dovuto accompagnare la spedizione. Questa, la vecchia nave sudpolare « Deutschland », doveva trovarsi a Genova ed era stata comperata per incarico dell'Hammer da persona che da lui aveva ricevuto il denaro occorrente. Per alcune settimane si fecero ricerche del piroscafo, che si diceva fosse adibito al trasporto di carbone, ma le ricerche riuscirono vane. Grazie all'abnegazione dei piloti si riuscì a tempo opportuno a mettere insieme tutte le riserve e gli approvvigionamenti necessari alla parte aviatoria della spedizione e tutti furono inviati verso lo Spitzberg, sebbene l'Hammer non avesse pagato che un terzo del convenuto anticipo. La ditta costruttrice non poteva contentarsi di ricevere in pagamento chiacchiere che non avrebbe potuto scontare in nessuna banca. La spedizione fallì in tal modo, anche perché l'epoca era intanto molto avanzata ed era opportuno rinviare ogni tentativo. (20) FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] Molti anni più tardi, un esperto aeronautico inglese, esperto perché esperto di voli polari condotti in prima persona, così ebbe a parlare dell'impresa di Amundsen: Al suo ritorno a New York (dopo il fallito tentativo, del 1923, di raggiungere il Polo in aeroplano partendo dall'Alaska) con risorse finanziarie ridotte a zero, Amundsen ebbe la buona ventura di incontrare il facoltoso americano Lincoln Ellsworth, che accettò di finanziare un tentativo di volare al Polo Nord usando due idrovolanti « Dornier Wal », equipaggiati con due motori Rolls-Royce da 365 c.v. Queste macchine con la loro chiglia piatta e le pinne laterali allo scafo per una maggior stabilità laterale, sembravano molto adatte per il tentativo, essendo in grado di prendere il volo dal ghiaccio dello Spitzbergen. Tuttavia la loro autonomia, stimata in 16 ore alla velocità di 86 m/h (138 km/h), era in realtà insufficiente per il volo da King's Bay al Polo e ritorno (1534 m - 2469 km). Il piano di Amundsen contemplava la possibilità di un ammaraggio vicino al Polo, il trasbordo dell'equipaggio e il rifornimento di un apparecchio da parte del secondo apparecchio, così che abbandonando un apparecchio, il secondo fosse in grado di compiere il volo di ritorno. Tutto questo presupponeva la possibilità di trovare, vicino al Polo, una zona di acque libere o di neve soffice, dove i due apparecchi potessero ammarare e poi decollare; evenienza molto discutibile. Tenendo in debito conto la possibilità di errori di navigazione e il fatto che il vento, in un volo di andata e ritorno, provoca normalmente una riduzione di autonomia, un suo aumento di almeno il 25 % avrebbe dovuto essere presa in considerazione. In altre parole, per assicurare sicurezza di volo, il « Dornier » avrebbe dovuto avere una autonomia di 1534 + 384 = 1918 miglia (2470 + 618 = 3088 km), all'incirca 2000 miglia (3219 km), in paragone a quella effettiva di 1376 miglia (2214 km). Malgrado la sua padronanza delle tecniche di viaggi polari con navi e con cani, Amundsen non ha mai capito le regole fondamentali dei viaggi in aeroplano. Egli era uno degli uomini più coriacei che si possano immaginare e bene rappresentava la parte del suo soprannome "L'ultimo dei Vichinghi". Egli aveva il più spiccato senso istintivo per una vita dura, ma non la raffinatezza colta, l'umorismo o la diplomazia del suo altrettanto famoso conterraneo, Nansen. Amundsen era perfettamente onesto, ma di soldi non capiva niente, e, prima di incontrare Ellsworth, egli aveva dovuto più volte fuggire dai suoi creditori. La scienza, per lui, presentava un interesse secondario, il suo principale scopo nella vita era l'esplorazione, per il puro gusto dell'esplorazione. Roald Amundsen, viaggiatore terrestre coraggioso, tenace e pieno di iniziativa, ebbe a fare tali gravi errori di calcolo in occasione del suo viaggio in aeroplano, che fu sua fortuna che il suo successivo volo, ancora una volta con Lincoln Ellsworth, sia avvenuto come passeggero e non come membro attivo di una spedizione. Ciò è avvenuto in occasione del suo volo con il Colonnello Nobile, progettista e pilota di dirigibili, attraverso il Polo Nord da King'Bay a Teller in Alaska a bordo del dirigibile « Norge »; era il 1926, l'anno dopo il suo volo con il « Dornier ». Destino tragico, Amundsen incontrò la morte quando con un idrovolante francese Latham ebbe a partecipare alle ricerche di Nobile (con il quale aveva avuto seri contrasti a seguito del volo del « Norge »), dopo che Nobile, nel 1928, aveva fatto naufragio sui ghiacci con un altro dirigibile, l'« Italia ». La gloria di Roald Amundsen resterà sempre legata al suo viaggio pionieristico a bordo della « Gjöa » attraverso il Passaggio di Nord-Ovest, e al suo epico assalto al Polo Sud. In aviazione, invece, mentre uno deve rendere omaggio alla intraprendenza, alla immaginativa ed alla abilità di Amundsen di saper strappare un trionfo dagli artigli del disastro, i suoi successi si sono realizzati malgrado il suo modo di programmare le spedizioni, non a seguito di esso. (21) FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] Alla notizia che la spedizione Amundsen era stata cancellata, Locatelli espresse il desiderio di intraprendere da solo il volo transpolare. In una intervista ebbe a dichiarare che egli era disposto anche a partire subito, purché la spedizione venisse organizzata seriamente ed in modo diverso da come era stata progettata in principio. Il piano di Locatelli: Gli aviatori italiani dovrebbero anzitutto portarsi alle Spitzberg su una nave polare, recando su questa l'idrovolante; poi stabilire una base a terra il più lontano possibile dallo Spitzberg e da questa nuova base spiccare il volo. La spedizione dovrebbe comportarsi di un solo apparecchio con tre persone a bordo: Locatelli, il Ten. Crosio e un motorista. Non è necessaria la partecipazione di Amundsen, non tanto per disconoscere il valore e la competenza dell'esploratore norvegese, ma soprattutto per economizzare i posti a bordo dell'idrovolante ed ottenere così l'autonomia di volo necessaria per la trasvolata. Se i mezzi non mancheranno la partenza potrebbe avvenire nell'ultima settimana di Luglio o, al più tardi, nella prima di Agosto. (22) La cancellazione del progetto Amundsen, era stata accolta con disappunto in Italia ed aveva dato l'avvio ad iniziative per sovvenzionare una spedizione tutta italiana: Il Giornale "Il Progresso Italo - Americano" di New York ha offerto al Commissariato dell'Aeronautica Italiana di fare le spese per la spedizione al Polo in aeroplano, fino alla concorrenza di due milioni di lire. La Direzione del giornale ha già scambiato sull'argomento vari telegrammi con il Commissariato italiano dell'Aeronautica, che sembra non sarebbe contrario alla proposta. La somma verrebbe raccolta rapidamente. Alla spedizione prenderebbe parte anche l'esploratore polare Amundsen che, come è noto, ha dovuto rinunciare con suo rammarico alla realizzazione del vagheggiato progetto per insufficienza di fondi. La proposta del giornale italo-americano è stata esaminata dall'on. Mussolini in un colloquio avuto con alcune personalità dell'Aeronautica e con l'aviatore on. Locatelli, qui giunto col suo apparecchio da Pisa. Risulta che il Presidente del Consiglio sarebbe favorevole, in linea di massima, ad accoglierla. Comunque una decisione in proposito non sarebbe ancora stata presa. (23) In appoggio a Locatelli si venne a porre il Gruppo Medaglie d'Oro di Guerra: Il triumvirato delle Medaglie d'Oro, Paolucci, Fantini, Rossi, comunica che il Gruppo Medaglie d'Oro nella riunione d'oggi, ha stabilito di mettersi alla testa del movimento di propaganda, organizzazione e finanziamento per la spedizione italiana al Polo Nord, guidata dalla Medaglia d'Oro Antonio Locatelli. Il Gruppo Medaglie d'Oro è a conoscenza che il R. Governo ha già messo a disposizione uno dei due apparecchi occorrenti e che avrebbe dovuto già prendere parte alla fallita spedizione Amundsen. Mentre durano le trattative con enti giornalistici e industriali per procurare il massimo di contributi all'impresa, il Gruppo Medaglie d'Oro provvederà alla formazione di un comitato e lancerà una sottoscrizione nazionale, accompagnata da un appello al Paese. (24) Su questi piani vennero fornite queste informazioni: Acquistare la nave-base e tutto l'impianto dell'Amundsen, acquistare un secondo idrovolante e lanciare un appello alla nazione per il finanziamento. Si dice che dieci tra i maggiori giornali italiani abbiano promesso fra tutti un milione per assicurarsi le corrispondenze che invierà Locatelli. La Standard Oil avrebbe assicurato i rifornimenti. S.E. Mussolini appoggia caldamente l'impresa, la cui organizzazione è assunta dal Gruppo Medaglie d'Oro, che ha lanciato un entusiasta comunicato ai giornali. (25) FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] All'impresa polare si ebbe a dimostrare contrario il Commissariato all'Aeronautica, che invece si pronunciò a favore di un tentativo di trasvolata atlantica: Il Commissariato all'Aeronautica si è mostrato contrario alla trasvolata del Polo che l'on. Locatelli avrebbe voluto compiere dopo il ritiro di Amundsen. Il Commissariato, però, consentirebbe all'on Locatelli di fare una crociera nei mari artici e di raggiungere l'America per le terre glaciali. La crociera mai tentata da alcuno, avrebbe un interesse mondiale ed un grande valore scientifico. L'on. Locatelli partirebbe dalla Scozia, raggiungendo l'Islanda e la punta sud della Groenlandia e conterebbe così di arrivare in Canada. Sono già state data disposizioni per approntare depositi di benzina in Islanda e in Groenlandia. Il viaggio potrebbe essere compiuto presto. L'on. Locatelli sarebbe accompagnato da un altro pilota, il Ten. Crosio, e da due motoristi. (26) A seguito delle notizie relative all'iniziativa del Gruppo Medaglie d'Oro, venne anche comunicato: Il volo transpolare della spedizione comandata dall'on. Antonio Locatelli è in preparazione, ma per l'anno venturo. Per quest'anno la spedizione eseguirà la trasvolata dell'Atlantico nella massima lunghezza, recandosi così a poca distanza della prima tappa del volo transpolare e compiendo nello stesso tempo una delle più ardue imprese aeree finora eseguite. In attesa della stagione favorevole per il volo transpolare del 1925, il Comitato continuerà l'opera di funzionamento e di preparazione tecnica. (27) Così nacque l'impresa atlantica di Locatelli, che si sarebbe dovuta sviluppare sul percorso: Marina di Pisa Marsiglia - Rotterdam - Inghilterra - isole Orcadi - Islanda - coste orientali della Groenlandia - Labrador Canada - New York. Dall'Inghilterra a New York sarebbe stato seguito lo stesso percorso programmato dai piloti americani che stavano compiendo il giro del mondo. Le tappe più lunghe sarebbero state di circa 12001400 km (l'apparecchio aveva una autonomia di 1800-2000 km), e l'intero percorso sarebbe stato coperto in 25-30 giorni. L'IMPRESA DI LOCATELLI IN PROSPETTIVA - Come detto prima, l'impresa di Locatelli può essere considerata per metà un successo e per metà un insuccesso. Ogni conquista scientifica, e l'impresa di Locatelli può essere paragonata ad un conquista scientifica, si regge sopra una serie di tentativi, sopra una serie di successi, sopra una serie di insuccessi. E' il processo che ora viene detto "Trial and error", ma che un tempo veniva detto del "Prova e riprova". Anche un insuccesso contribuisce al successo finale, perché mette in evidenza le manchevolezze da evitare, mette in evidenza i progetti che portano da nessuna parte, mette in evidenza i punti da perfezionare Il tentativo di Locatelli mise in evidenza, in positiva evidenza, che rotte aeree su lunghe distanze e su lunghi tratti di mare aperto erano percorribili e che il trasporto aereo per scopi commerciali era realizzabile. Il mezzo passibile di impiego commerciale era già a disposizione, tanto che dal Dornier Wal di Locatelli venne poi derivato il Dornier Wal Cabina che permetteva il trasporto 8/10 passeggeri paganti con relativo bagaglio. Il velivolo di Locatelli possedeva un requisito fondamentale per un mezzo di trasporto commerciale: assicurare la incolumità dei passeggeri anche in caso di emergenza. Locatelli e i suoi tre compagni di disavventura non avranno trascorso ore piacevoli in mezzo all'Atlantico in tempesta per tre giorni e quattro notti, ma si sono salvati la vita. FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] Il tentativo di Locatelli mise in evidenza le manchevolezze che dovevano in ogni modo essere superate se si voleva che il trasporto aereo commerciale si affermasse. E questa manchevolezza, in primo luogo, riguardava i motori. I motori erano troppo pesanti, il rapporto peso/potenza sviluppata era nettamente sfavorevole. Risparmio nel peso del propulsore significa aumento della capacità di carico utile, carburante in primo luogo, cioè aumento della autonomia di volo. E poi la affidabilità dei motori, resistenza all'usura e regolarità di funzionamento in tutte le condizioni climatiche. Non è pensabile usare il mezzo aereo come mezzo di trasporto se i motori dopo dieci ore di funzionamento diventano inutilizzabili. E dieci ore erano allora il tempo massimo di durata di un motore. Altra manchevolezza messa in evidenza riguardava l'assistenza meteorologica. Se Locatelli fosse stato informato della consistenza dello strato nuvoloso e nebbioso lungo la sua rotta, avrebbe potuto superarlo salendo in quota? Non è detto, perché sarebbero sorti altri problemi. Aumento di consumo di carburante e possibilità di formazione di ghiaccio sul velivolo lo avrebbero negativamente condizionato. Il problema dello sghiacciamento del velivolo: ecco un'altro problema da risolvere. E forse Locatelli non è salito in quota consapevole di questo pericolo. Altro problema che andava risolto: i collegamenti radio. Locatelli era partito con un impianto radio a bordo. Non sembra che lo abbia mai utilizzato. E' certo che nel momento del bisogno l'impianto non funzionava. Ma, a quel tempo, i piloti stessi non avevano una mentalità radio-dipendente. Alcuni piloti per poter aumentare l'autonomia di volo aumentando la quantità di carburante imbarcato, non esitavano a partire senza portare con se l'impianto radio. Alcuni, che lo avevano, non esitavano a scaricarlo al momento della partenza per la tappa più impegnativa: quella sopra l'Atlantico. Come per i motori, affidabilità e peso dell'impianto radio dovevano diventare fattori determinanti per rendere l'impiego della radio diffuso. Altra manchevolezza messa in evidenza e che andava assolutamente risolta: possibilità di volare con qualsiasi tempo, con nebbia e con nubi. Ciò voleva dire possibilità di volo strumentale. Analizziamo ora alcune imprese aviatorie che, in un certo modo, sono collegate a quella di Locatelli e che mettono in risalto i punti, favorevoli e sfavorevoli, prima discussi. E' già stato detto che Locatelli ebbe a tentare la sua traversata mentre era in corso il tentativo dei piloti americani di compiere il giro del mondo. Dei quattro apparecchi partiti per l'impresa uno era uscito di scena fin dal primo giorno, perché era andato a sbattere contro una montagna in Alaska. L'apparecchio era andato perso, fortunatamente senza perdite di vite umane. Uno degli altri tre, mentre effettuava la traversata isole Orcadi - Islanda, fu costretto, per irregolare funzionamento del motore a scendere in acqua. I piloti vennero tratti in salvo ma l'apparecchio andò distrutto. Secondo i protagonisti dell'impresa, l'apparecchio non aveva subito danni tanto gravi da essere inutilizzabile, aveva subito danni irreparabili solo quando ne era stato tentato il recupero a bordo di una nave soccorso. Il tutto si era svolto nel giro di circa sei ore. E pensare che sull'apparecchio era stato da poco montato un motore nuovo. Un commentatore inglese ebbe invece a commentare l'episodio in questi termini: Le alte onde che squassavano il mare, rapidamente ridussero in poltiglia l'apparecchio e i piloti vennero tratti a salvamento da un cacciatorpediniere americano appena in tempo prima che l'apparecchio affondasse. (1) FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] Di percorrere la rotta seguita da Locatelli non se ne parlò più fino al 1929, quando due aviatori svedesi tentarono l'impresa. Dopo parecchie disavventure essi riuscirono a raggiungere Ivigtut sulla costa sud occidentale della Groenlandia, ma non riuscirono ad andare oltre perché la nebbia lo impedì e perché il motore li piantò. Ed un motore nuovo era stato installato sul velivolo prima della partenza dall'Islanda. Si salvarono perché a bordo c'era un impianto radio efficiente e perché il terzo membro dell'equipaggio era un radio operatore. Ed il motore non ebbe a funzionare perché si era evidenziato un insolito fenomeno di commistione di olio lubrificante e di carburante dovuto ad un insospettato difetto di progettazione dei serbatoi dell'olio e del carburante. Il tentativo di Locatelli si realizzò compiutamente solo nel 1930, quando un equipaggio tedesco, al comando di Walter von Gronau, riuscì a raggiungere New York sulla rotta Germania - Islanda - Groenlandia - New York. L'apparecchio usato era un Dornier Wal analogo a quello di Locatelli; in realtà era uno dei due apparecchi costruiti a Marina di Pisa per il volo polare di Amundsen, ma era stato equipaggiato con due motori da 500 cv ciascuno ed a bordo c'era un efficiente impianto radio ed un radio operatore che mantenne l'apparecchio in contatto con il mondo per tutta la durata della traversata. L'apparecchio di Locatelli aveva due motori da 350 cv ciascuno, quindi una differenza di 300 cv totali in meno. Von Gronau, parlando del suo volo, dice: Una volta si diceva che la nebbia era la morte dell'aviatore. Con gli strumenti moderni, il volo tra la nebbia non rappresenta più una difficoltà insormontabile. Tuttavia volare in quell'ovatta che nasconde tutto, rende inquieti. (2) Un buon funzionamento della radio è, specialmente con il cattivo tempo, la condizione necessaria per la riuscita dei lunghi voli. Non si alzeranno mai abbastanza stazioni trasmittenti. (3) Questo venne scritto per un volo effettuato sei anni dopo quello di Locatelli. Gli insegnamenti del suo insuccesso erano stati recepiti. Alla fine ci si può anche porre la domanda: Locatelli ha compiuto qualche errore così da compromettere il risultato finale? Forse Locatelli sbagliò ad ammarare appena ebbe a notare irregolarità nel funzionamento del motore, anche perché la manovra di ammaraggio risultò più pericolosa del previsto. Il mare, che dall'alto sembrava calmo, al momento dell'ammaraggio - ma troppo tardi per poter interrompere la manovra - si presentò molto agitato e nella manovra il castello motore ebbe a subire danni. Secondo un commentatore inglese, un pilota più esperto di voli su lunghe distanze su mare aperto, non avrebbe effettuato tale manovra ed avrebbe proseguito il volo. Come fecero con successo i piloti americani. Ma sentiamo cosa dicono i piloti americani che nello stesso giorno ebbero a percorrere lo stesso itinerario di Locatelli. I due velivoli volavano di conserva e la narrazione riporta pensieri ed azioni dei loro piloti. Noi stavamo volando alla velocità di 145 km/h ed avevamo una visibilità tra i 30 e i 35 metri. Potete immaginare come un velivolo che viaggi a questa velocità possa utilizzare la distanza consentita dalla visibilità e figuratevi quanto poco tempo ci sia lasciato per vedere un iceberg, decidere da quale parte girare e poi eseguire la manovra. Tre volte ci siamo trovati di fronte ad un grande iceberg così improvvisamente da non avere tempo per prendere una decisione. Semplicemente abbiamo tirato la cloche per una rapida cabrata e siamo stati FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] sufficientemente fortunati da poter salire in candela oltre il suo culmine entrando in una nebbia ancora più fitta. Qui eravamo completamente persi e incapaci di vedere al di là dell'elica e della estremità delle ali. (4) Alla fine quello che temevamo, accadde. Tuffandoci attraverso un banco di nebbia ancora più fitta che stazionava vicino all'acqua, sbucammo dall'altra parte trovandoci a piombare direttamente verso una parete tutta bianca. Un'enorme massa di ghiaccio incombeva sopra di noi. Io virai bruscamente a destra, l'altro apparecchio a sinistra. L'ala sinistra sembrò sfiorare il bordo dell'iceberg mentre sfrecciavamo oltre. E in meno tempo di quello che occorre per dirlo, i due apparecchi si persero di vista. (5) In questa condizioni si può proprio dire che Locatelli abbia sbagliato a scendere in acqua? L'apparecchio di Locatelli era più veloce degli apparecchi americani, era più pesante e meno manovriero. Forse non avrebbe risposto in modo sufficientemente sollecito ai comandi per permettere l'esecuzione di manovre di evasione. Ma parlare di se e di ma vuol dire entrare in un campo infìdo dove ogni ipotesi e ogni soluzione può essere vera e falsa allo stesso tempo. E' poi un procedimento da non seguire, perché non scientificamente corretto mancando la risposta della controprova. Ho detto che il tentativo di Locatelli può essere paragonato ad un esperimento. L'insuccesso che apre la strada al successo, lo sperimentatore che viene superato, e cancellato, dallo sperimentatore che lo segue, fino a quando non viene conseguito il successo finale. Ed allora si può dire: No research is ever quite complete. It is the glory of a good bit of work that it opens the way for still better, and thus rapidly leads to its own eclipse. The object of research is the advancement, not of the investigator, but of knowledge. If I have seen further than others, it is because I have stood on the shoulders of giants. Guardiamo ora una cartina delle zone polari e atlantiche e delle rotte delle linee aeree che le percorrono. Le zone che vengono ora solcate sono le stesse zone dove si svolse il tentativo di Locatelli. Immaginiamo ora di costruire su questa cartina un grande mosaico con tante tessere colorate. Immaginiamo di porre dietro il mosaico una luce intensa che lo illumini sul retro. Se mancasse qualche tessera nel mosaico, lo si vedrebbe subito perché la luce filtrerebbe attraverso i buchi lasciati dalle tessere mancanti. Ma in questo mosaico non traspare alcuna luce, le tessere sono tutte al loro posto. Ed una di queste tessere è stata posta da Antonio Locatelli. Questo scritto non pone fine alla ricostruzione ed alla rievocazione del tentativo di traversata atlantica effettuato da Antonio Locatelli nel 1924. Deve essere integrato e completato con la ricostruzione del volo vero e proprio, del naufragio, del recupero e del rientro in Italia. Questa seconda parte verrà pubblicata appena se ne presenterà l'occasione propizia. Milano, 21 Ottobre 1992 , 31 Maggio 1993, 16 Giugno 1993, 30 Novembre 1993, 15 Aprile 1994 Bergamo, 23 Marzo 1997, 30 Ottobre 1997 b.c.d. FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] BIBLIOGRAFIA PARTE PRIMA (1) Brayard, F.O., Il Nastro Azzurro - Storia del primato di velocità dei transatlantici dal 1838 al 1952, Milano, Mursia, 1981. (2) Rowe, P., The Great Atlantic Air Race, London, Angus & Robertson Publisher, 1977. (3) Beaty,D., The Water Jump - The Story of Transatlantic Flight, New York, Harper & Row Publishers, 1976. (4) Allen, P., The 91 before Lindberg, Shrewsbury, Airlife Phblishing Ltd., 1984. (5) Smith, R.K., First Across, Annapolis, Naval Institute Press, 1973. (6) Wallace, G., The flight of Alcock and Brown, London, Putnam, 1955. (7) Maitland, E.M., The log of H.M.A. R-34 journey to America and back, London, Hodder & Stoughton, 1919. (8) Hawker, H.G. and MacKenzie Grieve, K., Our Transatlantic Attempt, London, Methuen & Co., 1919. (9) Ellis, F.M. and Ellis, E.M., Atlantic Air Conquest - The complete story of all North Atlantic attempts during the pioneer years from 1910 to 1940, London, W.Kimber, 1963. (10) Meriano, F., L'aviatore Locatelli, Bologna, N.Zanichelli, 1926. (11) Mazza, E., Antonio Locatelli - Due volte Medaglia d'oro, Bergamo, Anonima Bolis, 1937. (12) Arano, A., Il Volo dell'Aquila - Antonio Locatelli, Rovereto, La Cassa Scolastica del R.Ist.Tecnico, 1940. (13) Polli, V., Antonio Locatelli. Vita e Documenti, Bergamo, Edizioni Bolis, 1986. (14) Abruzzo, B.L., Anderson, M.L. and Newman, L., «Double Eagle II» has landed, National Geographic, Vol.154, 1978, p. 858. (15) Grierson. J., Challenge to the Poles, London, Foulis, 1964, p. 63. (16) Ellis, F.M. and Ellis, E.M., Atlantic Air Conquest - The complete story of all North Atlantic attempts during the pioneer years from 1910 to 1940, London, W.Kimber, 1963, p. 99. PARTE SECONDA (1) Corriere della Sera, 19 Aprile. (2) Storia dell'Aviazione, Milano, Fabbri, 1973, Vol.VII, p. 257. (3) Corriere della Sera, 24 Aprile. FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] (4) Corriere della Sera, 31 Luglio. (5) Corriere della Sera, 13 Aprile. (6) Corriere della Sera, 31 Luglio. (7) Corriere della Sera, 20 Maggio. (8) Corriere della Sera, 29 Aprile. (9) Corriere della Sera, 29 Aprile. (10) Corriere della Sera, 30 Aprile. (11) Corriere della Sera, 1 Luglio. (12) Corriere della Sera, 2 Ottobre. (13) Boll. R. Soc. Geografica It., 1926 No.10-11, p.736. (14) Ibidem (15) Corriere della Sera, 2 Ottobre. (16) Corriere della Sera, 29 Giugno. (17) Corriere della Sera, 6 Settembre. (18) Corriere della Sera, 31 Luglio. (19) A.Locatelli, Scritti e Disegni. Polemiche su di un progettato volo polare. Bergamo, Istituto Arti Grafiche, 1937, p. 7. (20) Corriere della Sera, 27 Agosto (21) John Grierson, Heroes of the Polar Skies, London, Heinemann, 1967. (22) Corriere della Sera, 1 Luglio. (23) Corriere della Sera, 29 Giugno. (24) Corriere della Sera, 4 Luglio. (25) Gazzetta dell'Aviazione, 10 Luglio. (26) Corriere della Sera, 5 Luglio. (27) Corriere della Sera, 5 Luglio. FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] PARTE TERZA (1) Ellis, F.M. and Ellis, E.M., Atlantic Air Conquest, London, W.Kimber, 1963. (2) Gronau, W., Un idrovolante attorno al globo, Milano, A.Mondadori, 1933, p. 25. (3) Gronau, W., Un idrovolante attorno al globo, Milano, A.Mondadori, 1933, p. 28. (4) Lowell, T., The First World Flight, Boston, Houghton Mifflin Co., 1925, p. 273. (5) Lowell, T., The First World Flight, Boston, Houghton Mifflin Co., 1925, p. 274. Pubblicazioni del Museo Storico della Città di Bergamo a disposizione: Per la serie dei Quaderni del Museo Storico della Città: 0. Oscar Castellini, La storia minore. La prima guerra mondiale nei documenti della raccolta Castellini, Bergamo, Lubrina editore, 1996 (£ 12.000) 1. Mauro Gelfi, L’economia a Bergamo nell’Ottocento. I primi anni della dominazione austriaca, Bergamo, 1997 (£ 1.000) 2. Mauro Gelfi, La società a Bergamo nell’Ottocento. 1860: la relazione del prefetto Stefano Centurione al Ministro Camillo Benso conte di Cavour, Bergamo, 1997 (£ 1.000) 3. Cesare Fenili, Sanità e assistenza a Bergamo nell’Ottocento. Profili biografici di alcuni medici bergamaschi, Bergamo, 1997 (£ 1.000) 4. Cesare Fenili, Sanità e assistenza a Bergamo nell’Ottocento. Malattie ed epidemie a Bergamo, Bergamo, 1997 (£ 1.000) 5. Cesare Fenili, Sanità e assistenza a Bergamo nell’Ottocento. Il sistema assistenziale a Bergamo dal 1797 al 1880, Bergamo, 1997 (£ 1.000) 6. Barbara Cattaneo, Storia della cultura a Bergamo 1797-1870. I luoghi, le forme e i protagonisti del dibattito culturale fra tradizione e rinnovamento, Bergamo, 1997 (£ 5.000) 7. Mauro Gelfi, L’Africa vista dai soldati italiani, Bergamo, 1997 (£ 2.000) 8. Camillo D. Bianchi, Thomas Coryate, uomo simbolo dell'Europa senza frontiere. 1608: un viaggiatore inglese percorre, per cinque mesi, prevalentemente a piedi, l'Europa e racconta le sue esperienze di viaggio. E parla di Bergamo e dei Bergamaschi, Bergamo, 1997 (£ 2.000) 9. Camillo D. Bianchi, 1945 rientrano a Bergamo i deportati nei lager tedeschi, Bergamo, 1998 (£2.000) Margherita Cancarini, Mauro Gelfi, Rosanna Paccanelli (Regia di Alberto Cima), Una città che cambia. Il volto di Bergamo nell’Ottocento, Bergamo, 1996 (VHS, durata 12”50’) (£ 20.000) FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected] Mauro Gelfi, Archivio Francesco e Luigi Cucchi. Catalogo, Bergamo, 1997 (£ 20.000) Mauro Gelfi, Francesco Rossi, Terra di San Marco, Bergamo, 1996 (£ 15.000) Sono, inoltre, ancora disponibili alcuni volumi editi da “Civitas Garibaldina”. Si ricorda che per le scuole sono stati attivati dall’Associazione Culturale e didattica del Museo Storico della Città, interventi specifici e mirati, oltre che sul percorso museale, anche su un percorso didattico sulle armi del Museo, sugli aspetti sociali di Bergamo nel XIX secolo, sugli eventi del 1848, sulle leggi razziali del 1938 (in riferimento alla mostra “L’Africa vista dai soldati italiani”). Prossime iniziative del Museo: Marzo 1998: approntamento di un percorso didattico sugli eventi del biennio 1848-1849 Aprile 1998: Mostra sul trentennale del 1968 Ottobre 1998: Mostra “La menzogna della Razza” Chi desiderasse avere notizie sulle attività di mostre e conferenze del Museo può compilare il coupon all’ingresso FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28 P. Iva 02995900160 - [email protected]