Dal libro – Il Falco Pellegrino - JA Baker Scritto nel 1967 è il diario di
Transcript
Dal libro – Il Falco Pellegrino - JA Baker Scritto nel 1967 è il diario di
Dal libro – Il Falco Pellegrino - J. A. Baker Scritto nel 1967 è il diario di una stagione trascorsa osservando i falchi Pellegrini. Baker ha trascorso dieci estati osservando Sparvieri e dieci inverni osservando i Pellegrini. Il suo lavoro è un’appassionante storia naturale, raccontata in un diario di grande valore poetico e scientifico ......tutti i pellegrini variano tra di loro: colore, peso, dimensioni, stile, carattere. Nascono tra aprile e giugno, non cominciano a mutare le penne fino al marzo seguente; molti cominciano solo quando hanno più di un anno, alcuni mantengono il piumaggio marrone per tutta la durata del secondo inverno, per effettuare una muta completa possono intercorrere anche 6 mesi. Il caldo l’affretta, il freddo la ritarda. I pellegrini non si riproducono prima di due anni, ma possono già dopo il primo anno di età, difendere un territorio. Ha un dente sulla mandibola superiore, che entra in una tacca in quella inferiore. Questo dente, inserito tra le cervicali di una preda, riesce a spaccare il midollo spinale. Zampe muscolose con 4 dita robuste. Il dito posteriore serve per uccidere, è il più lungo dei 4...... Le ali battono a una velocità di 4,4 colpi al secondo ( il corvo 4,2, la pavoncella 4,8, colombaccio 5,2 ) quando non va a caccia, il volo può sembrare lento e ondeggiante..... La velocità in orizzontale arriva tra gli 80 e 95 km/h, superando i 95 per breve tempo. La velocità in picchiata verticale supera i 170 km/h..... gli esemplari migratori iniziano a muoversi da fine agosto primi di settembre, possono fermarsi in una zona due o tre settimane prima di continuare verso sud. La traversata di ritorno inizia a fine febbraio, fino a maggio. I giovani sono i primi ad arrivare in autunno. Gli adulti, tendono a non spostarsi molto dalle zone riproduttive...... Il pellegrino è fedele alle tradizioni...... I pellegrini fanno il bagno tutti i giorni. Prediligono acqua corrente, profonda da i 15 ai 20 cm, di solito il letto del ruscello ha i colori somiglianti al loro piumaggio. Fanno il bagno sovente per liberarsi dai parassiti che possono aver preso dalle loro prede.... L’involo dei giovani dal nido avviene con brevi voli, molto sperimentali...... I primi attacchi sono portati ad oggetti inanimati, es. foglie o piume volanti, ma inizia a cacciare seriamente in un tempo relativamente breve....... A volte uccide e rimane appollaiato vicino alla preda per 10-15 minuti, prima di mangiarla.... Cambia zona di caccia spesso, ogni 2 o 3 giorni al massimo, per non far spaventare gli uccelli presenti in zona, se troppo allarmati potrebbero andare via. Possono spostarsi anche di 25-30 km...... Quando prende quota e fa lunghe picchiate, è probabile che la preda sia grande o pesante.... Più la giornata è corta più è attivo..... Gli adulti usano metodi di caccia più spettacolari, probabilmente per l’esperienza accumulata, anche la quota e la posizione del sole sono scelte in base al momento in cui il pellegrino decide l’attacco. La picchiata è un mezzo per aumentare la velocità, rendendo il contatto con la preda più micidiale, facendoli spesso urtare contro il terreno.... Il pellegrino spenna la sua preda, il pasto dura da 10 minuti a mezz’ora. Le prede più piccole vengono consumate anche sugli alberi.... Le prede consumate o carcasse, si riconoscono abbastanza facilmente, giacciono sul dorso, con ali intatte e attaccate alle scapole, spesso anche zampe e dorso rimangono intatte. Di solito sullo sterno si riconoscono delle piccole tacche triangolari prodotte dal becco. Stacca la testa per spolpare le vertebre cervicali. Il pellegrino può lasciare la preda, per poi ritornare il giorno dopo a finirla..... Con il gheppio ha uno strano rapporto, a volte il pellegrino ruba la preda al gheppio; in autunno e inverno cacciano anche assieme. Il pellegrino sfrutta il passaggio del gheppio, inseguendo le prede fatte appena involare. Dal mese di marzo non sopporta più la presenza del gheppio nel suo territorio, attacca e a volte uccide qualsiasi gheppio entra nel suo raggio d’azione..... Il pellegrino uccide qualsiasi tipo di uccello, columbidi, trampolieri, gabbiani, corvidi, anatidi, passeriformi medi e piccoli; a seconda della stagione e dalla quantità di uccelli presenti per specie, di solito la specie più abbondante diviene la più cacciata. Predilige uccelli che pesano più di due etti, storni e passeri ne uccide pochi. Non ha preferenza per qualche specie, ma più che altro devono avere una buona massa muscolare, di media grandezza tipo colombaccio, pavoncella..... I pellegrini vengono attirati dalla vivacità dei colori delle sue prede e dal suo movimento. Sceglie quello più vulnerabile; malati, vecchi, albini, giovanissimi.... Per i columbidi si può dire che sono facili prede perché: sono rumorosi, appariscenti, numerosi, bene in carne, hanno penne non fittissime, hanno un volo lineare... Per vivere uccide almeno un uccello al giorno, in marzo (per la migrazione e la muta) almeno 2, o qualche mammifero, vermi, insetti. In coppia può uccidere anche una lepre...... Gli occhi del pellegrino sono grandi per il volume dell’animale, pesano 28 grammi ciascuno. Hanno molte più cellule di un occhio di un uomo, con una maggiore risoluzione, circa 8 volte più dell’uomo. Riesce a fare piccole zoomate, scorge un colombo a 8 km di distanza..... Parte del diario........... 26 ottobre Il campo era muto, nebbioso, furtivo di movimento. Un vento freddo stratificava il cielo di nubi. Passeri garrivano tra le foglie secche delle siepi, frusciando come la pioggia. Merli chioccolavano. Corvi e cornacchie sbirciavano dagli alberi. Sapevo che il pellegrino era in questo campo, ma non riuscivo a vederlo. L’ho traversato da un angolo all’altro, ma ho fatto alzare solo allodole e fagiani. Si nascondeva tra le stoppie bagnate e la terra marrone scuro con la quale il suo colore s’intonava così bene. A un tratto eccolo in volo, circondato da storni: s’alzava dal campo e procedeva verso il fiume. Sollevava al massimo le ali, abbassandole con una scudisciata agile e vigorosa: sembravano elastiche e articolate in diversi punti. Fuggendo e sgroppando, s’è scrollato di dosso gli storni, come un cane uscito dall’acqua. Ha preso quota volando controvento, verso est, poi ha fatto una brusca deviazione e s’è diretto verso sud. Girando in un esagono dai lati molto lunghi, non in cerchio, ondeggiava, virava e risaliva sopra i campi strepitanti d’uccelli. Nel vago grigiore aveva i colori del fango e della paglia: ombre fosche e gelate che sole il sole può trasformare in oro fluido. L’erratica impennata di millecinquecento metri, dal livello del suolo a centocinquanta metri d’altezza, è durata meno di un minuto. Il falco l’ha portata a compimento senza sforzo: le ali si muovevano con un ritmo continuo e disinvolto. Il suo corso non era mai tutto rettilineo: tendeva sempre da una parte o dall’altra o di colpo rollava e scartava per un attimo, come un beccaccino. Sopra i campi dove mangiavano gabbiani e pavoncelle ha planato per la prima volta: una planata lunga e lenta che ha fatto schizzare verso il cielo molti uccelli, in preda al panico. Quando tutti stavano risalendo s’è tuffato tra loro, in una feroce spirale. Ma nessuno è rimasto colpito. Quando il pellegrino se n’è andato, due ghiandaie sono volate alte attraverso i campi. Come incerte sulla direzione da prendere, remavano nel cielo con artigli stranamente disarticolati, stringendo una ghianda nel becco. Alla fine sono rientrate nel bosco. Allodole e zigoli gialli cantavano, queste dolci quelli monotoni; tordi zufolavano sommessamente tra le siepi; chiurli emettevano il loro verso; rondini volavano lungo la corrente. Tutto è rimasto tranquillo fino alle prime ore del pomeriggio, quando ha cominciato a splendere il sole e sono arrivati i gabbiani, facendosi portare dal vento verso ponente sotto un leggero manto di nubi. Li seguivano pavoncelle e pivieri dorati, compreso un esemplare parzialmente albino con larghe bande bianche sulle ali e testa bianchiccia. Tutto intorno a me c’erano uccelli che spiccavano il volo ed emettevano le loro strida, ma il falco che li spaventava non riuscivo a vederlo............... Ho raggiunto l’estuario e ritrovato il falco, un’ora prima del tramonto, mentre girava in cerchio. Quando i gabbiani hanno preso il largo per passare la notte in mare aperto, è volato verso di loro finché non è stato sopra le paludi salate: poi ha sferrato il primo attacco. Parecchi gabbiani sono sfuggiti al tuffo lasciandosi cadere in acqua, ma uno è volato più in alto. Il pellegrino ha attaccato ripetutamente questo uccello, picchiando su di lui con stoccate verticali di una trentina di metri. Dapprima ha cercato di colpirlo con l’artiglio posteriore mentre passava, ma il gabbiano è sempre riuscito a schivarlo con uno scarto laterale all’ultimo momento. Dopo cinque tentativi il falco ha cambiato sistema: s’è tuffato alle spalle del gabbiano, l’ha afferrato dal basso. Evidentemente, a questa forma d’attacco il gabbiano era assi vulnerabile. Non s’è scansato, ma ha continuato a volare diritto nella stessa direzione. È stato preso per il petto e portato sull’isola, col collo floscio e la testa rovesciata all’indietro. J. A. Baker Alf – agosto 07