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TEATRO DEI CONCIATORI _ STAGIONE 2016-2017 con SINOSSI
14-18 settembre 2016
Sycamore T Company
Lo Stupro di Lucrezia
Drammaturgia di Luca De Bei ispirata al sonetto di William Shakespeare
con Federica Bern
Regia di Luca De Bei
Durante l’assedio di Ardea, i generali romani riuniti nella tenda di Tarquinio Sesto
(figlio di Tarquinio il Superbo, ultimo re di Roma), lodano le qualità e le virtù delle
proprie mogli. Tra questi, Collatino esalta l’incomparabile castità di sua moglie
Lucrezia. Lucrezia, “moglie bella e casta”, diventa così, a sua insaputa, oggetto del
desiderio di Tarquinio. Questi si allontana dal campo dei soldati, si reca a casa sua e
nottetempo la violenta. Lucrezia, nonostante le minacce di Tarquinio, non ha paura di
parlare e denuncia il suo aggressore. Per essere sicura di avere giustizia e perché tutti
sappiano dell’offesa subita, si uccide davanti al padre e al marito che invano tentano
di fermarla. Il gesto di lei e la sua capacità di scelta così rivoluzionaria scuotono le
coscienze di tutti e portano alla cacciata del tiranno da Roma. Lucrezia diventa così
l’archetipo della donna che si ribella, che sacrifica se stessa per un ideale. Il gesto di
Lucrezia dimostra che reagire è possibile, e che scegliere proattivamente può portare
a risultati concreti. La portata filosofica di Shakespeare apre squarci di
contemporaneità e lo spettacolo ci porta a riflettere sui nostri tempi accostando a
Lucrezia quattro figure di donne che, oggi, hanno fatto la differenza. Donne che
lottano per i diritti civili, che rischiano sulla loro pelle, che sono il simbolo di
battaglie contro una società meschina e usurpatrice. Donne che non si arrendono, che
trovano la forza di opporsi, che hanno il coraggio di ribellarsi. Donne che
contribuiscono a sviluppare la consapevolezza e a indicare la strada per il
cambiamento.
23 settembre – 2 ottobre 2016
Frau Sacher-Masoch
di Riccardo Reim
con Silvana De Santis
Regia di Riccardo Reim
Direzione Antonio Serrano
Antonio Serrano dirigerà Silvana De Santis nello spettacolo scritto e diretto nel 1990
da Riccardo Reim, seguendo quelle che furono le indicazioni lasciate sul copione dal
regista scomparso il 5 dicembre 2014. La squallida saletta d’attesa di una stazioncina
del nord Europa sperduta fra la neve: una donna, non più giovane né bella, infagottata
in cenci che sembrano avanzi di sfarzose toilettes, è seduta in un angolo, intirizzita
dal freddo. Attorno a lei, bagagli di fortuna, vecchie cappelliere legate alla meglio
con nastri scoloriti e pezzi di spago…Una fuggiasca? Una pitocca? Un’avventuriera
in ribasso?...Niente di tutto questo, o meglio, tutto questo e ancora di più: si tratta di
Wanda von Sacher–Masoch (al secolo Aurora Rümelin), ex moglie del celebre
scrittore Leopold von Sacher-Masoch, dai cui libri – e abitudini sessuali – KraftEbing fece derivare il termine “masochismo”. La donna parla, borbotta, affabula,
canta nostalgiche canzoni o impertinenti strofette cariche di doppi sensi rivolgendosi
a personaggi (veri? Immaginari?) che le passano accanto, soverchiata dalla necessità
di parlare…
E’ una storia d’amore quella che le esce di bocca: una pazzesca, incredibile,
sgangherata, imbarazzante, struggente storia d’amore che corre sul filo sottile di una
lucida follia.
Basato sulle autentiche Confessioni che Wanda scrisse nel 1906, lo spettacolo di
Riccardo Reim (interpretato da Silvana De Santis) esplora con divertita ironia, ma
anche con curiosa partecipazione, i meandri e i retroscena insospettabili di un
rapporto ‘particolarissimo’ immerso nel tran-tran quotidiano di un’agiata famiglia
borghese, dove il ‘vizio’ riesce tranquillamente a convivere – basta stabilirne orari e
modalità – con l’educazione dei figli, il lavoro o il tempo di cottura di un tacchino.
6-16 ottobre 2016
PubliCo Mark Srl
Boccasile & Maretti
I Mammi
di Max Boccasile e Carlo Maretti
Actor coach Giusi Frallonardo
Ufficio stampa Maria Alessandra Bellomo
Organizzazione generale Dario Maretti
Regia di Enrico Romita
I Mammi ovvero come parlare della normalità di una situazione diversa
dal normale senza annoiare, anzi divertendosi e divertendo il pubblico.
Carlo e Massimo sono due ragazzi alle prese con un mènage familiare
arricchito dalla presenza di un neonato. La loro storia in flashback si snoda
tra frammenti di memoria e incontri casuali di un pomeriggio passato ai
giardini.
Un testo brillante e ricco di sfumature, dove la bravura degli interpreti
evidenzia i sentimenti di amicizia e amore, vissuti con profondità ma in
leggerezza del vivere sano di un perfetto rapporto di coppia.
La speranza espressa verso il futuro del piccolo, appartiene a qualsiasi
genitore indipendentemente da tutte le convenzioni e le ipocrisie della
società odierna.
Un racconto così divertente che potrebbe essere interpretato da un uomo e
una donna, da due donne o da due uomini, come nel nostro caso, senza
perdere nulla della propria carica di trasgressiva normalità.
Enrico Romita
18-30 ottobre 2016
Prigionieri al settimo piano
di Maria Letizia Compatangelo
con Gianna Paola Scaffidi e Rosario Galli
Regia di Donatella Brocco
Due coniugi, Pino e Mariuccia, lui professore universitario ma ancora
inquadrato come ricercatore, lei traduttrice dall’inglese di libri per l’infanzia,
sono alle prese con un prestito che deve salvarli dalla rovina.
Una coppia normale, di individui che un tempo sarebbero appartenuti al ceto
privilegiato degli intellettuali, messa sotto torchio dalla crisi e dalla disonestà
altrui. Sì, perché tutti i risparmi glieli ha mandati in fumo la banca con
investimenti truffaldini. Fortuna che almeno avevano già comprato la casa!
Purtroppo è al settimo piano di un palazzone di periferia, in un quartiere che la
vicinanza all’università ha reso appetibile per gli speculatori. E infatti
un’Immobiliare ha comprato lo stabile, che vuole ristrutturare per venderne gli
appartamenti a prezzi decuplicati, e ha già sfrattato tutti i vecchi inquilini. Non
loro, certo, ma essere proprietari significa dover versare la propria quota per il
restauro, una cifra enorme, mentre gli emissari dell’Immobiliare premono con
“avvertimenti” minacciosi, che hanno la faccia da bello e dannato di Angelo,
un ventenne cinico e corazzato. Prigionieri al settimo piano del palazzo in
ristrutturazione, Pino e Mariuccia devono affrontare vari colpi del destino,
sinché, finalmente, un prestito arriva…
1-13 novembre 2016
Di and Viv and Rose
di Amelia Bullmore
con (in ordine alfabetico) Selene Gandini, Caterina Gramaglia e Sara Pallini
Regia di Antonio Serrano
Prima nazionale
“Di and Viv and Rose” è una commedia dai toni mai sentimentali, in cui si ride con i
personaggi fino all’ultimo, un testo che si connette emozionalmente con il pubblico,
grazie anche alle circostanze improbabili vissute dalle protagoniste, un “that’s life”,
con tutte le sue assurdità ed i suoi paradossi. Sono quindi i toni della commedia che
scandiscono un testo che vede protagoniste tre giovani donne, studentesse
universitarie in affitto, che, ad un certo punto, decidono di prendere un appartamento
comune per condividere spese e… vita!
Di studia economia, è una ragazza lesbica ultra sportiva e apparentemente tosta,
incapace di sottostare ad un capo che nasconde invece un gran desiderio di
innamorarsi e una fragile, delicata, profonda sensibilità.
Viv usa vestire in abiti anni 40, è iscritta a sociologia e a prima vista appare come la
classica donna workaholic, irreprensibile e con una forte etica del lavoro, ma anche
lei cela una sua vulnerabilità e, quando perde il controllo con i suoi bicchierini, svela
una genuina complessità emozionale.
Rose frequenta architettura, porta i rasta in testa, è uno spiritello libero, frizzante e
spiritosa, ama l’arte e non solo… i suoi appetiti sessuali la portano sempre in cerca di
nuovi incontri, eppure, c’è una tenera innocenza in questa sua promiscuità che rivela
uno smisurato bisogno di amore.
Tre donne piene di vita e di contraddizioni, tre donne contemporanee con le loro
debolezze, i loro punti di forza e le loro fragilità… tanto diverse quanto amiche!
Forse, come suggerisce l’autrice, proprio questa è la natura della profonda amicizia,
che non si esaurisce al primo ostacolo, ma sopravvive anche alla loro separazione
dovuta alle diverse carriere, alla lontananza o a qualcosa di irrimediabilmente tragico.
22-27 novembre 2016
Sycamore T Company
Le due sorelle
di Alberto Bassetti
con Lina Bernardi e Ludovica Modugno
Regia di Alessandro Averone
Prima Nazionale
Due donne, due sorelle, nell'attesa di un improbabile autobus meditano sul loro
incerto futuro di attrici che hanno appena visto fallire la propria piccola compagnia
teatrale: improvvise confessioni da fare, piccole cattiverie gratuite, sogni e bisogni di
chi vive solo di teatro contrapposti a chi vive nella realtà piu’ pragmatica e cruda….
Il nuovo allestimento di Alessandro Averone di questa famosa piece di Alberto
Bassetti vede come interpreti due grandi signore del nostro teatro italiano, Ludovica
Modugno e Lina Bernardi, in un duello dialettico ricco di colpi di scena.
29 novembre – 4 dicembre 2016
Povero da morire
Scritto e diretto da Francesco Di Chio
con Flavio Francucci
Mattia è un ragazzo di trent’anni, bello, simpatico e disoccupato. In piena crisi
economica, trascorre le sue giornate senza porsi troppe domande, inviando
curriculum e vivendo ospite a casa del suo migliore amico. “Improvvisamente”,
attanagliato da Equitalia e dagli strozzini, decide di fingersi morto suicida, così da
diventare inesistente e quindi non perseguibile. Da questo particolare espediente, da
questo tentativo del protagonista di fuggire dai suoi problemi e da quelli della società
di cui è parte, prende vita la commedia, sviluppandosi poi attraverso una serie di
equivoci, inganni e colpi di scena. All’interno di un microcosmo riconoscibile da
ognuno di noi, Mattia fugge dal mondo che lo circonda e (forse) anche da se stesso;
ma sarà proprio attraverso questa fuga e l’ausilio dei suoi compagni d’avventura che
riuscirà (forse) a ritrovare la voglia di dare un senso alla propria vita. La commedia,
quindi, con ironia, affronta il problema della crisi economica, della disoccupazione e
il delicato tema dei suicidi causati dalla crisi, con l’obiettivo di raccontare questo
difficile momento sociale attraverso una pièce divertente, che permetta di sorridere e
allo stesso tempo riflettere, senza cercare di portare messaggi o soluzioni ma con la
volontà di stimolare riflessioni, guardando verso le tanto apprezzate commedie amare
del neo realismo italiano.
14-18 dicembre 2016
La Repubblica delle Marionette
di Gennaro Francione
Adattamento di Francesca e Natale Barreca
Regia di Stefano Maria Palmitessa
Pulceq è un uomo anonimo, gettato sul lastrico dal un licenziamento, dalle tasse
esose, dai debiti, dalle banche, dal tradimento della moglie col suo miglior amico.
L'unica cosa che gli rimane è un baule con le maschere della Commedia dell'Arte,
eredità di un suo avo.
Assaltato,tartassato,oppresso proverà a sottrarsi alla sua misera sorte, con le
maschere che rappresentano per lui la bellezza dell'arte. Maschere che nascondono,
rivelano, rivendicano, preludono alla trasformazione dei personaggi per una possibile
sollevazione.
20-23 dicembre 2016
Salomé
di Oscar Wilde
con Alberto Di Stasio e Gloria Pomardi
Regia di Alberto Di Stasio
Lo spettacolo nasce da un’idea contemporanea del testo : in un grande bar notturno, si
celebra la festa di Iokanaan dove si mescolano santi e deliquenti, innamorati e
perdenti. L’opera venne rappresentata nel 1988 con enorme successo di critica e di
pubblico; quest’anno, al Teatro dei Conciatori, essa sarà imperniata soprattutto sulla
visionarietà e sul concetto clinico della recitazione, sottolineando principalmente che
la drammaturgia è regina del teatro, come la messa in scena.
La scelta del testo non è comune, ne’ ordinaria, ma è una precisa tappa di Alberto Di
Stasio che, nei suoi allestimenti, ha sempre seguito il tragico come visione erronea
della realtà. Il testo di Oscar Wilde è seguito fedelmente, con però una nuova
traduzione dello stesso Di Stasio.
29-31 dicembre 2016
Associazione Culturale NOVRE
Cibami
Tre atti unici di Stefano Benni e Cinzia Villari
con Tiziana Foschi
Voce e chitarra Piji
Scene e costumi Daniele Pittacci e Isabella Fagiano
Luci Camilla Piccioni
Regia di Cinzia Villari
Tragicomico, acido, si ride e ci si pente…poi si ride ancora
Il cibo ha il potere di deliziare, amareggiare, redimere, sconvolgere, eccitare…
ispirare? Ecco allora tre storie che raccontano, con il cibo, l’amore, la fede, la
seduzione e l’abbandono. Non è forse vero che quando viviamo un incontro eccitante
ci sentiamo come frittelle a contatto con l’olio bollente? O che quando annusiamo
l’arrosto dimenticato nel forno, proviamo lo stesso sconforto di un appuntamento
mancato?
Nel primo racconto una suorina di provincia, in attesa di servire ad una prestigiosa
tavolata di alti prelati, chiacchiera con il “Signore”, esprimendo con candore la gioia
di essere ”una serva di Dio”. E’ così bello svegliarsi alle quattro del mattino e pelare
pelare pelare patate…per Dio!
“Il cibo è una lunga storia d’amore” dice la protagonista del secondo racconto.
Tragicomico. Acido. Grottesco. Si ride e ci si pente. Poi si ride ancora. E’ una donna
che “cucina l’amore”, ma ne esce un puzza d’abbandono, un odore che penetra come
il coltello nel cuore del suo amante. La chimica dei sentimenti e l’incontro degli
ingredienti, dunque.
E l’ingrediente più sublime, misterioso e spietato rimane comunque l’amore che,
nell’ultimo racconto, ha un “tempo di cottura” preciso: i due protagonisti, Sofronia e
Rasputin, si muovono come in battaglia. Una chitarra ironica e amara scandisce i loro
passi. Sofronia conosce ogni foglia, ogni radice, ogni verdura ed è pronta a comporla
con acutissima sensibilità. Rasputin è cuciniere di cacciagione e carne, il suo coltello
è sempre insanguinato come quello di Sofronia è sempre profumato.
Nei tre atti unici il ritmo della scrittura è “musicale” come le parole scelte mai a caso:
a volte in rima, sempre ironiche e con momenti di vera poesia.
6-15 gennaio 2017
Associazione Culturale NOVRE
Tiziana Foschi e Antonio Pisu
Lettere di Oppio
Scritto da Antonio Pisu
Costumi Gisa Rinaldi
Scene Tiziana Massaro
Luci Marco Macrini
Regia di Federico Tolardo
1860: il Regno Unito, a causa delle dispute commerciali per l'oppio,
è in guerra con la Cina da diciotto anni. A Londra, Dorothy
Wellington, una nobildonna devota ai suoi abiti eleganti, attende
con ansia, ormai da diversi anni, il ritorno dal fronte del marito
George. A farle compagnia, nelle sue lunghe giornate di attesa e
false speranze, c’è Thomas, un giovane, cinico ma fidato
maggiordomo, il cui compito è quello di rassicurare costantemente
Dorothy, leggendo e interpretando, in maniera piuttosto eccentrica
e su richiesta della donna, la corrispondenza del marito in guerra.
Quello che la signora Wellington ignora è che il marito è deceduto,
ma Thomas, per paura di perdere il lavoro, le legge delle finte
lettere scritte da lui stesso. Il giovane però, sentendo il peso della
menzogna, non sa come rivelare la verità alla donna di cui si è
intanto innamorato. Dorothy, dal canto suo, non è così candida e
ingenua come sembra e a questo punto i ruoli s’invertono…
In un gioco continuo tra sogno e realtà i pensieri dei due
protagonisti si scontrano, si intrecciano, si sfidano, instaurando un
rapporto intimo, divertente, ironico, ma soprattutto profondo.
Lettere di Oppio ci accompagna in un’epoca affascinante, parlandoci
di dinamiche tra esseri umani eterne nel tempo. Una storia quindi
sempre attuale, narrata con taglio moderno, che fa divertire,
riflettere e appassionare.
17-22 gennaio 2017
Cabaret a Netanya
di Mario Sorbello
con Mario Sorbello, G.Carbone e M.L.Lombardo
PRIMA NAZIONALE
Una telefonata inattesa, un amico di infanzia e una stravagante richiesta: assistere ad
una serata di cabaret per cercare di cogliere ciò che le persone percepiscono di lui.
Lui è Dova' le, un comico che, approfittando della serata e del suo compleanno,
racconta al pubblico la storia di un omicidio dove non si sa chi è la vittima,
l'assassino o chi è stato assassinato per tutta la vita. Il racconto narra in chiave comica
il primo funerale di Dova'le che, costretto come tanti ebrei a frequentare un
campeggio paramilitare, un giorno viene obbligato ad andare ad un funerale molto
distante dal campeggio. Nel lungo viaggio il piccolo ebreo cerca di richiamare in
mente i ricordi più belli di entrambi i genitori, considerato che non aveva fratelli e
che le famiglie di entrambi i genitori erano stati oggetto della Shoah.Ma racconta
soprattutto dello stupro della madre avvenuto per mano di tre polacchi ferrovieri.
Questo cabarettista comico ma triste,a tratti carismatico e affascinante, con il suo
racconto intervallato da gag e barzellette attualizza la Shoah patita soprattutto dalla
madre confrontandola con la situazione attuale data dal conflitto tra israeliani e
palestinesi.In questo modo, il dramma della Shoah e il peso della storia,le difficoltà
nel venire a patti con essa,il confronto con la morte,la famiglia e l'amicizia sono tutti
gli ingredienti di questa storia paradossale, drammatica e persino violenta sull' anima
di un ragazzo di soli 14 anni.
Un comico che non ha da chiedere più nulla alla vita ma che cerca attraverso la sua
storia di dare la speranza a due popoli in perenne conflitto.
24-29 gennaio 2017
Sycamore T Company
Aspettando Godot
di Samuel Beckett
con Marco Quaglia, Gabriele Sabatini, Mauro Santopietro, Antonio Tintis
Scene Alberto Favretto
Costumi Marzia Paparini
Luci Luca Bronzo
Regia di Alessandro Averone
"Quello che mi ha sempre affascinato in Beckett è la sottile e fine poesia che
scaturisce dai suoi testi. L’amore e la compassione per l’essere umano costretto
disperatamente alla ricerca di un senso. Il vagare su questa terra in perenne attesa di
un gesto, di una parola che si faccia Verbo e indichi una via, una meta per colmare il
mistero dell’essere qui e ora. Nessun Dio. Nessuna metafisica. Si aspetta. Qualcosa di
indefinito e sconosciuto. Si fa passare il tempo e si riempie uno spazio. Ci si aggrappa
perdutamente a qualsiasi cosa ci ricordi che esistiamo e che siamo vivi. Si gioca, con
quello che resta. Del mondo, dell’essere umano, delle parole. Si resiste. Con affetto e
violenza. Con quello che si è. Con tutti i nostri limiti. Stretti l’un l’altro. Aspettando
Godot".
Alessandro Averone
31 gennaio – 12 febbraio 2017
Kafka il Digiunatore
Uno spettacolo di e con Luca De Bei da Franz Kafka
Prima Nazionale
Un digiunatore chiuso in una gabbia e ormai allo stremo, porta avanti con orgoglio
una professione antica quanto il circo con le sue donne cannone, i suoi nani, i suoi
acrobati. Per molti, solo un “freak” da baraccone. Per altri, un personaggio misterioso
e inquietante. Il digiunatore sa bene però che i tempi cambiano, che il pubblico
desidera spettacoli sempre più nuovi e avvincenti e che il suo mestiere è destinato
all’oblìo. Eppure resta aggrappato con caparbietà al suo dimagrire fino ai limiti
dell’esistere, fino al raggiungimento del sottile confine tra la vita e la morte. 1924:
nel sanatorio di Kierling e ridotto a un mucchietto di ossa, Franz Kafka torna con la
mente al suo personaggio. Si immedesima, si confonde in lui, fino a riconoscerne la
forza sublime e la struggente disperazione.
21 -26 febbraio 2017
Compagnia Coturno 15
Il complesso di Antigone
Testo e regia di Johannes Bramante
con Francesca Accardi e Sarah Nicolucci
Scene e costumi Kai Raffael
Aiuto regia Giacomo Sette
Il testo, inedito, di Johannes Bramante esplora la notte che precedette la fatidica
decisione di Antigone (Francesca Accardi) e della sorella minore Ismene (Beatrice
Messa) in relazione al duello mortale dei loro fratelli Eteocle e Polinice, durante la
guerra dei Sette contro Tebe, come è raccontata nelle tragedie di Eschilo e Sofocle.
Nella drammaturgia di Johannes Bramante le figure di Antigone e Ismene sono
trasportate in un presente mondano. Le due sorelle agiscono nella quotidianità di
ragazze privilegiate del XXI secolo: sarà la scelta del loro fratello Polinice di
combattere quello stesso sistema di valori a scuotere profondamente le loro
convinzioni e sicurezze. Infatti, si troveranno a dover reagire di fronte alla decisione
fatale di Polinice che abbandona la “città di Tebe” con le sue convenzioni e si associa
ai gruppi terroristici che minano la cultura del mondo occidentale a cui le figure
tragiche di Antigone e Ismene appartengono. Il dilemma di Antigone, nel passato
come oggi, sarà se restare fedele alle leggi della cultura alla quale appartiene o di
abbracciare la memoria del fratello anche nell'estrema scelta, nemica di ogni sistema
familiare.
Lo spettacolo si articola in tre atti, di cui il primo e il terzo sono finestre sulla vita
dinamica e moderna di due ragazze costrette anzitempo a prendere decisioni dolorose
davanti all'amato Polinice che sposa ideali fanatici e violenti; mentre il secondo atto,
quasi un intermezzo, è uno squarcio elegiaco in cui gli stessi personaggi vivono
visionariamente la natura più profonda della scelta stessa e della responsabilità che
essa comporta, soprattutto in tempi estremi in cui il gioco delle parti si offusca e il
bene e il male non sono così facilmente individuabili come a prima vista appare.
28 febbraio – 5 marzo 2017
Compagnia Marabutti
Lonelidays #2
The place of exile
Testo e regia di Lorenzo Liberato
con Barbara Folchitto, Marco Quaglia, Fabrizio Milano,
Benedetta Corà
Scenografia Bruna Sdao
Costumi Giulia Barcaroli
Regista assistente Cristiano Demurtas
In un surreale, silenzioso e tedioso albergo esiliato dal
resto del mondo, la tranquillità e la routine di un
concierge e di una giovane cameriera vengono sconvolti
dalla presenza di due misteriosi ospiti: un’elegantissima
coppia arrivata per la notte con soltanto una valigia
piena zeppa di banconote.
I due, chiusi nella propria camera, per sconfiggere la
noia e cercare di non annegare all’interno di un
lentissimo ed innaturale scorrere del tempo, danno vita
ad una serie di bizzarri giochi di ruolo che
coinvolgeranno, inesorabilmente, il personale dell’
albergo, in un susseguirsi di situazioni al limite, tra
il grottesco e il sadico...
Fino a che punto si è disposti a spingersi pur di
sentirsi vivi?
7-12 marzo 2017
Sincopi Deliqui Infarti e altri mancamenti
(Cechov…fa male!)
Scritto e diretto da Sergio Basile
con Barbara Scoppa e Sergio Basile
Rappresentare Ceco’v uno dei più grandi drammaturghi della storia del teatro può
essere pericoloso? Oggi certamente no, ma in Russia negli anni bui dello stalinismo,
si; e questo spiega il sottotitolo, proveniente da quel Il tabacco fa male…di Ceco’v
stesso. La storia che si racconta è quella di due attori, cresciuti alla scuola di Stanislavskij e di Mejerchol’d, i grandi e rivoluzionari innovatori del teatro
novecentesco. Finiti davanti alla Commissione di Censura per ottenere il permesso di
riportare in scena gli atti unici di Ceco’v -Una domanda di matrimonio, L’Orso e
L’Anniversario- rappresentati da Mejerchol’d (la sua ultima regia) con il titolo “33
Svenimenti”, i due incappano nell’ingranaggio di eventi molto più grandi di loro. Il
destino di Serghei e della sua compagna Varvara, i protagonisti di questo racconto
teatrale, si intreccerà con quello del ben più celebre Maestro, Mejerchol’d, arrestato,
torturato e ucciso, nell’ambito delle grandi “purghe” staliniane. Questo spettacolo, a
volte farsa a volte tragedia è dedicato alle vittime senza volto del potere, ai
dimenticati, a quelli mai riabilitati.
Sergio Basile
14-19 marzo 2017
Amori proibiti
Spettacolo ideato e diretto da Michele Suozzo
Testi di Ovidio, Poe, D'Annunzio, Pasolini, Morante
con Livia Antonelli, Tiziana Bagatella, Michele Cesari, Graziano Sirci
Musiche originali di Fabio Lorenzi eseguite da Paolo Fontana (viola da gamba e
chitarra)
Una incursione nei giardini più segreti di Eros, tra piante venefiche e frutti proibiti. Il
tormento e l'angoscia delle passioni più incontrollabili e inconfessabili, recluse da
ogni ragionevole e civile consorzio nelle più oscure segrete del subconscio, baciate e
illuminate qui dal soffio trasfigurante della poesia.
All'uscita del tormentoso labirinto verremo confortati da un buon caffè e da un
delizioso scherzo letterario di Elsa Morante, che ci inviterà a giocare con tre diversi
aspetti della più comune delle perversioni (tra l'altro la più familiare a noi teatranti):
il narcisismo.
28 marzo – 2 aprile 2017
Aeternitas
Storia di amianto,un serial killer silenzioso
Testo e regia di Pino Borselli
con Sebastiano Tringali e Roberta Mattei
PRIMA NAZIONALE
Nel salutare gli studenti, durante la sua ultima lezione all'Università prima di andare
in pensione, il professore Giovanni Marchisio si concede al ricordo della sua vita che
lo porta nella sua città natale, Casale Monferrato in Piemonte, terra di buon vino e di
fabbriche, sede della Eternit e luogo di tragedia dell’amianto, il serial killer silenzioso
dal quale, purtroppo, non c’è via di scampo quando scatena uno dei tumori più
devastanti, il mesotelioma della pleura.
In un racconto insolitamente intimo, Giovanni Marchisio evoca tutti i fantasmi di
questa drammatica vicenda che ancora oggi non ha fine. Il professore racconta cosa
sia realmente accaduto in tutti questi anni : come, lucidamente e consapevolmente,
per meri interessi economici, operai e cittadini - persone colpevoli solo di essere nate
in quel luogo e di aver respirato quell’aria - siano diventate vittime sacrificali
condannate a morte per amianto.
Scorrono, parallelamente al dramma di Casale, trent’anni di storia del nostro paese.
La piccola cittadina diventa, suo malgrado, l’epicentro di una tragedia alla quale non
vi è possibilità di rimedio e che va purtroppo ripetendosi anche oggi in modo simile,
in altri luoghi in Italia e nel mondo.
Il professore ha dedicato tutto se stesso a questa causa, i sogni, gli affetti e l’amore,
nella speranza che la sua missione diventasse consapevolezza e impegno di tutti, per
far conoscere il dramma di Casale e rendere giustizia alle sue vittime.
Pino Borselli
4-9 aprile 2017
Ho scelto la felicità
di Betta Cianchini
da un’idea di Alessandro Fontana e Marco Mattolini
con Alessandro Fontana
Musiche e canzoni originali di Rossana Casale
Regia di Marco Mattolini
Una storia a ritroso. Che inizia dalla fine. La fine di una vita “fisicamente abile” per
diventarne una “diversamente abile”, come si dice con prudenza. Una malattia
raccontata in maniera ironica e graffiante. Perché Alessandro non vuole raccontare
l’IMPEDIMENTO, ma l’insegnamento, seppur faticoso che da esso se ne può trarre.
E perché chi l’ha vissuto, quell’impedimento scontroso, da quella malattia ne ha
saputo imparare il beneficio della “scelta alla felicità”. E per questo non vuole sentirsi
chiamare “diverso” se tale accezione ha il connotato di “poveretto, che peccato, lo
aiuto perché mi fa pena, è un diverso”. Invece essere felici è sentirsi liberi,
nonostante gli impedimenti fisici. Liberi di testa. Liberi di cantare, di raccontarsi.
Cosa accade se una malattia ti colpisce e se il tuo cervello la vuole combattere? Cosa
accade se l’ironia è più forte e più “paraventa” della menengite che la vuole
abbattere? Alessandro si racconterà dalla notizia della sua acquisita “nuova visione
della vita: la malattia”, fino alla sua battaglia ironica e coraggiosa, tra parole e
canzoni per non soccombere. Quindi al ritorno della sua VOCE che la malattia aveva
spento momentaneamente. L’ultima parte sarà il presente. Il qui e ora. Sarà la
testimonianza della forza e dell’acuta perseveranza di Alessandro. E’ infatti sul palco
per creare una “magia”. Per sperimentare una formula alchemica che si chiama
“scelta di felicità”. Alessandro è innamorato della vita. Alessandro non ha paura di
amare, Alessandro non ha paura di perdersi nell’amore. Tantomeno nel fortissimo
coinvolgimento emotivo delle poetiche e trasognate canzoni scritte appositamente da
Rossana Casale.
E questo “qui e ora” senza paura, che condividerà con il pubblico, sarà caratterizzato
dalla originale e fantasiosa esplorazione del mondo registico di Marco Mattolini.
Perché le parole che sanno decifrare l’attimo che passa dallo smarrimento fino al
sorreggersi (fisicamente e mentalmente), sul filo di una battuta e le canzoni che sanno
mutare uno stato d’animo addomesticato a uno energico e stimolante, sono “forti e
libere” e non potrebbero essere altrimenti. E Alessandro racconterà la sua “urgenza di
vita”. Senza rete.
Betta Cianchini
19-30 aprile 2017
La famiglia Rembrandt sconfitta dai tulipani
di Giuseppe Manfridi
con Gianna Paola Scaffidi e Antonio Serrano
Regia di Giuseppe Manfridi
Dopo un inizio di carriera folgorante, Rembrandt, nella seconda metà della sua vita,
conobbe un tristissimo declino economico, oltre che una serie di lutti personali.
Queste tristi vicissitudini lo costrinsero dapprima ad abbandonare la splendida casa
dove aveva a lungo alloggiato, nell’elegante quartiere ebraico di Amsterdam, e quindi
a tentare di ricostruirsi un nuovo nucleo familiare con Hendrjeke, la donna che era nel
frattempo divenuta la sua nuova e fedelissima compagna dopo la morte di Saskja, la
prima moglie.
La crisi finanziaria di Rembrandt è da addebitarsi alla perdita delle commissioni che
per oltre un ventennio lo avevano visto protagonista assoluto della ritrattistica
olandese (e a rubargli il lavoro furono, in gran parte, i suoi ex allievi), all’eccesso di
capitali profusi nell’acquisto di oggetti d’arte destinati ad arricchire una
pregevolissima collezione privata (poi messa interamente all’asta), infine, ad alcuni
gravi investimenti sbagliati. Per l’esattezza, investimenti fatti nel mercato dei
tulipani; né più né meno come potrebbe avvenire oggi a chi investisse in borsa
puntando tutto su un titolo che, dopo crescite repentine, dovesse poi rivelarsi
fallimentare.
Ed è qui il nodo messo in luce dal nostro racconto in una vicenda a tre che vede
protagonisti, oltre al Maestro e alla sua seconda compagna, una sorta di agente
finanziario ‘ante litteram’ a cui Rembrandt si era affidato mani e piedi per ridare un
po’ di ossigeno alle proprie finanze già tanto smagrite ma ancora non del tutto
esaurite.
E’ sera tardi e siamo nell’abitazione-studio del grande pittore. Hendrjeke, con una
ciotola tra le ginocchia, sembra stia cucinando qualcosa. Scopriremo invece che la
donna sta preparando delle tinture per il lavoro del marito. Rembrandt, sulla soglia, è
di ritorno con aria gongolante da un incontro con un banchiere che lo ha rassicurato
circa un contratto che il pittore ha appena firmato. Si tratta di un acquisto in titoli.
Rembrandt cercherà di spiegare alla sua compagna di cosa si tratti, ma lui sembra
saperne meno di lei e il dialogo si svilupperà denso di risvolti comici. A questo
entrerà in scena il terzo personaggio della storia: lo sciagurato ‘broker’ (un ragazzino,
in verità) che ha consigliato a Rembrandt quell’investimento dagli esiti catastrofici.
Si chiama Pitius. Lo vedremo sopraggiungere provvisto di una dialettica
professionale che, per certi versi, potrebbe ricordare quella dei medici di Molière.
Parla di flessioni momentanee, di notizie da verificare, di speculazioni senza futuro,
della necessità di non farsi prendere dal panico. Proprio quella notte, infatti, il
mercato dei tulipani è destinato a un tracollo che anticipa di secoli quello del ’29.
Si tratta, dunque, di una vicenda raccontata in presa diretta, tutta racchiusa nell’arco
di una nottata durante la quale alcuni poveri diavoli (e poco importa che uno di essi si
chiami Rembrandt) sono costretti a barcamenarsi tra i rovesci della realtà che già
allora, come oggi, potevano coincidere con quelli del mercato azionario.
Per inciso, proprio in quel tempo (e la nostra commedia ne renderà conto) Rembrandt
è impegnato a portare termine il più straordinario dei suoi autoritratti.
2-14 maggio 2017
Vecchi Tempi
(Old Times, 1971)
di Harold Pinter
Traduzione di Alessandra Serra
con Christine Reinhold, Lisa Vampa, Salvatore Palombi
Regia di Michael Rodgers
Il premio Nobel Harold Pinter, maestro della parola e del silenzio, scrive un’opera
ambigua e forte, dove le parole diventano artiglieria di una battaglia tra i tre
protagonisti.
La storia è ambientata nel 1970. Una coppia sposata da 20 anni, Kate e Deeley, riceve
la visita di una vecchia amica della moglie, Anna, una sera in Inghilterra. Durante il
corso della serata i tre parlano e interagiscono, in una isolata fattoria sul mare, ora
adibita a residenza di campagna. Tra di loro si insinuano i ricordi che legano Kate e
Anna, compagne di serate intime nell'effervescente Londra degli anni Cinquanta.
Deeley subisce il loro fascino, seduce e cerca di trovare il suo spazio, mentre Anna
mescola le carte in gioco per ottenere l'attenzione di Kate e tenerla ancorata alla sua
immagine del passato. La memoria e l’uso falsato dei ricordi tengono troppo stretto il
filo sottile che intreccia il passato dei tre protagonisti. Chi dice la verità? Chi mente e
a chi? E' tutto un sogno? Questi personaggi sono aspetti di un'unica persona? “A volte ci si ricorda di cose anche se non sono mai accadute. Io ricordo cose che
magari non sono mai accadute, ma proprio perché le ricordo diventano reali”.
16-21 maggio 2017
Due Fratelli
di Alberto Bassetti
con (in ordine alfabetico) Marco Quaglia e Antonio Tintis
Regia di Antonio Serrano
"Due Fratelli" nasce dal connubio tra il vissuto di incontri, viaggi, accadimenti
personali (ovviamente rivisitati) dell'autore e la figura letteraria che da sempre occupa
lo spazio più grande nel suo cuore: “L’idiota”, ossia il principe Miskyn, creato dal
genio effervescente e a volte morboso (per ipersensibilità) di Dostoevskij.
Marco e Andrea si ritrovano, dopo circa un anno, in casa del loro padre morente, anzi
no, vivente, ma in una condizione che alla morte assomiglia, immobilizzato nel letto
da quattro anni, con un cervello ormai incapace di riconoscere perfino i figli :
praticamente poco più che un oggetto che necessita di tutto, nell’umiliante condizione
di dipendenza giorno e notte da una badante e dal figlio maggiore che si prende cura
di lui quando lei deve assentarsi. Mentre Marco, il più piccolo, gira il mondo al
seguito di un’organizzazione umanitaria, forse un modo di sentirsi vivo e in minore
sofferenza rispetto al suo malessere, che l’ha visto fin da piccolo preda di disturbi e
crisi epilettiche.
La scommessa della scrittura è stata quella di riuscire a parlare di simili temi in
maniera ‘dolce’: infatti la commedia si apre con il ricongiungimento dei fratelli che
sembrano regredire in alcuni momenti alla loro infanzia, e coi racconti reali o
immaginari di Marco che parla dei suoi incontri straordinari in India, Africa, o altri
luoghi che probabilmente ha mitizzato, in un incrocio tra realtà e fantasia che mette a
dura prova la pazienza di Andrea. Nel fluire della storia, anche quest’ultimo racconterà la propria, in tal modo
progressivamente dipanando le loro personalità e quella dell’ombra incombente
dietro la porta, ponendo infine il fratello di fronte all’accettazione di un terribile
presente.
Tematiche forti e delicate, in un miscuglio di comico e drammatico, di cinismo e
passionalità, con lo scopo di riuscire a fare riflettere sul senso profondo della vita, pur
lasciando momenti di gioia, di calore, di vero amore a riscaldarne il senso riposto,
con un sentimento religioso del sentire che non è mai ortodosso o restrittivo ma
sempre aperto, possibilista, carico di sofferenza, amore, e gioia verso l’universo
mondo.
Il testo ha ricevuto il Premio Vallecorsi ed è stato in cartellone per due stagioni al
Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia di Trieste, per la regia di Antonio Calenda; è
stato per tre settimane, in versione inglese, al Theatre for the New City di New York,
diretto da Valentina Fratti.
23-28 maggio 2017
Associazione Teatro di Buti
Emma B. vedova Giocasta
di Alberto Savinio
con Elena Croce e Elisabetta Furini
Assistente alla regia Elisabetta Furini
Luci e spazio scenico Riccardo Gargiulo e Valeria Foti
Regia di Alessio Pizzech
Alberto Savinio, scrittore, pittore, critico, giornalista, uomo di teatro, rappresenta una
delle figure di spicco della cultura italiana del 900 ed in particolare incarna
quell’ecclettismo intellettuale così poco praticato nel panorama degli intellettuali
italiani spesso alla ricerca di una categoria in cui essere inseriti per diventare organici
alla società. Savinio invece ha sempre mantenuto un profilo europeo, interdisciplinare
e munito comunque della preziosa arma dell’ironia per decostruire i valori di un
Italietta molto borghese, molto conservatrice e quindi fascista.Quando con gli occhi
del bambino, quando assumendo le forme delle sue creature surreali, Savinio ha
sempre comunque indagato il cuore ipocrita del “tipo italiano” ed ha sempre cercato
nelle pieghe del sogno, dell’onirico e del visionario una prospettiva nuova per
arrivare al cuore di una verità sempre scandalosa e per tanto rivelatrice.
Il mio incontro con questo autore già avvenne circa quindici anni fa quando misi in
scena un suo divertente testo intitolato la Famiglia Mastinu e nella stessa stagione
ideai un lavoro che raccoglieva vari suoi scritti sotto il titolo “Il circo del Signor
Dido”. Anni dopo con Marion D’Amburgo attraversammo la spinosa e potente
scrittura scenica dell’autore italo / greco, tratta dalla Nostra Anima e poi di nuovo
Savinio toccò le corde del mio intelletto quando realizzai un recital tratto dal suo
bellissimo libro : L’infanzia di Nivasio Dolcemare.
Insomma per me Savinio resta un incontro folgorante ed eccitante.
Per le ragioni che ho sopra indicato, lo trovo adesso più che mai, di fronte a questa
barbarie culturale, necessario e attuale e ritengo che in questa Italia senza padri sia un
obbligo morale far conoscere la sua parola. Proprio questo suo voler disinnescare i
meccanismi ipocriti borghesi, familiari è indicatore di una capacità sovversiva che la
sua scrittura porta con sé e che oggi può rappresentare uno strumento di conoscenza e
osservazione per un cambiamento profondo che la società italiana deve chiedere a sé
stessa.
Questa stagione perciò, con il sostegno del Teatro di Buti, sempre attento al mio
lavoro, affronto il suo testo teatrale più conosciuto e forse la prima cosa che di lui
lessi ; lo faccio con una grande compagna di viaggio di tante avventure teatrali :
Elena Croce.
EMMA B VEDOVA GIOCASTA resta il cardine del teatro Saviniano, un punto di
arrivo, un sunto della sua poetica ; questo testo, partendo dal rapporto madre / figlio,
incarna con forza quella necessaria ridiscussione del sistema delle relazioni, quella
fondante affermazione di verità, che travalica barriere, limiti e confini.
Ed è proprio in questo costante “sconfinamento” che sta la ricchezza si senso, di
lingua di cui Savinio ci fa partecipi invitandoci con ironia a dissacrare noi stessi, le
regole che come adulti ci siamo dati, conservando quello sguardo bambino, artistico,
che possa illuminare il buio “del dolore del presente”
Alessio Pizzech