PUBBLICO-PRIVATO: FORME DI INTERAZIONE IN EVOLUZIONE
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PUBBLICO-PRIVATO: FORME DI INTERAZIONE IN EVOLUZIONE
0100.forum2_413_0100.forum2_413.qxd 11/07/13 10.09 Pagina 77 economia & management 4 - 2013 focus>forum PUBBLICO-PRIVATO: FORME DI INTERAZIONE IN EVOLUZIONE focus>Forum SDA Professor di Public Management and Policy [email protected] veronica vecchi SDA Professor di Public Management and Policy [email protected] niccolò cusumano SDA Bocconi, Public Management and Policy [email protected] * L’intervento di Stefen Schepers è avvenuto in lingua inglese. STEFANO ANTONELLI International HR Director, GiGroup LUCIANO BALBO Fondatore e presidente di Fondazione Oltre e Oltre Impact Fund ANDREA TINAGLI Direttore della Banca Europea per gli Investimenti (sede di Roma) STEFAN SCHEPERS Consulente e lobbyista, Managing Partners di EPPA* Con il commento di PATRIZIO BIANCHI, assessore Scuola, Università, Ricerca, Formazione e Lavoro della Regione Emilia-Romagna e professore ordinario, Dipartimento di Economia e Management, Università di Ferrara I l perimetro delle collaborazioni pubblico-privato, come accade nel caso di fenomeni complessi, è sfumato e in continua evoluzione. Anche la letteratura ne ha dato definizioni differenti, molto influenzate dal contesto politico ed economico di riferimento (box 1). È infatti indubbio che i modelli e le forme delle collaborazioni pubblico-privato (di seguito CPP) siano condizionati dagli assetti istituzionali, politici, economici e sociali di un paese. La letteratura economica e di management, fortemente influenzata dai gruppi di ricerca americani e anglosassoni, ha espresso un certo dinamismo soprattutto in relazione alle Business Government Relations (BGR) e alle partnership pubblico-privato (PPP) di tipo contrattuale per la realizzazione di infrastrutture suscettibili di uno sfruttamento di tipo economico. L’osservazione delle dinamiche di collaborazione tra operatori pubblici e privati mette tuttavia in evidenza l’esistenza di modalità che vanno oltre la semplice relazione di lobbying o che non necessariamente assumono la forma di contratti complessi e di lunga durata per il finanziamento, la costruzione e la gestione di un’opera pubblica. Soprattutto in questi anni, quando la crisi economica e sociale mette in discussione i modelli tradizionali basati prevalentemente su meccanismi di mercato o di Stato erogatore, si sono sviluppate interessanti modalità di collaborazione per ridare impulso all’economia locale o, più semplicemente, per individuare nuove modalità di risposta ai bisogni di una comunità complessa e variegata. 77 © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI a cura di: manuela brusoni HANNO PARTECIPATO AL FORUM: 0100.forum2_413_0100.forum2_413.qxd 11/07/13 10.09 Pagina 78 focus>Forum economia & management 4 - 2013 pubblico-privato: forme di interazione in evoluzione Attraverso questo forum intendiamo confrontare punti di vista ed esperienze di diversi attori per tentare una definizione operativa delle collaborazioni pubblico-privato e per una prima messa a fuoco di obiettivi e aspettative, presupposti, modalità di funzionamento e punti di attenzione. BRUSONI E VECCHI Fatte queste premesse, vi chiediamo, dalle vostre differenti prospettive, di provare a definire un possibile perimetro delle collaborazioni pubblicoprivato, il loro ruolo e l’importanza in questo momento storico. © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI BALBO Dividerei il mio interven- In questi anni si sono sviluppate interessanti modalità di collaborazione per individuare nuove modalità di risposta ai bisogni di una comunità complessa e variegata to in tre parti: cosa sono prevalentemente oggi in Italia le collaborazioni pubblico-privato, cosa dovrebbero o potrebbero essere e di cosa c’è bisogno per farle funzionare. Partiamo dal primo punto, che rappresenta, ovviamente, il mio personale sguardo su questo fenomeno. Ritengo che la collaborazione pubblico-privato sia essenzialmente e largamente una forma di outsourcing: in alcuni ambiti il privato eroga servizi in nome e per conto del settore pubblico. Faccio due esempi a mio parere eclatanti: il primo è la sanità. Tantissime prestazioni sanitarie sono erogate da soggetti privati, ovviamente con importanti differenze regionali: in Emilia il privato accreditato è meno presente, mentre in Lombardia o nelle regioni del Sud lo è molto di più. Si tratta di casi di sussidiarietà verticale. Un’altra area è quella dei servizi sociali, che Comuni e Regioni erogano attraverso la cooperazione sociale. Le cooperative sociali gestiscono gran parte della spesa sociale degli enti locali, seppur molto frammentata e singolarmente di entità ridotta. Si tratta di un modello che si è consolidato negli anni settanta, ottanta e novanta, quando la spesa pubblica, specie quella corrente, è cresciuta in modo consistente in ambito sia sanitario sia sociale. Le remunerazioni garantite dall’erogazione del servizio, in nome e per conto del pubblico, hanno consentito ai privati di realizzare investimenti in strutture ospedaliere e socio-sanitarie. È stato un modello di collaborazione che ha accompagnato la crescita della domanda e dell’offerta e, in qual- 78 che modo, ha avuto anche l’effetto benefico di consentire agli utenti opzioni di scelta nell’ambito dello stesso modello erogativo, grazie alla coesistenza di una pluralità di soggetti. Un’altra forma di PPP è quella per le infrastrutture. In Italia, benché non ne sia un esperto, penso si possa sostenere che il project financing, come modello di realizzazione di infrastrutture e opere pubbliche, abbia attecchito molto meno rispetto ad altri paesi, come il Regno Unito, che comunque stanno mostrando segnali di cedimento. Credo che questi modelli di collaborazione pubblico-privato, che hanno avuto effetti benefici e che probabilmente continueranno a essere sviluppati da una certa parte di soggetti, oggi non siano più sufficienti, proprio per i problemi, soprattutto di ordine economico, che il settore pubblico sta attraversando e che mal si conciliano con le esigenze sempre più disparate e complesse della collettività. La sfida è quindi come andare incontro ai bisogni sociali a parità di risorse o con budget decrescenti. Credo che la risposta vada trovata in un’innovazione del modello di intervento, capace di conciliare risorse limitate e una crescente richiesta/esigenza di qualità, soprattutto in servizi quali la sanità e l’educazione. In un modello di collaborazione basato su logiche di outsourcing l’innovazione è molto difficile, in quanto le tariffe tabellari di rimborso per prestazione non riconoscono, incentivano o premiano l’innovazione. Non vi sono, infatti, risorse pubbliche “lump sum” finalizzate a stimolare innovazione di modello, che peraltro è un cavallo di battaglia dell’Unione Europea. Faccio alcuni esempi per chiarire ciò a cui sto facendo riferimento. In sanità si parla 0100.forum2_413_0100.forum2_413.qxd 11/07/13 10.09 Pagina 79 pubblico-privato: forme di interazione in evoluzione economia & management 4 - 2013 focus>forum box 1.1 UN’ANALISI FENOMENOLOGICA DELLE COLLABORAZIONI PUBBLICO-PRIVATO © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI Nel contesto americano ci si riferisce alle collaborazioni pubblico-privato con il termine Business Government Relations (BGRs) per descrivere e analizzare le relazioni tra le imprese (soprattutto quelle operanti in settori altamente regolamentati) e il settore pubblico (inteso come l’insieme delle autorità governative con competenze legislative e regolamentari). Alcuni autori (come per esempio 1 Porter che ha descritto il cosiddetto government come un fattore che influenza le cinque forze di mercato) hanno riconosciuto l’importanza degli attori pubblici per il successo di un’impresa o anche solo di una specifica strategia e pertanto hanno coniato il concetto di “non market” o “non competitive strategy”, contrapposto alla più tradizionale market strategy. Nonostante gli sforzi inter2 pretativi (per esempio Baron) nell’indicare il modo per conciliare, sotto il cappello della business strategy, queste due anime, tanto da parlare di hybrid strategy, nel mondo americano BGRs è un concetto che rimane fortemente circoscritto all’attività di lobbying e alla capacità delle imprese di influenzare il regolatore e il policy maker. Pertanto, nell’approccio BGR sembrano permanere una sorta di dicotomia tra market e non-market e una connessione di tipo relazionale tra pubblico e privato. In Europa, dove il ruolo del settore pubblico è sempre stato più pervasivo, non limitato a correggere i fallimenti di mercato, il termine BGR sembra essere inadeguato a esprimere e descrivere un sistema di relazioni che assumono sempre più la forma di vere e proprie iniziative di collaborazione, spesso sancite da accordi o contratti, quando non dalla creazione di veri e propri soggetti giuridici o joint venture. Infatti, a fianco delle relazioni pubblico-privato gestite nell’arena politica, si sono sviluppate nell’arena del mercato forme di collaborazione di diverso tipo, in cui operatori pubblici e privati si sono corresponsabilizzati verso il raggiungimento di obiettivi comuni, condividendo i rischi connessi e mettendo a sistema le rispettive risorse e competenze. L’esempio più strutturato sono i contratti di partnership pubblico-privato (PPP) per la realizzazione di investimenti pubblici, ambito cui generalmente si fa riferimento nel gergo internazionale quando si utilizza il termine PPP. In realtà esistono modalità e ambiti di collaborazione che possono prendere in considerazione obiettivi quali lo sviluppo imprenditoriale, il supporto all’occupazione, l’invenzione di un nuovo prodotto in grado di rispondere meglio alle esigenze di interesse pubblico, una fornitura o un servizio più efficaci, efficienti e sostenibili. I fondi misti pubblico-privato per la capitalizzazione delle imprese o per supportare l’accesso al credito sono, per esempio, una forma di collaborazione pubblico-privato che rappresenta un punto di riferimento delle politiche comunitarie di coesione e sviluppo. Il public procurement, anche quello rivolto a stimolare processi di innovazione nel mercato, può essere considerato una forma di partnership, così come avviene nel settore privato, tanto è vero che tradizionalmente i fornitori strategici delle imprese sono considerati stakeholder rilevanti per il successo della strategia. Programmi di formazione basati su percorsi, dentro e fuori l’azienda, per implementare i contratti di apprendistato possono essere un altro esempio. Infine, tra le forme di collaborazione, che talvolta possono diventare anche il veicolo di azioni di lobbying, alcuni annoverano iniziative avviate dalle imprese per rafforzare i diritti politici, civili e sociali o per supportare gli attori pubblici nel raggiungimento degli interessi collettivi, eventualmente anche sostituendosi a essi. Queste forme di collaborazione rientrano spesso nei programmi di Corporate Social Responsibility e di Corporate Citizenship delle imprese, frequentemente multinazionali. Un’evoluzione di questi concetti è stata recentemente proposta da Porter con il suo shared value, che riconosce la supremazia competitiva di quelle imprese in grado di interiorizzare meglio i bisogni della società. Si tratta comunque di un concetto sviluppato da una prospettiva US-centrica, in cui il soggetto pubblico rimane sullo sfondo come regolatore del sistema e che quindi offre una visione molto parziale delle 3 dinamiche collaborative. Nella figura di seguito si propone uno schema di riferimento finalizzato a decodificare le differenti tipologie di interazione tra pubblico e privato, che possono assumere la forma di relazioni non formalizzate; collaborazioni più o meno formalizzate attraverso protocolli, intese, accordi; rapporti contrattuali più formalizzati per regolare un rapporto di tipo transazionale. L’interazione di tipo relazionale comporta generalmente lo scambio d’informazioni tra imprese (di un segmento o industry, solitamente soggetti a un grado di regolamentazione medio-alta) con il policy maker e il regolatore. L’obiettivo di questa relazione è incidere sulle scelte normative/regolamentari, che producono effetti per tutte le imprese o per una specifica categoria. In questi casi non è infrequente 79 0100.forum2_413_0100.forum2_413.qxd 11/07/13 10.09 Pagina 80 focus>Forum economia & management 4 - 2013 pubblico-privato: forme di interazione in evoluzione box 1.2 che la relazione sia guidata da associazioni o gruppi di lobbying. Quando l’interazione diventa più strutturata ed è finalizzata alla realizzazione di iniziative congiunte, con un eventuale coinvestimento di tempo, risorse umane e, talvolta, anche finanziarie, si hanno collaborazioni formalizzate, di breve o lunga durata. Generalmente il rapporto è regolato da accordi o intese e riguarda un gruppo di imprese, magari anche attraverso le loro associazioni, e coinvolge i livelli esecutivi delle amministrazioni, nazionali, regionali e locali. Si tratta, per esempio, di accordi finalizzati all’avvio di iniziative congiunte tra università, associazioni, regione o altre amministrazioni per l’attivazione e diffusione dell’apprendistato o per erogare servizi di assistenza tecnica alle start-up. L’interazione può riguardare, infine, uno scambio mirato (autorizzazioni/accreditamenti, concessioni, erogazione di risorse finanziarie) a fronte di specifiche obbligazioni, spesso regolato da veri e propri contratti, dettagliatamente definiti, di breve o lungo termine. In questo segmento si possono trovare l’accreditamento all’erogazione di un servizio di interesse pubblico, le concessioni di costruzione e gestione, l’erogazione di un contributo economico o di altre forme di finanza agevolata, la fornitura di beni o servizi. In genere il rapporto riguarda due entità specifiche, un’azienda o amministrazione pubblica e un’impresa/operatore privato. All’aumentare dell’intensità della relazione si hanno accordi che riguardano ambiti più specifici e dettagliati e questo contribuisce a ridurre l’incertezza dei risultati dell’interazione. Inoltre, passando da un’interazione relazionale a un’interazione collaborativa e contrattuale, cambiano anche le competenze rilevanti per definire e gestire l’interazione stessa: le competenze di policy lasciano a mano a mano il posto alle competenze di management. figura 1 public-private interactions GOVERNMENT alta Fornitore Intensità della relazione Certezza del risultato Gestore di programmi di sviluppo economico Imprese da supportare Imprese settori molto regolamentati Cliente Interazione contrattuale Interazione collaborativa Regolatore servizio Imprese settori poco regolamentati Tutte le imprese bassa Competenze di management Regolatore mkt Interazione relazionale Policy maker Competenze di policy © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI BUSINESS fonte: elaborazione originale 1. Porter M., “The Five Competitive Forces That Shape Strategy”, Harvard Business Review, 86(1), 2008, pp. 78-93. 2. Baron D., “Integrated Strategy: Market and nonmarket components”, California Management Review, 37(2), 1995, pp. 47-65. 3. “Not all societal problems can be solved through shared value solutions. But shared value offers corporations the opportunity to utilize their skills, resources, and management capability to lead social progress in ways that even the best-intentioned governmental and social sector organizations can rarely match. In the process, businesses can earn the respect of society again” (Porter M.E., Kramer M.R., “Creating Shared Value”, Harvard Business Review, January-February 2011). 80 0100.forum2_413_0100.forum2_413.qxd 11/07/13 10.09 Pagina 81 pubblico-privato: forme di interazione in evoluzione economia & management 4 - 2013 da alcuni anni della necessità di realizzare nuove unità territoriali per la gestione comune dei servizi di medicina generale e specialistica. Si tratta di una sperimentazione che fa fatica a decollare perché il pubblico non ha le risorse e la capacità progettuale/imprenditoriale per innescare questo importante cambiamento. Il privato, però, da solo non lo fa. Un altro esempio è quello della scuola. Mi avventuro in un campo in cui il ruolo del privato, soprattutto in Italia, è limitatissimo. Oggi vi è la necessità di cambiare, di pensare a nuovi modelli di scuola e, senza pensare agli Stati Uniti, in Svezia è per esempio partito un mercato di scuole private gestite in cooperazione con il settore pubblico per sperimentare modelli educativi diversi. Tema sicuramente molto caldo in Italia, considerando la fatica di far decollare il sistema dell’apprendistato o degli istituti tecnici superiori. Per esempio, si parla di dismissione del patrimonio immobiliare, ma pochi sono i beni privatizzabili tout court; molti sono beni “difficili” il cui riutilizzo richiede progetti complessi e con competenze articolate. Queste operazioni non possono essere gestite solo attraverso una vendita; esse, piuttosto, richiedono una progettualità condivisa tra pubblico e privato. Ovviamente i cambiamenti radicali sono difficili da realizzare, richiedono cultura, apertura e leadership, espongono a critiche e a rischi che in questo momento la classe politica non è in grado di gestire. Io credo ci sia la necessità di separare l’erogazione dalla regolazione del servizio. Questo potrebbe favorire la sperimentazione di modalità di erogazione nuove e riorientare il pubblico verso funzioni di regolazione e controllo, gestite in modo da incentivare la capacità di innovazione del privato, ma anche del pubblico erogatore o di forme miste. focus>forum TINAGLI Concentrerò il mio intervento soprattutto sulle partnership di tipo finanziario e sulle modalità di governance che consentono a queste partnership di funzionare. Le partnership di tipo finanziario rappresentano uno snodo rilevante nei processi d’implementazione delle politiche di coesione comunitarie, nazionali e regionali, soprattutto in un momento di caren- VECCHI L’intervento di Balbo ha evidenziato la necessità di riconfigurare i rapporti tra gli attori pubblici e privati per generare innovazioni di modello auspicate dall’Unione Europea. Passiamo la parola ad Andrea Tinagli che, dal suo osservatorio nell’ambito della Banca Europea per gli Investimenti, può aiutarci a capire quali forme di partnership possono essere impiegate per implementare le politiche di coesione e crescita. za di risorse pubbliche in cui è necessario iniettare più efficienza nel sistema. Tra le forme di partnership finanziaria vi è certamente il project financing, strumento di finanziamento di contratti di collaborazione finalizzati alla realizzazione di infrastrutture e opere pubbliche. Come detto in precedenza, effettivamente in Italia si è parlato fin dalla fine degli anni novanta di queste forme di PPP, ma non molto è stato fatto per farle decollare, come invece è accaduto in altri paesi. Si è fatto qualcosa nel settore delle opere pubbliche, come nel caso degli ospedali, dove non vi è un vero rischio di mercato. Perché questo tipo di collaborazione, di tipo contrattuale, non è stato così diffuso come, invece, è accaduto nel mondo anglosassone o anche in Francia e Spagna? Quello che vediamo in Italia è che, spesso, la collaborazione pubblico-privato non è definita, sin dalle sue origini, in modo chiaro. Pertanto il processo amministrativo necessario per la selezione dell’operatore privato e per la formalizzazione della partnership è molto lungo, complesso e frammentato. I dati sull’Italia mostrano che vi è, infatti, un tasso di mortalità delle procedure di gara molto elevato e le poche che arrivano a contrattualizzare la partnership spesso mostrano numerosi problemi in fase di finanziamento, specie nella chiusura di un contratto di tipo project financing. Le cause di questa situazione stanno sia nel pubblico sia nel privato. Un ostacolo è si- 81 © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI In Italia si è parlato sin dalla fine degli anni novanta di partnership pubblico-privato, ma non si è fatto molto per farle decollare 0100.forum2_413_0100.forum2_413.qxd 11/07/13 10.09 Pagina 82 focus>Forum © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI economia & management 4 - 2013 pubblico-privato: forme di interazione in evoluzione curamente la mancanza di conoscenza reciproca, che causa problemi di fattibilità dell’iniziativa, di non chiarezza dei termini contrattuali e quindi di sostenibilità delle operazioni nel medio-lungo termine. Per esempio, raramente le amministrazioni conoscono le implicazioni contrattuali e finanziarie di una partnership di questo tipo per gli operatori privati o le condizioni applicate dal sistema bancario. Infatti, la partnership non è solo costruzione di un’opera, ma è anche finanziamento e gestione di un contratto che deve consentire di ripagare il finanziamento nel medio termine. La dimensione finanziaria è punto fondamentale che non può essere trascurato nelle verifiche di fattibilità da parte dell’amministrazione. Quando questo accade, si rendono necessarie modifiche ai contratti in corso, che creano tensioni, talvolta ricorsi. Questo, assieme al tasso di mortalità registrato, sta compromettendo il rapporto di fiducia tra le due parti che è vitale per poter realizzare questo tipo di iniziative, per andare mano nella mano verso iniziative di così lungo respiro. Il quadro normativo in sé non rappresenta particolari problemi, essendo peraltro allineato alla direttiva europea, ma prevede ancora certi meccanismi, come il diritto di prelazione, che riducono la trasparenza e limitano l’intensità della competizione e l’attrazione di capitali e investitori internazionali. Il buon funzionamento dei meccanismi di partnership pubblico-privato sarebbe essenziale per un’efficiente ed efficace implementazione delle politiche di coesione e crescita e, tra l’altro, è proprio da queste sostenuto. Per esempio, il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (il FESR, uno dei più importanti e consistenti fondi strutturali), che tradizionalmente veniva erogato a fondo perduto, oggi viene in parte utilizzato per sostenere forme di partnership e coinvestimento, che possono riguardare non solo le infrastrutture ma anche l’accesso ai capitali o la capitalizzazione delle piccole e medie imprese oppure lo sviluppo urbano, attraverso logiche revolving, ovvero di rimborso. Questi modelli consentono di ottimizzare i fondi pubblici, di creare sistema e innovazione, negli strumenti e nei modelli. Infatti, le risorse pubbliche servono per stemperare i rischi (di credito) e per fare in modo che i privati accettino la sfida di risolvere problematiche che l’amministrazione pubblica non riesce più a gestire secondo logiche tradizionali. Queste modalità di partnership finanziaria, che vanno oltre il semplice (ma, come abbiamo visto, in realtà complesso) project financ- 82 ing, pongono la sfida di individuare nuovi modelli di governance. Come selezionare il partner, come si combinano le risorse pubbliche e private, come si gestiscono? I modelli proposti dall’Unione Europea, per esempio l’iniziativa Jessica, prevedono la costituzione di soggetti indipendenti, super partes, nella logica del fondo di investimento o del trust, in cui competenze pubbliche (la definizione della policy) e competenze private (le tecnicalità) si fondono per garantire rilevanza, fattibilità, bancabilità e sostenibilità dei progetti di collaborazione. VECCHI L’intervento di Tinagli ci ha mostrato le forme di partnership che vengono proposte dall’Unione Europea per conseguire gli obiettivi di coesione e sviluppo. Si tratta, soprattutto, di partnership volte a mettere a sistema fondi pubblici e privati per indirizzarli verso iniziative sostenibili nel lungo termine, superando le tradizionali logiche del fondo perduto, e a ridurre il rischio di credito per sostenere l’innovazione imprenditoriale, lo sviluppo urbano, le green energy e le grandi infrastrutture. La parola passa ora a Stefano Antonelli, che si occupa da sempre di risorse umane, prima come responsabile della formazione in Ferrero e oggi nel gruppo GiGroup. Il tema delle competenze come fattore alla base di occupazione e produttività è sicuramente un ambito rilevante in cui pubblico e privato si incontrano e scontrano e in cui sarebbero auspicabili iniziative sperimentali congiunte. ANTONELLI Riallacciandomi anche a quello che è stato detto in precedenza, io credo che in questo momento il fare sistema sia un punto fondamentale. La necessità di fare sistema non riguarda solo il rapporto pubblico-privato ma anche l’associazionismo imprenditoriale e il funzionamento del settore privato in Italia. In Italia il privato è un settore molto segmentato. La base produttiva formata prevalentemente da piccole imprese rende difficile la creazione di poli di innovazione basati su gruppi o reti di imprese. La carenza di competenze manageriali, la presenza di stili di gestione autoritario paternalistici e la chiusura culturale frenano il processo di collaborazione e, in un momento di crisi come questo, il rischio è che pochi riescano ad avere successo. Se la creazione di reti di impresa non viene fatta in modo autonomo dal privato, serve un supporto pubblico, che però non può essere basato solo sulla logica degli incentivi. Altri- 0100.forum2_413_0100.forum2_413.qxd 11/07/13 10.09 Pagina 83 pubblico-privato: forme di interazione in evoluzione economia & management 4 - 2013 menti non si riesce a innescare un processo di cambiamento culturale. Stesso ragionamento vale per il mercato del lavoro, rispetto al quale sarebbe molto importante ricostruire un rapporto tra pubblico e privato per investire seriamente sull’insegnamento e la formazione di competenze. Il finanziamento della formazione professionale è diventato ormai più un tema amministrativo burocratico che di contenuto, e non è in grado di premiare la capacità di innovare i modelli formativi. Non sempre viene finanziato ciò che merita di essere finanziato, quello che è utile, quello che serve per la ricerca, quello che serve per creare nuovi mestieri, quello che serve per creare competenze. Altro tema, correlato, su cui credo serva fare sistema nel mercato del lavoro, è la creazione di nuova occupazione, che interessa diversi target, primo fra tutti quello dei giovani. Credo che la riforma del lavoro abbia posto un grande accento sull’apprendistato e sulla centralità delle scuole, al fine di costruire piani formativi che sostengano l’ingresso nel mondo del lavoro. Ovviamente per far funzionare queste politiche serve una collaborazione che faccia perno anche su una rinnovata cultura del mondo imprenditoriale. Gli sgravi contributivi sono molto importanti, ma ci si deve impegnare anche a lavorare con efficacia sul piano formativo e sperimentare modelli che consentano di coniugare lo sviluppo di conoscenze e competenze dentro e fuori dal luogo di lavoro. La sfida dell’apprendistato e dell’individuazione di modelli in grado di formare nuove competenze può essere affrontata anche attraverso iniziative di collaborazione pubblicoprivato. Un secondo target su cui serve più pensiero strategico e programmazione è la forza lavoro over 50. In questo caso, l’esigenza è l’individuazione di modelli che consentano a coloro che hanno più di 50 anni di continuare a lavorare nell’impresa senza essere dei “mal sopportati”. La riforma delle pensioni ha allungato la vita lavorativa e questo pone le imprese di fronte a potenziali situazioni di ridotta produttività o all’esigenza di ricollocare persone non più adeguate al mestiere che stanno facendo. L’ultimo tema su cui mi soffermo è la necessità di recuperare i mestieri e il lavoro manuale e artigianale, che spesso rappresenta uno dei fattori chiave del succes- focus>forum so di molte aziende del made in Italy. Anche questo è un ambito su cui è necessario sperimentare attraverso logiche di potenziale collaborazione pubblico-privato. GiGroup alla fine del 2012 ha fatto una ricerca su un campione assolutamente significativo di giovani da cui è emerso che il 93%, tra i 15 e i 29 anni, non vuole fare un lavoro manuale. Ma il dato più preoccupante riguarda i In Italia il settore privato è molto segmentato: la base di piccole imprese rende difficile creare poli di innovazione basati su gruppi o reti di imprese genitori: il 94% non vuole che i propri figli facciano un lavoro manuale. Per questo motivo servono iniziative pubblico-privato per diffondere la cultura dell’importanza del lavoro manuale e il ritorno alle scuole di mestiere. BRUSONI Vorrei sottolineare, a tal proposito, che il lavoro manuale di per sé non è antitetico a un lavoro intellettuale molto raffinato. ANTONELLI Certamente, basti pensare che spes- BRUSONI Dagli interventi fin qui fatti sta emergendo un profilo molto interessante delle collaborazioni pubblico-privato e un aspetto che mi sembra di cogliere è la ricerca di una sostenibilità, non solo nella relazione in sé che lega pubblico e privato, ma la costruzione di una collaborazione come veicolo per raggiungere una sostenibilità sociale ed economica in un contesto fortemente modificato dalla crisi. Chiediamo quindi a Schepers, che da sempre lavora per e con le istituzioni comu- 83 © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI so per entrare nell’impresa bisogna iniziare facendo lavoro manuale o ricordare che i gradi imprenditori italiani hanno proprio avviato le loro aziende partendo da un’attività artigianale. 0100.forum2_413_0100.forum2_413.qxd 11/07/13 10.09 Pagina 84 focus>Forum economia & management 4 - 2013 pubblico-privato: forme di interazione in evoluzione nitarie, come l’Unione Europea sta orientando e supportando il tema della sostenibilità nell’ambito delle e attraverso le collaborazioni pubblico-privato. © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI SCHEPERS Considering the question you addressed to me, I would like to make a distinction between various forms of business-government relations depending of the objectives. Principally I see three forms in Europe. One, which you already discussed and it is common in many countries and a little at EU level itself, is the traditional PPP, which is after all strictly commercially driven by the company which is trying to develop with public authorities a product/service and share the risk, costs and resources. Both parties can benefit from it because of the risk-sharing and long term commitment of each other, but experience in many countries shows that they are very difficult to manage and do not always bring the results that both parties sought from them. The second format of business-government cooperation is the lobby. We need to understand why the American lobbying model has made so much advance in the last 10-15 years in Brussels and how little this model actually fits with EU and which kind of benefits/problems it brings. The lobbying model is based on two different logics: companies are looking at the single market or at the global market. They follow obviously a market perspective, however policy, even at EU level, is national, it is determined by national elections and national priorities and these are aggregated at the EU level to define something like a European policy framework. This policy framework that hurts some business models, or aspects of business model, make companies trying to change these policies at their advantage. But they fail to understand they are not just lobbying against the European Commission; there is also a dominant role played by national governments. This is why you see in the last ten years a decline in the role of trade associations because they can only functions at the lowest common denominator. The third format, which is appearing in Brussels, is the cooperative model. I don’t call it partnership because of the confusion with PPP, which are in effect public-private projects. The cooperative model, which you see developed by few, but very large, companies, is essentially based on a coherence between market interest and public interest in order to define together what is called the research of common good. Whereby companies no longer look solely at their own existing business models, but explore how policy can evolve driven by interests of member states, consumers interests, ecological demands or whatever, they try to understand how to manage emerging risks, but also new opportunities. This last model is much more innovative because it is more inclusive and forward looking, than the traditional American model and you can see very well the results of this. Let’s take the example of car manufacturing. The biggest lobby effort in Washington has been undertaken by GM and Chrysler in order to actually limit environmental regulation in their sector and you all know the results of this attitude. Look then at the German model where you have seen companies actually work in cooperation with government, activities and big German research organizations, Fraunhofer ISI, Max Planck among others, not in symbiotic manner, but closely together to actually define ever higher levels of environmental and quality standards and the results this strategy brought compared to the US. The problem is that neither Member States Governments nor the EU Commission on one side and very few company boards, on the other side, are actually thinking in terms of alignment. So how to align corporate strategy to public policy- An emerging model of partnership is the cooperative model, based on the research of coherence between market and public interest 84 making? In the EU is particularly tricky since European policy making, as I said, does seldom start from a single European interest, but starts from an aggregation of different interests. In this conflicting situation, short term commercial interest takes over and businesses return to the classic lobbying paradigm just to protect their short 0100.forum2_413_0100.forum2_413.qxd 11/07/13 10.09 Pagina 85 pubblico-privato: forme di interazione in evoluzione economia & management 4 - 2013 term profitability, thus forgetting that EU actually want to reorganise the markets, to introduce new criteria in markets, such as environmental or health, consumer protection or quite simply bringing down barriers among national markets. In my own personal view, this is one of the reasons of the economic crisis. Indeed, we have a governance crisis not only in the Eurozone, but also in economic policy making, market organization, trade policy and so on. I personally think that the best model to overcome this situation is the business-government cooperation model developed in Nordic countries, Norway, Sweden and particularly Finland and also Denmark. Currently also Germany, the Netherlands and Austria are trying to copy it. This model of cooperation is one of the reason why these countries are at the top of competitiveness rankings. I was recently comparing Norway to France. In France the majority of universities do not want to work with companies for ideological reasons, driven by a concept of academic independence. In Norway this is absolutely standard. Large companies, like Statoil and Universities like Trontheim or Stafvanger, have a very intense research cooperation and businesses help universities to develop spin-offs, jointly owned, which bring dividends to the universities to be reinvested in further research. How do I foresee the evolution of BGR? There’s the need of a large investment in research in order to understand them. It is a field of research often developed under a very theoretic approach; therefore, it has received less attention from practitioners and has generated a limited impact. There has a lot to change in boardrooms and in governments, and it will be required. focus>forum BALBO Da questo primo giro di tavolo è chiaramente emerso quanto sia difficile fare bene le cose e soprattutto quanto sia difficile creare partnership pubblico-privato efficaci, rispettose dell’interesse pubblico e di quello privato e sostenibili. Per lo meno sgombriamo il campo dal fatto che le partnership siano la panacea. Prima di arrivare al tema dell’impact investing vorrei dire VECCHI Gli spunti dati da Schepers ci consentono di focalizzare l’attenzione su un tema caro a Luciano Balbo, che ha realizzato in Italia il primo fondo di impact investing, con l’obiettivo di raccogliere e investire capitali privati in nuove iniziative imprenditoriali capaci di generare innovazioni di tipo sociale. Chiederei quindi a Balbo una riflessione sul ruolo dell’impact investing come fattore propulsore di innovazioni imprenditoriali, molte delle quali richiedono una nuova concezione di collaborazione pubblico-privato. una cosa un po’ provocatoria: credo che, relativamente all’Italia, quando il pubblico si muove verso partnership pubblico-privato è perché non ha risorse da investire direttamente. In realtà, se si vogliono creare modelli innovativi di collaborazione, in ambito formativo, del lavoro o della sanità, è necessario fare un atto coraggioso e allocare una parte di risorse della spesa pubblica a iniziative di coinvestimento con un soggetto privato che si assuma il rischio gestionale. Altrimenti, si continua a desiderare innovazioni tenendo in vita i modelli tradizionali di erogazione dei servizi pubblici. Ovviamente serve coraggio per fare questo, ma è l’unico modo per provare a generare cambiamento. Questo cambiamento necessariamente richiede una collaborazione, considerando che non può essere fatto in modo autonomo, dal pubblico o dal privato. Il rischio di non fare mi sembra ben più alto del rischio di sperimentare. Venendo al tema dell’impact investing, che oggi è la mia attività principale, credo che sia un ambito in cui può essere possibile avviare modalità sperimentali di collaborazione pubblico-privato in settori quali, per esempio, la sanità e la scuola, in cui la domanda di servizi innovativi è alta. In particolare, la sfida dell’impact investing è quella di attirare ricchezza privata su iniziative imprenditoriali innovative finalizzate a proporre un’offerta di servizi alternativi per rispondere alle esigenze sempre più complesse dei cittadini. Ovviamente 85 © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI Se si vogliono creare modelli innovativi di collaborazione, in ambito formativo, del lavoro o della sanità, è necessario fare un atto coraggioso 0100.forum2_413_0100.forum2_413.qxd 11/07/13 10.09 Pagina 86 focus>Forum economia & management 4 - 2013 pubblico-privato: forme di interazione in evoluzione sono segmenti di business in cui le aspettative di ritorno sono relativamente basse. All’inizio questo tipo di iniziative ha bisogno di investitori pionieri, magari anche con il supporto di fondazioni; però, se questi modelli funzionano, sono convinto che potranno attirare nuovo risparmio privato, soprattutto perché nel prossimo futuro non penso che vi saranno molte opportunità di conseguire ritorni double digit. A conferma di questo, mi piace ricordare che la media dei ritorni conseguiti dal mercato del venture capital in Europa (citando i dati dell’European Venture Capital Association) negli ultimi dieci anni è circa il 3%. Per concludere, credo che l’impact investing possa rappresentare un terreno in cui pubblico e privato possono avviare collaborazioni sperimentali per dimostrare al Mercato e allo Stato che esistono soluzioni intermedie sostenibili ed efficaci, su cui far confluire una parte delle risorse pubbliche e private. BRUSONI Mi sto chiedendo che predisposizione occorre per essere pionieri coraggiosi. Vedo un grandissimo spazio per un’innovazione culturale, che mi sembra molto difficile e molto impegnativa, nella quale non è facile capire chi debba prendere la leadership dei primi passi. BALBO Concordo sulla grande difficoltà. Credo che l’unica forza di percorrere strade difficili venga dall’impossibilità di percorrere strade vecchie e chi ha risorse finanziarie sta capendo che o si investe su nuovi asset, su nuove opportunità o, forse, i ritorni generati dalla liquidità continueranno a scendere. © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI VECCHI Certamente un ostacolo a questi processi di innovazione è l’elevata corruzione e politicizzazione delle istituzioni, che sembrano favorire quei progetti imprenditoriali rivolti più a estrarre valore fine a se stesso che a generare innovazione e cambiamento. Tra l’altro, il coinvestimento privato sarebbe un’importante cartina al tornasole della fattibilità dell’investimento e della gestione. Questo è un po’ l’approccio che sta perseguendo l’Unione Europea con l’introduzione, già in questo periodo di programmazione, ma ancor di più nel prossimo, 2014-2020, di modelli di collaborazione finalizzati a sostituire il tradizionale contributo pubblico a fondo perduto. Chiediamo quindi a Tinagli di darci le sue impressioni su questa prospettiva. 86 TINAGLI Nell’ambito della nuova programmazione, definita sulla base degli obiettivi strategici 2020, il concetto di partnership assume un ruolo fondamentale, non solo per la realizzazione di investimenti hard, ambito su cui la BEI, per esempio, lavora sin dalla sua creazione, ma anche per gli investimenti richiesti per lo sviluppo della knowledge economy o, più in generale, nel rapporto tra Unione Europea e Stati membri o, ancora più in generale, nell’ambito delle politiche di sviluppo che si fondano su un concetto di collaborazione. Nell’ambito della nuova programmazione i progetti saranno eligibili se dimostreranno, ex ante, value for money e sostenibilità finanziaria di medio e lungo termine. Infatti, esattamente come accadde per il piano Marshall, che si fondava su prestiti e non su contributi a fondo perduto, la prossima programmazione si baserà largamente su strumenti di tipo revolving che dovranno stimolare il cofinanziamento pubblico e privato. Il budget della nuova programmazione non è ancora approvato ma è atteso sostanzialmente in linea con quello della precedente: stiamo parlando di circa 350 miliardi di euro; BEI ha beneficiato di un aumento di capitale che consentirà di erogare 20 miliardi di euro in più di finanziamenti all’anno, che si sommano agli attuali 50 per i prossimi tre anni. Questo significa che l’aumento di capitale permetterà di finanziare nuovi progetti per 180 miliardi di euro. Ovviamente l’attivazione di queste risorse richiede imprenditorialità, capacità di innovazione e di progettualità, ma anche partnership, perché queste iniziative impongono una condivisione di rischio e una corresponsabilizzazione. Come dicevo prima, questa nuova impostazione della politica di coesione ha bisogno non solo di nuovi strumenti di ingegneria finanziaria, ma anche di un diverso modello di governance. Più partnership e modalità differenti di finanziamento non significano, comunque, arretramento del pubblico nella definizione degli obiettivi di policy, che rimarranno sempre una prerogativa delle istituzioni comunitarie, nazionali e regionali. Cambiano, piuttosto, le regole con cui le risorse sono allocate per raggiungere gli obiettivi di policy, già, tra l’altro, a livello di stanziamento per singolo Stato membro. Esso dipenderà dai risultati ottenuti e si baserà su meccanismi di premialità valutata in itinere. L’introduzione di meccanismi di premialità, di strumenti revolving e di modelli di partnership richiede il coinvolgimento di professionisti che aiutino il pubblico, ma anche il privato, a far funzio- 0100.forum2_413_0100.forum2_413.qxd 11/07/13 10.09 Pagina 87 pubblico-privato: forme di interazione in evoluzione economia & management 4 - 2013 nare questi meccanismi complessi, per esempio a trovare il giusto equilibrio tra contributo pubblico e capitali privati, il corretto rendimento o a selezionare gli investimenti. Servono professionisti che sappiano coniugare competenze di policy con competenze di management, ovvero che abbiano una conoscenza del pubblico e del privato. Un ruolo, in questo, potrebbe essere giocato dai gestori di impact investing. Il salto che è richiesto al pubblico è molto importante: ovvero passare da erogatore di contributi mediante bandi a soggetto che promuove e struttura progetti sostenibili. Specularmente, anche nel privato vi è bisogno di un importante cambiamento, perché troppo abituato a logiche di tipo assistenziale. Nella precedente programmazione sono state avviate alcune iniziative, abbiamo citato prima Jessica, ma c’è anche Jeremie, che consente di utilizzare fondi strutturali per costituire fondi di venture capital o fondi di garanzia per supportare l’accesso al mercato dei capitali delle PMI, che sono state un primo banco di prova e che in molti casi hanno dimostrato quanto il passaggio a questi nuovi modelli richieda tempi di incubazione lunghi e un importante cambiamento culturale. focus>forum delle iniziative Jessica e Jeremie si è vista anche la nascita di alleanze pubblico-privato per la creazione di soggetti nuovi, come per esempio è accaduto nel caso di Equiter, l’infrastructure fund di Intesa San Paolo, e il Politecnico di Torino nel campo dell’efficienza energetica, che possono sicuramente dare impulsi di innovazione, mettendo a sistema sensibilità diverse e conoscenze tecniche. Servono professionisti che sappiano coniugare competenze di policy e di management, del pubblico e del privato. Potrebbero essere i gestori di impact investing TINAGLI Sicuramente sì. Per esempio, la Commissione ha chiesto a BEI di giocare un ruolo importante per l’attivazione di Jeremie e di Jessica, proprio per la sua natura e per le sue caratteristiche di banca pubblica di sviluppo, che ha sempre operato come snodo tra le politiche pubbliche e i mercati dei capitali. Al nostro interno abbiamo, per esempio, creato una struttura di assistenza tecnica ai soggetti pubblici e privati, chiamata anche a stimolare processi di knowledge sharing. Nell’ambito soggetti nuovi, non solo capaci di creare un ponte, ma anche di generare innovazioni. Antonelli, dalla prospettiva della vostra azienda si intravvedono spazi per giocare un ruolo di ponte tra il pubblico e il privato? ANTONELLI Sicuramente le agenzie per il lavoro, come GiGroup, possono fungere da tramite tra il pubblico e il privato nella gestione di quello che sta succedendo nel mercato del lavoro. Credo che le agenzie per il lavoro private possano essere il veicolo per supportare l’inserimento di persone nei posti giusti e per aiutarle ad avere una formazione adeguata. Credo, inoltre, che esse possano aiutare anche nella definizione di politiche attive per persone che in questo momento hanno difficoltà a rimanere all’interno del loro posto di lavoro. Inoltre, possono essere un tramite sostanziale per aiutare l’incontro tra domanda e offerta e sostenere la produttività. È un elemento su cui la riforma del mercato del lavoro poteva insistere di più. Per giocare un ruolo attivo e determinante serve sempre più integrazione e sistema. Bisogna evitare frammentazione e confusione di ruoli tra i centri pubblici per l’impiego, le agenzie per il lavoro e altri enti che potrebbero muoversi nello stesso perimetro. Qui ri- 87 © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI BRUSONI Provo a interpretare trasversalmente e collegare i commenti che sono stati fatti. Mi sembra che stia emergendo la necessità di un nuovo soggetto, un attore laterale o una terza parte o intermediario culturale, che diventa lo snodo critico per consentire, da un lato, il dialogo fra due parti e, dall’altro, per riconfigurare il loro rapporto. Mi sembra di capire che serva un intermediario sensibile, evoluto, sperimentatore e innovatore che consenta la quadratura del cerchio. BRUSONI È emersa la necessità di individuare 0100.forum2_413_0100.forum2_413.qxd 11/07/13 10.09 Pagina 88 focus>Forum economia & management 4 - 2013 pubblico-privato: forme di interazione in evoluzione torno a quanto detto prima: c’è bisogno di chiarezza nel sistema affinché pubblico e privato collaborino per il bene comune, per supportare lo sviluppo di occupazione e produttività. BRUSONI Sentiamo il punto di vista di Schepers sulla necessità di un terzo soggetto che faccia da ponte tra pubblico e privato. SCHEPERS I don’t think that a third party could prove helpful. On the contrary, it may complicate the alignment and understanding between business and government. The lack of alignment is evident, for example, in the innovation policy, where the EU Commission fails to take an inclusive approach. Lots of innovations that could turn Europe into a competitive economy are ignored due to a narrow technology focus. You can have lot of innovation in traditional companies too, just look at Spanish Inditex group that has innovates the textile industry becoming the world leader, or the Italians SMEs. They are too much ignored in the Commission thinking. The second problem I see is that funds allocation is based on lobbying by Governments and trade associations. It’s not demand driven, it’s lobby driven and it’s fragmented. I’ve to say that I’m very sceptical about Horizon 2020, since it is based on the same assumptions and methodologies of Lisbon 2000, and Lisbon strategy broadly failed. To create innovation, new instruments should be put in place. If the Commission will use the traditional regulatory and funding model, the risk of failure of innovative policy is high. © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI BALBO Vorrei fare un commento sulla necessità o meno di individuare un soggetto che faccia da ponte. Il problema è effettivamente difficile e non riguarda solo come gestire il dialogo e il rapporto economico tra le due parti. Ritorno alla necessità di separare regolatore ed erogatore. Soprattutto in Italia, è difficile per il pubblico, che in molti settori è contemporaneamente erogatore e gestore, fare contratti con i privati, anche per i numerosi vincoli e ostacoli posti dai sindacati. Ma anche per il freno al cambiamento posto dai gestori privati stessi che hanno rendite di posizione o piccoli feudi da difendere. Se invece ci fossero, come li chiamo io, dei “piccoli pezzi di budget pubblico” affidati a soggetti sì pubblici ma non coinvolti sul fronte dell’erogazione, e che quindi non 88 hanno problemi di riconversione del personale e delle loro attività, si potrebbero sperimentare nuove formule e nuovi servizi. Ovviamente si tratta di soggetti intermedi, selezionati sulla base delle competenze, a cui si affidano risorse e determinati obiettivi da raggiungere. VECCHI Sicuramente c’è bisogno di fare buone partnership capaci di generare risultati e portare cambiamenti. Il meccanismo delle partnership in un contesto politico e sociale tradizionale rischia di distruggere valore e generare rendite di posizione a scapito dell’interesse pubblico complessivo. BALBO Ovviamente quando dico “piccoli pezzi di budget pubblico” non faccio riferimento al 10%, ma all’1% o allo 0,5% delle risorse pubbliche complessive, che sono comunque risorse ingenti. Certo, non avrebbe molto senso fare sperimentazioni troppo piccole perché non sarebbero significative. Invece, sarebbe opportuno individuare iniziative con la scala adeguata per generare risultati che possano essere chiaramente valutati, sia da soggetti indipendenti sia dai cittadini. BRUSONI È senz’altro importante in questa prospettiva riuscire ad avviare questi meccanismi di partnership, individuare indicatori e disseminare i risultati e le buone pratiche. Questo è, peraltro, proprio uno degli obiettivi che si sono posti alcuni Alumni Bocconi nell’ambito del Topic dedicato alle collaborazioni pubblico-privato. ANTONELLI Vorrei aggiungere che c’è una dimensione culturale su cui bisogna lavorare. Quando le risorse sono scarse, lavorare su criteri di selettività è fondamentale. Non ci possiamo permettere i tagli lineari. Ma questo significa trovare il coraggio o forse, più ancora, le competenze per individuare le spese utili, che si trasformano in investimenti, e quelle inutili. Poi c’è bisogno di cambiare la cultura imprenditoriale, elemento che è stato ricordato da Tinagli nel suo intervento. Abbiamo bisogno di ritrovare una cultura imprenditoriale che sappia innovare, che sappia rischiare. Purtroppo l’assistenzialismo e talvolta la corruzione hanno viziato il mercato. TINAGLI Sono pienamente d’accordo sulla necessità di un cambiamento culturale. In questa fase 0100.forum2_413_0100.forum2_413.qxd 11/07/13 10.09 Pagina 89 pubblico-privato: forme di interazione in evoluzione economia & management 4 - 2013 quello che mi fa paura è forse la spinta a identificare e talvolta imporre modelli che si sono dimostrati vincenti a certe latitudini e longitudini e che forse non lo sono in altri contesti. Per esempio, si cita spesso il modello nordeuropeo come modello vincente e quindi di riferimento. Ma la dimensione spaziale conta e le condizioni di contesto devono essere attentamente valutate. Basti pensare al rischio paese interiorizzato dai tassi di interesse, giusto per usare un esempio a me familiare. Senza dubbio è importante identificare modelli che funzionano e cercare di capirne le motivazioni, ma bisogna evitare di creare prodotti standard, altrimenti il rischio è di isolare ancor di più le cosiddette realtà “lagging behind”. tiva. Se la sovranità dello Stato nazionale è oggi limitata all’esterno dall’integrazione internazionale, lo è anche all’interno, essendo emersi ovunque livelli di governo subnazionali – le Regioni, i Comuni, le aree metropolitane – che sempre più spesso, dovendo rispondere a contesti locali, non si sentono rappresentati dal livello nazionale, interpretando in modo diverso sul loro territorio gli effetti Bisogna fare comunità per ridurre l’incertezza economica, contenere il rischio sociale, garantire una struttura istituzionale capace di rappresentare l’interesse collettivo fondamentale che le istituzioni, forse anche con lo stimolo degli obiettivi di performance posti da Bruxelles, identifichino modalità per accompagnare le aree più deboli a sperimentare e a individuare propri modelli vincenti. Ovviamente, anche in queste modalità di accompagnamento vi è bisogno di coraggio e innovazione per superare i tradizionali modelli di assistenza tecnica previsti dai fondi strutturali che abbiamo visto funzionare poco. BIANCHI Una prima riflessione derivata dall’ascolto di questa conversazione su pubblico e privato è legata agli stessi concetti di pubblico e di privato (PP). Dalla fine del secolo scorso il mondo nel suo insieme è cambiato, determinando fratture che ci obbligano a ridisegnare le relazioni che strutturano la vita collettiva. La crescita e la stessa economia mondiale hanno visto segni di integrazione tali da obbligarci a parlare di globalizzazione dell’economia, mentre gli Stati hanno visto ridursi in proporzione la loro sovranità effettiva. In passato – un passato che appare lontanissimo – l’ambito di azione dello Stato era prominente rispetto all’ambito di azione delle forze di mercato, tanto che era compito dello Stato regolare, garantire e, se necessario, sanzionare i comportamenti economici. Oggi i mercati sono più estesi degli Stati e la stessa attività di regolazione appare limitata e parziale, come ha dimostrato proprio la grande crisi che sta segnando questa fase della nostra vita collet- della concorrenza internazionale e oggi del prolungarsi della crisi economica. Questi cambiamenti, e in particolare questo dilatarsi della crisi, stanno generando pesanti trasformazioni nel tessuto sociale, frammentandolo in sottogruppi instabili, disperdendone le capacità di rappresentazione collettiva. In una situazione come questa è tanto più necessario fare sistema. Direi piuttosto: bisogna fare comunità. Fare comunità per ridurre l’incertezza economica, contenere il rischio sociale, garantire una struttura istituzionale capace di rappresentare l’interesse collettivo di una società in così rapida trasformazione. In questo senso un’interazione fra pubblico e privato è necessaria, tanto più se torniamo alla specifica definizione in cui il pubblico deve garantire quei beni che per loro natura devono essere accessibili a tutti i membri della comunità, e anzi ne caratterizzano la stessa identità, e per privato intendiamo quella varietà di organizzazioni che producono beni singolarmente appropriabili e quindi definiscono, generando risorse, la stessa dinamica della società. Consideriamo allora innovazione e territorio i principali fattori di questa dinamica sociale, ma vi aggiungiamo anche i diritti e doveri dei cittadini e la capacità di questi di generare risorse per la società stessa. Possiamo così individuare quattro ambiti rilevanti per la nostra ri- 89 © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI VECCHI In questo processo è focus>forum 0100.forum2_413_0100.forum2_413.qxd 11/07/13 10.09 Pagina 90 focus>Forum © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI economia & management 4 - 2013 pubblico-privato: forme di interazione in evoluzione flessione. Il primo ambito, territorio-cittadinanza in cui si sviluppano politiche di welfare, il secondo ambito, cittadinanza-innovazione in cui si sviluppano le politiche educative, il terzo ambito, innovazione-risorse, è quello della ricerca, dello sviluppo produttivo, delle nuove iniziative economiche, e infine il quarto, risorse-territorio, in cui si devono radicare le iniziative sviluppate negli ambiti precedenti in un sistema territoriale che sia però reso accogliente e ricettivo alle politiche di crescita. In questi quattro ambiti la cooperazione pubblico-privato non è solo necessaria, ma diventa il modo in cui si realizza e viene gestita la stessa crescita e, nel lungo periodo, la stessa qualità della vita dei cittadini. Innanzitutto nell’area del welfare la cooperazione tra pubblico e privato si sviluppa generando condizioni di inclusione sociale, per non disperdere l’unità della comunità locale ed evitare un’area di conflitto ai suoi margini. Diviene perciò essenziale promuovere e sviluppare soggetti associativi, volontari, partecipativi e capaci di generare coesione dal basso e garantire resilienza sociale in presenza di choc esterni. Lo abbiamo visto in Emilia nei giorni del terremoto. Il territorio non sarebbe stato in grado di reagire rapidamente in termini sia di emergenza sia di ricostruzione senza l’immenso sforzo dei tanti diversi circoli di “volontariato esperto” che strutturano la realtà locale. Qui, io credo, il primo ambito di cooperazione PP deve essere proprio rivolto a promuovere quel “volontariato esperto” che copre situazioni molto diverse fra loro, dall’assistenza e tutela in situazioni di svantaggio sociale, più o meno gravi, fino a quelle attività culturali che costituiscono in molti casi un collante essenziale delle comunità locali. Nei molti casi di disagio sociale la capacità di promuovere soggetti terzi, né pubblici né privati, ma comunitari, diviene un elemento essenziale per consolidare la società e rendere la comunità locale più densa, più solida, più articolata e complessa. Nella nostra prospettiva, tanto più il disagio è “socializzato” – cioè gestito nell’ambito di organizzazioni sociali – tanto meno il disagio è sanitarizzato, cioè gestito da strutture sanitarie. Questo vuol dire che l’intervento delle strutture ospedaliere può ridursi al minimo necessario, essenzialmente le emergenze e le acuzie, lasciando alla varietà delle strutture sociali, in accordi PP, i bisogni di accoglienza, assistenza, accompagnamento, aiuto a chi si trova in condizioni svantaggiate. Egualmente negli ambiti educativi vi è la possibilità di delineare sistemi integrati PP che nell’insie- 90 me possano plasmarsi su realtà sempre più complesse. Nell’esperienza emiliano-romagnola la via di sistemi educativi integrati è ormai consolidata da vent’anni, in particolare nelle scuole dell’infanzia. Da parte nostra credo che oggi sia particolarmente rilevante l’esperienza di integrazione nelle scuole professionali. La nostra legge n. 5 del giugno 2011 dispone che il primo anno della scuola professionale sia unitario per gli istituti statali e per i centri di formazione privati, per poter delineare i percorsi personalizzati che portino poi a proseguire verso il corso quinquennale di diploma o verso il percorso triennale di qualifica. Anche in questo caso vi è un accordo tra un soggetto pubblico (gli istituti professionali di Stato, cioè dipendenti dal governo nazionale), un soggetto privato (i centri di formazione, generalmente emanati da associazioni imprenditoriali o da enti religiosi, quindi soggetti comunitari) e un pubblico, la Regione che qui gioca il ruolo di regolatore, a testimonianza di una geometria non sempre scontata tra i diversi attori. L’altra azione condotta dalla Regione Emilia-Romagna in campo educativo è la creazione della Rete Politecnica, con gli istituti tecnici superiori, corsi post-diploma, di livello terziario, cioè universitario non accademico, creati come fondazioni di diritto privato, coinvolgenti fin dall’inizio almeno un istituto professionale, un centro professionale, un’università, un’istituzione locale, un’impresa. Le dieci fondazioni create in Emilia-Romagna sono a loro volta associate in una Rete Politecnica che ne gestisce le azioni comuni. Tale azione viene finanziata dalla Regione con fondi europei, dimostrando come i rapporti PP richiedano una progettazione sempre più complessa, così da garantirne la sostenibilità nel tempo. La possibilità di strutturare relazioni PP diviene oggi elemento competitivo tra territori. La case-story di Berluti mi sembra a tal proposito rilevante. Louis Vuitton, la multinazionale leader nel settore dei beni di lusso, decide di entrare nel segmento top delle calzature da uomo. Per questo acquisisce il marchio Berluti, da posizionare sopra i marchi Vuitton e Marc Jacob, già posseduti, ma necessita di un sito per fabbricare prodotti di una così alta gamma e quindi di una così alta qualità manifatturiera. Viene individuata la città di Ferrara, dove in passato diversi calzaturifici artigiani erano falliti. Individuati alcuni maestri artigiani è stata avviata, d’intesa fra Regione e impresa, una scuola di mestiere, per formare i duecento nuovi calzolai che produrranno questi prodotti di alta fascia, mentre con Comune e Provincia 0100.forum2_413_0100.forum2_413.qxd 11/07/13 10.09 Pagina 91 pubblico-privato: forme di interazione in evoluzione economia & management 4 - 2013 veniva siglato un accordo per la costruzione del nuovo impianto, che costituirà l’headquarters dell’impresa, operante a livello globale. La capacità di strutturare e gestire relazioni PP diviene oggi cruciale per risolvere grandi problemi nazionali: per esempio, non si riuscirà a mettere in sicurezza il sistema scolastico nazionale, ricostruendo scuole antisismiche e energy-saving, senza una nuova modalità di relazione PP che coinvolga diversi soggetti, fra loro diversi ma complementari. Bisognerà costituire fondi immobiliari, a cui i Comuni dovranno conferire le scuole da dismettere, in cambio delle nuove scuole sicure. Una tale operazione richiederebbe uno straordinario sforzo progettuale e organizzativo, per realizzare il quale bisogna formare manager capaci e sensibili, essenziali per realizzare accordi effettivamente sostenibili nel tempo. In conclusione, una società complessa, coesa e dinamica genera sviluppo, ma tale società va costruita consolidando relazioni tra tutti i soggetti, pubblici e privati, che strutturano le comunità locali, per la realizzazione delle quali occorrono capacità e competenze attentamente formate. Il ruolo della scuola, delle università, della formazione permanente è cruciale in questa fase di necessario rilancio del nostro paese, e quindi la riflessione qui avanzata è doppiamente rilevante, perché segnala una via per consolidare la nostra comunità nazionale, “serrandone le fila”, ma nel contempo ne evidenzia il bisogno essenziale, strategico, di una scuola per gestire relazioni più avanzate, per ritessere la trama e l’ordito del nostro tessuto sociale. focus>forum e cambiamento, e come forma di risposta alla crisi, e la necessità di supportare lo sviluppo dei possibili modelli di collaborazione attraverso l’individuazione di nuove competenze e di nuove professionalità, anche con la sperimentazione, l’analisi e la disseminazione di casi di successo, su cui sia gli operatori pubblici sia quelli privati possano fare leva. In particolare, lo sviluppo di competenze BRUSONI E VECCHI Questo confronto ha messo in evidenza come le collaborazioni pubblico-privato stiano assumendo un ruolo pivotale nei processi economici e sociali e, soprattutto, che il loro assetto deve essere di volta in volta plasmato in modo da adeguarsi al bisogno cui dare risposta, quindi con modalità molto diverse le une dalle altre. Benché la prospettiva dei nostri interlocutori abbia sviluppato l’analisi del modello di collaborazione o della dimensione a loro più familiare, sembrano emergere alcuni tratti comuni. Tra questi riteniamo particolarmente significativi gli aspetti che identificano le collaborazioni come veicolo di innovazione deve riguardare pubblico e privato. Anzi, proprio percorsi di formazione congiunti e applicati a situazioni concrete potrebbero facilitare il processo di coevoluzione e conoscenza reciproca. La raccolta e lo studio (inclusa la misurazione delle performance) di casi di successo, o comunque di casi in cui la collaborazione, per valutazione di tutti i soggetti coinvolti, ha funzionato e ha generato valore, e la loro successiva disseminazione, è un processo fondamentale per creare evidenze utili all’attrazione di operatori privati e a stimolare i policy maker nella definizione di un ecosistema (regole ma anche cultura) che sia in grado di accogliere e sostenere queste forme di collaborazione. L’avvio della nuova programmazione dei fondi comunitari rappresenta sicuramente un primo banco di prova per sostenere in modo sostanziale forme di collaborazione innovative, non solo come integrazione di risorse finanziarie (pubblico-privato) ma anche e soprattutto come ambito in cui sperimentare modelli evoluti di partnership, specie con riferimento a ricerca e innovazione, mercato del lavoro, educazione, servizi socio-sanitari. È interessate notare come dagli esempi siano emerse differenti “categorie” di pubblico e di privato coinvolte nelle collaborazioni. Nell’ambito pubblico è importante riconoscere il ruolo giocato dai differenti livelli di governo (Unione Europea, 91 © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI Sperimentazione, analisi, disseminazione di casi di successo e percorsi di formazione congiunti possono facilitare la conoscenza reciproca e l’innovazione 0100.forum2_413_0100.forum2_413.qxd 11/07/13 10.09 Pagina 92 focus>Forum economia & management 4 - 2013 pubblico-privato: forme di interazione in evoluzione Stato, Regione, Comune) e soprattutto fare in modo che il flusso (di risorse, potere, informazioni) tra i diversi livelli sia adeguato a sostenere le diverse forme di collaborazione. È indubbio che l’interazione e le partnership con gli operatori privati richiedano chiarezza di regole e ruoli. Se così non è, il privato si allontana dal pubblico e si manifesta un rischio elevato di non capitalizzare le esperienze positive, addirittura di distruggere risorse e disperdere fiducia. Una diversità di ruoli si è vista anche nel settore privato. Gli esempi citati hanno evidenziato l’esistenza di privati “differenti”, ai due estremi: da un lato quello totalmente non profit, come le associazioni espressione della società civile, e dall’altro quello tradizionale for profit. Negli ultimi anni si sta affermando una terza tipologia, l’impresa sociale, che combina generazione di valore sociale e finanziario e proprio grazie a questa minor tensione alla performance finanziaria (che non significa inefficienza) è in grado di sperimentare nuovi modelli e ap- procci alla creazione di valore sociale. È quindi importante riconoscere quale di queste tipologie di privato, in funzione dei diversi ambiti di riferimento, può essere più adeguato a fare sistema con il pubblico per creare valore condiviso, in modo sostenibile, e quale tipologia di “competenza pubblica” è necessario sviluppare perché si instauri un rapporto proficuo che mantenga e valorizzi le diversità. Il Topic sulle collaborazioni pubblico-privato nell’ambito della Bocconi Alumni Association e il neonato Osservatorio sull’Impact Investing realizzato da SDA Bocconi e Fondazione Oltre si propongono di costituire i due ambiti in cui rendere stabile e costruttivo un continuo confronto, l’analisi e discussione di casi concreti da cui apprendere e, se possibile, estendere a un più ampio contesto e uditorio la proposta di modelli di approccio a problematiche ricorrenti ed emergenti nello scenario nazionale e internazionale. π QUESTO FORUM È STATO PROMOSSO DA TOPIC sulle collaborazioni pubblico-privato della Bocconi Alumni Association. I © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI l Topic sulle collaborazioni pubblico-privato della Bocconi Alumni Association si pone l’obiettivo di essere punto di incontro, confronto e riflessione per discutere e mettere a sistema, sulla base delle esperienze concrete più significative e dello “stato dell’arte” della letteratura esistente, modelli di collaborazione che hanno generato valore. Inoltre l’obiettivo è capire come può essere misurato questo valore e quindi riflettere sulle condizioni di scalabilità e replicabilità delle iniziative di successo, con l’idea di cercare di contribuire a spostare in avanti, verso nuovi settori/modalità di cooperazione la “frontiera” della collaborazione pubblico-privato. Riccardo Aimerito co-fondatore e partner di ERA ed ERA Kapital, Topic Leader del gruppo di lavoro (Topic) della Bocconi Alumni Association (BAA) sulle collaborazioni pubblico-privato per la creazione di valore condiviso 92