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MANAGER E AZIONISTI: EVIDENZE EMPIRICHE E PROBLEMI APERTI NELLA PROSPETTIVA DELLA CORPORATE GOVERNANCE sintesi MAURIZIO LA ROCCA Ricercatore di Economia e Gestione delle Imprese, Università della Calabria (Campus di Arcavacata - Cosenza) economia & management 1 | 2005 O biettivo di questo articolo è evidenziare la criticità del ruolo dell’ownership nei processi di governance e di creazione di valore dell’impresa; si tratta, infatti, di uno strumento di grande importanza, in grado di offrire un contributo prezioso nel limitare problemi di opportunismo nelle relazioni d’impresa. Se in passato si cercava di individuare il migliore meccanismo di governance per risolvere problemi di opportunismo, oggi è chiara la necessità di identificare la migliore combinazione dei diversi strumenti di governance. Pertanto, per apprezzare l’influenza della managerial ownership sul valore è necessario valutare il contributo degli altri strumenti di corporate governance alla riduzione di problemi di opportunismo, considerando inoltre il ruolo delle caratteristiche idiosincratiche dell’impresa e del contesto istituzionale. Allo stesso tempo, nelle imprese occorre da subito sperimentare l’applicazione ragionata e congiunta di più strumenti di governance, alla ricerca di un sistema che possa salvaguardare i processi di creazione di valore aziendale. 81 M. La Rocca Introduzione I recenti casi di opportunismo e di frode da parte di manager e imprenditori, sia in Italia sia all’estero, hanno amplificato il dibattito in corso ormai da anni sulla corpo1. “… nel 2002, la maggior parte dei commenti ha interpretato le vicende americane come rate governance. L’epidemia scoppiata negli USA con il caso Enron e diffusasi anche qualche cosa che non ci tocca; anzi, quasi con in Italia con gli eclatanti casi Cirio e Parmalat sono manifestazioni di un sistema masollievo, pensando ai mali altrui, essendone 1 lato, come del resto già evidenziato da Dematté (2002, 2004), e dotato di strumenfuori. Ritenevo allora, e purtroppo trovo ti di governance inadeguati rispetto ai fenomeni di devianza dal corretto funzionaconferma oggi, che quei problemi fossero anche nostri, a dispetto del fatto che molti mento dell’attività aziendale e dei processi di creazione di valore. Per quanto imporconsiderassero il nostro capitalismo (di tipo tante sia l’attuale dibattito sul ruolo di leggi, norme e istituzioni, che agiscono come familiare e bancocentrico) esente da patologie deterrente in grado di scoraggiare comportamenti opportunistici e malversazioni atche sembrano invece proprie di un capitalismo traverso l’imposizione di vincoli e l’inasprimento delle sanzioni, è di certo altrettandi matrice manageriale, ad azionariato diffuso, to rilevante il ruolo degli strumenti gestionali di corporate governance, capaci di sticon largo uso degli strumenti di finanziamento propri dei mercati finanziari” (Dematté 2004). molare internamente lo sviluppo di competenze manageriali e d’innovazione necessarie per competere negli attuali contesti altamente competitivi promuovendo la re2. Per accountability si intende che il manager è non solo ritenuto responsabile del proprio sponsabilità e l’accountability del management.2 comportamento, ma deve anche giustificare Questo articolo si inserisce in tale dibattito focalizzando l’analisi su uno dei princie spiegare azioni e decisioni gestionali pali, e tradizionalmente più osservati, strumenti di corporate governance: la partecie finanziarie. pazione del management al capitale di rischio dell’impresa (managerial ownership). L’obiettivo del presente contributo è evidenziare la criticità del ruolo dell’ownership nei processi di governance e di creazione di valore dell’impresa; si tratta, infatti, di uno strumento di grande importanza e interesse, in grado di offrire un contributo prezioso nel limitare problemi di opportunismo nelle relazioni d’impresa. La partecipazione del Il lavoro si articola nel seguente modo. Dopo aver richiamato i management al capitale concetti di corporate governance gestionale e istituzionale, l’analisi si concentra sulla managerial ownership quale principale stru- di rischio dell’impresa mento di governance interna; si definisce tale costrutto e si eviè uno dei principali strumenti denziano i legami ipotizzati con il valore d’impresa, attraverso contributi sia teorici sia empirici. L’analisi permette di delineare di corporate governance lo stato dell’arte sul tema oggetto d’analisi, identificando le problematiche principali che animano l’attuale dibattito. Proprio le verifiche empiriche su tale relazione hanno prodotto risultati contraddittori, e le controversie e discussioni che ne sono seguite sembrano suggerire sia future direzioni di ricerca sia modalità di progettazione “esecutiva” degli strumenti di corporate governance interna. Managerial ownership e valore nella prospettiva della corporate governance In generale, la corporate governance è un concetto ampio, complesso e problematico, di estrema rilevanza ma di non facile definizione, a ragione delle molteplici dimensioni che ne qualificano il dominio (Zingales 1998; Lazzari 2001; Becht et al. 2002). Adottando una prospettiva manageriale, ossia interna all’impresa, la corporate governance può essere definita come sistema di assegnazione del potere decisionale, progettato per ovviare all’impossibilità di concludere contratti completi tra diversi stakeholder (Zingales 1998; Rajan, Zingales 1998; Zingales 2000; Lazzari 2001); in particolare, si focalizza sulle modalità con cui il management gestisce le risorse aziendali influenzando i processi di creazione di valore. In merito alla corporate governance manageriale, come osservato da Denis (2001), l’efficiente attività di governo dell’impresa viene preservata attraverso quattro principali strumenti: assetto proprietario, sistema di incentivazione manageriale, organi di controllo (principalmente consiglio di amministrazione) e struttura finanziaria. Secondo la prospettiva istituzionale, ossia esterna all’impresa, la corporate governance viene intesa come insieme di regole, istituzioni e procedure concepite per proteggere gli investitori da comportamenti opportunistici da parte di imprenditori e manager, assicurando un adeguato ritorno dal capitale investito nell’impresa (Shlei82 economia & management 1 | 2005 MANAGER E AZIONISTI 3. Le istituzioni, infatti, limitano problemi di opportunismo manageriale, azzardo morale e selezione avversa riducendo i costi transazionali e del capitale e, di conseguenza, favorendo l’efficienza nei processi di creazione e distribuzione di valore (Rajan, Zingales 1998). 4. Oltre a un efficiente sistema di leggi e norme giuridiche è necessario un sistema giudiziario in grado di far rispettare (enforce) le norme previste nell’ordinamento. 5. Holderness et al. (1999), attraverso uno studio sulle differenze nelle caratteristiche degli assetti istituzionali fra 1935 e 1995, hanno osservato come il coinvolgimento del management nella proprietà caratterizzi da lungo tempo i modelli di gestione d’impresa. In particolare, si evidenzia come la percentuale di managerial ownership in America, cioè azioni in possesso dei manager, è maggiore oggi rispetto a sessanta anni fa; infatti, è in media del 21,1% nel 1995, rispetto al 12,9% nel 1935 (in termini di mediana il 14,4% del 1995 contro il 6,5% del 1935). Anche pesando questo dato in base alla diversa dimensione aziendale, la percentuale di managerial ownership è del 5,9% nel 1995 rispetto al 4,9% del 1935. 6. La separazione fra management e proprietà permette di allocare il rischio d’impresa su soggetti capaci di sostenerlo e il potere decisionale su soggetti con competenze tali da saperlo esercitare. 7. La teoria dell’agenzia si prefigge l’obiettivo di ottimizzare i rapporti tra due soggetti (principale e agente) parti di un contratto; il manager (agent), che accetta di operare, dietro corrispettivo, per conto e nell’interesse di un altro soggetto; il proprietario (principal), che delega l’autorità decisionale su determinati compiti e attività al manager. Data la tendenza a massimizzare, non appena possibile, interessi personali anche a danno delle controparti (opportunismo), la teoria dell’agenzia cerca di identificare i sistemi di controllo, incentivazione e condivisione del rischio in grado di massimizzare l’efficienza delle relazioni economiche. 8. In merito al contributo contestualmente offerto dall’ownership e dalle stock option si veda Zhou (2001) e Airoldi e Zattoni (2001). economia & management 1 | 2005 fer, Vishny 1997; La Porta et al. 1997, 1998; Lazzari 2001); si tratta di un insieme di meccanismi istituzionali e di mercato che disciplinano la gestione d’impresa condizionando l’attività del management.3 In altri termini, la corporate governance istituzionale interessa il ruolo di fattori esterni all’impresa, quali il sistema legislativo e di enforcement4 di un paese (La Porta et al. 1998, 1999), il mercato dei capitali (Shleifer, Vishny 1986; Jensen 1993), il mercato del lavoro manageriale (Fama 1980), la competitività nel mercato dei prodotti (Hart 1995) e il ruolo del sistema politico (Rajan, Zingales 2004). Vi sono, peraltro, elementi comuni alla dimensione sia manageriale sia istituzionale di corporate governance quali, per esempio, l’oggetto, sempre riconducibile alle relazioni fra stakeholder aziendali, e l’obiettivo, esplicitato nella promozione di correttezza, trasparenza e responsabilità (accountability) nell’attività d’impresa. La finalità della corporate governance, infatti, risiede nella necessità di proteggere gli stakeholder aziendali da comportamenti opportunistici del management, che potrebbe usare la propria posizione di potere conoscitivo, per esempio, per appropriarsi a titolo individuale di benefici economici non pertinenti, a discapito di singole categorie di stakeholder e della capacità stessa dell’impresa di creare valore nel lungo periodo. Ed è proprio sulle performance di lungo periodo e sulla capacità di creare valore che si sta concentrando l’interesse della business community, con particolare riferimento all’influenza che su tale capacità viene esercitata dal coinvolgimento del management nella proprietà.5 In generale i problemi di corporate governance sono riconducibili al fenomeno della separazione delle funzioni decisionali e di assunzione del rischio6 che si osserva nell’impresa moderna, in cui i benefici derivanti dal contributo di manager professionisti nell’attività gestionale d’impresa si combinano con i costi connessi a problemi di agenzia7 e asimmetria informativa. In altri termini, a causa dei conflitti d’interesse fra i soggetti coinvolti nelle relazioni economiche d’impresa, specialmente in presenza di asimmetrica distribuzione delle informazioni nei mercati finanziari, si potrebbero generare comportamenti opportunistici che alterano l’efficienza nei processi aziendali di creazione di valore. I diversi strumenti tradizionalmente individuati per salvaguardare l’efficiente governo aziendale (Denis 2001) evidenziano benefici e costi con un’intensità diversa a seconda del contesto esterno in cui l’impresa opera e delle sue caratteristiche idiosincratiche. Autorevoli rassegne sul tema sono state, di recente, realizzate attraverso analisi in termini generali (Shleifer, Vishny 1997; Denis 2001), oppure concentrandosi su specifici meccanismi di governance, quali, per esempio, i sistemi di incentivazione manageriale (Holderness 2001), il consiglio di amministrazione e gli auditor (Hermalin, Weisbach 2001), le caratteristiche e il comportamento degli azionisti di maggioranza (Holderness 2001), il contributo in termini di controllo svolto da particolari soggetti, attivi nel verificare il comportamento e le scelte manageriali (Karpoff 1998), la struttura finanziaria (McConnell, Servaes 1995; Venanzi 1999). Per limitare problemi di agenzia e asimmetria informativa, causati dal fenomeno della separazione fra proprietà e management, uno dei primi e principali strumenti di corporate governance, che appartiene alla prima delle quattro sopraesposte categorie evidenziate da Denis (2001), risulta essere proprio la managerial ownership, con cui si cerca di far convergere gli interessi dei soggetti decision-making con quelli dei soggetti risk-bearing (Fama, Jensen 1983). Si tratta di uno dei principali strumenti di ricompensa manageriale, unitamente a bonus e stock option,8 di particolare interesse in quanto in grado di incentivare l’efficiente comportamento dei manager senza causare immediate uscite di cassa per l’impresa (Barney 1991). In altri termini, il consiglio di amministrazione, deputato a controllare l’attività del management, cerca di ridurre il conflitto d’interesse fra management e proprietà attraverso l’attribuzione di quote azionarie al management e la conseguente condivisione del rischio d’impresa. L’analisi del coinvolgimento del management nella proprietà aziendale quale strumento di governance, anche se ha i suoi antecedenti nel contributo seminale di Bearle e Means (1932), viene fatta risalire a Jensen e Meckling (1976), che per primi formalizzarono il rapporto d’agenzia fra manager e azionisti suggerendo la necessità di 83 M. La Rocca sviluppare un sistema d’incentivi e controlli volto a evitare eventuali comportamenti opportunistici.9 I due autori dimostrarono la presenza di rilevanti conflitti d’interesse nella gestione d’impresa da parte di manager in possesso di una partecipazione azionaria inferiore al 100%. Infatti, manager e proprietari, avendo funzioni di utilità diverse da massimizzare, appena possibile, mostrano una naturale tendenza verso comportamenti opportunistici, che riducono il valore complessivo dell’impresa a favore di maggiori benefici per un solo soggetto. Il maggiore livello di partecipazione azionaria dei manager, trasformando i manager in soggetti risk-bearing, evidenzia una relazione di proporzionalità fra percentuale di azioni possedute dai manager, intensità con cui si avvertono problemi ed esigenze dell’impresa e impegno nell’attività di governo. La managerial ownership, pertanto, facendo partecipare i manager al capitale sociale, promuove l’efficienza dell’attività aziendale, incentivando investimenti dei manager in competenze e capacità specifiche agli asset in place dell’impresa, orientandoli verso la creazione di opportunità di crescita e, quindi, di valore economico (Holderness et al. 1999). La managerial ownership, tuttavia, non rappresenta uno strumento risolutivo; la relazione fra corporate governance e valore si presenta complessa. Murphy (1999), Core et al. (2001) e Holderness (2001) al riguardo offrono un’aggiornata e dettagliata rassegna delle evidenze empiriche sul ruolo dei sistemi di incentivazione manageriale con particolare riferimento al ruolo della managerial ownership. In particolare, Core et al. (2001) sottolineano come la partecipazione dei manager al capitale d’impresa quale strumento di incentivazione manageriale sia aumentato di tre volte negli ultimi vent’anni, ma, nonostante le numerose analisi, la sua influenza sulle performance aziendali sia ancora controversa. Il paragrafo che segue approfondisce, attraverso una rassegna della letteratura, l’analisi del legame che interviene fra l’uso della partecipazione del management al capitale dell’impresa e valore. Evidenze empiriche e controversie sulla relazione fra managerial ownership e valore È possibile identificare quattro principali prospettive teoriche, riconducibili ai lavori di Jensen e Meckling (1976), Demsetz (1983), Stulz (1988) e Morck et al. (1988), che sintetizzano i legami ipotizzati fra partecipazione azionaria del management e valore. I molteplici contributi scientifici, infatti, hanno alternativamente mostrato come la suddetta relazione possa: 1. evidenziare un legame positivo fra managerial ownership e valore (effetto convergenza degli interessi);10 2. mostrare assenza di nessi; 3. evidenziare un legame negativo (effetto espropriazione ovvero entrenchment);11 4. assumere la forma di un legame non-monotonico; in particolare, in quest’ultimo caso, si intende una relazione approssimabile a una funzione quadratica oppure cubica, alternativamente positiva e negativa a seconda del diverso grado di partecipazione azionaria. La figura 1, prescindendo dall’ipotesi di assenza di un legame fra le managerial ownership e valore, illustra immediatamente il significato di relazione positiva, negativa e non-monotonica fra le due variabili. Nel loro lavoro seminale, Jensen e Meckling (1976) hanno affermato la presenza di un legame positivo fra managerial ownership e valore, evidenziando come l’impegno del manager nel creare valore aumenti proporzionalmente alla frazione di azioni possedute. Dati i ben noti conflitti d’interesse presenti in via naturale nel rapporto fra proprietà e management e i problemi di free-riding e di controllo sull’attività di gestione, specialmente rilevanti in presenza di un’elevata dispersione delle azioni su una miriade di piccoli azionisti, il conferimento di azioni ai manager ha tipicamente rappresentato uno strumento per ridurre i connessi costi di agenzia e asimmetria informativa. Infatti, l’attribuzione di azioni che trasforma i manager in soggetti risk-bearing, che condividono cioè il rischio d’impresa degli azionisti, giustifica la relazione direttamente proporzionale (monotonica e sempre crescente) fra managerial ownership e valore d’impresa sostenuta dai due autori; in tal modo si allineano gli obiettivi di manager e azionisti, minimizzando i costi di agenzia, migliorando le perfor84 9. Il cambiamento nelle quote di partecipazione azionaria e, quindi, la diversa intensità con cui si avvertono i problemi e le esigenze dell’impresa, influiscono sul grado di efficienza dell’attività di governo e sulle performance dell’impresa (Jensen, Meckling 1976). 10. Per mitigare problemi di agenzia Jensen e Meckling (1976) osservarono la necessità di far condividere al manager il rischio d’impresa, supponendo un legame positivo e crescente fra partecipazione azionaria e valore dell’impresa. La maggiore partecipazione al capitale sociale dell’impresa migliora le performance in quanto permette di allineare gli interessi economici fra manager e azionisti (convergenza degli interessi fra proprietà e management). 11. Manager in possesso di elevate quote azionarie possono, per interessi personali, intraprendere scelte gestionali opportunistiche, espropriando valore a danno di azionisti di minoranza e creditori. I loro comportamenti potrebbero essere orientati verso attività di massimizzazione della quota di mercato, di sviluppo della dimensione aziendale e di leadership tecnologica, riducendo l’attenzione verso un’efficiente allocazione delle risorse e massimizzazione del valore d’impresa, riducendo, quindi, l’attenzione verso gli interessi degli altri stakeholder (Morck et al. 1988). In altri termini, un’elevata concentrazione di azioni nel management fa venire meno il controllo degli azionisti (di maggioranza) sul suo operato e, di conseguenza, aumenta la probabilità che il manager adotti scelte inefficienti e non orientate verso la creazione di valore, per scopi personali e opportunistici. Per una definizione di entrenchment si veda il contributo di Shleifer e Vishny (1989). economia & management 1 | 2005 MANAGER E AZIONISTI Figura 1 Legami ipotizzati fra managerial ownership e valore B. LEGAME NEGATIVO Valore Valore A. LEGAME POSITIVO Managerial ownership Managerial ownership Valore Valore C. LEGAME NON-MONOTONICO Managerial ownership Managerial ownership mance aziendali e contribuendo alla creazione di valore (Jensen, Murphy 1990). Pertanto, secondo il filone di pensiero prevalente fino alla metà degli anni ottanta, la proprietà di pacchetti azionari sarebbe in grado di svolgere un fondamentale ruolo di incentivo nella formulazione di profittevoli strategie aziendali, nel disciplinare e aumentare l’efficienza dell’attività del management e, quindi, nel migliorare i risultati dell’impresa (Milgrom, Roberts 1994). In realtà, però, sono poche le verifiche empiriche (Agrawal, Mandelker 1987; Cho 1998) che riscontrano un legame sempre crescente fra managerial ownership e valore. In contrapposizione, Demsetz (1983) ha sostenuto l’assenza di una relazione fra partecipazione azionaria del manager e valore d’impresa. Demsetz e Lehn (1985) hanno riscontrato empiricamente tale posizione teorica, evidenziando la mancanza di un legame sistematico e diretto fra variazioni nella partecipazione manageriale all’equity e variazioni nelle performance d’impresa. In questo caso, managerial ownership e valore sarebbero due variabili indipendenti non legate da alcun tipo di relazione. Di recente Agrawal e Knoeber Ma, per alcuni autori, (1996), Loderer e Martin (1997), Himmelberg et al. (1999) e He(2001) hanno tratto le stesse conclusioni di Demsetz e l’aumento della partecipazione racleous Lehn, osservando empiricamente un legame debole, statisticamanageriale al capitale sociale mente non significativo e, in generale, difficile da cogliere. un diverso punto di vista, Stulz (1988), come evidenziato da comporterebbe una riduzione Da Fama e Jensen (1983), ha rilevato una relazione negativa, anche se del valore d’impresa… non sempre verificabile, fra partecipazione azionaria del manager e valore. In altri termini, ci sarebbero costi che superano i benefici connessi alla partecipazione manageriale all’equity; se per livelli bassi di managerial ownership il comportamento manageriale viene disciplinato, evitando condotte opportunistiche, dal timore del licenziamento, di una riduzione dello stipendio ecc., nel momento in cui diventa notevole la disponibilità di azioni in suo possesso, aumenta il potere discrezionale del manager e la sua capacità di intraprendere comportamenti orientati verso finalità personali e opportunistiche. Infatti, Stulz ha affermato che un’elevata concentrazione di azioni nelle mani del management comporta l’accentramento del potere decisionale e discrezionale, da cui potrebbero scaturire, a causa di managerial entrenchment, comportamenti opportunistici a danno degli investitori e, di conseguenza, la distruzione di valore per l’impresa. Shleifer e Vishny (1989) hanno definito managerial entrenchment l’insieme di meccanismi di autodifesa e espropriazione che il management mette in atto orientando le strategie di sviluppo aziendali sulla base delle proprie competeneconomia & management 1 | 2005 85 M. La Rocca ze, capacità e interessi, ma non necessariamente a vantaggio dell’impresa. Infatti, il management che dispone di un’elevata quota di azioni ha la possibilità di sottrarsi o respingere qualunque tentativo di scalata ostile, mantenendo il suo posto di lavoro anche in presenza di inefficiente allocazione del controllo; è la possibilità di sottrarsi a tale meccanismo che può condurre a comportamenti opportunistici.12 In questo caso, l’aumento della partecipazione manageriale al capitale sociale comporterebbe una riduzione del valore d’impresa. In altri termini, un elevato livello di managerial ownership, pur allineando gli interessi fra proprietà e manager, crea superiori problemi di espropriazione di ricchezza a danno di azionisti di minoranza e creditori. Anche Jensen e Murphy (1990) hanno riscontrato empiricamente l’esistenza di tale legame. Di conseguenza, se da un lato parte della letteratura (Jensen, Meckling 1976) ha suggerito come la concentrazione azionaria rappresenti un fondamentale meccanismo di incentivo per i manager, che conduce verso una convergenza d’interessi fra proprietà e management favorendo l’efficiente svolgimento dell’attività di governo, dall’altro diverse ricerche (Fama, Jensen 1983; Stulz 1988; Shleifer, Vishny 1989) hanno rilevato il rischio di altri tipi di comportamenti opportunistici in presenza di un’elevata partecipazione manageriale al capitale aziendale.13 Proprio il confronto, emerso in letteratura, fra effetto convergenza di interessi ed effetto espropriazione (entrenchment) legato al grado di partecipazione manageriale al capitale dell’impresa, ha originato un nuovo filone di ricerche. Infatti, l’accostamento fra due opposte ipotesi ha originato la suggestiva possibilità di una relazione non lineare fra managerial ownership e valore. In altri termini, assumendo una naturale tendenza dei manager ad allocare le risorse dell’impresa nel proprio interesse, e non in quello degli azionisti, un aumento della managerial ownership, facendo convergere gli interessi di manager e azionisti, permette di risolvere tali conflitti. Sotto l’effetto convergenza di interessi, il valore dell’impresa aumenta in corrispondenza alla crescita di managerial ownership, rilevando un legame positivo. D’altronde, un significativo livello di partecipazione manageriale al capitale di rischio presenta costi che neutralizzano e superano quest’effetto positivo. Infatti, quando il manager possiede una frazione rilevante di azioni, acquista un’influenza e un controllo notevole su tutta l’impresa, unitamente ad ampi margini di discrezionalità che gli permettono di appropriarsi di benefici superiori rispetto a quelli dovuti, prevaricando gli interessi di azionisti di minoranza e altri stakeholder. In questo secondo caso, data la possibilità che il manager, abusando del suo potere, espropri ricchezza e benefici a suo vantaggio, il valore dell’impresa, danneggiato da un’elevata partecipazione manageriale al capitale, evidenzia un legame negativo con la managerial ownership. Combinando l’effetto convergenza d’interessi e l’effetto espropriazione (entrenchment) è possibile spiegare, per bassi livelli di managerial ownership, un legame positivo fra partecipazione manageriale al capitale e valore, mentre, per elevati livelli di managerial ownership, un legame negativo fra partecipazione manageriale al capitale e valore. In altri termini, la relazione prima crescente e successivamente decrescente fra managerial ownership e valore, che dovrebbe determinare un ipotetico livello ottimale di partecipazione azionaria, bilancia due forze: l’effetto convergenza di interessi e incentivo, preminente in caso di bassa concentrazione manageriale di azioni, e l’effetto espropriazione (entrenchment), predominante per elevati livelli di managerial ownership. Il principale antecedente di questa tesi è il lavoro di Morck et al. (1988) con cui gli autori hanno sostenuto l’esistenza di una relazione non monotonica fra managerial ownership e valore, con un andamento approssimabile a una funzione cubica. In altri termini, Morck et al. hanno mostrato, attraverso un modello induttivo, una relazione crescente fino a un livello di partecipazione manageriale pari al 5%; successivamente, per un livello compreso fra il 5% e il 25%, una relazione decrescente; infine, oltre il 25%, di nuovo crescente. Gli autori suggeriscono che fino a un livello di partecipazione manageriale del 5% e oltre un livello del 25% di managerial ownership è possibile le riscontrare un effetto convergenza di interessi, mentre fra il 5% e il 25% è possibile verificare la prevalenza dell’effetto espropriazione (entrenchment). Anche Hermalin e Weisbach (1991) hanno evidenziato un diverso andamento della relazione “per livelli” differenti di partecipazione azionaria. Ancor di più McConnell e Servaes (1990), combinando l’effetto convergenza di inte86 12. Processi di blindatura del controllo potrebbero comportare diversi problemi (per esempio di capital rationing). Stulz (1988) assume la validità di un takeover model in cui, partendo da un livello basso di concentrazione azionaria, il premio di controllo, che si dovrà pagare per assumere il comando di un’impresa, aumenterà con l’aumentare delle azioni in possesso del management. 13. La perfetta sovrapposizione fra manager e azionista, come si verifica prevalentemente in imprese in fase start-up così come nelle PMI, potrebbe causare problemi di diversa natura (entrenchment). Il manager potrebbe assumere, infatti, comportamenti inefficienti contro i creditori e a sfavore dell’impresa quale entità a sé stante. economia & management 1 | 2005 MANAGER E AZIONISTI ressi offerto dalla partecipazione azionaria dei manager (come evidenziato da Jensen e Meckling 1976) con il concetto di entrenchment (rilevato da Stulz 1988), hanno rilevato una potenziale relazione quadratica fra tali variabili, prima crescente e, oltre un certo livello di managerial ownership, decrescente. Al riguardo, anche Himmelberg et al. (1999) hanno evidenziato, in uno dei diversi modelli testati, come il legame fra partecipazione manageriale e valore possa essere approssimato a una parabola, con un andamento prima crescente e poi decrescente. Le quattro prospettive d’analisi riportate, inerenti il legame fra managerial ownership e valore, hanno evidenziato il ruolo di nuove e rilevanti problematiche conducendo, con l’inizio del nuovo millennio, a un acceso dibattito sul tema. Il prossimo paragrafo, dopo aver sintetizzato i risultati dei principali contributi empirici su tale relazione, spiega quali sono le questioni “calde” che animano le attuali discussioni sull’influenza della managerial ownership sul valore. Managerial ownership e valore: dibattito attuale In estrema sintesi, le numerose ricerche empiriche condotte per falsificare le quattro ipotesi di legame, evidenziando risultati contrastanti, non hanno permesso di dirimere le controversie su tale relazione (Murphy 1999; Denis 2001; Core et al. 2001; Holderness 2001; Demsetz, Villalonga 2001). Come evidenziato nella figura 2, tratta dal lavoro di Demsetz e Villalonga (2001), il legame fra managerial ownership e valore che emerge dalle analisi empiriche è contraddittorio. Demsetz e Villalonga, sintetizzando graficamente i risultati emersi dalle principali analisi empiriche su tale relazione, hanno sottolineato i contrastanti riscontri presenti in letteratura. Figura 2 Evidenza dei controversi riscontri empirici sul legame fra partecipazione manageriale e valore Fonte: Demsetz, Villalonga (2001). Legenda: 1. Loderer & Martin (1997) - 2SLS 2. Loderer & Martin (1997) - OSLS 3. Holderness, Kroszner, & Sheehan (1999) - 1995 sample 4. McConnell & Servaes (1990) 1988 sample 5. McConnell & Servaes (1990) 1976 sample 6. Morck, Shleifer, & Vishny (1988) 7. Cho (1998) 8. Holderness, Kroszner, & Sheehan (1999) - 1935 sample 9. Himmelberg, Hubbard, Palia (1999) - fixed effects, piecewise 10. Himmelberg, Hubbard, Palia (1999) - fixed effects, quadratic 11. Hermalin & Weisbach (1991) 12. Himmelberg, Hubbard, Palia (1999) - IV + industry effects 2 1 2 3 1,5 4 5 6 1 7 8 0,5 0 9 10 11 12 -0,5 0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 Partecipazione azionaria del manager Cho (1998) riscontra una relazione crescente, anche se non perfettamente lineare, fra managerial ownership e valore. McConnell e Servaes (1990), in entrambi i modelli testati, Himmelberg et al. (1999), applicando la tecnica delle variabili strumentali e testando il modello quadratico similmente a studi precedenti, evidenziano una relazione fra managerial ownership e valore approssimabile a una parabola. Holderness economia & management 1 | 2005 87 M. La Rocca et al. (1999), in entrambi i modelli testati, Himmelberg et al. (1999), nel modello piecewise che replica il modello di Morck et al., unitamente a Hermalin e Weisback (1991) e Morck et al. (1988), accertano una relazione alternativamente crescente, poi decrescente e, infine, di nuovo crescente fra managerial ownership e valore, a seconda del livello di partecipazione manageriale al capitale. Infine, Loderer e Martin (1997) riscontrano l’assenza di un legame fra le due variabili. Traendo spunto da tali controversie, Demsetz e Villalonga (2001), così come Himmelberg et al. (1999), conducono un lavoro di ricerca finalizzato all’accertamento dell’esistenza di problemi di reciproca causazione (endogeneity) fra managerial ownership e valore. In particolare Himmelberg et al., dopo aver testato con riscontri simili modelli utilizzati da altri studiosi, hanno corretto e raffinato la tecnica econometrica di analisi per tener conto di un problema rilevante che investe gli studi empirici sul legame fra managerial ownership e valore; in altri termini, è stato introdotto il problema di endogeneity fra le due variabili.14 Per endogeneity si intende la presenza di covariazione anche in assenza di causazione; la covariazione fra managerial ownership e valore sarebbe provocata da una o più ulteriori variabili che agiscono casualmente sia sulla managerial ownership sia sul valore (figura 3). In altri termini, esistono cause comuni alla spalle delle due variabili covarianti; managerial ownership e valore d’impresa covariano a causa della loro relazione con altre variabili ad esse casualmente connesse, non avendo nessun legame causale fra loro: la loro relazione viene definita “spuria” ovvero ingannevole e apparente (Corbetta 1992). Si tratta di un problema rilevante in quanto, in presenza di tale problematica, ogni analisi sul legame fra managerial ownership e valore sarebbe priva di significato e frutto di una correlazione spuria fra variabili.15 Figura 3 Rappresentazione grafica MANAGERIAL OWNERSHIP Variabili firm-specific e variabili inerenti il contesto esterno VALORE Demsetz e Villalonga (2001) e Himmelberg et al. (1999), basando le loro osservazioni sui contributi di Demsetz (1983) e Demsetz e Lehn (1985), non negano l’importanza di problemi di agenzia fra manager e azionisti, ma enfatizzano la rilevanza dell’eterogeneità del contesto contrattuale esterno e delle caratteristiche firm-specific delle imprese quali fattori determinanti, contestualmente, la struttura proprietaria e le performance aziendali. I risultati di precedenti modelli empirici non sembrano robusti di fronte a problemi di endogeneity. Managerial ownership e performance sarebbero indotti da fattori determinanti comuni, quali la rischiosità dell’impresa,16 la volatilità del prezzo del titolo sul mercato, la dimensione aziendale, il peso di attività tangibili e di spese in R&S oppure la disponibilità di cash-flow. A questi fattori bisognerebbe aggiungere il ruolo svolto dall’eterogenea disponibilità di risorse intangibili, quali competenze e capacità gestionali, d’innovazione e relazionali, difficili da osservare e misurare, unitamente al ruolo esercitato da variabili di contesto, ovvero forze esterne riferite al sistema legale e giudiziario oltre che al mercato finanziario, dei prodotti e del lavoro manageriale. Infatti, managerial ownership e performance sono influenzate da forze di mercato che l’impresa deve affrontare; per esempio, la presenza di economie di scala, di stabilità nelle tecnologie e il livello e la qualità della regolamentazione. Demsetz e Villalonga e Himmelberg et al. riportano diverse esemplificazioni per spiegare questo problema di endogeneity. Per esempio, si considerino due imprese con uguali caratteristiche tranne l’elevata rilevanza di intangibles nella prima; dato che le risorse intangibili sono difficili da monitorare e, pertanto, soggette al potere discrezionale del management, gli azionisti di quest’impresa richiederanno un elevato livello di managerial ownership per allineare gli interessi fra manager e proprietà, evitando problemi di opportunismo manageriale. Allo stesso tempo, tale impresa presenterà buone performance, dato che il mercato, apprezzando le risorse intangi88 del problema di endogeneity nella relazione fra managerial ownership e valore 14. In presenza di endogeneity, vantaggi e svantaggi derivanti dal diverso grado di managerial ownership si compenserebbero e, di conseguenza, il bilanciamento di tali effetti ne renderebbe irrilevante l’impatto sulle performance aziendali. Se i vantaggi della public company controbilanciano i costi di agenzia e free-riding, allora non dovrebbe esserci alcuna relazione sistematica fra partecipazione azionaria e valore; se, al contrario, una maggiore concentrazione azionaria presenta vantaggi superiori, allora non si spiega perché in alcuni contesti il modello manageriale continui a essere dominante. 15. L’approccio consolidato con cui si lancia una regressione con un indicatore di performance quale variabile dipendente e indici quali la managerial owership quali variabili indipendenti condurrebbe a coefficienti distorti a causa della presenza di una tale correlazione spuria fra variabili. Sul concetto di correlazione spuria si veda Corbetta (1992). 16. Per es., gli stessi autori osservano come problemi di moral hazard siano più rilevanti in imprese rischiose e, per tale ragione, in queste imprese il livello di managerial ownership sarà elevato, nel tentativo di allineare gli interessi di manager e proprietà. economia & management 1 | 2005 MANAGER E AZIONISTI 17. Solo in caso di turnover manageriali si osservano rilevanti cambiamenti nella managerial ownership, in quanto il nuovo manager parte con una partecipazione al capitale nulla. 18. Il cambiamento nella managerial ownership dal 10% all’11%, o dallo 0,1% allo 0,11% non dovrebbe avere un impatto sulla maggiore capacità del management di contribuire sostanzialmente alla creazione di valore, ovvero modificare l’incentivo manageriale verso un maggior impegno nell’attività d’impresa, con notevoli conseguenze positive sulle performance. Al contrario, si dovrebbe rilevare una notevole differenza nell’impegno del management nella gestione d’impresa, e quindi un’importante influenza sulle performance, osservando la differenza notevole fra una managerial ownership del 10% e dello 0,1%. Figura 4 Rappresentazione grafica del problema di reciproca causazione fra managerial ownership e valore bili, attribuirà agli asset aziendali un valore di mercato superiore a quello contabile (elevato market-to-book ratio). In quest’esempio, il livello di intangibles, non osservabile empiricamente, induce una relazione positiva fra managerial ownership e valore, anche se tale legame è spurio, ovvero non determinato da una reale causazione; sono gli intangibles a determinare un aumento di managerial ownership e, contestualmente, del valore dell’impresa. Pertanto, è difficile identificare l’influenza della managerial ownership sul valore, dato che si tratta di variabili a loro volta determinate da altri fattori esogeni e solo parzialmente osservabili. Non tutta la comunità scientifica è d’accordo nel considerare l’assenza di un legame a causa di endogeneity. Zhou (2001) interviene sulle osservazioni inerenti problemi di endogeneity nella relazione fra managerial ownership e valore e, in particolare, critica le conclusioni cui giungono Himmelberg et al. (1999). Lo studioso osserva che, mentre la managerial ownership è molto diversa fra imprese, non è soggetta a rilevanti modifiche di anno in anno.17 È difficile immaginare che un piccolo cambiamento nella managerial ownership, che interessa tale variabile da un anno al successivo, possa portare a una variazione apprezzabile nel sistema degli incentivi manageriali tale da generare importanti miglioramenti nelle performance. Per esempio, se in due imprese il livello di managerial ownership è pari al 10% per la prima e allo 0,1% nella seconda, una crescita in tale livello del 10% nell’anno successivo comporterebbe un aumento della managerial ownership all’11% nella prima impresa e allo 0,11% nella seconda. Se la partecipazione manageriale al capitale, allineando gli interessi fra manager e proprietà, aumenta l’incentivo del management a ben operare e influenza positivamente le performance aziendali, si attende che tale effetto sia particolarmente rilevante nella prima impresa piuttosto che nella seconda, mentre insignificante dovrebbe essere l’influenza sulle performance determinata dal cambiamento nella managerial ownership da un anno all’altro.18 In altri termini, Zhou ritiene possibile cogliere il legame fra managerial ownership e valore solo attraverso analisi cross-section, ovvero confrontando più imprese, senza bisogno di svolgere analisi su dati panel e serie temporali. Per tale motivo Himmelberg et al. (1999), avendo rimosso l’effetto cross-section dall’analisi, giungono a risultati non corretti. Inoltre, la relazione fra partecipazione manageriale al capitale e valore è anche influenzata da problemi di causazione reciproca (reverse causality), ovvero, come evidenziato nella figura 4, se la managerial ownership influenza le performance aziendali è vera anche la relazione inversa, ovvero le performance aziendali influenzano la managerial ownership (Bhagat, Jefferis 2002). In questo caso viene meno la distinzione fra variabile causa e variabile effetto, ed entrambe si influenzano reciprocamente (Corbetta 1992). Questa situazione viene anche definita di mutua relazione ovvero di simultaneità, nel senso che è vero che la managerial ownership influenza il valore dell’impresa ma, simultaneamente e contestualmente, anche il valore dell’impresa influenza il livello di partecipazione manageriale al capitale azionario. MANAGERIAL OWNERSHIP VALORE Studi teorici ed empirici (per una survey si veda Bhagat, Jefferis 2002) evidenziano la presenza di un rapporto di complementarità fra le due variabili. Managerial ownership e valore sono l’una la causa dell’altra, ovvero, alternativamente, variabili che possono essere sia indipendenti sia dipendenti in una regressione. In altri termini, se una maggiore partecipazione azionaria del manager allinea gli interessi fra manager e azionisti e migliora le performance dell’impresa, è anche vero che saranno i manager a volere maggiori azioni di un’impresa che presenta ottime performance. La presenza di imperfezioni nel mercato consente al management di disporre di informazioni privilegiate sulle potenzialità future dell’impresa, creando, economia & management 1 | 2005 89 M. La Rocca date le ottime performance prospettiche, un incentivo nei manager stessi verso un aumento della loro partecipazione al capitale sociale dell’impresa. Di conseguenza, appare opportuno risolvere simultaneamente due equazioni, in cui il valore è variabile dipendente mentre la managerial ownership è variabile indipendente, e viceversa. Ulteriori soluzioni metodologiche potrebbero derivare dall’applicazione di modelli di equazioni strutturali relativamente più adatti a esaminare le relazioni causali multidirezionali tra variabili (Corbetta 1992). In estrema sintesi, analisi empiriche sull’influenza della managerial ownership sul valore non possono prescindere dalla considerazione di un legame reciproco (managerial ownership ➞ valore e, simultaneamente, valore ➞ managerial ownership) che, altrimenti potrebbe alterare la conoscenza sull’effettiva rilevanza della partecipazione del manager all’azionariato. Inoltre, unitamente alle problematiche sopraesposte, nel tentativo di spiegare la controversa relazione fra managerial ownership e valore bisogna considerare un ulteriore fattore di complessità, determinato dall’intervento di variabili country-specific. La considerevole diversità nella struttura proprietaria di imprese anglosassoni, europee e asiatiche mostrata da La Porta et al. (1999), e già segnalata da Demsetz e Lehn (1985), rileva una relazione fra managerial ownership e valore, così come la sua natura “endogena”, strettamente dipendente da fattori di contesto esterno quali, per esempio, il livello di efficienza del sistema legale e giudiziario, del mercato finanziario, dei prodotti e del lavoro manageriale. Infatti, recenti ricerche (La Porta et al. 1998, 1999) sul tema della corporate governance hanno documentato la presenza di profonde differenze nella concentrazione proprietaria delle imprese, determinate da fattori esterni, facenti riferimento al diverso grado di efficienza del mercato finanziario e alla presenza di un sistema di leggi e regole a tutela degli investitori accompagnato da un coerente sistema giudiziario di enforcement19 a supporto dell’intero sistema. In un confronto fra nazioni, La Porta et al. (1998, 1999) evidenziano come il ruolo ambiguo svolto da alcune istituzioni nel regolare il comportamento delle imprese, salvaguardando l’allocazione del controllo anche se non ottimale, abbia influenzato la configurazione degli assetti proprietari e il livello di partecipazione manageriale al capitale.20 La Porta et al. (1999, 2000) mostrano come l’assetto di governance di un’impresa sia strettamente connesso al grado di protezione che il sistema di leggi, unitamente all’efficienza del sistema giudiziario, assicura agli investitori. Nei paesi in cui la protezione contro comportamenti opportunistici è bassa i titoli dell’impresa si mostrano molto concentrati e i benefici privati del controllo significativi; in questi casi, come emerge empiricamente (La Porta et al. 1999, 2000), risulta fondamentale riuscire ad avere il comando dell’impresa per salvaguardare i propri interessi. Anche se Holderness e Sheehan (1988) rilevano che oggi la managerial ownership in America è superiore rispetto al periodo di Bearle e Means (1932), non si può negare che questa assume valori di gran lunga inferiori rispetto ad altri paesi, quali Germania (Gordon, Schmidt 1996), Italia (Bianco, Casavola 1999), Giappone (Prowse 1992) oppure rispetto a paesi in via di sviluppo (La Porta et al. 1999). La tabella 1, discriminando in base al tipo di legame riscontrato, sintetizza alcuni fra i principali contributi empirici sulla relazione fra partecipazione manageriale al capitale e valore, riferiti ai paesi anglosassoni, all’Europa e a Giappone e Cina. USA e UK Europa Giappone e Cina Legame positivo Agrawal e Mandelker (1987) Gordon e Schmidt (2000) Chen (2001), Gedajlovic e Shapiro (2002), Prowse (1992) Legame negativo Leech e Leahy (1991) Lehmann e Weigand (2000) Legame non-monotonico Morck et al. (1988), McConnell e Servaes (1990), Hermalin e Weisbach (1991), Gedajlovic e Shapiro (1998), Faccio e Lasfer (1999), Short e Keasey (1999), Holderness et al. (1999) Gedajlovic e Shapiro (1998), Lopez-Iturriaga e Rodriguez-Sanz (2001), Pindado e De La Torre (2004) 90 19. Non solo è rilevante il sistema di leggi che caratterizza uno Stato, ma anche il grado di enforcement in esso presente, cioè la capacità di avere giudici e tribunali in grado di sanzionare, con efficacia e tempestività, comportamenti contrari alla norma. 20. Attraverso l’insieme di leggi e norme, unitamente a una struttura di enforcement che vincola al rispetto di tali leggi, si tutelano gli investitori da eventuali comportamenti opportunistici, aumenta la capacità dell’impresa di reperire risorse finanziarie e si restituisce efficienza a tutto un sistema finanziario, favorendo complessivamente l’economia di una nazione. Tabella 1 Riscontri empirici della relazione fra managerial ownership e valore per contesti nazionali economia & management 1 | 2005 MANAGER E AZIONISTI Evidentemente la relazione fra managerial ownership e valore si configura in maniera differente nei diversi contesti in base al ruolo di fattori istituzionali quali il sistema legale e di enforcement, il mercato del lavoro manageriale ecc., che modificano il sistema di protezione degli interessi degli investitori e, quindi, l’efficienza del mercato. Pindado e De La Torre (2004) affermano fortemente che la controversa relazione fra managerial ownership e valore assume una configurazione diversa in base a fattori country-specific; infatti, La relazione fra mentre in paesi anglosassoni appare importante il legame nonfra le due variabili, questo sembra meno rilevante in managerial ownership e valore monotonico Europa, mentre in Giappone e Cina si riscontra prevalentemenassume una configurazione te una relazione sempre positiva. due autori spagnoli osservano come il differente modo in cui si diversa in base a Iconfigura la relazione fra managerial ownership e valore in Spa21 gna, rispetto a Stati Uniti (Holderness et al. 1999) e Regno Unifattori country-specific to (Short, Keasy 1999), possa essere spiegato osservando cinque caratteristiche del sistema di corporate governace nazionale; infatti, sistematiche e strutturali differenze nelle caratteristiche di tale sistema modificano l’intensità, e parzialmente anche la natura, della relazione fra managerial ownership e valore. In Spagna, rispetto ai principali paesi anglosassoni, il livello di concentrazione azionaria è molto più elevato, l’efficacia del controllo del CdA è inferiore, così come inferiore è il livello di sviluppo del sistema finanziario, espresso in termini di liquidità del mercato dei capitali, l’attività del market for corporate control è praticamente inesistente e il sistema legale e di enforcement non offre una valida protezione agli investitori. In merito a tale aspetto, Gluger e Weigand (2003) rilevano empiricamente come fattori di contesto e specificità nazionali siano anche in grado di modificare la natura endogena della relazione fra managerial ownership e valore; infatti, se problemi di endogeneity appaiono importanti in paesi anglosassoni, risultano parzialmente rilevanti in paesi europei come la Germania. Pertanto, come sostenuto da Pindado e De La Torre (2004), Gluger e Weigand (2003) e Bhagat e Jefferis (2002), nel valutare la relazione fra managerial ownership e valore e l’esistenza di problemi di endogeneity bisogna considerare le differenze nei sistemi di corporate governance cross-country. Le considerazioni appena proposte evidenziano un’ultima ma fondamentale osser21. Pindado e De La Torre (2004) osservano come nelle imprese spagnole l’effetto vazione. La complessità del legame fra managerial ownership e valore, oltre a essere espropriazione (entrenchment), e quindi un spiegata dalla non linearità della relazione e dalla presenza di endogeneity e reciproca legame decrescente con le performance, causazione, viene fortemente influenzata dalla presenza di interazioni con altre vapossa essere riscontrato per livelli di riabili di corporate governance. In altri termini, richiamando le osservazioni esplicimanagerial ownership molto più elevati che nei paesi anglosassoni. tamente espresse da Pindado e De La Torre (2004), Gluger e Weigand (2003) e Bhagat e Jefferis (2002), la relazione causale fra managerial ownership e valore d’impre22. Applicando la tecnica econometrica della regressione, l’effetto di moderazione fra variabili sa non è isolata né unidirezionale, ma viene condizionata dall’intervento e dall’inandrebbe misurato attraverso una variabile fluenza di altre variabili di corporate governance che possono svolgere un ruolo di d’interazione determinata moltiplicando i moderazione o di mediazione. Altre variabili di corporate governance potrebbero rivalori delle variabili che interagiscono. velarsi cruciali nello spiegare il legame fra managerial ownership e valore in quanto variabili “intervenienti” nella predetta relazione (effetto di mediazione - figura 5b) oppure variabili che “condizionano” il senso e l’intensità di tale legame (effetto di moderazione - figura 5a); in quest’ultimo caso ci troveremmo di fronte a un fenomeno “d’interazione” fra variabili (Corbetta 1992). La figura 5a rappresenta un complesso fenomeno di “interazione” fra variabili, difficile da trattare in termini di formalizzazione matematica dei nessi causali in quanto si entra nel campo delle relazioni non lineari.22 La relazione fra managerial ownership e valore viene condizionata (moderata) dalla variabile corporate governance. La figura 5b illustra il ruolo di mediazione svolto da altre variabili di corporate governance sul legame fra partecipazione manageriale al capitale e valore d’impresa. Evidenzia la relazione fra managerial ownership e valore, in realtà spiegata grazie a una terza variabile, ovvero un insieme di più variabili inerenti altri strumenti di corporate governance. Tale terza variabile funge da “ponte” ovvero “interviene” (per questo motivo viene chiamata “variabile interveniente”) nella relazione fra managerial economia & management 1 | 2005 91 M. La Rocca ownership e valore. Non si può dire che il legame fra managerial ownership e valore non esista (Demsetz 1983; Demsetz, Lehn 1985), ma il nesso è mediato e si formalizza attraverso una catena causale fra variabili. A. Ruolo di moderazione MANAGERIAL OWNERSHIP VALORE Figura 5 Effetto di moderazione e di mediazione delle altre variabili di corporate governance nella relazione fra managerial ownership e valore Altre variabili di corporate governance B. Ruolo di mediazione MANAGERIAL OWNERSHIP Altre variabili di corporate governance VALORE Pertanto, la relazione fra partecipazione manageriale all’equity e valore potrebbe configurarsi in modo diverso in quanto mediata oppure moderata da altre variabili di governance; nondimeno, la managerial ownership potrebbe, a sua volta, intervenire o interagire nella relazione fra altre variabili di corporate governance e valore. In tal modo potrebbe emergere l’esistenza di un rapporto di sostituibilità oppure di complementarità fra partecipazione manageriale al capitale e altre variabili di corporate governance. La presenza di influenti investitori istituzionali, in grado di limitare comportamenti opportunistici del management, potrebbe rendere superflua l’influenza della managerial ownership sul valore; oppure, lo scarso peso del CdA, incapace di tutelare gli investitori contro comportamenti opportunistici del management, potrebbe far emergere proprio la managerial ownership quale strumento efficace per minimizzare problemi di agenzia e creare valore. In tal caso si rileva un rapporto di sostituibilità fra managerial ownership e altre variabili di corporate governance. Al contrario, si identifica un rapporto di complementarità fra managerial ownership e altre variabili di corporate governance, se per rilevare una relazione fra partecipazione manageriale al capitale e valore, rimuovendo controversie e contraddizioni, bisogna considerare simultaneamente il ruolo di altre variabili di corporate governance come, per esempio, concentrazione proprietaria, composizione del CdA e struttura finanziaria. Pertanto, in conclusione della presente analisi, i risultati controversi delle precedenti verifiche empiriche sulla relazione fra managerial ownership e valore, già evidenziati attraverso la figura 2, possono essere dovuti a una non corretta applicazione delle tecniche econometriche, a problemi di endogeneity e di reciproca causazione, a differenti specificità cross-country, unitamente alla presenza di interazioni e complementarità con altre variabili di corporate governance. Conclusioni La presente analisi ha permesso di trarre interessanti implicazioni. Innanzitutto sembrerebbe necessario per lo studioso aziendalista affrontare empiricamente il tema della relazione fra managerial ownership e valore dopo aver sviluppato conoscenze statistiche avanzate oppure collaborando con un esperto econometrico, in modo tale da poter gestire problemi di endogeneity, reciproca causazione e simultaneità di più relazioni. Come evidenziato da più studiosi nella recente conferenza dell’European Financial Management Association a Basilea, si presenta un problema di interdipendenze fra variabili che rende necessario un opportuno “disegno” degli esperimenti e l’applicazione di raffinati modelli e metodologie d’analisi che consentano di considerare l’intervento e l’influenza reciproca di molteplici variabili, unitamente alla presenza di relazioni non lineari. Numerosi sono i contributi (Pindado, De La Torre 2004; 92 economia & management 1 | 2005 MANAGER E AZIONISTI Gugler, Weigand 2003; Bhagat, Jefferis 2002; Zhou 2001; Demsetz, Villalonga 2001; Himmelberg et al. 1999) che suggeriscono la necessità di analizzare la relazione fra managerial ownership e valore attraverso modelli econometrici più sofisticati; per esempio, attraverso l’applicazione di equazioni strutturali, che in maniera simultanea risolvono due o più equazioni di regressione, oppure attraverso l’uso di opportune variabili strumentali,23 individuando quei fattori che influenzano solo la managerial ownership e non le performance dell’impresa. L’interesse per analisi empiriche su grandi campioni necessita l’applicazione di una 23. L’individuazione di variabili strumentali rappresenta un compito difficile; tecnica econometrica adatta a gestire le problematiche precedentemente evidenziate. infatti, si tratta di identificare una o più Se l’uso di strumenti econometrici sembra fondamentale, allo stesso tempo il ruolo variabili che determinano la managerial dell’aziendalista appare ancor più rilevante. Come evidenziato nel recente convegno ownership ma, allo stesso tempo, non hanno della Strategic Management Society a Puerto Rico, l’aziendalista è in grado di intenessuna influenza sul valore aziendale. grare conoscenze derivanti da più campi, applicando e interpretando molteplici strumenti concettuali. Appare importante confrontare metodologie e risultati statistici con la realtà aziendale attraverso un’opportuna interpretazione delle evidenze empiriche. Analisi su grandi campioni permettono di trarre indicazioni generali, ma non è detto che queste siano indicazioni giuste, ovvero in grado di contribuire alla creazione di valore nell’attività d’impresa; l’eccellenza non si riscontra nella normalità. Di conseguenza appare necessario interpretare i riscontri empirici sul legame fra managerial ownership e valore attraverso conoscenza, principi e modelli di management per trarne implicazioni e suggerimenti da dare ai manager. Inoltre, future ricerche dovrebbero tener conto delle specificità caratterizzanti un contesto nazionale, approfondendo la presenza di relazioni di complementarità oppure sostituibilità fra strumenti di corporate governance. In altri termini, il legame fra managerial ownership e valore si configura in maniera differente nei diversi contesti nazionali, data l’esistenza di caratteristiche strutturali diverse nel sistema di corporate governance cross-country e la presenza di interdipendenze e complementarità fra managerial ownership e altri strumenti di corporate governance. Come già sottolineato da Shleifer e Vishny (1997), se in passato si cercava di individuare il migliore meccanismo di governance per risolvere problemi di opportunismo, oggi è chiara la necessità di identificare la migliore combinazione dei diversi strumenti di governance. Pertanto, per apprezzare l’influenza della managerial ownership sul valore è necessario valutare il contributo degli altri strumenti di corporate governance verso la riduzione di problemi di opportunismo, considerando inoltre il ruolo delle caratteristiche idiosincratiche dell’impresa e del contesto istituzionale. In conclusione, volendo valutare compiutamente la controversa relazione fra managerial ownership e valore sembra necessario considerare: 1. la presenza di un legame non lineare; 2. problemi di endogeneity e reciPer salvaguardare i proca causalità; 3. contemporaneamente il ruolo di mediazione oppure moderazione svolto da altri strumenti di corporate goverprocessi di creazione di valore nance manageriale, come il ruolo di azionisti di maggioranza, di istituzionali, del CdA e di altri organi di controllo, unioccorre sperimentare investitori tamente all’influenza di fattori istituzionali quali il livello di effil’applicazione ragionata e cienza del mercato finanziario e del mercato del lavoro manageil livello di competizione nel mercato dei prodotti, e il grado congiunta di più strumenti riali, di tutela offerto agli investitori dal sistema legale e di enforcement. di governance Il ricercatore deve approfondire la conoscenza sulle interazioni fra managerial ownership, altri strumenti di corporate governance, caratteristiche idiosincratiche delle imprese e il contesto istituzionale di appartenenza; allo stesso tempo, nelle imprese occorre da subito sperimentare l’applicazione ragionata e congiunta di più strumenti di governance, alla ricerca di un sistema di corporate governance che possa salvaguardare i processi di creazione di valore aziendale. www.economiaemanagement.it © RCS Libri SpA. 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