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divergenti vie
della "maniera"
Firenze
Palazzo Strozzi
8 marzo-20 luglio 2014
a cura di
Carlo Falciani, Antonio Natali
Testi
Ludovica Sebregondi
Pontormo e Rosso.
Divergenti vie
della “maniera”
Nati tutt’e due nel 1494 a pochi chilometri di distanza (uno negl’immediati
contorni d’Empoli, l’altro a Firenze) e poi educatisi all’arte nelle stanze
degli stessi maestri fiorentini, il Pontormo e il Rosso sono diventati nella
letteratura critica del Novecento i gemelli della “maniera moderna”; anzi,
del “manierismo”: abusata formula classificatoria che ha molto influito
sull’interpretazione della pittura del Cinquecento e che rivela la sua
ambiguità quando appunto si ragioni segnatamente del Pontormo e del
Rosso. Al cospetto d’una presunta consanguineità, la mostra mette in
risalto la decisa discordanza delle loro vocazioni, e fin dal titolo lo dichiara
senza mezzi termini: Pontormo e Rosso. Divergenti vie della “maniera”.
Divergenti, perché i due – diciassettenni o poco più – pur essendo ancora
nella bottega di Andrea del Sarto, da subito imboccano strade divaricanti.
Nascono dunque dalla stessa costola, ma all’istante assumono sembianze
difformi: gemelli sì, però diversi; oggi si direbbe.
Il comune discepolato viene esibito nella prima sala, dove i loro due
giovanili affreschi dell’Annunziata (1513-1514) si dispongono ai lati di
quello che il Sarto aveva dipinto, nello stesso luogo, nel 1511. Sarà il
Sarto, dunque, a far da iniziale pietra di paragone e a dare la misura
del progressivo allontanamento dei due discepoli. Dopodiché basterà
secondare il percorso cronologico per seguire le personali preferenze
dell’uno e dell’altro: fra loro distanti nella lingua figurativa, nella visione
della fede, nell’interpretazione del dato naturale, nel rapporto con la
tradizione, nell’approccio con le culture forestiere, nella relazione con
l’antico e nella dialettica con l’idioma michelangiolesco. La mostra si
chiude proprio col confronto diretto della loro differente riflessione sul
magistero del Buonarroti. Il Rosso muore a Fontainebleau nel 1540; il
Pontormo a Firenze nel 1557: uno alla corte di Francesco I, re di Francia;
l’altro a quella fiorentina del duca Cosimo I de’ Medici. Tramonta così
un’intera stagione di libertà espressiva e si apre – sancita dalle Vite di
Giorgio Vasari – la fortuna critica di tempi nuovi.
Carlo Falciani e Antonio Natali, curatori
Gli esordi nel
Chiostrino
dell’Annunziata
Appena ventitreenne, Andrea del Sarto aveva iniziato a lavorare al Chiostrino
dei voti della Santissima Annunziata, santuario cittadino per eccellenza e
dunque luogo tra i più frequentati di Firenze, dipingendovi le Storie del
beato Filippo Benizzi (1509-1510) e il Viaggio dei magi (1511). A questa data
il Rosso e il Pontormo, adolescenti, frequentano la bottega di Andrea, poco
più anziano ma già famoso caposcuola, e con lui vanno probabilmente a
Roma. Prendendo avvio dal Viaggio, i due imboccano però strade diverse:
pochi anni dopo, nell’Assunzione del Rosso (1513) e nella Visitazione
del Pontormo (dal 1514), eseguite per lo stesso spazio, si cominciano a
cogliere linguaggi distanti fra loro e alternativi al classicismo che a Firenze,
all’inizio del secolo, aveva visto in Raffaello il massimo esponente. I tre
monumentali affreschi del Chiostrino, crogiolo della “maniera moderna”
fiorentina, aprono la mostra insieme alla tavola di Fra’ Bartolomeo, maestro
alla “scuola” del convento di San Marco e riferimento anche spirituale,
del Rosso. Per il Pontormo, a quella stessa “scuola”, era stato d’esempio
Mariotto Albertinelli.
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Andrea del Sarto
(Andrea d’Agnolo;
Firenze 1486-1530)
Viaggio dei magi
1511
affresco staccato, Firenze, Basilica della
Santissima Annunziata, Chiostrino dei voti,
patrimonio del Fondo Edifici di Culto Ministero dell’Interno
Ultimate le Storie del beato Filippo
Benizzi nel 1510, alla fine del 1511
Andrea del Sarto riprende a lavorare
all’Annunziata. Pur nel persistere di
citazioni desunte dalla tradizione
fiorentina, si fanno strada una libertà
e grandiosità inedite, da collegare al
probabile viaggio di Andrea a Roma –
dove Michelangelo affrescava la Sistina
e Raffaello le Stanze – con il Pontormo
e il Rosso, entrambi all’epoca nella sua
bottega. L’opera d’esordio del Rosso
è da individuare nel giovane in primo
piano avvolto nell’ampio panneggio.
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Rosso Fiorentino
Albertinelli e di Piero di Cosimo
– compie un omaggio alle Stanze
di Raffaello, ammirate a Roma,
citando tra l’altro nella posa del
ragazzino seduto sui gradini la
figura di vecchio nella Scuola
d’Atene. Il Sacrificio di Isacco in
alto è additato da Giuseppe per
prefigurare quello di Gesù, altro
martire innocente.
(Giovan Battista di Jacopo;
Firenze 1494-Fontainebleau
1540)
Assunzione
1513 circa
affresco staccato, Firenze, Basilica
della Santissima Annunziata,
Chiostrino dei voti, patrimonio del
Fondo Edifici di Culto - Ministero
dell’Interno
Fra’ Bartolomeo
Fu il frate servita Jacopo de’ Rossi
a commissionare l’Assunzione,
che doveva chiudere la sequenza
di storie legate alla vita di Maria
nel Chiostrino dei voti, la “scuola”
dell’Annunziata. La suddivisione tra
sfera umana e divina rimanda a Fra’
Bartolomeo, maestro del Rosso,
mentre i panneggi monumentali e il
gesticolare degli apostoli rinviano a
Donatello: una citazione arcaizzante
che crea un solco fra il linguaggio
del Rosso e quello più elegante
e aulico di una Firenze da poco
tornata sotto il dominio dei Medici.
(Bartolomeo di Paolo, DETTO
Baccio della Porta Baccio;
Soffignano, Prato 1473-Pian
del Mugnone, Fiesole 1517)
Madonna col Bambino e sei santi
(Pala Cambi)
1510
olio su tavola
Firenze, Chiesa di San Marco,
patrimonio del Fondo Edifici di Culto Ministero dell’Interno
Nome e antenati del committente
Pietro di Niccolò di Giovanni
Cambi – figura politica di fede
savonaroliana – hanno determinato
la scelta di tre dei santi: Pietro
martire, Nicola e Giovanni Battista.
La tavola fu eseguita quando Fra’
Bartolomeo era figura centrale
della Scuola di San Marco;
l’iscrizione Orate Pro pictore
collega la dimensione artistica
(pictore) a quella religiosa (orate),
ispirandosi alla predicazione di
Savonarola, per il quale l’arte
doveva discendere da una vita
ispirata da Dio.
Pontormo
(Jacopo Carucci; Pontorme,
Empoli 1494-Firenze 1557)
Visitazione
1514-1516
affresco staccato
Firenze, Basilica della Santissima
Annunziata, Chiostrino dei voti,
patrimonio del Fondo Edifici di Culto Ministero dell’Interno
Anche questa lunetta fu
commissionata dal servita Jacopo
de’ Rossi. Il giovane Pontormo
– entrato da due anni nell’orbita
di Andrea del Sarto, dopo aver
lasciato le botteghe di Mariotto
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IN BOTTEGA
CON ANDREA
del SARTO
In dialettica con le opere di Andrea del Sarto, pittore “senza errori” (come lo
definiscono i contemporanei), si dipartono due strade destinate a divergere
completamente di lì a pochi anni e a incarnare i valori delle opposte fazioni
fiorentine che si contenderanno il dominio culturale e politico della città: i
Medici e gli aristocratici antimedicei. Ponendo al centro Andrea del Sarto
con la sua Annunciazione (per la quale il Pontormo e il Rosso dipinsero
la perduta predella), viene indagato l’articolarsi delle prime divergenze di
forma e contenuto fra i due artisti. Il Pontormo – impegnato anche negli
apparati effimeri per le feste volute dai Medici da poco tornati in città – è
già in aperto dialogo con l’eredità di Leonardo e i linguaggi d’oltralpe; il
Rosso, invece, elabora i riferimenti ad Andrea con un’impronta personale
che denota spiccati interessi sperimentali già attenti alla tradizione
quattrocentesca.
Andrea del Sarto
Annunciazione
1512
olio su tavola
Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina
Questa tavola, dipinta da Andrea
in seguito all’ipotizzato soggiorno
romano del 1511, era destinata alla
chiesa del convento agostiniano di
San Gallo, edificio abbattuto in vista
dell’assedio del 1529, essendo posto
all’esterno delle mura cittadine. La
predella, perduta, fu affidata da Andrea
al Pontormo e al Rosso, entrati nella
sua bottega. Il significato teologico
dell’Annunciazione, con Adamo seduto
in basso e i profeti Isaia e Michea sul
terrazzo, deve essere ricercato nei
testi di sant’Agostino.
Pontormo
Sacra conversazione
(Madonna di San Ruffillo)
1514
affresco staccato
Firenze, Convento della Santissima
Annunziata, Cappella di San Luca
La pala fu affrescata nella chiesa di
San Ruffillo, posta presso il vescovado
fiorentino. Quando nel 1823 l’edificio
fu demolito, il dipinto venne staccato
e trasferito nella Cappella “dei pittori”
dell’Annunziata, che già accoglieva
le spoglie dell’artista. I santi Michele
Arcangelo e Alessio (raffigurati con
Lucia e forse Maddalena) erano patroni
di Michele d’Alessio di Papi, rettore di
San Ruffillo e probabile committente
della pala. Il Pontormo guarda insieme
a Fra’ Bartolomeo e Andrea del Sarto.
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Rosso Fiorentino
Madonna col Bambino
e san Giovannino
1514
olio su tavola
Francoforte, Städel Museum
Nella tavola, proveniente dalla
collezione Gerini di Firenze, emergono
i caratteri propri del linguaggio del
Rosso: i colori accesi, la stesura
pittorica irregolare e scabra, i tocchi
di luce, le forme spigolose. I volti
dei bambini hanno stretta affinità
con i coevi angeli dell’Assunta del
Chiostrino e si scorgono richiami
all’Annunciazione di Andrea del
Sarto, alla cui predella il Rosso aveva
collaborato insieme al Pontormo. Il
fiordaliso, i gelsomini e le violette sono
simboli di grazia, purezza e umiltà.
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Bottega di Andrea
del Sarto (con Rosso
e Pontormo?)
Madonna della Cintola
1512-1513
olio su tavola
Rignano sull’Arno, Chiesa di San Michele
a Volognano
Nella suddivisione in due registri
sovrapposti, la pala si ispira alla
Madonna di Foligno cui Raffaello
lavorava intorno al 1511, nel
momento del probabile soggiorno
romano di Andrea del Sarto con
il Pontormo e il Rosso. Ad Andrea
risultano pertinenti la figura della
Vergine e lo schema compositivo
della tavola, mentre l’esecuzione,
soprattutto della metà inferiore, invita
a considerare una collaborazione
fra il Rosso e il Pontormo. È stata
avanzata la congettura che Jacopo
si sia raffigurato nel proprio santo
protettore.
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Pontormo
Due guerrieri con lance
Porta armi con putto
1513
tempera su tela
Firenze, Galleria degli Uffizi
Esecuzione rapida e soggetti “all’antica”
fanno ipotizzare che i due monocromi
fossero destinati ad apparati effimeri,
forse i carri allegorici allestiti in
occasione del carnevale del febbraio del
1513 dalle Compagnie del Diamante e
del Broncone, capitanate da due Medici:
Giuliano (poi duca di Nemours) figlio di
Lorenzo il Magnifico, e Lorenzo (poi duca
d’Urbino) figlio di Piero il Fatuo. Le tele
riflettono ricordi di opere conosciute da
Jacopo durante il probabile soggiorno
romano del 1511.
Pontormo
Sacrificio di Marco Curzio
1513-1515
olio su tavola
Collezione privata
La tavola, come fa supporre la
velocità di esecuzione, è da collegare
ad apparati effimeri, quali i carri
carnevaleschi, cui il Pontormo ha
spesso collaborato. In seguito al
loro ritorno a Firenze i Medici vollero
infatti ripristinare le feste della
tradizione popolare, avversate in
epoca savonaroliana, utilizzandole
come strumenti di controllo dell’ordine
pubblico. Da Tito Livio è tratta la
vicenda di Marco Curzio che, per
salvare Roma, si offre come sacrificio
alle divinità gettandosi in una voragine
che non poteva essere colmata
altrimenti.
Pontormo
Giuseppe venduto a Putifarre
1515
olio su tavola
Londra, The National Gallery, bought with
the aid of The Art Fund (Eugene Cremetti
Fund), 1979
La tavola, insieme ad altre tre del
Pontormo, era inserita nell’arredo ligneo
della camera nuziale commissionata nel
1515 a Baccio d’Agnolo in occasione del
matrimonio di Pierfrancesco Borgherini
e Margherita Acciaioli. I pannelli,
raffiguranti le bibliche Storie di Giuseppe
Ebreo, furono affidati anche ad Andrea
del Sarto, Francesco Granacci e il
Bachiacca. Il Pontormo adotta soluzioni
espressive drammatiche e originali, con
riferimenti alla scultura ellenistica e alle
incisioni nordiche.
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LE DIVERGENTI VIE:
ARIE DISPERATE E
DOLCEZZA DI COLORITO
Intorno al 1517 si delinea una definitiva scelta di campo, ben visibile nelle
opere del Pontormo e del Rosso sia nell’espressione formale che nei
contenuti religiosi e filosofici. La Madonna delle arpie di Andrea del Sarto
(1517), come cardine di questa divergenza, è posta a confronto con la Pala
dello spedalingo del Rosso (1518) e con la Pala Pucci del Pontormo (1518).
Queste opposte vie porteranno il Pontormo a scegliere un linguaggio vario
e aggiornato e a divenire voce preferita dei Medici, lavorando di lì a poco
alla decorazione della villa medicea di Poggio a Caiano, mentre il Rosso
diventerà, con le sue scelte arcaizzanti che esaltano l’illustre tradizione
artistica cittadina, il pittore favorito di quegli aristocratici fiorentini che
manterranno vivi i valori repubblicani opponendosi ai Medici.
Andrea del Sarto
Madonna col Bambino e i santi
Francesco e Giovanni Evangelista
(Madonna delle arpie)
1517
olio su tavola
Firenze, Galleria degli Uffizi
Il soggetto della pala – ultimata nel
1517 per la chiesa del convento di San
Francesco de’ Macci a Firenze – venne
probabilmente suggerito dal teologo
francescano Andrea Sassolini, fervente
seguace di Savonarola. Gli aloni di
fumo che salgono dal basamento e
le locuste ai suoi lati (interpretate da
Vasari come arpie, che hanno dato
il nome all’opera) fanno riferimento
al nono capitolo dell’Apocalisse di
Giovanni, testo assai letto in quella
stagione, turbata dall’incalzare di
predicazioni apocalittiche.
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Pontormo
Sacra conversazione (Pala Pucci)
1518
olio su su tavola
Firenze, Chiesa di San Michele Visdomini
Realizzata per la cappella di Francesco
di Giovanni Pucci in San Michele
Visdomini, è ritenuta da Vasari «la
più bella tavola che mai facesse
questo rarissimo pittore». Al pari
della Madonna delle arpie di Andrea
del Sarto, la pala sottende una
trama legata a quei tempi di tensioni
religiose e di aneliti di rinnovamento.
Anche qui san Francesco ha il ruolo
di protagonista: a lui è affidato il
compito di farsi testimone della “luce”,
conforme a quanto era toccato al
Battista. E la “luce” segna tutta la
composizione.
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Rosso Fiorentino
Madonna col Bambino e quattro
santi (Pala dello spedalingo)
1518
olio su tavola
Firenze, Galleria degli Uffizi
Leonardo Buonafede, spedalingo di
Santa Maria Nuova, per rispettare
il lascito di una vedova catalana
commissionò al Rosso questa pala
d’altare, forse la prima da lui eseguita.
Destinata a una cappella di Ognissanti,
venne però rifiutata dal committente
poiché, secondo Vasari, gli «parvero
(…) tutti quei santi, diavoli». La tavola,
lasciata incompiuta dal Rosso, fu
completata in maniera approssimativa
– come denunciano le mani di
Maria o gli occhi del Bambino, che
sono quattro – forse da Ridolfo del
Ghirlandaio.
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IL PONTORMO NELLA
FIRENZE MEDICEA E LE
PRIME PEREGRINAZIONI
DEL ROSSO
La decorazione del salone della villa di Poggio a Caiano, iniziata dal
1519, è espressione emblematica delle scelte artistiche della famiglia
Medici, soprattutto per il disegno dal naturale. È il Pontormo a diventare
protagonista di questa nuova lingua figurativa, aggiornata e varia, formulata
entro regole classiche e armoniche. Il Rosso invece – per il suo linguaggio
puro e arcaizzante, legato al pensiero savonaroliano, ancora ben vivo fra le
pareti del convento di San Marco, dove il pittore aveva trascorso parte del
suo itinerario formativo – non viene chiamato dai Medici, ed è costretto a
lasciare Firenze intorno alla metà del 1519, per Piombino, Napoli e Volterra,
cercando fortuna lontano dalla città. Nelle tavole volterrane del Rosso si
toccano vertici di astratto arcaismo, difficilmente accettati nella Firenze
degli anni Venti e mai presente nelle opere del Pontormo.
Pontormo
Ritratto di orafo
1518
olio su tavola
Parigi, Musée du Louvre, département des
Peintures, Collection de Louis XIV (acquis
de Jabach en 1671)
Il ritratto, tra i primi del Pontormo
a noi noti, appare condotto sotto la
guida di Andrea del Sarto. Se l’identità
dell’effigiato è discussa, certa invece la
sua attività di orafo, come suggerisce
la padronanza con cui impugna il
bulino tra pollice e indice. Sul tavolo è
appoggiato, in bilico, l’oggetto al quale
sta lavorando: forse un anello in cui
incastonare una pietra, fissato a due
palle di cera, utilizzate per assicurarsi
una superficie cedevole quando l’oro è
sottoposto all’azione del bulino.
Pontormo
San Paolo in carcere
1517-1518
olio su tavola
Collezione privata
San Paolo viene rappresentato, come
suggerisce la finestra con le sbarre, in
seguito alla liberazione dalla prigionia
in Macedonia (Atti 16, 16-40). La tavola
va accostata a un gruppo di dipinti
eseguiti dal Pontormo alla fine del
secondo decennio del Cinquecento,
e ripropone, specchiata, la posizione
del san Giovanni Evangelista della
tavola di Pontorme. Una datazione tra
il 1517 e il 1518 giustifica la cromia
vivace, avvicinabile a quella delle
Storie di Giuseppe Ebreo della Camera
Borgherini.
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Pontormo
Rosso Fiorentino
olio su tavola
Pontorme, Empoli, Chiesa di San Michele
Arcangelo
olio su tavola
Volterra, Museo Diocesano d’Arte Sacra
San Giovanni Evangelista;
San Michele Arcangelo
1519 circa
Vasari informa che Jacopo eseguì per
gli «uomini di Puntormo una tavola,
che fu posta in Sant’Agnolo, lor chiesa
principale, alla capella della Madonna,
nella quale son un S. Michelagnolo et
un San Giovanni Evangelista». L’artista
ricorre, senza nasconderle, a fonti
disparate: guarda a Leonardo per lo
studio delle espressioni, dimostra
interesse per le antichità ellenistiche
nelle teste, nella posa dell’Evangelista
e nel putto-diavolo paffuto, rivelandosi
inoltre attratto dalle novità d’oltralpe.
Madonna col Bambino, san Giovanni
Battista e san Bartolomeo
(Pala di Villamagna)
1521
La pala, firmata e datata nell’angolo
in basso a sinistra, era destinata alla
pieve di Villamagna, non lontana
da Volterra, di cui all’epoca era
canonico Francesco di Bartolomeo
Maffei, probabile membro della
famiglia committente. L’impostazione
tradizionale fu scelta dal Rosso per
esprimere un sentimento religioso
austero, grazie anche al recupero
della scultura donatelliana nell’intenso
rapporto affettivo tra madre e figlio e
nel san Bartolomeo, quasi intagliato
nella pietra.
Pontormo
Adorazione dei magi
(Epifania Benintendi)
1519-1520
olio su tavola
Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina
La tavola era destinata al
“fornimento”, cioè rivestimento ligneo,
dell’anticamera di Giovanni Maria
Benintendi, insieme ai pannelli dipinti
da artisti quali Andrea del Sarto. La
composizione del Pontormo rimanda ai
più noti capolavori fiorentini di questo
frequentato soggetto e ad architetture
della città toscana, ma anche alle
stampe del fiammingo Luca di Leida,
allievo di Dürer. Dalle incisioni nordiche
derivano le vesti rigonfie, il digradare
del paesaggio, la chiarezza della
composizione.
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Rosso Fiorentino
Rosso Fiorentino
olio su tavola
Firenze, Galleria degli Uffizi
olio su tavola
Baltimora, The Walters Art Museum
L’angelo accorda il liuto, intonando
il suono col pizzicare delle corde.
Per la pala cui questo frammento
apparteneva, l’artista, «bonissimo
musico», aveva ripreso la
composizione tradizionale cara al
maestro Fra’ Bartolomeo, con figure
intente a suonare ai piedi della
Vergine. Sulle riflettografie è leggibile
in corsivo «R[u]beus florentini. fe[cit?].
m.d.xxi», ma non è da escludere che
l’iscrizione possa essere stata aggiunta
al momento dello smembramento della
tavola, copiando firma e data della pala
d’altare.
Il Rosso rinnova una composizione
molto diffusa nel Quattrocento
fiorentino, concentrando le figure,
riservando a ogni personaggio
uno spazio ridotto e compresso,
ed eliminando gli elementi non
essenziali, al fine di rimarcare l’impatto
espressivo. L’opera ha subito danni, ma
forse non è stata portata dal pittore a
un livello elevato di rifinitura, tanto da
sembrare uno schizzo a olio, poiché in
ogni figura, e all’interno delle pieghe, è
percepibile il disegno nero sottostante.
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Angiolino musicante
1521
Sacra Famiglia con san Giovannino
1521-1522 circa
«VIVI E NATURALI»
RITRATTI
DEL PONTORMO
Il Pontormo ritrasse non solo numerosi membri della famiglia Medici di cui
– fino all’avvento del Bronzino negli anni quaranta – fu tra i ritrattisti favoriti,
ma anche nobili fiorentini che preferirono il suo approccio, eccentrico e
innovativo, alla tradizione ritrattistica di inizio secolo di Raffaello e Andrea
del Sarto. Attraverso le effigi dipinte dal Pontormo è possibile seguire non
solo lo svolgimento del ritratto, come genere, ma anche le vicende politiche
fiorentine fino alla metà del Cinquecento. Suo connotato distintivo è lo
studio attentissimo dei modelli dal vero, cui deve la straordinaria capacità
di cogliere e trasmettere le identità psicologiche degli effigiati.
Andrea del Sarto
Dama col cestello di fusi
1514-1515
olio su tavola
Firenze, Galleria degli Uffizi
Attribuito a vari artisti, tra cui il
Pontormo, prima di essere assegnato
ad Andrea del Sarto, il ritratto mostra
una donna dal volto “sfiorito”, al punto
d’essere stato ipotizzato fosse defunta.
Congettura che potrebbe essere
confortata dal cestello colmo di fusi
per la filatura, attributo iconografico
legato alla rappresentazione
delle Parche. Il dipinto unisce a
elementi della tradizione toscana la
composizione dei ritratti fiorentini di
Raffaello, ma soprattutto rivela i segni
dell’influenza d’oltralpe.
Pontormo
Ritratto di Cosimo il Vecchio
1518-1519
olio su tavola
Firenze, Galleria degli Uffizi
Cosimo de’ Medici siede su uno
scranno che ne reca il nome. A una
pianta d’alloro, con un ramo tagliato e
uno frondoso, si avvolge un cartiglio
dal motto «uno avulso non deficit
alter» (Eneide, VI, 143), cioè “eliminato
uno non manca chi lo sostituisca”, con
allusione al rinnovarsi della casata.
Il dipinto potrebbe essere stato
commissionato, prima della morte
avvenuta nel 1519, da un discendente
di Cosimo, Lorenzo duca d’Urbino, la
cui impresa araldica era appunto il
“broncone” che rinverdisce.
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Pontormo
Doppio ritratto di amici
1523-1524
olio su tavola e lacche
Venezia, Fondazione Giorgio Cini,
Galleria di Palazzo Cini
Secondo Vasari, il Pontormo
«ritrasse in uno stesso quadro due
suoi amicissimi: l’uno fu il genero di
Becuccio Bichieraio, et un altro, del
quale parimente non so il nome». Il
doppio ritratto è dunque opera tra
le più intime della prima maturità del
pittore e testimonia – data la nota
scontrosità verso quanti non facessero
parte della sua cerchia ristretta di
conoscenze – una assidua familiarità,
come suggerisce anche la lettera che
riporta un passo del De amicitia di
Cicerone (VI, 22).
Pontormo
Ritratto di giovanetto
1525-1526
olio su tavola
Lucca, Museo Nazionale di Palazzo Mansi
Il giovanissimo rampollo di un’ancora
sconosciuta famiglia fiorentina, già
identificato con Alessandro o Giuliano
de’ Medici, viene rappresentato in
abiti ufficiali da parata. Modello è il
Ritratto di Anton Francesco degli Albizzi
di Sebastiano del Piombo, inviato da
Roma a Firenze nel marzo del 1525,
da cui il Pontormo trae ispirazione
per posa, taglio della composizione
e monumentalità impressa alla figura
dall’ampia cappa, con le maniche
gonfie e poi strette al gomito.
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Pontormo
Ritratto di vescovo
(Monsignor Niccolò Ardinghelli?)
1541-1542 circa
olio su tavola
Washington, National Gallery of Art,
Samuel H. Kress Collection
L’effigiato indossa abiti vescovili,
facendo così cadere la proposta che
sia il ritratto di Giovanni della Casa, mai
insignito di questa dignità ecclesiastica.
Potrebbe trattarsi invece di Niccolò
Ardinghelli, membro dell’Accademia
Fiorentina, canonico di Santa Maria del
Fiore, personalità di spicco della corte
pontificia, vescovo di Fossombrone
dal 1541 e in seguito cardinale,
che, secondo Vasari, fu ritratto dal
Pontormo. L’edificio all’interno del
quale è ritratto potrebbe raffigurare la
cattedrale fiorentina.
Pontormo
Ritratto di gentiluomo con libro
1540-1542
olio su tavola
Collezione privata
Il ritratto, uno degli ultimi eseguiti
dal Pontormo, costituisce un tassello
fondamentale per la conoscenza
della sua produzione ritrattistica tarda.
Il personaggio, forse un letterato
dell’Accademia Fiorentina o un membro
della corte medicea, indossa, come
suggerito dal Cortegiano di Baldassar
Castiglione, un abito privo di orpelli e
un cappello di dimensioni ridotte, dai
colori poco vivaci. A queste direttive si
conforma l’artista, che dipinge quasi un
monocromo, ravvivato solo dalle labbra
e dalla camicia.
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«Cere bizzarre»
RITRATTI
DEL rosso
Riferendosi probabilmente agli anni giovanili del Rosso, precedenti alla
partenza del pittore nel 1519 verso Piombino, Napoli e Volterra, Vasari
afferma «per le case de’ cittadini si veggono più quadri e molti ritratti».
Testimonia dunque del favore che l’artista aveva avuto presso le famiglie
aristocratiche devote ai valori repubblicani e savonaroliani – i “cittadini”
fedeli a un preciso ambito culturale, prima che politico –, ma anche la
sua precoce abilità di ritrattista. A oggi nessuno degli effigiati dal Rosso
Fiorentino è stato identificato con sicurezza, e questa anomalia conferma
il suo farsi voce di una fazione politica e religiosa sconfitta dall’avvento dei
Medici dopo il 1530 e destinata all’ostracismo e all’oblio.
Fra’ Bartolomeo
Ritratto di Girolamo Savonarola
1499-1500
olio su tavola
Firenze, Museo di San Marco
Il carattere funerario del taglio di
profilo e l’iscrizione che definisce
Savonarola profeta inviato da Dio,
suggeriscono per il dipinto una data
successiva alla sua morte, ma ancora
vicina al rogo del 23 maggio 1498.
L’«affezzione», testimoniata da Vasari,
che Baccio della Porta – all’epoca non
ancora entrato nell’Ordine domenicano
con il nome di Fra’ Bartolomeo –
nutriva per Savonarola, consente di
ipotizzare che i lineamenti del volto
fossero basati su schizzi tracciati
quando fra’ Girolamo era ancora vivo.
Rosso Fiorentino
Ritratto virile
1512-1513
olio su tavola
Firenze, Galleria degli Uffizi
Già riferito a Domenico Puligo e a
Tommaso Lunetti, il ritratto è stato
attribuito al Rosso da Antonio Natali,
anche per un confronto con la
fisionomia degli apostoli affrescati
ai piedi dell’Assunta nel Chiostrino
dell’Annunziata: un paragone reso
difficile dalla differenza del mezzo
pittorico. L’inedito Ritratto di uomo
con lettera esposto qui a fianco,
con analoghe sembianze asprigne e
scabre, rende ammissibile l’attribuzione
di ambedue i ritratti al Rosso, seppur a
una data leggermente scalata.
30
31
Rosso Fiorentino
Rosso Fiorentino
olio su tavola
Collezione privata
olio su tavola
Londra, The National Gallery, bought
with the generous support of the George
Beaumont Group and a number of gifts in
wills including a legacy from Mrs. Olive
Brazdzionis
Ritratto di uomo con lettera
1514 circa
Il ritratto, inedito, costituisce un
recupero fondamentale della precoce
attività del Rosso. Tipica del pittore
in questa fase è l’esecuzione della
veste damascata, il disegno delle mani
legnose ma non ancora artigliate, il
putto con l’arme che anticipa uno
dei due angiolini della Pala dello
spedalingo. Lo stemma risulta di
incerta identificazione per la mancanza
dei colori, ma parrebbe affine a quello
dell’oscura famiglia fiorentina dei
Trachi.
32
Ritratto di uomo con lettera
1518
Questo ritratto è l’unico tra i pochi
attribuiti al Rosso Fiorentino, che sia
datato: la lettera è infatti intestata al 22
giugno 1518, giorno che doveva avere
per l’effigiato un significato speciale. Il
dipinto fu realizzato alla fine del primo
periodo fiorentino del Rosso, quando –
con Andrea del Sarto ormai in Francia
e Fra’ Bartolomeo da poco scomparso
– gli artisti più giovani della Scuola
dell’Annunziata ebbero maggiori
opportunità di ottenere commissioni
per ritratti.
33
Rosso Fiorentino
Rosso Fiorentino
olio su tavola
Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina
olio su tavola
Liverpool, Walker Art Gallery
L’identità dell’uomo rimane incerta:
era ritenuto il sacerdote fiorentino
Francesco da Castiglione, ma il suo
è un “berretto” non utilizzato da
ecclesiastici, e inoltre si sono notate
somiglianze con il poeta napoletano
Jacopo Sannazzaro. Guardando al
Savonarola di Fra’ Bartolomeo, il Rosso
utilizza il profilo sinistro e il taglio
concentrato, sottolinea la semplicità
dell’abbigliamento, usa una tavolozza
limitata, forse adeguandosi ai rigorosi
valori etici ed estetici cari all’ambiente
dei seguaci del frate.
Unico ritratto firmato del Rosso,
il dipinto è stato ampliato: una
manomissione frequente, perché i
proprietari spesso non apprezzavano
le composizioni con le figure costrette
dai margini. L’uomo regge l’elmo
– di tipologia tedesca, risalente al
1515-1520 e di un genere utilizzato
in battaglia – per la visiera. La firma
RUBEUS FACIEBAT presente sul
bracciolo, senza riferimento al luogo di
nascita, come avveniva spesso quando
lavorava in patria, potrebbe invitare
a datare il ritratto prima della sua
partenza per Roma nel 1524.
Ritratto virile
1521-1522
Ritratto di uomo con elmo
1523-1524 circa
Rosso Fiorentino
Ritratto virile
1522 circa
olio su tavola
Washington, National Gallery of Art,
Samuel H. Kress Collection
La presenza di un anello e l’età
dell’uomo potrebbero indicare che
l’occasione per il ritratto sia stata
offerta da un matrimonio, ma mancano
indicazioni sull’identità del modello del
dipinto, forse appartenuto alla famiglia
Pazzi. La composizione è quella tipica
e concentrata del Rosso, con la parte
superiore del copricapo quasi tagliata
fuori dal margine della tavola, mentre
prototipi per la postura con la mano
sul fianco, insieme ardita e autorevole,
sono i ritratti realizzati da Raffaello a
Roma.
34
35
«Vivacità e prontezza»
nei disegni
DEL pontormo
Del Pontormo, uno dei massimi disegnatori del Cinquecento, ci è pervenuto
un numero considerevole di disegni, che mostrano un’evoluzione dello
stile e rivelano tanto le fonti cui si ispirava, quanto il suo apporto al
disegno fiorentino. Dodici fogli consentono di ripercorrerne la formazione,
illustrando la sua capacità di trasmettere con immediatezza la realtà,
soprattutto all’epoca di Poggio a Caiano e della Certosa: ne è esempio
illuminante il disegno in cui è ritratto un garzone addormentato sui gradini
della bottega. I fogli permettono inoltre di evocare opere non presenti in
mostra poiché non trasportabili (la Deposizione e l’Annunciazione di Santa
Felicita) o perdute (il coro di San Lorenzo richiamato dai disegni delle Anime
che ascendono dal Purgatorio e del Diluvio Universale). Chiarificatore, infine,
il percorso dai disegni all’opera, come accade per lo Studio per il Gesù
Bambino della Pala Pucci, il San Michele di Pontorme e il monaco certosino
della Cena in Emmaus, esposti in mostra.
Pontormo
Studio per il Gesù Bambino
della Pala Pucci
1518
pietra nera su carta bianca
Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe
degli Uffizi
Pontormo
Studio per il San Michele di Pontorme
1519
pietra rossa, pietra rossa acquerellata,
inchiostro, tracce di biacca su carta bianca
Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe
degli Uffizi
Pontormo
Studio di nudo seduto
1519-1520 circa
pietra rossa, pietra rossa acquerellata,
biacca su carta bianca ingiallita
Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe
degli Uffizi
36
37
Pontormo
Pontormo
pietra nera su carta bianca
Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe
degli Uffizi
pietra rossa, pietra nera su carta bianca
ingiallita
Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe
degli Uffizi
Studio di nudo sdraiato
e di nudo seduto
1519-1520
Pontormo
(Studio di nudo (Autoritratto?)
1522-1525
pietra rossa su carta
Londra, The British Museum
Ragazzo che dorme disteso
su un gradone
1525 circa
Pontormo
Studio di nudo per la Deposizione
di Santa Felicita
1525-1526
pietra nera, pietra nera acquerellata,
biacca su carta bianca imbrunita
Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe
degli Uffizi
Pontormo
Ritratto di monaco certosino
per la Cena in Emmaus
1525
pietra rossa su carta bianca
Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe
degli Uffizi
38
39
Pontormo
Pontormo
pietra nera, inchiostro diluito,
quadrettatura a pietra rossa
su carta bianca ingiallita
Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe
degli Uffizi
pietra nera su carta bianca ingiallita
Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe
degli Uffizi
Studio dell’Angelo per
l’Annunciazione di Santa Felicita
1527 circa
Figura maschile nuda per le anime
che ascendono dal Purgatorio
del coro di San Lorenzo
1554-1555 circa
Pontormo
Pontormo
Studio di nudo
1535-1540 circa
Studi di nudo per il Diluvio
Universale del coro di San Lorenzo
1554-1556
pietra rossa su carta bianca
Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe
degli Uffizi
pietra nera, sfumino, stilo, biacca su carta
bianca
Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe
degli Uffizi
40
41
Il Rosso
«fiero e fondato»
nel disegno
Disegnatore sperimentale, il Rosso ci ha lasciato pochi disegni a
testimoniare lo studio della tradizione fiorentina, ma anche la capacità di
usare le stampe come mezzo di diffusione, in Europa, del suo linguaggio
figurativo spregiudicato e anticonformista. Attraverso undici fogli si
percorre l’evoluzione del suo stile dalla Firenze d’inizio secolo alle opere per
la corte di Francia: lavori di periodi differenti della vita, realizzati in contesti
diversissimi. Il Rosso condusse le sue ricerche nel solco di Michelangelo,
aggiungendovi una potente astrazione talvolta nascosta da una fastosa
sapienza decorativa, testimonianza del soggiorno romano. Lo studio
preparatorio per il san Sebastiano della Pala Dei, ultimato poco prima della
partenza per Roma, o i piedi dello Studio di nudo seduto, probabilmente
realizzato dopo la scoperta delle figure dipinte da Michelangelo sulla volta
della Cappella Sistina, non sono più raffigurazioni dal vero, ma il più puro
prodotto del suo intelletto.
Rosso Fiorentino
Madonna col Bambino e santi
1519-1520 circa
pietra nera su carta bianca
Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe
degli Uffizi
Rosso Fiorentino
Studio di nudo femminile
1521-1522 circa
pietra rossa, pietra nera su carta gialletta
Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe
degli Uffizi
43
Rosso Fiorentino
Rosso Fiorentino
pietra rossa su carta bianca ingiallita
Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe
degli Uffizi
pietra rossa, pietra nera su carta bianca
ingiallita
Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe
degli Uffizi
Studio di nudo per il san Sebastiano
della Pala Dei
1522 circa
Vergine annunciata
1524-1525 circa
Rosso Fiorentino
Studio di nudo seduto
1525-1527 circa
pietra rossa su carta
Londra, The British Museum
Rosso Fiorentino
Studio di nudo con drappo
1523-1524 circa
pietra rossa su carta bianca ingiallita
Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe
degli Uffizi
44
45
Rosso Fiorentino
Rosso Fiorentino
pietra rossa su carta giallastra
Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe
degli Uffizi
inchiostro marrone, acquerello grigio,
su carta preparata verde chiaro
Londra, The British Museum
Studio di nudo con braccio alzato
1525-1527 circa
Progetto per un altare
1529
Rosso Fiorentino
Progetto per una parete con la prima
visione del Petrarca della morte di
Laura
1534 circa
Rosso Fiorentino
Studio di nudo per il Cristo della
Deposizione di Sansepolcro
1527
inchiostro marrone, acquerello grigio,
ripassato a guazzo bianco su carta
preparata marrone
Oxford, Christ Church Picture Gallery,
by permission of the Governing Body
of Christ Church
inchiostro marrone su carta
Vienna, Albertina
Rosso Fiorentino
Madonna della Misericordia
1528-1529
pietra rossa, pietra nera e biacca su carta
Parigi, Musée du Louvre, département des
Arts Graphiques
46
47
Verso i tedeschi
o verso la tradizione
fiorentina
IL pontormo e le
stampe di Dürer
Fin dalle tavole dipinte per la Camera Borgherini nel 1515, prossime al
discepolato con Andrea del Sarto, il Pontormo introdusse nella lingua
pittorica fiorentina elementi figurativi provenienti d’oltralpe, conosciuti
attraverso la diffusione delle stampe tedesche, che circolavano anche nella
bottega di Andrea. Quelle forme, eccentriche e stravaganti rispetto alla
tradizione locale, presero il sopravvento negli affreschi del Pontormo nel
Chiostro grande alla Certosa del Galluzzo, che vennero aspramente criticati
da Vasari perché ormai distanti dalle aspirazioni espressive della corte di
Cosimo de’ Medici, che lui condivideva al tempo della stesura delle Vite. Nei
capolavori del Pontormo del terzo decennio sono infatti riconoscibili non
solo singole citazioni, ma il tentativo di esprimersi in un linguaggio nuovo,
attraverso la comprensione della tecnica e grazie a più ampie riprese dai
cicli a carattere narrativo di Dürer: la Piccola e la Grande Passione.
Pontormo
Madonna col Bambino
e san Giovannino
1523-1525
olio su tavola
Firenze, Galleria Corsini
Ritenuto il «quadro di Nostra Donna
col Figliuolo in collo e con alcuni
putti intorno, la quale è oggi in casa
d’Alessandro Neroni» di cui scrive
Vasari, è invece probabilmente da
identificare con «una Madonna,
ma diversa dalla sopradetta e
d’altra maniera». La tavola illustra
esemplarmente lo stile del Pontormo
fra il 1523 e il 1525, già influenzato
dalle stampe di Dürer, nel paesaggio e
nei fiabeschi edifici turriti.
49
Pontormo
Cena in Emmaus
1525
olio su tela
Firenze, Galleria degli Uffizi
Pontormo
Cristo crocifisso con la Madonna,
san Giovanni Evangelista,
san Giuliano e sant’Agostino
(Tabernacolo di Boldrone)
1525-1526 circa
Il dipinto, insieme ad altri, fu
commissionato al Pontormo da
Leonardo Buonafede per la Certosa
del Galluzzo presso Firenze. L’artista si
ispira per la composizione all’incisione
di analogo soggetto della Piccola
Passione di Dürer ma vi aggiunge
un inedito naturalismo nei ritratti
dei monaci alle spalle di Cristo.
Sono conservati numerosi studi
per le figure dei certosini: in quello
anziano a sinistra è da riconoscere il
committente.
affresco staccato
Firenze, Accademia delle Arti del Disegno
50
51
L’affresco fu staccato nel 1955 dal
tabernacolo presso il convento
camaldolese di San Giovanni
Evangelista, detto di Boldrone,
posto alle porte di Firenze, per
essere restaurato ed esposto l’anno
successivo alla mostra di Palazzo
Strozzi dedicata al Pontormo. Vasari
sottolinea che le figure «non essendo
ancora sfogato quel capriccio
[infatuazione] e piacendogli la maniera
tedesca, non sono gran fatto dissimili
da quelle che fece alla Certosa».
Verso i tedeschi
o verso la tradizione
fiorentina
IL rosso e la
firenze repubblicana
Negli anni venti del Cinquecento il Rosso, che non lavorò per i Medici,
dipinge alcune pale d’altare per le famiglie aristocratiche che guardano
alla tradizione culturale della città come affermazione della loro antica
appartenenza alla Repubblica fiorentina. Il Rosso e il Pontormo portano
dunque avanti vie sperimentali ma figurativamente quasi alternative fra
loro, capaci di animare e influenzare il dibattito artistico a Firenze negli anni
della diffusione delle idee protestanti, a testimonianza anche della libertà
d’approccio, in città, ai temi sacri. Il Tabernacolo di Boldrone e la Cena
in Emmaus del Pontormo sono messi a confronto con lo Sposalizio della
Vergine (eseguito per il savonaroliano Carlo Ginori), in cui il Rosso introduce
varianti iconografiche importanti come la gioventù di san Giuseppe, e crea
un effetto di horror vacui sottolineato anche da Vasari: «Era anco tanto
ricco d’invenzioni che non gl’avanzava mai niente di campo nelle tavole».
Rosso Fiorentino
Sposalizio della Vergine (Pala Ginori)
1523
olio su tavola
Firenze, Basilica di San Lorenzo
Firmata e datata sul gradino, la pala,
restaurata in occasione della mostra,
è documentata anche da scritture
del committente, Carlo di Leonardo
Ginori, accomunato al Rosso da ideali
savonaroliani e repubblicani, qui
svelati dall’architettura, che ricorda i
portali del Cronaca, o dalla presenza
del domenicano san Vincenzo Ferrer
che suppliva a quella – proibita – di
Savonarola. Fulcro della pala è il san
Giuseppe inusualmente giovane, a
indicare che la castità è scelta e non
conseguenza dell’età senile.
Bottega del Rosso
Fiorentino
Mosè difende le figlie di Jetro
1523 circa
olio su tela
Firenze, Galleria degli Uffizi
Vasari ricorda un quadro del Rosso
«d’alcuni ignudi bellissimi in una storia
di Mosè, quando ammazza l’Egizzio».
Commissionato dal fiorentino Giovanni
Bandini e poi inviato in Francia in
dono a Francesco I è oggi perduto,
ma questa tela sembra essere replica
eseguita da un collaboratore del Rosso
per mantenerne memoria. In primo
piano Mosè abbatte i pastori Madianiti
in una scena intrisa di cultura antica
e di riferimenti michelangioleschi,
mentre le figlie di Jetro sono relegate
sul fondo.
53
Il Pontormo
nella cappella Capponi
e il Rosso a Roma
Della Cappella Capponi, organismo unitario portato a compimento tra 1525
e ’28, che si è scelto di non alterare, sono visibili in mostra la Madonna col
Bambino dipinta dal Pontormo al centro del paliotto d’altare e la vetrata
di Guillaume de Marcillat, entrambi rimossi già da lungo tempo. Alla fine
del 1523, o inizio del ’24, il Rosso si trasferì invece a Roma, forse nella
speranza, al pari di altri fiorentini, di trovare spazio nei grandi cantieri
aperti da un papa Medici, Clemente VII. L’unica allogagione che ottenne
fu la decorazione della cappella Cesi in Santa Maria della Pace (rimasta
incompiuta per dissapori con la committenza): decorazione che nello
svolgimento del tema sacro anticipa di poco proprio quello della cappella
Capponi. Il soggiorno romano rimase fondamentale per il Rosso, che, di
fronte alle novità della scuola di Raffaello e alla scultura classica, iniziò
un mutamento dello stile che lo porterà a creare un linguaggio pittorico
raffinato e di sottile eleganza formale, capace di conquistare – di lì a pochi
anni – la corte di Francesco I di Francia.
Pontormo
Madonna col Bambino
1527-1528 circa
olio su tavola
Firenze, Palazzo Capponi alle Rovinate
Parte centrale, rimaneggiata, del
paliotto d’altare dipinto dal Pontormo
per la cappella di Santa Felicita,
acquistata da Lodovico Capponi nel
maggio 1525. La decorazione pittorica
fu affidata al Pontormo, che vi lavorò
per tre anni insieme al Bronzino,
protetti alla vista da una chiusura di
assiti. La cappella trova una chiave di
lettura negli scritti di sant’Agostino
dedicati all’Eucarestia e culmina nella
tavola con il Corpo di Cristo morto
calato sull’altare, più nota come
Deposizione.
Guillaume de
Marcillat
(Le Châtre Berry 1468?-Arezzo 1529)
Deposizione dalla croce e sepoltura
di Cristo
1526
vetro istoriato e piombo
Firenze, Palazzo Capponi alle Rovinate
La vetrata, eseguita ad Arezzo da
fra’ Guillaume de Marcillat, giunse a
Firenze nel 1526 per essere inserita
nella finestra della cappella di
Lodovico Capponi in Santa Felicita,
dove il Pontormo stava realizzando
la decorazione pittorica, di cui
costituisce parte integrante. È stato
suggerito che il dotto frate-pittore
vetraio, domenicano passato all’ordine
agostiniano, possa essere stato
coinvolto nell’elaborazione della
complessa iconologia della cappella.
55
Rosso Fiorentino
Rosso Fiorentino
olio su tavola
Braunschweig, Herzog Anton UlrichMuseum, Kunstmuseum des Landes
Niedersachsen
olio su tavola
Londra, The National Gallery, Wynn Ellis
bequest
Morte di Cleopatra
1525-1527
Unico dipinto profano a noi noto
realizzato prima del trasferimento del
Rosso in Francia, la tavola è anche
esempio del suo incontro con l’Antico.
La composizione si rifà infatti sia alle
testimonianze letterarie sulla morte
di Cleopatra, sia alla celebre statua
ellenistica dell’Arianna addormentata,
all’epoca ritenuta rappresentare la
regina d’Egitto. La scultura, entrata
nelle collezioni papali nel 1512 e
collocata al Belvedere, fu vista
probabilmente dal Rosso durante il
soggiorno romano.
Rosso Fiorentino
Ritratto di giovane
1524-1526 circa
olio su tavola
Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte
Il ritratto, che risale al periodo romano
del Rosso, risente dell’influsso del
Parmigianino: i due, dalla personalità
affine, si sono influenzati a vicenda
dopo l’incontro nella Roma di Clemente
VII. La brillante e colta compagnia degli
artisti clementini era ricercata dagli
ambienti più elevati, alla cui vita sociale
prendevano parte. La tavola potrebbe
essere stata eseguita nel corso di
un soggiorno estivo a Cerveteri, di
cui riferisce Cellini, presso un conte
dell’Anguillara.
56
Ritratto di cavaliere di San Giovanni
1524 circa
Il ritratto, di leggibilità offuscata, fu
forse eseguito nel corso del soggiorno
romano del Rosso, come suggerisce
sia l’influsso dalla ritrattistica di
Sebastiano del Piombo che il legame
con le figure dipinte dal fiorentino per
la cappella Cesi: le accomuna l’audacia
nella conduzione pittorica, l’aspirazione
a una misura monumentale e la volontà
di tener desta la tradizione fiorentina.
Rimane ancora incerta l’identità del
cavaliere gerosolimitano.
Gian Giacomo
Caraglio
(Verona 1505 circa-Cracovia 1565)
dal Rosso Fiorentino
Fatiche di Ercole: Ercole e Archelao;
Ercole e Caco; Ercole e Cerbero;
Ercole e i Centauri; Ercole e l’Idra;
Ercole e Nesso
1524
incisione a bulino
Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli
Uffizi
Verso la fine del 1524 il Rosso a Roma
disegnò, perché fossero tradotte in
incisione, queste sei Fatiche di Ercole.
L’artista ha intuito precocemente la
potenzialità della grafica come forma e
mezzo di comunicazione, e aveva infatti
preparato il terreno per il proprio
trasferimento a Roma inviando disegni
quali prove della propria capacità.
57
Gian Giacomo
Caraglio
Gian Giacomo
Caraglio
Furia
1524
Saturno e Filira; Plutone e Proserpina
1527
dal Rosso Fiorentino
dal Rosso Fiorentino
incisione a bulino
Londra, The British Museum
incisione a bulino
Vienna, Albertina
L’inquietante figura, disegnata dal
Rosso e stampata a Roma da Caraglio
nel 1524, risente al di là di suggestioni
da Baccio Bandinelli, dell’immaginario
di incisioni anche più antiche. La
possibilità di far circolare le proprie
invenzioni fu di grande importanza per
il Rosso perché il mezzo rispondeva
alle sue esigenze espressive e di
promozione. L’educazione letteraria lo
aveva infatti preparato ad affrontare
le difficoltà, ma anche le opportunità,
di una forma d’arte ancora piuttosto
nuova.
Le due incisioni fanno parte della
serie dedicata agli Amori degli dei, i
cui disegni – eseguiti su commissione
dello stampatore Baviero de’ Carocci,
detto il Baviera, dal Rosso e da Perin
del Vaga – furono poi intagliati da
Caraglio. Le incisioni, descritte da
Vasari come raffigurazioni di «quando
gli dei si trasformano per conseguire
i fini dei loro amori», ebbero grande
successo: lo confermano le numerose
repliche ristampate sino al XVIII secolo.
Cherubino Alberti
Gian Giacomo
Caraglio
dal Rosso Fiorentino
Dei nelle nicchie
1526
incisioni a bulino
Firenze, Biblioteca Marucelliana
Lo sforzo, anche intellettuale, richiesto
dai disegni destinati a essere tradotti
in incisione, ha impegnato a fondo
il Rosso, che è l’artista italiano cui
si devono il maggior numero di
disegni per stampe della prima metà
del Cinquecento. Il mezzo gli era
congeniale perché offriva un duplice
vantaggio: la possibilità di vivere,
anche agiatamente, grazie al proprio
lavoro intellettuale, e l’opportunità
di far circolare le proprie idee
compositive presso un vasto pubblico,
anche all’estero.
58
(Borgo San Sepolcro 1553Roma 1615)
dal Rosso Fiorentino
Progetto per un altare
1575 (da un disegno del 1529)
incisione a bulino
Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli
Uffizi
Secondo Vasari il Rosso fu architetto
«eccellentissimo e straordinario». In
Francia – nominato da Francesco I
soprintendente alle regie fabbriche
– curò anche gli apparati celebrativi
approntati, insieme a Primaticcio, per
l’ingresso trionfale dell’imperatore
Carlo V a Parigi nel 1540. L’incisione
attesta la familiarità del Rosso con
l’architettura di Roma antica e con
quella effimera, con cui si era già
cimentato collaborando agli apparati
viari per l’ingresso trionfale di Leone X
a Firenze nel 1515.
59
Il rosso e il Pontormo
fra il Sacco di Roma
e l’assedio di Firenze
Fra il 1527, anno del Sacco di Roma, e il ’30, quando la Firenze repubblicana,
al termine dell’assedio posto dalle truppe imperiali, deve cedere ai Medici,
l’Italia è attraversata da rivolgimenti e guerre che porteranno a mutamenti
irreversibili anche nel campo delle arti. Il Pontormo a Firenze e il Rosso
– personalmente coinvolto nel Sacco del ’27 e poi in peregrinazione fra
Arezzo, Borgo San Sepolcro e Città di Castello – rispondono in modo
differente alla drammaticità dei tempi. Due dipinti emblematici della
distanza che ormai separa i due artisti - la Deposizione del Rosso per Borgo
San Sepolcro e la Visitazione del Pontormo per Carmignano - sono qui poste
a confronto: il pathos al culmine, espressione del dolore universale di una,
e l’atmosfera misteriosa e sospesa dell’altra.
Rosso Fiorentino
Deposizione dalla croce
1527-1528
olio su tavola
Sansepolcro, Chiesa di San Lorenzo
La tavola fu commissionata al Rosso
dalla Compagnia di Santa Croce per
intervento del vescovo Leonardo
Tornabuoni. Il tema della morte di
Cristo, che accompagna tutta la
vita dell’artista, è qui sviluppato in
una composizione affollata, il cui
tono «tenebroso» ricorda l’eclisse
seguita alla Crocifissione. Vi sono vari
riferimenti figurativi alla tradizione
fiorentina e alla scultura antica, mentre
il sorprendente volto ferino del soldato
con la lancia rappresenta, forse, gli
uomini che non riconoscono Cristo e
prendono fattezze bestiali.
Rosso Fiorentino
Madonna col Bambino,
san Giuliano e donatore
1527-1530 circa
olio su tavola
Collezione privata
L’impostazione della tavola è arcaica
sia per la presenza del committente
presentato da san Giuliano alla Madonna
e al Bambino, sia per la gerarchia
dimensionale delle figure. Trattandosi
forse di una commissione provinciale,
la datazione deve essere ristretta al
periodo in cui il Rosso fuggì da Roma a
Sansepolcro, prima della sua partenza
per la Francia nel 1530. Le pieghe
del panneggio, formate da volute, e i
capelli di Giuliano trattati come filamenti
metallici, trovano riferimenti nella
Deposizione di Sansepolcro.
61
Pontormo
Pontormo
olio su tavola
Carmignano, Pieve di San Michele
Arcangelo
olio su tavola
Firenze, Galleria degli Uffizi
Visitazione
1528-1529 circa
Il restauro eseguito in occasione
della mostra ha restituito leggibilità
alla tavola, mostrando particolari
inediti come l’asino che appare
presso il palazzo, la figura affacciata
a una finestra e il cielo limpido fra gli
edifici. Le due donne dietro Maria ed
Elisabetta sono loro alter ego, ma prive
dell’aureola. La più giovane ripropone,
invertiti, i colori degli abiti della Vergine,
mentre la più anziana sembra essere la
stessa Elisabetta, mostrata di fronte.
Pontormo
I diecimila martiri
1529-1530
olio su tavola
Firenze, Pitti, Galleria Palatina
Realizzata per le «donne dello Spedale
degli Innocenti» al tempo dell’assedio
posto a Firenze dalle truppe imperiali,
la tavola narra dei novemila soldati
romani guidati da sant’Acacio e
convertitisi al cristianesimo. Anche
mille combattenti inviati contro di
loro abbracciano la nuova fede, e
tutti i diecimila vengono martirizzati.
La vicenda trovava riferimenti
nell’attualità: non solo nelle epidemie
pestilenziali, ma anche nella risolutezza
dei fiorentini, pronti a morire pur di non
rinunciare alla libertà.
62
Madonna col Bambino
e san Giovannino
1529-1530 circa
La Madonna fu eseguita probabilmente
nel corso della turbolenta epoca
dell’assedio, le cui drammatiche
circostanze possono offrire una
motivazione allo stato di incompiutezza
di parte del dipinto. Elementi stilistici
e compositivi sono desunti dal
Michelangelo del Tondo Doni, con
riferimenti anche a Donatello, per il
gruppo serrato che pare quasi rilievo
scultoreo tradotto in pittura. La luce
diffusa fa emergere potentemente la
figura dal fondo scuro e non ultimato.
Pontormo
San Girolamo penitente
1529-1530 circa
olio su tavola
Hannover, Niedersächsisches
Landesmuseum Hannover
Il dipinto, incompiuto, viene assegnato
al 1529-1530, insieme alla Madonna
col Bambino, per l’affinità di entrambi
con I diecimila martiri che il Vasari
inserisce tra le opere del periodo
dell’assedio. Il restauro e le indagini
scientifiche hanno portato nuovi
elementi alla conoscenza del processo
creativo del Pontormo che – con il
metodo della quadrettatura – ha tratto
un cartone dal disegno definitivo, per
poi inciderne i contorni con una punta
metallica sulla sottile preparazione
della tavola.
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Le corti: il Rosso
A Fontainebleau
E il Pontormo NELLA
Firenze MEDICEA
Dopo il 1530 i Medici tornano a governare Firenze, prima con Alessandro
e poi, dal 1537, con Cosimo I. Il Pontormo è ancora artista di riferimento
della famiglia, per la quale decora le ville di Castello e Careggi, rinunciando
poi a ogni altro lavoro per dedicare le sue energie all’impresa dei perduti
affreschi del coro di San Lorenzo. Il Rosso invece non torna più a Firenze,
rifugiandosi, assieme ad altri fuoriusciti ideologicamente a lui vicini, presso
Francesco I di Francia, dove riesce a esaudire la propria aspirazione
di diventare artista di corte apprezzato e ben remunerato, lontano da
ogni austerità savonaroliana. Entrambi partecipano della nuova lingua
figurativa vigente, il primo abbracciando, seppur in modo critico, lo stile
michelangiolesco, il secondo cercando invece un linguaggio sempre più
complesso ed elegante. Gli arazzi disegnati dal Pontormo per Cosimo I e quelli
eseguiti sugli affreschi del Rosso di Fontainebleau illustrano l’affacciarsi dei
due artisti alla stagione dell’Europa delle corti.
Rosso Fiorentino
Pietà
1538-1540 circa
olio su tela trasportata da tavola
Parigi, Musée du Louvre, département
des Peintures
Il gesto drammatico e teatrale della
Vergine – ella stessa croce vivente,
raffigurata nel momento del distacco
dal figlio – segna il dipinto che il Rosso
ha eseguito per il connestabile Anne
de Montmorency. L’illustre personaggio
della corte di Francesco I, la cui
impresa araldica appare sui cuscini,
commissionò al Rosso il dipinto per il
suo castello di Écouen, ma all’artista,
architetto «eccellentissimo», fu
forse richiesta anche l’ideazione
architettonica della cappella cui l’opera
era destinata.
Rosso Fiorentino
Bacco, Venere e Amore
1535-1539 circa
olio su tela
Lussemburgo, Musée National d’Histoire
et d’Art
La tela fu eseguita per la testata
del lato Est della Grande Galerie di
Fontainebleau, luogo in cui erano
illustrate vicende esemplari in cui
la lussuria e le passioni carnali
conducevano chi ne era vittima a
comportamenti efferati. Questo dipinto,
raffigurando Venere dedita ai piaceri
del corpo assieme a Bacco, costituiva il
cardine tematico della parete. Il Rosso
in Francia alterna registri differenti, e
qui abbandona la durezza austera della
lingua pittorica destinata alle opere
sacre, quali la Pietà.
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Claude Badouin (documentato
tra il 1540 e il 1547);
Rosso Fiorentino, cartone;
Arazzeria di Fontainebleau,
tessitura in alto liccio
Battaglia fra Centauri e Lapiti
1539-1544 (disegno e cartoni);
1540-1547 (tessitura)
trama: lana, seta, oro e argento
Vienna, Kunsthistorisches Museum,
Kunstkammer
L’arazzo è parte di una serie di sei, le
cui scene riproducono gli affreschi
e gli stucchi eseguiti dal Rosso della
parete sud della Grande Galerie al
castello di Fontainebleau.
Pontormo disegno per
il cartone della scena,
modificato e/o concluso dal
Bronzino (AGNOLO DI COSIMO,
MONTICELLI, FIRENZE 1503-FIRENZE
1572) e/o Raffaellino del
Colle (Colle, Sansepolcro
1494/1497-Sansepolcro 1566);
Bronzino e bottega, disegno
per il cartone della bordura;
Jan Rost (BRUXELLES, NOTIZIE
DAL 1536-FIRENZE 1564)
tessitura in basso liccio
Il lamento di Giacobbe
1545-1546 (disegno e cartoni);
1547-1553 (tessitura)
trama: lana, seta, argento e argento dorato;
ordito: lana
Pontormo
Venere e Amore
1533 circa
olio su tavola
Firenze, Galleria dell’Accademia
Secondo Vasari il mercante
fiorentino Bartolomeo Bettini – di
fede repubblicana – commissionò
a Michelangelo il «cartone d’una
Venere ignuda con un Cupido che
la bacia, per farla fare di pittura al
Pontormo e metterla in mezzo a una
sua camera, nelle lunette della quale
al Bronzino aveva richiesto le figure
di Dante, Petrarca e Boccaccio». La
tavola diventa, sempre secondo Vasari,
emblema dell’opera perfetta, che al
disegno assoluto di Michelangelo
unisce la cromia mutevole del
Pontormo.
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Pontormo disegno e cartone
della scena; Bronzino e bottega,
disegno per il cartone della
bordura; Jan Rost
tessitura in basso liccio
Giuseppe e la moglie di Putifarre
1545-1546 (disegno e cartoni);
1546-1547 (tessitura)
trama: lana, seta, argento e argento dorato;
ordito: lana
Roma, Segretariato Generale della
Presidenza della Repubblica,
Palazzo del Quirinale
Cosimo I, desiderando eguagliare nello
splendore le corti europee, ordinò che si
facessero «panni d’arazzo di seta e d’oro
per la Sala del Consiglio de’ Dugento» in
Palazzo Vecchio, con le storie bibliche
di Giuseppe. Fece dunque venire dalle
Fiandre due maestri arazzieri, Nicola
Karcher e Jan Rost, fondando l’arazzeria
medicea (1545). Tre arazzi furono
tessuti su disegno del Pontormo, uno su
quello di Francesco Salviati e sedici del
Bronzino.
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Le Vite di Vasari:
vincitori e vinti
Intorno alle Vite di Giorgio Vasari si muove, ancora oggi, l’interpretazione
delle arti fiorentine del Cinquecento. La prima edizione, stampata da
Lorenzo Torrentino nel 1550, è aperta alla biografia del Rosso Fiorentino;
la seconda, edita da Giunti nel 1568 – in cui ciascuna biografia è preceduta
dall’incisione del ritratto dell’artista – è aperta a quella del Pontormo.
Soprattutto con la seconda edizione Giorgio Vasari celebra la concezione
delle arti della Firenze di Cosimo I de’ Medici, esaltando una fiorentinità
letteraria e figurativa: acclama il successo del Rosso, capace di portare
oltralpe la lingua fiorentina, e critica il Pontormo per la sua distanza dal
linguaggio michelangiolesco celebrato nelle pagine delle Vite. Vincitori e
vinti nelle parole di Vasari.
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Testi
Ludovica Sebregondi
Coordinamento editoriale
Ludovica Sebregondi
Manuela Bersotti
Progetto grafico
RovaiWeber design
La pubblicazione riunisce
i testi esplicativi della mostra
Pontormo e Rosso Fiorentino
Divergenti vie della “maniera”
Firenze, Palazzo Strozzi
8 marzo-20 luglio 2014
a cura di
Carlo Falciani, Antonio Natali
Promossa e organizzata da
Fondazione Palazzo Strozzi
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Soprintendenza PSAE e per
il Polo Museale della città di Firenze
con
Comune di Firenze
Provincia di Firenze
Camera di Commercio di Firenze
Associazione Partners Palazzo Strozzi
e
Regione Toscana
Con il contributo di
Ente Cassa di Risparmio di Firenze
Sotto l’Alto Patronato del Presidente
della Repubblica Italiana
Con il patrocinio di
Ministero per i Beni
e le Attività Culturali
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Fondazione Palazzo Strozzi
Piazza Strozzi, 50123 Firenze
www.palazzostrozzi.org