implementazione del metodo di Hartree-Fock

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implementazione del metodo di Hartree-Fock
Facoltà di Scienze e Tecnologie
Laurea Triennale in Fisica
Struttura elettronica di atomi
a molti elettroni:
implementazione del metodo
di Hartree-Fock
Relatore: Prof. Nicola Manini
Correlatore: Prof. Giovanni Onida
Correlatore: Dott. Guido Fratesi
Pietro Torta
Matricola n◦ 814287
A.A. 2014/2015
Codice PACS: 31.15.-p
Struttura elettronica di atomi
a molti elettroni:
implementazione del metodo
di Hartree-Fock
Pietro Torta
Dipartimento di Fisica, Università degli Studi di Milano,
Via Celoria 16, 20133 Milano, Italia
21 Aprile 2016
Sommario
Il presente lavoro di tesi riguarda lo studio dello stato fondamentale di
atomi e ioni, nell’ambito della teoria di Hartree-Fock. Nella prima parte
dell’elaborato descriviamo e motiviamo il metodo di Hartree-Fock da un
punto di vista teorico. Formuliamo le equazioni di Hartree-Fock in approssimazione di simmetria sferica, tenendo in considerazione esplicita la dipendenza del potenziale dallo spin degli elettroni. Sviluppiamo un programma
per risolvere numericamente le equazioni radiali così ottenute. L’algoritmo
utilizzato si basa su un procedimento iterativo autoconsistente. Confrontiamo i risultati ottenuti per varie quantità di interesse fisico con i valori
noti sperimentalmente.
Relatore: Prof. Nicola Manini
Correlatore: Prof. Giovanni Onida
Correlatore: Dott. Guido Fratesi
3
Indice
1 Atomi a molti elettroni
1.1 Approssimazione di particelle indipendenti . . . . . . .
1.2 Il metodo di Hartree-Fock . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3 Soluzione delle equazioni di Hartree-Fock . . . . . . . .
1.4 Approssimazione di simmetria sferica e atomi a subshell
.
.
.
.
5
5
7
12
14
.
.
.
.
19
19
21
22
24
3 Risultati
3.1 Parametri utilizzati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.2 Presentazione dei risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
27
27
28
4 Conclusioni
39
Riferimenti bibliografici
41
2 L’algoritmo computazionale
2.1 Formualzione del problema . . . . . . . . . . . .
2.2 La mesh radiale . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.3 Valutazione degli integrali e del termine cinetico
2.4 Soluzione numerica delle equazioni . . . . . . .
4
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. . . .
chiuse
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1
Atomi a molti elettroni
1.1
Approssimazione di particelle indipendenti
La meccanica quantistica consente di risolvere in maniera esatta solo alcuni problemi idealizzati. In fisica atomica è possibile determinare analiticamente lo spettro di autovalori e autofunzioni degli atomi a un elettrone. Per atomi o ioni a
più elettroni non esistono soluzioni esatte dell’equazione agli autovalori. Risulta
quindi di grande interesse lo sviluppo di metodi di approssimazione con opportune ipotesi semplificative: il problema viene poi risolto nella maggior parte dei
casi con metodi numerici.
Indichiamo con Z il numero di protoni e con N il numero di elettroni di un
atomo. Descriviamo il nucleo come una particella puntiforme e ne trascuriamo
l’energia cinetica. Fissando come di consueto un sistema di riferimento con origine
coincidente con il nucleo, l’atomo è descritto dall’Hamiltoniana non relativistica
N N
X
p2i
Ze2
1 X X e2
Ĥ =
−
+
,
2me
ri
2 i=1 j6=i rij
i=1
(1)
2
qe
.
dove ri è la posizione dell’elettrone i, ri = |ri |, rij = |ri −rj | e si è posto e2 = 4π
0
Il primo termine dell’Hamiltoniana (1) è dato dalla somma di N operatori
di energia ad un corpo
2
pi
Ze2
ĥi =
−
,
(2)
2me
ri
dove ĥi descrive l’elettrone i immerso nel potenziale coulombiano del nucleo. Il
secondo termine è invece una somma di N (N − 1) operatori a due corpi
e2
,
rij
(3)
che descrivono la mutua repulsione tra ciascuna coppia di elettroni. Questo
secondo termine rende l’Hamiltoniana (1) non separabile.
L’equazione agli autovalori di nostro interesse è data da
"
N X
−~2 ∇2r
i
i=1
2me
2
−
Ze
ri
#
N X 2
X
e
1
+
Ψ (q1 , q2 , . . . , qn )
2 i=1 j6=i rij
= E Ψ (q1 , q2 , . . . , qn ) , (4)
dove si indica con qi l’insieme della coordinata spaziale ri e della coordinata
(discreta) di spin σi dell’elettrone i.
5
Siamo in particolare interessati a calcolare l’energia e l’autofunzione dello stato
fondamentale dell’atomo.
Avendo ovviamente escluso un approccio analitico alla soluzione dell’Eq. (4),
si potrebbe pensare di risolverla con metodi numerici. Un’ipotetica soluzione descriverebbe il moto correlato del sistema di N elettroni interagenti. In realtà la
quantità di informazione contenuta in una funzione d’onda entangled di N elettroni cresce esponenzialmente con N e pertanto una soluzione numerica diretta
dell’Eq. (4) diventa ben presto impossibile aumentando N . Risulta quindi necessario introdurre un modello approssimato. La maggior parte di tali modelli
si basa sull’approssimazione di particelle indipendenti. In tale schema si descrive
ciascun elettrone con un’opportuna Hamiltoniana ad un corpo
Ĥef f =
p2i
+ Vef f (ri ) ,
2me
(5)
dove Vef f (ri ) è il potenziale efficace che tiene conto dell’interazione tra l’elettrone
considerato e il nucleo e della media delle interazioni repulsive con gli altri (N − 1)
elettroni. L’idea generale è di partire da N autofunzioni di singolo elettrone e di
costruire una funzione d’onda approssimata dello stato fondamentale dell’atomo.
Nel caso più semplice di particelle distinguibili, tale funzione d’onda si ottiene dal prodotto di N autofunzioni di singola particella. Indicando con uα1 (q1 ),
uα2 (q2 ),. . . , uαN (qN ) 1 le N autofunzioni dell’Hamiltoniana (5), si avrebbe cioè la
funzione d’onda approssimata dello stato fondamentale
1
Ψα1 ,α2 ,...,αN (q1 , q2 , . . . , qN ) = √ uα1 (q1 )uα2 (q2 ) . . . uαN (qN )
N
(6)
Le funzioni d’onda di questo tipo sono una base dello spazio di Hilbert del sistema
di N particelle distinguibili. Nel caso di particelle identiche, come gli elettroni, la
funzione d’onda del sistema deve soddisfare la corretta simmetria sotto permutazione delle particelle. Come noto gli elettroni sono fermioni con spin 21 , quindi
una funzione d’onda descrivente il sistema di N elettroni deve essere completamente antisimmetrica rispetto allo scambio di ogni coppia di elettroni. Si mostra
facilmente che tale funzione d’onda si può scrivere come determinante di Slater,
cioè
uα1 (q1 ) uα1 (q2 ) · · · uα1 (qN ) uα (q1 ) uα (q2 ) · · · uα (qN ) 2
2
2
Ψα1 ,α2 ,...,αN (q1 , q2 , . . . , qN ) = .
(7)
.
.
.
.
..
..
..
..
u (q ) u (q ) · · · u (q )
αN 1
αN 2
αN N
1
αi è un insieme completo di numeri quantici del singolo elettrone.
6
Il determinante è nullo quando due righe sono uguali, il che implica il principio
di esclusione di Pauli. In analogia con il caso di particelle distinguibili, si può
dimostrare che l’insieme dei determinanti di Slater (7) è una base dello spazio di
Hilbert di un sistema di N fermioni identici.
Naturalmente il successo di questo metodo dipende dalla scelta delle N autofunzioni con cui si costruisce il determinante di Slater di Eq. (7) e conseguentemente dalla scelta del potenziale efficace Vef f (ri ). In quest’ottica presentiamo
il metodo di Hartree-Fock.
1.2
Il metodo di Hartree-Fock
Il metodo di Hartree-Fock permette di risolvere il seguente problema: qual è il
singolo determinante di Slater di Eq. (7) che meglio approssima lo stato fondamentale di un atomo a N elettroni?2 Questo metodo rientra nella categoria più
ampia dei metodi variazionali e la sua risoluzione si basa su un processo iterativo autoconsistente. L’idea alla base del metodo variazionale è che, detta E0
l’energia esatta (non nota) dello stato fondamentale di un’Hamiltoniana Ĥ, per
un generico stato |ψi vale la disuguaglianza
E0 ≤ Evar [ψ] = hψ|Ĥ|ψi .
(8)
In genere si considera un opportuno insieme di stati e tra questi si determina
lo stato |ψi che minimizza il valor medio hψ|Ĥ|ψi: tra gli stati di tale insieme
|ψi è la migliore approssimazione dello stato fondamentale incognito. Nel caso
dell’Hamiltoniana di Eq. (1) e dei determinante di Slater di Eq. (7), il problema
variazionale è di minimizzare il funzionale
Evar [Ψ] = Evar [uα1 , uα2 , . . . , uαN ]
(9)
rispetto a variazioni arbitrarie delle N funzioni d’onda (o spin-orbitali) di singolo
elettrone uαi . Si tratta di un problema di minimizzazione vincolato, poichè richiediamo che, sotto tali variazioni, le funzioni d’onda uαi rimangano mutuamente
ortonormali, cioè
Z
huαi |uαj i =
u∗αi (q)uαj (q)dq = δij .
(10)
R
Con il simbolo dq intendiamo l’integrazione sulle coordinate spaziali e la somma
sulla coordinata (discreta) di spin. Si può dimostrare che se vale la (10), allora è
2
In realtà il metodo di HF, con opportune modifiche, permette di determinare un’espressione
approssimata anche di alcuni stati eccitati. Inoltre è in buona misura applicabile allo studio
di configurazioni elettroniche di sistemi più complessi, come molecole o solidi. In questa tesi ci
concentriamo sullo stato fondamentale di un atomo (o ione atomico) a N elettroni.
7
soddisfatta automaticamente la condizione di normalizzazione del determinante
di Slater hΨ|Ψi = 1.
Innanzitutto vogliamo calcolare in forma esplicita l’energia variazionale (9).
A tal fine conviene riscrivere l’Hamiltoniana (1) come
Ĥ = Ĥ1 + Ĥ2 ,
(11)
con gli operatori Ĥ1 e Ĥ2 definiti rispettivamente come la somma degli operatori
a un corpo di Eq. (2) e degli operatori a due corpi Eq. (3):
Ĥ1 =
N
X
ĥi
(12)
i=1
N
Ĥ2 =
1 X X e2
2 i=1 j6=i rij
(13)
Dalla Eq. (11) segue immediatamente che l’energia variazionale si può scrivere
come la somma di due contributi:
Evar [Ψ] = hΨ|Ĥ1 |Ψi + hΨ|Ĥ2 |Ψi
(14)
Si possono dimostrare i seguenti risultati [1]
hΨ|Ĥ1 |Ψi =
hΨ|Ĥ2 |Ψi =
N
X
huαi (q)|ĥ|uαi (q)i
i=1
N X
N X
1
2
(15)
e2
|uα (q)uαj (q 0 )i
|r − r0 | i
0
|uαj (q)uαi (q )i .
huαi (q)uαj (q 0 )|
i=1 j=1
e2
− huαi (q)uαj (q 0 )|
|r − r0 |
(16)
Definendo
Iαi = huαi (q)|ĥ|uαi (q)i
(17)
come il valor medio dell’Hamiltoniana di singolo elettrone ĥ nello spin-orbitale
αi , si può riscrivere l’Eq. (15) nella forma più compatta
hΨ|Ĥ1 |Ψi =
N
X
Iαi .
(18)
i=1
In modo analogo definiamo il termine diretto
Fαi αj = huαi (q)uαj (q 0 )|
8
e2
|uα (q)uαj (q 0 )i
|r − r0 | i
(19)
che è il valor medio della repulsione tra due elettroni, quando questi si trovano
rispettivamente negli spin-orbitali uαi e uαj . Introduciamo anche il termine di
scambio
e2
Kαi αj = huαi (q)uαj (q 0 )|
|uα (q)uαi (q 0 )i ,
(20)
|r − r0 | j
2
cioè l’elemento di matrice dell’operatore reij tra lo stato |uαi (q)uαj (q 0 )i e lo stato
|uαj (q)uαi (q 0 )i, ottenuto dal primo scambiando i due elettroni.
Sfruttando le definizioni precedenti, possiamo riscrivere anche l’Eq. (16) in
forma compatta:
N
N
1 XX
hΨ|Ĥ2 |Ψi =
Fαi αj − Kαi αj .
2 i=1 j=1
(21)
È importante notare che Fαi αi = Kαi αi , quindi il termine di scambio Kαi αi elimina
in maniera automatica la repulsione non fisica di un elettrone nello stato |uαi (q)i
con se stesso, data da Fαi αi . Ricordando la definizione di Evar [Ψ] data in Eq. (8) e
sfruttando le equazioni (11), (18) e (21) possiamo riscrivere l’energia variazionale
come
Evar [Ψ] = Evar [uα1 , uα2 , . . . , uαN ] =
N
X
i=1
N
N
1 XX
Iαi +
Fαi αj − Kαi αj
2 i=1 j=1
(22)
Avendo scritto esplicitamente il funzionale di Eq. (22), bisogna ora minimizzarlo rispetto a variazioni arbitrarie degli spin-orbitali uαi tali da soddisfare
la condizione di ortonormalità (10). Il problema della minimizzazione vincolata di un funzionale richiede alcune sottigliezze matematiche, come l’utilizzo del
teorema dei moltiplicatori di Lagrange e la definizione di derivata funzionale.
Il risultato di questo calcolo variazionale sono le equazioni di Hartree-Fock:
−~2 ∇2r Ze2
−
2me
r
!
2
e
uαi (q) +
u (q 0 )dq 0 uαi (q)
u∗αj (q 0 )
0 | αj
|r
−
r
j=1
Z
N
X
e2
∗
0
0
0
−
uαj (q )
uα (q )dq uαj (q) = αi uαi (q). (23)
|r − r0 | i
j=1
N Z
X
Si tratta di un sistema di N equazioni integro-differenziali accoppiate e non lineari.
Le soluzioni di queste equazioni sono le funzioni d’onda di singolo elettrone che
minimizzano il funzionale di Eq. (22). Prima di occuparci dell’interpretazione
fisica dei vari termini presenti nelle equazioni di HF e della soluzione di tali
equazioni, conviene riscrivere l’Eq. (23) in modo più compatto.
9
Innanzitutto notiamo che nessun operatore agisce sullo spin dell’elettrone
(stiamo trascurando l’interazione di spin-orbita). Questo implica che ogni funzione d’onda di singolo elettrone è fattorizzabile nel prodotto di una funzione d’onda
spaziale per una di spin:
uαi (q) = uαi (r)χmis (σ),
(24)
dove χmis è la funzione d’onda di un autostato di spin con numero quantico mis .
Come è noto, questa funzione d’onda è data semplicemente da χms (σ) = hσ|ms i =
δσ,ms . L’indice mis va indicato anche per la funzione spaziale u(r), visto che a
priori possiamo attenderci che l’equazione soddisfatta dagli elettroni spin up non
coincida con quella per gli elettroni spin down. Sfruttando la fattorizzazione (24)
e la proprietà di ortonormalità delle nostre funzioni di spin
hχmis (σ)|χmjs (σ)i = δmis ,mjs ,
(25)
possiamo riscrivere le equazioni di HF in una forma che dipende solo dalle coordinate spaziali degli elettroni:
!
2
e
u (r0 )dr0 uαi (r)
uαi (r) +
u∗αj (r0 )
0 | αj
|r
−
r
j=1
Z
N
X
e2
0
0
∗
0
uα (r )dr uαj (r) = αi uαi (r). (26)
−
δmis ,mjs
uαj (r )
|r − r0 | i
j=1
−~2 ∇2r Ze2
−
2me
r
N Z
X
Possiamo poi introdurre l’operatore diretto
Z
Z
e2
e2
d
∗
0
0
0
∗
0
u
(q
)dq
=
u
(r
)
uα (r0 )dr0 = Vαdj (r) ,
Vαj (q) = uαj (q )
α
αj
|r − r0 | j
|r − r0 | j
(27)
dove nel secondo passaggio abbiamo usato l’Eq. (25). Osserviamo che l’operatore
diretto dipende solo dalle coordinate spaziali. L’interpretazione fisica è immediata: Vαdj (r) è la repulsione coulombiana esercitata in r da un elettrone nell’orbitale
uαj (r0 ). Questa repulsione viene calcolata facendo una media rispetto alla distribuzione di probabilità spaziale di tale elettrone, cioè |uαj (r0 )|2 . L’operatore Vαdj (r)
è un operatore locale e moltiplicativo che agisce sulla funzione d’onda uαi (q) nel
seguente modo:
Z
e2
d
∗
0
0
0
Vαj (r)uαi (q) =
uαj (r )
uα (r )dr uαi (q).
(28)
|r − r0 | j
Introduciamo anche l’operatore di scambio: è un operatore non locale di
convoluzione, definito dalla sua azione su una generica funzione f = f (q) nel
10
seguente modo:
Vαexj (q) [f ]
Z
=
u∗αj (q 0 )
e2
0
0
f (q )dq uαj (q).
|r − r0 |
Calcoliamo ora l’azione di Vαexj (q) su uno spin orbitale uαi (q):
Z
e2
0
∗
ex
0
0
uαj (q )
Vαj (q) [uαi ] =
uα (q )dq uαj (q)
|r − r0 | i
Z
e2
∗
0
0
0
uαj (r )
= δmis ,mjs
uα (r )dr uαj (r)χmjs (σ)
|r − r0 | i
(29)
(30)
= δmis ,mjs Vαexj (r) [uαi ] χmjs (σ) ,
dove nel secondo passaggio abbiamo nuovamente usato l’Eq. (25). Nell’ultimo
passaggio dell’Eq. (30) abbiamo definito l’operatore di scambio spaziale, che agisce
su una funzione delle sole coordinate spaziali f = f (r) nel seguente modo:
Z
e2
∗
0
ex
0
0
uαj (r )
Vαj (r) [f ] =
f (r )dr uαj (r).
(31)
|r − r0 |
L’operatore di scambio Vαexj (q) applicato allo spin orbitale uαi (q) tiene conto degli effetti di scambio di due elettroni occupanti gli spin-orbitali uαi (q) e uαj (q).
Questi effetti sono la diretta conseguenza dell’antisimmetrizzazione effettuata. È
interessante notare che gli effetti di scambio si hanno solo tra coppie di elettroni
aventi spin parallelo, mentre sono nulli per spin antiparalleli.
Usando le equazioni (28) e (30) possiamo riscrivere le equazioni di HF nella
forma compatta
!
N
N
2 2
2
X
X
−~ ∇r Ze
d
−
+
Vαj (r) uαi (q) −
Vαexj (q) [uαi ] = αi uαi (q),
(32)
2me
r
j=1
j=1
oppure
−~2 ∇2r Ze2
d
−
+ V (r) uαi (q) − V ex (q)[uαi ] = αi uαi (q).
2me
r
(33)
Nell’equazione precedente abbiamo introdotto il potenziale diretto moltiplicativo
d
V (r) =
N
X
Vαdj (r)
(34)
j=1
e il potenziale di scambio, operatore di convoluzione definito nel seguente modo:
ex
V (q) [f ] =
N
X
j=1
11
Vαexj (q) [f ] .
(35)
In conclusione possiamo definire l’Hamiltoniana di Hartree-Fock (di singolo elettrone)
−~2 ∇2ri
+ VHF (q),
(36)
ĥHF =
2me
dove il potenziale di Hartree-Fock è dato da
VHF (q) = −
Ze2
+ V d (r) − V ex (q).
r
(37)
Questo potenziale è definito come la somma di due comuni operatori moltiplicativi
e di un operatore non locale di convoluzione, quindi globalmente la sua azione è
non locale. Con questa definizione possiamo riscrivere un’ultima volta le equazioni
di Hartree-Fock:
ĥHF [uαi ] =
1.3
−~2 ∇2r
uαi (q) + VHF (q) [uαi ] = αi uαi (q).
2me
(38)
Soluzione delle equazioni di Hartree-Fock
Vogliamo ora discutere la soluzione delle equazioni di Hartree-Fock (38). Queste equazioni sembrano formalmente identiche a N equazioni di Schrödinger agli
autovalori per uαi (q). In realtà questa analogia formale può trarre in inganno: il
potenziale diretto V d (r) e il potenziale di scambio V ex (q) dipendono esplicitamente dagli N spin orbitali incogniti. Questa osservazione può suggerire la seguente
strategia.
La soluzione delle equazioni di HF si basa su un procedimento iterativo autoconsistente. Si sostituiscono gli spin-orbitali incogniti con N funzioni d’onda
(0)
(0)
(ortonormali) iniziali, scelte in maniera arbitraria, che chiamiamo uα1 , uα2 , . . . ,
(0)
uαN . Naturalmente conviene scegliere delle funzioni d’onda iniziali qualitativamente adatte a descrivere un elettrone legato ad un nucleo. Una possibilità è
quella di partire dalle N autofunzioni a energia più bassa dello ione a un elettrone con nucleo di Z protoni. A tal fine è sufficiente risolvere le equazioni di
Hartree-Fock (38) con V d (r) = 0 e V ex (q) = 0, scegliendo poi le N soluzioni ad
energia minore. A partire da queste si genera il potenziale di Hartree-Fock iniziale
(1)
VHF (q).
A questo punto si risolvono (in genere numericamente) le equazioni (38),
che sono vere e proprie equazioni agli autovalori per le uαi (q). Si scelgono le N
(1)
(1)
(1)
soluzioni a energia minore uα1 , uα2 , . . . , uαN . Queste a loro volta sono usate per
(2)
generare il nuovo potenziale di Hartree-Fock VHF (q) e si itera così il procedimento.
Il processo di iterazione è detto autoconsistente perchè dopo un certo numero
(n)
(n)
(n)
di iterazioni le funzioni d’onda uα1 , uα2 , . . . , uαN non cambiano in maniera
(n−1)
(n−1)
(n−1)
apprezzabile da quelle calcolate all’iterazione precedente uα1 , uα2 , . . . , uαN .
12
(n+1)
(n)
Lo stesso vale ovviamente per i potenziali di Hartree-Fock VHF (q) e VHF (q), che
(n+1)
si calcolano proprio a partire da tali funzioni d’onda.3 Il potenziale VHF (q) finale
è detto potenziale autoconsistente.
In conclusione vogliamo chiarire l’interpretazione fisica dell’Hamiltoniana
di singolo elettrone ĥHF e degli autovalori di energia Eαi , ottenuti dall’ultimo
ciclo dell’iterazione, cioè una volta raggiunta l’autoconsistenza. Le equazioni di
Hartree-Fock (38) sembrano suggerire la seguente interpretazione: l’Hamiltoniana
ĥHF ha il significato di operatore di energia per un elettrone che si trova nello
spin-orbitale uαi (q) e coerentemente Eαi è l’energia di questo elettrone.
Tipicamente quando si parla di “energia di un elettrone” nello stato 2s, 3p
ecc. si intende proprio l’energia del corrispondente orbitale nell’approssimazione
di Hartree-Fock. Questa interpretazione è in realtà imprecisa. In generale per
un sistema di particelle correlate (come un atomo a N elettroni) non è definita
l’energia di una singola particella, ma solo l’energia totale del sistema, che si
ottiene applicando l’Hamiltoniana allo stato del sistema.
Una quantità fisicamente ben definita è invece l’energia di prima ionizzazione di un atomo. Se consideriamo un elettrone della shell più esterna (o shell di
valenza) con spin-orbitale uαk (q), possiamo mostrare che Eαk è una stima, qualitativamente attendibile, dell’energia di prima ionizzazione. Questo fatto è noto
come teorema di Koopmans, che illustriamo brevemente.
Consideriamo le equazioni di Hartree-Fock (23). Calcolando il prodotto
scalare con il bra huαi (q)| e usando le definizioni (17), (19) e (20), troviamo che
Eαi = Iαi +
N
X
Fαi αj − Kαi αj
(39)
j=1
Immaginiamo ora di rimuovere l’elettrone dalla shell di valenza. Se il sistema
iniziale era un atomo neutro con N = Z elettroni, ora abbiamo uno ione positivo
con (Z − 1) elettroni. Supponiamo che gli spin-orbitali degli elettroni restanti
rimangano inalterati rimuovendo l’elettrone di valenza. Applicando l’espressione
(22) dell’energia variazionale, troviamo allora che:
EN − EN −1 = Iαk +
N
X
Fαk αj − Kαk αj = Eαk ,
(40)
j=1
dove abbiamo chiamato EN ed EN −1 rispettivamente l’energia dell’atomo e dello
ione, entrambe stimate con il metodo di Hartree-Fock.
3
La differenza negli apici di VHF è dovuta al fatto che questo è calcolato ad ogni ciclo
(n+1)
(n)
iterativo a partire dalle funzioni d’onda del ciclo precedente: quindi VHF (q) a partire da uα1 ,
(n)
(n)
(n)
(n−1)
(n−1)
(n−1)
uα2 , . . . , uαN e VHF (q) a partire da uα1 , uα2 , . . . , uαN .
13
È importante notare che l’identificazione di Eαk con l’energia di prima ionizzazione non è rigorosa nemmeno all’interno del metodo approssimato di HartreeFock, in quanto abbiamo trascurato completamente il riassestamento delle funzioni d’onda degli elettroni restanti dopo la rimozione dell’elettrone di valenza.
D’altra parte rimuovendo un elettrone esterno questo riassestamento è sufficientemente piccolo da rendere qualitativamente accettabile questa interpretazione.
1.4
Approssimazione di simmetria sferica e atomi a subshell chiuse
Torniamo brevemente a considerare il potenziale di Hartree-Fock VHF (q), dato dalla Eq. (37). Finora non abbiamo ipotizzato nessuna simmetria di questo
potenziale, cosa che in un contesto generale è senz’altro corretta.
Tipicamente, applicando il metodo di Hartree-Fock per determinare lo stato
fondamentale di un atomo, si fa un’ipotesi semplificativa, cioè che VHF (q) abbia
simmetria sferica4
VHF (q) = VHF (r, σ) = VHF (r, σ).
(41)
Le funzioni d’onda di singolo elettrone si possono allora fattorizzare nel prodotto
di un’autofunzione radiale (incognita), di un’armonica sferica e della funzione
d’onda di un autostato di spin:
un,l,m,ms (q) = un,l,m,ms (r)χms (σ),
(42)
un,l,m,ms (r) = r−1 Pnlms (r)Yl,m (θ, φ).
(43)
con
Nella precedente equazione abbiamo posto
Pnlms (r) = rRnlms (r).
(44)
Come valido in generale per un problema centrale, una funzione d’onda di singolo
elettrone è caratterizzata dai numeri quantici spaziali n, l, m, oltre al numero
quantico di spin ms . Nel nostro caso la dipendenza dal numero quantico di spin
ms è presente anche per la funzione d’onda radiale Pnlms (r).
Il metodo di Hartree-Fock con approssimazione di simmetria sferica non
è solo un modello utile per descrivere atomi a molti elettroni. Al giorno d’oggi
fornisce la terminologia ordinaria usata in fisica atomica. D’ora in avanti possiamo
4
Il termine di energia potenziale dovuta al nucleo soddisfa ovviamente questa condizione,
quindi l’ipotesi è che siano sfericamente simmetrici il termine diretto V d (q) e il termine di
scambio V ex (q).
14
quindi legittimamente usare questa terminologia, parlando di shell (identificate
dal numero quantico principale n) e di subshell (identificate da n e l).
Vogliamo ora dimostrare che per atomi a subshell chiuse (come ad esempio
He, Li+ , Be, Ne, . . . ) il potenziale VHF (q) gode della seguente proprietà: partendo
(0)
(0)
(0)
da funzioni d’onda di prova uα1 , uα2 , . . . , uαN soluzioni di un problema centrale,
il potenziale VHF (q) ottenuto da queste è a sua volta centrale.
Questo implica ovviamente che il potenziale di HF avrà simmetria sferica
a ogni iterazione: si può quindi dire che la simmetria sferica per questi atomi è
esatta nel contesto del metodo di Hartree-Fock. Risulterà inoltre evidente che nel
caso in esame il potenziale di HF è anche indipendente dallo spin, cioè
VHF (q) = VHF (r).
(45)
Supponiamo quindi che le funzioni d’onda di prova siano nella forma (42).
Per atomi a subshell chiuse gli N elettroni occupano esattamente N/2 orbitali
spaziali, una volta con spin up e una con spin down. Iniziamo con il dimostrare
che il potenziale diretto V d è sfericamente simmetrico. Il contributo derivante da
una subshell piena è
Vnd0 l0 m0s (r)
Z
l0
X
=
|un0 l0 m0 m0s (r0 )|2
m0 =−l0
Z
=
e2
dr0
|r − r0 |
0
l
X
e2
0 2
|Pn0 l0 m0s (r )|
|Yl0 m0 (θ0 , φ0 )|2 dr0 dΩ0 ,
|r − r0 | m0 =−l0
(46)
dove il fattore 2 tiene conto delle possibili orientazioni di spin e si è posto dΩ0 =
sin θ0 dθ0 dφ0 . Usando il teorema di addizione delle armoniche sferiche
0
l
X
|Yl0 m0 (θ0 , φ0 )|2 =
m0 =−l0
2l0 + 1
,
4π
(47)
la (46) diventa
Vnd0 l0 m0s (r)
2l0 + 1
=
4π
Z
|Pn0 l0 m0s (r0 )|2
e2
dr0 dΩ0
0
|r − r |
(48)
Gli integrali nelle variabili angolari (θ0 e φ0 ) possono essere calcolati in modo esatto
1
e senza troppe difficoltà sviluppando |r−r
0 | in armoniche sferiche e sfruttando il
0
fatto che Pn0 l0 m0s (r ) dipende dalla sola coordinata radiale. Il risultato è [1]
Vnd0 l0 m0s (r)
=
Vnd0 l0 m0s (r)
0
Z
= (2l + 1)
0
15
+∞
|Pn0 l0 m0s (r0 )|2
e2 0
dr ,
r>
(49)
avendo definito r> = max(r, r0 ).5
Questo integrale si può equivalentemente scrivere come somma di due integrali diversi, dividendo il dominio di integrazione in (0, r)∪(r, +∞). Il contributo
al potenziale diretto di una subshell piena dipende dalla sola coordinata radiale,
quindi è sfericamente simmetrico. Nel caso di atomi a subshell chiuse il potenziale
diretto totale è dato da una somma di contributi di questo tipo, quindi è a sua
volta sfericamente simmetrico:
X
V d (r) =
Vnd0 l0 m0s (r).
(50)
n0 l0 m0s
Ovviamente il potenziale diretto è anche indipendente dallo spin.
Consideriamo ora il potenziale di scambio. Ricordando l’Eq. (30) possiamo
scrivere l’azione della parte di V ex dovuta ad una subshell completa su uno spinorbitale di Eq. (42):
Vnex0 l0 ms (q) [un,l,m,ms ]
Z l0
X
=
Pn∗0 l0 ms (r0 )Yl∗0 m0 (θ0 , φ0 )
m0 =−l0
e2
|r − r0 |
Pnlms (r )Ylm (θ , φ )dr dΩ r−1 Pn0 l0 ms (r)Yl0 m0 (θ, φ)χms (σ)
0
0
0
0
0
= Vnex0 l0 ms (r)[un,l,m,ms ] ⊗ 1spin (χms (σ)) ,
(51)
Nel ricavare questo risultato abbiamo utilizzato il fatto che l’elettrone con spinorbitale un,l,m,ms (q) risente di effetti di scambio solo con gli elettroni della subshell
in esame aventi spin parallelo a tale elettrone. Inoltre abbiamo esplicitato che il
potenziale così ottenuto agisce come operatore non locale sul sottospazio orbitale,
ma come semplice operatore identità sul sottospazio di spin.
Notiamo che partendo da funzioni d’onda di prova indipendenti dal numero
quantico di spin ms , il potenziale di scambio di Eq. (52) calcolato a partire da
queste è a sua volta indipendente dallo spin. Questo implica che tale potenziale
è indipendente dallo spin a ogni iterazione.
Per atomi a subshell chiuse il potenziale di scambio è una somma di contributi di questo tipo ed è quindi a sua volta indipendente dallo spin.
Analogamente al caso precedente, gli integrali nelle variabili angolari si possono nuovamente calcolare in modo analitico [1]. Si ottiene il seguente risultato:
5
La dipendenza da r di Vnd0 l0 (r) è implicita in r> .
16
X
l+l0
1
| hll0 00|L0i |2
2L
+
1
L=|l−l0 |
Z
L
∗
0 2 r<
0
0
Pn0 l0 ms (r )e L+1 Pnlms (r )dr r−1 Pn0 l0 ms (r)Ylm (θ, φ)
r>
Vnex0 l0 ms (r) [un,l,m,ms ]
0
= (2l + 1)
(52)
= Vnex0 l0 ms (r) [Pn,l,ms ] ⊗ Ylm (θ, φ)
L’osservazione importante riguardo all’equazione precedente è che l’unica dipendenza angolare è in Ylm (θ, φ), quindi l’operatore è centrale (agisce come l’identità
sul sottospazio angolare). Questo significa che la non località è solo nella coordinata radiale. Poiché per atomi a subshell chiuse il potenziale di scambio totale è
una somma di contributi di questo tipo, risulta anch’esso a simmetria sferica.
In conclusione possiamo separare le variabili nelle equazioni di Hartree-Fock
(33) ottenendo le seguenti equazioni radiali:
2 2
−~ d
~2 l(l + 1) Ze2
d
ex
+
−
+ V (r) Pnlms (r)−Vm
(r) [Pnlms ] = nlms Pnlms (r) ,
s
2me dr2
2me r2
r
(53)
dove abbiamo posto
Z +∞
X
X
e2
d
d
0
(54)
V (r) =
Vn0 l0 m0s (r) =
|Pn0 l0 m0s (r0 )|2 dr0
(2l + 1)
r
>
0
0
0
0
0
0
0
nlm
nlm
s
s
ex
Vm
(r)[Pnlms ] =
s
X
Vnex0 l0 ms (r)[Pnlms ] =
n0 l0
0
l+l
X X
2l0 + 1
| hll0 00|L0i |2
(55)
2L
+
1
n0 l0 L=|l−l0 |
Z +∞
L
r<
Pn∗0 l0 ms (r0 )e2 L+1
Pnlms (r0 )dr0 Pn0 l0 ms (r).
r
0
>
Nella formula precedente i prodotti braket hll0 00|L0i sono i coefficienti di ClebschGordan.
Nel caso generale di atomi con una o più subshell incomplete, a priori il
potenziale di Hartree-Fock ottenuto da funzioni d’onda iniziali della forma di
Eq. (42) non è sfericamente simmetrico e inoltre il potenziale di scambio può
dipendere esplicitamente dallo spin dell’elettrone considerato.
Della dipendenza dallo spin è facile tenere conto esplicitamente, definendo
ex
un potenziale di scambio per elettroni con spin up V1/2
e un potenziale di scambio
ex
per elettroni con spin down V−1/2 nel seguente modo:
X Z
e2
ex
∗
0
0
0
Vms (r)[uαi ] =
uαj (r )
u (r )dr uαj (r)
(56)
0 | αi
|r
−
r
elettroni
con spin ms
17
Per quanto riguarda l’approssimazione di simmetria sferica è significativo
notare che nel caso di un atomo nello stato fondamentale, la subshell incompleta
quasi sempre è una sola. Quando questa è completamente piena di elettroni di
una specie di spin e vuota dell’altra, l’approssimazione sferica resta pienamente
applicabile. In tutti gli altri casi di subshell incomplete si può ipotizzare che la
simmetria sferica valga con buona approssimazione e imporla a ogni iterazione
mediando il potenziale VHF rispetto alle variabili angolari. Discutiamo brevemente un possibile modo di fare ciò, utilizzato nell’implementazione del nostro
programma.
Per il potenziale diretto, i contributi dovuti alle subshell chiuse sono esattamente della forma di Eq. (49), mentre per una subshell incompleta è sufficiente
sostituire il termine (2l0 + 1) presente nell’Eq. (49) con il numero di elettroni
occupanti parzialmente tale subshell con spin fissato, che indichiamo con Nn0 l0 m0s .
Possiamo quindi scrivere l’espressione per il potenziale diretto valida per ogni
atomo, in approssimazione di simmetria sferica:
Z +∞
X
X
e2
d
d
V (r) =
Vn0 l0 m0s (r) =
Nn0 l0 m0s
|Pn0 l0 m0s (r0 )|2 dr0 .
(57)
r
>
0
0
0
0
0
0
0
nlm
nlm
s
s
Per i potenziali di scambio Vmexs (r) i contributi dovuti alle subshell chiuse sono
ancora della forma di Eq. (52). Anche il contributo di una subshell incompleta
a tali potenziali si può ottenere dall’Eq. (52), sostituendo come in precedenza
(2l0 + 1) con il numero corretto di elettroni Nn0 l0 ms presenti in tale subshell e con
spin ms .
Le espressioni dei potenziali Vmexs (r) valide per ogni atomo, in approssimazione di simmetria sferica risultano:
ex
(r)[Pnlms ] =
Vm
s
X
Vnex0 l0 ms (r)[Pnlms ] =
n0 l0
0
l+l
X X
Nn0 l0 ms
| hll0 00|L0i |2
2L
+
1
n0 l0 L=|l−l0 |
Z +∞
L
∗
0 2 r<
0
0
Pn0 l0 ms (r )e L+1 Pnlms (r )dr Pn0 l0 ms (r).
r>
0
(58)
Le equazioni di Hartree Fock radiali di Eq. (53) sono dunque valide per ogni
atomo in approssimazione di simmetria sferica, utilizzando il potenziale diretto
di Eq. (57) e il potenziale di scambio di Eq. (58). Questi potenziali descrivono gli
elettroni di una subshell incompleta come "elettroni frazionari", cioè ripartendo
ciascun elettrone con spin ms in uguale misura in tutti gli spin-orbitali aventi spin
parallelo. Naturalmente questa approssimazione non ha alcun significato fisico.
18
Risulta evidente che bisogna risolvere tali equazioni non solo per diversi valori di l, come accade in generale per problemi a simmetria sferica, ma anche
per entrambe le possibili orientazioni di spin. Di conseguenza autovalori e autofunzioni radiali dipendono esplicitamente dallo spin: due spin-orbitali di una
medesima subshell aventi spin opposto hanno in generale diverse funzioni d’onda
radiali e corrispondono a diversi valori di energia.
2
L’algoritmo computazionale
2.1
Formualzione del problema
L’obiettivo del nostro lavoro computazionale è di risolvere le equazioni di HartreeFock radiali (53), con potenziale diretto di Eq. (57) e potenziali di scambio per un
elettrone con spin up o con spin down dati dall’Eq. (58). Per risolvere le equazioni di Hartree-Fock radiali applichiamo il procedimento iterativo autoconsistente
descritto in precedenza.
Riscriviamo per prima cosa le equazioni radiali nella seguente forma più
compatta:
Z +∞
−~2 d2
Pnlms (r) + A(r)Pnlms (r) +
Bms (r, r0 )Pnlms (r0 )dr0 = nlms Pnlms (r).
2me dr2
0
(59)
Con questa riscrittura vogliamo evidenziare i tre termini concettualmente distinti:
• l’operatore differenziale che descrive l’energia cinetica radiale
−~2 d2
Pnlms (r) ;
2me dr2
(60)
• l’operatore moltiplicativo che descrive l’energia potenziale centrifuga, l’energia potenziale del nucleo e il potenziale diretto totale
~2 l(l + 1) Ze2
A(r) =
−
+ V d (r)
2
2me r
r
Z +∞
2
2
~ l(l + 1) Ze2 X
00 2 e
0
0
0
0
0
−
=
+
Nn l
|Pn l ms (r )|
dr00 ;
2
2me r
r
r>
0
n0 l 0
(61)
• l’operatore di convoluzione che descrive il potenziale di scambio (non loca-
19
le)6
ex
(r)[Pnl ]
Vm
s
Z
=
+∞
Bms (r, r0 )Pnlms (r0 )dr0 , con
0
0
l+l
X X
Nn0 l0 ms
| hll0 00|L0i |2
Bms (r, r ) = −
2L + 1
0
n0 l 0
0
(62)
L=|l−l |
Pn0 l0 ms (r0 )e2
L
r<
P 0 0 (r).
L+1 n l ms
r>
Nel risolvere le equazioni (59) bisogna imporre opportune condizioni al contorno
su Pnlms (r). Un risultato generale è che per un potenziale centrale che non contenga singolarità proporzionali a una delta di Dirac (o peggiori) vale la condizione
al contorno Pnl (0) = 0. Nel limite di r → +∞ la (59) si riduce a
−~2 d2
Pnl (r) ' nlms Pnl (r),
2me dr2
(63)
il che fissa l’andamento asintotico di un qualunque stato legato (cioè con nlms <
0):
!
r
2me |nlms |
Pnlms (r) ∝ exp −
r .
(64)
~2
In un programma numerico non possiamo estendere il calcolo delle funzioni d’onda
radiali fino a r arbitrariamente grandi. Approfittando di questo andamento esponenziale imponiamo una seconda condizione al contorno approssimata in r = Rc ,
dove Rc è un raggio di cutoff sufficientemente grande (Rc a0 , con a0 raggio di
Bohr): Pnlms (Rc ) = 0.
La strategia che usiamo per risolvere queste equazioni a ogni ciclo dell’iterazione di Hartree-Fock è schematizzabile come segue:
1. definiamo un opportuno set discreto di coordinate radiali r in cui valutare
le equazioni (59) e le funzioni d’onda incognite Pnlms (r);
2. approssimiamo gli integrali che compaiono in Eq. (61) e (62) con un’opportuna regola di quadratura numerica;
3. approssimiamo l’operatore cinetico di Eq. (60) con il metodo delle differenze
finite;
4. otteniamo così un’equazione matriciale agli autovalori per operatori su uno
spazio di Hilbert discreto, che possiamo risolvere numericamente.
Abbiamo scritto Pn0 l0 m0s al posto di Pn∗0 l0 m0s , ricordando che le autofunzioni radiali si possono
scegliere reali.
6
20
2.2
La mesh radiale
Ci occupiamo ora del primo punto: per risolvere numericamente le equazioni
(59) dobbiamo innanzitutto valutare queste equazioni in un set finito di punti
(detto mesh). L’intervallo in cui sono compresi questi punti è (0, Rc ), dove Rc
è il raggio di cutoff definito in precedenza. Scegliamo di usare una mesh lineare
e una mesh logaritmica tra 0.01
e Rc . La
per valori di r compresi tra 0 e 0.01
Z
Z
mesh lineare è semplicemente un insieme discreto di punti equispaziati, mentre
la mesh logaritmica è un insieme discreto di punti che risultano equispaziati in
scala logaritmica, dati dalla seguente relazione di ricorsione:
(
R1 = 0.01
Z
(65)
Rj = (1 + p)Rj−1 , j = 2, 3, . . . , N .
Nella formula precedente scegliamo 0 < p 1 in modo tale da addensare i punti
in un intorno destro di R1 .
Vogliamo giustificare la scelta di questa mesh. Per prima cosa la mesh logaritmica permette di addensare molte valutazioni nella regione vicino al nucleo, in
cui le funzioni d’onda variano rapidamente. Viceversa, a grande distanza dal nucleo (maggiore di alcuni raggi di Bohr a0 ), le funzioni d’onda variano lentamente
e sono numericamente piccole, contribuendo dunque poco all’energia totale: la
mesh logaritmica permette di effettuare meno valutazioni e risparmiare così memoria e sforzo computazionale. Perché quindi la mesh lineare in (0, 0,01
)? Tale
Z
scelta è necessaria per imporre correttamente la condizione al contorno in r = 0:
usando una mesh logaritmica i punti si addenserebbero in un intorno destro di
R1 , mentre non vi sarebbero punti tra R1 e 0: se scegliessimo R1 molto vicino a
0 saremmo costretti a scegliere un valore grande di p, ottenendo quindi una mesh
poco raffinata. L’implementazione che abbiamo realizzato permette di fissare il
passo della mesh lineare pari alla distanza pR1 tra i primi due punti della mesh
logaritmica, qualunque sia il numero di punti totali che vogliamo utilizzare. Indichiamo collettivamente i punti della mesh lineare e quelli della mesh logaritmica
con {r1 , r2 , . . . , rN }.
Vogliamo sottolineare un ultimo concetto: la nostra mesh non contiene gli
estremi dell’intervallo in cui abbiamo fissato le condizioni al contorno, cioè 0 e
Rc . Così facendo tutti i punti della mesh (anche il primo e l’ultimo) sono equivalentemente associati a un valore della funzione d’onda che il calcolo è destinato
a determinare, mentre sono esclusi i punti in cui sono imposte le condizioni al
contorno che fissano la funzione d’onda.
21
2.3
Valutazione degli integrali e del termine cinetico
Il secondo passo per risolvere il problema è utilizzare una regola di quadratura
numerica per valutare gli integrali che compaiono in Eq. (61) e (62). Scegliamo
come regola di quadratura il metodo dei trapezi, correttamente implementato
in modo da tenere conto del fatto che gli intervalli (ri , ri+1 ) non sono di uguale
lunghezza nella parte di mesh logaritmica.
Il generico peso di integrazione relativo al punto della mesh ri è
wi =
ri+1 − ri−1
.
2
(66)
Risulta ora evidente l’utilità di avere nella mesh solo punti interni all’intervallo
(0, Rc ): la formula precedente vale anche per i = 1 e i = N a patto di definire
r0 = 0 e rN +1 = Rc .
Applicando questa regola di quadratura numerica, gli integrali presenti nel
potenziale diretto si approssimano nel seguente modo:
Z +∞
Z Rc
2
e2
00 2 e
00
|Pn0 l0 m0s (r )|
|Pn0 l0 m0s (r00 )|2 dr00
dr '
r>
r>
0
0
(67)
N
X
e2
00 2
|Pn0 l0 m0s (rk )|
'
wk .
00
max{r,
r
}
k
k=1
Possiamo ora riscrivere l’operatore moltiplicativo A(r) di Eq. (61) sfruttando
questa approssimazione e valutarlo nei punti della mesh ri :
~2 l(l + 1) Ze2
−
+ V d (ri )
2
2ri
ri
N
X
~2 l(l + 1) Ze2 X
e2
00 2
0 l0
0 l0 m0 (r )|
−
+
N
|P
wk .
=
n
n
k
s
2ri2
ri
max{ri , rk00 }
k=1
n0 l0
A(ri ) =
(68)
L’integrale di convoluzione del termine non locale si approssima in modo analogo:
Z
+∞
0
0
Z
0
Rc
Bms (r, r )Pnlms (r )dr ≈
0
Bms (r, r0 )Pnlms (r0 )dr0
0
≈
N
X
(69)
Bms (r, rj0 )Pnlms (rj0 )wj .
j=1
In questo modo il potenziale di scambio di Eq. (62), valutato nei punti della mesh
22
ri , si scrive come
N
X
Bms (ri , rj0 )Pnlms (rj0 )wj , con
j=1
0
Bms (ri , rj0 )
l+l
X X
Nn0 l0 ms
=−
| hll0 00|L0i |2
2L + 1
0
n0 l0
(70)
L=|l−l |
Pn0 l0 ms (rj0 )e2
min{ri , rj0 }L
Pn0 l0 ms (ri ).
max{ri , rj0 }L+1
Bisogna infine approssimare il termine cinetico di Eq. (60) nei punti della
mesh. Per farlo utilizziamo il metodo delle differenze finite con un’accuratezza
al second’ordine, adattato al caso di una mesh di punti non necessariamente
equispaziati. Questa approssimazione è data da:
d2
Pnlms (ri ) = Ci,i−1 Pnlms (ri−1 ) + Ci,i Pnlms (ri ) + Ci,i+1 Pnlms (ri+1 ),
dr2
(71)
dove i coefficienti Ci,j possono essere interpretati come gli elementi di una matrice
tridiagonale C e sono definiti nel seguente modo:
2
(ri − ri−1 )(ri+1 − ri−1 )
2
Ci,i = −
(ri+1 − ri )(ri − ri−1 )
2
Ci,i+1 =
.
(ri+1 − ri )(ri+1 − ri−1 )
Ci,i−1 =
(72)
Sottolineiamo già da ora che la matrice C sopra definita non è simmetrica.
Infatti dalle equazioni precedenti si nota facilmente che
2
(ri+1 − ri )(ri+2 − ri )
2
=
.
(ri+1 − ri )(ri+1 − ri−1 )
Ci+1,i =
Ci,i+1
(73)
e in generale per la nostra mesh ri+2 − ri 6= ri+1 − ri−1 . È semplice verificare
che per una mesh lineare le Eq. (71) e (72) si riducono alle usuali formule di
approssimazione della derivata seconda, calcolata con il metodo delle differenze
finite di second’ordine.
Notiamo che avendo scelto una mesh con soli punti interni a (0, Rc ), l’approssimazione della derivata seconda è valida anche per i = 1 e i = N , definendo
come in precedenza r0 = 0 e rN +1 = Rc . Introducendo la matrice Cij , le equazioni (71) si possono riscrivere in forma matriciale come un sistema lineare di
23
equazioni:
 00
 


Pnlms (r1 )
C11 C12 0
···
0
Pnlms (r1 )
 P 00 (r )  C


···
0 
 nlms 2   21 C22 C23
  Pnlms (r2 ) 

 


..
.. 
..
..

 =  0 C32 . . .


.
.
. 
.

 



  ..


..
..
..
.
.
.
.

  .

.
.
.
.
CN −1N  
.
00
Pnlms (rN )
0
0 · · · CN N −1 CN N
Pnlms (rN )


C10 Pnlms (r0 )


0





.
0
+

..


.


CN N +1 Pnlms (rN +1 )
Le condizioni al contorno discusse in precedenza
(
Pnlms (r0 ) ≡ Pnlms (0) = 0
Pnlms (rN +1 ) ≡ Pnlms (Rc ) = 0
(74)
(75)
eliminano l’ultimo termine di Eq. (74), che diventa un sistema lineare omogeneo:


 
00
Pnlms (r1 )
C11 C12 0
···
0
(r1 )
Pnlm
s


 P 00 (r )  C
···
0 
  Pnlms (r2 ) 
 nlms 2   21 C22 C23


 

..
..
.. 
...
.

 =  0 C32 . . .

.
.
. 


 




  ..

.
..
..
.
.
.
.
.

  .

.
.
CN −1N  
.
.
.
00
Pnlms (rN )
0
0 · · · CN N −1 CN N
Pnlms (rN )

(76)
Utilizzando l’approssimazione per la derivata seconda di Eq. (76) si impongono in maniera automatica e naturale le corrette condizioni al contorno.
2.4
Soluzione numerica delle equazioni
Ci vogliamo ora occupare della soluzione delle equazioni radiali di Hartree-Fock
(59) con le condizioni al contorno discusse in precedenza.
Valutiamo le equazioni (59) sulla mesh di punti ri , utilizzando le approssimazioni introdotte nella sezione precedente, cioè le Eq. (68), (70) e (76). Otteniamo
così le seguenti equazioni:
N
N
X
−~2 X
0
Cij Pnlms (rj )+A(ri )Pnlms (ri )+
Bms (ri , rj0 )Pnlms (rj0 )wj = nlms Pnlms (ri ).
2me j=1
j=1
(77)
24
Possiamo riscrivere l’equazione precedente nella forma matriciale compatta
−~2
CPnlms + APnlms + Bms DPnlms = nlms Pnlms ,
2me
(78)
dove abbiamo introdotto il vettore colonna (Pnlms ) la cui i-esima componente è
Pnlms (ri ), la matrice diagonale Aij = A(ri )δij , la matrice (B ms )ij = Bms (ri , rj0 ),
la matrice diagonale dei pesi Dij = wi δij e i simboli moltiplicativi impliciti
sottointendendo il prodotto matriciale riga per colonna.
A ogni ciclo del procedimento iterativo autoconsistente l’Eq. (78) è un’equazione agli autovalori su uno spazio di Hilbert discreto. Questa equazione va
risolta per un numero sufficiente di valori di l = 0, 1, . . . , lmax e per entrambi i
valori di spin ms = ± 12 . Per valori di ms e l fissati gli autovalori e le autofunzioni
sono indicizzati dal numero quantico principale n = l + 1, l + 2, . . . per valori di
energia crescente.
Sfortunatamente non tutte le matrici al primo membro dell’equazione agli
autovalori sono simmetriche: abbiamo già notato in precedenza che la matrice
C non è simmetrica e non lo è neanche la matrice Bms D. Un problema agli
autovalori con una matrice non simmetrica (o più in generale non hermitiana)
non garantisce di trovare solo autovalori reali.
Mostriamo ora che l’Eq. (78) può essere riformulata come equazione agli autovalori per una matrice simmetrica. Questo implica che gli autovalori di energia
nlms sono automaticamente tutti reali ed hanno il corretto significato fisico di
energia.
√
1/2
Introduciamo con ovvia notazione le matrici diagonali Dij = wi δij e
√
−1/2
Dij = (1/ wi )δij . Ridefiniamo il vettore incognito nel seguente modo: P̃nlms =
D1/2 Pnlms . Invertendo la relazione precedente, possiamo riscrivere l’Eq. (78) in
termini del nuovo vettore incognito P̃nlms :
−~2
CD−1/2 P̃nlms + AD−1/2 P̃nlms + Bms D1/2 P̃nlms = Enlms D−1/2 P̃nlms . (79)
2me
Moltiplicando ora entrambi i membri a sinistra per D1/2 troviamo
T + A + D1/2 Bms D1/2 P̃nlms = Enlms P̃nlms ,
(80)
dove abbiamo sfruttato il fatto che A e D−1/2 commutano, essendo entrambe
matrici diagonali, e abbiamo definito la matrice cinetica
T =
−~2 1/2
D CD−1/2 .
2me
(81)
Notiamo che A, essendo diagonale, è banalmente simmetrica e che anche il termine
di scambio D1/2 Bms D1/2 è ora simmetrico. Utilizzando le Eq. (66) e (72) è facile
25
mostrare che anche la matrice cinetica è simmetrica. Precisamente si tratta di
una matrice tridiagonale, con elementi di matrice non nulli dati dalle seguenti
espressioni:
Ti,i−1 = −
~2
1
p
me (ri − ri−1 ) (ri − ri−2 )(ri+1 − ri−1 )
~2
1
me (ri+1 − ri )(ri − ri−1 )
1
~2
p
.
=−
me (ri+1 − ri ) (ri+1 − ri−1 )(ri+2 − ri )
Ti,i =
Ti,i+1
(82)
Le equazioni precedenti sono valide per i = 1, . . . , N , se poniamo come al solito
r0 = 0 e rN +1 = Rc . Volendo essere precisi con queste formule non possiamo
calcolare T10 e TN N +1 , perchè non sono definiti rispettivamente i punti r−1 e
rN +2 . Tuttavia questi valori non compaiono nella matrice T , che è data da


T11 T12 0
···
0
T
···
0 

 21 T22 T23

.. 
..
 0 T32 . . .
.
(83)
. 
.


 ..
..
.
.
..
..
 .
TN −1N 
.
0
0 · · · TN N −1 TN N
Dall’Eq. (82) segue che
Ti+1,i = −
~2
1
p
= Ti,i+1 ,
me (ri+1 − ri ) (ri+1 − ri−1 )(ri+2 − ri )
(84)
il che prova che la matrice cinetica T è simmetrica. L’operatore tra parentesi quadre nell’Eq. (80) è quindi una matrice simmetrica e ciò implica che gli autovalori
nlms sono tutti reali.
Il nostro programma risolve l’equazione agli autovalori (80) per i vari valori
di l e ms , diagonalizzando la matrice T + A + D1/2 Bms D1/2 . Per effettuare
queste diagonalizzazioni utilizziamo la routine DSYEV del pacchetto software
LAPACK [2].
L’Eq. (80) viene risolta a ogni ciclo dell’iterazione di Hartree-Fock, fino al
raggiungimento dell’autoconsistenza. Proprio per raggiungere l’autoconsistenza,
è importante che il potenziale diretto V d (r) presente nell’Eq. (61) e il potenziale di
scambio di Vmexs (r) di Eq. (62) non cambino in modo troppo forte da un’iterazione a
quella successiva. A tale scopo utilizziamo la tecnica del mixing: a ogni iterazione
ridefiniamo i potenziali come una combinazione lineare dei potenziali appena
calcolati e di quelli usati nell’iterazione precedente. All’iterazione n ridefiniamo
26
cioè potenziale diretto e potenziale di scambio come segue:
d
(r) = (1 − α)V d(n) (r) + αV d(n−1) (r)
Vmix
(85)
ex
Vmix
(r) = (1 − α)V ex(n) (r) + αV ex(n−1) (r).
(86)
Questo accorgimento permette di evitare oscillazioni che potrebbero impedire la
convergenza del metodo.
Un ultima osservazione relativa all’algoritmo riguarda il potenziale generato
dal nucleo. Il potenziale generato dal nucleo puntiforme è singolare in r = 0.
Per evitare questa singolarità preferiamo utilizzare un semplice modello di nucleo
esteso. Valutiamo l’ordine di grandezza del raggio del nucleo secondo il modello
a goccia:
rN = r0 A1/3 con r0 = 2.36 10−5 a0 ,
(87)
dove A è il numero di nucleoni presenti all’interno del nucleo. Per i nostri scopi
possiamo approssimare A ' 2Z, in quanto siamo interessati solo all’ordine di
grandezza del nucleo e i nostri risultati non sono influenzati dai dettagli del valore
di rN . Supponiamo che la carica positiva dei protoni sia distribuita uniformemente
all’interno del nucleo. Si dimostra con semplici argomenti di elettrostatica, che
una distribuzione di carica di questo tipo dà il seguente contributo all’energia
potenziale di ciascun elettrone:

− 3 Ze2 + 1 Ze2 r32 0 ≤ r ≤ r
N
2 rN
2
rN
VN (r) =
.
(88)
2
− Ze
r > rN
r
Naturalmente questa descrizione alternativa del nucleo non cambia nulla rispetto alla trattazione precedente: è sufficiente sostituire il potenziale di nucleo
puntiforme −Ze2 /r con quello di Eq. (88).
3
3.1
Risultati
Parametri utilizzati
Prima di illustrare i risultati ottenuti, indichiamo brevemente quali valori abbiamo scelto per i parametri introdotti nella sezione precedente.
Nell’esecuzione del programma abbiamo usato una mesh con 41 punti in
scala lineare più 500 punti in scala logaritmica, mentre abbiamo fissato il raggio
di cutoff a Rc = 50 a0 . Abbiamo verificato che cambiando questi parametri in un
range ragionevole, i risultati rimangono sostanzialmente invariati: questo è molto
rilevante, dal momento che la scelta del numero di punti della mesh e di Rc è in
larga parte arbitraria. Il parametro di mixing utilizzato è α = 0.3.
27
A ogni iterazione calcoliamo l’energia variazionale Evar [Ψ] e lo scarto quadratico medio degli autovalori appena calcolati con quelli dell’iterazione precedente.
Il ciclo verso l’autoconsistenza viene iterato fino a quando a due cicli consecutivi
sia lo scarto in energia variazionale ∆Evar che lo scarto quadratico medio degli
autovalori sono minori di 10−5 EHa .
Abbiamo sviluppato il codice in unità di misura atomiche (au), in cui si
pongono uguali a uno le costanti fisiche ~, e2 ed me . Coerentemente presentiamo
i risultati misurando l’energia in unità di Hartree (EHa = 27.211 eV) e la distanza
in unità di raggi di Bohr (a0 = 0.5292 Å).
Presentiamo ora i risultati che abbiamo ottenuto con la nostra implementazione del metodo di Hartree-Fock.
3.2
Presentazione dei risultati
L’obiettivo iniziale del metodo di Hartree-Fock è determinare una stima teorica
dell’energia del ground state (GS) di un atomo.
Come prima cosa mostriamo quindi in Tab. 1 un confronto tra l’energia
dello stato fondamentale di alcuni atomi calcolata con HF e i corrispondenti
valori sperimentali. Presentiamo i dati per i primi 12 elementi e per alcuni atomi
più pesanti, cioè Ar, Cr, Kr e Xe. Nella medesima tabella sono riportate anche
due possibili stime dell’energia di prima ionizzazione, a confronto con i valori
determinati sperimentalmente. La prima stima è calcolata come differenza tra
l’energia di GS del monocatione7 e l’energia di GS dell’atomo neutro. Entrambe
queste energie sono calcolate con due diversi cicli autoconsistenti di Hartree-Fock.
La seconda stima invece è invece calcolata facendo uso del teorema di Koopmans,
precedentemente illustrato. I valori sperimentali per le energie di GS e di prima
ionizzazione sono ottenuti dalle tabelle del NIST (National Institute of Standards
and Technology) [3].
Confrontando i valori di EGS calcolati con quelli sperimentali, si nota che
i valori di energia determinati con Hartree-Fock sono sistematicamente maggiori (meno legati) di quelli determinabili sperimentalmente. Questa osservazione è consistente con l’ipotesi iniziale dei metodi variazionali, formulata nell’Eq. (8). L’energia calcolata con Hartree-Fock è un limite superiore dell’energia
sperimentale.
I valori di energia determinati con HF per atomi sufficientemente leggeri,
per i quali le correzioni relativistiche sono un effetto secondario, sono anche delle
stime quantitativamente attendibili dell’energia esatta. Questo fatto emerge chia7
Il monocatione è ottenuto a partire dall’atomo neutro rimuovendo un solo elettrone dalla
shell di valenza: N = Z − 1.
28
Atomo
Z
H
1
He
2
Li
3
Be
4
B
5
C
6
N
7
O
8
F
9
Ne
10
Na
11
Mg
12
Ar
18
Cr
24
Kr
36
Xe
54
EGS [EHa ]
HF
Sperim
-0.500
-0.500
-2.862
-2.903
-7.433
-7.478
-14.574
-14.668
-24.417
-24.658
-37.535
-37.856
-54.410
-54.612
-74.630
-75.110
-99.175
-99.807
-128.560
-129.052
-161.875
-162.432
-199.635
-200.323
-526.875
-529.220
-1043.476
-1050.369
-2752.374
-2788.171
-7233.015
-7438.063
E1a
HF
0.500
0.862
0.196
0.296
0.177
0.417
0.734
0.245
0.593
1.037
0.182
0.243
0.713
0.217
0.631
0.548
ionizzazione [EHa ]
Koopmans
0.500
0.918
0.196
0.309
0.088
0.289
0.571
0.119
0.431
0.850
0.182
0.253
0.591
0.222
0.524
0.457
Sperim
0.500
0.904
0.198
0.343
0.305
0.414
0.534
0.500
0.640
0.792
0.189
0.281
0.579
0.249
0.514
0.446
Tabella 1: Confronto tra i valori di energia del ground state (EGS ) calcolati con Hartree-Fock e quelli sperimentali per i primi 12 elementi e per
altri quattro con valori maggiori di Z. Inoltre sono messe a confronto le
seguenti stime dell’energia di prima ionizzazione (E1a ionizzazione ): calcolata come differenza tra le energie di GS di monocatione e atomo neutro
(HF), calcolata con il teorema di Koopmans, valore sperimentale.
ramente in Tab. 1, osservando i valori per 1 ≤ Z ≤ 12. Il metodo di Hartree-Fock
presenta tuttavia un notevole limite intrinseco. L’interazione tra gli elettroni è
descritta con una teoria di campo medio, mentre vengono trascurati gli effetti
dovuti alla correlazione elettronica. Per gli atomi leggeri questa è la motivazione
principale della differenza tra il valore calcolato e il valore teorico dell’energia di
GS.
Quando si considerano atomi pesanti (Z & 30), le stime di energia di
Hartree-Fock non sono più quantitativamente attendibili. Infatti diventano sempre più importanti gli effetti relativistici, in primis le correzioni all’energia cinetica
degli elettroni. In questi casi il metodo di Hartree-Fock non relativistico fornisce solo una stima qualitativa dell’energia di GS di un atomo, come è messo in
evidenza in Tab. 1 nel caso del Kr e dello Xe.
29
0
Hartree-Fock
Valori sperimentali
-0,2
2
EGS / (Z N) [EHa]
-0,1
-0,3
-0,4
-0,5
0
5
10
20
15
25
30
35
Z
Figura 1: Energia per elettrone dello stato fondamentale di atomi neutri
(N = Z), scalata rispetto a Z 2 .
Per rendere più visibile il confronto tra i valori di EGS calcolati e quelli
sperimentali, confrontiamo in Fig. 1 questi valori scalati rispetto a Z 2 e al numero
totale di elettroni N = Z. I risultati sono mostrati per 1 ≤ Z ≤ 36. Osserviamo
che l’accordo tra la teoria e i dati sperimentali è molto buono: la discrepanza
tra i valori calcolati con il metodo di Hartree-Fock e quelli sperimentali è molto
piccola (≈ 0.001 EHa ) e quasi costante al variare di Z.
In Fig. 2 sono illustrati i valori delle stime teoriche e i valori sperimentali
delle energie di prima ionizzazione di Tab. 1. Il confronto tra questi dati è meno
immediato rispetto al caso dell’energia dello stato fondamentale. Possiamo notare
che entrambi i modelli teorici utilizzati permettono di cogliere a grandi linee
l’andamento periodico dell’energia di prima ionizzazione. In particolare questo
è possibile nella regione dove la periodicità è più marcata anche per i valori
sperimentali, ovvero per Z ≤ 20.
Nella maggior parte dei casi però nè l’una nè l’altra stima teorica forni30
1
Teo di Koopmans
Evar(N-1)-Evar(N)
Valore sperimentale
Eion [EHa]
0,8
0,6
0,4
0,2
0
0
5
10
20
15
25
30
35
Z
Figura 2: Confronto tra i valori di energia di prima ionizzazione stimati
teoricamente e i valori sperimentali. Indichiamo con delle ellissi gli atomi
sferici con monocatione anch’esso sferico.
sce un valore quantitativamente attendibile dell’energia di prima ionizzazione
sperimentale.
Inoltre la stima fornita con il teorema di Koopmans dovrebbe essere sempre
maggiore rispetto alla stima calcolata con HF, cosa che tuttavia non si verifica in
numerosi casi.
Motiviamo brevemente questo fatto. Entrambi i valori teorici dell’energia
di prima ionizzazione sono calcolati come differenza tra una stima dell’energia di
GS del monocatione e una stima dell’energia di GS dell’atomo neutro. Nel caso
indicato con HF, sia l’energia di GS dell’atomo neutro che quella del monocatione
sono calcolate con il procedimento di Hartree-Fock. Questo permette di descrivere, in modo ovviamente approssimato, ciò che accade fisicamente: in seguito
all’estrazione dell’elettrone di valenza il potenziale coulombiano è meno schermato e di conseguenza gli elettroni rimanenti si avvicinano in media al nucleo.
31
Questo fenomeno si può chiamare rilassamento degli orbitali.
Nel caso del teorema di Koopmans l’energia dell’atomo neutro è sempre
calcolata con Hartree-Fock, mentre l’energia di monocatione è stimata con l’approssimazione di orbitali rigidi: si ipotizza che gli orbitali degli elettroni rimanenti
non siano in alcun modo modificati dalla perdita dell’elettrone. L’energia del monocatione è quindi data dalla differenza tra l’energia dell’atomo neutro e l’energia
dell’elettrone di valenza estratto.
Se si trascura il rilassamento degli orbitali, gli elettroni sono mediamente meno legati al nucleo e quindi l’energia del monocatione è sistematicamente
maggiore rispetto al valore calcolato con Hartree-Fock. Di conseguenza è anche
sistematicamente maggiore l’energia di prima ionizzazione.
Riassumendo, entrambe le stime teoriche dell’energia di prima ionizzazione
non sono quantitativamente affidabili e non sempre si verifica la disuguaglianza
prevista tra le due stime. Entrambi questi fatti non devono stupire e sono riconducubili ad un’unica spiegazione, cioè l’approssimazione di simmetria sferica
introdotta. Come descritto in precedenza, per atomi non sferici questa approssimazione è piuttosto drastica: la configurazione elettronica di una subshell incompleta si descrive con "elettroni frazionari": gli elettroni di spin ms sono suddivisi
equamente negli spin-orbitali di questa subshell aventi spin ms .
Nella maggior parte dei casi l’atomo neutro e/o il monocatione non sono
sferici, quindi le stime teoriche dell’energia di prima ionizzazione sono destinate
ad essere imprecise.
Quando invece l’atomo neutro e il rispettivo monocatione sono sferici il nostro modello è applicabile con maggior precisione, in quanto non viene utilizzata
la drastica approssimazione di elettroni frazionari. Questi casi sono evidenziati in
Fig. 2 con delle ellissi. Possiamo notare come le due stime teoriche siano più vicine
tra loro e soprattutto al valore sperimentale dell’energia di prima ionizzazione.
Inoltre in questi casi la stima teorica effettuata con il teorema di Koopmans
è sempre maggiore di quella effettuata con HF, come previsto teoricamente. Negli
altri casi questo non si verifica necessariamente, perchè l’approssimazione di elettroni frazionari prevale rispetto a quella del teorema di Koopmans che trascura
il rilassamento degli orbitali.
Nel caso di atomo neutro e monocatione entrambi sferici, la differenza tra il
valore teorico calcolato con HF e il valore sperimentale dell’energia di ionizzazione
è conseguenza soltanto dei limiti della teoria di Hartree-Fock e non della nostra
implementazione.
Possiamo concludere che in generale nell’ambito di Hartree-Fock è possibile
descrivere in maniera abbastanza accurata l’energia di prima ionizzazione. L’er-
32
1s
2s
2p
Z - Zeff
15
10
5
0
0
5
10
20
15
25
30
35
Z
Figura 3: Stima secondo Hartree-Fock della costante di schermo σ =
Z − Zef f per i livelli di core degli atomi con Z ≤ 36.
rore su queste stime è dovuto ai dettagli delle correlazioni elettroniche trascurate.
Le stime effettuate con Hartree-Fock possono però essere utilizzate come prime
approssimazioni ed essere migliorate in modelli più raffinati.
Un’altra quantità d’interesse è mostrata in Fig. 3: la costante di schermo
σ = Z − Zef f al variare di Z, per gli orbitali 1s, 2s e 2p con componente di
spin maggioritaria. Notiamo che in generale la costante di schermo aumenta al
crescere di Z. C’è però una differenza evidente. Nel caso dell’1s la costante di
schermo cresce lentamente all’aumentare di Z: gli elettroni della shell più interna
risentono sempre meno della schermatura dovuta ad elettroni di shell via via più
esterne. Al contrario, nel range di valori di Z mostrato, le costanti di schermo
per il 2s e il 2p tendono ad aumentare più rapidamente. I risultati per i medesimi
orbitali spaziali con spin di minoranza sono quasi identici.
La Fig. 4 mostra lo splitting di scambio tra le energie di due spin-orbitali
della medesima subshell ma con spin opposto, proprio per l’1s, il 2s e il 2p. Nel
33
grafico riportiamo la differenza tra l’energia degli elettroni con spin di minoranza
e quella degli elettroni con spin di maggioranza. Per semplicità indichiamo lo
spin maggioritario come spin up e lo spin minoritario come spin down.
Presentiamo i dati per valori di Z fino a 36, tralasciando gli atomi che non
hanno almeno un elettrone con spin up e uno con spin down nella subshell in
esame. Infatti il nostro programma determina in modo accurato solo i livelli
energetici occupati.
Per l’orbitale 1s possiamo osservare quattro picchi: il primo è per il litio
(Z = 3), gli altri tre sono in corrispondenza degli elementi di post-transizione del
secondo, terzo e quarto periodo.
Per l’orbitale 2s si osserva distintamente il picco relativo agli elementi del
blocco p del secondo periodo, mentre il picco relativo al blocco p del terzo periodo
è presente ma meno visibile. Non è più visibile il picco del blocco p del quarto
periodo, mentre emerge nettamente un nuovo picco, corrispondente ai metalli di
transizione del quarto periodo. Nel caso dell’orbitale 2p si osservano i medesimi
picchi descritti per l’1s.
Come previsto teoricamente gli splitting sono nulli in tutti i casi di atomi a
subshell chiuse, cioè per i metalli alcalino terrosi (Be, Mg, Ca), per i gas nobili
(He, Ne, Ar) e per lo zinco.
Per tutte e tre le subshell notiamo che lo splitting in energia è particolarmente grande per l’azoto (riportato solo nell’1s e nel 2s) e per l’ossigeno. A tale
proposito in Fig. 5 sono mostrate le autofunzioni radiali moltiplicate per r nel
caso del 2p con spin up e del 2p con spin down dell’O. Queste sono visibilmente
diverse, come lo sono gli autovalori associati. La differenza tra questi autovalori
dà origine ai grossi splitting di Fig. 4.
Finora abbiamo illustrato delle proprietà di interesse fisico in funzione del
numero atomico Z, cioè lungo la tavola periodica. Vogliamo ora mostrare alcuni
risultati significativi che abbiamo ottenuto relativamente a singoli atomi.
Iniziamo commentando il caso dell’Argon (Z = 18). La configurazione elettronica dell’Ar ottenuta con il nostro programma è 1s2 2s2 2p6 3s2 3p6 , in perfetto accordo con la configurazione sperimentale riportata ad esempio nella tavola
periodica [4].
L’Argon è un gas nobile ed è un esempio di atomo a subshell chiuse: il
potenziale di Hartree-Fock non dipende dallo spin degli elettroni.
In Fig. 6a riportiamo la distribuzione di probabilità radiale per ciascun orbitale atomico pieno, moltiplicata per il numero di elettroni di tale orbitale, cioè
2(2l + 1)|Pnl (r)|2 . Come precisato il potenziale di HF è indipendente dallo spin e
lo sono di conseguenza anche gli autovalori e le autofunzioni: i risultati mostrati
34
1s
0,08
0,06
0,04
0,02
0
Enl,-1/2 - Enl,1/2 [EHa]
Enl,-1/2 - Enl,1/2 [EHa]
0,1
0,4
0,3
2s
0,2
0,1
Enl,-1/2 - Enl,1/2 [EHa]
0
0,6
0,5
2p
0,4
0,3
0,2
0,1
0
-0,1
0
5
10
15
20
25
30
35
Z
Figura 4: Differenza tra l’energia di un elettrone con spin di minoranza
e quella di uno con spin di maggioranza, nel caso di coppie di elettroni
in 1s, 2s e 2p.
35
2p spin up
2p spin down
0,8
s
Pnlm (r) [a0
-1/2
]
0,6
0,4
0,2
0
0
10
5
r[a0]
Figura 5: Autofunzioni radiali moltiplicate per r per gli orbitali 2p up e
2p down dell’ossigeno.
Argon
(a)
1s
-1
2 (2l+1) |Pnl(r)| [a0 ]
20
2
15
2p
10
2s
3p
3s
5
(b)
20
2
-1
2 (2l+1) |Pnl(r)| [a0 ]
0
15
10
5
0
0
1
2
3
4
r[a0]
Figura 6: (a) Distribuzione di probabilità radiale per i cinque orbitali
pieni dell’argon, moltiplicata per il numero di elettroni di tale orbitale.
(b) La distribuzione di probabilità radiale totale, somma dei contributi
individuali degli orbitali pieni.
36
0,8
3d spin up
4s spin up
0,6
0,2
s
Pnlm (r) [a0
-1/2
]
0,4
0
-0,2
-0,4
0
10
5
15
r[a0]
Figura 7: Autofunzioni radiali moltiplicate per r per orbitali 3d up e 4s
up del cromo.
sono identici per orbitali con spin up o con spin down. In Fig. 6b mostriamo la distribuzione radiale totale dell’atomo, che è proprio la somma di questi contributi:
P (r) =
X
2(2l + 1)|Pnl (r)|2 .
(89)
nl
La distribuzione radiale totale evidenzia chiaramente la struttura a shell dell’atomo: emergono i tre picchi corrispondenti alle shell n = 1, n = 2 e n =
3.
Discutiamo brevemente anche il caso del Cromo (Z = 24), che è particolarmenta significativo per la sua configurazione elettronica: [Ar]3d5 4s1 . L’energia
del 4s con spin up è intermedia tra l’energia del 3d con spin up e quella del 3d
con spin down. Questa inversione dei livelli energetici è dovuta fisicamente al
termine di scambio (e ad effetti di correlazione elettronica non considerati all’interno della teoria di Hartree-Fock). È significativo notare che anche in questo
caso il nostro programma determina automaticamente la configurazione elettronica corretta: questo significa che l’inversione è osservabile anche trascurando
le correlazioni elettroniche, come effetto del solo termine di scambio considerato
all’interno di Hartree-Fock. In Fig. 7 sono mostrate le autofunzioni radiali moltiplicate per r relative al 3d e al 4s del Cr con spin up. Possiamo anche osservare
che, coerentemente con quanto previsto dalla teoria, il numero di nodi radiali è
pari a n − l − 1.
Oltre al caso degli atomi neutri, il modello di Hartree-Fock permette lo
37
Atomo o Ione
Z
N
He
2
2
+
Li
3
2
2+
Be
4
2
−
F
9
10
Ne
10 10
+
Na
11 10
2+
Mg
12 10
−
Cl
17 18
Ar
18 18
+
K
19 18
2+
Ca
20 18
HF
-2.862
-7.237
-13.612
-99.469
-128.560
-161.693
-198.851
-459.627
-526.875
-599.084
-676.230
EGS
Sperim
-2.903
-7.2798
-13.6566
-99.933
-129.052
-162.243
-199.489
-461.573
-529.220
-601.880
-679.569
Tabella 2: Confronto tra i valori di energia del ground state (EGS )
calcolati con Hartree-Fock e quelli sperimentali, per i monocationi Li+ ,
Na+ , K+ , i doppi ioni positivi Be2+ , Mg2+ , Ca2+ e gli ioni negativi F− ,
Cl− . Per confronto sono riportati anche i valori di energia di alcuni atomi
neutri: He, Ne, Ar.
studio di ioni positivi e ioni negativi. Abbiamo già accennato ai monocationi per
una stima teorica dell’energia di prima ionizzazione.
In Tab. 2 mettiamo a confronto i valori dell’energia di GS calcolati con il
metodo di HF con i valori sperimentali per alcuni monocationi, doppi ioni positivi,
ioni negativi. Per un utile confronto sono riportati anche i valori relativi ad alcuni
atomi neutri, già mostrati in Tab. 1.
Per gli ioni negativi abbiamo stimato il valore sperimentale dell’energia di
GS sommando l’energia del corrispondente atomo neutro e il valore dell’affinità
elettronica. Anche questi dati sono ottenuti dal database del NIST [3].
Dalla Tab. 2, si può osservare come, per un fissato numero di elettroni N ,
l’energia del GS sperimentale diminuisca sensibilmente con Z, a causa della maggior attrazione coulombiana esercitata dal nucleo sugli elettroni. Sempre a causa
dell’aumentata attrazione elettrostatica, al crescere di Z gli elettroni si avvicinano mediamente al nucleo. Questo effetto è mostrato in Fig. 8, dove è riportata la
distribuzione di probabilità radiale totale per gli atomi e gli ioni con N = 10 e
Z = 9, 10, 11.
All’aumentare di Z si può osservare l’avvicinamento medio degli elettroni al
nucleo. Al diminuire di Z si osserva invece che cresce la probabilità di rivelare gli
38
14
-
F Z=9, N=10
Ne Z=10, N=10
+
Na Z=11, N=10
12
-1
P(r) [a0 ]
10
8
6
4
2
0
0
1
2
3
r[a0]
Figura 8: Distribuzione di probabilità radiale totale a confronto per N =
10 e Z = 9, 10, 11.
elettroni più esterni a grandi distanze dal nucleo. In particolare per l’anione F − il
potenziale nucleare a grande distanza è quasi completamente schermato: questo
comporta una densità di probablità radiale significativa anche a una distanza di
circa 3a0 dal nucleo.
4
Conclusioni
Nel presente lavoro di tesi abbiamo riassunto le basi teoriche del metodo di
Hartree-Fock e mostrato i dettagli della sua implementazione per il calcolo dello
stato fondamentale di atomi e ioni. Abbiamo realizzato un programma basato sull’approssimazione di simmetria sferica e abbiamo tenuto in considerazione
esplicitamente la dipendenza dallo spin del potenziale di Hartree-Fock, con la
possibilità di descrivere atomi con stati "magnetici" supportati dallo scambio.
Il programma che abbiamo implementato si è rivelato uno strumento efficace
e abbastanza rapido. Le discrepanze tra i risultati di HF e i dati sperimentali sono
in buon accordo qualitativo con quanto ci si aspetta da un un metodo approssimato che trascura le correlazioni nel moto degli elettroni, e da una implementazione
che omette gli effetti relativistici.
E‘ possibile migliorare i risultati di questo modello tenendo in considerazio39
ne in parte o completamente le correzioni relativistiche. Anche gli effetti delle
correlazioni elettroniche possono essere esplorati mediante modelli più avanzati
che vanno al di là del singolo determinante di Slater.
Una delle caratteristiche che rendono il metodo di Hartree-Fock molto utilizzato è che può rappresentare un punto di partenza per modelli più sofisticati,
ad esempio il metodo di interazione di configurazione (CI).
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Riferimenti bibliografici
[1] B. H. Bransden and C. J. Joachain, Physics of atoms and molecules (Longman
Scientific & Technical, NY, 1990).
[2] AA.VV., LAPACK Users’ Guide (Society for Industrial and Applied
Mathematics, Philadelphia, 1999).
[3] National Institute of Standards and Technology (NIST), Atomic Spectra Database Ionization Energies Form, http://physics.nist.gov/PhysRefData/
ASD/ionEnergy.html.
[4] M. Dayah, Dynamic Periodic Table (2015) http://www.ptable.com/
#Orbital.
[5] N. Manini, Introduction to the Physics of Matter - Basic atomic, molecular
and solid-state physics (Springer, Cham, 2014).
[6] W. H. Press, S. A. Teukolsky, W. T. Vetterling e B. P. Flannery, Numerical
Recipes in C++. The Art of Scientific Computing, Second Edition (Cambridge
University Press, 2002).
[7] L. M. Delves e J. L. Mohamed Computational methods for integral equations
(Cambridge University Press, 1985).
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