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Numero 7 del 28/12/2010
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Numero 7 del 28/12/2010
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Berlusconi e l’arte del non governo!
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MERCOLEDÌ, 29 DICEMBRE 2010 14:51
Attualità
NESSUN COMMENTO
Mi rendo conto che è sempre più difficile fare ordine
nel dormiente e quasi rassegnato flusso sinaptico che
percorre la mia mente disegnando ghirigori caotici e
spesso senza senso che in fondo non sono altro che
la risultante di infiniti e piccoli vettori che galleggiano
nella mente cosi come ormai da tempo si esprime la
società italiana attraverso la politica e gli uomini che la
rappresentano.
In fondo Di Pietro, D’Alema, Bersani, Vendola, Fini,
Casini, Bossi sono come i colori economici di una
tavolozza di cartone su cui un pittore senza scuola (Il
Cavaliere) si diverte a rappresentare quello che resta
dell’Italia.
Il politico oggi è preoccupato unicamente di conservare la propria vita. Ciascun tende per natura ad agire
in modo egoistico, pretendendo di avere diritto a tutto e comportandosi come un lupo nei confronti dei
suoi simili. La condizione generale iniziale dell’umanità è quella di una guerra di tutti contro tutti.
Essa spinge a trovare un accordo con gli altri e fissare le condizioni per rinunciare al diritto naturale
verso il tutto. Da questo è scaturito lo stato civile, che non è dettato da un fine morale, ma da uno
eminentemente utilitario.
Per Berlusconi, i poteri non sono in realtà divisi, perché chi comanda è colui che detiene il potere, potere
che non può essere realmente divisibile.
La democrazia oggi viene percepita come meccanismo di procedure, istituzionalizzazione delle
mediazioni, e non può più funzionare o almeno non appare più come un sistema credibile di garanzia e
tutela del singolo, dotato di anticorpi per difendere se non addirittura migliorare la qualità della vita.
Probabilmente occorre ridefinire il concetto di politica intesa come praxis, come attività nella quale i
rapporti fra gli uomini siano fondati sulla giustizia effettiva e l’uguaglianza reale, che però deve passare
attraverso una ridefinizione dei suoi termini, dei suoi campi e delle sue sfere.
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Anche prima del 14 dicembre, lo “scontro” non è più tra partiti, bensì tra elementi che ne fanno parte. Si
è, così, verificato un depauperamento della classe politica italiana con ridotte capacità d’intervento là
dove ce ne sarebbe tanto bisogno. A nostro avviso, sono venuti meno gli approfondimenti che abbiamo,
da sempre, ritenuti necessari per ribaltare i problemi, che non mancano mai, anche sul fronte
economico/sociale della politica. Da anni, ormai, il confronto tra le parti prende spunto da aspetti
marginali che sono abilmente finalizzati per evitare d’affrontare il reale problema. Spesso, troppo
spesso, il personalismo ha la meglio sul lavoro di squadra con effetti devastanti o, in ogni caso,
inconcludenti.
La dignità umana, la maturità storica esigono l’elaborazioni di nuovi istituti nella democrazia sociale,
nella democrazia politica, superando gli inadeguati strumenti del passato, con arditezza, coraggio, e
fiducia negli uomini.
La politica dei giorni nostri è spenta, senz’anima, priva di generosità e di quegli slanci ideali, che la
contraddistinsero in passato.
Governare è una tecnica, non essere governati è un’arte, e lo scopritore di questa arte è il Cavaliere di
Arcore che ha fatto della spoliticizzazione il metodo più raffinato che ci sia per ridurre la partecipazione,
eliminare le differenze e pervenire al controllo mentale dei governati.
Branca Vincenzo
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Il fair play finanziario, un bluff vendut…
Numero 7 del 28/12/2010
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Il fair play finanziario, un bluff venduto per miracolo e
salvezza calcistica
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Attualità
MERCOLEDÌ, 29 DICEMBRE 2010 18:47
Cinema
1 COMMENTO
Anno 2013. I problemi del calcio saranno finalmente terminati!
Nessun debito, nessun problema finanziario, nessuna squadra
fallita… il calcio sarà una macchina perfetta!
Tutto questo grazie al Fair Play Finanziario, geniale idea dell’ex
stella Michel Platinì.
“Dopo soli due anni dalla sua nascita, l’Associazione Club
Europei è riuscita, insieme alla UEFA, ad adottare misure che
trasformeranno il calcio europeo a livello di club in un b usiness
più responsab ile e, in ultima b attuta, più sostenib ile”, così recita
il sito della UEFA.
Ma cos’è il fair play finanziario?
Il sito UEFA.com nella stessa pagina (clicca qui per
approfondimenti) ci indica a grandi linee le modalità:
Le norme complete sulle licenze per club e sul fair play
finanziario UEFA, edizione 2010, verranno pub b licate a giugno
e rese disponib ili su UEFA.com. I club verranno valutati su una
b ase di rischio, che tiene conto dei deb iti, dei livelli salariali e
dei seguenti pilastri principali:
E' vero che?
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• Ob b ligo di pareggio del b ilancio: i club non devono spendere più di quanto ricavato in un determinato
periodo di tempo;
• Nessun deb ito arretrato durante la stagione, verso i club , i dipendenti e/o le autorità sociali o fiscali;
• Fornitura di informazioni finanziarie per il futuro, in modo da garantire che i club possano adempiere
agli ob b lighi successivi.
L’esplicazione della norma non sembra fare una grinza, ma siamo sicuri che sia una legge a garanzia
delle piccole società? Leggendo attentamente viene da fare qualche riflessione, procedendo punto per
punto.
Obbligo di pareggio del bilancio. Ragioniamo in maniera molto semplicistica e cerchiamo di spiegare.
Questo primo punto sta a significare che se la squadra X guadagna un milione di euro in un anno ne
può spendere al massimo novecentonovantanovemilanovecentonovantanove tra stipendi, ingaggi,
spese e quant’altro.
Bene così. Le squadre avranno due anni abbondanti per mettersi in riga con questa nuova norma che
servirà a garantire solidità economica.
Nessun debito. Senza dubbio un punto cardine di questa riforma. Se una società non paga gli stipendi,
perché ad esempio quel mese ha ottenuto pochi incassi, oppure perché il presidente il quale non ha
soltanto la squadra di calcio tra le sue proprietà ha delle difficoltà economiche, potrebbe essere
multata, esclusa dall’Europa o penalizzata (la norma ancora non è ancora chiara su questo aspetto).
Fornitura di informazioni finanziarie future. Anche questo per garantire continuità al progetto calcistico
di ogni squadra.
Tutto giusto… o no?
L’inghippo. Ragioniamo per esempi. Esiste la società calcio TIZIO che ha come presidenti azionisti di
maggioranza, uno proprietario di una multinazionale che fattura miliardi di euro e un altro proprietario
quasi dell’intero sistema telecomunicazioni ed esiste la società calcio CAIO che ha come presidente un
proprietario di una società con capitale sociale di centocinquantamila euro.
La squadra TIZIO è titolata, riceve soldi dalle Tv, dal merchandising, dall’UEFA per le qualificazioni
mentre la squadra CAIO lotta per la salvezza, riceve poco o nulla dalle tv, figuriamoci dal merchandising
e l’UEFA probabilmente non lo vedrà mai, l’unico guadagno proviene da qualche buon giovane che
emerge dalla squadra e che prontamente viene venduto alle società al pari di TIZIO.
La squadra TIZIO guadagna 100 milioni l’anno, ma tra campagna acquisti e stipendi ne spende 150, la
squadra CAIO guadagna 15 milioni e ne spende 18 (il presidente è tifoso e ci rimette per amore
calcistico pur di tenere la sua squadra in massima serie).
Col fair play finanziario sia Tizio che Caio dovranno ridimensionarsi… o no?
No, perché il presidente della squadra TIZIO fa sponsorizzare la propria squadra dalla propria
multinazionale e così l’altro presidente fa fare un altro contratto multimilionario di sponsorizzazione dalla
sua società di telecomunicazioni. Il tutto risparmiando spese e scaricando tasse. Risultato? La squadra
TIZIO ha guadagnato 300 milioni e rientra nella categoria del fair play finanziario. (Spesi 150 guadagnati
300).
La squadra CAIO che ha come presidente un appassionato il quale però non possiede multinazionali,
si trova a dover distruggere ogni sogno di gloria e dover lasciare il passo alle squadre con presidente
possidente.
Tutto questo per arrivare a dove?
Non solo non cambierà niente e le squadre potenti continueranno il loro percorso, ma in questo modo
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Il fair play finanziario, un bluff vendut…
le squadre medie e le squadre piccole verranno triturate dal sistema così da non poter più infastidire e
privare le “grandi” degli ambiti posti Champion’s che tanti soldi e tanta gloria portano.
Marco Branca
A Marco Branca, Marco Della Gatta e altri 6 piace questo elemento. Non mi piace più
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1 Commento
Raffaele 30 dicembre 2010 at 14:21 (Edit)
e qual è il problema del fair play finanziario? logicamente ci sarà sempre una squadra più ricca di
un’altra ma ciò che conta soltanto è che tutte le squadre abbiano il bilancio in attivo. Anche le
piccole società troveranno delle società che le finanziano a loro misura
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Vendola: Le affabulazioni di un merca…
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Vendola: Le affabulazioni di un mercante di chiacchiere!
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MARTEDÌ, 28 DICEMBRE 2010 19:54
Attualità
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La sinistra italiana si conferma un ancora una volta un agglomerato di
nulla totale e pochezza culturale. Vendola, contro il quale non ho nulla
ma a favore del quale ne ho ancora meno, per quell’aria da dandy
filosofeggiante impregnato di perbenismo in stile salvatore del Sud
d’Italia, è corteggiato dai grandi giornali e dai salotti radical di sinistra
eretto a Messia.
Un paio d’anni fa era stata la volta dell’abbronzato Obama, che,
purtroppo per lui era diventato l’idolo della sinistra italiana, perfino dei
rifondaroli, comunisti, post o neo social-comunisti, solo per il fatto di
essere nero.
Bastano questi due esempi (e non entro nel dettaglio di Montezemolo
per decenza) per pormi dalla parte politica opposta.
Il fatto è che dietro Vendola è nascosto il pattuglione degli inutili tra cui
campeggiano i compagni Gennaro Migliore, Fabio Mussi, Paolo
Cento e Franco Giordano… insomma Vendola è la punta dell’iceberg.
“Vorrei che il centrosinistra riprendesse in mano la questione morale
con una capacità di autob onifica sconosciuta all’innocentismo ‘a
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prescindere’ della destra”.
Mi preme stigmatizzare quella autofustigazione senza cilicio che il Poeta-Governatore definisce
“autobonifica” all’interno del centrosinistra. Storicamente, tale autobonifica non è stata attuata nemmeno
da un esponente – non proprio morigerato : per sua stessa ammissione – che nel ruolo di Ministro
dell’Ambiente ha tollerato lo scempio del territorio che gli ha dato i natali (Pecoraro Scanio).
L’uso delle parole “autobonifica” – per un alunno delle Muse e cantore del verso poetico armonioso,
univoco, universale – richiede un lungo lavoro di approfondimento etimologico , lessicale , noetico (cioè
intellettivo). La parola , il logos, non è un flatus vocis ma un messaggio per l’Altro.
Attendiamo che Vendola – vista la sua difficoltà di usare la “prosa aulica” – ci parli con locuzioni concrete
e comprensibili. Tra la politica e la poesia esiste un mare immenso da navigare con perizia e coraggio.
Non è sufficiente l’affabulazione vacua e deviante.
Vendola vuole essere l’uomo che coagula, amalgama, rigenera, resuscita il pensiero e l’anima della
sinistra nostrana. E’ quello di cui il giornale brasiliano “Opera Mundi”, riporta la ricetta universale per fare
del nostro globo l’agognato Eden. Leggiamolo e meditiamo: “Un modello di sviluppo b asato sulla
sostenib ilità, sull’investimento in cultura e sul recupero del valore del lavoro”.
“Ci troviamo in un’epoca di formidab ile destrutturazione di tutti i corpi sociali, di tutte le identità collettive:
invece dell’io dell’egoismo maturo marxiano prorompe un io deb ole, ricattab ile e spaventato, b isognoso
di appiccare roghi agli accampamenti di immaginari nemici”.
Se vogliamo uscire fuori dalle metafore immaginifiche vendoliane, concretizziamo il suo assunto così:
“per ristrutturare i corpi sociali (partiti, fondazioni, associazioni onlus, banche etiche, aggregazioni
religiose non fondamentaliste…) bisogna contemperare diritti e doveri , ponendoli sui piatti della
bilancia, in equilibrio egualitario, l’uno contrappeso dell’altro. Ne deriva che non dovrebbero esistere
diritti acquisiti una volta per tutte, evitando di trasformarli in privilegi di casta”. Sul concetto di “io debole”
e di “immaginari nemici” confesso di non avere compreso il vendoliano -pensiero che supporta una
immaginifica costruzione mentale a cui sono ancora troppo lontano.
Infine Nichi ha detto:
“Camb ia molto se la democrazia è non soltanto la fotografia sincronica degli umori ideologico-culturali
del presente ma se, in qualche maniera, ha una capacità, se possiamo dire così, di proiezione
diacronica, di prospettazione che va oltre il limite generazionale, se il ‘b ene comune’ lo preserva con
lungimiranza, se assume la b isessuazione del linguaggio che la fonda come principio di realtà ed
esodo dalla gab b ia del neutro-maschile”.
Assolutamente spettacolare, nemmeno Sandro Bondi avrebbe saputo fare meglio!
A Marco Branca, Briony Tallis e altri 9 piace questo elemento. Non mi piace più
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Il narcisismo digitale: specchiarsi nel …
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Il narcisismo digitale: specchiarsi nel web
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MERCOLEDÌ, 29 DICEMBRE 2010 01:46
NESSUN COMMENTO
Il termine narcisismo deriva dal mito greco di Narciso, giovane
di Tespi, figlio della ninfa Liriope e del Dio del fiume Cefiso,
che si innamorò della propria immagine per la sua
eccezionale bellezza.
Il narcisismo indica una condizione psicologica ma anche
culturale e sul piano personale esso assume sia connotazioni
sane che patologiche: parliamo di un narcisismo sano o
“normale” quando l’investimento su se stessi è sinonimo di
autostima e di amor proprio; esso invece, diviene patologico
quando l’amore è diretto solo verso se stessi e si è incapaci di
rivolgere la propria affettività ad altri. Da un punto di vista
culturale, invece, il narcisismo corrisponde ad una mancanza
di valori, di superficialità e di senso di umanità che porta gli
individui a disinteressarsi a ciò che li circonda.
La nostra società è caratterizzata da una cultura narcisistica in
cui si è devoti ai mezzi di comunicazione di massa elettronici, i
quali si incentrano su immagini superficiali ignorando
sostanza e profondità. Vediamo che una particolare forma di
narcisismo è proprio legata alle nuove tecnologie, soprattutto
al web, e viene definita “Narcisismo digitale”.
Con il termine Narcisismo digitale facciamo riferimento all’apparire e all’esibirsi sul web con propri
scritti, foto, video e messaggi. Ad alimentare il narcisismo digitale vi è l’Ego-surfing, il cui termine deriva
dall’inglese to surf, ossia navigare, termine che è entrato nell’Oxford English Dictionary nel 1998.
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L’ego-surfing non è altro che la ricerca smodata d’informazioni su se stessi; di solito sono stati usati per
tale scopo i soliti motori di ricerca quali: google, libero ecc., ma adesso che il fenomeno dell’ego-surfing
dilaga sono disponibili on-line motori di ricerca appositamente creati per controllare la propria presenza
in rete.
Tra questi motori di ricerca vi è l’Egosurf, che consente di inserire il proprio nome e l’indirizzo del proprio
sito web o blog; vi è poi l’ODOS, che consente di misurare il proprio status on-line e consiste
nell’inserire i propri profili di social network: il sistema elabora automaticamente un punteggio ricavato
non solo dalla presenza on-line dell’utente ma dalla frequenza delle attività. I creatori di Odos affermano
che lo scopo del servizio è quello di aiutare gli utenti a prendere dimestichezza con il proprio status
digitale affinché essi possano difendersi dagli abusi.
Magnocavallo, il creatore di BlogsBab el, uno dei più importanti siti che classicizza i blog italiani, sostiene
che sono proprio i b logger ad essere soggetti al narcisismo digitale, i quali soffrono, intavolano
discussioni e gioiscono in base alla posizione che occupano nella classifica di BlogBab el.
Secondo lo studio condotto dal Pew Internet & American Life Project almeno un navigatore su due
ricerca il proprio nome su un motore di ricerca al fine di valutare la propria rilevanza in Internet. Questo
dato risulta preoccupante in quanto il narcisismo digitale può portare all’emergere di alcune patologie,
quali la depressione per l’assenza di popolarità sul web o l’esaltazione dovuta alla presenza e fama sui
motori di ricerca.
Simona Esposito
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Perché l’emergenza rifiuti a Napoli non avrà mai fine
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MERCOLEDÌ, 29 DICEMBRE 2010 01:54
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Munnezza, munnezza e ancora munnezza. La
spazzatura a Napoli è dappertutto, in centro e in
periferia, nei vicoli tra le case e sulle strade extraurbane. La munnezza è ormai simbolo di Napoli,
come prima lo erano la pizza o il mandolino:
tanto che il pestilenziale sacchetto ha fatto
(benedetto senso dell’humor di qualche incauto
commerciante) la sua comparsa anche tra i
souvenir per turisti che affollano le bancarelle del
centro. E se Napoli fa rima con munnezza,
napoletano diventa sinonimo di sudicione, o
peggio accattone: l’emergenza rifiuti è sbattuta in
prima pagina su tutti i quotidiani internazionali, e i
civilissimi abitanti del “Nord”, d’Italia e d’Europa, non si spiegano perché mai i napoletani protestino
contro discariche e inceneritori, perché preferiscano tenersi la munnezza per la strada piuttosto che
destinarla agli appositi siti di stoccaggio. La domanda ricorrente è: “Perché queste cose succedono
solo a Napoli?” E la mannaia dell’opinione pubblica cade (come sempre) sul collo della parte più
debole della contesa: napoletani sozzoni, napoletani approfittatori che vogliono inviare le loro scorie
indifferenziate in un pulito, operoso e generico “Nord”. Davanti al balletto mediatico delle istituzioni che si
accusano di reciproca incompetenza – davanti a un Premier che assicura ogni dieci giorni che
l’emergenza rifiuti sta per essere risolta, per poi essere puntualmente smentito dai fatti e puntare un dito
accusatore contro gli enti locali, il Comune, la Provincia e la Regione, contro la Protezione Civile, contro il
Ministero delle Finanze che non ha fondi e quello dell’Ambiente che non vuole sganciarne, i quali
rimandano indignati le accuse al mittente – davanti a tutto questo teatrino, che somiglia sempre più a
una partita in cui la patata bollente è sostituita da un sacchetto miasmatico, la gente non sa più a chi
credere. E finisce per pensare che l’unico colpevole certo dell’emergenza rifiuti non possa che essere lo
stesso popolo napoletano: il napoletano che manifesta contro gli inceneritori e non cede all’apertura
delle discariche, il napoletano che non vuole la munnezza a casa sua ma non si preoccupa di inviarla
agli altri, il napoletano che non fa la differenziata. Intanto, la tarsu campana, aumentata da una Provincia
che però non ha ancora messo a punto un piano di risoluzione della crisi e minaccia di esonerarsi dalla
gestione del ciclo rifiuti a partire dal 2011 (a chi passerà mai, stavolta, la patata bollente?), ha raggiunto,
in alcuni comuni, picchi di aumento pari al 50%. E i napoletani continuano a pagare profumatamente lo
smaltimento fantasma di una munnezza che invece è fin troppo concreta, mentre l’Italia riceve un
ulteriore ammonimento ufficiale dall’Unione Europea per l’incapacità, oramai conclamata, a risolvere
l’emergenza rifiuti in Campania.
Ma andiamo con ordine, e cerchiamo di sfatare alcune mitiche ed erronee credenze.
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Raccolta differenziata. In questi ultimi giorni del 2010 il Wwf ha reso pubblico un rapporto relativo
all’andamento di un progetto sperimentale di raccolta differenziata porta a porta, che ha interessato
sette eterogenei quartieri del napoletano: Bagnoli, Ponticelli, Centro Direzionale, Chiaiano, Colli Aminei,
San Giovanni a Teduccio, Rione Alto. Dai dati divulgati emerge che l’ammontare di “differenziazione” dei
rifiuti nei quartieri coinvolti nel progetto, di durata biennale, ha raggiunto in media una cifra pari al 66%
dei rifiuti totali, con picchi del 90% nella “virtuosissima” Bagnoli, e con un trend in crescita costante dal
2008 ad oggi; dati che mostrano una sempre più spiccata sensibilizzazione al problema dei rifiuti, e una
partecipazione dei napoletani alla raccolta differenziata che è uguale, se non addirittura superiore, a
quella di molte altre regioni italiane. Un ritratto che vede quindi i napoletani, contrariamente a quanto si
potrebbe pensare, come “campioni” della differenziata.
Discarica di Terzigno. Perché le proteste dei residenti? Forse non tutti sanno che la famosa Cava
Vitiello fa parte del territorio del Parco Nazionale del Vesuvio, un’area protetta di interesse ambientale,
che originariamente (2004) era stata coinvolta in un progetto “Per il recupero, la ricomposizione e la
riqualificazione ambientale delle cave e delle discariche del Parco Nazionale del Vesuvio e la verifica
della possibilità di utilizzo della frazione organica stabilizzata prodotta nel ciclo integrato dei rifiuti nella
Regione Campania”, che aveva come obiettivo finale la bonifica e il recupero ambientale dei comuni di
Terzigno, Boscoreale, Boscotrecase e Trecase, già all’epoca devastati da sversamenti (illeciti?) di rifiuti.
La Cava Vitiello era stata dunque indicata come idonea al “solo recapito di frazione organica stabilizzata
ed esclusivamente ai fini di ricomposizione morfologica del sito medesimo”, come si legge in un
rapporto del Wwf. Tuttavia, la Campania è tutt’oggi priva di impianti di compostaggio e stabilizzazione dei
rifiuti organici, che difatti vengono inviati altrove per essere compostati – a spese dei cittadini napoletani.
In assenza di tali impianti, la Cava Vitiello non avrebbe mai potuto essere utilizzata per lo smaltimento di
rifiuti organici non trattati. Eppure, il decreto legge 90/2008, trasformato poi nella legge 123/2008, varata
in piena emergenza rifiuti e in barba a tutte le normative previgenti, autorizzava ugualmente lo
sversamento, in un Parco Nazionale, “di varie tipologie di rifiuti, non solo appartenenti alla categoria dei
solidi urbani”; sversamento che, se si fosse verificato, avrebbe comportato un danno incalcolabile per
l’intero territorio e per la cittadinanza.
Termovalorizzatori: il caso di Acerra. La legge 123/2008 annunciò anche la realizzazione di quattro
impianti di incenerimento dei rifiuti: oltre a quello di Acerra, se ne prevede l’installazione a Napoli,
Salerno e Santa Maria La Fossa (CE). Ma sono davvero necessari tutti questi inceneritori? E soprattutto
quanto “convengono”? Ad oggi, delle tre linee dell’inceneritore di Acerra solo una è attiva e funzionante;
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04/01/2011
Perché l’emergenza rifiuti a Napoli no…
anzi, molti imputano proprio all’arresto della seconda linea l’ultima ondata dell’emergenza che ha
investito Napoli e Provincia in questo scorcio finale del 2010. Inoltre, gli impianti di termovalorizzazione
non bruciano qualunque tipo di rifiuti: come fa sapere il Wwf, questi ultimi vanno accuratamente
differenziati prima di essere destinati all’incenerimento; in particolare, i rifiuti organici, essendo costituiti
principalmente di acqua, depotenzierebbero la capacità di produzione energetica dell’inceneritore
stesso, dato che, “com’è noto, l’acqua non brucia”. A conti fatti, secondo il Wwf il solo inceneritore di
Acerra, se funzionante a pieno ritmo e adeguatamente affiancato da impianti di compostaggio della
frazione umida, oltre che da una corretta raccolta differenziata, basterebbe, con una capacità di
incenerimento di 600.000 tonnellate annue, a smaltire tutta quella munnezza napoletana che non è
possibile riciclare o compostare. Se questa differenziazione tra frazione umida, altri rifiuti riciclabili e
rifiuti da destinare alla termovalorizzazione avvenga realmente non lo sappiamo; quello che è certo è che
l’inceneritore di Acerra funziona poco, e male, dato che nelle zone limitrofe l’emissione di polveri sottili
ha superato, secondo un rapporto dell’Arpac, di quasi il 40% il limite stabilito dalla legge.
Analizzati tutti questi dati, bisogna chiedersi se la radice dell’emergenza sia veramente nella protesta e
nella strafottenza di un popolo arretrato, che non differenzia e che non vuole i rifiuti in casa sua, oppure
se la munnezza che si vede a Napoli è solo la manifestazione, visibile e concreta, della situazione di
incompetenza generale in cui versano le istituzioni italiane.
Giuliana Gugliotti
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1 Commento
claudia 29 dicembre 2010 at 17:04 (Edit)
Ciò che hai scritto è purtroppo lo specchio di questa “munnezza” di realtà…. per la domanda
conclusiva beh penso in entrambi i casi vi sia un margine di verità, le istituzioni (se ci fossero)
incapaci di EDUCARE e i cittadini alcuni che mancano di senso civico nel modo più assoluto e altri
che sanno solo manifestare…..fossi in loro mi farei anche qualche domanda sulle proprie
abitazioni costruite nel Parco Nazionale del Vesuvio….
Complimenti per l’articolo!
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04/01/2011
Capodanno total look: dal Glam Rock …
Numero 7 del 28/12/2010
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Capodanno total look: dal Glam Rock all’animalier e
all’abito riciclato
MERCOLEDÌ, 29 DICEMBRE 2010 01:49
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Ecco, è tornato il problema che si ripropone ogni anno. Dopo la caccia
ai regali e l’abbuffata delle feste, da sempre ci complichiamo la vita
con la mise del 365esimo giorno dell’anno. Un classico vestito rosso
oppure un alternative style di tutto rispetto? Dramma esistenziale per
donne e uomini di ogni età per esorcizzare, quasi con una maniacale
superstiziosità, il passaggio al nuovo inizio.
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Numerose le mode proposte. La più gettonata è la Glam Rock. A
quanto pare per molti il modo migliore per salutare il 2010 è con gli
anni ’70/ ‘80! Nero, oro e rosso fanno da sfondo ai dettagli. Paillettes
e accessori invadenti fanno da protagonisti. Non importa che sia
lungo o corto, a mezze maniche o sbracciato. Il Glam Rock è
sinonimo di trasgressione. Uno stile in cui osare è d’obbligo, ma
senza scadere nel pacchiano. Da Tommy Hilfinger a Louis Vitton, tutte
le collezioni non hanno difatti dimenticato l’eleganza.
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Ma questi vestiti non sono per tutte le tasche, eppure nessuno vuole
rinunciare al veglione di San Silvestro. Ultimissima moda è il riciclo.
Rapido e indolore, nonché divertente. Si apre l’armadio, si sceglie un vestito e lo si reinventa con un
tocco personale. Sono i cosiddetti “Downshifters” che hanno adottato questa filosofia. Un modo per
essere originali e glamour senza bisogno di spendere grandi cifre. All’avanguardia numerosi negozi di
“second hand” che stanno aprendo. Numerosi i curiosi e i clienti. Si possono acquistare abiti di alta
moda rivisitati da giovani stilisti oppure barattare accessori vintage con abiti, fino ad arrivare a piccoli
oggetti d’arredo ripensati da esperti di design.
Altra tendenza per non passare inosservate a Capodanno è la moda Animalier che sta accompagnando
la stagione autunno/inverno di quest’anno. Un maculato a cui si possono attribuire mille virtù, ma non la
sobrietà. Ma a Capodanno, come detto, è giusto spingersi oltre. L’importante è tener ben presente che
non sono i singoli elementi, ma il total look a rendere il risultato finale. Quindi sandali e pochi accessori
neri sotto un abito animalier. Aggressivo e sensuale, ma con un tocco di classicità per evitare l’effetto
leopardo.
A proposito di total look, è a quello che bisogna pensare. Dall’intimo al trucco. Dopo l’abito e
l’accessorio, tocca alla lingerie. Dalla notte di fuoco che potrà puntare su un completo rosso, nero e
dorato – molto delicato nelle forme, ma senza diventare volgare – alla serata con gli amici tra case e
locali in cui la praticità si dovrà sposare con la superstizione del rosso. Sono ammessi anche corpetti
stretti al corpo da laccetti di raso, con una coppa preformata non visibile. Per poi passare al trucco. Base
impeccabile, magari illuminata da miniglitter per rimanere in tema “Glam Rock” oppure opaca per far
risaltare gli occhi. I trucchi elaborati vanno pensati per abiti semplici da pochi eccessi “stilistici”. Lo
smoky è adatto per ogni occasione. Magari nero sfumato con l’oro o l’argento.
Tante le tendenze e le mode per il 31dicembre, ma come avvisa anche Silvia Massimino, organizzatrice
dell’evento Change Up!, «Capodanno è una di quelle feste dell’anno in cui sentirsi glamour e
affascinanti è un imperativo. Mai come oggi la bellezza, però, porta con sé nuovi valori».
Roberta Santoro
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04/01/2011
Oasis V.S. Beady Eye | La rosa nera
Numero 7 del 28/12/2010
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Oasis V.S. Beady Eye
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MERCOLEDÌ, 29 DICEMBRE 2010 02:02
Attualità
NESSUN COMMENTO
Gli Oasis hanno dominato per oltre un decennio la scena
musicale inglese, arrivando al punto di essere la band di
riferimento principale, quasi una sorta di gruppo Totem attorno
al quale hanno gravitato e gravitano anche oggi vari gruppi che
hanno attinto a piene mani su stile, modo di comporre e
soprattutto sound, il sound inconfondibile degli anni ‘90 del Brit
Pop.
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Ora, con gli Oasis fuorigioco (per quanto ancora?) il minore dei
fratelli Gallagher, Liam, fresco della sua fashion label di
vestiario “Pretty Green”, si affaccia al 2011 con una nuova line
up, i Beady Eye (in pratica gli Oasis pre-scioglimento escluso il
buon Noel), e con un nuovo album, atteso per Febbraio,
‘Different Gear, Still Speeding’, battezzato dal cantante ‘meglio
di Definitely Maybe’, il chè suona come un’ eresia per chi ha
avuto modo di crescere con un album del genere.
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Prodotto in collaborazione con Steve Lilywhite e registrato la scorsa estate in tutta fretta ai Rak Studios di
Londra, il disco si ripromette una carica rock dalle influenze Psycho/Rock, Rock And Roll e Garage ann
‘60. Questa la scaletta che si compone di 13 pezzi: ’Four Letter Word’, ‘Millionaire’, ‘The Roller’, ‘Beatles
And Stones’, ‘Wind Up Dream’, ‘Bring The Light’, ‘For Anyone’, ‘Kill For A Dream’, ‘Standing On The Edge
Of The Noise’, ‘Wigwam’, ‘Three Ring Circus’, ‘The Beat Goes On’, ‘The Morning Son’.
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Molte però sono state le perplessità circa le reali potenzialità di questa band, a giudicare dall’ ascolto
del primo singolo ‘Bring The Light’, un rock’n’roll stile Jerry Lee Lewis (sic!) con piano polveroso e
battente e una serie di cori gospel ad incorniciare l’ ormai appassita e sempre meno convinta voce di
Liam. Poco dopo l’ uscita dell’ album i fan italiani avranno modo di tastare il polso della situazione a
Milano, dove i Beady Eye si esibiranno all’ Alcatraz come unica data italiana (info biglietti su TicketOne).
Intanto poche notizie sul maggiore dei fratelli, Noel Gallagher, che pare spassarsela fra pannolini
(nuovo pargolo per lui), Manchester City e nulla più. Dopo una fugace apparizione in primavera scorsa,
The Chief pare prendersela comoda riguardo un ipotetico debutto solista, si spera con più qualità
rispetto agli acerbi Beady Eye…
Marco Della Gatta
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04/01/2011
Il cinema del Natale tra Cinepanettoni…
Numero 7 del 28/12/2010
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Il cinema del Natale tra Cinepanettoni e Christmas
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MERCOLEDÌ, 29 DICEMBRE 2010 01:37
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In Italia si chiamano Cinepanettoni, in America Christmas Movie.
Due facce di una stessa medaglia, il Natale, ma anche due
generi agli antipodi nel modo in cui rappresentano la festa
religiosa più importante dell’anno.
La tradizione italiana, in quanto a cinematografia natalizia, è
ormai collaudata sul format del Cinepanettone, un fenomeno tutto
natalizio che non ha eguali in nessun altro paese del mondo,
diventato ormai un appuntamento immancabile del cinema
nazional-pololare durante le festività. Il termine, coniato dai critici
in senso dispregiativo per indicare alcuni film comico-demenziali
destinati ad uscire nelle sale durante il periodo natalizio, ha ormai
perso la sua connotazione originaria diventando di uso comune
tra gli addetti ai lavori e il pubblico che ogni anno affolla i cinema.
Al di là della loro tendenza alla ripetitività a livello sia tematico che stilistico, i cinepanettoni sono infatti
sinonimo di successo al botteghino, almeno a guardare gli incassi record registrati negli ultimi anni
(tanto che perfino il kolossal Avatar ha dovuto posticipare la sua uscita italiana al 15 gennaio 2010 per
timore di una debacle al box office). Possono essere stupidi, scontati, dozzinali, volgari, ma dopo 27
anni di onorata carriera il filone non sembra dare segni evidenti di cedimento. Tutto cominciò nel 1983
con Vacanze d Natale dei fratelli Vanzina. Fu quello l’inizio di un genere entrato di fatto nella storia del
cinema italiano tanto denigrato dalla critica quanto premiato dal pubblico.
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Negli Stati Uniti è diverso. Anche se negli ultimi anni i botteghini natalizi sono affollati di blockbuster e
commedie che hanno poco e niente a che vedere con il Natale, il cinema americano si porta dietro una
lunga tradizione di Christmas movies. Sono film di sentimenti che scaldano il cuore, emozionano e
commuovono. Di film in film, Hollywood ha alimentato la magia della festa e il mito di Babbo Natale. E
diciamo la verità, non è mai veramente Natale senza gustarsi un grande classico film natalizio. Li si può
guardare, due, cinque, dieci volte senza stancarsi mai ed ogni volta riescono a catapultarci come
d’incanto nello spirito della festa. Per molti in cima alle preferenze ci sono La vita è meravigliosa di
Frank Capra, Miracolo sulla 34esima strada di George Seaton, Willi Wonka e la Fab b rica di cioccolato, le
numerose versioni cinematografiche del classico di Dickens A Christmas Carol (l’ultima in ordine di
tempo porta la firma di Robert Zemeckis). Ma la lista dei classici di Natale diventati dei cult è talmente
infinita che sintetizzarla in poche righe è davvero impossibile. Volendo circoscriverla agli ultimi trent’anni
tra i film cult come non menzionare Una Poltrona per due di John Landis del 1983, diventato almeno in
Italia un inossidabile classico della sera della vigilia. E ancora la fortunatissima commedia familiare
Mamma ho perso l’aereo di Chris Columbus. Natale a tinte dark con The Nightmare b efore Christmas,
capolavoro animato di Tim Burton. Mentre per chi vuole sorridere non ha che l’imbarazzo della scelta. Si
va da Una Promessa è una promessa con uno Schwarznegger padre superimpegnato in cerca del
giocattolo più ambito del Natale a The Family Man dove Nicholas Cage interpreta un manager
ambizioso che si risveglia per magia nella vita che avrebbe vissuto se avesse seguito il vero amore. E
poi ancora, Elf, Il Grinch, Bab b o Bastardo, Natale in affitto, Jack Frost o le commedie romantiche Love
Actually e L’amore non va in vacanza.
Enrica Raia
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04/01/2011
Ufo a Rivello | La rosa nera
Numero 7 del 28/12/2010
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Ufo a Rivello
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MARTEDÌ, 04 GENNAIO 2011 15:58
Attualità
NESSUN COMMENTO
RIVELLO – «Una luce grande, strana che si
muoveva nel cielo stellato». Ecco il racconto di
Giuseppe Noia, di Lagonegro, che la notte di San
Silvestro (una ventina di minuti dopo la
mezzanotte) dice di aver visto un Ufo nel cielo tra
Lagonegro e Rivello. Non l’ha visto solo lui ma
anche sua figlio di 11 anni e sua moglie che
erano dalla suocera, in contrada «Molingiuolo» di
Rivello, per festeggiare l’arrivo del 2011.
Quando una persona vede un Unidentified Flying
object (oggetto volante non identificato) ha due
possibilità: o lo dice o fa finta di niente. Giuseppe
Noia lo ha detto al giornalista. «Dopo essere
uscito per controllare se ci fossero botti inesplosi
– racconta Giuseppe – faccio per rientrare a casa quando all’improvviso una luce molto forte solca il
cielo buio e terso, da Ovest verso Est, attirando la mia attenzione. Anche mia moglie la vede. Sembra
una stella, ma molto più grande e con un bagliore intorno. Proviene da sopra la montagna Mangarrone.
Man mano che si avvicina riesco a scorgere anche la forma circolare e schiacciata. L’oggetto è
luminoso e di colore arancio intenso. Allora capisco che non si tratta di una stella ma di qualcos’altro.
Ma non può essere un aereo, le dimensioni non corrispondono e la luce non è ad intermittenza, né un
fuoco d’artificio perché i botti sono finiti da un po’ e non c’è alcun tipo di rumore. A livello di altezza nel
cielo sembra fisso».
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Il racconto di Giuseppe prosegue. «Sono corso in casa per prendere un binocolo, mentre mio figlio è
rimasto lì ad osservare meglio. Quando sono tornato l’Ufo si stava allontanando ma Valerio lo ha visto
bene. Mi ha fatto anche il disegno: la forma dell’oggetto è come un disco bombato nella parte superiore
e con delle specie di finestrelle. E’ scomparso con un’accelerazione improvvisa verso l’alto, in direzione
della contrada Fortino di Lagonegro. Penso che anche altri possono aver visto questo fenomeno. Qual
ora così fosse li invito a segnalarlo in qualche modo». Insomma, chissà che gli alieni non abbiano
voluto augurarci il buon anno.
«Personalmente – conclude Giuseppe – data la grandezza dell’universo ritengo possibile che esistano
altre forme di vita oltre la nostra». Intanto c’è già chi dopo aver sentito il racconto di Giuseppe ricorda di
aver visto un fenomeno analogo, tempo fa, a Lagonegro. Si tratta davvero di Ufo che si aggira per la
Basilicata?. Il mistero resta.
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04/01/2011
Luigi Broglio, il Von Braun italiano | La…
Numero 7 del 28/12/2010
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Luigi Broglio, il Von Braun italiano
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MERCOLEDÌ, 29 DICEMBRE 2010 17:04
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Qualcuno lo ha definito il Von Braun italiano, è stato lo
scienziato che ha fatto inserire l’Italia al terzo posto nella
classifica assoluta dopo la vecchia URSS e gli Usa tra le
nazioni che hanno messo in orbita, nel 1964, un satellite
artificiale di propria costruzione.
Nasce a Mestre nel 1911 e già nel 1950 insegnava agli
americani matematica e fisica a La Favette. Dopo due anni
fece parte di un gruppo di scienziati internazionali che
realizzò un tunnel supersonico da Mach 4.
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Nel 1961 propose al capo del governo italiano Amintore Fanfani, il progetto per la messa in orbita del
primo satellite artificiale italiano.
Fu cosi che nacque il progetto San Marco, che vide la sua prima realizzazione il 15 dicembre 1964.
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Dimessosi nel 1993 dalla agenzia spaziale italiana, il generale Broglio continuò a dedicarsi ai sui studi
fino alla morte che avvenne a Roma nel Gennaio del 2001.
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Le Piazze dell’Economia Solidale a Na…
Numero 7 del 28/12/2010
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Le Piazze dell’Economia Solidale a Napoli
Sezioni
MERCOLEDÌ, 29 DICEMBRE 2010 01:32
Attualità
NESSUN COMMENTO
Si è concluso a Scampia il 23 dicembre, in piazza Giovanni
Paolo II, il ciclo di incontri delle Piazze dell’Economia
Solidale, il percorso itinerante, partito nel mese di Maggio,
che ha visto coinvolti diversi quartieri della città – dal centro
storico alla periferia – e che, una volta al mese, ha reso
protagoniste le piazze, troppo spesso deserte ed
abbandonate alla trascuratezza e all’indifferenza di cittadini
e amministrazioni locali. L’iniziativa è stata pensata,
progettata e promossa dal Distretto di Economia Solidale
“Partenope Solidale” in collaborazione con il Comitato
Spazio Pubblico Scampia, il Comitato Diritti Ambiente
Salute “Centro storico”, il Coordinamento Parco Case
Puntellate e il Coordinamento Parco Sociale Ventaglieri. Gli
incontri hanno, inoltre, ricevuto l’adesione della Seconda,
Quinta e Ottava Municipalità di Napoli.
Dal progetto Rete per l’Economia Solidale sono nati diversi
Distretti – di cui “Partenope Solidale” è un esempio – che,
sparsi in Italia, fungono da “laboratorio” per la
sperimentazione di una diversa economia, opposta allo smodato consumismo capitalistico, basata sul
rispetto della persona e dell’ambiente nonché sul sostegno alla produzione locale. Si tratta di una
“filosofia economica” che punta alla trasparenza, alla sostenibilità ecologica, alla conservazione delle
specificità locali anche in termini di culture e pratiche tradizionali, valorizzando le risorse e i prodotti dei
singoli territori.
All’interno delle piazze scelte per questo primo ciclo annuale di incontri, i cittadini hanno potuto
incontrarsi per “fare la spesa”, acquistando prodotti genuini e a “buon mercato”, riscoprendo il piacere di
vivere e conoscere il proprio territorio, piuttosto che un affollato e, spesso, claustrofobico centro
commerciale. Il progetto nasce, del resto, grazie all’impegno di cittadini napoletani intenzionati a
riappropriarsi degli spazi pubblici della propria città, martoriata quotidianamente dal traffico, dall’incuria
e dall’inciviltà che impediscono di “viverne” pienamente le strade.
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La piazza riacquista così il suo senso originario, quello dell’agorà dell’antica Grecia, punto nevralgico
della polis, centro di incontro, relazione ed aggregazione. Come insegna la storia, nell’antica Grecia la
piazza era il centro vitale della città sia dal punto di vista economico, poiché era la sede del mercato –
dunque centro dei commerci e degli affari cittadini – sia dal punto di vista politico, poiché era proprio in
piazza che gli uomini si incontravano per discutere dei problemi del territorio, per riunirsi in assemblea e
decidere le sorti della città, in quello che è stato il periodo nascente della democrazia.
Oggi, il senso di tutto questo sembra essere davvero molto lontano: la politica è rinchiusa tra le mura di
ville gentilizie e palazzi famosi, mentre il commercio è confinato tra supermercati e centri commerciali o,
a livello internazionale, è posto completamente nelle mani di agenti di borsa, imprenditori e speculatori
vari. Le Piazze dell’Economia Solidale, invece, mirano a capovolgere questa prospettiva, a vincere le
nuove dinamiche politico-sociali partendo dal locale e dall’economia, ma senza soffermarsi
esclusivamente su di essa, promuovendo piuttosto la Piazza come luogo di incontro tra i cittadini, com e
luogo di contatto e relazione. Durante gli eventi è stato possibile, infatti, assistere a momenti di
intrattenimento e visitare stands delle associazioni locali, delle cooperative oltre che dei Gruppi di
Acquisto Solidale. Particolare attenzione è stata dedicata, naturalmente, al problema “spazzatura” e alla
necessità di avviare, a Napoli, un programma adeguato di raccolta differenziata; in ogni piazza è stato
allestito uno stand dove i cittadini hanno avuto la possibilità di porre domande, informarsi e confrontarsi
sul problema, riportando concretamente la piazza al suo significato originario: costruire relazioni tra i
cittadini e “fare politica” in senso “stretto” e reale, occupandosi dei problemi della polis e cercando di
contribuire alla loro risoluzione.
Sara Di Somma
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Pensioni: nuova disciplina normativa |…
Numero 7 del 28/12/2010
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Pensioni: nuova disciplina normativa
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MERCOLEDÌ, 29 DICEMBRE 2010 12:11
Attualità
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La pensione pubblica si allontana sempre di più. Dal 2011 i
requisiti per la rendita di anzianità fanno un altro scatto in
avanti. E debutteranno le nuove finestre mobili: per
riscuotere materialmente l’assegno, una volta raggiunti i
requisiti, i lavoratori dipendenti dovranno aspettare dodici
mesi e gli autonomi un anno e mezzo. Vediamo le novità.
Anzianità più difficile
Dal prossimo anno i lavoratori dipendenti andranno in
pensione anticipata rispetto all’età di vecchiaia soltanto se
la somma dell’età anagrafica e dell’anzianità lavorativa
ammonta a 96 la cosiddetta «quota 96», a patto che
abbiano almeno 60 anni d’età. Quindi occorrono 60 anni di età e 36 di contributi, oppure 61 anni e 35 di
versamenti. Ai fini del raggiungimento dei requisiti, nel rispetto dei limiti minimi di età e contribuzione,
contano anche le frazioni d’anno. Ad esempio matura il diritto alla pensione di anzianità anche il
dipendente che a marzo 2011 può vantare 60 anni e 6 mesi di età e una contribuzione di 1.846
settimane 35 anni e sei mesi. Più dura la vita degli autonomi artigiani, commercianti, coltivatori diretti,
per i quali la quota è fissata a 97, con un minimo di 61 anni di età: possono pertanto ottenere la
pensione con 61 anni e 36 di contributi, oppure 62 di età e 35 di versamenti. Anche in questo caso
valgono le frazioni d’anno. Fino al 31 dicembre 2010 era in vigore la quota 95 per i dipendenti età
minima 59 anni e 96 per gli autonomi minimo 60 anni.
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La finestra è mobile
I lavoratori dipendenti che maturano il diritto a partire dal primo gennaio 2011 potranno intascare
l’assegno dell’Inps anzianità o vecchiaia dopo un anno dalla data di maturazione dei requisiti anagrafici
e contributivi. Un anno e mezzo di panchina, invece, per chi si è messo in proprio artigiani,
commercianti, coltivatori diretti. Praticamente, una volta raggiunto il requisito, il pagamento scatta a
partire dal 13° mese successivo per i dipendenti e dal 19° mese per gli autonomi.
Chi quindi li matura a 60 anni avendo raggiunto già il monte contributivo potrà ricevere la pensione solo
dopo aver compiuto i 61 anni. Per i lavoratori autonomi l’età per la pensione di anzianità si alza ancora di
più, visto che ai 61 anni come età minima per l’uscita vanno aggiunti 18 mesi di attesa della finestra
mobile arrivando a 62 e mezzo. Gli uomini che non hanno i requisiti contributivi per l’anzianità e devono
aspettare l’età di vecchiaia 65 anni usciranno quindi a 66 i dipendenti; mentre per gli autonomi ce ne
vorranno 66 e mezzo. Le nuove regole sulla decorrenza, che riguardano solo coloro che raggiungono i
requisiti a partire dal 2011, non si applicano al personale della scuola gli insegnanti continueranno ad
andare in pensione dal 1° settembre di ogni anno, a coloro che avevano in corso il periodo di preavviso
alla data del 30 giugno 2010 e che maturano i requisiti entro la data di cessazione del rapporto di lavoro,
e, nel limite di 10 mila unità, coloro che si trovano in mobilità con accordo stipulato entro il 30 aprile
scorso, nonché i lavoratori coinvolti nei cosiddetti piani di esubero banche, assicurazioni, ecc.. Per chi
raggiunge i requisiti entro il 2010 si applicano le vecchie finestre con cadenza trimestrale per le pensioni
di vecchiaia e di anzianità con 40 anni di contributi, semestrali per chi utilizza il sistema delle quote. I dati
Istat registrano che nel 2010 l’età media di chi ha raggiunto il pensionamento è di poco più di 61 anni,
ma già a partire dal 2011, grazie alla finestra mobile, si prevede che la media salirà gradualmente e
supererà i 62 anni, avvicinandosi ai 63.
Pensioni rosa
La pensione di anzianità dal 2011, come abbiamo detto, richiede un’età minima di 60 anni. Per le
lavoratrici del settore privato ciò coincide con il limite di età previsto per la vecchiaia. Possiamo dire
quindi che per le donne, che non possono contare su 40 anni di versamenti, la pensione anticipata non
esiste più. Diversa situazione invece per le impiegate nel pubblico impiego, che hanno un requisito
anagrafico per la vecchiaia di 61 anni che salirà a 65 dal 2012. Per loro sarà ancora possibile l’uscita
anticipata per anzianità con 60 anni di età e 36 di contributi. Anche qui si applica la finestra mobile e
quindi un anno di attesa una volta raggiunti i requisiti anagrafici e contributivi. Sarà comunque possibile
avere la pensione di anzianità, indipendentemente dall’età, con almeno 40 anni di contributi, ai quali
andranno comunque sommati i 12 mesi di attesa della finestra mobile, e diventano così 41.
Quanto ci costa
Una buona notizia: il programmato aumento della quota di contribuzione a carico dei lavoratori, destinata
al fondo pensioni più 0,09% dal primo gennaio 2011, è stato cancellato con la recente approvazione
della cosiddetta Legge di Stabilità. La pensione si allontana, ma perlomeno non ci costa di più.
Gli aumenti
Dal primo gennaio, grazie allo scatto di scala mobile 1,4% le pensioni minime aumentano di 7 euro al
mese passando da 460,97 a 467,43 euro. Con l’incremento Istat, sale anche l’assegno sociale, la
rendita assistenziale corrisposta agli ultrasessantacinquenni privi di altri redditi, che sale da 411,53 a
417,30 euro al mese. Mentre la pensione sociale raggiunge 343,90 euro al mese. Quest’anno, a
differenza dell’anno scorso, non ci sarà alcun conguaglio. Né positivo, né negativo. Brutte notizie, invece,
per le rendite medio alte, comprese cioè tra 3 e 5 volte il trattamento minimo Inps. Per il triennio 20082010 hanno potuto godere di una copertura totale, 100% dello scatto Istat, mentre dal 2011 non sarà più
così. L’aumento per l’anno prossimo sarà così articolato: 1,4% ossia l’aliquota intera sulla fascia di
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04/01/2011
Pensioni: nuova disciplina normativa |…
pensione mensile sino a 1.382,91 euro, il triplo del minimo di dicembre 2010; 1,26% 90%
dell’incremento sulla fascia compresa tra 1.382,91 e 2.304,85 euro; 1,05% 75% dell’aliquota sulla quota
mensile eccedente 2.304,85 euro, cinque volte il minimo 2010.
Il vecchio milione
Chi beneficia della maggiorazione prevista dalla Finanziaria 2002 che a suo tempo ha consentito di
riscuotere 516.46 euro il famoso milione di lire al mese del precedente governo Berlusconi, nel 2011
incasserà 604 euro. L’anno prossimo l’«ex milione», che ricordiamo spetta agli ultrasettantenni o
ultrasessantenni se invalidi totali, verrà attribuito a condizione che l’interessato non consegua redditi
propri d’importo superiore a 7.850 euro. Se si tratta di soggetto sposato è inoltre necessario che il
reddito, cumulato con quello del coniuge, non superi i 13.275 euro redditi di qualsiasi natura, compresi
quelli esenti, con esclusione della casa di abitazione.
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