LA SOLUZIONE. Coltivazione di cannabis indica a scopo

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LA SOLUZIONE. Coltivazione di cannabis indica a scopo
SOLUZIONE DELLA TRACCIA DI DIRITTO
OLIMPIADI DEL DIRITTO
PENALE ASSEGNATA IN OCCASIONE DELLE
PARERE DIRITTO PENALE
Il sig. Caio coltivava nella propria abitazione 4 piantine di cannabis indica che poi, dopo apposita
lavorazione inseriva in dei vasetti di vetro muniti di un apposito stoppino con della paraffina destinati a
realizzare degli insoliti lumetti.
A seguito di una perquisizione svolta nella propria abitazione, in virtù di apposita ordinanza disposta
dall’A.G., i carabinieri rinvenivano, fotografavano e sequestravano i lumini e le piantine.
Il sig. Caio temendo le conseguenze penali per la propria condotta si rivolgeva ad un legale. Il candidato
dopo aver premesso brevi cenni sul principio di necessaria lesività in materia penale, si soffermi sulla
eventuale contestabilità dei reati ascrivibili al suddetto Sig. Caio (ai sensi del T.U. stupefacenti) redigendo
motivato parere.
LA SOLUZIONE.
Coltivazione di cannabis indica a scopo ornamentale: quando è penalmente irrilevante.
Cassazione penale, sez. VI, sentenza 31 ottobre 2007, n.40362.
La coltivazione di piante da cui possono ricavarsi sostanze stupefacenti, che non si sostanzia nella
coltivazione in senso tecnico - agrario ovvero imprenditoriale, e ciò per l'assenza di alcuni
presupposti, quali la disponibilità del terreno, la sua preparazione, la semina, il governo dello
sviluppo delle piante, la disponibilità di locali per la raccolta dei prodotti, e che, pertanto, rimane
nell'ambito concettuale della c.d. coltivazione domestica, ricade, pur dopo la novella introdotta con
la L. n. 49 del 2006 di conversione del D.L. n. 272 del 2005, nella nozione, di genere e di chiusura,
della detenzione, sicché occorre verificare se, nella concreta vicenda, essa sia destinata ad un uso
esclusivamente
personale
del
coltivato.
La coltivazione di cinque piante di canapa indiana, una delle quali immersa in una vasca piena
d'acqua, destinate ad adornare l'interno di vasetti di vetro che, riempiti di paraffina e muniti di
stoppino, venivano messi in commercio come lumini non vale ad integrare gli estremi del reato
previsto dall'art. 73 D.P.R. n. 309/90.
Cassazione penale, sez. VI,
sentenza 31 ottobre 2007, n.40362
Pres. Ambrosini – est. Mannino
1
In fatto e in diritto
Con sentenza del 14 gennaio 2003 n. 11 il G.u.p. del Tribunale di Savona assolveva L. M. dal reato
previsto dall'art. 73 D.P.R. n. 309/90, commesso in Erli (SV) il 6 luglio 2001 perché il fatto non
sussiste.
Avverso la sentenza proponeva appello il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Savona, chiedendo che l'imputato fosse dichiarato colpevole del reato ascrittogli.
Con sentenza del 1° luglio 2005 n. 1779 la Corte d'appello di Genova confermava la sentenza di
primo
grado.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso la
Corte d'appello di Genova, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi: Violazione dell'art. 73
D.P.R. n. 309/90 (art. 606 lett. b) c.p.p.) perché non è possibile ipotizzare che un privato possa
lecitamente coltivare piante di canapa indiana per scopi ornamentali, in quanto il legislatore
considera pericolosa per la salute pubblica ogni forma di diffusione della droga e, inoltre, non è mai
possibile, nel momento in cui la coltivazione è in atto, individuare l'effettiva futura destinazione
delle
piante
in
coltivazione.
L'impugnazione
è
infondata.
Secondo una recente decisione di questa Corte la coltivazione di piante da cui possono ricavarsi
sostanze stupefacenti, che non si sostanzia nella coltivazione in senso tecnico - agrario ovvero
imprenditoriale, e ciò per l'assenza di alcuni presupposti, quali la disponibilità del terreno, la sua
preparazione, la semina, il governo dello sviluppo delle piante, la disponibilità di locali per la
raccolta dei prodotti, e che, pertanto, rimane nell'ambito concettuale della ed. coltivazione
domestica, ricade, pur dopo la novella introdotta con la L. n. 49 del 2006 di conversione del D.L. n.
272 del 2005, nella nozione, di genere e di chiusura, della detenzione, sicché occorre verificare se,
nella concreta vicenda, essa sia destinata ad un uso esclusivamente personale del coltivato (Cass.,
Sez.
6,
18
gennaio
2007
n.
17983,
rie.
Notaro).
Il precedente giurisprudenziale è adeguato alla vicenda processuale in oggetto, nella quale la
coltivazione riguarda cinque piante di canapa indiana, una delle quali immersa in una vasca piena
d'acqua, destinate secondo l'assunto difensivo a adornare l'interno di vasetti di vetro che, riempiti di
paraffina e muniti di stoppino, venivano messi in commercio come lumini. La conforme decisione
sul punto dei due gradi di merito non lascia dubbi sull'accertamento e sulla valutazione del fatto, né
sull'assenza della destinazione all'uso di terzi, per cui dev'essere confermata la decisione di liceità
della condotta, concordemente espressa dai primi Giudici. Il ricorso del P.G. avverso la sentenza
impugnata non può pertanto essere accolto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Nota
1. Il caso deciso.
Il sig. L. M. è accusato del reato previsto all’art. 73 d.P.R. 309 del 1990 per aver coltivato nella
propria abitazione cinque piante di cannabis indica destinate a funzioni ornamentali. In particolare il
vegetale sarebbe poi stato inserito in vasetti in vetro che, con tanto di stoppino e paraffina,
avrebbero
realizzato
insoliti
lumetti
dall’esotica
fragranza.
In primo grado l’imputato viene assolto, perché il fatto non sussiste, dal G.U.P. di Savona. La
pronuncia assolutoria trova conferma anche da parte della Corte d’appello di Genova, sollecitata
mezzo
ricorso
dal
Procuratore
della
Repubblica
di
Savona.
Nondimeno, propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso la Corte
d'appello di Genova, chiedendone l'annullamento.
2. La questione.
2
Può ritenersi penalmente irrilevante la coltivazione non autorizzata di sostanze stupefacenti se
destinata a scopi ornamentali? Può sul punto farsi tesoro di quanto recentemente opinato nel
distinguere la coltivazione imprenditoriale da quella cd. domestica?
3. La risposta di Cassazione penale, sez. VI, sentenza 31 ottobre 2007, n.40362.
Nel ritenere lecita o meno la coltivazione di sostanze stupefacenti non rileva il dato della
destinazione ornamentale, sostengono gli Ermellini, ma risultano determinanti i criteri posti dalla
Suprema corte per distinguere la coltivazione industriale–agricola da quella meramente domestica;
destinata la prima alla chiara finalità della cessione a terzi, funzionale la seconda a soddisfare
bisogni
di
natura
prettamente
individuale.
In funzione discretiva tra le due ipotesi si valorizza quanto già precedentemente indicato, tanto dalla
giurisprudenza di legittimità quanto da quella di merito: la tipologia delle tecniche di coltura, la
disponibilità di locali per la raccolta del prodotto, l’impiego di capitali di un certo rilievo, i
precedenti penali del “coltivatore”…
4. Nota esplicativa.
A distanza di pochi mesi la Corte di cassazione ritorna sulla coltivazione domestica di stupefacenti,
ribadendone l’irrilevanza penale.
Tre gli orientamenti in materia che si fronteggiano.
Aderendo ad una logica di estremo rigore alcune pronunce, facendo leva sulla lettera del decreto
309 del 1990 che non distingue, come avviene in fatto di detenzione, a seconda della destinazione
della coltivazione, ritengono, anche in presenza di un esiguo numero di piantine, integrato il reato di
cui all’art. 73.
A suffragio dell’assunto si sottolinea la natura del reato, di pericolo astratto o presunto, del reato di
coltivazione di sostanze stupefacenti. Ne discenderebbe l’irrilevanza sia di fattori qualitativi (il
grado di tossicità) che quantitativi (il numero di piante), utili all’esegeta solamente in chiave
sanzionatoria (potrebbero valere ai fini dell’applicazione della circostanza aggravante speciale della
“ingente
quantità”
di
cui
all’art.
80
d.P.R.
309/1990).
Addirittura anche il grado di maturazione raggiunto dalla pianta non sarebbe determinante, dovendo
intendersi per coltivazione proibita quell’attività che, partendo dalla semina, giunge sino alla
raccolta.
La coltivazione, secondo quest’approccio, sarebbe più gravemente presa in considerazione in
quanto idonea, anche se semplicemente in astratto, ad aumentare il pericolo di diffusione delle
sostanze droganti.
Su posizioni meno rigide si assesta altra giurisprudenza che, valorizzando i fondamentali
insegnamenti della Corte delle leggi (Corte Cost., sentenza 24 luglio 1995, n. 360), escluderebbe la
realizzazione del delitto solamente in presenza di un dato quantitativo estremamente ridotto (la
Corte costituzionale, nel caso sottoposto al suo vaglio, ha analizzato l’ipotesi di una sola piantina
coltivata). Secondo i custodi della Grundorm, sebbene il legislatore abbia nelle sue previsioni
presunto una oggettiva pericolosità in fatto di coltivazioni di stupefacenti, la coltura di un solo
esemplare di pianta proibita verrebbe a privare dei crismi della tipicità la condotta concreta, non
riconducibile pertanto alla fattispecie concreta.
Diverse le conclusioni emerse in altre decisioni.
Prendendo le mosse dal principio di necessaria offensività, difatti, sarebbe possibile distinguere
varie forme di coltivazione. Una prima tipologia, detta anche tecnico-agraria, si caratterizzerebbe
per un elevato coefficiente organizzativo desumibile dal tipo di coltivazione posta in essere (se in
terreno o in vaso), dal tipo di semina e di governo della coltivazione, dalla disponibilità di attrezzi,
strutture e sostanze da cui desumere un approccio chiaramente imprenditoriale nella coltivazione.
Non suscettibile di sanzione penale, invece, risulterebbe la coltura cd. domestica, effettuata in via
approssimativa e rudimentale e i cui frutti sarebbero funzionali ad un utilizzo meramente personale.
Nella sentenza che si commenta si contesta la coltivazione di cinque piante di cannabis indica.
L’imputato deteneva presso il proprio domicilio i vegetali proibiti destinati ad un utilizzo
ornamentale. Trattasi di destinazione indiretta, non essendo gli esemplari di marijuana, quasi
3
fossero un ficus benjamin qualunque, utilizzati immediatamente per adornare ambienti. Il loro
coltivatore, difatti, era solito adoperare il prodotto per realizzare dei piccoli lumi: inserendo le foglie
della pianta in vasetti in vetro, riempiva quest’ultimi di paraffina e con uno stoppino si
trasformavano
in
insolite,
ma
comunque
innocue
fonti
di
luce.
La pronuncia, per la verità, fa riferimento alle circostanze da ultimo esposte in via del tutto
incidentale, fondando la scelta della irrilevanza penale sui parametri precedentemente messi in luce
per distinguere la coltivazione imprenditoriale da quella domestica. Semmai la destinazione
ornamentale varrebbe ad escludere del tutto la finalità del consumo, tanto per se stessi quanto per i
terzi. Sempre che… anche il semplice annusare i lumetti non illumini stupefacentemene il loro
acquirente!
5. Precedenti conformi.
- Corte Cost., sentenza 24 luglio 1995, n. 360 (la Corte delle leggi ritiene non punibile perché
assolutamente inidonea a ledere la realtà giuridica protetta la coltivazione di una sola piantina);
- Tribunale di Bologna – Sezione dei Giudici per le indagini preliminari, sentenza 10 ottobre 2007,
n. 1392 (il Tribunale emiliano manda assolti due universitari riconoscendo la natura domestica della
coltivazione da loro curata);
- Cassazione penale, sez. VI, sentenza 18 gennaio 2007, n. 17983 (si afferma la dicotomia
coltivazione imprenditoriale/coltivazione domestica);
- Cassazione penale, sentenza 17 settembre 2002, n. 37253 (sulla scia della nota pronuncia della
Corte costituzionale, la Cassazione ritiene priva di significato penale la coltivazione di un solo
esemplare di cannabis indica).
6. Precedenti difformi.
- Cassazione penale, sez. IV, sentenza 15 novembre 2005, n. 150 (gli Ermellini ravvisano la
sussistenza del delitto indipendentemente dal principio attivo contenuto nelle piante vietate);
- Cassazione penale, sez. VI, sentenza 9 giugno, 2004, n. 31472 (la Corte ritiene di pericolo astratto
il delitto di cui all’art. 73, d.P.R. 309/1990, risultando pertanto irrilevante il numero di piante
coltivate).
4