Metr. Ilarion, SLOVO - Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture

Transcript

Metr. Ilarion, SLOVO - Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture
Università degli Studi "Roma Tre"
Dipartimento di Lingue, letterature e culture straniere
Area Slavistica
Prof. Krassimir STANTCHEV
Gli Slavi:
unità e differenziazione etnolinguistica e storico-culturale
DISPENSA DI
FILOLOGIA SLAVA
PER IL CORSO TRIENNALE
Programma del corso
1. L'etnogenesi degli Slavi e la lingua protoslava
2. Le migrazioni slave, la divisione dello spazio etno-linguistico, la formazione dei primi Stati
slavi
3. L’opera di Cirillo e Metodio e la nascita della civiltà scrittoria slava: gli alfabeti slavi, la
lingua paleoslava (o slava antica), le prime opere letterarie
4. Le tradizioni cirillometodiane dalla Grande Moravia al Primo impero bulgaro e alla Rus’ di
Kiev
5. Dal paleoslavo e le sue redazioni allo slavo ecclesiastico e alla formazione delle lingue
slave moderne: classificazione e principali caratteristiche di queste ultime. La stampa cirillica
Bibliografia di base
Stantchev K., Dispensa di Filologia slava per il corso triennale [questa qua] e allegati (verranno
forniti in formato PDF o in fotocopie)
Garzaniti M., Gli Slavi. Storia, culture e lingue dalle origini ai nostri giorni, a cura di F.
Romoli, Carocci editore, 2013 (nella Dispensa citato come Garzaniti 2013 con indicazione
delle pp.) – capitoli indicati dal professore. N.B. Non sostituisce la dispensa!
Boriero Picchio L., La letteratura bulgara con un profilo della letteratura paleoslava, SansoniAccademia, 1969 (pp. 9-69: Introduzione alla letteratura paleoslava – il testo verrà fornito in
fotocopie);
Vite paleoslave dei santi Cirillo e Metodio
– in traduzione italiana: – Peri V. (a cura di), Cirillo e Metodio. Le biografie paleoslave, Ed.
O.R., Milano 1981 oppure Le Vite paleoslave di Cirillo e Metodio, a cura di M. Garzaniti, in
A.E. Tachiaos, Cirillo e Metodio. Le radici cristiane della cultura slava, Jaca Book 2005, pp.
163-223;
– in traduzione russa: Флоря, Борис Н., Сказания о начале славянской письменности, ІІ
изд., "Алетейя", С.-Петербург 2000, стр. 135-338.
Per un approfondimento:
Marcialis N., Introduzione alla grammatica paleoslava, Firenze University Press, 2005
[Biblioteca di Studi Slavistici, 1], (Seconda ed.: 2007), Introduzione.
2
Programma dettagliato
tema
ore previste
0. Introduzione al corso: Che cos'è la filologia? Cenni storico-bibliografici sullo
sviluppo e lo stato attuale della Filologia slava. Indicazioni bibliografiche
2
1. L'etnogenesi degli Slavi e la lingua protoslava
1.1. La questione della protopatria slava. Slavi e baltici. Protoslavo
(o ‘slavo comune’) e paleoslavo (o ‘slavo antico’): terminologia, periodizzazione
1.2. Protoindoeuropeo ! protoslavo ! paleoslavo:
principali cambiamenti fonetici
4
2. Le migrazioni slave, la divisione dello spazio etno-linguistico,
la formazione dei primi stati slavi e la loro cristianizzazione
2
3. L’opera di Cirillo e Metodio e la nascita della civiltà scrittoria slava
3.1. Costantino Filosofo (s. Cirillo) e Metodio: vita e opera; le loro Vite paleoslave
3.2. Le prime traduzioni in lingua (paleo)slava
3.3. L’alfabeto glagolitico: struttura, base linguistica, ulteriore sviluppo
3.4. L’attività dell’arcivescovo Metodio dopo la morte di s. Cirillo;
le sorti dell’opera cirillometodiana presso gli Slavi occidentali
4. Le tradizioni cirillometodiane dalla Grande Moravia al Primo impero
bulgaro e alla Rus’ di Kiev
4.1. Gli allievi cirillometodiani in Bulgaria (886-893): il nuovo status della
lingua paleoslava; le nuove traduzioni; il nuovo alfabeto, il cirillico,
e il suo rapporto con il glagolitico
4.2. Il ‘secolo d’oro’ della letteratura anticobulgara e la formazione
del sistema letterario della Slavia ortodossa
4.3. L’inizio dell’attività scrittoria nella Rus’ di Kiev
5.Dal paleoslavo e le sue redazioni allo slavo ecclesiastico e alla formazione
delle lingue slave moderne. La stampa cirillica
5.1. Varianti locali (‘redazioni’) del paleoslavo e il loro rapporto
con le parlate locali nell’ambito della Slavia ortodossa; il problema
della formazione delle lingue nazionali
5.2. Le lingue slave meridionali nell’epoca nazionale
5.3. La Slavia orientale e la formazione delle sue lingue; lo slavo
ecclesiastico ‘sinodale’
5.4. La stampa cirillica; la riforma dell’alfabeto e la diffusione del
cirillico moderno
2
4
2
2
2
2
4
2
2
2
2
2
(totale 36 ore)
3
1. L'etnogenesi degli Slavi e la lingua protoslava
1.0. Gli indoeuropei
La proto-patria dei popoli indoeuropei è stata ipotizzata o nella zona dei Balcani e della
Asia Minore, o nel Sud dell'Asia Centrale. Tuttavia, secondo le ultime ricerche linguo-etnoantropologiche, essa sarebbe stata localizzata nella zona montagnosa del Kurdistan, intorno ai
laghi di Van e di Urmia, limitata a sud-ovest dal corso superiore del fiume Tigri e a Nord dal
monte Ararat (dove si crede che fosse approdata l'arca di Noè). È il territorio dove nascono gli
Stati arcaici di Urartu e Assiria. Di là i diversi gruppi etno-linguistici si spostano verso l'Iran,
verso l'India e verso l'Europa. Questi ultimi si stabiliscono per qualche tempo nelle terre a
nord del Mar Nero, per diffondersi fra il III e il I millennio a. C. in tutta l'Europa.
Mappa e dettagli: http://it.wikipedia.org/wiki/Lingue_indoeuropee
1.1. La questione della protopatria slava. Slavi e baltici. Protoslavo (o ‘slavo comune’) e
paleoslavo (o ‘slavo antico’): terminologia, periodizzazione
1.1.1. La proto-patria degli Slavi ovvero il loro habitat primitivo, a prescindere da alcune
vecchie teorie (‘pannonica’, ‘danubiana’) già superate, è da collocare nelle pianure
dell'Europa Centro-Orientale, a nord e nord-est della catena dei Carpazi, tra i fiumi Vistola,
Oder, Dnestr superiore e Dnepr, con centro immaginario nel punto d'intersezione dei confini
tra gli odierni Stati di Bielorussia, Polonia e Ucraina (v. figura 2 in Garzaniti 2013: 44). Da lì
nei secoli VI-VII numerose tribù slave mossero, in modo pacifico, in direzione nord/nordovest, mescolandosi con i Baltici, a ovest verso le terre dei Germanici, a est in direzione
dell'odierna Russia, a sud-est verso la Crimea (Chersoneso) e a sud verso i Balcani, aggirando
i Carpazi o da ovest (attraverso la pianura pannonica) o da est (il delta del Danubio e il Mar
Nero). In questo modo entrarono in contatto attivo con popolazioni di lingue baltiche,
germaniche, paleo-balcaniche, greca, (tardo)latina e iraniche (in particolare con i Sarmati).
Sulla genesi dell'etnonimo ‘Slavi’ non esiste un'ipotesi del tutto convincente e accettata
dalla maggioranza degli studiosi. È da ritenere leggendaria l'etimologia da slava ('gloria'),
quindi slavan, slaven ('glorioso, popolo glorioso'). Non è del tutto priva di fondamento,
invece, l'ipotesi che l'etnonimo sia di origine germanica, dall'ipotetico protogermanico
*slavoz, 'muto' (cfr. il gotico slawan, 'tacere, essere muto'), ovvero che i Germanici
chiamassero gli Slavi 'muti' (perché non parlavano la loro lingua) esattamente come gli Slavi
ancora oggi chiamano i Germanici e in particolare i Tedeschi nemci, nemcy ovvero 'muti'. In
ogni caso, le più antiche fonti scritte attribuiscono ai popoli che parlavano lingua slava tre
nomi diversi: Anti, Sclavini e Venedi (cfr. Garzaniti 2013: 45-46).
1.1.2. Slavi e Baltici
Nel piano etno-linguistico i più vicini agli Slavi tra i popoli circostanti erano i Baltici. Si
discute ancora oggi se bisogna parlare di una comune proto-lingua balto-slava (concezione
genetica) o di una comunità linguistica balto-slava dovuta sia a influssi reciproci sia a uno
sviluppo tipologicamente parallelo. Quello che non si può negare è l’elevato numero di
isoglosse balto-slave (la più arcaica fra le lingue baltiche esistenti è il lituano), ma l'ipotesi
dell'esistenza di una comune proto-lingua balto-slava viene sempre più spesso messa in
dubbio.
4
1.1.3. ‘Protoslavo’ o ‘slavo comune’ viene chiamata la lingua (la somma di parlate
strettamente imparentate) dei proto-Slavi nell'epoca di vita comune nella proto-patria e nei
primi secoli dopo l'inizio delle significative migrazioni slave. Si tratta di una lingua ricostruita
(le sue forme vengono sempre segnate con un * che le precede) sulla base degli elementi
comuni a tutte le lingue slave e, parzialmente, baltiche (lituano in primis) e delle conoscenze
sui processi linguistici indoeuropei, individuando anche specifiche leggi e tendenze di
sviluppo slave.
Il termine ‘protoslavo’ (in russo праславянский) che rispecchia la dominante metodologia
genealogica degli studi glottologici ottocenteschi è tradizionalmente diffuso tra i filologi di
lingua germanica e di lingue slave ed è comunemente usato anche ai giorni nostri (cfr.
http://ru.wikipedia.org/wiki/Праславянский_язык). Sulla scia del trionfante strutturalismo
che poneva in primo piano negli studi linguistici l'aspetto sincronico, e in sintonia con alcune
teorie sociolinguistiche consone con lo strutturalismo, negli anni '30 del Novecento nacque il
termine ‘slavo comune’ (fr. slave commune, ingl. Common Slavic, rus. общеславянский),
introdotto dal noto indoeuropeista francese Antoine Meillet (1866-1936) nel volume Lo slave
commun (scritto in collaborazione con A. Vaillant, Paris 1934) oggi usato prevalentemente
dagli studiosi di lingua francese e inglese, con qualche tentativo di introdurlo anche in Italia
(cfr. Garzaniti 2013: capitoli 6-8). Si tentò anche di impiegare entrambi i termini applicando il
primo al protoslavo arcaico e il secondo (‘slavo comune’) al tardo protoslavo. Qui di seguito
verrà usato solo il termine tradizionale ‘protoslavo’.
Il protoslavo arcaico (fino all'anno 500 d.C. ca.) - relativamente omogeneo; alcuni studiosi
suppongono l'esistenza di un'antica differenziazione dialettale distinguendo un dialetto sudorientale e un dialetto nord-occidentale (Ivan Gâlabov 1980: 14).
Il tardo protoslavo (VI – X/XI sec.) - coincide coll'inizio della formazione graduale dei
macrodialetti dai quali nasceranno le lingue slave medioevali. La fine di questo periodo,
quindi di tutta la storia del protoslavo, viene solitamente legata all'ultimo processo fonetico
panslavo, la caduta o la re-vocalizzazione delle cosiddette "vocali ridotte" (ъ, ь), che nelle
zone dell'Europa centrale e nei Balcani si realizzò entro il X sec., mentre presso gli Slavi
(nord-)orientali ebbe luogo nel corso del sec. XI, addirittura fino al XII, secondo alcuni
studiosi.
1.1.4. Nell'ambito della Filologia slava è ampiamente diffusa l'opinione che già nella
protopatria, vale a dire nel periodo protoslavo arcaico, fosse iniziata a profilarsi una
tripartizione macrodialettale delle parlate slave che giustificherebbe la tradizionale
classificazione delle lingue slave in tre gruppi: orientale, occidentale e meridionale. Tuttavia,
appare probabile che (come si è già detto sopra), nel periodo arcaico vi sia stata una
bipartizione macrodialettale sud-est vs. nord-ovest, mentre solo nel periodo tardo protoslavo
si possano osservare elementi e dinamiche di sviluppo che accomunano le parlate occidentali
e meridionali contrapponendole a quelle orientali. In ogni caso, dopo la fine del periodo
protoslavo – che grosso modo coincide con la stabilizzazione territoriale dei popoli slavi in
formazione (si veda più avanti), cioè dopo il secolo XI –, e fino ai giorni nostri si può parlare
non di tre, ma di quattro gruppi di lingue slave: nord-orientale, nord-occidentale, sudoccidentale e sud-orientale (si veda più avanti la classificazione delle lingue slave moderne).
5
1.1.5. La prima lingua slava letteraria: terminologia, periodizzazione
‘Paleoslavo’ ('старославянский') o ‘slavo antico’ ('древнеславянский'), ‘bulgaro antico’
('старобългарски', 'Altbulgarisch'), ‘slavo ecclesiastico antico’ ('древнецерковнославянский', 'Altkirchenslavisch', 'Old Church Slavonic'): questioni terminologiche e non solo.
Verso la fine del periodo tardo-protoslavo compare la prima lingua slava scritta (letteraria),
il paleoslavo (o slavo antico), il cui sviluppo storico potrebbe venire così periodizzato:
– norma (‘redazione’) cirillo-metodiana creata verso l'862/63 sulla base delle parlate
bulgare sud-occidentali (oggi dette anche ‘bulgaro-macedoni) della zona intorno a Salonicco,
la città natale degli ‘apostoli degli Slavi’ Costantino-Cirillo e Metodio che crearono anche il
primo alfabeto slavo, il glagolitico (si veda più avanti); questa norma venne usata negli anni
60-80 del IX sec. con funzione missionaria (‘apostolica’) in Grande Moravia e Pannonia,
dove la lingua subì un influsso nord-occidentale (i cosiddetti ‘moravismi’); fu in uso, limitato,
anche dopo gli anni '80 nei territori slavi occidentali; si ipotizza una continuazione diretta
delle tradizioni cirillometodiane nei territori croati, ma le testimonianze scritte pervenuteci
risalgono solo all'inizio del XII sec.;
– norma (‘redazione’) anticobulgara di uso statale ed ecclesiastico con piena dignità di
lingua liturgica e più ampiamente letteraria; codificata nel Primo impero bulgaro
(ufficializzata nell'anno 893) e diffusasi presto anche in territorio serbo; scritta in glagolitico e
nel cirillico che nacque nei territori nord-orientali del Primo Impero Bulgaro; ‘rebulgarizzazione’ dello slavo antico durante il ‘secolo d'oro’ della letteratura anticobulgara (fine IX – X
sec.);
– diffusione e varianti locali della norma anticobulgara (redazioni ‘nazionali’ ovvero
macroregionali dello slavo antico) in Russia (dal XI/XII sec.), in Serbia (dal XII sec.), nella
stessa Bulgaria (‘redazione medio-bulgara’, dalla fine del XI sec.); formazione di diverse
norme ortografiche locali dentro le ‘redazioni nazionali’ (a partire dal XII-XIII sec.);
– slavo ecclesiastico: l'impiego preciso del termine si riferisce alla norma (‘redazione’)
tardorussa del paleoslavo (dopo la cosidetta ‘seconda influenza slavo-meridionale’ che ebbe
luogo tra la fine del XIV e la metà del XV sec.), usata prevalentemente a fini ecclesiastici,
diffusasi in tutta la Slavia ortodossa attraverso i libri liturgici stampati nelle terre russe (in
senso ampio) e codificata nella Grammatica slava di Meletij Smotric'kij (Ґрамма́тіки
Славе́нския пра́вилное Cv́ нтаґма, Евье [Vievis, Jewie, nei pressi di Vilnius in Lituania],
1619).
N.B. Fino alla riforma petrina dell'alfabeto cirillico (1707/1709), che ne codificò due forme
– la nuova, il cirillico ‘civile’ (гражданский шрифт), e la vecchia, impiegata da allora in poi
esclusivamente per la stampa di libri ecclesiastici –, la lingua letteraria che discendeva dal
paleoslavo veniva chiamata semplicemente 'slava' (славянский язык); solo in seguito,
giacché era anche stampata in caratteri diversi, ‘ecclesiastici’, le fu attribuita la
denominazione di 'slavo ecclesiastico', che è da intendersi in opposizione alle nascenti norme
linguistiche nazionali: (slavo-)russa, (slavo-) serba, (slavo-)bulgara ecc. Lo slavo ecclesiastico
viene usato ancora oggi come lingua liturgica delle Chiese slave ortodosse e viene insegnato
nelle scuole e nelle accademie ecclesiastiche. In questa lingua vengono scritte anche
composizioni poetiche liturgiche.
6
La Grammatica slava di Meletij Smotric’kij
1.2. Protoindoeuropeo ! protoslavo ! paleoslavo: principali cambiamenti fonetici.
Si vedano: Stantchev, Appunti di grammatica paleoslava. Fonetica (distribuiti in fotocopie) e
Garzaniti 2013: cap. 6, 7, 14 e 15.
7
2. Le migrazioni slave, la divisione dello spazio etno-linguistico,
la formazione dei primi Stati slavi e la loro cristianizzazione
Sulle migrazioni degli Slavi e sui loro nuovi insediamenti nell'epoca tardo-protoslava v.
Garzaniti 2013: cap. 9 e 10.
Si tenga conto dei seguenti fatti:
– L'unione slavo-iranica degli Anti (il nome è di origine iranica e più precisamente sarmata)
– formatasi tra i secoli IV e VI d.C. nei territori a nord del Mar Nero, tra i fiumi Dnepr e
Dnestr; dalla metà del sec. VI questa unione fu in continua lotta con gli Avari, che nel 602
sconfissero l'unione; dal VII sec. la denominazione Anti non compare più nelle fonti. L'unione
degli Anti spesso viene indicata come il primo tentativo degli Slavi nord-orientali di dare vita,
assieme ad altre popolazioni, a una organizzazione statuale, ciò che naturalmente non
consente di considerare la suddetta unione come ‘il primo stato proto-ucraino’ come qualcuno
ha recentemente voluto fare – cfr.
http://histua.com/ru/istoriya-ukraini/pervobitnoe-vremya/anty.
– Il cosidetto ‘Regno di Samo’ – il primo tentativo di organizzazione statuale degli Slavi
nord-occidentali. Fondato nel 623/24 dal mercante franco Samo in Europa centrale come una
sorta di unione sovra-tribale di discussa localizzazione (da ricercarsi comunque nel territorio
che comprenda le odierne Moravia, Slovacchia sud-occidentale, Bassa Austria). L'unica fonte
affidabile, la Cronaca di Fredegario (redatta tra il 658 e il 660), narra che negli anni 623-624
Samo, assieme ad altri compagni, intraprese un viaggio d'affari «in Sclavos, cognomento
Winidos» («presso gli Slavi detti Venedi») e successivamente prese le parti degli Slavi nel
corso della loro ribellione contro gli Avari, cosa che avrebbe portato alla sua proclamazione
di rex da parte degli Slavi (esistono anche altre ipotesi su come egli giunse al potere). Sempre
la Cronaca di Fredegario riporta che Samo avrebbe avuto ben 12 mogli slave, con le quali
avrebbe generato 22 figli e 15 figlie. Dalla durata del suo ‘regno’, che, stando alle fonti, fu di
35 anni, possiamo dedurre che Samo morì attorno al 658. Il ‘regno’, con ogni probabilità, non
sopravvisse al fondatore. Non ci fu, in ogni modo, alcuna connessione politica o istituzionale
fra il ‘Regno di Samo’ e i principati di Moravia e di Nitra che si formarono più tardi sugli
stessi territori e annetterono le stesse popolazioni slave.
– Nell'anno 681 fu firmato da parte di Bisanzio un atto di pace che testimonia la nascita
nella Penisola Balcanica del Primo Impero Bulgaro (Първо българско царство oppure
Първа българска държава, 681-1018), formatosi pochi anni prima come unione tra un ramo
dei protobulgari (di origine asiatica), cappeggiato dal khan Asparuch, e sette tribu slave
stanziate tra il Danubio e la catena dei Balcani. Ebbe come capitale Pliska (681-893), poi
Preslav (893-971). Nei due secoli successivi la Bulgaria si estese a sud dei Balcani, verso la
Tracia settentrionale e l'attuale Macedonia, e anche verso il medio corso del Danubio,
diventando il principale antagonista di Bisanzio nei Balcani e una forza politico-militare della
quale dovette tenere conto anche l'Impero carolingio. Nel 864/65 il khan Boris (al potere dal
852) introdusse nello Stato bulgaro il cristianesimo come religione ufficiale, diventandone il
primo principe cristiano con il nome Michail (in onore del suo padrino, l'imperatore bizantino
Michele III); egli accolse nel 886 gli allievi di Cirillo e Metodio cacciati dalla Grande
Moravia (v. più avanti). Boris-Michail abdicò nel 889 in favore del figlio primogenito
Rassàte-Vladimìr (sostituendolo nel 893 con il figlio minore Simeone), morì il 2 maggio 907
come monaco.
8
«Battesimo dei Bulgari», miniatura nella traduzione medio-bulgara della Cronaca di Manasse
– All'inizio del sec. IX, presso gli Slavi dell’Europa centrale sorsero due entità politiche
formatesi nel corso delle guerre contro gli Avari che fino ad allora dominavano il territorio: il
Principato di Moravia (sul territorio dell'attuale Moravia sud-orientale e della Slovacchia
occidentale; le prime testimonianze scritte della sua esistenza risalgono all’anno 822), con
capitale probabilmente presso l'attuale Mikulčice, e il Principato di Nitra (nel territorio
dell'attuale Slovacchia centrale e occidentale), dal nome della capitale. Entrambi i principati si
convertirono al Cristianesimo negli anni '20 del IX sec. Nell’833 il principe di Moravia Mojmìr I
conquistò Nitra, e la unì alla Moravia: nacque così l'importante unità politica nota come Grande
Moravia o Impero Moravo. Il principe di Nitra, Pribina, con la sua corte e con una parte del
proprio esercito si rifugiò nel territorio dei Franchi, e nel 847 ottenne dall'imperatore Ludovico II
il Principato di Blatno (intorno al lago Balaton, nella Pannonia inferiore, oggi Ungheria). I figli
di Mojimir, Rastislav (846-870), e di Pribina, Kocel (861 ca. – 876) accolsero la missione
cirillometodiana in Grande Moravia (863-866) e in Pannonia (867). Nell’874 il principe della
Grande Moravia Svetopolk annetté il Principato di Blatno alla Grande Moravia, ma nel 876, dopo
la morte di Kocel, Lodovico II rimise questi territori sotto la corona imperiale (più tardi tutta la
Pannonia fu conquistata dai magiari che vi fondarono lo Stato ungherese). La Grande Moravia,
invece, cessò di esistere dopo la Battaglia di Bratislava nell'estate del 907; i suoi territori furono
divisi tra i nascenti Stati di Polonia, Boemia e Ungheria.
– La Rus' di Kiev ('Киевская Русь' oppure 'Antica Rus', 'Древняя Русь', intesa come la prima
formazione statuale degli Slavi nord-orientali, cioè degli attuali bielorussi, russi e ucraini). Anno
di fondazione: 862, quando il normano Rjurik diventa principe di Novgorod. Nell’882 Oleg,
parente di Rjurik, sposta la capitale a Kiev proclamandola ‘madre delle città russe’ e vi regna
con il titolo di Gran principe per una trentina di anni; successivamente il potere passa nelle mani
9
di Igor', figlio di Rjurik (912 ca. – 945). Tra il 945 e il 960 ca. governa Ol'ga, moglie di Igor', la
quale si fa battezzare, ma senza introdurre il Cristianesimo nel paese. La Rus' viene cristianizzata
da Vladimir, nipote di Ol'ga, nel 988. Nel 1015 Svjatopolk, figlio maggiore di Vladimir, uccide i
fratelli minori (di madre bulgara) Boris e Gleb, che diventano i primi santi russi, protagonisti di
un ampio ciclo liturgico-letterario. L’epoca della maggiore fioritura della Rus' di Kiev si ha sotto
il Gran principe Jaroslav il Saggio (Mudryj), 1019-1054. Nel 1051 Ilarion diventa il primo
metropolita di Kiev di origine russa (è ritenuto l'autore del celebre Sermone sulla legge e sulla
grazia); nello stesso anno viene fondato il Monastero delle grotte di Kiev (Киево-Печерская
лавра), culla del monachesimo russo. Dopo la morte di Jaroslav, conformemente alle regole di
successione in vigore, lo Stato viene spartito fra i suoi figli. Inizia una fase di guerre intestine
interrotta solo durante il regno di Vladimir II il Monomaco (1113-1125), che segna un nuovo
periodo di potenza e fioritura della Rus' di Kiev. Nel 1169 il principe di Vladimir-Suzdal' Andrej
Bogoljubskij distrugge la città di Kiev e, una volta ottenuta la vittoria, trasferisce il centro del
potere a Vladimir. Nel 1237, quando la Rus' è ormai diventata di fatto una federazione di
principati pressoché indipendenti (in quell'anno se ne contavano 15) i mongoli invadono le terre
russe e nel 1240 radono al suolo la città di Kiev – per questo motivo l'anno 1240 viene
tradizionalmente considerato l'anno della fine dello Stato della Rus' di Kiev.
Il Monastero delle grotte di Kiev oggi
3. L’opera di Cirillo e Metodio e la nascita della civiltà scrittoria slava
N.B. Il volume di A.E. Tachiaos, Cirillo e Metodio. Le radici cristiane della cultura slava, Jaca Book
2005, citato nella bibliografia di base per via della traduzione delle Vite dei ss. Cirillo e Metodio (VC e
VM) ad esso allegata, non è consigliabile per uno primo studio delle problematiche cirillo-metodiane
poiché contiene alcune interpretazioni dei fatti e dei processi storici troppo individuali, non condivise dalla
maggioranza degli specialisti in materia, e che riguardano questioni ancora in discussione tra gli studiosi
(cfr. al riguardo la recensione di K. Stantchev in Studi Slavistici, III, 2006, pp. 353-361), questioni che
richiedono una profonda conoscenza delle fonti che gli studenti ai quali questa dispensa è rivolta non
possono possedere.
10
3.1. Costantino Filosofo (s. Cirillo) e Metodio: vita e opera; le loro Vite paleoslave
3.1.1. Cenni biografici (cfr. in italiano Garzaniti 2013: cap. 11-12; Marcialis 2005: 6-16)
– Costantino (che assunse il nome monastico di Cirillo) e Metodio (del quale non conosciamo il
nome di battesimo) erano nati a Salonicco nella nobile famiglia di Leone, alto funzionario
amministrativo-militare (drungarios) alle dipendenze dello stratega della città. Giacché morì,
secondo fonti affidabili, il 14.02.869 all'età di 42 anni a Roma, Costantino deve essere nato
nell’826/827 (di solito viene indicato l’827; in Garzaniti 2013:135, probabilmente per un errore
di stampa, si legge 824). L'indicazione della Vita Constantini (VC, si veda più avanti) che egli era
il settimo e ultimo figlio della copia è di forte sapore simbolico-leggendario, e comunque non ci
aiuta a stabilire l'anno di nascita di Metodio che era più grande, ma non sappiamo di quanto, così
come non conosciamo il suo nome di battesimo. Le indicazioni di Wikipedia, in varie lingue (cfr.
per esempio http://ru.wikipedia.org/wiki/Кирилл_и_Мефодий), e di altre fonti enciclopediche
secondo le quali Metodio era nato nell’815 oppure tra l’815 e l’820 e che da laico si chiamava
Michele sono pure supposizioni senza fondamento nelle fonti. L'unico dato certo è che Metodio
morì il 6 aprile 885, molto probabilmente nella capitale della Grande Moravia Velehrad (oggi non
precisamente localizzabile). Costantino-Cirillo fu sepolto a Roma, nella Basilica di San
Clemente, dove dalla metà del XIX sec. viene venerata la sua (presunta) tomba, mentre il luogo
di sepoltura di Metodio rimane sconosciuto.
– Metodio evidentemente era il figlio maschio primogenito e come tale fu destinato a seguire le
orme del padre: completati gli studi (sui quali la Vita Methodii [di seguito VM] non fornisce
alcuna informazione), egli riceve l'incarico «di amministrare un arcontato slavo per conoscere
tutti gli usi slavi e abituarsi ad essi, come se, direi, [l'imperatore] avesse presagito che lo dovrà
inviare come maestro e primo arcivescovo degli Slavi» (VM II.5; il passo dimostra
esplicitamente che per l'autore della Vita di Metodio non era di origini slave). Rimasto al suo
posto fino alla metà degli anni '50 del IX sec., dopo un colpo di stato (856) in cui viene ucciso il
protettore suo e di Cirillo, il logoteta (≈ Gran cancelliere) Teottisto, Metodio si ritira in un
monastero nel Monte Olimpo (Bitinia, Asia Minore) dove presto viene raggiunto da Costantino.
– Costantino, dimostratosi molto incline agli studi, riceve un'ottima educazione: inviato a
Costantinopoli verso l'anno 843, studia alla Scuola imperiale e ha come maestri Fozio (il futuro
patriarca), uomo di vasta cultura, filologo, esegeta ed esperto di retorica e patristica, e Leone il
Matematico, scienziato e inventore (in particolare aveva costruito i famosi leoni ruggenti che
decoravano la sala di accoglienza del Grande palazzo imperiale). Viene nominato poi cartofilace
(chartophilax), cioè direttore degli archivi e della biblioteca del patriarcato di Costantinopoli
(mansione che gli avrà consentito di conoscere libri scritti in varie lingue con vari alfabeti), e
successivamente professore di filosofia nella Scuola imperiale (donde il soprannome 'Filosofo').
La VC (cap. V) attribuisce a Costantino una poco probabile disputa pubblica con il deposto
ultimo patriarca iconoclasta Giovanni VII, che avrebbe avuto luogo a quei tempi (fine anni '40 –
prima metà degli anni '50). È un fatto reale, invece, la missione che compì presso gli Arabi, ma
non all'età di 24 anni, come si legge nel testo della VC (VI, 4), cioè non nell’851, ma tra l'855 e
l'856, e in modalità ben diverse da quello che racconta il cap. VI della VC (v. più avanti gli
appunti per l'analisi delle VC e VM). Ritornato da questa missione dopo il colpo di stato che vide
ucciso il logoteta Teottisto (v. sopra), Costantino si rifugia da Metodio nel monastero dove i due
fratelli «pregano in modo ininterrotto, colloquiando esclusivamente con i libri» (VC VII, 5). Si
può supporre, ma senza il sostegno di una solida base documentaria, che proprio in questo
periodo, ricchi di diverse esperienze tra popoli non di lingua greca, Costantino e Metodio abbiano
iniziato a riflettere sulla creazione di un alfabeto slavo e sulla traduzione dei principali libri
cristiani in lingua slava.
11
– Nell’anno 858 Fozio, che era stato maestro di Costantino, viene elevato al trono patriarcale, ma
la sua nomina viene contestata da papa Niccolò I, che si pronuncia a favore del deposto patriarca
Ignazio. Pare che il desiderio di Fozio di risolvere la questione inviando a Roma un dono
significativo, per esempio le reliquie di un papa-martire dei primi secoli del cristianesimo, sia
stato il principale motivo che nell’860-861 lo indusse a inviare Costantino e Metodio in una
missione presso i Cazari (o Khazari) che aveva anche scopi diplomatici. Trovandosi a
Chersonesso (Crimea, nei pressi dell'odierna Sevastopol') mentre attendevano di entrare nel
khanato dei Cazari, il 30.01.861 C. e M. trovarono le reliquie del santo papa Clemente I, che al
loro ritorno portano trionfalmente a Costantinopoli.
– Nell’863 l'Imperatore (minorenne) e il patriarca Fozio (il vero stratega della diplomazia
costantinopolitana del tempo) inviano Costantino e Metodio presso gli Slavi della Grande
Moravia su richiesta del principe Rastislav. Egli, stando alle Vite di C. e M., aveva chiesto a
Bisanzio «un vescovo e maestro» «in grado di spiegarci la vera fede cristiana nella nostra lingua»
(VC XIV.3-4), ma ricevette solo i due missionari con l'incarico di maestri (učiteli) poiché
Costantinopoli non poteva nominare vescovi in territori che, come la Grande Moravia, si
trovavano sotto la giurisdizione romana. Preparandosi per la missione morava Cirillo e Metodio,
con l'aiuto di alcuni loro allievi, eseguono le prime traduzioni in lingua slava (v. avanti) fissate
per mezzo dell'alfabeto glagolitico (l'alfabeto potrebbe essere stato approntato qualche tempo
prima, ma la sua esistenza viene resa pubblica proprio in occasione della missione morava).
Giunti nella Grande Moravia molto probabilmente verso l'autunno dell’863, i due fratelli e gli
allievi che li accompagnano vi si fermano per tre anni (VM V.13) o poco più (40 mesi secondo
VC XV.18) e poi, congedatisi dai Moravi, si fermano per 6 mesi in Pannonia, nel Principato di
Blatno, dove secondo la VC (XV.19) il principe Kocel affida loro 50 allievi che apprendono le
Lettere slave. Sia nella Grande Moravia sia in Pannonia i due fratelli si limitarono a insegnare
agli allievi come ufficiare in slavo, ma non poterono introdurre la liturgia in lingua slava, come
spesso viene affermato (anche da studiosi di tutto rispetto), poiché non avevano nessuna facoltà,
nessuna autorità per farlo. Pare tuttavia che nella cerchia del principe Kocel sia nata l'idea di
ottenere il nulla osta per celebrare la liturgia in lingua slava, rivolgendosi alle autorità
competenti. Verso l'autunno dell'867 i due fratelli si dirigono verso Venezia e forse compiono un
tentativo per ottenere l’autorizzazione da parte del Patriarca della città: si spiegherebbe così il
motivo della celebre disputa a Venezia dettagliatamente descritta (se pur non in modo
documentario, ovviamente) nel cap. XVI della VC. L'impresa non ebbe successo, e i fratelli si
diressero a Roma, dove nel frattempo papa Niccolò I era morto (13. XI. 867), ed era stato eletto il
successore Adriano II (intronizzato il 14 dicembre). Grandi cambiamenti si verificano
quell'autunno anche a Bisanzio: il 25 novembre viene assassinato l'imperatore Michele III e gli
succede Basilio I il Macedone, che depone il patriarca Fozio e restituisce il trono all’esiliato
patriarca Ignazio. Minacciati entrambi dalle incursioni arabe, Roma e Costantinopoli cercano un
ravvicinamento. In questo quadro, Costantino e Metodio giungono a Roma, probabilmente poco
prima del Natale del 867, portando con se le reliquie di papa Clemente I: li accolgono papa
Adriano II e il popolo romano acclamante. Le reliquie vengono esposte per pubblica venerazione
nella basilica di San Pietro e poi solennemente traslate e deposte nella basilica dedicata appunto a
San Clemente. Verso la primavera dell’868, probabilmente (ma non è documentato) nel giorno di
Pentecoste (quando dopo la Resurrezione di Cristo avvenne il Miracolo delle lingue), papa
Adriano II «consacrò [i libri sacri in slavo] e li depose nella chiesa di Santa Maria, detta ‘il
Presepe’ (= Santa Maria Maggiore) e cantarono con loro la santa liturgia. Quindi il Papa diede
ordine a due vescovi, Formoso e Gondric (Gauderico), di consacrare i discepoli slavi» (VC
XVII.5-6; su questo punto l'informazione nella Vita di MetodioVI.4 è più concreta: «diede
disposizione […] di consacrare tre sacerdoti e due lettori»).
12
– A Roma Costantino si ammala, prende i voti monastici e il nome Cirillo* e muore all'età di 42
anni il 14 febbraio dell'anno 6377 dalla Creazione del mondo, ovvero 869 dalla nascita di
Cristo**.
* Questa notizia, tratta da VC XVIII, è oggetto di diverse interpretazioni. Il fatto che proprio qui si parli
anche di cambiamento del nome (obbligatorio quando si prendono i voti monastici) suggerisce che solo
poco prima della morte Costantino il Filosofo si fece monaco e prese il nome Cirillo; una conferma
indiretta di tale interpretazione è il fatto che nei documenti latini dell'epoca viene denominato "il Filosofo"
e non si parla di lui come di un monaco. Secondo un'altra interpretazione, Costantino si sarebbe fatto
monaco già nell’856 o poco più tardi, dopo che si era rifugiato nel monastero da suo fratello, mentre a
Roma sarebbe passato a un grado monastico più alto, il “Grande schema”, che comporta un nuovo
cambiamento del nome. Questa seconda ipotesi non rende ragione del fatto che nelle Vite si parla di
Costantino già dalla nascita, come fosse nome di battesimo, e non si fa nessun cenno di voti presi e di
cambiamento del nome (obbligatorio!) dopo il ritorno dalla missione presso gli Arabi. Sembra dunque più
logico accettare che Costantino sia rimasto un maestro laico, un Filosofo (insegnante di filosofia e
retorica) per tutta la sua vita e che veramente si fece monaco solo presagendo la morte. Nella tradizione
cultuale comunque è più noto con il suo nome monastico, come san Cirillo.
** A Bisanzio e di conseguenza presso gli Slavi ortodossi il nuovo anno iniziava il 1° settembre e gli anni
venivano contati non dalla Nascita di Christo (NCr), come oggi, ma dalla Creazione del mondo (CrM).
Secondo il computo bizantino dalla CrM alla NCr sarebbero passati 5508 anni, mentre secondo il computo
detto Alessandrino (e usato in molti dei più antichi monumenti slavi) 5500. Ergo, per ottenere la
cronologia a noi abituale, cioè dalla NCr, con Anno Nuovo dal primo di gennaio, dobbiamo sottrarre
dall'anno della creazione del mondo il coefficiente 5508 oppure 5500 a seconda del computo usato nel
rispettivo monumento, tenendo però conto che per i mesi da settembre a dicembre dobbiamo sottrarre
rispettivamente 5509 oppure 5501.
3.1.2. Per le Vite paleoslave dei ss. Cirillo e Metodio come opere letterarie e come fonti
storiche si vedano gli appunti presi durante la lezione ad esse dedicata. Nell'analisi si tenga conto
dei seguenti aspetti:
– Le differenze nella struttura delle due opere – si vedano: la lunga introduzione di carattere
catechetico nella VM non ha nessuna corrispondenza nella VC dove, invece, troviamo un lungo
racconto allegorico della giovinezza di Costantino (VC II e III, cfr. Danti 1981 e, sul motivo
"sposare la Sapienza", Carbajosa 2013); le ampie dispute di Costantino che costituiscono la
maggior parte dell'opera e le conferiscono un carattere fortemente retorico vs. un racconto molto
più fattuale (che non vuol dire realistico!) della VM.
– L'episodio con il segretario Giorgio nella VC (VI.1), che in realtà era una sorta di "segretario di
Stato" e guidò personalmente la missione presso gli Arabi svoltasi nell’855/56 – nella VC la
responsabilità della missione viene attribuita a Cirillo ("aiutato dal segretario Giorgio"), che
invece era evidentemente solo uno dei 50 partecipanti dei quali parla la cronaca araba che narra la
vicenda. Plausibile spiegazione dell'affermazione della Vita (VC VI.4) che «il Filosofo aveva
allora ventiquattro anni» (si veda anche la nota 16 in Peri 1981: 70): in slavo antico le lettere si
usavano anche come cifre; in cirillico 24 si scriverebbe k©d mentre con k©® si scriverebbe il 29; a
questo punto il paleoslavista bulgaro Jordan Ivanov in una pubblicazione postuma (Ivanov 1965)
ha ipotizzato un errore di lettura in una delle prime copie cirilliche del testo della VC (scritto
inizialmente in glagolitico) dove k©® (29) è stato interpretato come k©d (24); essendo nato
nell’826/827 Costantino il Filosofo doveva avere 29 anni quando nell’855/56 si svolse l'unica
missione diplomatica bizantina presso gli arabi dalla fine degli anni '40 alla metà degli anni '50
(epoca di continui conflitti armati tra Bisanzio e gli Arabi) – quella guidata da Giorgio appunto.
13
– La questione delle "lettere russe" citate nella VC VIII alla luce della seguente giustissima
osservazione:
Иногда утверждается о существовании славянской письменности до Кирилла и Мефодия, с опорой
на отрывок из жития Кирилла [VC VIII.15], в котором говорится про книги, написанные «русскими
письменами»:
«И нашел Философ здесь [в Корсуни] Евангелие и Псалтырь, написанные русскими письменами, и человека
нашел, говорящего той речью. И беседовал с ним и понял смысл языка, соотнося отличия гласных и
согласных букв со своим языком. И вознося молитву к Богу, вскоре начал читать и говорить. И многие
изумлялись тому, славя Бога.»
Однако из отрывка не следует, что упоминаемый там «русский язык» является славянским;
наоборот, тот факт, что овладение им Константином-Кириллом воспринимается как чудо, прямо
свидетельствует, что это был язык неславянский. Следует помнить, при этом, что во времена
Кирилла и Мефодия и много позже славяне легко понимали друг друга и считали, что они говорят
на едином славянском языке, с чем согласны и некоторые современные лингвисты, считающие, что
о единстве праславянского языка можно говорить до XII века. Большинство исследователей
считают, что во фрагменте говорится либо о Евангелии на готском языке (идея, впервые
высказанная Шафариком), либо в рукописи содержится ошибка и вместо «русьскими» следует
считать «сурьскими», то есть «сирийскими» [= aramaiche, K.S.]. Показательно, что вообще весь
фрагмент приводится в контексте рассказа об изучении Константином еврейского языка и
самаритянского письма, которым он занялся в Корсуни, готовясь к диспуту в Хазарии.
(http://ru.wikipedia.org/wiki/Кирилл_и_Мефодий#.D0.A3.D1.87.D0.B5.D0.BD.D0.B8.D0.BA.D0.B8_.D1.81.D0.
B2.D1.8F.D1.82.D1.8B.D1.85_.D0.9A.D0.B8.D1.80.D0.B8.D0.BB.D0.BB.D0.B0_.D0.B8_.D0.9C.D0.B5.D1.84.D
0.BE.D0.B4.D0.B8.D1.8F)
3. 2. Le prime traduzione slave e la loro lingua
3.2.1. Raccontando dell'invenzione dell'alfabeto slavo da parte di Costantino, l'agiografo scrive:
«Il Filosofo se ne andò e secondo la sua abitudine si dedicò alla preghiera assieme ad alcuni
[futuri suoi] collaboratori. Presto Dio, che ascolta le preghiere dei suoi servi, gli apparve
[secondo altri copie del testo «gliele mostrò», riferito alle lettere, KS] ed egli subito compose le
lettere e inizio a scrivere [in slavo] il discorso evangelico che dice: “In principio era il Verbo e il
Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”» (VC XIV.14). Poiché con le parole citate, che
costituiscono l'inizio del Vangelo secondo Giovanni (1.1.), comincia l'Evangelistario (il
Lezionario evangelico che contiene le letture liturgiche tratte dai Quattro vangeli e disposte
secondo l'ordine del calendario liturgico a partire del giorno di Pasqua) si ritiene che la prima
traduzione in lingua slava eseguita da Costantino il Filosofo e scritta con le nuove lettere
glagolitiche fosse appunto l'Evangelistario. Una conferma e nello stesso tempo un'informazione
più dettagliata sulle prime traduzioni dal greco in slavo viene fornita dalla VM (XV.4): «In
precedenza [o «all'inizio»], insieme al Filosofo, [Metodio] aveva tradotto soltanto il Salterio e
l'Evangeliario con l'Apostolo e con ufficiature ecclesiastiche scelte». Sulla base di queste notizie
tratte dalle Vite, considerando anche la prassi missionaria in generale, si può affermare che
Costantino e Metodio siano partiti per la Grande Moravia portando con se le traduzioni del
Salterio, delle forme liturgiche (lezionari) del Vangelo e dell'Apostolo e forse con qualche
preghiera e qualche formulario di confessione.
Sempre la VC racconta che Costantino, giunto in Moravia, avrebbe tradotto (oppure
'applicato', ma anche 'accettato' – in diverse copie del testo a questo proposito sono usate 5
diverse forme verbali) «tutto l'ordine ecclesiastico» e avrebbe insegnato agli allievi affidatigli da
Rastislav «il mattutino, le ore [canoniche], il vespro, la compieta e l'ufficio mistico [= la messa]»
(VC XV.2). In Peri 1981: 91 la locuzione "tutto l'ordine ecclesiastico" (con "ordine" cui traduco
14
slav. чинъ = lat. Ordo, gr. ταξις, K.S.) viene tradotta in italiano con “l'insieme dei libri
ecclesiastici”, mentre in Garzaniti 2005: 197 si legge “l'intera ufficiatura ecclesiastica” e in nota
si precisa, che “si intende il complesso dei libri necessari per la celebrazione della liturgia, con la
messa, i sacramenti e la liturgia delle ore, come si può vedere dalla successiva descrizione,
secondo la tradizione bizantina”. Va notato che più che alla prassi bizantina l'ordine delle
ufficiature giornaliere ivi citato fa pensare all'ordine liturgico nei monasteri benedettini. Ma
soprattutto va detto e ribadito che Cirillo e Metodio giungono in Grande Moravia come
missionari con un compito molto preciso e con limiti chiari: quello di insegnare, di evangelizzare
le popolazioni slave, già convertite in Cristianesimo, usando la loro lingua. Non avevano alcun
diritto di intervenire sull'ordine ecclesiastico ormai da tempo istituito grazie all'attività dei
missionari e dei chierici latino-germanici e, inoltre, erano inviati da Costantinopoli che aveva il
diritto/dovere di diffondere il Cristianesimo tra i popoli "barbarici" ma non poteva intervenire
sulle gerarchie e sull'ordine ecclesiastico in un territorio che si trovava sotto la giurisdizione di
Roma. Tenendo conto di tutto questo, si capisce che la frase sopra citata può significare soltanto
che Costantino iniziò a insegnare come si doveva ufficiare l'ordine liturgico giornaliero in
(paleo)slavo senz'altro servendosi dei libri già tradotti (Salterio, Evangelistario, Apostolo) e
traducendo con scopi didattici qualche libro che esponeva questo ordine (e da nessuna parte sta
detto quale ordine, quale rito). Ma da questo, cioè in sostanza dalla preparazione di sacerdoti e
diaconi slavofoni, all'introduzione del rito bizantino (?) in lingua slava, come spesso viene
presentata l'attività di Cirillo e Metodio negli anni 863/867, c'è una grande differenza. Solo dopo
l'anno 870 (ergo, dopo la morte di Costantino), Metodio – già in qualità di vescovo e poi di
arcivescovo, cioè come capo di una chiesa locale, ebbe la facoltà e, a quanto sembra, tentò di
introdurre la liturgia in lingua slava nella sua diocesi – forse con un rito simile a quello impiegato
presso la popolazione grecofona nell'Italia del Sud (e comunque compatibile con le esigenze del
rito romano). E questo gli valse le accuse di eresia (v. più avanti, 3.4).
3.2.2. Sul carattere della lingua delle traduzioni cirillometodiane esistono due principali
visioni contrapposte: 1. sarebbe nata come codificazione del tardo protoslavo o slavo comune,
ancora abbastanza omogeneo come lingua; 2. sarebbe sorta come codificazione di un gruppo di
dialetti del meridione balcanico, cioè delle parlate slave dei dintorni di Salonicco, la città natale
di Costantino e Metodio (arricchendosi dopo, in Grande Moravia e Pannonia, di elementi slavooccidentali detti di solito "moravismi").
Riassume bene le diverse posizioni N. Marcialis (2005: 31-33) che propone una formulazione
condivisibile:
In conclusione, possiamo dire che la lingua paleoslava nasce su un nucleo bulgaro-macedone,
cresce in Moravia e Pannonia, durante i quindici anni di arcivescovato di Metodio [in effetti 12,
se si esclude il periodo dell’esilio, K.S.], e raggiunge infine la piena maturità nella Bulgaria di
Simeone, dove un nuovo strato bulgaro, questa volta di provenienza anche bulgaro-orientale, si
sovrappone e si salda a quello originario bulgaro-occidentale (macedone). È infatti nella Bulgaria
di Boris e di suo figlio Simeone (893-927) che la cultura cirillometodiana si avvia a una rapida
evoluzione: le tradizioni vengono riviste e completate, l'omiletica riceve nuovo impulso, al
glagolitico viene affiancato un alfabeto più semplice, un adattamento del greco alla fonetica slava
che non ricerca una propria originalità. (Marcialis 2005: 33)
Sulla struttura della lingua stessa si vedano gli Appunti di grammatica paleoslava allegati (senza i
dettagli sulla morfologia, si consideri soltanto la struttura della lingua). Cfr. anche Garzaniti
2013: cap. 15.
15
3. 3. L'alfabeto glagolitico
N.B. Si vedano la tabella all'inizio degli Appunti di grammatica paleoslava (Stantchev) e gli
appunti presi in classe durante le lezioni. Cfr. anche Garzaniti 2013: cap. 14.
3.4. Nell'anno 870 ca. papa Adriano II consacra Metodio vescovo, secondo alcune fonti letterarie
con sede nell'antica Sirmium (l'attuale Sremska Mitrovica nella provincia autonoma Vojvodina
della Repubblica Serba, provincia multietnica dove sono ufficialmente riconosciute le lingue
serba, ungherese, rumena, slovacca e russina [rutena]). In tutta la tradizione medievale e moderna
egli è tuttavia chiamato "vescovo di Moravia e Pannonia". Mentre si dirige verso la propria
diocesi Metodio viene arrestato dai vescovi latino–germanici di Salisburgo, Passavia e Ratisbona
(Regensburg), è processato in quest'ultima città per avere occupato una diocesi altrui (la sede di
Sirmio era vacante da secoli e i succitati tre vescovi se ne erano divisi il territorio) e rinchiuso in
monastero per ben tre anni; si suppone che il luogo della sua prigionia sia stata l'abbazia
benedettina sull'isola di Reichenau nel lago di Costanza, ma vi sono anche altre ipotesi.
3.4.1. Liberato grazie all'intervento di papa Giovanni VIII, nell’873 Metodio finalmente riuscì a
occupare la sede episcopale assegnatagli e a dedicarsi, negli ultimi 12 anni della sua vita,
all'istituzione di una Chiesa cristiana con l'uso liturgico della lingua slava parallelamente a quella
latina. Infatti, solo ora, diventato vescovo, egli aveva l'autorità e il diritto di decidere che rito e
che lingua avrebbero dovuto usare i fedeli della sua diocesi: cosa che era assolutamente
impensabile negli anni 863/867 quando lui e il fratello Costantino-Cirillo erano dei semplici
missionari, che potevano insegnare ma non potevano cambiare nulla nel rito e negli usi linguistici
già in vigore (rito occidentale, lingua latina).
– L'attività di Metodio incontrò una forte opposizione da parte del clero latino-germanico e non
ebbe solido appoggio da parte del potere secolare poiché nell’870 il principe Rastislav fu deposto
dal proprio nipote, Svatopluk (spesso indicato anche come Svetopolk), che si dimostrò meno
favorevole alla slavizzazione della vita ecclesiastica in Moravia e Pannonia (nell’874 annetté il
Principato di Blatno alla Grande Moravia). Finì che Metodio e i suoi allievi e discepoli furono
accusati di essere portatori di eresia (molto probabilmente avevano soltanto introdotto elementi
dell'ufficiatura liturgica bizantina e, naturalmente, la lingua paleoslava). Convocato a Roma
nell’880, Metodio difese in modo brillante l'opera che aveva iniziato con Costantino-Cirillo e
come risultato il papa Giovanni VIII lo elevò al rango di arcivescovo, mentre con la bolla papale
Industriae Tuae sancì l'uso liturgico della lingua slava e lodò l'alfabeto inventato da Costantino.
Al ritorno da Roma Metodio visitò per la prima volta Costantinopoli dopo la partenza nell’863, e
ricevette le nuove redazioni della Bibbia e dei libri liturgici e di diritto canonico curate dal
patriarca Fozio. Tornato nella Grande Moravia, egli dettò a due suoi allievi la traduzione
dell'intero testo dell'Antico Testamento “dal greco in slavo, eccezione fatta per i [libri dei]
Maccabei” (VM XV.1). La Vita Methodii gli attribuisce anche la traduzione del Nomocanone
(libro di diritto canonico) e di un non meglio precisabile "libro dei Padri" (VM XV.59), ma la
questione di queste due traduzioni resta ancora tutta da chiarire.
– L'arcivescovo Metodio morì il 6 aprile 885, stando alla testimonianza della sua Vita – nel terzo
giorno dopo la Domenica delle Palme. «I suoi discepoli lo prepararono [per le esequie] e gli
resero degni onori; celebrarono un servizio ecclesiastico in latino, greco e slavo e lo deposero
nella cattedrale» (VM XVII.11).
– Sempre secondo la VM (XVII, 5-6) prima di morire Metodio, su richiesta dei propri discepoli,
avrebbe indicato il suo successore: «Allora indicò loro uno dei suoi fedeli discepoli, di nome
Gorazd, e disse: “Questi è un uomo libero della vostra terra, conosce bene le lettere latine ed è di
16
retta fede, che sia [con lui] la volontà divina e l'amore vostro, come [è] il mio”». Ma così non fu.
Gorazd non raggiunse mai Roma e non fu mai ordinato vescovo al posto di Metodio, la sua sorte
si perde nelle leggende.
3.4.2. Morto Metodio, il più alto prelato in Grande Moravia rimase il vescovo di Nitra
(nell'attuale Slovacchia) Vikhing, nemico acerrimo di Metodio e della liturgia in lingua slava.
Egli riuscì a convincere il principe Svatopluk e il pontefice che gli allievi cirillometodiani non
seguivano le norme della Chiesa Romana. Verso la fine dell’885 papa Stefano V scrisse a
Svatopluk: «Che non sia permesso più in nessun modo e a nessuno di celebrare gli uffici divini e
i misteri sacri in lingua slava come si era permesso [di farlo] questo Metodio» (Divina autem
officia et sacra mysteria ac missarum solleoni, quae idem Methodius Sclavorum lingua celebrare
praesumpsit, nullo modo deniceps a quolibet praesumatur). Nella stessa lettera il pontefice
ordinò di espellere, dopo due ammonimenti, «lontano dai vostri confini» quelli che non
obbedivano e insistevano “nello scandalo”, “perché una pecora ammalata non infetti tutto il
gregge”. La prescrizione papale venne eseguita alla lettera: nell'inverno dell’885/886 gli allievi
cirillometodiani più anziani, ordinati sacerdoti ancora nel 868 da papa Adriano II, furono espulsi
dalla Grande Moravia e andarono in Bulgaria; quelli più giovani, ordinati da Metodio, furono
banditi come eretici e ceduti ai commercianti di schiavi a Venezia dove furono riscattati da un
emissario dell'imperatore bizantino. Stando alle testimonianze agiografiche, alcuni trovarono
pace a Bisanzio, altri andarono in Bulgaria sperando di trovare lì pace e le condizioni per
continuare la propria opera (Vita Greca Major di san Clemente di Ocrida; Vita paleoslava di san
Naum).
Per quanto concerne le sorti dell'opera cirillometodiana presso gli Slavi occidentali, si osserva
da parte di alcuni studiosi, prevalentemente di origine ceca e slovacca, la tendenza a
sopravvalutare l’ipotesi che qualcuno abbia continuato a scrivere, a insegnare e a ufficiare in
lingua (paleo)slava. Di fatto, due decenni dopo la morte di Metodio e l'espulsione dei suoi allievi
e seguaci, la stessa Grande Moravia cessò di esistere dopo la Battaglia di Bratislava nell'estate del
907, e i suoi territori furono divisi tra i nascenti Stati di Polonia, Boemia e Ungheria (la quale
occupò tutta la pianura pannonica). Nell'anno 1032, quasi 150 anni dopo la morte di Metodio,
venne fondato sul fiume Sázava, in Boemia, un monastero benedettino il cui primo abate fu san
Procopio, del quale sappiamo che era a capo di una comunità di monaci che parlavano e, forse,
ufficiavano in lingua slava. Dopo la morte di Procopio (25.03.1053) i monaci slavofoni dovettero
dapprima lasciare il monastero, nel 1056/1061 (cioè subito dopo lo scisma tra Roma e
Costantinopoli nel 1054), e furono poi definitivamente espulsi nel 1096. Si tratterebbe, in questo
caso, dell'ultima testimonianza che le tradizioni cirillometodiane erano sopravvissute in alcune
comunità spirituali nell'Europa centrale. Non vi è, però, nessuna documentazione che
testimonierebbe l'attività scrittoria е libraria dei monaci slavofoni in Sázava: ogni indicazione
(negli studi moderni) di manoscritti o testi paleoslavi scritti lì è pura supposizione. Inoltre, i libri
che i monaci di Sázava o altri loro confratelli slavofoni usarono nella loro prassi liturgica
sarebbero stati rigorosamente occidentali come rito (ricordiamo che parliamo di un monastero
benedettino) e tradotti dal latino, come lo sono i famosi Fogli di Kiev che qualcuno vorrebbe
risalenti all'epoca cirillometodiana, ma più probabilmente sono del sec. X – inizio XI e di origine
boema.
17
Киевские глаголические листки
(Киевский миссал), л.7 — одна из
древнейших дошедших до нас
старославянских
глаголических
рукописей.Содержит
отрывок
из
литургии по римскому обряду,
считается переводом с латинского
оригинала. Написана чернилами на
семи листах хорошо выделанного
пергамента, датируемых в основном
Х веком (лишь первая страница более
позднего письма и содержит другой
текст). Происхождение признается
западнославянским (чешским или
моравским), на что указывает ряд
особенностей
языка
(славянское
богослужение там было запрещено в
середине XI века).
Nella tradizione occidentale, cattolica (termine, quest'ultimo, da usare solo per il periodo dopo
il 1054), qualche linea di continuità con l'opera cirillometodiana potrebbe ricercarsi solo nella
tradizione glagolitica croata, anche se le testimonianze scritte pervenuteci non sono più antiche
dell'anno 1100 (e parliamo di testimonianze epigrafiche; per quanto concerne i manoscritti, i più
antichi codici croato-glagolitici risalgono alla seconda metà del sec. XIII). Qualche studioso ha
ipotizzato un’origine croata anche per i Fogli di Kiev, nei quale la forma delle lettere in effetti
sembra piuttosto mostrare un passaggio dal glagolitico rotondo antico al glagolitico angolare
(oggi detto anche quadrato) croato.
18
4. Le tradizioni cirillometodiane dalla Grande Moravia
al Primo impero bulgaro e alla Rus’ di Kiev
4.1. Gli allievi cirillometodiani in Bulgaria (886-893)
– Nell'inverno dell'885/886 gli allievi cirillometodiani della vecchia generazione, esiliati dalla
Grande Moravia, attraversano il Danubio e giungono ai confini del Primo Impero Bulgaro. Lo
sappiamo con certezza per Clemente, Naum e Angelario che, secondo la Vita di san Clemente,
giungono a Belgrado (allora una buona parte dell'attuale Serbia era sotto la corona bulgara) e da lì
vengono inviati dal comandante (proto)bulgaro della fortezza alla capitale Pliska, presso il
principe Boris-Michail che, stando al racconto dell'agiografo, “desiderava fortemente tali uomini”
(Vita Greca Major di san Clemente di Ocrida). La Bulgaria, cristianizzata negli anni 864-866,
dall’870 godeva di una chiesa autonoma con a capo un arcivescovo (nella tradizione bulgara
considerato quale patriarca) che, come tutto il clero, era di lingua greca. Il sogno di Boris-Michail
era di vedere la Chiesa bulgara nelle mani di un clero bulgaro e l'arrivo degli allievi
cirillometodiani, della cui attività in Grande Moravia era probabilmente informato, gli offrì lo
strumento desiderato. Così a Clemente e Naum (Angelario, sfinito dalle peripezie dell'esilio, morì
poco dopo l'arrivo a Pliska) furono affidati importanti compiti preparatori: il primo fu inviato con
il titolo ufficiale di Maestro (учитель) nella zona di Ocrida (nell'attuale Repubblica di
Macedonia) con lo scopo di preparare ecclesiastici slavofoni di rito bizantino (la leggenda
agiografica vuole che in 7 anni, tra l’886 e l’893 Clemente abbia istruito 3.500 allievi), mentre
Naum dovette occuparsi dell'organizzazione della vita monastica e, probabilmente, di uno
scrittorio slavo nei pressi della capitale.
– Intorno all'anno 888 da Costantinopoli ritorna in Bulgaria Simeone, il figlio minore di BorisMichail, che con una sua cerchia di compagni aveva studiato nella capitale dell'Impero (molto
probabilmente alla Scuola imperiale dove negli anni '50 insegnava Costantino il Filosofo)
servendo nello stesso tempo come garante della pace. Con Simeone, che conosceva a perfezione
la lingua e la cultura greca, deve essere tornato in Bulgaria anche un certo Giovanni che più tardi
diventerà "Esarca di tutte le chiese bulgare". Sempre in quegli anni giunge nella capitale bulgara
Costantino, che secondo le fonti “fu allievo di Metodio” e che successivamente diventerà il
primo vescovo di Preslav, la nuova capitale dello Stato. Così intorno a Simeone, che il padre
forse vedeva come futuro capo della Chiesa bulgara di lingua slava, si formò una cerchia di
allievi cirillometodiani e di persone preparate a Costantinopoli che intrapresero un'intensa attività
letteraria: furono ripristinate le traduzioni dei libri ecclesiastici eseguite nella Grande Moravia
(poiché fuggendo da quelle terre gli allievi cirillometodiani più che libri in senso materiale
portavano con sé le competenze di traduttori), furono eseguite molte nuove traduzioni, prima di
tutto di testi innografici [innografia = poesia liturgica] caratteristici della Chiesa orientale e ben
diversi da quelli usati nella tradizione occidentale, e furono composti alcuni testi originali (si
veda più avanti).
– Nacque probabilmente a quei tempi e in quella cerchia l'idea di adottare un altro alfabeto per
la lingua (paleo)slava, più famigliare a chi, come Simeone, era di educazione greco-bizantina. Va
detto a questo proposito che l'alfabeto greco era ben conosciuto in Bulgaria poiché già dalla
nascita dello Stato (681) si scriveva in greco, ma anche in proto-bulgaro con caratteri greci. Non
si sa da chi e quando esattamente, tra l'ultimo decennio del IX secolo e il primo del secolo X,
nella zona della capitale bulgara e sulla base dei dialetti slavo-bulgari nord-orientali venne
composto l'alfabeto cirillico, nel quale sono presenti tutti i 24 caratteri dell'alfabeto greco (più
tre che venivano usati solo come segni numerici), ai quali furono aggiunti da 14 al 18 grafemi
corrispondenti ai fonemi slavi assenti nella lingua greca. Alcune delle lettere aggiuntive
provengono dall'alfabeto glagolitico (per es. Ч, Ш), altre da forme antiche o locali di alcune
19
lettere greche (per es. il segno per la Ę), altre ancora, forse, da segni (finora non decifrati) protobulgari (per es. lo Ъ, il segno per la Ě), altre infine, evidentemente, furono inventate ad hoc sui
modelli grafo-fonematici del glagolitico. Il nuovo alfabeto si diffuse ben presto anche fuori dagli
ambienti ecclesiastici: la prima iscrizione datata scritta in cirillico a noi nota risale all'anno 917. Il
cirillico presto prevalse sul glagolitico nella zona della capitale, mentre a Ocrida e dintorni, dove
Clemente e successivamente anche Naum continuavano in modo più diretto le tradizioni
cirillometodiane, venne usato ancora a lungo il glagolitico benché si conoscesse e si diffondesse
anche il cirillico. Pare che il glagolitico godesse dello status di scrittura sacra: nel Vangelo di
Assemani, per esempio, scritto probabilmente tra la seconda metà del sec. X e la prima dell'XI, si
vede molto bene che la scrittura quotidiana dello scriba del testo principale, che è in glagolitico,
era il cirillico.
Il Vangelo di Assemani, codice glagolitico del sec. X/XI, Bibl. Apostolica Vaticana, Slav. 3.
Nel margine esterno del f. 38v si trova una delle 4 più consistenti note cirilliche lasciate dallo scriba
del testo principale scritto con il glagolitico rotondo. La nota, evidentemente non destinata a essere
conservata (è scritta all'estremità del foglio che avrebbe dovuto essere tagliata dopo la stesura
dell'intero codice), in traduzione italiana recita così:
«Sono così curve le carte dalle quali si stende questo libro che sto faticando».
– Sul confronto grafo-fonematico "cirillico vs. glagolitico" si vedano gli appunti della lezione ad
esso dedicata e la tabella all'inizio degli Appunti di grammatica paleoslava.
20
– Nell'anno 888 il principe Boris-Michail, dopo un lungo e travagliato regno (era sul trono
dall’852), si ritirò in monastero lasciando sul trono il figlio primogenito Rassate-Vladimir. Nel
frattempo proseguiva il lavoro per la creazione di un fondo di libri liturgici slavi e la preparazione
di sacerdoti e diaconi slavofoni. Pare che sempre nel periodo 886-893 gli allievi di Cirillo e
Metodio abbiano promosso il culto dei loro maestri scrivendo le opere liturgico-letterarie
necessarie per la venerazione ufficiale: le Vite (il nucleo di quella di san Cirillo forse era già stato
steso in Grande Moravia), gli uffici liturgici (quello di san Cirillo mostra di essere la traduzioneadattamento di testi innografici greci, mentre quello di Metodio ha due canoni, uno dei quali
porta un acrostico con il nome di Costantino di Preslav come autore, l'altro invece ha quello di
Clemente di Ocrida), i panegirici (uno di Cirillo scritto da Clemente e l'altro, anonimo, dedicato
ai due fratelli ma diffuso nei manoscritti per la data commemorativa di Metodio, il 6 aprile).
– Nell'anno 893 il principe Boris-Michail, insoddisfatto della politica condotta da Vladimir, uscì
dal monastero e con il diritto di principe-padre depose il figlio, ordinò che fosse accecato e
incarcerato ed elevò al trono Simeone. Per questa operazione fu convocato un raduno dei capi
proto-bulgari dei sette distretti militari in cui era suddiviso lo Stato e dei principi slavi, noto nella
storiografia come Concilio di Preslav, che oltre alla sostituzione del sovrano approvò anche il
cambiamento di capitale, trasferita da Pliska (nel passato fortezza dell'élite proto-bulgara
contraria alla politica di Boris-Michail di cristianizzazione e slavizzazione del Paese) a Preslav,
ex avamposto militare che difendeva Pliska dalle incursioni nemiche. (Negli anni successivi
Simeone trasformò Preslav in una autentica capitale cristiana alla quale fu attribuito il
soprannome di Piccola Costantinopoli, un soprannome ancora in uso nel sec. XVII.) Assieme a
questi profondi cambiamenti dello Stato furono prese decisioni di fondamentale importanza
anche per la Chiesa bulgara e per tutto il mondo slavo dell'area bizantina: fu decisa la
sostituzione dei libri liturgici greci con quelli slavi (un atto del quale nella Cronaca dei tempi
passati russa si parla come del “преложение книг” avvenuto 30 anni dopo l'invenzione
dell'alfabeto slavo: 893-863=30, appunto), quindi la sostituzione del clero grecofono con
ecclesiastici slavofoni; contestualmente Clemente fu elevato a vescovo di Velika o Belica (τῆς
Βελίτσας) mantenendo la sede di residenza nella città di Ocrida dove già era attivo come maestro.
Al suo posto per continuare l'attività d'insegnamento fu inviato Naum, che fondò un monastero
sulle sponde del Lago di Ocrida, conservatosi fino ai nostri giorni (v. la foto dell'antica chiesa qui
sotto).
La chiesa di San Panteleimone [= Pantaleone] nel monastero del santo Naum sul Lago di Ocrida
21
Le decisioni del Concilio di Preslav aprirono una nuova pagina nella storia della civiltà
scrittoria slava: per la prima volta la lingua (paleo)slava diventava la lingua ufficiale di uno Stato
e della sua Chiesa. In questo modo la lingua codificata per la prima volta da Costantino-Cirillo e
Metodio nell’863 e usata nella Grande Moravia come lingua missionaria ("lingua dell'apostolato"
secondo la terminologia di Riccardo Picchio), quindi impiegata da Metodio in qualità di vescovo
e arcivescovo come lingua liturgica sussidiaria accanto al latino, diventò una lingua sacra,
applicata nella prassi liturgica a tutti i livelli, dalla predica ai sacramenti. Nei decenni successivi
in questa lingua si sviluppò una ricca letteratura di carattere prevalentemente ecclesiastico, ma
non priva anche di opere con finalità non ecclesiastiche.
4.2. Il ‘secolo d’oro’ della letteratura anticobulgara e la formazione del sistema letterario
della Slavia ortodossa
Dopo l'anno 893, nel Primo Impero Bulgaro (che allora si estendeva su gran parte della
Penisola Balcanica, e comprendeva territori che oggi, oltre alla Bulgaria, appartengono a
Macedonia, Serbia, Bosnia, Albania e Romania) si assiste a una fioritura dell'attività letteraria in
lingua paleoslava (in quell’epoca identica al bulgaro antico) nota come "Secolo d'oro", e che durò
per tutto il regno del principe, dal 917 zar, Simeone (893-927) e di suo figlio lo zar Pietro (927967, † 869). Entrambi i sovrani presero parte della vita letteraria sia come suoi organizzatori e
regolamentatori, sia come autori o curatori di testi.
Sull'attività letteraria nel Primo Impero Bulgaro si veda Boriero Picchio 1969, cap. I (la parte
distribuita in fotocopie), tenendo conto delle precisazioni riportate qui sotto.
– Tra gli allievi cirillometodiani della vecchia generazione giunti in Bulgaria si distingue come
scrittore soprattutto san Clemente di Ocrida (840 ca. – 916). La tradizione manoscritta gli
attribuisce una serie di sermoni, didattici e panegirici, tra i quali i panegirici di san Cirillo, di san
Clemente Papa e altri (complessivamente, una ventina giuntici con il suo nome). Compose anche
sermoni-modello usati dai suoi allievi che li adattavano a diverse ricorrenze ecclesiastiche. Nella
tradizione storiografica spesso è indicato come probabile autore delle Vite paleoslave dei ss.
Cirillo e Metodio (anonime), ma gli studi più recenti hanno dimostrato che le due opere non
possono appartenere allo stesso autore; forse Clemente contribuì, assieme ad altri colleghi, alla
stesura della Vita Constantini. Essendo l'autore del sermone panegirico di san Cirillo, a volte gli
si attribuisce anche l'Ufficio liturgico di Cirillo, del quale recentemente è stato dimostrato che è
piuttosto una traduzione-adattamento dal greco. È, invece, l'autore di uno dei due canoni
nell'Ufficio di san Metodio (una scoperta relativamente recente). Nel passato gli veniva attribuita
anche la creazione dell'alfabeto cirillico – tesi non confermata dalle analisi più attuali delle fonti
(inoltre, proprio nella regione dove Clemente fu attivo il glagolitico venne usato più a lungo).
Negli ultimi decenni (e comunque dopo l'uscita del volume della Borriero Picchio), grazie alla
decifrazione degli acrostici di una serie di testi innografici si è appreso che Clemente fu uno degli
maggiori poeti ecclesiastici dell'epoca, assieme a Costantino di Preslav. Compose cantici sia per
singoli santi, sia per uno dei fondamentali libri liturgici, l'Ottoeco.
– Si cimentò come innografo anche il confratello di Clemente, il santo Naum († 910), il cui
nome per ora è stato rinvenuto solo nell'acrostico di un’opera innografica, un Canone
dell'apostolo Andrea. Sapendo che dopo l'893 egli sostituì Clemente come maestro nella regione
di Ocrida si può ipotizzare una sua attività nel campo predicatorio.
– Costantino, elevato poco dopo Clemente a vescovo di Preslav, la nuova capitale bulgara, e che
sappiamo essere stato allievo di Metodio (quindi tra i più giovani, dopo la morte di san Cirillo), è
tradizionalmente noto come traduttore e autore-compilatore di una raccolta di sermoni didattici
per tutte le domeniche dell'anno (salvo quella di Pasqua) nota come Učitel'noe evangelie nella cui
prefazione è inserita la famosa Preghiera alfabetica, una delle più antiche poesie sillabiche
(ritmo dodecasilabo) in lingua slava nella quale ogni verso inizia con la successiva lettera
22
dell'alfabeto (glagolitico, sebbene le copie pervenuteci siano solo in cirillico). A partire dal 1978
una serie di scoperte dello studioso bulgaro Georgi Popov ha rivelato che Costantino fu un poeta
prolifico, autore di un ciclo di cantici per il Triodio uniti da un gigantesco acrostico composto a
sua volta da 18 versi dodecasillabi, il cui primo verso funge anche da titolo e recita "Granesa
dobra Konstantinova" ovvero "Versi buoni [o "giusti"] di Costantino". Con Clemente di Ocrida
scrisse anche un ciclo di inni liturgici per il periodo dal Natale all'Epifania e, come già detto,
l'Uffico di san Metodio, dove uno dei canoni è firmato (tramite acrostico) da Costantino, l'altro –
da Clemente. Di Costantino si sa soltanto che era ancora vivo negli anni 906/907, mancano però
dati biografici più dettagliati (non essendo proclamato santo all'epoca, manca infatti una sua
Vita).
– Giovanni Esarca (ultimo quarto del IX – primo quarto del X sec.), come già detto, era stato
molto probabilmente uno dei compagni di studi di Simeone a Costantinopoli. È noto come
traduttore di un'opera teologica intitolata Nebesa ("Cieli", parte di un opera più ampia di
Giovanni Damasceno), come compilatore di un Esamerone dove si espone la storia della
Creazione in 6 giorni e in ogni giorno-capitolo si parla della rispettiva parte del mondo, visibile e
invisibile; nel cap. VI, dedicato alla creazione dell'uomo, vi sono interessanti notizie su alcune
tradizioni dei proto-bulgari e una descrizione del palazzo dello zar Simeone al quale è dedicata
l'opera. La prefazione di Nebesa contiene importanti riflessioni sull'arte della traduzione. Inoltre,
Giovanni Esarca è autore di alcuni sermoni panegirici (in gran parte compilativi) che a differenza
di quelli di Clemente di Ocrida non puntano sull'impatto poetico, emotivo, ma su una percezione
razionale, logica, ovvero su un pubblico che aveva una certa preparazione teologica, come era
quello della cerchia dello zar Simeone.
– Nell'ultimo decennio del sec. IX fu scritto un importantissimo sermone polemico in difesa della
scrittura slava spesso intitolato nei manoscritti "О писменех черноризца храбра" [riporto il
titolo in forma russificata, K.S.], che si può tradurre come "Delle lettere del monco Chrabar",
intendendo che un non meglio identificato Monaco Chrabar (o Hrabar, v. Borriero Picchio
1969: 42-43) ne fosse l’autore (ipotesi privilegiata dagli studiosi) oppure come "Delle lettere del
monaco coraggioso", dove per "monaco coraggioso" si deve intendere l'autore delle lettere, cioè
Costantino-Cirillo. Quest'ultima interpretazione, meno diffusa, merita seria considerazione anche
perché alcuni copisti del sec. XVII avevano già interpretato proprio in questo modo il titolo
dell'opera. In ogni caso, il trattato Delle lettere è una delle fonti più preziose sull'attività di
Costantino-Cirillo e Metodio, ed è l'unica di quell'epoca che indica con precisione l'anno in cui
venne inventato dell'alfabeto slavo: 6363 dalla Creazione del mondo ovvero 862/63 dell'era
cristiana.
Naturalmente, il "Secolo d'oro" non si esaurisce con l'attività di questi pochi personaggi di
rilievo che conosciamo oggi; ci sono pervenuti anche altri nomi di traduttori e scriba dei quali
non sappiamo nulla, e vi è una grande quantità di traduzioni, ma anche di opere originali (cioè
non tradotte), rimaste anonime. Alla seconda metà del X secolo appartengono, invece, personaggi
come il pope Ieremia, autore di sermoni di carattere apocrifo, e il presbitero Cosmà, autore di
un ampio trattato contro l'eresia dualistica del Bogomilismo apparsa nei territori bulgari durante il
regno dello zar Pietro.
Verso la fine del X sec. l'attività letteraria del "Secolo d'oro" e la lingua letteraria tramite essa
elaborata trovarono un fertile terreno per ulteriore sviluppo nell'antica Rus' convertita al
Cristianesimo nell'anno 988, 30 anni prima della caduta definitiva del Primo Impero Bulgaro
sotto i colpi dell'esercito bizantino guidato dall'imperatore Basilio II, che orgogliosamente si
autoproclamò Bulgaroctono, cioè Ammazza-bulgari.
23
4.3. L’inizio dell’attività scrittoria nella Rus’ di Kiev. La Slavia ortodossa
L'inizio dell'attività letteraria nella Rus' di Kiev è tema che viene trattato nel corso di
letteratura russa, perciò noi parleremo soltanto dell'inizio dell'attività scrittoria in senso stretto.
– Verso la fine del X – inizi dell’XI sec., subito dopo la cristianizzazione, nella Rus' di Kiev si
diffonde la tradizione della scrittura slava ereditata dal Primo Impero Bulgaro. Viene adottato in
via di principio l'alfabeto cirillico, sebbene in alcuni ambienti non fosse sconosciuto anche il
glagolitico, al momento attuale testimoniato soltanto da alcuni graffiti. Viene adottata anche la
norma linguistica elaborata nel Primo Impero Bulgaro, con alcuni inevitabili russismi fonetici e
lessicali, molto rari nei primi monumenti scritti in territorio russo.
Oggi sono noti alcuni manoscritti e alcune iscrizioni (comprese quelle su corteccia di betulla
trovate durante gli scavi archeologici a Novgorod) che possono essere datati verso l'inizio del sec.
XI. Però i primi manoscritti datati, che sono anche i primi manoscritti slavi in assoluto a portare
la data (quelli antico bulgari non sono datati, lo sono solo alcune iscrizioni), sono i seguenti:
– Il Vangelo di Ostromir (Остромирово Евангелие), copiato dal diacono Gregorio per il nobile
Ostromir di Novgorod nell'anno 1056/57, forse a Kiev. È un Evangelistario miniato, scritto in
onciale cirillica e si ritiene fosse copia di un manoscritto bulgaro antico (si discute, però, se ciò si
può dire solo del testo oppure anche delle miniature).
Vangelo di Ostromir. f. 2.
– La Miscellanea dello zar Simeone, copiata per il principe di Kiev Svjatoslav nell'a. 1073,
copia nota come Izbornik Svjatoslava oppure soltanto Izbornik del 1073 (poiché vi è un altro
Izbornik del 1076, anch'esso tratto da un manoscritto bulgaro antico, forse dei tempi dello zar
Pietro). Contiene una poesia dedicatoria, Elogio (oppure Ode) dello zar Simeone, nel manoscritto
reindirizzata a Svjatoslav, ma conservata con la dedica originale in un'altra copia, più tarda. Nella
poesia viene detto che la scelta dei testi per la miscellanea è opera dello stesso zar Simeone.
24
Izbornik del 1073, f. 2v, l'Elogio dello zar Simeone
reindirizzato al principe Svjatoslav
Izbornik del 1073, f. 120r.
5.Dal paleoslavo e le sue redazioni allo slavo ecclesiastico e alla formazione delle lingue
slave moderne. La stampa cirillica
N.B. Per il punto 5 del programma si veda l’allegato corrispettivo che verrà diffuso
separatamente.
Bibliografia di approfondimento (non obbligatoria) citata nella dispensa.
Carbajosa 2013 Carbajosa I., «Ho cercato di prendermela come sposa, mi sono innamorato della sua
bellezza» (Sap. 8,2). La bellezza della sapienza nella Bibbia. – In: A. Rovetta, M. Desjatova (a cura
di), Il destino della Bellezza. La Bellezza nella prospettiva delle scienze umanistiche. Ed. Pagina, Bari
2013, 111-121.
Danti 1981 Danti A., L'itinerario spirituale di un santo: dalla saggezza alla Sapienza. Note sul cap. III
della Vita Constantini. – AA. VV., Константин-Кирил Философ. Материали..., София 1981, 37-58.
Ivanov 1965: Иванов Й., Сарацинска (арабска) мисия на Кирил Философ. – Известия на Института
за литература при БАН, 16, 1965, 91-104 (= Иванов Й., Избрани произведения, т. І, София 1982,
23-39).
25