L`infanzia negata del piccolo adem aspirante martire

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L`infanzia negata del piccolo adem aspirante martire
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cronaca
La nuova Provincia
martedì 26 maggio 2009
recensione. il libro di antonio evangelista, capo della squadra mobile
L’infanzia negata
del piccolo Adem
aspirante martire
In “Madrasse”
la storia di un bambino
che oscuri maestri
conducono alla jihad
di riccardo santagati
Kosovo, estate del 2000. La guerra
per l’indipendenza dalla Serbia ha
già fatto migliaia di vittime. In uno
dei pochi ospedali funzionanti si
aggira Agim, un bambino di 8 anni in cerca dei suoi genitori. Non
sa che sono morti, uccisi come
tante altre persone del villaggio e,
tutte le sere, si presenta al pronto
soccorso chiedendo di mamma e
papà. Il ragazzo viene puntualmente messo alla porta e, ogni giorno,
viene affidato ad un’organizzazione non governativa che dopo poche ore lo rimanda in strada. Sono
passati 9 anni e di quel ragazzo si
sono perse le tracce. Pochi si ricordano il suo nome e, per quanto se ne sappia, potrebbe essere
morto o, al contrario, aver cambiato identità per aderire ad un
progetto scellerato in un campo
di addestramento alla jihad. Antonio Evangelista, autore di “Madrasse – Piccoli martiri crescono
tra Balcani ed Europa” (Editori Ri-
uniti, 16 euro), si è chiesto molte
volte che fine abbia fatto quel bambino di cui ha sentito parlare mentre era in missione in Kosovo tra
il 2000 e il 2004. Oggi Evangelista
è un funzionario della polizia, vice questore aggiunto e dirigente
della squadra mobile di Asti, ma
allora ha visto decine di bambini
perdere i genitori a causa della
guerra. Nel suo libro, in parte romanzo in parte saggio accuratamente documentato, Evangelista
immagina la storia di quel bambino, qui chiamato Adem, accolto
in una sorta di scuola coranica che
lo “salva” dalla strada per indottrinarlo all’Islam più estremista,
trasformandolo in un soldato di
Allah. La sua sorte potrebbe essere quella di molti bimbi diventati
martiri non tanto per essersi fatti
saltare in aria in attentati terroristici quanto per essere stati privati dell’infanzia da uomini senza
scrupoli. «Ho avuto l’idea per questo libro quando ho finito di scrivere La torre dei crani (Editori Riuniti – 2007 ndr) – spiega Evangelista – perché lì non avevo sviluppato l’aspetto di questi orfani e dei
terroristi mujaheddin che si erano
stabilizzati nei Balcani. Il fenomeno è brutto perché parliamo di vit-
stamattina il convegno
La scuola contro
l’emarginazione
Aiutare i ragazzi che hanno difficoltà nello studio. Offrire agli studenti
la possibilità di confidare problemi
di vario tipo - familiari o di bullismo
- a compagni ed esperti educatori.
Monitorare il disagio sociale tramite un osservatorio provinciale.
Sono solo alcune delle attività portate avanti nell’ambito del progetto
“Uno per tutti, tutti per uno” - finan-
ziato da Ufficio scolastico regionale,
Regione e Fondazione CrAsti - promosso dall’istituto superiore “Castigliano” in collaborazione con 7 tra
scuole, istituti comprensivi e circoli
didattici della provincia di Asti, e il
coinvolgimento di Enti, associazioni, ed esperti in ambito educativo.
Giunto al secondo anno, ma con un
lavoro preparatorio di alcuni anni
time della guerra che, spente le
telecamere, nessuno ricorda più».
Anche la scelta di utilizzare lo strumento del romanzo è stata voluta
per poter presentare un libro facilmente fruibile anche dai non
addetti ai lavori. Attraverso gli occhi di Adem il lettore è accompagnato in una realtà cruda, fatta di
sofferenze e privazioni in cui sedicenti profeti riescono a plagiare
le menti di bambini che hanno già
perso tutto per avere paura di andare a morire per Allah. Madrasse
intervalla la parte del racconto con
riferimenti a documenti, indagini,
casi già noti di terroristi che hanno compiuto attentati dopo essere stati più o meno a lungo in campi di addestramento nascosti tra
le montagne dei Balcani. Tra questi riferimenti c’è quello a un libro
conosciuto come “Manuale di Al
Qaeda” destinato ad essere una
vera e propria guida “per il soldato della jihad islamica”. «Nel racconto faccio riferimento al Manuale come prefazione alla preghiera
di questo cattivo maestro che si è
auto nominato Imam – aggiunge
Evangelista – ma soprattutto per
evidenziare che quest’uomo è tutto tranne che un vero Imam. D’altro canto non esiste in nessuna
parte del Corano il concetto di
Guerra Santa ma si tratta di interpretazioni distorte fatte proprio
per scopi che nulla hanno a che
vedere con il messaggio religioso
dell’Islamismo». Questi cattivi maestri hanno carta bianca nel loro
indottrinamento, purtroppo per
le vittime-allievi.
«Quando parlo di Madrasse è per
individuare una situazione – commenta – ovvero che laggiù esisto-
alle spalle, ha infatti promosso interventi di contrasto al disagio e
l’emerginazione sociale, rivolti principalmente a studenti che provengono da ambienti sociali a rischio e
che presentano difficoltà ad inserirsi a scuola.
Di questo si parlerà stamattina, martedì, al convegno che si svolgerà dalle 9.30 alle 13.30 al Centro culturale
San Secondo di via Carducci 24. Numerosi i relatori che proporranno
un bilancio dell’attività svolta: parleranno infatti Ugo Rapetti, dirigente del “Castigliano”, e Roberta Borgnino, docente dell’istituto e referente del progetto; Maria Rosa Amich,
dirigente del VI circolo didattico; alcuni esperti della cooperativa sociale “Jokko”, coinvolta nell’attività; i
rappresentanti dell’associazione contro le mafie “Libera”, che ha promosso in questo ambito percorsi di educazione alla legalità, e i ragazzi volontari dello Sportello studenti
dell’istituto “Castigliano””. Moderatrice sarà Elisa Ferrando, giornalista
de “La nuova provincia”.
«I risultati sono positivi - commenta il dirigente del “Castigliano”, Ugo
Rapetti - sia come percentuale di ragazzi a cui è stata data un’opportunità di recupero sia come metodologia di lavoro. La “rete” creata ha
infatti consentito alle scuole di offrire a famiglie e studenti la consulenza di esperti in modo efficace,
dato che potevano contare su un
unico interlocutore con cui pianificare anche la fase progettuale».
la seconda fatica letteraria.
Antonio Evangelista durante la
presentazione astigiana del suo
nuovo libro “Madrasse” (foto Pletosu)
Un racconto personale e diretto
sui mostri generati dalle guerre
ma anche la storia di un’iniziazione
che coinvolge il lettore
fino ad un imprevedibile finale
no orfanotrofi dove, verosimilmente, questi cattivi maestri vanno a
predicare. Quindi si tratta di scuole dove gli insegnamenti vengono
deviati e dove questi ragazzi crescono con un’idea sbagliata del
Corano. Sappiamo che dei 1500
mujaheddin che hanno fatto la
guerra di Bosnia molti sono rimasti lì e alcuni sono diventati mentori di giovani sbandati, orfani, fa-
natici che vengono presi e portati sulla strada della jihad».
Nella seconda parte del romanzo
l’azione si sposta in Italia che, scrive Evangelista, «i terroristi guardano come una palestra dove sperimentare i primi insegnamenti
della scuola del terrore anziché
come uno Stato fatto di leggi e regole da rispettare» e ancora «è risaputo che la legge sull’immigra-
zione illegale in Italia è sostanzialmente blanda. Se non si adempie
all’ordine (l’espulsione del questore ndr) si può essere arrestati, ma
il tutto si risolve in una notte di
carcere, ma di un carcere che, paragonato alle galere dell’est Europa, è un hotel a 5 stelle». Non si
tratta di luoghi comuni tanto per
farcire il romanzo ma di un problema, quello sulla certezza della
pena, che anche il capo della polizia Antonio Manganelli ha più
volte sottolineato pubblicamente.
Evangelista lascia le questioni politiche ai politici, non scrive un’analisi sociale del terrorismo ma non
può fare a meno di sottolineare
come il contrasto all’estremismo,
almeno in Italia, sia più difficile
che in altri paesi per via di leggi
non adeguate ad un fenomeno
criminale nuovo, che nel carcere
può persino trovare ulteriori adepti-vittime. In definitiva leggendo
Madrasse ci si imbatte in una questione culturale che parte da un
dato di fatto: tutte le guerre lasciano vittime sul cammino, quella
combattuta in nome di un Dio, oggi come ieri, da una o dall’altra parte, non può che essere persa in
partenza, a maggior ragione quando le lapidi sul campo di battaglia
riportano il nome di tanti orfani
come il piccolo Agim, una volta
bambino ma oggi un lontano ricordo che si è ormai perso nelle
nebbie del tempo, ma non nella
mente dell’autore.
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Come vengono condotte le perizie psichiatriche? Quali sono le
domande e i test che vengono fatti dallo specialista prima di addivenire ad una relazione che potrebbe cambiare la vita di intere
famiglie? Può davvero un medico entrare nella mente di un criminale per capirne le pulsioni?
Esiste la patologia da raptus o è
solo un modo di dire per fare titoli sui giornali? Queste sono state fra le domande più ricorrenti
alle lezioni di criminologia e psicologia forense tenute all’Utea
dalla dottoressa Gloria Fasano e
dal collega Davide La Rocca. E le
loro risposte sono state così competenti e diffuse che sempre più
numerose erano le richieste di
avere le dispense stampate delle
lezioni; tanto che i due specialisti
hanno deciso di raccogliere tutte
le conferenze in un volume che
è in vendita nelle edicole cittadine da oggi.
«Visto il grande polverone che
viene spesso sollevato dai media
in casi di delitti efferati o di casi
particolari -spiega la dottoressa
Fasano- nella gente è sempre più
forte la necessità di comprendere la metodologia con la quale si
procede ad una cosiddetta perizia psichiatrica. Particolare attenzione è stata posta anche per le
analisi che vengono stilate sui minori in casi di separazioni e divorzi particolarmente conflittuali».
Una voglia di capire che non sfocia nella morbosità, ma nella re-
gloria fasano
davide la rocca
ale esigenza di avere più strumenti a disposizione per formarsi una
propria idea su come leggere un
fatto di cronaca.
«Fra i casi esaminati più attentamente nelle lezioni all’Utea -prosegue la Fasano- vi è stato inevitabilmente quello di Cogne. La
domanda più frequente è stata
se fosse possibile che la madre
avesse compiuto il delitto e poi
l’avesse rimosso in modo da credere veramente di essere inno-
cente. Alla risposta che sì, è possibile ma comunque per un periodo limitato di tempo prima che
fosse riaffiorato l’evento, siamo
poi passati ad un’analisi dettagliata della perizia nei confronti della Franzoni depositata al Tribunale di Torino e ora accessibile
dopo la chiusura del processo. E’
stata una delle lezioni più affascinanti e seguite». Nel libro è presente anche un contributo della
grafoanalista Simona Gherlone.
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