Mobilizzazione e aferesi di cellule staminali emopoietiche
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Mobilizzazione e aferesi di cellule staminali emopoietiche
Formazione infermieristica EBMT: Mobilizzazione e aferesi di cellule staminali emopoietiche Guida pratica per infermieri e tecnici 1 The European Group for Blood and Marrow Transplantation gratefully acknowledges the following individuals for their critical review and contributions to this guide: Erik Aerts (RN) Switzerland Aleksandra Babic (RN) Italy Il Gruppo europeo trapianti di sangue midollo osseo (European Group for Blood and Marrow Holliee Devine (RN) USA Transplantation, EBMT) ringrazia sentitamente i seguenti collaboratori per aver arricchito la presente Francoise Kerache (RN) Germany guida con contributi personali e giudizi critici: Arno Mank (RN) Netherlands Erik Aerts (RN) Svizzera Babic Netherlands (RN) Italia Harry Aleksandra Schouten (MD) Devine (RN) USA NinaHollie Worel (MD) Austria Francoise Kerache (RN) Germania Arno Mank (RN) Paesi Bassi Harry Schouten (MD) Paesi Bassi Nina Worel (MD) Austria Mobilizzazione e aferesi di cellule staminali emopoietiche Guida pratica per infermieri e tecnici Indice Capitolo 1: Panoramica sul trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche 1 Capitolo 2: Mobilizzazione 5 Capitolo 3: Raccolta di cellule staminali (aferesi), conservazione e reinfusione 13 Capitolo 4: Come affrontare le tematiche trattate con i pazienti 19 Glossario 23 Bibliografia 24 Ulteriori fonti 28 Note 29 Capitolo 1: Panoramica sul trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche La chemioterapia e la radioterapia vengono considerate tra le strategie terapeutiche antitumorali maggiormente riconosciute. I cicli di radioterapia o chemioterapia ad alte dosi a cui vengono sottoposti i pazienti affetti da tumori sensibili alla terapia hanno lo scopo di ridurre la massa tumorale. La somministrazione di queste terapie che comportano dosi di farmaci sovramassimali viene spesso limitata dall’insorgere di tossicità organiche (ad es. midollo osseo, cuore e polmone) e da pancitopenia. Per risolvere il problema della limitazione delle dosi, il trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche (TCSEa), una terapia ad alte dosi supportata dall’infusione di cellule staminali emopoietiche, è diventato una procedura medica che consente di somministrare elevate dosi di farmaci con tossicità emopoietica e organica tollerabile. L’infusione di cellule staminali autologhe in seguito ad un trattamento a dosaggio sovramassimale è in grado di “recuperare” il midollo osseo attraverso la ricostituzione della normale emopoiesi. Una volta ripresa la funzione del midollo osseo, i pazienti possono guarire dalla malattia o essere sottoposti a ulteriori terapie antitumorali.1,2 Il trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche è una procedura medica complessa utilizzata per il trattamento e la cura di pazienti affetti da diverse patologie maligne e benigne. Sebbene il primo caso documentato di TCSEa per terapie antitumorali risalga al 1890 circa,3 bisogna aspettare il 1978 per l’effettiva conduzione di una cura in pazienti affetti da patologia maligna, seguita da uno studio clinico realizzato negli Stati Uniti presso il National Cancer Institute.4 In seguito, la tecnica per eseguire un TCSEa si è notevolmente evoluta e migliaia di pazienti di tutto il mondo hanno potuto curare con successo le loro patologie proprio grazie al TCSEa. L’espressione “trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche” viene spesso utilizzata come sinonimo di trapianto autologo di midollo osseo (TMO autologo), trapianto autologo di cellule staminali periferiche (aPBSCT) e trapianto autologo emopoietico (AHCT). 5 Il termine “autologo” sta ad indicare che le cellule del donatore utilizzate per la procedura appartengono al paziente stesso; al contrario, il termine “allogenico” viene utilizzato nei casi in cui donatore e ricevente sono due persone distinte. Per alcuni casi di trapianto allogenico, si utilizza il termine “singenico” quando il donatore e il paziente sono due gemelli identici. La fonte delle cellule staminali per la raccolta viene identificata con i termini “midollo osseo” e “sangue periferico.” Le cellule destinate al paziente possono essere prelevate dalle riserve di midollo osseo del donatore, ad esempio quelle contenute nella cresta iliaca delle ossa pelviche, oppure dal sangue periferico del donatore. Inoltre, il sangue del cordone ombelicale (SCO), contenuto nel cordone ombelicale e nella placenta dopo il parto, costituisce un’altra fonte di cellule staminali progenitrici utilizzate in medicina nell’ambito dei trapianti allogenici.6 Il processo che prevede l’esecuzione programmata e sequenziale di 2 trapianti autologhi di cellule staminali viene definito “trapianto autologo di cellule staminali tandem.”6,7 Nei 30 anni successivi al primoTCSEa eseguito con successo, l’efficacia di questo trattamento applicabile a patologie maligne e benigne si è ampiamente consolidata (Tabella 1).8 Nei casi di patologie maligne recidivanti, i regimi di chemioterapia standard possono generare livelli inaccettabili di soppressione del midollo osseo (mielosoppressione), con conseguente riduzione della conta leucocitaria e della conta piastrinica, nonché anemia. In questo modo aumenta il rischio di emorragie e infezioni potenzialmente fatali. Successivamente alla chemioterapia, il paziente viene sottoposto a un trapianto di cellule staminali per la rigenerazione del midollo osseo danneggiato. La reinfusione di cellule staminali autologhe è diventata quindi una modalità terapeutica praticata per ridurre il rischio di una mielosoppressione prolungata.9-11 È stato dimostrato che la terapia ad alte dosi con recupero delle cellule staminali influisce positivamente sui tassi di risposta alla malattia; non è tuttavia possibile migliorare la sopravvivenza generale di alcuni pazienti, se confrontata con i tradizionali trattamenti di chemioterapia. In alcuni casi, quali ad esempio il trattamento del linfoma di Hodgkin recidivante o refrattario oppure della leucemia linfocitica cronica, il TCSEa non ha un ruolo definitivo, né risolutivo12-15 e le relative indicazioni continuano ad evolversi. Capitolo 1: Panoramica sul trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche 1 Tabella 1. Indicazioni per trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche in soggetti adulti Malattia Standard terapeutico Opzionale sulla base di rischi e benefici CR1 (rischio intermedio) CR1 (rischio basso o elevato) CR2 Leucemia linfocitica acuta Leucemia mieloide acuta M3 (CR2 molecolare) Leucemia linfocitica cronica Leucemia mieloide cronica Studi sperimentali o aggiuntivi necessari CR1 (rischio standard, intermedio o elevato) CR3 (recidiva allo stadio iniziale) M3 (persistenza molecolare) Malattia recidivante o refrattaria Patologia ad alto rischio Prima (CP), insuccesso di imatinib Fase accelerata o > prima CP Mielofibrosi Sindrome mielodisplasica LNH diffuso a grandi cellule B Linfoma a cellule a mantello Recidiva chemiosensibile; ≥ CR2 CR1 Recidiva chemiosensibile; ≥ CR2 Recidiva chemiosensibile; ≥ CR2 LNH a cellule T Linfoma di Hodgkin Recidiva chemiosensibile; ≥ CR2 Linfoma di Hodgkin con prevalenza linfocitaria nodulare Mieloma multiplo Amiloidosi Anemia aplastica grave Emoglobinuria parossistica notturna Carcinoma mammario* √ Tumori a cellule germinali Refrattaria di terza linea Carcinoma ovarico Medulloblastoma* CR1 (IPI intermedio o alto alla diagnosi) Malattia refrattaria CR1 Recidiva chemiosensibile; ≥ CR2 CR1 (IPI intermedio o alto alla diagnosi) CR1 Malattia refrattaria Malattia refrattaria Recidiva chemiosensibile; ≥ CR2 Malattia refrattaria Malattia refrattaria CR1 Recidiva chemiosensibile; ≥ CR2 Malattia refrattaria CR1 √ √ √ Malattia ad alto rischio adiuvante Risposta a livello metastatico Recidiva sensibile Post-operatorio Risposta a livello metastatico CR/PR Post-operatorio Carcinoma polmonare a piccole cellule Carcinoma renale a cellule Malattia limitata Sarcoma a cellule chiare Risposta a livello metastatico Citopenie immuni Sclerosi sistemica Artrite reumatoide Sclerosi multipla Lupus eritematoso sistemico Malattia di Crohn Poliradicoloneuropatia cronica infiammatoria demielinizzante Crisi blastica Primaria o secondaria con score di Lille intermedio o elevato RA RAEB Stadi più avanzati Malattia refrattaria RAEBt sAML in CR1 o CR2 Linfoma linfoblastico e linfoma di Burkitt LNH follicolare a grandi cellule B Generalmente non raccomandato CR2 (recidiva allo stadio iniziale) Malattia recidivante o refrattaria Recidiva platino sensibile Metastatico, refrattario alle citochine √ √ √ √ √ √ √ CP, fase cronica; CR1, 2, 3, prima, seconda o terza remissione completa; CR/PR, risposta completa/risposta parziale; IPI, Indice Prognostico Internazionale; NHL, linfoma di nonHodgkin; RA, anemia refrattaria; RAEB, anemia refrattaria con eccesso di blasti; RAEBt, anemia refrattaria con eccesso di blasti in trasformazione; sAML, leucemia mielogena acuta secondaria; √ indica l’utilizzo del trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche a prescindere dallo stadio. * Nei pazienti affetti da medulloblastoma o carcinoma mammario in fase di malattia metastatica, il trapianto autologo delle cellule staminali emopoietiche può essere preso in considerazione nei casi in cui i benefici sono superiori ai rischi, sebbene occorrano ulteriori studi. Mobilizzazione e aferesi di cellule staminali emopoietiche - Guida pratica per infermieri e tecnici 2 Il TCSEa è una procedura complessa che prevede un approccio multidisciplinare e l’utilizzo di varie risorse. In passato questo tipo di trattamento veniva praticato esclusivamente presso i maggiori centri ematologici. In seguito An AHSCT is a complex process involving a multidisciplinary approach and resource utilisation . Historically, al progresso della medicina e ad una maggiore conoscenza della procedura relativa al TCSEa, i pazienti possono this treatment was offered only at large academic medical centres . However, due to medical progress and our oggi usufruire di questa terapia presso strutture locali. Il processo relativo al trapianto di cellule staminali può essere knowledge the AHSCT procedure, patients are receiving this therapy in community settings . The stem suddiviso in 8offasi distinte (Figura 1): (1) somministrazione di farmaci per la mobilizzazione, (2) cell mobilizzazione, (3) transplant process can be summarised in 8 distinct phases (Figure 1): (1) administration of mobilisation raccolta, (4) preparazione del prodotto per la conservazione, (5) crioconservazione, (6) somministrazione del regime agents, (2) mobilisation, (3) collection, (4) preparation of product for storage, (5) cryopreservation, (6) 1,2,6,16 di condizionamento, (7) trapianto di cellule staminali, 8) reinfusione e recupero. 1,2,6,16 of preparative regimen, stem cell transplantation, and 8)alengraftment Peradministration una spiegazione più dettagliata di (7) ciascuna fase, fare riferimento Capitolo 3. and recovery . For a more detailed explanation of each phase, please see Chapter 3 . 1,2,6,16 Figura 1. Processo del trapianto di cellule staminali 1,2,6,16 Figure 1. The Stem Cell Transplant Process Injections 1 2 Mobilisation Blood vessel 3 Collection Bone marrow 4 Preparation for Storage Stem cells collected are stored in infusion bags Stem Cell Transplant 5 Cryopreservation Freezing of stem cells for use after completion of preparative regimen 8 6 Chemotherapy and/or Radiation Administration of preparative regimen intended to kill any remaining cancer cells and make a space for new cells to live 20,000 500 Time After Transplant Previously collected stem cells are thawed and infused back into the bloodstream Collection of mobilised stem cells from the blood using the apheresis machine Engraftment and Recovery Absolute Neutrophil Count (ANC) 7 Stem cells are stimulated to move into the bloodstream from the bone marrow space Platelets Injections of mobilisation agents Time After Transplant One aim of autologous stem cell transplant is for infused stem cells to mature into functional blood components such as neutrophils and platelets . The first signs of engraftment and recovery include increasing absolute neutrophil and platelet counts Capitolo 1: Panoramica sul trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche 3 Chapter 1: Overview of Autologous Haematopoietic Stem Cell Transplantation 3 Dopo aver individuato i possibili pazienti candidati per il TCSEa, è necessario valutare attentamente la situazione di tali pazienti per essere sicuri che siano in grado di tollerare la procedura a cui verranno sottoposti. Ai pazienti vengono somministrati fattori di crescita con lo scopo di stimolare la migrazione delle cellule progenitrici dal midollo osseo al sangue periferico. La raccolta di cellule staminali viene realizzata mediante aferesi. Alla fine del processo di aferesi, le cellule vengono trattate e crioconservate per essere utilizzate in futuro. Generalmente il prodotto può essere conservato per poche settimane o mesi, sebbene alcuni sperimentatori abbiano segnalato la possibilità di conservare le cellule fino a 14 anni senza alcuna perdita di vitalità.17-19 Dopo l’aferesi, i pazienti possono essere sottoposti a ulteriore trattamento chemioterapico mirato alla cura della malattia di base oppure possono iniziare direttamente un regime di preparazione al trapianto (ad es. chemioterapia ad alte dosi ± radioterapia), seguito dall’infusione di cellule staminali precedentemente raccolte. I primi segni di attecchimento, che si manifesta attraverso l’aumento delle conte dei globuli bianchi (GB), si verificano solitamente entro 2-4 settimane dall’infusione delle cellule staminali autologhe.1,2 Mobilizzazione e aferesi di cellule staminali emopoietiche - Guida pratica per infermieri e tecnici 4 Capitolo 2: Mobilizzazione Il termine emopoiesi si riferisce alla formazione di componenti cellulari del sangue. Si tratta di un processo continuo necessario per garantire la normale funzione del sistema immunitario e dell’emostasi. Nei soggetti adulti l’emopoiesi si verifica principalmente nel midollo osseo contenuto nella pelvi, nello sterno, nella colonna vertebrale e nel cranio.20,21 In particolare, la produzione di cellule del sangue mature avviene nel microambiente del midollo osseo (Figura 2).20-22 Figura 2. Microambiente del midollo osseo20-22 Tutte le cellule del sangue derivano da cellule staminali progenitrici, denominate anche cellule staminali pluripotenti. Queste cellule sono dotate di una capacità illimitata di autorinnovamento e sono in grado di differenziarsi in qualsiasi altro tipo di cellule del sangue mature. La cellula staminale pluripotente è in grado di differenziarsi in uno dei 2 tipi di cellule progenitrici comuni, ovvero la progenitrice mieloide comune e la progenitrice linfoide comune. Tali cellule progenitrici comuni possono ulteriormente dividersi in componenti di cellule commissionate attraverso una complessa cascata di eventi (Figura 3). Il risultato finale di questo processo è la produzione di cellule della linea mieloide e di quella linfoide. Le cellule della linea mieloide, come ad esempio cellule ematiche, piastrine, macrofagi e neutrofili, sono responsabili del nutrimento dei tessuti, dell’ossigenazione, della viscosità del sangue, della coagulazione e della funzione immunitaria, quali l’immunità innata e l’immunità adattativa. I componenti della linea linfoide, più precisamente le cellule T e le cellule B, costituiscono la base del sistema immunitario adattativo.2,20 Un ruolo molto importante nell’emopoiesi è svolto dalle citochine. In caso di cellule progenitrici esposte alle citochine, è possibile che si verifichi la cascata del processo di maturazione per la produzione di componenti delle cellule del sangue mature commissionate. Nella Figura 3 sono elencati alcuni esempi di citochine importanti. Tali citochine sono di natura endogena, anche se, durante il processo di raccolta delle cellule staminali, alcune vengono spesso somministrate al paziente in maniera esogena nel tentativo di favorire la resa delle cellule staminali in un breve periodo di tempo.21-25 Tra i vari esempi di citochine esogene, il filgrastim (fattore di stimolazione delle colonie di granulociti glicosilato [G-CSF]) e il lenograstim (G-CSF non glicosilato). Capitolo 2: Mobilizzazione 5 Figura 3. Cascata del processo di maturazione delle cellule staminali2,20 Le chemochine, un sottogruppo delle citochine, sono associate ad un unico recettore e regolano il movimento delle cellule. Le cellule stromali sono strati di cellule che supportano il microambiente del midollo osseo. Tali cellule producono il fattore 1 alfa derivato dalle cellule staminali delle chemochine (SDF-1α). La chemochina è un’importante molecola di segnalazione coinvolta nei processi di proliferazione, conduzione e innesto delle cellule staminali. Per un determinato periodo del loro sviluppo, le cellule staminali esprimono il recettore per la chemochina CXCR4. Il recettore CXCR4 è responsabile dell’attecchimento delle cellule staminali al microambiente del midollo osseo. Quando il recettore CXCR4 si lega al fattore SDF-1α, si verificano anche interazioni tra le integrine e le molecole di adesione delle cellule. L’attecchimento delle cellule staminali al microambiente midollare avviene mediante la continua produzione del fattore SDF-1α da parte delle cellule stromali. La perdita di adesione alle cellule stromali e la mancata attività del fattore SDF-1α favoriscono il rilascio delle cellule staminali nella circolazione periferica. Il blocco di questo recettore mediante un antagonista delle chemochine, quale ad esempio plerixafor, ha fatto aumentare il numero di cellule staminali emopoietiche (CSE) in circolo, favorendo la raccolta di cellule staminali in pazienti affetti da linfoma e mieloma multiplo.26-31 Mobilizzazione e aferesi di cellule staminali emopoietiche - Guida pratica per infermieri e tecnici 6 Le cellule staminali pluripotenti esprimono l’antigene CD34, marcatore sulla superficie cellulare. Questo marcatore costituisce l’indicatore maggiormente utilizzato in medicina per determinare la progressione e l’efficacia dei processi di raccolta delle cellule staminali del sangue periferico.25 Sebbene non sia possibile eseguire un’analisi completa relativamente a quantità e qualità delle cellule raccolte, vengono tuttavia analizzati campioni di sangue prelevato da tali raccolte per stabilire il numero di cellule CD34+ presenti. Una volta raggiunti i relativi livelli ottimali delle cellule, il processo di raccolta viene completato, mentre le cellule vengono conservate per essere utilizzate in futuro. I livelli ottimali previsti possono variare da un centro di cura all’altro e gli obiettivi dei singoli pazienti vengono associati alla malattia di base, alla fonte delle cellule staminali e al tipo di trapianto da eseguire. Generalmente, il livello ottimale di 2 × 106 cellule CD34+/kg di peso corporeo viene considerato il minimo necessario per un trapianto autologo, dato che per un trapianto singolo i livelli ottimali sono pari a ≥ 5 × 106 cellule CD34+/kg, mentre per un trapianto tandem sono di ≥ 6 × 106 cellule CD34+/kg.23,25,32-36 In passato il processo di raccolta delle cellule staminali autologhe prevedeva il prelievo di cellule del midollo osseo nella regione della cresta iliaca posteriore bilaterale del paziente (Figura 4), da eseguire in anestesia generale in una sala operatoria di ospedale. Grazie ai progressi raggiunti nel campo della tecnologia medica, la maggior parte delle procedure di raccolta viene oggi eseguita mediante aferesi (Figura 5). La raccolta di cellule staminali del sangue periferico viene considerata la procedura più indicata per la mobilizzazione che precede il TCSEa, in termini di convenienza del paziente, diminuzione della morbilità e maggiore rapidità nell’attecchimento di globuli bianchi e piastrine. Ulteriori confronti tra raccolta di midollo osseo e sangue periferico per trapianto autologo sono riassunti nella Tabella 2.1,2,37-40 Figura 4. Raccolta di midollo osseo Tabella 2. Vantaggi e svantaggi delle procedure di raccolta delle cellule staminali emopoietiche1,2,37-40 Procedura di raccolta Vantaggi Svantaggi Midollo osseo • • • • Raccolta singola Nessun bisogno di inserire speciali cateteri Utilizzo di citochine non necessario • • • Sangue periferico • • • • Non richiede anestesia generale e può essere eseguita in regime ambulatoriale Attecchimento di neutrofili e piastrine più rapido Associata a tassi di morbilità e mortalità inferiori Contaminazione delle cellule tumorali del prodotto potenzialmente minore • • • Eseguita in terapia intensiva in quanto richiede anestesia generale Attecchimento di neutrofili e piastrine più lento Tassi di morbilità e mortalità più elevati Contaminazione delle cellule tumorali del prodotto potenzialmente maggiore La raccolta potrebbe protrarsi per molti giorni Talvolta è necessario l’inserimento di un catetere a doppio lume di grosso calibro per la raccolta Emorragie, embolie e infezioni sono possibili complicanze dovute all’inserimento di un catetere venoso centrale Capitolo 2: Mobilizzazione 7 Figura 5. Raccolta mediante aferesi Le concentrazioni di CSE nel midollo osseo sono 10-100 volte superiori a quelle presenti nella circolazione periferica.1 Le procedure per aumentare le concentrazioni di CSE in circolo sono pertanto necessarie al fine di assicurare l’adeguatezza e il successo delle raccolte. Tra gli agenti utilizzati per mobilizzare le CSE, sono comprese le citochine somministrate con o senza chemioterapia prima dei periodi di raccolta programmati. L’utilizzo di filgrastim e lenograstim come mobilizzatori ad agente singolo è ormai ben radicato, poiché entrambi gli agenti hanno fatto riscontrare un aumento nelle concentrazioni di CSE in circolo.41,42 Si ritiene che il G-CSF favorisca la mobilizzazione di CSE attraverso la diminuzione dell’espressione dei geni del SDF-1α e dei livelli proteici, con conseguente aumento delle proteasi che possono spezzare i legami tra le CSE e l’ambiente del midollo osseo.43-46 Il meccanismo d’azione del G-CSF viene illustrato nella Figura 6.43-36 La dose raccomandata di filgrastim e lenograstim è di 10 mcg/kg/giorno mediante iniezione sottocutanea per più giorni47,48, anche se questi fattori di crescita vengono in genere somministrati seguendo un dosaggio giornaliero totale di 3-24 mcg/kg/giorno.25 I dati indicano che le dosi suddivise di G-SCF (ad es., lenograstim da 5 mcg/kg due volte al giorno) sono più efficaci rispetto alla somministrazione di una dose singola (ad es., lenograstim da 10 mcg/kg una volta al giorno), in quanto generano una resa superiore delle cellule CD34+ e un minor numero di procedure di aferesi.49-51 La pratica clinica attuale, tuttavia,non privilegia ancora un dosaggio in particolare. Figura 6. Meccanismo d’azione del G-CSF43-46 Mobilizzazione e aferesi di cellule staminali emopoietiche - Guida pratica per infermieri e tecnici 8 Dal momento che non è raro assistere ad un aumento di CSE dopo il recupero da una chemioterapia mielosoppressiva, un altro metodo per la mobilizzazione delle CSE prevede la somministrazione di chemioterapia, generalmente associata alle citochine.22,24,25 Questo metodo viene comunemente denominato “chemiomobilizzazione.” La chemioterapia e le citochine operano in maniera sinergica per mobilitare le CSE, sebbene non sia stato ancora completamente spiegato l’esatto meccanismo di mobilizzazione della chemioterapia. I possibili meccanismi di mobilizzazione in seguito alla chemioterapia comprendono gli effetti della stessa sull’espressione delle molecole di adesione delle cellule nel midollo osseo e il danneggiamento indotto dalla chemioterapia delle cellule stromali nel midollo osseo. Questi due elementi generano l’aumento delle concentrazioni di CSE in circolo in seguito all’alterazione del microambiente midollare.28 Le cinetiche delle cellule CD34+ e la produzione di globuli bianchi dovute a chemioterapia e somministrazione di fattori di crescita sono illustrate nella Figura 7. Figura 7. Cinetiche generalizzate della mobilizzazione di cellule CD34+ e leucociti nel sangue periferico in seguito alla somministrazione di citochine e chemioterapia Tra i chemioterapici maggiormente utilizzati sono compresi l’etoposide e la ciclofosfamide ad alte dosi.22,25,38 Filgrastim (5 mcg/kg/giorno) può essere utilizzato in associazione alla chemioterapia nel processo di chemiomobilizzazione.47 Poiché nessun regime di mobilizzazione chemioterapica si è dimostrato migliore rispetto agli altri, i medici possono scegliere di mobilizzare i pazienti durante un ciclo di chemioterapia mirata alla malattia. Alcuni esempi di regimi utilizzati sono ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina e prednisone (CHOP), oltre a ifosfamide, carboplatino e etoposide (ICE).25 Inoltre, l’utilizzo di rituximab (un anticorpo monoclonale mirato alle cellule che esprimono CD20) prima della mobilizzazione non ha fatto registrare rese inferiori di cellule CD34+; tale anticorpo è infatti in grado di favorire la diminuzione della contaminazione tumorale totale nel prodotto raccolto.52,53 Gli eventi avversi associati ai chemioterapici comunemente utilizzati nei regimi di mobilizzazione sono elencati nella Tabella 3.54,55 Tabella 3. Complicanze* dovute a chemioterapici comunemente utilizzati per la mobilizzazione (quali ciclofosfamide o etoposide)54,55 Capitolo 2: Mobilizzazione 9 Plerixafor è un agente nuovo recentemente approvato in Unione Europea per essere utilizzato in associazione al G-CSF nei pazienti affetti da linfoma e mieloma multiplo con scarsa mobilizzazione, al fine di mobilizzare le cellule staminali dal midollo osseo al sangue periferico per la raccolta e il trapianto autologo.56 Plerixafor è un antagonista del CXCR4 a molecola piccola che inibisce in maniera reversibile il legame tra CXCR4 e SDF-1α (vedere il meccanismo d’azione di plerixafor nella Figura 8).57-61 È stato dimostrato che l’utilizzo di plerixafor associato al G-CSF agevola le procedure di raccolta delle cellule CD34+ nei pazienti affetti da linfoma e mieloma multiplo rispetto al G-CSF in monoterapia.30,62,63 Le più comuni reazioni avverse associate all’utilizzo di filgrastim, lenograstim e plerixafor sono elencate nella Tabella 4.47,48,56,64 Un possibile limite delle procedure di raccolta delle CSE è costituito dalla possibilità di scarsa mobilizzazione di cellule staminali. Il fattore di rischio più rilevante per una mobilizzazione inadeguata è la quantità totale di trattamenti di chemioterapia mielosoppressiva a cui è stato sottoposto un paziente prima della raccolta. Gli agenti che risultano tossici per le cellule staminali, quali ciclofosfamide (dosi > 7,5 g/m2), melfalan, carmustina, procarbazina, fludarabina, azatioprina, clorambucile, influiscono negativamente in modo particolare sulla resa della raccolta di cellule staminali. Altri fattori di rischio associati a raccolte ridotte di cellule CD34+ sono elencati nella Tabella 5.25,65-73 Tabella 4. Reazioni avverse* molto comuni (> 10%) associate agli agenti utilizzati nella mobilizzazione delle cellule staminali47,48,56,64 Filgrastim • Dolori muscoloscheletrici Lenograstim • • • • • • • Dolori alla schiena e alle ossa Leucocitosi e trombocitopenia Aumenti temporanei nei test di funzionalità epatica LDH elevato Cefalea e astenia Diarrea e nausea Reazioni in corrispondenza della sede d’iniezione e d’infusione Plerixafor LDH, lattato deidrogenasi. *Per l’elenco completo delle reazioni avverse, consultare le schede di riepilogo delle caratteristiche del prodotto Mobilizzazione e aferesi di cellule staminali emopoietiche - Guida pratica per infermieri e tecnici 10 Tabella 5. Caratteristiche e fattori di rischio associati a scarsa mobilizzazione di cellule staminali autologhe25,65-73 • • • • • • • • • • Tipo e quantità di trattamenti di chemioterapia somministrati al paziente prima della mobilizzazione Età avanzata (> 60 anni) Precedenti cicli multipli di chemioterapia per il trattamento della malattia di base Radioterapia Breve intervallo tra chemioterapia e mobilizzazione Carico di malattia rilevante Malattia refrattaria Infiltrazione del tumore nel midollo osseo Utilizzo pregresso di lenalidomide Scarso funzionamento del midollo riscontrato (ad es., diminuzione nella conta piastrinica e di cellule CD34+) al momento della mobilizzazione Esistono poche opzioni di trattamento per i pazienti cattivi mobilizzatori: la procedura standard per la cura di tali pazienti è in continua evoluzione e resta ancora imprecisa. Le attuali strategie accettabili per la rimobilizzazione prevedono l’aumento delle dosi di chemioterapici o citochine, mediante una combinazione di citochine, e il prolungamento dell’intervallo di tempo tra la chemioterapia per il trattamento della malattia e l’aferesi. La possibilità di una raccolta di midollo osseo per l’ottenimento di cellule staminali costituisce una strategia alternativa. Tuttavia, tale strategia non incontra più il favore generale rispetto ai metodi precedentemente descritti a causa di tempi di attecchimento più lenti, maggiore necessità di risorse utilizzate (ricovero più lungo e ulteriore gestione di una terapia di supporto), nonché rischio di mortalità superiore.25,35,65,66,74-76 Risultati più promettenti sono stati ottenuti utilizzando farmaci più nuovi recentemente approvati (come ad es. plerixafor) come parte integrante di tecniche di mobilizzazione consolidate per aumentare la resa delle cellule staminali durante la raccolta. Il confronto tra i vari metodi di mobilizzazione è stato riportato nella Tabella 6.22,24,25,28,37-39 Tabella 6. Confronto tra i metodi di mobilizzazione22,24,25,28,37-39,77-81 Regime di mobilizzazione Caratteristica Filgrastim o lenograstim • • • • • • • • Filgrastim o lenograstim + chemioterapia • • • • • • • • • Filgrastim o lenograstim + plerixafor • • • • • • • • Tossicità ridotta Somministrazione in regime ambulatoriale Possibilità di autosomministrazione Elevata efficacia nella maggior parte dei pazienti Mobilizzazione prevedibile, che facilita la programmazione dell’aferesi Intervallo più breve tra la somministrazione e la raccolta rispetto a fattore di crescita + chemioterapia Dolori alle ossa Resa ridotta di cellule staminali rispetto a fattore di crescita + chemioterapia Resa maggiore di cellule staminali rispetto a fattore di crescita in monoterapia Minor numero di raccolte di cellule staminali Potenziale di attività antitumorale Può inficiare la mobilizzazione futura delle cellule staminali Può richiedere l’ospedalizzazione Associato a un maggior numero di effetti collaterali Risultati contrastanti Intervallo più lungo tra la somministrazione e la raccolta rispetto al fattore di crescita Bassa prevedibilità del tempo ai livelli di picco delle cellule CD34+ nel sangue periferico Tossicità ridotta Somministrazione in regime ambulatoriale Tasso d’insuccesso ridotto Alta probabilità di raccogliere un numero ottimale di cellule CD34+ Efficacia nei soggetti a scarsa mobilità Mobilizzazione prevedibile, che facilita la programmazione dell’aferesi Intervallo più breve tra la somministrazione e la raccolta rispetto a fattore di crescita + chemioterapia Reazioni avverse di natura gastrointestinale Capitolo 2: Mobilizzazione 11 12 Capitolo 3: Raccolta di cellule staminali (Aferesi), stoccaggio e reinfusione Prima di iniziare la procedura di raccolta delle cellule staminali, i pazienti devono essere accuratamente esaminati e ritenuti idonei al trapianto nonché capaci di tollerare tutte le procedure che il trapianto comporta. Alcune delle valutazioni di carattere medico, assistenziale e psicologico possono essere svolte prima della prima visita e della richiesta di consulenza al servizio trapianti o alla clinica. Di frequente, il medico ematologo/oncologo di base del paziente serve come primo contatto del paziente durante la procedura del trapianto. Tutti i test, le valutazioni e la preparazione impliciti nel trapianto di un paziente coinvolgono una miriade di professionisti sanitari che collaborano insieme per orchestrare questa complessa procedura medica. La valutazione medica preliminare è la prima fase che un paziente deve completare, quando si sottopone ad un TCSEa. Ciò implica la richiesta di una consulenza ad un centro o un servizio trapianti da parte del medico oncologo di base del paziente. Il medico fornisce al team del trapianto informazioni che spesso comprendono specifiche riguardanti la cura del paziente, quali la storia medica precedente, lo stadio del cancro, un riepilogo dei trattamenti oncologici e delle relative risposte, oltre alle complicazioni sperimentate durante la terapia. Queste informazioni sono accompagnate anche eventuali controlli radiografici e di test di laboratorio. Dopo un riesame delle informazioni mediche del paziente, il team del trapianto darà inizio ad una serie specifica di test e valutazioni al fine di determinare l’idoneità del paziente a procedere con la raccolta e il trapianto di cellule staminali. Ciò implica la ristadiazione del paziente per verificare o definire lo stato corrente della sua malattia, verificando la funzione di vari organi (ad es. reni, fegato e polmoni), documentando l’assenza di determinate condizioni di comorbilità e di malattie infettive (ad es. insufficienza cardiaca congestizia e presenza dell‘HIV), e valutando il performance status generale nonché la condizione psicosociale del paziente. A questo punto, avrà inizio una ampia preparazione del paziente, della sua famiglia e/o di coloro che gli prestano assistenza. Spesso il processo di preparazione del paziente e delle persone che gli prestano le cure (vedere capitolo 4) è coordinato da un membro del personale infermieristico (infermiere clinico, educatore o coordinatore). Dopo aver stabilito l’idoneità di un paziente al trapianto, si provvede alla preparazione del paziente per la procedura di raccolta. Il metodo preferito per l’accesso venoso consiste nel posizionamento di un catetere periferico durante una seduta di aferesi (ad es. inserimento nella vena antecubitale). Per quei pazienti che non sono idonei a ricevere l’inserimento di una linea periferica, è prevista l’applicazione di un catetere venoso centrale opportunamente posizionato (ad es. nella vena giugulare interna) prima della prima raccolta di cellule staminali. I cateteri utilizzati per le procedure di aferesi devono essere in grado di tollerare ampie fluttuazioni del volume di sangue in circolazione. Si tratta quindi di cateteri che spesso sono a doppio lume con un foro largo e che possono essere utilizzati temporaneamente durante la raccolta delle cellule o posizionati in modo permanente ed utilizzati nel corso dell’intero trapianto. Come accade con la maggior parte dei cateteri posizionati nell’area delle estremità superiori, i pazienti dovrebbero essere monitorati per quanto riguarda segni e sintomi di ipotensione, dispnea e aumento dei rumori respiratori, poiché essi possono essere indicativi di perforazione della parete venosa, emotorace e/o pneumotorace, tutte complicazioni gravi che possono manifestarsi pur essendo rare. In alcuni casi i cateteri per aferesi possono essere applicati centralmente in una vena femorale, qualora i pazienti siano esposti ad un rischio elevato di sviluppare complicazioni derivanti da un catetere applicato nelle estremità superiori o nella parete toracica. In caso di posizionamento di catereri venosi centrali, si procede ad un controllo radiografico per verificare la posizione del catetere prima di autorizzarne l’uso. Con il paziente e/o con chi gli presta le cure si raccomanda inoltre di rivedere in modo dettagliato le istruzioni sulla manutenzione del catetere per prevenire infezioni e conservarne l’integrità.1,2,16,82,83 La preparazione per le procedure di raccolta di cellule staminali in un centro o in un’unità di aferesi è successiva alla valutazione pre-trapianto e al posizionamento del catetere. I pazienti riceveranno informazioni e consigli sulle terapie praticate durante la mobilizzazione in merito al programma di somministrazione e agli effetti avversi previsti. Come precedentemente specificato nel capitolo 2, i farmaci usati durante questa fase del TCSEa comprendono di solito citochine con agente singolo (come il filgrastim) che vengono somministrate con o senza determinati farmaci chemioterapici, un Capitolo 3: Raccolta di cellule staminali (Aferesi), stoccaggio e reinfusione 13 ciclo definito di un regime chemioterapico mlattia-specifico, o più di recente, filgrastim o lenograstim in combinazione a plerixafor. Una volta iniziato il regime di mobilizzazione, i pazienti possono prevedere di essere sottoposti alla loro prima seduta di aferesi nell’arco di 4 - 5 giorni o, in alcuni casi, dopo 2 - 3 settimane.1,16,83 L’entità della mobilizzazione è accertata mediante valutazione della conta leucocitaria del paziente. Le misurazioni in serie della conta leucocitaria del paziente serviranno al clinico per determinare il momento appropriato per iniziare le procedure di raccolta. I centri, inoltre, potranno usare I livelli cellulari CD34+ nel sangue periferico come surrogato dello stato di mobilizzazione. Le soglie definite per dare inizio all’aferesi possono essere diverse da centro a centro, ma in genere variano da 5 a 20 CD34+ cellule/microlitro. Sebbene siano utili per valutare l’efficacia della mobilizzazione le conte CD34+ nel sangue periferico possono essere incostanti all’interno dei centri e da un centro all’altro.35,84,85 Dopo che la mobilizzazione avrà raggiunto un livello ottimale, il paziente potrà essere inserito in un programma di sedute presso il centro di aferesi. Un tecnico dell’aferesi specializzato nella raccolta delle cellule staminali sarà responsabile dell’apparecchiatura utilizzata nella procedura di raccolta (Figura 9). Gli infermieri clinici che operano presso l’unità di aferesi saranno responsabili della preparazione del paziente in merito alla procedura di raccolta delle cellule staminali e del monitoraggio dei pazienti per eventuali reazioni avverse. I pazienti sono collegati alla macchina di aferesi per mezzo del catetere. Uno dei due lumi viene utilizzato per prelevare sangue dal paziente ed immetterlo nella macchina, dove viene centrifugato ad alte velocità in un’apposita camera alloggiata nel separatore cellulare. La raccolta delle cellule staminali prosegue per l’intera procedura, a cicli o in modo continuo, mentre gli emocomponenti restanti vengono restituiti al paziente attraverso il secondo lume del catetere. Questo secondo lume potrà essere usato anche per somministrare al paziente liquidi per via endovenosa, integratori elettrolitici e farmaci. Ogni seduta di aferesi dura all’incirca 2-5 ore durante le quali vengono processati fino a 30 litri di sangue o 6 volte il volume medio di tutto il sangue di un individuo. Le sedute di raccolta possono avvenire su base giornaliera finché non sono raggiunti i livelli target di CD34+. La procedura di aferesi può protrarsi anche per 4 giorni in base alle caratteristiche del paziente e al regime di mobilizzazione utilizzato.2,16,17,82,86-88 Figura 9. Esempio di una macchina per aferesi Le procedure di aferesi sono relativamente sicure. Sebbene la percentuale di mortalità sia abbastanza bassa con una stima di 3 decessi su 10.000 procedure,89 l’aferesi è associata ad una certa morbilità. Il citrato è un anticoagulante usato durante la procedura di aferesi per prevenire la coagulazione del sangue. Pertanto, uno degli effetti avversi più comuni osservati durante questa procedura è la tossicità da citrato che si manifesta come ipocalcemia. Ciò si verifica a causa del legame di calcio sierico ionizzato che causa ipocalcemia. I segni e i sintomi della tossicità da citrato nonché la loro gestione sono ulteriormente descritti nella tabella 7. Il monitoraggio del livello del calcio sierico prima e durante l’aferesi può diminuire le probabilità di una ipocalcemia.16,82,90 Tra gli altri effetti avversi della tossicità da citrato si contano ipomagnesemia, ipocalemia e alcalosi metabolica. Il magnesio, come il calcio, è uno ione bivalente che viene legato dal citrato. I cali dei livelli di magnesio sierici spesso sono più marcati ed impiegano più tempo a normalizzarsi rispetto alle alterazioni dei livelli di calcio. I segni e i sintomi di ipomagnesemia, ipocalemia e alcalosi metabolica nonché la loro gestione sono ulteriormente descritti nella tabella 7.16,82,90 Mobilizzazione e aferesi di cellule staminali emopoietiche - Guida pratica per infermieri e tecnici 14 Tabella 7. Complicazioni comuni dell’aferesi16,82,90 Effetto avverso Causa Segni e sintomi Tossicità da citrato Anticoagulante (citrato) Ipocalcemia somministrato durante Comuni: capogiri, formicolio nell’area intorno alla bocca, alle l’aferesi mani e ai piedi. Azione correttiva Rallentamento della velocità dell’aferesi; aumento del rapporto sangue:citrato; terapia sostitutiva a base di calcio Non comuni: brividi, tremori, spasmi muscolari e crampi, crampi addominali, tetania, convulsioni, aritmia cardiaca Trombocitopenia Ipovolemia Cattivo funzionamento del catetere Infezione Ipomagnesemia Comuni: spasmi muscolari o astenia Non comuni: diminuzione del tono muscolare e aritmia cardiaca Rallentamento della velocità dell’aferesi; aumento del rapporto sangue:citrato; terapia sostitutiva a base di magnesio Ipocalemia Comuni: astenia Non comuni: ipotensione e aritmia cardiaca Rallentamento della velocità dell’aferesi; aumento del rapporto sangue:citrato; terapia sostitutiva a base di potassio Alcalosi metabolica Comuni: peggioramento dell’ipocalcemia Non comuni: calo della frequenza respiratoria Le piastrine aderiscono Conta piastrinica bassa, lividi, alla superficie interna emorragia della macchina di aferesi Paziente intollerante Capogiri, affaticamento, a ampi mutamenti stordimento, tachicardia, nei volumi di sangue ipotensione, diaforesi, aritmia extracorporeo e di cardiaca plasma Formazione di coaguli Impossibile lavare il catetere, di sangue o catetere raccolta di liquido sottocute non ben posizionato da intorno alla sede del catetere; consentire un flusso di dolore e eritema nella sede sangue adeguato del catetere; tumefazione del braccio, flusso di sangue ridotto Patogeni microbici Febbre, brividi, affaticamento, entrati in circolo pelle arrossata ed eritematosa attraverso il catetere o intorno al catetere; ipotensione, la sede del catetere emocolture positive Rallentamento della velocità dell’aferesi; aumento del rapporto sangue:citrato Fare il priming della macchina di aferesi con emoderivati anziché con fisiologica normale; trasfusione di piastrine Rallentare la velocità della seduta di aferesi e fermarla temporaneamente; boli endovenosi di liquidi Riposizionare il catetere; lavare delicatamente il catetere; trattare il coagulo di sangue Somministrare antibiotici, togliere il catetere se possibile A causa delle ampie fluttuazioni nel volume di sangue durante l’aferesi, i pazienti possono sperimentare ipovolemia. I segni e i sintomi di una ipovolemia nonché la loro gestione sono ulteriormente descritti nella tabella 7.16,82,90 Prima di iniziare l’aferesi, si misurano e si valutano in modo costante ad intervalli regolari polso al basale e pressione sanguigna. Inoltre, si raccomanda anche di monitorare emoglobina ed ematocrito. Tra i pazienti a rischio di sviluppare ipovolemia si contano i soggetti con anemia, con precedente storia di compromissione cardiovascolare ed i bambini e gli adulti con una corporatura minuta. Le misure preventive sono finalizzate a minimizzare la variazione del volume extracorporeo eseguendo un priming della macchina di aferesi con eritrociti e plasma fresco congelato anziché fisiologica normale. L’ipovolemia può essere gestita anche con la somministrazione endovenosa di boli di liquidi ed il rallentamento della velocità del flusso della macchina di aferesi. Un altro problema potenziale che ha origine dall’ipovolemia è lo sviluppo di una aritmia cardiaca potenzialmente letale. Se ciò accade, occorre interrompere l’aferesi ed attendere che i sintomi scompaiano prima di procedere alla raccolta.16,82,90 Trombocitopenia, infezione e funzionamento non corretto del catetere sono altre complicazioni che possono presentarsi durante le procedure di raccolta delle cellule staminali. Quando il sangue del paziente è nel separatore cellulare, le piastrine possono aderire al dispositivo di centrifugazione. I cali delle concentrazioni di piastrine possono essere improvvisi ed è quindi essenziale eseguire le conte piastriniche prima di ogni procedura di raccolta. Se è presente trombocitopenia in Capitolo 3: Raccolta di cellule staminali (Aferesi), stoccaggio e reinfusione 15 fase pre-aferesi, ai pazienti possono essere praticate trasfusioni di piastrine. Un’ulteriore misura per la gestione di una trombocitopenia durante l’aferesi consiste nel restituire al paziente plasma ricco di piastrine raccolto durante l’aferesi al termine della stessa seduta.2,16,82,90 Come accade con ogni catetere, una manipolazione frequente senza una cura ed una manutenzione adeguate del catetere stesso possono predisporre il paziente ad infezioni e/o causare un funzionamento non corretto del catetere. Per ridurre il rischio di contaminazione con patogeni microbici che possono causare infezione del circolo ematico, si dovrebbe fare uso in qualsiasi momento di una tecnica sterile. Inoltre, una manutenzione di routine del catetere dovrebbe prevede la somministrazione di liquidi di lavaggio per prevenire la formazione di coaguli di sangue. Nella Tabella 7 sono riassunte le complicazioni comunemente osservate durante una procedura di aferesi.1,2,16,82,83,90 Al termine dell’aferesi, le cellule staminali vengono isolate dagli eritrociti e dai leucociti e trasferite in sacche da infusione per la preparazione alla crioconservazione e allo stoccaggio. Molti centri hanno a disposizione dei laboratori di crioconservazione che mantengono i prodotti di cellule staminali in azoto liquido fino al momento del trapianto nel paziente. Un crioconservante comunemente utilizzato è il dimetilsolfossido (DMSO). Il DMSO mantiene la vitalità delle cellule prevenendo la formazione di cristalli di ghiaccio all’interno delle cellule durante lo stoccaggio.2,82,91 Inoltre, il prodotto raccolto può essere manipolato con un metodo farmacologico, immunologico o fisico per ridurre la contaminazione con cellule tumorali. Sui materiali raccolti vengono eseguiti test di qualità per accertare la contaminazione con microbi ed anche per determinare il numero di cellule vitali a disposizione per il trapianto. Una volta che il paziente avrà raggiunto il proprio obiettivo riguardante la raccolta di CD34+, le sedute di aferesi saranno finite. Il raggiungimento di soglie minime per le quantità di cellule CD34+ è importante in quanto la dose di cellule sembra essere positivamente correlata all’attecchimento e all’esito del trapianto.17,22,25,32-36,92 La fase successiva del processo TCSEa consiste nel preparare il paziente al trapianto vero e proprio. Il personale infermieristico svolge un ruolo importante non solo nell’istruire sui processi e sulle procedure del trapianto i pazienti e le persone che prestano loro assistenza, ma anche nel periodo critico che precede l’attecchimento e il successivo recupero. Mentre alcuni pazienti possono aspettarsi di passare al trapianto nell’arco di alcuni giorni dalla mobilizzazione, altri invece potrebbero essere sottoposti alla procedura di trapianto nell’arco di alcune settimane dalla raccolta delle cellule staminali. Nel frattempo, al paziente può essere somministrato un ulteriore trattamento chemioterapico per mantenere inalterato lo stato della malattia. Una volta programmata la data del trapianto, all’incirca 1 settimana prima di tale data i pazienti iniziano il regime di preparazione ambulatorialmente o in degenza ospedaliera. I regimi di preparazione possono consistere nella semplice chemioterapia o nella chemioterapia in combinazione a radioterapia. I farmaci chemioterapici selezionati per l’utilizzo durante questo periodo possono essere diversi da quelli utilizzati durante i trattamenti oncologici precedenti e durante la mobilizzazione. Se i farmaci scelti sono simili, le dosi durante questa fase sono di frequente più alte di quelle somministrate in precedenza. Spesso il paziente beneficia di una citoriduzione del proprio tumore successiva a questa fase del trattamento. In conseguenza dell’intensità del trattamento i pazienti sperimentano l’ablazione delle proprie riserve di midollo, ragione per cui è necessario infondere le cellule raccolte in precedenza come terapia di “salvataggio”.1,2,16,82 Nella Tabella 8 sono riassunte altre possibili sequele della chemioterapia ad alto dosaggio utilizzata in associazione a TCSEa.1,2,16,82 Tabella 8. Effetti da chemioterapia ad alto dosaggio utilizzata nel TCSEa1,2,16,82 Organo Effetti Interventi Tratto gastrointestinale Nausea, vomito, diarrea, anoressia, mucosite Emocomponenti Reni Pancitopenia Cistite emorragica Fegato Cervello e sistema nervoso Sindrome ostruttiva sinusoidale (malattia veno-occlusiva) Cefalea, tremori, convulsioni Cuore Edema, ipertensione Polmoni Pelle Atelettasia Rash, scolorimento Antiemetici, regimi terapeutici per via orale, antidolorifici, integrazione nutrizionale Antibiotici, trasfusioni di sangue Mesna, liquidi in endovena, antidolorifici, irrigazione vescicale Diuretici, limitazioni all’assunzione di liquidi, terapia di supporto intensiva Antidolorifici, terapia di supporto intensive Limitazioni all’assunzione di liquidi, diuretici, antipertensivi Toilette polmonare Emollienti topici, regime di cura della pelle e bagni TCSEa, trapianto di cellule staminali emopoietiche autologhe Mobilizzazione e aferesi di cellule staminali emopoietiche - Guida pratica per infermieri e tecnici 16 Prima di somministrare al paziente una chemioterapia ad alto dosaggio, si verifica l’integrità delle cellule staminali conservate. Nel giorno programmato per l’infusione delle cellule staminali, si preleva il prodotto precedentemente raccolto dal sistema di conservazione in azoto liquido (Figura 10), lo si scongela e lo si prepara per la somministrazione al paziente.17 L’infusione può essere praticata ambulatorialmente o in ambiente ospedaliero. Prima dell’infusione, il prodotto viene rigorosamente esaminato e testato per l’attuazione delle misure di controllo qualità, quali la conta di cellule CD34+ e la presenza di microbi. Diversi membri del team sanitario garantiranno inoltre che il prodotto corrisponde alle cellule raccolte del paziente. Si prepara il paziente all’infusione somministrandogli i farmaci preliminari (ad es. un antistaminico, un antipiretico), attrezzando la sua linea endovenosa a ricevere le cellule e collegandolo ad un’apparecchiatura medica che esegue il monitoraggio dei segni vitali durante l’intera procedura. Il tempo effettivo dell’infusione può cambiare in funzione del paziente e del numero di sacche raccolte durante l’aferesi, ma di solito varia tra 30 e 60 minuti. I pazienti dovrebbero essere monitorati di frequente per verificare eventi avversi durante l’infusione che potrebbero rendere necessario un adeguamento della velocità d’infusione del prodotto. Si dovrebbe tenere a pronta disposizione un’apparecchiatura di rianimazione qualora dovesse verificarsi un’emergenza medica.1,2,16,82 Nella Tabella 9 sono riportate le reazioni che si incontrano di frequente durante le infusioni di cellule staminali autologhe 9.1,2,16,82 Tabella 9. Complicazioni associate all’infusione di cellule staminali autologhe1,2,16,82 Effetto avverso Segni e sintomi Azione correttiva Trattamento dei sintomi Reazioni al DMSO Comuni: nausea, vomito, crampi addominali, cefalea, e retrogusto di aglio Rare: ipotensione, tachicardia e dispnea, febbre, complicazioni neurologiche Edema Ritenzione di liquidi, gonfiore, aumento di peso, Diuretici, limitazioni all’assunzione di liquidi ipertensione Contaminazione Ipotensione, tachicardia, dispnea, febbre, brividi, Antibiotici e terapia di supporto intensiva delle cellule tremiti, emocoltura positiva per patogeni staminali microbici L’ultima fase del TCSEa consiste nell’attecchimento e nel recupero. Durante questa fase critica le cellule staminali infuse ritornano al loro microambiente nel midollo osseo e ripopolano le riserve di midollo svuotate. Dopo il trapianto si somministrano citochine per aumentare la maturazione delle cellule staminali e ristabilire i componenti delle cellule del sangue. Il primo segno dell’attecchimento è il ritorno dei leucociti in circolo ad un livello sufficiente, corrispondente ad una conta neutrofila assoluta (ANC) di > 500/mm3 per 3 giorni consecutivi, cosa che di solito avviene dopo 7-14 giorni dall’infusione delle cellule staminali nel paziente.1,2 L’aumento dei livelli di piastrine (in mancanza di supporto trasfusionale) è un altro indicatore del recupero e si verifica in un momento successivo, che in media corrisponde a 2-3 settimane dal trapianto.1,2 Finché non si procede all’attecchimento i pazienti sono esposti ad un rischio maggiore di infezioni, di conseguenza si dovranno adottare adeguate precauzioni per evitare l’esposizione a patogeni microbici. Spesso, i pazienti richiedono strategie e terapie di supporto, comprendenti la somministrazione di antiemetici, antidolorifici, antibiotici e supporto nutrizionale per migliorare le conseguenze derivanti da regimi di preparazione con chemioterapia ad alto dosaggio e da un periodo successivo di pancitopenia di lunga durata.1,2,16,82 Capitolo 3: Raccolta di cellule staminali (Aferesi), stoccaggio e reinfusione 17 18 Capitolo 4: Come affrontare le tematiche trattate con i pazienti Tra i contributi più importanti apportati dal personale infermieristico durante la procedura del TCSEa è necessario menzionare la formazione dei pazienti e l’assistenza psicosociale dei pazienti e delle relative famiglie. Le opportunità di formazione sono numerose, a partire dalla presentazione dei protocolli di ricerca fino alla spiegazione delle terapie e delle procedure mediche: grazie alle diverse posizioni ricoperte, gli infermieri dispongono dell’esperienza adeguata per guidare i pazienti nelle varie fasi del processo. La formazione relativa al TCSEa deve essere avviata prima del consulto iniziale per il trapianto, per poi essere continuata durante il periodo di follow-up indicato dopo il trapianto. Le informazioni fornite a pazienti e prestatori di assistenza non hanno solo lo scopo di rassicurare fugando timori e preoccupazioni (Tabella 10), ma anche quello di permettere ai singoli soggetti di sentirsi in grado di prendere la decisione migliore per loro stessi o per i propri cari. La formazione impartita ai pazienti passa attraverso diversi metodi, tra cui le spiegazioni e le dimostrazioni, e viene ripetuta molto spesso per garantirne la totale comprensione. Pazienti e prestatori di assistenza vengono supportati in questo percorso da strumenti quali materiali stampati, video e gruppi di formazione pratica. Nella tabella 11 vengono elencati i principali aspetti formativi offerti comunemente dagli infermieri a pazienti e relativi assistenti nel corso del processo di TCSEa.1,2,16,82,93 Tabella 10. Fonti di preoccupazione per pazienti e prestatori di assistenza durante il TCSEa • • • • • • • • • • • • Capacità del paziente di tollerare le procedure necessarie per il TCSEa Capacità del paziente di raccogliere una quantità sufficiente di cellule staminali necessaria per procedere al trapianto Probabilità di recidiva della malattia dopo il TCSEa Risposta a trattamento aggiuntivo nei casi di recidiva della malattia o scarsa mobilizzazione Aspettativa di vita del paziente Capacità di sottoporsi regolarmente a visite mediche e procedure diagnostiche in base a un programma di appuntamenti stabilito Complicanze secondarie dovute al TCSEa e relativo trattamento Cambiamenti richiesti nello stile di vita e relativi impatti Possibilità di pagare procedure, trattamenti e spese ausiliarie (ad es. sistemazione temporanea, trasporto casacentro di cura, assistenza ai bambini) Capacità di mantenere il posto di lavoro durante il trattamento o di riprendere l’attività lavorativa dopo la terapia Capacità di gestire rapporti sociali, fisici o emotivi con gli altri Benessere psicologico con se stessi e con i propri cari TCSEa, trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche Capitolo 4: Come affrontare le tematiche trattate con i pazienti 19 Tabella 11. Principali opportunità formative offerte dagli infermieri impegnati nell’assistenza a pazienti sottoposti a TCSEa1,2,16,82,93 Fase del TCSEa Precedente fino al consulto per il trapianto Valutazione pre-trapianto Opportunità formative • • • • • • • Mobilizzazione e aferesi • • • • • • • • • Regime di preparazione • • • • Infusione di cellule staminali Attecchimento e recupero • • • • • • • • • • • Monitoraggio e follow-up • • • • • Panoramica generale della procedura completa di trapianto Responsabilità e ruoli dei prestatori di assistenza durante la procedura Presentazione dei membri dell’equipe di trapianto e spiegazione dei relativi ruoli nella cura del paziente Panoramica della clinica per il trapianto, compresa la durata dell’operazione Spiegazione di tutti i test di laboratorio, scansioni e procedure necessarie per il work-up diagnostico Spiegazione dettagliata della procedura di trapianto, incluse le comuni complicanze Risorse messe a disposizione di pazienti e prestatori di assistenza per offrire supporto psicosociale e modalità per affrontare la malattia Inserimento di cateteri e assistenza durante il trapianto e l’aferesi Modalità e tempi di somministrazione degli agenti utilizzati nel processo di mobilizzazione Programma di chemioterapia utilizzato nel processo di mobilizzazione Elenco dei medicinali che il paziente dovrà assumere e di quelli che dovrà evitare durante la mobilizzazione Comuni reazioni avverse e relativa gestione per i singoli agenti utilizzati nella mobilizzazione Controllo del catetere utilizzato per l’aferesi Spiegazione della procedura per l’aferesi Comuni reazioni avverse relative alla procedura di aferesi Importanza del monitoraggio dei valori di laboratorio e modalità di gestione degli squilibri elettrolitici Livello ottimale per la raccolta di cellule staminali Opzioni per pazienti con scarsa o inesistente mobilità cellulare Piano terapeutico e programma di chemioterapia condizionante, comprese reazioni avverse comuni e relativa gestione Controllo dei medicinali per terapie di supporto che possono essere utilizzati durante questa fase Misure preventive contro lo sviluppo di infezioni Processo di scongelamento e infusione delle cellule staminali Potenziali complicanze in seguito all’infusione di cellule e modalità di gestione di tali reazioni Modalità di monitoraggio del paziente durante l’infusione e in seguito Monitoraggio dei parametri e dei test di laboratorio utilizzati per valutare lo stato del paziente Rinforzo delle misure di precauzione contro le infezioni neutropeniche Segni e sintomi di infezione e trattamenti disponibili per curare i pazienti Rilevanza delle conte ematiche e modo in cui vengono stabiliti innesto e recupero Altre complicanze comuni dovute al trapianto e relativa gestione Processo di pianificazione della dimissione Educazione sui farmaci alla dimissione in termini di medicinali da assumere a casa e reazioni avverse comuni Eventuali cambiamenti necessari nello stile di vita Programma di appuntamenti ambulatoriali Modalità di controllo dei progressi a casa e situazioni in cui è necessario contattare un operatore sanitario Conseguenze a lungo termine in seguito al trapianto e complicanze secondarie Rischio e gestione della malattia recidivante TCSEa, trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche Mobilizzazione e aferesi di cellule staminali emopoietiche - Guida pratica per infermieri e tecnici 20 È preferibile che la formazione sul TCSEa venga avviata a partire dalla diagnosi iniziale del tumore o di altre malattie. Anche se è possibile che alcuni pazienti non vengano sottoposti a TCSEa, il fatto di conoscere gli aspetti fondamentali di questo trattamento innovativo permetterà al paziente di prendere coscientemente decisioni difficili durante il percorso terapeutico. Gli infermieri che operano in un reparto o in centro ematologico/oncologico hanno il compito di aiutare i pazienti a comprendere il ruolo di un eventuale TCSEa nel loro percorso terapeutico. È a questo punto che occorre descrivere le nozioni di base relative a procedure di mobilizzazione, trapianto delle cellule staminali e periodo posttrapianto. Dopo essere stati valutati in un centro di trapianto, i pazienti incontreranno gli infermieri incaricati di svolgere funzioni diverse all’interno del programma di trapianto. L’infermiere coordinatore, ad esempio, è responsabile della gestione della preparazione pre-trapianto per la quale coordina le attività di valutazione e i test medici. L’infermiere coordinatore collabora con gli altri infermieri della struttura per educare i pazienti e i relativi familiari, fornendo loro un quadro generale delle attività del centro, nonché spiegazioni dettagliate sulle procedure necessarie per il processo di trapianto. Una volta che il paziente è stato giudicato idoneo al trapianto, gli infermieri del centro contribuiranno a coordinare la terapia insieme al centro di aferesi, comprese le attività di programmazione per l’inserimento di un catetere appropriato e di formazione sull’argomento. Gli infermieri offrono assistenza anche nell’ambito psicosociale e possono richiedere, se necessario, il consulto di altri membri dell’equipe (ad es. assistenti sociali). È sempre compito degli infermieri incoraggiare i pazienti e i relativi prestatori di assistenza a raggiungere i propri obiettivi formativi, spingendoli a rivolgere ai membri dell’equipe qualsiasi tipo di domanda prima di iniziare una procedura. Durante la mobilizzazione e l’aferesi, gli infermieri restano a stretto contatto con i pazienti e le loro famiglie e forniscono le necessarie informazioni relative al follow-up per le procedure di aferesi, le conte post-aferesi delle cellule CD34+ totali e la fase successiva prevista dal piano di cura. Prima di iniziare l’aferesi, vengono spiegate sia le reazioni avverse di tale procedura che le modalità di gestione dei cateteri venosi centrali. È importante che gli infermieri sappiano riconoscere i pazienti a più alto rischio di scarsa mobilizzazione. In questi casi, gli infermieri devono conoscere gli aspetti generali delle strategie di rimobilizzazione, le modalità necessarie per procedere con il trattamento, nonché l’eventualità di considerare il TSCEa come un’opzione terapeutica. Nei casi in cui l’infermiere si mostra sicuro nell’illustrare le varie opzioni, il paziente e i suoi familiari acquistano maggiore fiducia nei confronti dell’infermiere che tendono a considerare come un interlocutore su cui poter contare: è così che si può evitare l’insorgere di ulteriori timori e fattori di stress. Le prestazioni mediche relative al trapianto di cellule staminali effettivo, comprese la somministrazione del regime di preparazione e l’infusione di cellule staminali, e all’assistenza al paziente nella fase di attecchimento e recupero offrono agli infermieri continue opportunità di impartire ai pazienti un’educazione intensiva particolarmente dettagliata durante i molteplici processi necessari per il TCSEa. In questa fase vengono utilizzati numerosi medicinali, la maggior parte dei quali presentano il rischio di potenziali interazioni tra farmaci o reazioni avverse gravi. Non è raro che i pazienti attraversino periodi di estrema debilitazione fisica e esaurimento emotivo. Ci si aspetta che gli infermieri siano in grado di gestire le reazioni avverse attraverso l’utilizzo di terapie di supporto, ma che siano altrettanto attenti nel riconoscere le preoccupazioni e le ansie dei pazienti e dei prestatori di assistenza. Dopo la fase di recupero che segue il trapianto, gli infermieri continuano ad assistere i pazienti nel processo di dimissione, preparandoli al passaggio dal centro di cura all’ambiente domestico. Il ruolo educativo del personale infermieristico continua anche dopo la fase di recupero che segue il trapianto. I pazienti hanno ancora bisogno di consigli e linee guida sui cambiamenti necessari nel loro stile di vita e sui tempi da rispettare per il ritorno alle normali attività svolte prima del trapianto. La comprensione dell’importanza di regolari visite di followup e controlli medici è essenziale per ottenere esiti positivi nei pazienti. La descrizione delle conseguenze a lungo termine dovute alla chemioterapia e ad altre modalità di trattamento deve essere parte integrante del processo formativo durante il periodo che segue il trapianto. È inoltre bene discutere con i pazienti la possibilità di recidiva della malattia e le relative modalità di gestione nell’eventualità che questa si verifichi. L’educazione impartita dal personale infermieristico ai destinatari dei trapianti è, in generale, un processo complesso e dinamico, che deve essere personalizzato in funzione della malattia del paziente, del piano terapeutico, del livello cognitivo e delle esigenze psicosociali. Capitolo 4: Come affrontare le tematiche trattate con i pazienti 21 22 Glossario Allogenico: relativo a 2 persone distinte che presentano un patrimonio genetico differente. Immunità adattativa: funzione del sistema immunitario estremamente specifica che viene acquisita mediante esposizione a particolari antigeni. Aferesi: procedimento relativo al prelievo dal sangue di un singolo componente cellulare separato, con conseguente restituzione al donatore di tutti gli altri componenti rimasti. Autologo: relativo ai casi in cui donatore e destinatario coincidono. Trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche: procedura medica che prevede la raccolta e la conservazione delle cellule staminali del sangue di un soggetto, seguite dalla somministrazione di radioterapia e chemioterapia ad alte dosi con conseguente reinfusione di cellule staminali per ristabilire la normale produzione di cellule ematiche. Chemochine: sottogruppo delle citochine con funzione di chemioattraenti che svolgono un ruolo chiave nell’indirizzare la migrazione delle cellule. Chemiomobilizzazione: processo di mobilizzazione delle cellule staminali dal midollo osseo al sangue periferico attraverso la somministrazione di chemioterapia associata a una o più citochine, quale il filgrastim. Crioconservazione: processo di conservazione di cellule, tessuti o organi mediante la tecnica di congelamento al fine di preservare la vitalità del prodotto per un utilizzo futuro. Crioconservante: denominato anche crioprotettore, sostanza che viene aggiunta alle cellule raccolte prima della conservazione per impedire la disidratazione o la formazione di cristalli di ghiaccio che potrebbero provocare la diminuzione di vitalità del prodotto dopo lo scongelamento. Un esempio di crioconservante è il dimethylsulfoxide (DMSO). Citochine: piccole proteine rilasciate dalla cellule che agevolano il comportamento cellulare, nonché la comunicazione e il legame tra cellule. Citoriduzione: riduzione del numero di cellule tumorali Innesto: fase in cui le cellule staminali iniziano a proliferare e a produrre nuovi componenti cellulari del sangue. Viene spesso definito rispetto ai livelli minimi per conte di piastrine e neutrofili. Emopoiesi: processo di produzione di nuovi componenti cellulari del sangue. Emostasi: regolazione del sistema sanguigno per assicurare condizioni stabili e costanti in termini di emorragia e coagulazione. Immunità innata: funzione del sistema immunitario aspecifica, sempre presente e non collegata ad esposizioni precedenti ad un antigene. Mobilizzazione: processo di incremento del numero di cellule staminali trasferite dal midollo osseo alla circolazione periferica prima della raccolta. Anticorpo monoclonale: tipo di anticorpo prodotto da un singolo tipo di cellula immunitaria. Mielosoppressione: inibizione dell’attività del midollo osseo che genera spesso una riduzione nella produzione dei componenti del sangue. Pancitopenia: diminuzione di ogni genere di cellule ematiche, compresi i globuli bianchi, i globuli rossi e le piastrine. Pluripotente: relativo a cellule che presentano la capacità di autorinnovamento e sono in grado di differenziarsi in particolari tipi di cellule. Progenitore: cellula originaria o precursore con o senza la capacità di autorinnovamento. Rimobilizzazione: processo di mobilizzazione dopo il fallimento di un precedente tentativo Rituximab: anticorpo monoclonale chimerico che lega la proteina CD20 sulla superficie delle cellule. Stromale: relativo allo stroma; lo stroma è la trama di sostegno di un tessuto che generalmente comprende anche il tessuto connettivo. Singenico: relativo a 2 soggetti distinti che presentano lo stesso patrimonio genetico (ad es. gemelli identici) Trapianto autologo di cellule staminali tandem: processo durante il quale un soggetto viene sottoposto a 2 trapianti sequenziali programmati con raccolta delle cellule staminali anteriore al primo trapianto. Glossario 23 Bibliografia 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. Walker F, Roethke SK, Martin G. 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