Oliviero CASACCHIA - Luisa NATALE

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Oliviero CASACCHIA - Luisa NATALE
Oliviero Casacchia*-Luisa Natale**-Cecilia Reynaud*
I PERCORSI CASA-LAVORO DEI ROMANI:
DIFFERENZE DI GENERE E DI STATUS 1
1. Quadro di riferimento e obiettivi
In tempi recenti il tema della mobilità ed in particolare l’analisi degli spostamenti quotidiani per lavoro ha costituito uno degli argomenti centrali nel
dibattito sulle politiche di intervento per la città. Come altre città europee, Roma è stata nel corso degli ultimi anni investita da un processo di modernizzazione che ha rapidamente modificato abitudini, tempi e stili di vita dei suoi
abitanti: fenomeni legati alla terziarizzazione e alla conseguente disseminazione dei residenti nelle zone periferiche hanno reso oggi la circolazione delle
persone un problema così complesso da impedire a molti, contrariamente a
quanto avveniva in passato, di usufruire della città nella sua interezza. Si ha
l’impressione inoltre che alcune componenti della popolazione siano colpite
in modo diverso da questo mutamento, per cui appare importante coglierne
gli aspetti differenziali. In questa sede l’attenzione verrà posta solo su quelli
che, a nostro avviso, sembrano essere al momento attuale i più significativi: il
genere e lo status socioprofessionale.
La letteratura esistente ha infatti fatto emergere differenze nella mobilità
all’interno della città nel comportamento tra i sessi. Dai risultati di queste ricerche si conferma una maggiore propensione allo spostamento, in termini di
distanza percorsa, della componente maschile, da ricondurre presumibilmente a un più intenso coinvolgimento in attività lavorative di maggior prestigio
Dipartimento di Scienze Demografiche, Università “La Sapienza” di Roma.
Dipartimento di Economia e Territorio, Università di Cassino.
1
Lavoro svolto nell’ambito della ricerca finanziata dall’Università “La Sapienza” di Roma,
Facoltà di Scienze Statistiche, su Studio, lavoro e residenza: un’analisi funzionale attraverso la
documentazione sulla mobilità (direttore: O. Casacchia). Risultati preliminari della ricerca sono
stati presentati in diverse occasioni: cfr. O. CASACCHIA-M. GRECO-L. NATALE, La mobilità diurna
all’interno di un grande comune: il caso di Roma, comunicazione alla sessione 10 delle Giornate di studio sulla popolazione, Gruppo di coordinamento per la demografia, Roma 7-9 gennaio
1997 e O. CASACCHIA-L. NATALE-C. REYNAUD, Luoghi di vita e di lavoro dei residenti a Roma,
convegno «Le famiglie interrogano le politiche sociali», workshop su: Strutture familiari e soggetti sociali, Bologna, 29-31 marzo 1999, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento
per gli Affari Sociali, disponibile su CD-Rom. Il lavoro è stato impostato e svolto congiuntamente: i paragrafi 1 e 5 sono da attribuire a tutti e tre, il 2 a Casacchia, il 3 a Natale e il 4 a Reynaud.
*
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e al minor carico di impegni domestici e familiari: gli uomini, dunque, risultano più mobili delle donne.
Anche i percorsi di mobilità quotidiana per raggiungere il luogo di lavoro
presentano chiare differenze. Indagini condotte in Francia 2 e nei paesi anglosassoni 3 fanno emergere come le donne sperimentino in generale all’interno
dell’area metropolitana una mobilità più contenuta quanto a distanza percorsa.
Per quanto concerne gli studi condotti in Italia, anche Barsotti e Bottai 4
sostengono che la mobilità dell’uomo è superiore a quella della donna sia in
termini di spazio utilizzato che in termini di numero di spostamenti giornalieri. Se ci si limita agli spostamenti per lavoro, che coprono un raggio più
ampio rispetto agli altri, gli autori evidenziano come gli uomini effettuino
due volte e mezzo gli spostamenti delle donne e che le differenze tra i sessi
aumentano al crescere dell’età.
Ad analoghe conclusioni approda lo studio sui tempi dei romani, nel quale considerando gli spostamenti totali effettuati da uomini e donne si rileva
che il tempo impiegato dall’uomo negli spostamenti all’interno di Roma è di
120 minuti contro i 74 delle donne 5. Gli spostamenti per lavoro rappresentano la dimensione principale della mobilità temporanea ed è proprio al differente impegno lavorativo che viene attribuita, nello studio sulla mobilità romana, la differenza nella mobilità tra i due sessi. Il riferimento alla concezione del tempo risulta particolarmente interessante in tale ambito: alla donna
viene associata una condizione di costrizione a fare i conti con il tempo che
la differenzia dall’uomo e la rende più vulnerabile. Questo concetto, espresso
anche da altri autori 6, trova conferma anche nelle indagini ISTAT sulla vita
quotidiana in cui appare evidente la persistenza di una segregazione femminile nell’uso del tempo, soprattutto per le donne con un carico familiare. Tra
2
Cfr., ad esempio, B. BACCAINI, Interurban Migrations and Socio-professional Categories
in France between 1982 and 1990, in P. GIORGI-S. STROZZA (a cura), “Studi di popolazione. Temi di ricerca nuova”, Dipartimento di Scienze Demografiche, Università “La Sapienza” di
Roma, 1996, pp. 415-435 e, dello stesso autore, Les navettes des périurbains d’Ile-de-France,
«Population», 2, 1997, pp. 327-364.
3
Valgano per tutti il lavoro di Z. TKOCZ-G. KRISTENSEN, Commuting Distances and Gender: a
Spatial Urban Model, «Geographical Analysis», 26, 1, 1994, pp. 1-14; R. CAMSTRA, Gender, Commuting Distance in a Lifestyle Perspective, «Urban Studies», 33, 22, 1996, pp. 283-300; J.F. MADDEN, Why Women Work Closer to Home, «Urban Studies», 1981, 18, pp. 181-194.
4
Gli autori hanno affrontato il tema a più riprese. Si veda O. BARSOTTI-M. BOTTAI, Lo spazio
e la sua utilizzazione, Milano, Angeli, 1994 e, degli stessi autori, Les navettes spatiales quotidiennes: approches et modèles, in «Démographie: analyse et synthèse», Actes de Séminaire de
San Miniato (Pisa), 17-19 dicembre 1997, 3°, Dipartimento di Scienze Demografiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, Dipartimento di Statistica e Matematica applicata all’Economia
dell’Università di Pisa, Materiali di studi e ricerche, Roma-Pisa, maggio 1998, pp. 117-138.
5
F. CERASE-M. LEPORE-F. MIGNELLA CALVOSA, I tempi romani, Milano, Angeli, 1997.
6
L. BALBO, Tempi di vita, studi e proposte per cambiarli, Milano, Feltrinelli, 1991.
I percorsi casa-lavoro dei romani: differenze di genere e di status 515
gli uomini permarrebbe, dunque, una sostanziale rigidità dei tempi di lavoro
e di svago che non risentirebbe dei cambiamenti del ciclo di vita familiare.
Per la donna, invece, la crescita del nucleo familiare comporterebbe una sostanziale rivoluzione dell’uso del tempo, dovuta all’allungamento del tempo
di servizio e di cura familiare.
In questo contributo ci si propone di verificare l’esistenza di differenze di
genere utilizzando una scala territoriale contenuta, quella degli spostamenti
giornalieri ricorrenti tra il luogo di dimora abituale e il luogo di lavoro: in
sostanza si intende verificare se anche all’interno della città permangono le
differenze evidenziate in letteratura.
La fonte utilizzata è relativa agli spostamenti casa-lavoro rilevati al censimento del 1991 effettuati giornalmente all’interno del comune di Roma: la documentazione appare particolarmente interessante perché consente di costruire
matrici origine/destinazione tra quartieri distintamente secondo alcune caratteristiche differenziali dei protagonisti dello spostamento. È noto che l’analisi
della mobilità pendolare può essere effettuata per un verso considerando il
tempo impiegato per raggiungere il luogo di lavoro, per un altro la distanza
percorsa: quest’ultima può essere espressa sia in chilometri sia ricorrendo alla
considerazione dei confini di aree individuando ad esempio, come percorso di
breve raggio, quello circoscritto alla zona di residenza. In questo studio per cogliere le caratteristiche della mobilità si sono definiti degli “indicatori di autocontenimento” ottenuti isolando tra i lavoratori che abitano all’interno del
quartiere quelli che vi lavorano 7. La definizione di distanza ruota dunque intorno all’opposizione tra spostamenti giornalieri per lavoro che si esauriscono all’interno del quartiere in cui si risiede e il complesso di tutti gli spostamenti
che si effettuano all’interno di Roma. In sostanza, l’indicatore misura la capacità di un quartiere di trattenere al suo interno i lavoratori in esso residenti. In
definitiva, alti livelli di autocontenimento esprimono una mobilità ridotta.
2. Gli spostamenti casa-lavoro a Roma: consistenza e caratteristiche
In questo studio, così come nel contributo presentato in questo volume da
Crisci, i dati si riferiscono agli spostamenti quotidiani delle persone occupate
che rientrano giornalmente nella loro dimora abituale 8.
Indicando con sij il flusso di individui che si spostano giornalmente per lavoro da i a j, l’indice di autocontenimento a si ottiene rapportando sii – cioè il flusso di lavoratori impiegati nella
zona in cui abitano – su si., cioè il totale dei lavoratori residenti nella zona. In simboli, a = sii/ si.
8
Allo scopo di cogliere il flusso di pendolari con riguardo ad un istante preciso l’ISTAT ha
posto come giorno di riferimento mercoledì 16 ottobre 1991: solo chi quel giorno si è effettivamente recato all’abituale luogo di lavoro (o di studio) ha risposto alle domande raccolte nel
quesito successivo (13.3) che riguardano l’orario di uscita da casa, il tempo impiegato e il
7
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Gli spostamenti casa-lavoro considerati sono soltanto quelli circoscritti
all’interno del comune 9: in altri termini, l’esame è limitato ai trasferimenti
interni al comune, senza considerare né gli spostamenti dei romani fuori dal
territorio comunale né quelli dei lavoratori pendolari che affluiscono nella
capitale senza risiedervi 10.
Per avere un’idea dell’importanza della massa di trasferimenti che trovano origine e destinazione nel comune capoluogo si prenda in esame la documentazione raccolta nella tabella 1. Considerate le sue note caratteristiche dimensionali 11, non sorprende che il territorio comunale della capitale assorba
una larga quota dei movimenti effettuati nell’intera provincia. Roma costituisce infatti luogo di dimora e luogo di lavoro per oltre il 96 per cento dei propri residenti: degli 885.683 lavoratori in spostamento residenti a Roma soltanto 32.728 (appunto, il 3,6 per cento) si recano quotidianamente a lavorare
in un altro comune (tabella 1).
Tabella 1. Movimenti diurni per motivi di lavoro che interessano la provincia di Roma. 1991.
Destinazione
Origine
Roma
Prov. Roma
Resto reg.
Fuori reg.
Totale
Roma
852.955
26.573
4.016
2.139
885.683
Provincia di Roma
106.676
178.819
8.130
499
294.124
Resto regione
28.198
8.601
36.799
Fuori regione
5.378
538
5.916
993.207
214.531
Totale
12.146
2.638
1.222.522
Fonte: Elaborazione su dati ISTAT, 13° censimento della popolazione, 20 ottobre 1991, dati non
pubblicati.
mezzo di trasporto utilizzato per compiere il tratto più lungo (in termini di distanza e non di
tempo) del tragitto casa-luogo di lavoro (o di studio). La risposta rilevata al quesito 13.3 riportato sul foglio di famiglia (spostamento per motivi di studio o lavoro) è stata incrociata, per i
soli occupati, con quella rilevata al punto 11.1 (la condizione professionale o non professionale nella settimana precedente alla data del censimento).
9
Non sono comprese alcune particolari categorie per le quali non è indicato un luogo di
lavoro fisso (ambulanti, rappresentanti di commercio, eccetera) nonché le persone residenti
nelle convivenze; sono invece considerate le persone che lavorano presso il proprio domicilio
(sarti, liberi professionisti, eccetera).
10
Un limite non trascurabile deriva dal fatto di non avere a disposizione i dati dei residenti
negli altri comuni diretti a Roma per motivi di lavoro distinti secondo la zona di destinazione interna11 alla città. Per questo collettivo si dispone soltanto dell’informazione riportata in tabella 1.
Roma rappresenta un esempio di gigantismo amministrativo: il comune si estende, al
1991, per circa 1.500 kmq, un’ampiezza superiore a quella di un buon 20 per cento di pro-
I percorsi casa-lavoro dei romani: differenze di genere e di status 517
Se si osservano i soli movimenti interni al comune, la presenza femminile diminuisce gradatamente all’aumentare dell’età 12: da una situazione
di sostanziale equilibrio tra i sessi nella classe 14-24 l’occupazione femminile si contrae fino a costituire non più di un quarto dell’ammontare
globale di occupati al di là dei 55 anni (tabella 2). Tra gli altri fattori che
intervengono in questa sistematica diminuzione agisce con forza un classico effetto generazione: le donne più anziane appartengono a coorti caratterizzate, rispetto a quelle più giovani, da una minore partecipazione al
mondo del lavoro.
Tabella 2. Popolazione diurna in spostamento per motivi di lavoro per classe di età e sesso. Valori
assoluti e percentuali. Comune di Roma, 1991.
Classi di età
(v.a.)
M
Sesso
14-24
49,3
50,7
59.759
25-34
56,8
43,2
213.774
35-44
58,8
41,2
214.869
45-54
64,9
35,1
191.047
55-64
73,2
26,8
98.787
F
Totale
(v.a.)
65+
74,1
25,9
10.904
Totale
481.751
307.389
789.140
Fonte: cfr. tabella 1.
Per cogliere le caratteristiche dei movimenti intracomunali si è poi proceduto alla costruzione delle già introdotte misure di autocontenimento, per la
cui costruzione è stata utilizzata la suddivisione del comune di Roma in zone
toponomastiche 13. Alcuni rioni sono stati aggregati in quanto estremamente
limitati come estensione territoriale per cui dai 22 originari si è passati a 12;
inoltre, anche alcune zone assai ridotte come ampiezza sono state aggregate
vince italiane (si consideri inoltre che l’ampiezza media di un comune italiano è inferiore a
40 kmq). Effetti principali di questa sovradimensione sono l’esistenza di una larga porzione
di territorio destinata ad uso agricolo e una saldatura con un’area metropolitana rappresentata
dai comuni contermini che avviene fisicamente soltanto in alcune direzioni (quella orientale
e meridionale).
12
Un certo numero di record individuali (l’8 per cento) non riportava l’indicazione sul
luogo di lavoro per cui il numero di casi validi per condurre l’analisi successiva si riduce da
852.955 a 789.140.
13
Si tratta della storica e notissima suddivisione del comune che al 1991 si articola in 22
rioni, 32 quartieri, 3 quartieri marini, 6 suburbi e 59 zone dell’Agro: nel complesso, 122 unità
toponomastiche.
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ad altre più consistenti 14. In definitiva, dalle 122 zone toponomastiche si è
passati ad una griglia territoriale composta da 109 unità che sono identificabili come zone o aggregazioni di queste.
Sulla base della suddivisione territoriale adottata 15 l’autocontenimento risulta
per il complesso del comune pari al 14 per cento: in media, dunque, 14 romani su
100 lavorano all’interno della zona nella quale dimorano. Naturalmente la capacità di trattenere i propri residenti – frutto dell’azione di un insieme di elementi tra i
quali appaiono rilevanti la presenza di importanti funzioni all’interno dell’area
(Ministeri, Tribunali, Stazioni ferroviarie…), la densità di attività economiche, la
composizione professionale dei residenti in zona e la loro strategia residenziale –
appare come prevedibile molto variabile passando dalle zone centrali a quelle periferiche anche se considerando la complessità della storia della stratificazione residenziale e delle attività economiche nella capitale non mancano elementi di novità impossibili da ricondurre alla semplice dicotomia centro-periferia.
Come si vede nella figura 1, l’autocontenimento appare elevato sia in aree
“forti” (la zona centrale, l’Eur e l’area intorno all’aeroporto di Fiumicino) sia
in zone poste ai margini del territorio comunale che manifestano qualche segno di isolamento (le zone dell’Agro sulla fascia marittima e in generale gran
parte della zona occidentale al di fuori del raccordo anulare) 16. Deboli livelli,
viceversa, si colgono nelle zone maggiormente dipendenti dal resto del territorio: il quadrante sudoccidentale, nel quale abitano lavoratori il cui luogo di
lavoro è situato in uno dei poli citati in precedenza, e una vasta area collocata
sul versante nordorientale a cavallo del Raccordo anulare (i cui contorni sono
chiaramente riconoscibili nella figura), zone nelle quali più del 90 per cento
dei pendolari si recano a lavorare in una zona diversa da quella di residenza 17.
I raggruppamenti di rioni creati sono i seguenti: Monti-Celio, Trevi-Pigna, ColonnaCampo Marzio-Ludovisi-Sallustiano, Ponte-Parione, Regola-Sant’Eustachio-Sant’Angelo e
Campitelli-Ripa-San Saba. Non sono state, inoltre, considerate nell’analisi la zona di Tor di
Valle (in essa risultano residenti solo 6 individui) e Polline Martignano esclusa in quanto isola
amministrativa (fisicamente non contigua con il territorio del comune) e, tra l’altro, di scarsissima consistenza demografica.
15
È banale ricordare che al variare della suddivisione i risultati dell’analisi possono modificarsi: in particolare, naturalmente, unità territoriali più estese autoconterranno in misura più
elevata i propri residenti. Per fare un esempio, l’indice di autocontenimento costruito alla stessa data per le venti circoscrizioni romane (pari a 24,3 per cento) è non sorprendentemente più
alto di quello che emerge con la nostra analisi (14 per cento).
16
Per quanto concerne la denominazione delle zone e la loro collocazione sul territorio comunale cfr. il contributo di Rosati in questo stesso volume.
17
L’indice di autocontenimento assume il suo valore massimo (pari all’81 per cento) nella
zona toponomastica Castel Porziano (in realtà si tratta di una zona molto vasta che ospita pochi residenti) cui segue Maccarese Nord e Fiumicino (valori intorno al 41 per cento) e il suo
valore minimo (4,9 per cento) a Casal Boccone. Grottaperfetta è stata esclusa nell’analisi in
quanto per praticamente tutti gli occupati residenti (390 su 391) non risulta indicato il luogo di
lavoro a causa probabilmente di errori nella fase di registrazione del dato.
14
I percorsi casa-lavoro dei romani: differenze di genere e di status 519
Figura 1. Indice di autocontenimento per zona toponomastica.
3. Lavoratrici e lavoratori a Roma: il consumo di spazio quotidiano
Alcuni risultati tratti dalle indagini sulla vita quotidiana condotte dall’ISTAT sembrerebbero confermare, come accennato in premessa, l’esistenza di
differenti modelli negli spostamenti per raggiungere il luogo di lavoro per
maschi e femmine, per cui anche in Italia si potrebbe parlare di “[…] effet
fondamental du sexe sur le comportement spatiale des actifs” 18.
In effetti, se si osserva per gli occupati e le occupate italiane la percentuale di spostamenti casa-lavoro contenuti entro i 30 minuti (dati riferiti al biennio 1995-96), emerge una submobilità femminile (figura 2), frutto di un bilancio tra movimenti delle donne a più lungo raggio nelle primissime classi
di età lavorative (età 14-24 anni) cui si contrapporrebbe nella parte restante
della vita professionale un contenimento via via più intenso dello spazio consumato: in sintesi, le donne percorrono un tragitto più breve.
L’età costituisce un elemento differenziale importante nel comportamento
dei due sessi: se per gli uomini si nota una opposizione tra età estreme del ciclo di vita lavorativo, in cui l’autocontenimento è più elevato, e le età centrali, per le donne emerge un modello differente con un legame tra età e autocontenimento che, se si eccettua un debole picco nella prima classe, sembra
esibire una chiara relazione diretta.
Per quanto riguarda Roma, in analogia con la logica della individuazione
18
B. BACCAINI, Les navettes des périurbains d’Ile-de-France, «Population», 2, 1997, pp.
327-364.
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95,0
- - - MaschiFemmine
––– Femmine
Maschi
90,0
85,0
80,0
14-24
25-34
35-44
45-54
55-64
65 +
Figura 2. Percentuale di percorsi casa-lavoro inferiori a 30 minuti per sesso e classe di
età del lavoratore. Italia, 1995-96 (fonte ISTAT, Indagine sulla vita quotidiana).
di un autocontenimento “spaziale” (inteso come capacità, per una zona toponomastica, di trattenere i propri lavoratori) e non “temporale” (tragitti brevi in
quanto di minore durata), si è costruito il medesimo profilo a partire appunto
dalla percentuale di lavoratori che lavorano nella zona nella quale abitano.
I risultati, riportati in figura 3, mostrano un modello simile a quello osservato a livello nazionale: le donne a Roma manifestano un maggior autocontenimento anche se i modelli maschile e femminile si intersecano meno chia-
Figura 3. Indici di autocontenimento per sesso e classe di età. Roma, 1991.
I percorsi casa-lavoro dei romani: differenze di genere e di status 521
ramente (nelle primissime fasi dell’attività lavorativa anche le donne a Roma
sembrano dunque muoversi maggiormente) mentre la distanza tra i due sessi,
ad una prima occhiata, sembra ridursi rispetto a quanto osservato per l’Italia
(ma l’indicatore è differente).
È opportuno verificare se il modello di maggior autocontenimento femminile si manifesta con le stesse caratteristiche anche negli spicchi nei quali il
territorio comunale è stato suddiviso in quanto, come si è visto in precedenza,
l’autocontenimento varia all’interno dello spazio romano in misura notevole.
Per affrontare questo aspetto sono state costruite delle funzioni di autocontenimento per sesso distintamente per ciascuna macrotipologia territoriale in
cui si raccolgono le zone toponomastiche, e cioè rioni, quartieri (cui si sono
aggiunti quelli marini), suburbi e zone dell’Agro romano (figura 4).
Figura 4. Indici di autocontenimento per sesso, classe di età e tipologia della suddivisione
territoriale. Roma, 1991.
522 Oliviero Casacchia-Luisa Natale-Cecilia Reynaud
In sintesi, emergono i seguenti aspetti riassunti di seguito per punti:
a. al di là dei 45 anni il modello sembra abbastanza chiaro: per tutte le tipologie si rileva un super autocontenimento (e dunque una submobilità) delle
donne che appare più modesto se si osservano i residenti nei rioni cittadini;
b. nella prima classe di età, quella 14-24 anni, per tutte le tipologie permane il super autocontenimento maschile e, in generale, il livello di submobilità dei rioni appare comunque più elevato;
c. nella successiva classe (25-34) si riscontra una submobilità femminile
soltanto osservando i rioni poiché nelle altre aree della città l’indicatore assume lo stesso livello per entrambi i sessi;
d. tra i 35-44enni emerge il modello di autocontenimento femminile che
tuttavia trova una (debole) eccezione proprio nei rioni, nei quali invece l’indice assume lo stesso valore.
Oltre la collocazione sul territorio, un chiaro effetto sull’autocontenimento è prodotto dalla professione del lavoratore. Il ruolo di maggiore rilievo è
in primo luogo esercitato dalla posizione nella professione. Se si distinguono
infatti i pendolari romani semplicemente isolando gli autonomi dai dipendenti, si notano due comportamenti opposti: i primi appaiono chiaramente
esercitare una professione per la quale la vicinanza luogo di lavoro-luogo di
residenza diventa una caratteristica importante all’interno del bilancio quotidiano delle proprie attività. Se si guarda ai risultati riportati nella figura 5,
esiste un rapporto da uno a tre tra l’indicatore costruito per i lavoratori di-
Figura 5. Indici di autocontenimento per sesso e posizione nella
professione (autonomi e dipendenti). Comune di Roma, 1991.
I percorsi casa-lavoro dei romani: differenze di genere e di status 523
pendenti e quello osservato per gli autonomi: soltanto uno su 10 tra i primi
lavora nel quartiere (in senso lato) ove risiede mentre per i secondi l’indicatore mostra un autocontenimento che interessa 3 occupati su 10. Le differenze per sesso, pur assai ridotte, tuttavia permangono.
Scendendo nel dettaglio delle professioni, e cioè distinguendo tra i lavoratori
dipendenti i dirigenti, gli impiegati, gli operai e gli apprendisti, e tra quelli autonomi gli imprenditori e liberi professionisti e i lavoratori in proprio 19, si possono cogliere alcuni aspetti dell’autocontenimento che caratterizza le fasce professionali che ogni giorno si recano con regolarità sul posto di lavoro a Roma. La
categoria professionale maggiormente autocontenuta è quella delle lavoratrici in
proprio (indice pari al 38,5 per cento), che risultano in modo significativo meno
mobili sul territorio rispetto ai loro colleghi uomini per i quali, peraltro, si rileva
un indice eguale al 33 per cento (figura 6). Se per imprenditori e liberi professionisti differenze per genere non emergono in modo eclatante, le categorie professionali nelle quali sono stati suddivisi i lavoratori dipendenti mostrano un
chiaro livello di autocontenimento per le donne maggiore rispetto agli uomini,
si tratti dunque di apprendisti (rispettivamente 25 e 19 per cento), operai (16 e
10 per cento), impiegati (11 e 6 per cento) e dirigenti (13,6 per cento per le don-
Figura 6. Indici di autocontenimento per sesso e gruppi di
professioni. Comune di Roma, 1991.
19
Più precisamente alcune categorie sono state aggregate nel modo seguente: direttivi, quadri,
impiegati, intermedi e militari confluiscono negli impiegati; capo operaio e operaio in quella genericamente definita come operaio; nella categoria apprendisti sono fatti confluire anche gli altri lavoratori dipendenti. I lavoratori in proprio, infine, comprendono anche coadiuvanti e soci di cooperativa.
524 Oliviero Casacchia-Luisa Natale-Cecilia Reynaud
ne e 7,2 per cento per gli uomini). In sostanza, anche tenendo conto della struttura professionale, la quale plausibilmente caratterizza diversamente la popolazione dei lavoratori maschi da quella femminile, nel contesto romano le differenze di genere permangono, e sono meno accentuate nel solo caso dei lavoratori in proprio (e cioè, in sostanza, artigiani e commercianti) 20.
Il quadro ora appare abbastanza chiaro: la diversa composizione professionale delle occupate e degli occupati romani contribuisce sicuramente a
produrre quell’incrocio tra le due curve di autocontenimento visibile nel modello complessivo (figura 3) per cui la maggiore diffusione tra i maschi nelle
prime classi di età dell’apprendistato, categoria professionale per la quale
non sorprendentemente l’autocontenimento, come si è avuto modo di vedere,
è ai livelli più elevati tra tutte quelle dei lavoratori dipendenti, fa emergere il
super autocontenimento maschile alle prime età della vita lavorativa.
Circoscrivendo l’analisi del modello per età e sesso a due professioni tipiche, quella cioè degli impiegati e quella degli imprenditori, emergono parziali conferme a quanto detto: nel caso della prima categoria professionale, a
tutte le età si coglie la consolidata regola per la quale le lavoratrici risultano
più compresse all’interno della zona in cui abitano (le differenze nell’autocontenimento sono però assai ridotte nelle prime due classi di età considerate) (figura 7). Il modello non risulta viceversa confermato nel caso degli imprenditori, ove invece la submobilità femminile si manifesta di nuovo solo a
partire dai 35 anni.
Figura 7. Autocontenimento per alcune professioni per sesso e classe
di età. Roma, 1991.
Naturalmente in questo caso pare ipotizzabile non essere trascurabili i casi di più familiari che si recano in uno stesso luogo di lavoro. I dati a nostra disposizione, tuttavia, non consentono di controllare questo effetto.
20
I percorsi casa-lavoro dei romani: differenze di genere e di status 525
Figura 8. Indici di autocontenimento per sesso, gruppi di professioni e
tipologia della suddivisione territoriale. Comune di Roma, 1991.
Lo spazio cittadino agisce in modo simile su lavoratori e lavoratrici: praticamente per tutte le professioni, e per uomini e donne, l’autocontenimento
diminuisce nel passaggio tra le zone centrali della città (i rioni) e quelle periferiche (le zone dell’Agro) (figura 8). Fanno eccezione soltanto le dirigenti
per le quali, tuttavia, si pone un problema di robustezza delle misure in quanto si tratta di pochi casi.
4. Professioni, territorio, genere: un modello di sintesi
L’analisi condotta fino a questo punto ha messo in luce la persistenza
del modello di submobilità femminile a Roma, così come emerge negli
studi fatti in questo campo in altri paesi e anche nella nostra città, per cui
la maggior vicinanza al luogo di lavoro delle donne rispetto agli uomini
526 Oliviero Casacchia-Luisa Natale-Cecilia Reynaud
assume le caratteristiche di una vera e propria regolarità empirica.
Scomponendo e dettagliando l’esame per età, professione, tipologia territoriale da un lato sono emersi anche elementi di informazione più approfonditi e dall’altro è stato possibile acquisire il fatto che alcuni “segmenti”
in cui la regola viene infranta in realtà spesso possono essere ricondotti all’operare di alcuni effetti di composizione, controllando i quali riemerge il
modello generale.
Per avere una chiara visione d’insieme giunge opportuna la costruzione
di un modello multivariato che consente di tenere sotto controllo l’effetto
delle variabili e far emergere empiricamente l’effetto globale su una variabile obiettivo 21. Trattandosi per lo più di variabili qualitative (professione,
tipologia territoriale, sesso), si è scelta la strada della costruzione di un
modello di regressione logistica in cui la variabile risposta (dicotomica) è
data dalla probabilità, nel recarsi sul luogo di lavoro, di uscire dalla propria
zona di residenza.
Particolarmente interessante nell’applicazione del modello è l’analisi
degli odds-ratio, cioè i rapporti tra probabilità di sperimentare un dato
evento tra individui appartenenti a categorie diverse. Ad esempio, nell’applicazione proposta l’odds-ratio per gli uomini risulta superiore a uno
(1,53), il che significa che la probabilità per un uomo di uscire dalla propria zona di residenza per recarsi al lavoro è una volta e mezza quella di
una donna (tabella 3). Per quanto concerne l’effetto della stratificazione
professionale, rispetto al lavoratore in proprio (che costituisce la categoria
di riferimento per cui l’odds-ratio è pari a 1) un dipendente con mansioni
direttive ha una probabilità sette volte superiore, dirigenti ed impiegati
hanno quasi lo stesso rapporto mentre per gli apprendisti la probabilità risulta essere superiore soltanto di una volta e mezzo.
Il modello consente anche di qualificare meglio l’effetto netto della
stratificazione territoriale sulla capacità di autocontenere il proprio percorso casa-lavoro. Risiedere nei suburbi implica una maggiore mobilità, in
quanto la probabilità di uscire dalla propria zona di residenza è quasi tre
volte quella di un residente nei rioni. Zone dell’Agro e quartieri si collocano sullo stesso piano (le misure sono molto simili, rispettivamente 2,12 e
2,18), mentre per i residenti nei quartieri marini il modello indica una misura più contenuta (1,52: cfr. tabella 3). Considerazioni interessanti possono farsi anche osservando i ratio per ciascuna classe di età: la mobilità appare raggiungere un massimo intorno alle età centrali per poi attenuarsi
successivamente.
21
W. CROWN, Statistical Models for the Social and Behavioral Sciences, London, Westport, 1998.
I percorsi casa-lavoro dei romani: differenze di genere e di status 527
Tabella 3. Modello di regressione logistica sulla possibilità di uscire dalla zona per andare al lavoro. Roma, 1991.
Variabili
Livello di significatività
exp(B)
Sesso
Maschi
Femmine
Classe di età
14-24
25-34
35-44
45-54
55-64
65+
0,00
rif.
1,53
rif.
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
rif.
1,81
2,28
1,93
1,68
1,39
rif.
Gruppo professionale
Dirigente
Direttivo
Impiegato
Operaio
Apprendista
Imprenditori, liberi professionisti
Lavoratori in proprio
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
rif.
5,62
6,72
5,64
3,23
1,70
1,69
rif.
Suddivisione territoriale di residenza
Rioni
Quartieri
Quartieri marini
Suburbi
Zone dell’Agro
rif.
0,00
0,00
0,00
0,00
rif.
2,18
1,52
2,78
2,12
0,00
-2LL
0,38
110021,10
Costante
5. Conclusioni
La dilatazione tra luogo di residenza e luogo di lavoro fa sì che anche a
Roma sia piuttosto ridotto il numero di coloro che vivono e lavorano all’interno della stessa zona. Sulla base della suddivisione toponomastica, in parte
rivista per tenere conto della diversa estensione territoriale, è emerso che soltanto 14 romani su 100 si recano quotidianamente in un luogo di lavoro compreso all’interno della propria zona di residenza.
Lo spazio percorso varia notevolmente al modificarsi della posizione
nella professione – in particolare, autonomi e dipendenti mostrano livelli
molto diversi – e, all’interno di queste due categorie, al variare dello status.
Anche se a grandi linee, sembrerebbe che a posizioni “più forti” sul mercato del lavoro corrisponda un autocontenimento minore: tuttavia, questo
aspetto emerge soltanto dopo che si sono separate due categorie fondamen-
528 Oliviero Casacchia-Luisa Natale-Cecilia Reynaud
tali, il lavoro esercitato in forma autonoma e quello invece effettuato alle
dipendenze.
Le differenze di genere appaiono consistenti e persistono anche all’interno delle diverse subpopolazioni. Il risultato appare sistematico per categoria
professionale e tipologia territoriale, mentre se si considera il modello per
età nelle prime classi emerge una submobilità maschile, probabilmente dovuta alla maggiore presenza tra i maschi di apprendisti (una tra le categorie più
autocontenute). Le differenze tra uomo e donna, in sostanza, permangono
anche controllando la professione, e questo appare un risultato che contrasta
con alcune interpretazioni sulle differenze di genere nella mobilità.
Il modello di regressione logistica costruito sulla probabilità di uscire dalla propria zona per andare al lavoro ha confermato i risultati dell’analisi descrittiva, in quanto l’odds-ratio per gli uomini (pari a 1,53) risulta significativamente superiore. In particolare, per quanto concerne l’effetto della stratificazione professionale sull’autocontenimento cittadino, è emerso come rispetto al lavoratore in proprio l’odds-ratio di un dipendente con mansioni direttive sia quasi pari a sette e dunque sia possibile considerarla come la categoria
professionale più mobile. Per gli apprendisti il modello mostra una probabilità di uscire dalla propria zona di residenza nel recarsi al lavoro pari a 1,7
volte quella di un artigiano o commerciante.
Se si osserva l’effetto della collocazione sul territorio romano dei lavoratori, emergono aspetti intuitivi e qualche sorpresa. Se appare scontato un autocontenimento più elevato nei rioni, è di un certo interesse notare che la
maggiore mobilità si coglie nei suburbi, ai quali seguono successivamente le
zone dell’Agro romano.
Il tipo di misura scelta in questo lavoro per isolare all’interno degli spostamenti quotidiani casa-lavoro i meno mobili (l’indicatore mette a confronto
chi trova il luogo di lavoro all’interno della propria zona toponomastica di
residenza e chi invece si reca a lavorare in un’altra zona) ha certamente effetti distorsivi sui risultati, in quanto il modo in cui le zone sono state ritagliate all’interno dei confini comunali interviene direttamente sulla misura di
autocontenimento utilizzata. Le zone della suddivisione toponomastica si
presentano infatti eterogenee quanto a forma, superficie, modello di insediamento interno: alcune collocate nelle zone dell’Agro risultano scarsamente
popolate (specialmente quelle nella parte occidentale del territorio comunale), altre (si pensi ai rioni) hanno una forma molto particolare risultando allungate e strette piuttosto che circolari, in altre, infine, gli abitanti risultano
concentrati soltanto in una porzione risultando il resto della zona praticamente vuoto.
Il limite posto dal ritaglio territoriale adottato, a cui solo in minima parte
si è ovviato con la riaggregazione delle zone toponomastiche operata in que-
I percorsi casa-lavoro dei romani: differenze di genere e di status 529
sta sede, potrebbe agevolmente essere superato operando una ridefinizione
dello spazio a partire da aggregazioni di micro-zone (ad esempio, le sezioni
di censimento) per arrivare a definire nuove aree omogenee per lo studio delle caratteristiche della mobilità dei pendolari romani 22. Il proseguimento della ricerca prevede proprio, in attesa dei dati del nuovo censimento appena
condotto che fornirà dati aggiornati al 2001 23, uno sforzo in questa direzione
per disporre di una nuova griglia territoriale con la quale leggere il passato
(la situazione al 1991) e le tendenze attuali (con la documentazione del censimento del 2001).
Un notevole contributo in questo senso è stato portato avanti in alcuni studi recenti in
cui si è giunti a definire macro-zone costituite da ambiti spaziali omogenei che appaiono come sistemi di autocontenimento dei flussi veicolari di traffico. In questa sede si è preferito tuttavia non considerare questo tipo di dettaglio territoriale in quanto limitato alla zona interna al
Grande Raccordo Anulare di Roma e poi scaturito dall’analisi di tutti i flussi che percorrono la
città, e non solo di quelli per motivi di lavoro. Cfr. COMUNE DI ROMA-DIPARTIMENTO POLITICHE
DELLA MOBILITÀ E DEI TRASPORTI, Indagine sul traffico del comune di Roma, Roma, 1996.
23
Nel foglio di famiglia utilizzato al censimento il gruppo di quesiti è rimasto praticamente invariato: l’elenco dei mezzi utilizzati è nel nuovo censimento un po’ più articolato, l’indicazione dell’ora di uscita da casa è precisa (ora e minuti) e non più precodificata come al censimento del 1991.
22