Prima lama - Federscherma

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Prima lama - Federscherma
Prima lama
di Fabrizio Rabottino
Forse
non dovrei stare seduto con la schiena curva. Non dovrei
strisciare con la punta della spada sul pavimento.
Preparano la pedana centrale per la finale.
Forse non dovei essere proprio qui.
E se perdo? Intanto lui deve vincere. E questo vince. Avrà almeno
un paio d’anni di più. Sono tanti un paio d’anni. Quello con il
microfono parla. Quante cose dice: la scherma, i giovani, lo sport
e ora dice anche il mio nome. Adesso devo salire in pedana. Mi
sorridono tutti. Non crederanno che vinca? A scuola mi hanno detto
che si chiamano aspettative. Quando qualcuno vuole qualcosa da
qualcun
altro
si
chiamano
aspettative.
Se
si
deludono
si
arrabbiano tutti. Il mio avversario non mi sorride. Sarà l’unico a
non arrabbiarsi? Gli sorrido io e sembro il coniglio buono dei
cartoni.
Lui
tiene
gli
occhi
stretti
a
fessura:
è
il
papero
cattivo.
Il cavo elettrico stavolta non mi si è scappato di mano. Negli
incontri di qualificazione si è riavvolto di colpo sbattendo sul
muro e ha fatto ridere tutti. Sarà un buon segno? Ma gli altri
incontri gli ho vinti. Non è un buon segno. Si metteranno a ridere
dopo?
Aggancio
il
morsetto
“coccodrillo”
al
cavo
del
corpetto.
Lo
spinotto alla spada. Il cavo si è intrecciato dentro il corpetto e
non posso muovermi. Ridono tutti.
Prova delle luci. Ho la verde, preferivo la rossa.
Saluto. Lui lo fa veloce. Si vede che ha tirato più di me. Ci
mettiamo la maschera.
Sospiro che sembro il nonno. Speriamo di non perdere 10 a 0.
“Signori, in guardia”.
Allora, piego le gambe, piede sinistro dritto davanti e destro ad
angolo retto. Sono un mancino, è un vantaggio? Non è un vantaggio,
non ho fatto in tempo a mettermi in guardia per bene che la sua
luce si è già accesa. Siamo già a una stoccata a zero.
La maestra mi dice qualcosa che non capisco.
In guardia. Tengo la spada in linea. La tocca e affonda. Affondo
anche io ma nel vuoto. Si accende la sua luce. La luce rossa è
quella fortunata. Sarà passato un minuto e sto già perdendo per
due stoccate.
In guardia. Indietreggio. Mi spinge la lama. Indietreggio ancora.
Affonda e paro. Ora affondo? Luce rossa. Mi guardo intorno. Si è
visto che sono lento?
Il suo maestro gli grida qualcosa. La mia
non mi dice niente. Sarà già andata via per la vergogna?
In
guardia.
Viene
avanti.
Ora
non
torno
indietro.
Gli
faccio
vedere. Paro e affondo dritto sul corpetto. Para? No, luce rossa e
luce verde. Mi ha toccato anche lui. Almeno non finisco a zero.
Quattro a uno. Sorrido ai miei genitori dietro le transenne. Mamma
dice che non sorrido mai. Ho la maschera, non lo vedrà neanche
questa volta.
In guardia. La voce della maestra mi dice di affondare. Ma se lui
indietreggia quando ci arrivo? Vado avanti mi tocca il ferro. Gli
giro attorno con il mio. Fai una “cavata”mi urla la maestra. L’ho
fatta. L’avrò fatta bene? Affondo. E’ troppo indietro e ora sono
sbilanciato.
Luce
rossa.
Mi
ha
preso
sulla
maschera.
C’è
il
riposo. Potevamo continuare. Ho preso cinque stoccate in cinque
minuti. Mi riposavo dopo a casa. Tanto tra altri cinque minuti c’è
ne andiamo.
Mi tolgo la maschera e mi siedo sulla panca. A destra mi dicono di
stare tranquillo a sinistra di essere più vivace. Mamma mi soffia
sulla faccia. Devo essere tutto rosso. Mamma deve averlo visto in
qualche
film
di
boxe
alla
tv.
Quando
l’allenatore
sventola
l’asciugamano in faccia a quello che ha preso un sacco di botte.
La mia mamma!
Il giudice ci richiama in pedana.
In guardia, trattengo il fiato, miro al piede e affondo subito.
Luce verde. Non se lo aspettava. Gli faccio segno con due dita
aperte a “v”. lui apre il palmo a indicare cinque.
In guardia, trattengo il fiato, faccio come prima, miro al piede e
affondo. E sono tre. Quando trattengo il fiato colpisco. Dipenderà
da quello?
In guardia, sono già qualcosa tre stoccate. Paro, affonda subito.
Paro e affondo anche io. Si accendono i due colori. Sono a quattro
e lui sei. Perdo bene?
In guardia, sono stanco, e lui? Affondo mirando al piede, finto e
alzo la punta. Toccato sulla coscia, è verde.
Sono a sei. Ho trattenuto il fiato?
In guardia. Affonda subito, lascio il ferro in linea. Verde e
rossa.
Sette a sei. Urlano tutti. Il suo maestro di più.
In
guardia,
ci
spingiamo
il
ferro
per
scansarlo.
Così
non
la
finiamo più. Mi stendo e tocco. Anche lui ed è pari ancora. Otto a
sette.
In guardia. Stavolta penso. Se penso e trattengo il fiato posso
farcela. Si, magari un’altra volta. Sono ancora fermo in guardia
che ha già tirato la stoccata. Sono nove. Una sola e ha vinto. Il
suo maestro si avvicina e gli dice qualcosa. Fa segno di si con la
testa. Io che faccio?
In
guardia,
mi
lascia
avanzare.
Che
faccio?
Affondo
ma
para,
affondo ancora. Para ancora. Affondo luce verde. Otto?
In guardia. Affondo subito. Non si è mosso. Si è distratto. Luce
verde. Nove pari.
Non ci credo. Sono pari.
In
guardia.
Neanche
il
tempo
per
festeggiare
la
parità?
Mi
sembrava valesse la pena. Affonda e paro. Affonda ancora. La sua
lama striscia via sul braccio. Non ha colpito. Luce verde. La mia.
Ho vinto?