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Numero 126
29 Ottobre 2013
121 Pagine
Novità 2014
KTM RC125, RC200
e RC390
Ducati 1199
Superleggera
Periodico elettronico di informazione motociclistica
MotoGP Giappone
Lorenzo vince il GP di
Motegi. Rossi sesto.
Articoli, commenti e
pagelle
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Superbike
Divorzio tra Ducati
e il team Alstare.
Giugliano e Davies
con la Ducati in SBK
| Prova in pista |
Ducati
Panigale
899
da Pag. 2 a Pag. 13
All’Interno
NEWS: Honda le prime novità del Tokyo Motor Show | Le 12 moto che hanno fatto il 2013 | N. Cereghini: Segnalazioni
primitive, sbagli sicuri | MOTOGP: Ben Spies si ritira | Guareschi lascia Ducati per VR46 | SBK: Melandri prova l’Aprilia
Ducati Panigale 899
PREGI
Estetica e dotazione tecnica
DIFETTI
Prezzo, erogazione ai medi
Prezzo 15.918 €
Prova in pista
Baby ma
non troppo
In molti la chiamano Panigalina,
ma qui di “ina” c’è ben poco. La 899 Panigale
ha una dotazione di prim’ordine, elettronica
d’alto livello e prestazioni al top. Che non sono
impegnative da sfruttare. Costa 15.918 euro
di Francesco Paolillo
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Prove
Media
S
arà forse difficile togliersi di
dosso quel nomignolo, Panigalina, ma non impossibile.
Anzi, dopo averne scoperto
i segreti e averne saggiato le
qualità in pista, siamo certi gli
appassionati la chiameranno rispettosamente
Ottonovenove e basta. La tradizione che vede
una versione di cilindrata inferiore delle Superbike bolognesi è stata rispettata anche questa
volta a Borgo Panigale, e le varie 748, 749 e 848
hanno un’erede, che ha però qualche cosa di diverso rispetto a loro, e cioè non è un copia incolla
della moto di cilindrata superiore, come accaduto fino a oggi, bensì una moto in gran parte diversa. Non fermiamoci al fatto che l’abito è del
tutto simile: sottopelle la 899 è una moto nuova,
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di un nuovo però, che non rinnega i geni della
sorella maggiore, sofisticazione ed esclusività
rimangono intatti. La 899 nasce per soddisfare
quella fascia di clientela che considera “troppo”
la 1199. Troppo potente, troppo impegnativa,
ma badate bene non troppo costosa. Brand e
contenuti tecnologici si pagano, ma molti utenti, con disponibilità economiche, sono coerenti con se stessi e sanno che i 195 cavalli di una
1199 Panigale rappresentano un piccolo, grande
ostacolo, anche al divertimento di guida. Ecco
allora la 899, con il bicilindrico da 148 cavalli di
potenza, 182 kg di peso a vuoto di carburante,
una sella più comoda e quote ciclistiche che la
rendono meno aggressiva e più facile. Il cuore
della 899 è il motore bicilindrico, che in questa
configurazione riprende il nome di Superquadro.
Strettamente derivato da quello che equipaggia
la 1199 Panigale, vede variare alesaggio e corsa,
che sono rispettivamente 100x57,2 mm, caratteristica che abbassa la cilindrata effettiva a 898
cc. Confrontato con il precedente 848 Evo, il nuovo motore permette incrementi di potenza, che
passa da 140 cv a 10.500 giri, a 148 cv (109 kW) a
10.750 giri, e di coppia, con un aumento su tutto
l’arco di erogazione che ha il suo picco a 9.000
giri con 10.1 kgm (99 Nm), la 848 raggiungeva i
10 kgm a 9.750 giri. Il Superquadro porta in dote
tutte le dotazioni elettroniche già presenti sulla
sorella maggiore, per cui ritroviamo le mappature motore del Riding Mode: Race, Sport e Wet,
da 148 cv le prime due, limitata a 100 cv la terza,
oltre al DTC (Ducati Traction Control) regolabile
su 8 livelli. Inoltre sono disponibili l’EBC (Engine
Brake Control) che consente la regolazione del
freno motore su tre livelli di intervento per ogni
Riding Mode e il DQS (Ducati Quick Shift) che
consente l’inserimento delle marce senza l’utilizzo della frizione. Diavolerie in gran parte sconosciute alla concorrenza.
Com’è fatta
Diciamo subito che la 899 è fatta bene, curata
nei dettagli, rifinita con attenzione, come la 1199,
una moto che si fa guardare e ammirare non
solo per le prestazioni ma anche per l’aspetto.
Il vestito, o meglio le carenature, non cambiano,
certo il serbatoio non è più in alluminio bensì in
acciaio a basso spessore (0,8 mm), costruzione
che ne incrementa il peso di 800 grammi, ma il
design è il medesimo. A cambiare parzialmente
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l’estetica ci pensa il forcellone in alluminio, che
diventa bibraccio, che accorcia l’interasse da
1.437 mm a 1.426 mm e che abbraccia un cerchio di diversa larghezza visto che deve calzare
un pneumatico 180/60 e non un 200 come la
sorella maggiore. Anche il telaietto reggisella è
completamente nuovo e non è più in realizzato
in alluminio pressofuso, bensì in acciaio con una
struttura a traliccio, direttamente fissato alla testa posteriore del bicilindrico. La parte anteriore
del telaio, o meglio la monoscocca in alluminio
alla quale è direttamente fissato il motore, è
stata modificata per chiudere l’inclinazione del
cannotto di sterzo da 24,5° a 24°, con una variazione dell’avancorsa che scende da 100 mm a 96
mm. Sempre parlando di ciclistica, la 899 monta, per la prima volta in casa Ducati, una forcella
Showa BPF, da 43 mm di diametro e totalmente regolabile nell’idraulica. Dietro è previsto un
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Prove
monoammortizzatore Sachs, anch’esso totalmente regolabile. Sui cerchi a dieci razze di nuovo disegno, sono montati dischi semiflottanti da
320 mm (245 mm il posteriore), mentre l’impianto frenante prevede una coppia di pinze Brembo
monoblocco a quattro pistoncini, M4-32, ad attacco radiale, con pompa freno anch’essa di tipo
radiale. Non manca il sistema ABS Bosch-9MP,
regolabile su tre livelli (o totalmente disinseribile), dal funzionamento direttamente integrato ai
Riding Mode del motore. In modalità Race l’ABS
è attivo solo all’anteriore ed è regolato sul livello
più basso, mentre in modalità Sport, si posiziona
su “2”, intervenendo su entrambi gli assi e controllando anche il sollevamento del posteriore. Il
livello “3” è destinato alla modalità Wet. La strumentazione abbandona il coreografico display
TFT per un più tradizionale LCD, che però dà la
sensazione di essere maggiormente leggibile, e
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facilità con cui si lascia guidare. Prenderci confidenza è un gioco da ragazzi, anche in condizioni
non proprio ottimali, e il passaggio alla mappatura Sport viene spontaneo. I controlli elettronici
non sono per nulla invasivi, e l’unico modo per
sentire, o meglio vedere, l’intervento del controllo di trazione è quello di dare una sbirciatina al
cruscotto, dove tutt’altro che spesso, si palesa
una spia gialla. Con il passare dei giri, la pista
inizia ad asciugarsi, e le prestazioni delle Pirelli
Rain calano vistosamente, con evidenti perdite
di aderenza del posteriore, gestite ottimamente dal DTC, e improvvisi interventi dell’ABS che
sopperisce agli eccessi del pilota che pretende di entrare nelle varianti come se stesse guidando con delle gomme in mescola... L’istinto
di sopravvivenza consiglia un’uscita anticipata
per il cambio gomme. Viste le condizioni meteo,
e l’asfalto ancora umido in alcuni tratti, si opta
per i pneumatici di serie, i Pirelli Diablo Rosso Corsa, che si sposano alla perfezione con le
Prove
caratteristiche della 899, e ci consentono di avvicinare i limiti di questa scatenata bolognese.
Adesso è arrivato il momento di godere delle
prestazioni del bicilindrico in modalità Race, con
una risposta più diretta del comando del gas e
un rumore di scarico che fa venire i brividi. Anche in questa configurazione la 899 Panigale si
dimostra molto più amichevole e meno fisica sia
della 1199, e c’era da aspettarselo, ma anche della precedente 848 Evo. La linearità del motore,
che può essere scambiata per svogliatezza fino
ai 6.500-7.000 giri, fa rimpiangere solo in parte il
tiro ai medi del vecchio Testastretta, anche perchè oltrepassato questo regime, il Superquadro
diventa davvero divertente e prestazionale. Lo
scarso affiatamento tra la rapportatura del cambio, per altro ottimamente supportato dal quickshift, e le caratteristiche del tracciato, ci porta ad
uscire dalle curve con il motore ad un regime non
ottimale, per evitare di utilizzare una rapporto
inferiore che risulterebbe invece troppo corto.
che è completo di ogni genere di informazione.
Comandabile attraverso i pulsanti sul blocchetto
sinistro, visualizza in tempo reale le regolazioni
del pacchetto elettronico DTC, ABS ed EBC.
In pista a Imola
Giove Pluvio ci ha risparmiati, ma solo in parte.
L’abbondante acqua caduta fino alla sera precedente il test ci regala un Autodromo Enzo e Dino
Ferrari di Imola ancora bagnato, ma uno sguardo
furtivo nei box ci fa intravedere le 899 schierate con delle confortanti Pirelli Rain al posto delle
Supercorsa previste in un primo tempo. Finita la
danza della non pioggia, visti i nuvoloni minacciosi che continuano a passarci sopra la testa,
saliamo finalmente in sella all 899, con la mappa
motore in modalità Wet. Sarà il grip delle Pirelli
Rain, saranno i 100 cv erogati dal Superquadro
in modalità bagnato, la 899 ci sorprende per la
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Prove
Ducati 899 Panigale ABS € 15.918
Tempi: 4
Cilindri: 2
Cilindrata: 898 cc
Disposizione cilindri: a L
Raffreddamento: a liquido
Avviamento: E
Potenza: 148 cv (109 kW) / 10750 giri
Coppia: 10.1 kgm (99 Nm) / 9000 giri
Marce: 6
Freni: DD-D
Misure freni: 320-245 mm
Misure cerchi (ant./post.): 17’’ / 17’’
Normativa antinquinamento: Euro 3
Peso: 169 kg
Lunghezza: 2075 mm
Altezza sella: 830 mm
Capacità serbatoio: 17 l
Segmento: Super Sportive
ABBIGLIAMENTO
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SCHEDA TECNICA
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Casco LS2 FF396
Tuta Ixon Pulsar Air
Guanti Ixon RS
Stivali XPD
In questo frangente si sente il bicilindrico spingere e salire di giri senza incertezze e con una
linearità che potrebbe trarre in inganno, mentre
nella realtà si sta andando davvero forte. La 899
fa strada e viaggia che è un piacere, senza impegnare fisicamente e mentalmente il pilota tanto
quanto le mille, o meglio dire le milledue, da duecento cavalli. Ci si può concentrare sulla guida e
sulle traiettorie, senza angoscia, mentre in uscita
di curva si può spalancare il gas con meno apprensione. Siete ancora dell’idea che la si debba
chiamare “ina”, noi pensiamo di no.
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News
Media
KTM RC125, RC200 e RC390
Le nuove super sportive
Ecco le prime foto, e i primi dati, delle novità KTM stradali che segnano
il debutto nelle cilindrate medio piccole. Estetica molto aggressiva e
dotazione di buon livello. Con iniezione, sospensioni WP e Abs
D
ell’interessamento di KTM nella categoria 125-390 abbiamo già scritto. Il
progetto era chiaro dopo l’arrivo della Duke 390 e dopo l’interessamento
espresso dalla Casa austriaca per le cilindrate
di ingresso. La RC125 sfodera un monocilindrico a 4 tempi e quattro valvole raffreddato a
liquido con alimentazione a iniezione e potenza
contenuta nei canonici 11 kW (15 cv). Lo scarico
corto è alloggiato nella pancia della carenatura.
Ha sospensioni WP, impianto frenate con pinza
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anteriore radiale e dotato di impianto Abs. Il telaio a traliccio in tubi tondi di acciaio è integrato
dal forcellone in fusione di lega leggera che riprende la foggia di quello già visto inizialmente
sulla Duke 690, mentre le ruote sono da 17 pollici. Peso 135 kg a vuoto di benzina. Del tutto analoga alla 125 è la versione RC200, che dovrebbe
appunto condividere il grosso dell’ossatura con
la ottavo di litro. L’impostazione super sportiva
non esclude un uso un poco più trasversale, per
cui sono stati approntati degli accessori come
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News
una borsa modulare da montare sul codone
monoposto. Non si conoscono ancora i dati di
potenza, dovrebbe superare i 25 cavalli, e peso
dichiarati. Della RC390 sono invece trapelate
anche le informazioni tecniche. Il suo monocilindrico bialbero e quattro valvole, derivato dalla
Duke 390, eroga 32 kW (43 cavalli), ha iniezione
elettronica, cambio a sei marce e frizione multidisco in bagno d’olio. Il telaio a traliccio ricorre al
classico forcellone il lega di alluminio con nervature di rinforzo a vista, sospensioni WP da 125 e
150 mm di escursione ruota, impianto frenante
con dischi da 300 e 230 mm, pinza anteriore radiale a 4 pistoncini e Abs. Ha interasse di appena
1.340 mm, sella a 820 mm dal suolo, serbatoio
da 10 litri e peso dichiarato in 147 kg senza benzina. Per la 390 c’è anche un allestimento Racing,
con grafiche dedicate, scarico Akrapovic, pedane arretrate, eccetera.
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Media
riguarda scagioni di patente e assicurazione)
al Motor Show di Tokyo arriverà anche questa
nuova versione 250. Tuttavia, dal nostro punto
di vista, la novità più interessante fra queste che
sono state rilasciate adesso è la CB 1300 Super
Bol d’Or. Seguita dalle altrettanto intriganti quadricilindriche – ma che ancora non sappiamo se
mai saranno esportate – CB 400 Super Four e
CB 400 Super Bol d’Or. La CB 1300 ha ricevuto un cambio a sei marce al posto di quello precedente a cinque, fari a led, nuove forme per la
mezza carena e le fiancatine. Terza anteprima
è il Dunk 50, un curioso scooter neo rètro con
motore a quattro tempi raffreddato a liquido dai
bassi consumi, spazioso vano sotto sella e luci a
led.
News
CBR 250R
400 Super Four
Dunk 50
CB1300 Super Bol d’Or
Honda
Le prime novità del Tokyo Motor Show
L’Eicma aprirà fra pochi giorni e si attendono importanti novità da parte
di Honda. Che intanto ha anticipato le immagini di alcuni modelli che
debutteranno a Tokio a fine novembre
I
l Tokyo Motor Show aprirà il 23 novembre
e Honda ha anticipato le immagini di tre
modelli che presenterà in quell’occasione.
All’Eicma, da quando si sa, dovrebbero arrivare da Honda al bellezza di 16 moto e scooter,
fra modelli inedito e aggiornati. Modelli che poi
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andranno a Tokyo, dove solitamente non mancano interessanti concept e affini, a fianco di
queste quattro moto. Sappiamo, come abbiamo riportato qui, che la CBR 250 diventerà 300
e arriverà anche in Italia come CBR300R, ma
visto che in Giappone esiste la soglia 250 (che
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Ducati 1199 Superleggera
200 cv per soli 155 chili
Ecco i dati ufficiali: 200 cv e un peso record di appena 155 kg a
secco. Verrà prodotta in sole 500 unità, delle quali il 75% è già
stato venduto. Prezzo di 66.000 euro
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News
Media
S
i chiama 1199 Superleggera e non si
era mai visto niente di simile sino ad
oggi. Un sogno che diventa realtà.
Un livello tecnologico e ingegneristico mai proposto prima. Un progetto incredibile
e senza precedenti. Così la Casa di Borgo Panigale presenta la Superleggera, ultima nata del
marchio Bolognese. La sfida era quella di progettare la moto stradale più estrema e tecnologica
di sempre, lasciando carta bianca agli ingegneri.
Magnesio, fibra di carbonio, titanio; partendo
dall’utilizzo dei materiali più leggeri e resistenti, impiegati sino ad oggi prevalentemente su
mezzi da competizione, fino ad arrivare all’impiego della più sofisticata tecnologia applicata
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disponibile, il tutto finalizzato a produrre una
moto che potesse offrire il massimo in termini
prestazionali. Il nome Superleggera comunica
subito il nuovo traguardo raggiunto dalla casa
motociclistica bolognese infatti, questo inedito gioiello utilizza titanio, magnesio e carbonio
per garantire il rapporto peso/potenza migliore
nell’intera storia delle moto di produzione. Con
una potenza di oltre 200 cv e un peso record
di appena 155 kg a secco, la 1199 Superleggera
esalta ulteriormente l’innovativa tecnica progettuale ed il sofisticato design Ducati, ovvero
la massima espressione della “Authentic Italian Performance”. Sarà disponibile in soli 500
esemplari, ciascuno dei quali contraddistinto ed
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impreziosito da un numero progressivo inciso
direttamente sulla bellissima testa di sterzo. Dal
debutto, comunica Ducati, sono già state vendute più del 75% delle moto che verranno prodotte.
Il prezzo è di 66.000 euro.
Novità tecniche
Le specifiche tecniche hanno origine da quelle
della 1199 Panigale R, alle quali si aggiungono
telaio monoscocca in magnesio e cerchi Marchesini forgiati in magnesio. La riduzione di
peso è poi portata all’estremo grazie al telaietto posteriore e carena in carbonio, batteria agli
ioni di litio e all’impianto di scarico interamente
realizzato in titanio così come parte delle viti
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News
veicolo e motore. Tra le altre straordinarie novità, la
leggerissima forcella Öhlins FL916 con piedini
interamente lavorati alla macchina e la sospensione posteriore Öhlins TTX36 con molla in titanio. I freni Monoblocco Brembo M50 della Superleggera ereditano dal mondo racing la pompa
radiale anteriore MCS 19.21 e la regolazione in
remoto per la prima volta utilizzati su una moto
di produzione, con ottimizzazione della trasmissione secondaria grazie alla leggerissima corona
in ergal e catena di trasmissione 520 seguendo
le specifiche tecniche del Mondiale Superbike.
La Ducati 1199 Superleggera monta di serie il
filtro aria Sprint Filter P08 in poliestere. Il miglior filtro aria che garantisce alla 1199 maggiori
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News
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performances e potere filtrante. Il filtro è lo stesso usato dai migliori Team del Mondaile SBK;
MotoGP, SS, ed è disponibile per tutte le moto.
La maniacale attenzione per i dettagli traspare
dalla conformazione della carena in carbonio,
modellata secondo il profilo ad alta penetrazione
normalmente associato all’appendice aerodinamica “Aero-kit” disponibile per i modelli “R”.
Motore
Al motore Superquadro, già dotato di valvole di
aspirazione e bielle in titanio, sono state aggiunte valvole di scarico in titanio e, per la prima volta
su un motore stradale Ducati, pistoni con 2 segmenti. Questi pistoni sono prerogativa di motori
da corsa: il design a mantello corto e l’adozione
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di soli 2 segmenti (primo segmento e segmento
raschiaolio), consentono di ridurre le masse in
gioco e gli attriti. Sul fronte delle performance, la
camera di combustione è stata ridefinita in base
agli sviluppi SBK con un nuovo cielo pistone che
consente un notevole aumento del rapporto di
compressione. A questo si aggiunge un albero
motore estremamente leggero, equilibrato grazie a pastiglie in tungsteno collocate sui contrappesi. Le novità introdotte determinano un’incredibile erogazione di potenza: la moto esce dalla
linea di produzione con oltre 200 cv.
Race Kit
L’incredibile rapporto peso/potenza della Superleggera può essere ulteriormente
incrementato grazie al Race Kit per uso esclusivo in pista fornito a corredo della moto. Il kit, che
assicura una riduzione del peso di oltre 2.5 kg
e un incremento di potenza di 5CV, comprende
uno scarico sportivo Akrapovič in titanio composto da silenziatore e collettore 2 in 1, plexiglass
maggiorato, telo coprimoto dedicato, cavalletto anteriore e posteriore, tappi sostitutivi degli
specchi lavorati alla macchina e kit rimozione del
portatarga e del cavalletto laterale.
Elettronica
L’elettronica della 1199 Superleggera è ancora
più avanzata grazie al nuovo sistema di controllo di impennata Ducati Wheelie Control (DWC)
e all’introduzione della Piattaforma Inerziale.
Il Ducati Traction Control (DTC), il sistema di
controllo di impennata Ducati Wheelie Control
(DWC) e il sistema Engine Brake Control (EBC)
sono ottimizzati dal sistema di calibrazione automatica della dimensione degli pneumatici e del
rapporto di trasmissione finale. Il sistema Ducati
Data Analysis+ (DDA+) consente inoltre la registrazione dell’angolo di piega. L’impressionante
dotazione di dispositivi elettronici è completata
dai pulsanti di comando montati sul manubrio,
di derivazione racing, per rapide regolazioni dei
sistemi DTC, DWC o EBS durante l’uso in pista.
In sintonia con il suo status esclusivo, la nuova
1199 Superleggera è disponibile nella meravigliosa livrea Rosso Ducati Corse, completata da cerchi forgiati in magnesio.
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Guida all’acquisto
Le 12 moto che hanno fatto il 2013
di Edoardo Licciardello | Ecco le 12 moto che per un motivo o per l’altro
hanno brillato nel 2013. Dodici modelli che ci sono piaciuti e che nei
diversi segmenti hanno spiccato per il loro concetto ispiratore, per la
guida, le prestazioni globali, il design
N
on ci sono più le moto di una volta.
Un adagio che fa sorridere, che sicuramente associamo ai borbottii
di qualche nostalgico del due tempi,
del cambio a destra o magari addirittura dell’anticipo manuale. In realtà basta pensare a qualche
anno fa per realizzare come nel breve volgere di
un quinquennio il panorama delle novità è cambiato in maniera radicale – tanto dal punto di
vista della quantità quanto da quello della qualità. La crisi economica che attanaglia il nostro
vecchio continente, tradizionalmente il più attivo
nella passione motociclistica, ha portato infatti
le case ad allungare sostanziosamente la vita dei
modelli, riducendo quindi la portata di novità che
arrivano sul mercato ogni anno. Non solo, ma essendo cambiate simultaneamente la nostra propensione alla spesa – altisonante espressione
che indica il fatto che abbiamo tutti molti meno
soldi in tasca – ma anche diverse abitudini e gusti, le novità che arrivano devono essere aderenti
ad altre necessità. E si è attuata, nel frattempo,
anche una sorta di selezione naturale: se si vuole sperare di vendere moto nuove bisogna che
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siano appetibili e di grande sostanza. Abbiamo
pensato, come in una discussione fra amici, di
identificare 12 novità 2013 – abbiamo lasciato
fuori i modelli 2012 in ritardo, ma anche i 2014 in
anticipo – che hanno segnato in qualche maniera il mercato, e che pensiamo possano lasciare
il segno in futuro, venire ricordate per qualcosa
o addirittura dare vita a nuove tendenze o segmenti di mercato. Ne abbiamo dovuta lasciare
fuori qualcuna, e forse per altri ne abbiamo inserita qualcuna che non merita tanta considerazione. Ma il bello è anche questo, scatenare qualche
discussione. E magari vedere, fra qualche tempo, chi ci aveva azzeccato. La nostra selezione
è ordinata, per una volta, nell’ordine di importanza che abbiamo stabilito in redazione. Anche
in questo caso sappiamo che non tutti saranno
d’accordo, ma vale la regola di cui sopra. Parliamone… Ciascun modello è naturalmente presentato ed arricchito con la motivazione per cui
l’abbiamo scelto e il perché l’abbiamo inserito.
Come sempre, cliccando sul nome del modello si
accede alla scheda tecnica, al listino e alle offerte
di moto nuove e usate. Cominciamo!
1 – Yamaha MT-09
E chi se l’aspettava una moto come la MT-09?
Yamaha è uscita prepotentemente da un letargo durato quasi tre anni con un modello a dire
poco rivoluzionario, spinta da un tre cilindri rapidamente assurto al rango di riferimento della categoria. Crediamo che la MT-09 - potete leggere
la nostra prova qui - sia la moto più significativa
un po’ perché inaugura un nuovo corso Yamaha, ma soprattutto perché è un modello nuovo,
fresco, inedito che unisce grande appetibilità ad
un prezzo equilibrato – non vogliamo dire che
8.390 euro (ABS compreso) siano pochi di questi tempi, ma è difficile immaginarsi un’offerta
del genere a meno. La MT-09 non sarà in grado
di risollevare da sola le sorti di un mercato in sofferenza, ma indubbiamente ha indicato a tanti
altri la strada giusta per ripartire – e pur ritenendo azzeccatissimo il modello nella sua interezza,
non vediamo l’ora di gustare le altre declinazioni
del propulsore (o della piattaforma, se di questo
si tratterà) che Yamaha stessa ha lasciato intendere arriveranno a breve. Brava Yamaha!
2 - BMW R1200GS
Una rivoluzione come quella attuata da BMW sul
suo boxer – e sul carattere della R1200GS in generale – non può venire sminuita nemmeno dai
più accaniti detrattori del marchio dell’elica. Un
po’ perché serve un coraggio leonino per cambiare così in profondità sia il motore che rappresenta da sempre la bandiera di BMW, sia un
modello che sbanca su tutti i mercati, e un po’
anche perché la R1200GS 2013 (qui la nostra
prova completa) è risultata all’altezza di tutte
le aspettative. Più potente, più tecnologica e più
moderna nell’estetica, la GS continua a costare
cara: servono 16.000 euro e qualcosina per mettersi in casa la versione base, comunque già molto ricca, e attingendo ad optional quasi irrinunciabili come il pacchetto elettronico completo di
sospensioni attive o le valige si sfora in un attimo
la cifra tonda. A giustificazione c’è però un blasone conquistato sul campo, un comportamento
dinamico allo stato dell’arte, una rivendibilità ancora superiore alla concorrenza e la soddisfazione di un pizzico di vanità nel possedere una delle
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sorellina minore per correre (forte) in Supersport, costituisce la versione più equilibrata
della rivoluzionaria media MV Agusta - potete
leggerne qui la nostra prova. Senza contare che
proprio la F3 800 potrebbe essere la moto che
inaugura il ritorno ad una classe di sportive fra le
600 e le 1000. Non concediamo il privilegio alla
Suzuki GSX-R per il semplice motivo che… c’è
sempre stata. Albero controrotante, elettronica
da Superbike, linea (come al solito) da lasciarci
gli occhi, prestazioni motoristiche da riferimento e ciclistica allo stato dell’arte: tutti elementi
che hanno il loro costo. Costo che si traduce in
13.990 euro, tutto sommato – fatti i rapporti con
600 e 1000 – nemmeno troppi considerando gli
elementi sopra citati.
5 – Honda CB500X
Il debutto in società della piattaforma Honda
CB500 – avvenuto alla scorsa edizione di EICMA
– aveva sollevato un discreto entusiasmo ma anche qualche perplessità. Una volta toccata con
pochissime moto capaci di coniugare l’essenza
di status symbol con tanta sostanza.
3 – Moto Guzzi California 1400
Touring e California 1400 Custom
Il tempo in cui le Moto Guzzi aprivano la strada
alla concorrenza da un punto di vista tecnologico
e di design sembrava irrimediabilmente dimenticato, quando l’anno scorso – dopo qualche foto
filtrata in anteprima – la Casa di Mandello ci ha
lasciato tutti a bocca aperta. Le linee tracciate
da Miguel Galluzzi e il suo team hanno riscosso
consenso unanime, e la sostanza tecnica ha dimostrato tutto il suo spessore alla guida: la California (potete leggere qui la prova della Custom,
qui quella della Touring) non è più una moto per
soli fedelissimi del marchio dell’aquila, ma è una
moto (splendida, l’avevamo già detto?) capace
di far venire l’acquolina in bocca anche ad un
30
Guida all’acquisto
mano però (qui la nostra prova) la media endurotourer della Casa di Tokyo ha dissolto tutti i dubbi come neve al sole, perché con una cifra con
cui non si comprano tanti scooter (6.150 euro,
con ABS incluso) offre sostanza di alto livello e
un appeal ben superiore a categoria ed esborso. E’ facile, accessibile ai neopatentati ed è una
moto che non cerca scuse né nel comportamento dinamico né tantomeno da ferma. Anche da
modelli come questi, capaci di reinterpretare
categorie che credevamo ormai dimenticate da
quasi vent’anni, si riparte per far tornare voglia
di moto.
6 – KTM Adventure 1190R
Una doverosa premessa: avevamo pensato di
inserire nella nostra rassegna – ancora una volta – la Duke 390, un modello davvero innovativo e intelligente. Ma fra le moto che lasceranno
un segno nel 2013 abbiamo preferito includere
l’ammiraglia della casa. Non è infatti facile dire
qualcosa di nuovo in un segmento, quello delle
pubblico che non avrebbe degnato di grande
considerazione i modelli precedenti. Sia in allestimento Custom che in quello Touring costa
cara (rispettivamente 17.450 e 19.450 euro),
ma anche in questo caso il prezzo riflette una
sostanza di assoluto rilievo, da un propulsore
moderno e tecnologico (ride-by-wire, controllo
di trazione) ad una ciclistica capace di far sparire almeno un quintale da una massa altrimenti
in linea con i canoni della categoria. Bentornata,
California!
4 – MV Agusta F3 800
Qualcuno potrà obiettare come la sorella maggiore delle F3 non sia in effetti una moto così
originale, costituendo a tutti gli effetti una versione maggiorata della 675. Noi invece pensiamo
che la cilindrata 800 sia la più equilibrata per la
tre cilindri di Schiranna che, ferma restando la
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
veniale per l’unica 600 realmente nuova del settore.
8 – Honda F6B
Una GoldWing che abbatte il prezzo di listino e
punta dritta al pubblico più giovane non può non
fare notizia – pur se di portata limitata per il nostro mercato si tratta di una rivoluzione copernicana che sacrifica sull’altare dell’immagine un
po’ del sibaritico comfort fino ad oggi considerato irrinunciabile per una GoldWing.
Anche perché da un punto di vista dinamico
la F6B diventa più divertente, consuma un po’
meno e i sacrifici in termini di protezione e comodità sono pressoché impercettibili a chi in
sella non pretenda anche di dormirci. In movimento. Il prezzo non è certo popolare, visto che
con 22.000 euro oggi ci si fanno tante cose, ma
basta una scorsa alla scheda tecnica (o alla nostra prova) per rendersi conto che di sostanza
“sotto” ce n’è tanta, a partire da quel sei cilindri
boxer che tante concorrenti per certi versi ancora le invidiano.
maxienduro, dove ormai esistono diverse variazioni sull’unico tema. KTM ha risolto guardando
al passato, a quando anche queste moto – non a
caso chiamate navi del deserto – venivano usate
nei grandi rallies. Che non richiedevano solo la
capacità di spararsi ai 200 all’ora su lunghe piste
desertiche, ma anche di affrontare tratti tecnici
ed impegnativi.
A Mattighofen hanno quindi affiancato alla più
mansueta – si fa per dire – Adventure 1190 la sorella cattiva: la 1190R (qui la nostra prova). Anteriore da 21”, ciclistica capace di cavarsela (nelle
mani giuste, certo) anche sul duro nonostante
235 kg di massa ma soprattutto prestazioni ed
elettronica finora sconosciute a mezzi nati per
destreggiarsi davvero in offroad. Tutto considerato, anche i 15.094 euro richiesti sembrano tanti ma non troppi per una Adventure R.
32
Guida all’acquisto
9 – Ducati Hyperstrada
Fino all’arrivo della nuova famiglia a quattro
valvole, gli hypermotardisti che volevano usare
la propria belva per scopi che andassero oltre
il percorrere – spesso su una ruota – il passo
di montagna preferito venivano guardati con il
compatimento che si riserva al parente simpatico ma un po’ matto. Con la nascita dei modelli
821 Ducati ha pensato anche a loro, allestendo
la variante Hyperstrada (qui la nostra prova)
sulla stessa, prestazionalissima base del nuovo Hypermotard. Uno dei pochi(ssimi) modelli
completamente nuovi del 2013, la Hyperstrada
ha saputo conquistarsi rapidamente un folto
seguito e un buon successo di vendita, unendo
il fascino dell’ammiraglia Multistrada con prestazioni più accessibili ed un’agilità da riferimento;
in un quadro tecnico d’eccellenza i pochissimi
nei sono stati presto dimenticati. I 12.894 euro
richiesti anche in questo caso non sono certo
pochi, ma il marchio Ducati e le prestazioni della
Hyper sanno far dimenticare rapidamente il dolore dell’esborso.
7 – Kawasaki Ninja 636
E’ vero, parliamo di un segmento – quello delle
600 sportive – ormai poco rilevante nel contesto
del mercato generale, ma proprio per questo il
coraggioso ritorno di Kawasaki a quella cilindrata
spuria che nel 2003 la rilanciò dopo anni di immobilismo ci piace molto: la nuova Ninja 636 (qui
la nostra prova) è un segno di vitalità e voglia di
innovare, di far tornare il prurito al polso destro
anche a chi non subisce il fascino – o non vuole subire i compromessi – delle superpotenze. E
magari la 600 la prende per andarci su strada,
non solo per scannarla in pista. Sfruttabile grazie all’elettronica derivata dalla sorella maggiore,
ben rifinita e con una ciclistica allo stato dell’arte,
la Ninja costa “solo” 12.390 euro, quotazione allineata alla concorrenza che cresce però di 1000
euro se si desidera l’ABS evoluto. Un peccato
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Guida all’acquisto
12 – Peugeot Metropolis 400
La risposta della Casa del leone al successo dell’Mp3 si è fatta attendere, ma è arrivata in grande
stile – non a caso in quel di Parigi hanno pensato
bene di recuperare un nome storico per gli scooter Peugeot. Condito di tante soluzioni di derivazione automobilistica, il Metropolis è attualmente lo stato dell’arte, per completezza, finiture e
comportamento dinamico – unico limite, una
maneggevolezza relativa – e non esageriamo
nel dire che sia il più completo dei mezzi a tre
ruote attualmente sul panorama mondiale come
potete constatare dalla nostra prova. Non è regalato – ci vogliono 7.784 euro per portarselo a
casa – ma la concorrenza non costa certo meno,
e il rapporto qualità/prezzo è davvero notevole.
Ci ricorderemo del Metropolis come una svolta
importante nei mezzi che ampliano la città.
10 – Yamaha XV 950
Già ci immaginiamo nasi storti e sguardi perplessi di tanti lettori nel vedere la Bolt – pardon,
XV950 – entrare in questa classifica. La verità è
che, per quanto possa sembrare una moto tutto
sommato convenzionale, la bobber Yamaha ha
diversi elementi per cui vale la pena ricordarla
bene. Da un lato perché ripropone uno stile minimal ormai dimenticato nel settore, dall’altro
perché declina stili ed estetiche classicamente custom in forma nettamente più sportiva di
quello a cui siamo abituati in questo segmento,
ma soprattutto perché è forse la prima moto
giapponese – ed europea – pensata tenendo in
specifica considerazione la personalizzazione,
esempio seguito rapidamente da case di un certo blasone. In ultimo, un prezzo di 8.390, o 9.190
euro a seconda che vogliate la versione base o la
“R” che abbiamo provato qui, davvero contenuto
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se si osservano le finiture e diversi tocchi estetici
degni di quotazioni ben superiori. Ce ne ricorderemo a lungo.
11 – Vespa 946
Alzi la mano chi non è rimasto sbalordito dalla
linea della Vespa 946, mezzo più unico che raro
nell’aver mantenuto una linea pressoché invariata nel passaggio fra concept e versione di produzione.
Ora l’abbassi chi non è rimasto paralizzato dopo
aver visto il prezzo (9.000 euro al netto degli
accessori), fuori scala per quello che in fin dei
conti resta uno scooter 125, ma tutto sommato
comprensibile – almeno in parte – considerando
il tipo di prodotto e il pubblico a cui è rivolto. Non
sappiamo immaginare quale successo di vendite
possa avere, ma ce la ricorderemo sicuramente
come esercizio di stile di altissimo livello.
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Guida alla Honda Transalp
di Edoardo Licciardello | La bicilindrica Honda Transalp è uno dei
modelli più longevi della storia recente. A partire dal 1987 ha
letteralmente creato un segmento, ha venduto moltissimo e
spopola fra l’usato. Modelli, quotazioni e il parere dell’esperto
E’
la moto che ha letteralmente
creato il segmento delle enduro stradali bicilindriche di media
cilindrata: la Transalp, nata alla
fine del 1986, evocava solo a vederla viaggi transcontinentali e avventure africane, sulla scia di
quelle NXR ufficiali con cui Honda vinceva rallies
a nastro nella loro epoca d’oro. La scritta “Rally
Touring” definiva chiaramente la sua destinazione d’uso, separandola un po’ dall’Africa Twin –
che sarebbe uscita l’anno dopo come modello
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1988, orgogliosamente dotata della dicitura “Adventure Sports” sui fianchetti – le ambizioni più
sportive. In realtà, da brava Honda, la Transalp
se la cavava più che bene in tutto, comprese la
guida brillante su strada e il fuoristrada non troppo impegnativo grazie ad un bell’anteriore da
21”. Semplice ma efficace, con un motore evoluto dal custom VT500 (bicilindrico a V di 52°, tre
valvole per cilindro, doppia accensione, fasatura
irregolare a compensare la sfalsatura dei cilindri
per ridurre le vibrazioni) la Transalp era capace
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di portare chiunque a fare il giro del mondo. Anche più volte, visto che l’affidabilità – al netto di
qualche piccola rogna, in breve tempo risolta o
gestita da chiunque conoscesse bene il modello
– era capace di far fare più di un giro al contachilometri senza interventi di rilievo. Per tantissimi anni – ormai ha passato il quarto di secolo
di vita, risultando così uno dei modelli più longevi
della storia – è stata ai vertici delle classifiche di
vendita grazie alle sue doti di affidabilità, economia di gestione (anche se i consumi sono sempre risultati un punto dolente) e facilità di guida.
Un simile successo si è naturalmente ripercosso
sul mercato dell’usato, dove la Transalp da anni
recita un ruolo di primissimo piano: le sue sette
versioni fanno registrare ben 400 annunci su
Moto.it! Vi descriviamo tutti i modelli a seguire,
con l’aggiunta di una sommaria indicazione economica e soprattutto riportando il parere di un
professionista che le Honda le maneggia tutti i
giorni.
Usato
Le versioni
Honda Transalp 600V (1987-1990)
La prima XL600V arriva nei primi mesi del 1987.
Il suo bicilindrico a V da 583cc, naturalmente a
carburatori, vanta cinque rapporti ed eroga 55
cv a 8.000 giri, con una coppia massima di 53
Nm duemila giri più sotto. La velocità massima
passa i 170 km/h. Le due colorazioni sono a base
azzurra metallizzata oppure bianca, sempre con
bande in blu/azzurro/rosso. Il telaio è una doppia culla in acciaio scatolato, con comparto sospensioni classico e anteriore da 21”, con cerchi
naturalmente a raggi da 90/90 e 130/80. Disco
anteriore da 276mm e tamburo posteriore da 130
completano il quadro. La Transalp si dimostra
rapidamente validissima e priva di grandi difetti,
fatta eccezione per una certa sete del propulsore
e un consumo d’olio piuttosto critico. Il pubblico
l’apprezza comunque moltissimo soprattutto
nell’uso turistico; la Casa madre prende nota e
adegua la taratura della sospensione posteriore
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(più sostenuta per meglio assecondare la guida a
pieno carico) e il plexiglass del cupolino, più ampio e protettivo. La Transalp in questa versione
pesava 174kg a secco, stando al valore dichiarato dalla casa, e costava 8.295.000 lire – 4.285€
di oggi. Se ne trovano ancora ben 17 fra i nostri
annunci, buona parte delle quali iscritte ASI (con
i benefici che ne derivano in termini di bollo ed
assicurazione) ed in condizioni eccellenti. I prezzi variano dai 2500€ ai poco più degli 800 degli
esemplari con le maggiori percorrenze.
Honda Transalp 600V (1991-1993)
Poche, mirate, modifiche per la seconda versione della Transalp. Il motore è pressoché invariato
al netto della verniciatura e di un aggiornamento
delle guide valvole che abbatte i problemi di consumo d’olio riscontrati dai viaggiatori più incalliti.
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Il disco anteriore, piuttosto sollecitato nella guida brillante, aumenta nello spessore di un millimetro, mentre al posteriore sparisce il tamburo
cedendo il passo ad un disco da 240mm ben più
prestante quando ci si deve fermare con moto a
pieno carico e passeggero.
Nel corso della vita della versione viene affrontato anche il problema di affidabilità delle centraline, che sulla prima serie ha presentato una
certa difettosità; il peso dichiarato dalla casa sale
a 183kg, correggendo l’ottimistica dichiarazione
precedente. Da nuova la Transalp di questa serie
costava 9.810.000 lire; ora se ne trovano diverse
fra i nostri annunci a quotazioni pressoché coincidenti con la serie precedente. Anche in questo
caso, le meglio tenute sono solitamente iscritte
ASI e godono di forti benefici fiscali ed assicurativi.
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Honda Transalp 600V (1994-1996)
Primo restyling del modello, con cupolino più
aerodinamico e faro rastremato all’indietro. Le
colorazioni si fanno più moderne e vivaci. Cambiano tanti piccoli dettagli, senza che però la sostanza della Transalp – almeno all’inizio – cambi
granché. Si tratta del modello forse più affidabile
ed apprezzato della serie 600, ultimo ad essere
prodotto in Giappone, che nel corso della sua vita
(all’ultimo anno) viene rivista in maniera abbastanza importante. La copertura posteriore cala
inspiegabilmente di misura, sostituendo il precedente 130/80 con un ben più risicato (e meno
prestante alla guida) 120/90 che ha il solo pregio
di contenere marginalmente i consumi. Il propulsore viene modernizzato con l’arrivo dell’accensione digitale e gestione elettronica dell’anticipo
associata a carburatori con TPS (sensore della
Usato
posizione valvola), il tutto gestito da una nuova
centralina unica che risolve i problemi di affidabilità che avevano afflitto la serie precedente. La
potenza massima scende leggermente in nome
del contenimento delle emissioni, e il peso cresce di altri due chiletti. Pochissimi esemplari in
vendita per questa serie, tra l’altro ancora troppo
giovane per poter accedere al registro delle moto
storiche. Le quotazioni ne risentono (o beneficiano, se siete acquirenti) e sono pressoché tutte
allineate al valore di riferimento di 1.500€.
Honda Transalp 600V (1997-1999)
La Transalp cambia casa prendendo residenza
ad Atessa, dove le moto vengono assemblate attorno al motore che arriva già chiuso dal Giappone. La Transalp “Made in Italy” guadagna il doppio disco (da 256mm) con pinze a due pistoncini
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ridurre i consumi e sfruttare il maggior vigore del
motore ai bassi e medi regimi. La capienza del
serbatoio sale fino a 19 litri dai precedenti 18. Il
telaio resta in acciaio e mantiene le stesse quote
ciclistiche sia pur con una sospensione posteriore rivista nella progressività. La sella risulta
più bassa, e il peso scende di 2kg. La Transalp
650 – che dal 2001 viene prodotta in Spagna e
non più ad Atessa – costa da nuova 14.147.000
di lire. Molto rappresentata sul mercato dell’usato (i nostri annunci sono oltre 90), la prima
serie di 650 è estremamente variabile nelle quotazioni, che presentano una forbice dagli oltre
3500€ degli esemplari più nuovi e meglio tenuti
ma scendono praticamente allo stesso livello di
quelli delle 600 quando le percorrenze si fanno
molto importanti. La quotazione di riferimento si
attesta comunque sui 2.500€.
Honda Transalp 650V
(2005-2006)
Aggiornamento che si limita all’ormai canonico
restyling biennale (pre-crisi) delle Case giapponesi. Il Plexi diventa fumé, la sella guadagna il rivestimento bicolore e viene offerta con l’opzione
all’anteriore, oltre ad alcuni dettagli di maggior
pregio in giro per la moto. Purtroppo alcuni utenti lamentano qualche pecca su alcuni esemplari,
soprattutto legati alla tenuta delle finiture e delle
verniciature su scarico e zone meno in vista, oltre a qualche allentamento dei raggi sui cerchi.
Resta (purtroppo) il posteriore da 120/90, e il
peso continua a lievitare fino a 193kg. Da nuova
costava 13.940.000 lire, ed è la più rappresentata delle 600 fra i nostri annunci dell’usato. I
prezzi salgono leggermente per le proposte nelle
condizioni migliori (che sfiorano i 3000€) attestandosi in media attorno ai 2000€. Attenzione
però: fino all’avvento della 650 la Transalp è rimasta Euro-0, quindi attenzione ad amministrazioni comunali troppo zelanti – la possibilità di
iscrizione al registro ASI è ancora lontana.
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Usato
ribassata, e altri tocchi (cerchi nero opaco, nuovo silenziatore in acciaio, nuovo logo Transalp)
rinfrescano un po’ il modello che però, nella sostanza, non cambia di una virgola. Discretamente rappresentata fra i nostri annunci dell’usato,
sorprendentemente la seconda edizione della
650 spunta quotazioni piuttosto elevate come
valori massimi – principalmente perché sono in
circolazione esemplari dai chilometraggi davvero ridotti – e non scende mai sotto i 2.000€. La
quotazione di riferimento oscilla fra i 3.000 e i
3.500 euro.
Honda Transalp 700 (2007)
I vent’anni del modello vengono festeggiati da
Honda con un modello tutto nuovo, tanto nella
(rivoluzionaria) estetica quanto nella sostanza,
di cui potete leggere la nostra prova qui. Ancora
una volta per aggiornare il propulsore Honda fa
ricorso ad altri modelli della sua gamma: il 680cc
a quattro valvole per cilindro con iniezione elettronica da 60cv – ed omologazione Euro-3 –
viene dalla Deauville e si rivela un vero gioiellino
da usare. La ciclistica si stradalizza non poco,
con un anteriore da 19”, un assetto sempre più
Honda Transalp 650V
(2000-2004)
La Transalp cambia tutta, sopra e sotto la pelle.
Lo styling diventa più moderno, filante ed aerodinamico, il faro viene sostituito con un’unità
Multireflector come sulle CBR e arriva anche
l’immobilizer HISS che quell’anno si diffonde su
tutta la gamma Honda. Nella sostanza il propulsore cresce a 650cc (di fatto viene adottato
il motore della prima Africa Twin, nel frattempo
passata a 750) riveduto e corretto per rientrare
nelle normative Euro-1 (ed Euro-2 da circa 2003
fino a fine serie). Le prestazioni restano praticamente invariate: la potenza dichiarata si ferma a
53cv all’albero, mentre sale (prevedibilmente) la
coppia, con una rapportatura finale allungata per
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Usato
Curiosamente, l’ABS non sembra fare grande
differenza nella quotazione.
L’opinione del concessionario
Per completare il quadro abbiamo contattato
Moto Macchion, concessionario Honda a Legnano (MI) che, nella persona del titolare Giuseppe
Macchion, ci ha dato qualche informazione aggiuntiva relativamente alla Honda Transalp.
Esistono modelli più richiesti di altri
nella storia della Transalp?
«Al momento direi che la domanda sia quasi
esclusivamente sulla 700, che è ormai fuori da
abbastanza tempo per consentire un po’ di risparmio sul nuovo. Il mercato delle versioni più
vecchie è per lo più orientato verso l’estero. La
Transalp è sicuramente una moto molto apprezzata, per cui la domanda di moto usate è superiore all’offerta, in particolare per gli esemplari
equipaggiati con ABS che al momento sono molto ricercate»
Qualche annata ha subito particolari richiami?
«Assolutamente no, la Transalp è sempre stata
una moto a prova di bomba»
basso (è progressivamente calato nel corso degli anni, riducendo la luce a terra) e un peso che
sale di quasi 10kg. Però ai granturisti stradali piace tanto, perché torna la gomma posteriore da
130/80, la ciclistica diventa più stabile alle alte
velocità e arriva l’ABS – non disinseribile – unito alla frenata combinata, aspetto che getta una
pietra tombale sulle capacità fuoristradistiche
della Transalp. Peccato che la riduzione dei consumi si porti dietro un serbatoio dalla capienza
più contenuta (17,5 litri) che contribuisce a non
far crescere il peso (a secco) oltre la soglia psicologica dei 200kg. L’estetica fa storcere un po’
42
il naso ai fan di lungo corso, ma piace molto ai più
giovani, facendo si che la 700 replichi il successo
di vendite dei modelli precedenti. Recente, e sul
mercato da ormai sei anni, la Transalp XL700V
è presente in massa fra i nostri annunci, con oltre 170 esemplari divisi fra standard ed ABS. Le
quotazioni, come prevedibile, hanno quindi un
range di oscillazione molto ampio: si va dai 6000
e passa euro dei modelli più nuovi, accessoriati e meglio tenuti fino ai 3000 dei primi esemplari, magari con percorrenze rilevanti. La virtù
sta nel mezzo, nel senso che la maggior scelta
si ha con un budget fra i 4.500 e i 5.000 euro.
Cosa controllare se si va alla ricerca
di un buon usato?
«Come dicevo, la Transalp è una moto estremamente affidabile, il motore è capace di percorrere chilometraggi davvero elevatissimi, quindi
è davvero difficile avere brutte sorprese. Si può
andare abbastanza tranquilli - se lo stato delle
plastiche è buono, indice di un mezzo curato,
la moto è quasi sicuramente priva di problemi.
Può valere la pena di controllare lo spessore dei
dischi perché è un componente abbastanza costoso da sostituire se usurato, per il resto al massimo un’occhiata allo stato dei paraolio forcella»
Con quale modello a suo avviso
si fanno i migliori affari?
«Con la 700, senza dubbio»
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il rifornimento. Il primo meccanico teneva fuori
la lavagna scrutando nel buio, il secondo meccanico aveva un faro in mano, una batteria d’auto
tra i piedi, e al momento giusto collegava un cavo
per illuminare la lavagna. “E’ lui!” gridava Nino
Caretta, e l’altro dava luce. “Non è lui” scrollava
la testa Caretta mentre passava una Kawasaki
o una Japauto, e l’altro spegneva. “E’ lui!” gridava di nuovo Nino, l’altro attaccava il cavo, “non è
lui!”. Due o tre volte così e spesso il pilota Laverda
passava ignorato. “Porco boia, era lui!”. Per fortuna, si teneva un bel margine. E gli anni successivi cominciarono a vedersi le lucine colorate di
identificazione di fianco alle moto. Ma sbagliavano anche gli organizzatori. Alla 500 chilometri di
Vallelunga, anno 1971, i poveri cronometristi andarono in tilt. Per forza, era tutto manuale: uno
gridava i numeri nell’ordine di passaggio “3, 68,
42, 19”; un altro li scriveva sul foglio, un terzo
C
cliccava sul cronometro fissando la linea del traguardo, e alla fine si scrivevano i numeri di fianco
alla stampata dei tempi parziali e si facevano i
calcoli. Provate voi a tenere sotto controllo settantasei moto per più di quattro ore. La prima
classifica vedeva la Laverda SFC di BertorelloLoigo davanti alla Guzzi V7 Sport di BrambillaCavalli e volarono i primi insulti, la seconda versione vedeva la Guzzi davanti alla Laverda e fu
rissa, alla fine la federazione annullò tutto e la
gara non fu omologata. Peccato, “forse” avevo
vinto la classe 500 con una Titan Suzuki insieme
a Gianni Belli. Certo, adesso è tutta un’altra cosa:
cronometraggio elettronico e tabelle tecnologiche al posto delle lavagne. Ma i risultati sono tanto diversi? A guardare Phillips Island mi viene da
dire di no. Forse, opinione personale, è arrivato il
momento di pensare alle comunicazioni radio tra
box e pilota. Voi che ne dite?
Media
Nico Cereghini
Segnalazioni primitive,
sbagli sicuri
iao a tutti! Come
sarà andata, veramente, nel
box della
Honda numero 93 in AuA Phillip Island è andata in tilt la Honda per una
stralia? Livio Suppo è stato
sincero, quando ha parlato tabella, altre volte non si sono viste le bandiere
di generico errore del team, gialle. Non siamo poi tanto lontani dalle lavagne
oppure no? Perché se Marc di una volta e dai cronometraggi manuali
Marquez avesse ignorato la
tabella che gli raccomandava lo stop, benissimo farebbe il manager Honda le giuste. Insomma la versione ufficiale è quella:
a coprirlo, il pilota va tenuto calmo e concentrato errore di segnalazione. E mi vengono in mente i
in vista del finale. E lo stesso vale se a sbagliare muretti e le lavagne dei miei tempi, anni Settanta,
i conti è stato un uomo del team: con l’aria che quando sbagliare era facile. Di notte nelle 24 Ore,
tira, e almeno tre tecnici che dovranno lasciare per esempio. Con la Laverda, a Le Mans, i nostri
un posto di lavoro così invidiato, ancora più giu- meccanici si sporgevano dal muretto tentando di
sto è oggi tentare di rasserenare gli animi e non identificare le due 1000 tre cilindri ufficiali: dopo
fare nomi. “Si vince e si perde tutti insieme”. Paro- 50 minuti, era il calcolo, bisognava rientrare per
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Editoriale
Il primo meccanico teneva fuori la lavagna
scrutando nel buio, il secondo meccanico aveva
un faro in mano, una batteria d’auto tra i piedi, e
al momento giusto collegava un cavo per
illuminare la lavagna
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SPECIALE Motogp
Gran Premio
del Giappone
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Lorenzo vince il GP del Giappone
Mondiale ancora aperto
di Giovanni Zamagni | Lorenzo conduce in testa una gara capolavoro
nella quale è riuscito a contenere Marquez e Pedrosa. Rossi va lungo
ma chiude sesto
S
trepitosa vittoria di Jorge Lorenzo,
davanti a Marc Marquez e Dani Pedrosa. Solo sesto Valentino Rossi,
dopo due errori nella stessa curva,
nono Nicky Hayden davanti ad Andrea Dovizioso. E’ un capolavoro quello di Lorenzo, capace
di battere la Honda sul suo circuito con una gara
da ricordare: una delle più belle della sua carriera. Anzi, forse la più bella in assoluto, la vittoria
dell’uomo sul mezzo meccanico. “Ho scelto una
gomma più morbida, temevo che alla fine di gara
potessi avere dei problemi, invece non è stato
così: anzi, ho potuto aumentare il ritmo e andare via. Forse per il campionato sarebbe stato più
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
perfezione assoluta. Così, Jorge tiene aperto il
mondiale fino a Valencia, anche se a Marquez,
con 13 punti di vantaggio, gli basta arrivare quarto, indipendentemente dal risultato del rivale.
“Sapevo che sarebbe stata una gara dura, era
la prima volta qui con la MotoGP, le prove del
venerdì annullate, quelle del sabato con il bagnato, una brutta caduta stamattina nel warm
up. All’inizio sono stato un po’ prudente, poi ho
preso fiducia, ma Lorenzo era più forte: va bene
il secondo posto, a Valencia sarà un’altra storia”
spiega Marquez, che, ancora una volta, ha effettivamente fatto di tutto per complicarsi la vita,
con una scivolata nel warm up (forte botta alla
spalla destra, quella infortunata a Silverstone) e
un paio di errori di troppo in gara, quando sembrava ne avesse di più del rivale. La sua, comunque, è un’altra prestazione straordinaria, proprio
per tutto quello che è successo in questo fine
settimana.
PEDROSA, CHE DELUSIONE
Dietro ai due fuoriclasse, c’è ancora una volta
Dani Pedrosa, ma la sua gara, ancora una volta,
è stata deludente: non è mai stato in grado di
MotoGP
attaccare i due rivali. “Alla prima curva ho perso un po’ all’esterno. Quando Rossi ha sbagliato
sono andato terzo, ma scivolava tanto dietro: la
gomma era distrutta. Di più non potevo fare” ha
commentato sconsolato “Camomillo”, che esce
piuttosto male da questo GP che lo aveva visto
vincitore negli ultimi due anni.
ROSSI, CHE PECCATO
Ancora più deludente la prestazione di Valentino
Rossi, nonostante la miglior partenza dell’anno:
era alle spalle del compagno di squadra, nella
posizione ideale per complicare la vita ai piloti
Honda.
Ma una sbavatura al secondo giro (lungo alla curva in discesa, quella che precede l’ultima variante) e un errore più grave nel passaggio successivo gli hanno impedito di portare a termine una
gara che poteva essere davvero positiva, visto la
rimonta poi effettuata dal 12esimo al sesto posto, con Bautista quarto e Bradl (al rientro dopo
l’operazione alla caviglia destra di due settimane
fa) quinto. In Casa Ducati, la sfida è stata vinta
da Nicky Hayden, con un altro sorpasso all’ultimo giro.
giusto lottare con Marquez per portarlo all’errore, ma ho preferito andare via: bello vincere in
Casa della Honda”, ha gioito il fenomeno della
Yamaha.
LORENZO, UN CAMPIONE
STRAORDINARIO
Il settimo successo stagionale è qualcosa di
straordinario, ottenuto con un misto di coraggio, azzardo (è stato tra i pochi a utilizzare la
gomma morbida posteriore), precisione nella
guida, velocità pazzesca, intelligenza, resistenza (Marquez lo ha attaccato un paio di volte,
quando sembrava ne avesse di più). Insomma, la
49
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MotoGP
Valentino Rossi
“Sarei comunque arrivato quarto”
di Giovanni Zamagni | Valentino spiega i due errori nei primi giri: “Non
riuscivo a fermarmi, nonostante non avessi forzato la staccata. E’ un
problema di messa a punto, ma Pedrosa non sarei riuscito a batterlo”
U
Una partenza strepitosa, un ottimo primo giro, un buon finale
con il proprio miglior tempo
all’ultimo passaggio. In mezzo,
però, due errori, al secondo e
al terzo giro, che hanno compromesso un GP che poteva
essere più che positivo, anche
se Valentino Rossi, onestamente, dice: “Sarei comunque
arrivato dietro a Pedrosa”. Difficile capire esattamente cosa
sia successo: problemi ai freni?
Una messa a punto sbagliata?
E perché solo in quei due giri lì?
“Sono partito forte, tenevo
bene il ritmo di Lorenzo, alla 11
(la curva preceduta da un lungo rettilineo in discesa, NDA)
ho frenato come al solito, ma è
mancata forza al primo “morso” e ho perso due posizioni.
Nel giro successivo (il terzo,
NDA) mi sono tenuto ancora
più margine, ma non ce l’ho
fatta a fermarmi, forse perché
in quel punto si arriva dopo due
frenate violente e i dischi erano
troppo caldi. E’ un mio errore,
ma la realtà è che non riusciamo a risolvere questo problema, continuiamo a faticare a
fermare la moto: quando sono
50
finito nella sabbia, per i primi
50 metri non ho rallentato per
niente. Poi, nei giri successivi,
con meno benzina nel serbatoio, la situazione è migliorata,
ma non era comunque perfetta”.
E’ quindi una questione di
messa a punto?
“Sì. Se voglio frenare forte
non ce la faccio, quando devo
rallentare la moto sono in difficoltà: è lì che, soprattutto,
soffro rispetto a Lorenzo. Ma
al secondo errore sono rimasto quasi senza freni, mi sono
anche spaventato: forse avrei
dovuto tenermi ancora più
margine”.
Come sarebbe andata senza
quei due sbagli?
“Ero partito benissimo, stavo
guidando forte, potevo stare
lì con loro, anche se, onestamente, analizzando i tempi che
hanno fatto non sarei comunque riuscito a battere Pedrosa:
probabilmente gli sarei arrivato
dietro, anche se non di molto. Non si può mai dire, però:
magari trovandomi lì sarebbe
cambiato qualcosa”.
Lorenzo, quindi, ha fatto una
grande gara.
“Sì, grandissima: è stato veramente bravo. Ha rischiato
montando la gomma morbida,
mentre io non me la sono sentita, ma non credo che sia stata
questa scelta a fare la differenza”.
Adesso si va a Valencia, con
Marquez davanti di 13 punti: può arrivare quarto per
conquistare il titolo. Come la
vedi?
“Marc ha ancora un po’ di vantaggio, va forte e rimane il favorito. Certo non è il massimo giocarsi il mondiale all’ultima gara:
può succedere di tutto, specie
considerando che a Valencia
si corre tardi (il 10 novembre,
NDA), può piovere, fare freddo,
esserci condizioni intermedie,
dover effettuare il “flag to flag”.
Insomma, sono tante le variabili. Lorenzo sarà molto veloce,
ma lo sarà anche Marquez: io
spero di essere competitivo per
stare lì con loro”.
Vitto Guareschi sarà il team
manager del team VR46: qual
è il tuo commento?
“Sono contentissimo. Conosco
Vitto da quando, a 14 anni, correvamo nella Sport Production,
sono amico della famiglia Guareschi, sono legatissimo a suo
fratello Gianfranco e con Vitto mi sono trovato benissimo
nei due anni in cui ho lavorato
con lui in Ducati. Gli abbiamo
chiesto se voleva fare il team
manager della VR46 e lui ha
accettato, anche se passa dalla
MotoGP alla Moto3: gli è piaciuto il progetto e poter lavorare
con i ragazzi giovani”.
51
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un’altra strategia, provare a
rallentare la corsa per creare
un po’ di confusione e far arrivare altri piloti, ma non credo
fosse la tattica giusta, perché
Marquez è velocissimo e aveva
un buon ritmo: se ne sarebbe
andato. Adesso ho ancora una
possibilità, anche se Marc ha
un buon vantaggio, ma non si
sa mai cosa può succedere,
basta vedere come sono andate oggi la Moto3 e la Moto2: è
importante, quindi, averlo tenuto aperto fino a Valencia. Il
finale di stagione sta andando
oltre le aspettative: ho anche
conquistato più vittorie di tutti
(7, NDA)”.
Lorenzo: “Impossibile fare meglio”
Marquez “ho perso solo 5 punti”
di Giovanni Zamagni | I due fenomeni spagnoli sono entrambi
soddisfatti: Jorge ha fatto una grande gara, Marc ha superato
al meglio tante difficoltà
U
Uno, Jorge Lorenzo, ha fatto
una gara bellissima, forse la
migliore della sua vita, l’altro,
Marc Marquez, è stato una volta di più stupefacente, capace
di affrontare e superare difficoltà di ogni tipo. Due campioni
straordinari, due piloti che con
la loro rivalità stanno portando
la MotoGP a livelli pazzeschi.
Si giocheranno il mondiale a
Valencia, nell’ultima gara, con
52
Marquez che deve gestire un
vantaggio di 13 punti: come
dire che, per conquistare il titolo, gli basta un quarto posto, indipendentemente dal risultato
di Lorenzo.
Lorenzo: “Impossibile
fare meglio”
“Abbiamo preso dei rischi
montando la gomma morbida posteriore, ma è quella che
A mio modo di vedere è stata la vittoria più bella della
tua carriera; condividi questa
tesi?
“Questo è il mio 51esimo successo (30 in MotoGP, 17 in 250,
4 in 125, NDA), faccio fatica a
ricordarli tutti e a fare una classifica. Sicuramente è una delle
più belle per concentrazione e
velocità, su un circuito molto
duro e favorevole alla Honda.
E’ anche il 200esimo successo
per la Yamaha nella massima
cilindrata: sicuramente è un
successo speciale, una giornata che mi rende molto felice.
Ma alla fine, ho guadagnato
solo 5 punti su Marquez…”.
Chi ha deciso di montare la
gomma morbida posteriore?
“Abbiamo fatto un meeting
prima della gara per decidere:
la temperatura dell’asfalto era
più alta rispetto al warm up, ma
non faceva così caldo. Così ho
optato per la morbida: per la
Yamaha è sempre una buona
opzione”.
In passato ti sei lamentato per
una minore efficacia della Yamaha in frenata: oggi come è
andata?
“Con i dischi più grandi (da 340
mm, NDA) il mio feeling è migliorato, ho potuto forzare ed
MotoGP
essere più efficace in staccata”.
E’ una vittoria di rabbia,
di forza, o cosa?
“Un misto di vari elementi: sono
sempre stato concentrato, non
ho commesso nessun errore,
se non una piccola sbavatura
al primo giro, sono stato molto
costante, veloce, ho retto bene
fisicamente e questo mi ha permesso di fare 1’45”7 al 16esimo
giro, il primato che mi ha permesso di fare uno strappo su
Marquez”.
Ti fa rabbia che la conquista
del titolo non dipenda solo da
te?
“Ci sono tanti fattori che ti
fanno diventare campione del
mondo e se Marquez conquisterà il titolo se lo sarà ampiamente meritato: sta facendo
un campionato eccezionale. Io
sfrutto il regalo che lui e la sua
squadra mi hanno fatto a Phillip
Island: vediamo cosa succede a
Valencia”.
conosciamo meglio e nel warm
up era quella che mi era piaciuta di più. All’inizio, non potevo
aprire il gas come avrei voluto
e ho temuto che la copertura
calasse durante la gara, invece non è accaduto e ho potuto
spingere forte fino alla fine.
Credo che oggi non si potesse fare meglio di cosi, specie
considerando gli altri piloti Yamaha. Forse si poteva attuare
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Marquez: “Ho
perso solo 5 punti”
“Nel warm up faticavo a trovare i riferimenti in frenata, ma in
gara ero più a posto e giro dopo
giro andavo sempre più veloce.
Ma ero al limite e per stare dietro a Lorenzo ho preso troppi
rischi: ho pensato che fosse
meglio accontentarsi, che era
più importante portare a casa
20 punti che cadere. Sicuramente quello di Valencia sarà
un GP interessante. Per quanto
mi riguarda, dovrò solo rimanere concentrato sul mio lavoro,
senza preoccuparmi troppo di
Lorenzo: non dimentichiamo
che è la mia prima stagione in
MotoGP, il mondiale non era il
mio obiettivo”.
Cosa è successo nel
warm up? E la caduta ha
condizionato la gara?
54
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MotoGP
“Stavo provando una nuova
gomma anteriore e in quel
punto l’asfalto è un po’ freddo,
perché si passa in un tunnel: ho
perso il controllo dell’anteriore
e sono caduto. Avevo un po’ di
dolore nei cambi di direzione,
ma per la gara mi hanno preparato bene, non ho sofferto più
di tanto”.
Pensi a questa gara come
un’opportunità persa?
“No, quello l’ho pensato a Phillip Island: qui ho ottenuto il
massimo risultato possibile.
Ho provato a seguire Lorenzo,
ma lui qui era più veloce di me:
ho perso solo 5 punti, va bene
così”.
Cosa ti aspetti per Valencia?
“Intanto mi auguro che sia un
fine settimana “normale”, poi
bisognerà lavorare come sempre”.
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a scivolare quasi subito e questo mi ha impedito
di tenere il loro ritmo”.
Perché Andrea Dovizioso è stato superato da
Nicky Hayden all’ultimo giro, dopo essergli
stato davanti per tutta la gara?
Risponde Dovizioso: “Oggi mi aspettavo di andare un po’ meglio di chiudere meno distante
dai primi (ha finito a 42”944 da Lorenzo, NDA),
ma purtroppo in gara emergono sempre gli stessi problemi. Sono stato tutta la gara davanti ad
Hayden, non gli ho dato nessuna possibilità di
attaccarmi, ma nell’ultimo giro, anche a causa di
due doppiati che non hanno dato strada, ho commesso un errore alla curva numero 11 (la stessa
dove ha sbagliato Rossi, NDA) ed Hayden ha potuto passarmi”.
MotoGP
Perché Andrea Iannone ha chiuso solo 14esimo?
Iannone è finito fuori pista alla terza curva del primo giro, rientrando in coda al gruppo piuttosto
staccato.
Perché Aleix Espargaro è caduto in maniera
così strana al 13esimo giro alla curva 11 mentre
era 12esimo?
A 300 km/h Espargaro si è trovato senza freni e
così ha deciso di buttarsi prima di finire contro le
barriere: una buona prontezza di riflessi. Quando
poi è rientrato ai box, avvelenato come un cobra,
ha preso a calci tutto quello che gli è capitato a
tiro, perché, a suo dire, non è la prima volta che
accade qualcosa di simile.
Spunti, considerazioni, domande
Dopo il GP di Motegi
di Giovanni Zamagni | Qual è stata la differenza tra il migliore e il
peggiore giro di Lorenzo? Perché Andrea Iannone ha chiuso solo
14esimo? Perché Aleix Espargaro è caduto in maniera così strana
G
iro veloce in gara dei piloti della
MotoGP.
Lorenzo 1’45”736 (al 16esimo
giro), Pedrosa 1’45”792 (5), Marquez 1’45”828 (3), Bautista 1’46”469 (14), Rossi
1’46”526 (24), Bradl 1’46”637 (16), Crutchlow
1’46”831 (11), Smith 1’47”019 (12), Dovizioso
1’47”317 (23), Hayden 1’47”336 (23), Iannone
1’47”900 (23), Hernandez 1’48”812 (21).
Qual è stata la differenza tra il migliore e il peggiore giro di Lorenzo?
Tolto il primo giro con partenza da fermo, c’è
56
1”054 tra l’1’45”736 del 16esimo giro e l’1’46”790
dell’ultimo, quando ormai, però, non doveva più
spingere. Tolto l’ultimo passaggio, la differenza
scende a 0”701.
Perché Dani Pedrosa non ha utilizzato i dischi
grandi da 340 mm come i suoi avversari?
Risponde Pedrosa: “Non avendoli mai provati
prima, non mi sono sentito di rischiarli in gara,
ma probabilmente è stato uno sbaglio, perché
Lorenzo e Marquez erano più efficaci di me in
staccata. Il mio problema principale, comunque,
è stato il grip della gomma posteriore: ha iniziato
57
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dal compagno di squadra, da un ragazzino al
debutto in MotoGP. Forte è forte, ma Lorenzo e
Marquez lo sono molto di più.
Alvaro Bautista
7Un altro quarto posto, un altro risultato sicuramente positivo, ma un’altra prestazione non
troppo esaltante, perché 19”755 sono tanti. E’
comunque un pilota molto costante e con quei
tre là la davanti fare meglio di così è difficile.
Stefan Bradl
7Quattordici giorni dopo l’operazione alla caviglia destra, ottiene un risultato addirittura inaspettato: bravo. Il suo problema è che quando
sta bene non è che poi vada tanto più forte.
Valentino Rossi
4Una partenza fulminante, un buon primo
MotoGP
giro, poi due errori non da lui, come se stesse
andando oltre il suo limite per provare a tenere
il passo di Lorenzo. Così, una gara che avrebbe
potuto essere molto positiva, si è trasformata in
una da dimenticare: un’occasione persa.
Cal Crutchlow
4Dov’è finito il pilota di inizio stagione? Va
bene l’infortunio al braccio destro, va bene che la
sua Yamaha non è stata aggiornata con il “seamless”, ma tutto questo non giustifica una prestazione così incolore.
Bradley Smith
5Qui ha più attenuanti che da altre parti, considerando quanto poco si è girato. Ed è arrivato
quasi in scia al compagno di squadra.
Le pagelle
Del GP del Giappone
di Giovanni Zamagni | 10 e lode per Lorenzo, la perfezione assoluta; 9
per Marquez, sbalorditivo; 6 a Pedrosa una volta dietro. Male Rossi e
Crutchlow che arrivano a 4
10
E LODE Jorge Lorenzo
Pole position, vittoria (rimanendo in
testa dall’inizio alla fine), giro veloce: la perfezione assoluta, impossibile fare meglio. La sua gara
è stata un misto di forza, coraggio, costanza, capacità di resistere agli attacchi di Marquez, concentrazione, velocità. Qualcuno ha detto: la sfiga
di Rossi è che Lorenzo guida una Yamaha.
Marc Marquez
D’accordo, è caduto
9
(la 15esima stagionale),
ancora una volta
oltretutto di nuovo nel warm up, rischiando, proprio come a
58
Silverstone, di farsi male alla spalla destra. Ma
cosa vuoi dire a uno così, capace comunque di
conquistare il secondo posto, nonostante venerdì non si sia provato, sabato si sia girato sul bagnato e domenica si sia corso sull’asciutto, senza che lui avesse mai pilotato prima una MotoGP
a Motegi. E’ sbalorditivo.
Dani Pedrosa
Avrebbe dovuto essere la sua gara, perché
6
correre avendo provato così poco è – o dovreb-
be essere – un vantaggio per uno della sua esperienza. Invece, ancora una volta, ha preso paga
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MotoGP
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MotoGP Motegi
Classifica
Nicky Hayden
Yamaha
7Si impegna sempre al massimo, non si rispar- 8Ha vinto in Casa della Honda, ma il successo
mia anche se la Ducati non gli riserva lo stesso è merito quasi esclusivamente del suo straorditrattamento. In qualifica, sul bagnato, è stato
bravissimo, in gara ha battuto nuovamente il
compagno di squadra: non gli si può dire niente.
Andrea Dovizioso
5Ha perso la “sfida Ducati” anche a causa di un
paio di doppiati che l’hanno rallentato, ma da lui
ci si aspetta comunque di più.
Andrea Iannone
Classifica Generale
Pos.
Pilota
Punti
Pos.
Pilota
Punti
1
Jorge LORENZO
25
1
Marc MARQUEZ
318
2
Marc MARQUEZ
20
2
Jorge LORENZO
305
3
Dani PEDROSA
16
3
Dani PEDROSA
280
4
Alvaro BAUTISTA
13
4
Valentino ROSSI
224
5
Stefan BRADL
11
5
Cal CRUTCHLOW
188
6
Valentino ROSSI
10
6
Alvaro BAUTISTA
160
7
Cal CRUTCHLOW
9
7
Stefan BRADL
146
8
Bradley SMITH
8
8
Andrea DOVIZIOSO
133
9
Nicky HAYDEN
7
9
Nicky HAYDEN
118
10
Andrea DOVIZIOSO
6
10
Bradley SMITH
107
11
Katsuyuki NAKASUGA
5
11
Aleix ESPARGARO
88
12
Colin EDWARDS
4
12
Andrea IANNONE
57
13
Randy DE PUNIET
3
13
Michele PIRRO
50
nario pilota.
Honda
8Dopo due successi consecutivi, deve accontentarsi del secondo e del terzo posto, sulla pista
teoricamente più favorevole.
Incredibilmente, è stata più penalizzata dalla
mancanza di prove, nonostante tutti i dati a disposizione.
Ducati
4Male in prova, male in gara.
Un voto in più del solito perché sul bagnato ha
5
dimostrato di essere competitiva. Ma sull’asciutYonny Hernandez
4Non pervenuto. Eppure potrebbe essere ri- to è sempre notte fonda.
confermato.
60
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
ufficiali), Aleix Espargaro si è pentito, tanto che,
addirittura, vorrebbe fare marcia indietro. A far
cambiare idea al pilota spagnolo è stato il passaggio alla Honda della sua ormai ex squadra,
ma Aleix, che ha firmato il contratto in Malesia –
con tanto di penale da 400.000 euro – non può
più tornare indietro.
500.000 EURO,
TRATTATIBILI, PER LA MOTO2
Nella categorie inferiori, purtroppo, è diventata
ormai una consuetudine che molti piloti debbano pagare per la stagione: per un posto in Moto2
la richiesta cambia da squadra a squadra, ma
si arriva fino a 500.000 euro trattabili. Diciamo
che, mediamente, ci vogliono 300.000-350.000
euro per trovare un buon posto nella cilindrata
di mezzo.
GP del Giappone
Lo sapevate che...?
di Giovanni Zamagni | Che Espargaro si è pentito? Che per correre in
Moto2 è il pilota a pagare? Che l’acquisizione dati è nata con Doohan?
Che i piloti chiedono i dischi da 340 mm? Che Dovizioso non ha digerito
l’addio di Guareschi?
G
RESINI, ATTENTO
A MARTINEZ
Il passaggio del team Martinez
dall’Aprilia alla Honda nella MotoGP potrebbe avere conseguenze pesanti per
il Team Gresini. Il ragionamento è questo. Gresini, dopo un legame strettissimo con la Honda,
in particolare con la filiale italiana, per il 2014 ha
deciso di lasciare la Moto3 giapponese per passare alla KTM. Una scelta legittima, per carità,
visto lo scarso impegno della Honda in questa
categoria, ma fatta nella maniera sbagliata, senza prima avvertire e fare una trattativa con la
HRC. Una mossa che ha indispettito sia la Honda
Italia sia i responsabili giapponesi (e non solo) e
che potrebbe avere ripercussioni pesanti in un
62
COME E’ NATA
L’ACQUISIZIONE DATI
Youichi Oguma, simpaticissimo giapponese, ex
responsabile della HRC, ha svelato come è nata
l’acquisizione dati. “Nel 1995, quando avevamo
tre piloti (Doohan, Criville e Itoh, NDA) facevamo
MotoGP
fatica a capire esattamente se una nuova soluzione portasse dei benefici o no. Allora abbiamo
pensato a quella che può essere considerata a
tutti gli effetti la prima acquisizione dati: abbiamo
chiesto ai piloti se potevamo mettere sulla moto
4 sensori. Doohan ha accettato, in cambio, però,
di 500.000 dollari…”. Così si è iniziato a raccogliere i dati sulle 500 2T di allora, arrivando, poco
alla volta, ai 1000 controlli di oggi. Oguma ha
anche dato una breve definizione delle quattro
Case giapponesi. Yamaha: “Pure marketing” (“Il
vero marketing”); Suzuki: “Crazy people racing”
(“Gente da corsa pazza”); Kawasaki: “Rich boy
racing” (“Gente da corsa ricca”); Honda “NASA”.
QUALE CENTRALINA
PER SUZUKI?
La Suzuki, come è noto, rientrerà in MotoGP
nel 2015 con un progetto sul quale si lavora da
parecchi mesi. Carmelo Ezpeleta, numero uno
della Dorna, sta spingendo perché la Casa giapponesi usi da subito la centralina unica, non solo
l’hardware ma anche il software, che Ezpeleta
vorrebbe rendere obbligatoria già dal 2016, anziché dal 2017. E’ chiaro che questa scelta sarebbe
prossimo futuro. L’accordo con Martinez complica ulteriormente la situazione: quella del quattro volte iridato è una struttura di prim’ordine,
molto professionale e “ricca” ed è quindi facile
immaginare che quello del 2014 sia solo il punto
di partenza di una collaborazione che potrebbe
diventare sempre più grande. Il futuro prossimo,
ovviamente, non è a rischio, ma Fausto Gresini
dovrà stare attento a gestire un rapporto che in
qualche modo si è un po’ compromesso.
ALEIX ESPARGARO SI E’ PENTITO
Dopo aver fatto di tutto e di più per lasciare il
team Martinez e approdare al team Forward
per salire sulla Yamaha M1 “Open” (questa è la
nuova e ultima definizione delle moto 2014 non
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nell’immediato un po’ limitante per la Suzuki, ma
rappresenterebbe un vantaggio per gli anni successivi. Tra l’altro, l’elettronica è stata – da sempre – uno dei più grossi limiti della Suzuki, che ha
rinviato il suo rientro nel motomondiale proprio
perché indietro sotto questo importantissimo
aspetto: la centralina unica potrebbe rappresentare la soluzione vincente.
test importante per capire cosa fare nel 2014:
quest’anno, in tante piste, non solo a Motegi, abbiamo avuto problemi ai freni (Rossi ha parlato
di 4-5 occasioni, NDA), perché la potenza delle
moto è cresciuta parecchio e quindi bisogna fare
un passo in avanti anche nell’impianto frenante”.
PARADOSSO GIAPPONESE
Nicky Hayden è uno di quei piloti che tutti i team
manager vorrebbero: spinge sempre al suo limite, non si lamenta mai, non dice mai una parola
contro la Casa che lo paga. Come ha confermato
a Motegi, conquistando una sorprendente prima
fila. “Molti si stupiscono che io continui a spingere nonostante sia già stato licenziato, ma per me
sarebbe anormale il contrario: sono un professionista. Piuttosto, la Ducati non ha mantenuto
le promesse: mi era stato detto che avrei potuto
provare l’ultima versione della GP13 nei test di
Misano dopo il GP, per poi utilizzarla nelle ultime
gare. Così non è stato e questo mi spiace: è vero,
non c’è una grande differenza, ma non capisco
perché abbiano cambiato idea”.
In Giappone è tutto perfettamente regolamentato, tanto che anche all’aria aperta si può fumare
solo in spazi appositi. Peccato, però, che non ci
sia nessun divieto all’interno dei locali pubblici,
come ristoranti o bar. Mah…
DISCHI GRANDI, SOLUZIONE
PER IL FUTURO
A Motegi hanno debuttato in gara i dischi “grandi” da 340 anziché 320 mm, che si è potuto utilizzare con una deroga (più che giusta in questo
caso) al regolamento. Una strada che i piloti si
auspicano possa essere seguita anche in futuro, come spiega Andrea Dovizioso. “E’ stato un
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HAYDEN: “IO
PROFESSIONISTA, ALTRI MENO”
FANTASTICA MOTO3
La caduta di Salom e Rins e il secondo posto di
Vinales ha fatto sì che, in campionato, i tre piloti
siano racchiusi in 5 punti, per una sfida finale a
Valencia da brividi: in pratica, chi tra i tre vincerà
il GP conquisterà anche il mondiale.
Non male per dei ragazzini di 17-18 anni: giocarsi
il titolo in una sola gara davanti, probabilmente,
a oltre 100.000 spettatori.
A CHI LA QUARTA DUCATI?
Annunciato ufficialmente il ritiro di Ben Spies, c’è
da assegnare la Ducati del Team Pramac lasciata
libera dall’iridato SBK.
Sicuramente non sarà una Desmosedici “factory”, ma una “Open”, ovvero una GP13 del 2013
con centralina “Dorna” anche nel software, con
quindi il vantaggio di poter utilizzare 24 litri invece di 20, 12 motori anziché 5 e la gomma extra
morbida per il posteriore.
I piloti candidati a guidarla sono due: Yonny Hernandez (al momento sembra favorito) e Eugene
Laverty (pochissime possibilità).
MotoGP
DOVIZIOSO: “GUARESCHI,
UNA GRANDE PERDITA”
Non l’ha presa bene Andrea Dovizioso: il passaggio di Vitto Guareschi dalla Ducati alla VR46 è un
altro brutto colpo sul morale, già piuttosto basso, del pilota italiano.
“Dire che mi dispiace tantissimo è poco! Con lui
ho un buonissimo rapporto, conosce alla perfezione tutto quello che è successo in MotoGP in
Casa Ducati: poteva essere molto utile per gestire la situazione, ma non gli è stata data la possibilità di lavorare, non si è sentito realizzato e non
ha potuto fare quello che lui riteneva giusto fare.
Mi spiace tantissimo, lo ripeto”. Dovrà essere sostituito? Dovizioso allarga le braccia: “No comment”.
IO L’AVEVO DETTO
Giovanni Zamagni: “A Motegi, Pedrosa e la Honda non li batte nemmeno il Padre Eterno”. Classifica GP del Giappone: 1. Lorenzo (Yamaha), 2.
Marquez (Honda), 3. Pedrosa (Honda).
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pneumatico posteriore causando surriscaldamenti ingestibili dalle soluzioni portate in Australia. Non si è cioè trattato di un semplice problema
di incompatibilità nell’interfaccia fra mescola dello pneumatico e quella dell’asfalto, ma di un vero
e proprio cambiamento radicale nella superficie
che ha dato origine a tutta una serie di problemi.
Vediamoli meglio. All’origine c’è ovviamente un
maggior grip che, per sua stessa natura, ha causato un innalzamento della temperatura media
della struttura dello pneumatico. Fino a questo
punto forse il problema avrebbe potuto essere
gestito dalla gomma, non fosse che la regolarizzazione della superficie ha portato con sé due
conseguenze. In assenza di buche (ma sarebbe
più corretto parlare di avvallamenti o dossetti) la
gomma resta attaccata all’asfalto e si può quindi
accelerare molto prima: la prima conseguenza è
stata dunque la possibilità per i piloti di adottare assetti più estremi, che consentivano loro di
aprire il gas in netto anticipo e prolungare così la
MotoGP
fase di accelerazione sulla spalla della gomma, a
profilo deformato e con forti stress termici. Ma
non finisce qui: la seconda conseguenza è che
l’assenza di perdite di aderenza – o meglio, di microsollevamenti della gomma rispetto all’asfalto
– ha fatto venire meno un momento, per quanto
minimo, in cui la gomma si raffreddava perdendo grip. Se vi sembra un’esagerazione pensate
alla capacità di dispersione termica (ovvero di
“tenere la temperatura” come si dice in gergo)
delle Bridgestone impiegate in MotoGP, accusate in passato di raffreddarsi troppo rapidamente e di causare cadute come quella di Valentino
Rossi al Mugello o di Jorge Lorenzo a Laguna
Seca di qualche anno fa. Scartata la possibilità
di utilizzare altre mescole (la extradura provata
nelle FP4 non offriva vantaggi rispetto alla dura,
la più morbida è stata valutata positivamente dal
solo Bautista e solo nelle prime sessioni) il problema si è ulteriormente aggravato la domenica
mattina, perché gli assetti affinati nel corso delle
Bridgestone
I perché della débacle a Phillip Island
di Edoardo Licciardello | La Casa giapponese, attraverso le parole
del boss Shinji Aoki, chiarisce le motivazioni tecniche dietro al grave
problema accusato dalle gomme posteriori utilizzate nel GP d’Australia
“
Divertente, ma non sono queste le
gare della MotoGP” ha commentato
Valentino Rossi al termine del Gran
Premio d’Australia della scorsa domenica. Ci sentiamo di appoggiare in toto la sua
posizione, perché pur apprezzando l’elemento
di novità del cambio moto al volo con relativi
risvolti spettacolari, onestamente ci è piaciuto molto meno il fatto che gli organizzatori, di
concerto con il gommista, siano dovuti arrivare
ad accorciare sostanziosamente la gara imponendo anche una finestra precisa per il cambio
66
gomme. Decisione che, come tutti sappiamo,
ha causato la confusione costata la gara a Marc
Marquez. Per non parlare, ovviamente, del brivido provato nel vedere la gomma posteriore
dello stesso Marquez dopo il cambio. Bridgestone ha spiegato attraverso la sua tradizionale
disamina post-gara motivi ed origini del problema incontrato, più complesso di quanto alcune
spiegazioni un po’ semplicistiche abbiano fatto
pensare. Il nuovo asfalto, migliorato moltissimo
tanto nel grip quanto nella regolarità della superficie, ha mandato in crisi l’intera struttura dello
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MotoGP
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quattro sessioni di prove hanno determinato un
ulteriore aumento del passo che ha aumentato lo
stress termico: da qui la riduzione a 19 giri dell’intera gara, dopo che i tecnici Bridgestone hanno
identificato in dieci giri il massimo numero di tornate percorribili in sicurezza. Da qui si è arrivati
alle decisioni che hanno dato origine alla gara che
tutti abbiamo visto. Pur comprendendo le ragioni di Bridgestone, che ha scelto correttamente
la soluzione di maggior sicurezza per i piloti accettando di esporre in maniera macroscopica i
problemi dei suoi pneumatici, qualche obiezione
ci sentiamo di farla. Il comunicato ufficiale riporta una dichiarazione di Shinji Aoki (al comando del reparto sviluppo gomme Motorsport di
Bridgestone) secondo cui “provando con i piloti
ufficiali a Phillip Island il prossimo anno” il problema verrà risolto. Quello che lascia perplessi è
la spiegazione sul motivo per cui questo test – o
68
per meglio dire un qualunque test – non sia stato
effettuato nell’intervallo fra la gara del Mondiale
SBK, che ha evidenziato lo stesso ordine di problemi, e la gara della MotoGP. “Phillip Island non
viene usata per test IRTA o sessioni private dei
test team, quindi stiamo trattando per trovare un
modo di provare qui il prossimo anno con qualche pilota”. Nemmeno il circuito di Austin è stato
usato per test collettivi ma nulla ha impedito alla
Honda di organizzarvi una sessione di prove prima del Gran Premio. Dubitiamo che se Bridgestone l’avesse chiesto le Case si sarebbero tirate
indietro dalla possibilità di effettuare qualche
sessione di prove a Phillip Island. La domanda è
molto semplice: perché non è stato fatto, stante
l’avvisaglia lanciata dalla SBK? Attendiamo che
qualcuno, magari fra chi ci ha rimesso in questa
gara, prenda il coraggio a due mani e si decida a
porla a chi di dovere.
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Hiroshi Yamada
“Scusate, non succederà più”
di Giovanni Zamagni | Il massimo responsabile della Bridgestone spiega
cosa è successo in Australia: “Situazione anomala, dovuta all’aumento
di velocità. In futuro ci sarà anche più scelta di gomme”
H
Hiroshi Yamada è un giapponese per certi versi atipico: è
sempre disponibile, pronto a
rispondere a qualsiasi domanda. Lo fa anche dopo quanto
successo a Phillip Island, con la
gara della MotoGP ridotta a 19
giri e con l’obbligo del cambio
moto per questioni di sicurezza: in una conferenza stampa,
il massimo responsabile della
Bridgestone spiega come si è
arrivati a una situazione mai
vista prima nel motomondiale. “Intanto voglio ringraziare
la Dorna, la FIM, l’Irta, i team
e i piloti che ci hanno aiutato a
trovare una soluzione accettabile per un GP assolutamente
inusuale. Purtroppo è stato
necessario effettuare il “flag
to flag” perché non potevamo
garantire più di 10 giri per la durata delle gomme, che stiamo
analizzando in Giappone per
capire esattamente quanto è
successo ed evitare che possa accadere ancora in futuro.
Da quanto abbiamo rivelato
studiando i dati che ci hanno
fornito i team, abbiamo registrato una velocità media superiore di 12 km/h in curva, con un
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conseguente aumento del 20%
di energia sul pneumatico, che
si è tradotto in una temperatura di esercizio troppo elevata.
Per il futuro, stiamo trattando
con la Dorna, la FIM e l’Irta per
poter effettuare un test a Phillip Island nel 2014: siamo sicuri
che se potremo provare durante l’inverno non ci saranno più
problemi per effettuare i 27 giri
previsti”.
Quando effettuerete questo
test e con quanti piloti?
“L’ideale sarebbe provare con
tutti, anche con i piloti delle
“Produtcion Racer”, ma non so
se sarà possibile. Comunque,
5-6 piloti saranno sufficienti per raccogliere i dati che ci
servono per costruire gomme adatte alla situazione. Per
quanto riguarda la data, bisogna trovare un accordo, perché
i due test di Sepang sono già
stati programmati (dal 4 al 6
febbraio e dal 26 al 28 febbraio
2014, NDA) e fino all’1 febbraio, per regolamento, non si può
provare. Bisogna inoltre verificare la disponibilità del circuito:
decideremo il prima possibile”.
MotoGP
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E’ vero che la Honda aveva
chiesto di provare a Phillip
Island tra i due test di Sepang
di quest’anno a febbraio?
“C’era questa possibilità, ma
a marzo, dopo i due test di
Sepang, che erano già stati
programmati, Honda e Yamaha avevano deciso di andare
a girare ad Austin, un circuito
totalmente nuovo: abbiamo
ritenuto che fosse prioritario
provare su un tracciato inedito
piuttosto che andare a Phillip
Island, che già conoscevamo”.
Quanto ha influito su quanto
successo domenica a Phillip
Island una temperatura ambientale superiore alla norma?
“Abbiamo verificato una temperatura dell’asfalto di circa 10
gradi più alta rispetto agli anni
precedenti, ma non credo che
abbia influito più di tanto su
quanto accaduto nel GP d’Australia”.
Nel 2014 si correrà per la prima volta in Argentina, forse
in Brasile, e Indianapolis verrà riasfaltato; cosa farete,
chiederete di andare a provare anche su quei tracciati?
“In Argentina è stato fatto un
test quest’anno a luglio con 5-6
piloti della MotoGP: non abbiamo raccolto tanti dati, ma credo che siano sufficienti per non
avere problemi di gomme. Per
quanto riguarda Indianapolis
non sappiamo ancora quando
la pista verrà riasfaltata e quali
parti, se tutto il tracciato o solo
alcune curve: aspettiamo di
avere tutte le informazioni prima di prendere una decisione”.
Anche
Valencia
è
stata
riasfaltata, temete che possa
accadere qualcosa di simile
a quanto successo a Phillip
Island?
“No, perché quella non è una
pista così severa con le gomme: non ci dovrebbero essere
problemi”.
Yamada-san, non c’entra con
quanto accaduto a Phillip
Island, ma i piloti si lamentano di essere praticamente
“obbligati” a correre sempre
con la morbida posteriore:
cambierà qualcosa per il futuro?
“Stiamo lavorando sullo sviluppo cercando di accontentare le
richieste dei piloti. La verità è
che la nostra “soft” posteriore lavora molto bene, tanto da
rendere inutile la “hard”: i piloti,
però, vorrebbero più scelta e
noi stiamo lavorando per questo. A Misano, nei tesi di lunedì
dopo il GP, è stata provata una
nuova copertura per il 2014,
giudicata in termini molto positivi da tutti i piloti: abbiamo deciso di introdurla già a Valencia
per il GP. Sarà una opzione in
più e in futuro ci sarà più scelta”.
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MotoGP
Corrado Cecchinelli
“Nella MotoGP c’è troppa elettronica”
di Giovanni Zamagni | Il direttore tecnologico del motomondiale
afferma: “Ci sarebbero solo vantaggi se i dispositivi venissero limitati.
Ma le Case non vogliono”
P
Per anni ha lavorato nel reparto corse Ducati, a fianco
dell’ingegnere Filippo Preziosi,
impegnato nello sviluppo della Desmosedici. Poi, dal 2011,
Corrado Cecchinelli è passato
dall’altra parte della barricata,
diventando Direttore Tecnologico della MotoGP: la sua,
quindi, è una visione completa,
conosce perfettamente le esigenze sia dell’organizzatore sia
dei costruttori.
Corrado, si dice che nella MotoGP ci sia troppa elettronica:
è così?
“E’ un tema un po’ soggettivo,
perché è una valutazione qualitativa: c’è troppa elettronica
rispetto a cosa?”
Per esempio rispetto alle 500
di una volta…
“Sicuramente c’è una enormità di elettronica in più rispetto
alle 500! Però se è troppa o
poca dipende da chi considera
la domanda: per un pilota forte,
probabilmente è troppa, perché pensa che questo eccesso
di elettronica limiti il suo talento, che lui ritiene superiore
a quello degli altri e che venga
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così in qualche modo ridimensionato. Scende anche il valore
“commerciale” del pilota: se
non può più fare la differenza,
è inutile pagarlo svariati milioni
di euro più di un altro. Dall’altra parte, un quantitativo non
indifferente di controlli elettronici è un elemento fondamentale per l’interesse tecnico dei
costruttori a partecipare alla
MotoGP. Quando noi abbiamo
fatto dei tentativi più o meno
importanti di limitare la quantità di controlli elettronici, abbiamo avuto tutti contro: questa
“palestra” tecnica per provare
nuove soluzioni, poi trasferibili sulla produzione, è ritenuta
fondamentale dai costruttori,
che addirittura vorrebbero essere lasciati più liberi di come
lo saranno in particolare dal
2014 (quando verrà introdotta
la centralina unica, NDA). Quindi, nella loro prospettiva, va appena bene la libertà di adesso”.
Giustissimo. Giro la domanda:
come la vedi tu che hai lavorato tanti anni per un costruttore e adesso sei dall’altra
parte?
“Io penso che il tema del
trasferimento tecnico – riferito
alla sola elettronica – tra quello
che si sviluppa nella MotoGP e
la produzione sia ben posto, nel
senso che, a seconda della tradizione della Casa, c’è un certo
– “un certo” significa né totale
né nullo – trasferimento tecnico, che giustifica l’investimento e la presenza nella MotoGP:
si sviluppano in un ambiente
“accelerato” e competitivo
soluzioni alle quali arrivi proprio perché sei lì. Quindi non
sono tra quelli che pensano
che sia solo un pretesto delle
Case, ma entrando nel tecnico
ti rendi conto che i costruttori,
a volte, vogliono essere lasciati liberi sotto certi aspetti che
non hanno nessun riscontro
con la produzione. Faccio un
esempio banale: nessuno potrà mai sostenere che c’è una
utilità palese di avere un qualcosa che funziona in base al
punto della pista nel quale ti
trovi. Questo non ha alcuna
applicazione nella produzione,
eppure se provi a eliminarla gli
ingegneri ti saltano al collo…
Poi sono - e siamo stati quando io ero dall’altra parte – tutti d’accordo a vietare aspetti
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MotoGP
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invece importanti, come l’ABS
o le sospensioni a controllo
elettronico. Per l’organizzatore
va bene così, perché risparmi in
un campo che potrebbe diventare vasto, ma questa scelta
entra in conflitto con la tesi che
nelle corse vuoi sperimentare
soluzioni da trasferire poi al
prodotto di serie. Insomma, ci
sono degli interessi parziali e
specifici che mettono in dubbio
alcune giustificazioni tirate in
ballo dagli ingegneri. Faccio un
altro esempio: non c’è nessun
costruttore che chieda di introdurre una regola per limitare
le emissioni, che è invece fondamentale per la produzione.
74
Il mio parere personale – da appassionato – è che la quantità
di controlli elettronici potrebbe
anche essere proporzionata ai
tempi, ma la sposterei su temi
di maggiore applicazione reale
e più utili”.
Si potrebbero guidare le MotoGP attuali senza elettronica?
“Nessuno ha la risposta a questa domanda: non esiste una
controprova, perché sai come
vanno con l’elettronica, ma
non sai come andrebbero senza. A mio giudizio, però, sì, sarebbero guidabili: si andrebbe
solo più piano. Io che non sono
pilota aggiungo anche che sarebbero comunque più facili
delle 500 di allora. E’ chiaro
che se togli l’elettronica da un
turno all’altro a questi piloti abituati ad averla sarebbe un problema, ma in generale dico che
queste moto si potrebbero guidare senza i controlli elettronici e non sarebbero pericolose:
ricordiamo che l’elettronica
sviluppata nelle corse ha come
obiettivo principale quello di
migliorare le prestazioni, non la
sicurezza.
L’ABS è un dispositivo che ha
palesemente come obiettivo
la sicurezza, qui siamo all’opposto: si progettano sistemi in
grado di far andare più forte la
moto di quanto faccia un fenomeno, naturalmente in sicurezza”.
Nel 2014 verrà introdotta la
centralina unica, anche se
solo come hardware, perlomeno per le Case ufficiali:
cosa cambia?
“L’hardware, che stiamo provando quest’anno con qualche
team, sarà il medesimo per
tutti e sarà una centralina comunque molto sofisticata: non
limiterà immediatamente le
prestazioni.
In particolare, non sarà riduttiva per il numero di “segnali”
che potrà considerare: abbiamo raggiunto un compromesso con i costruttori per fare
entrare nella “scatola” un numero illimitato di segnali, che
però verranno in qualche modo
limitati dalla velocità di calcolo
della centralina”.
Un altro aspetto: limitando
l’elettronica si conterrebbero
anche i costi?
“Clamorosamente! E’ sicuramente l’aspetto dove le Case
spendono di più in generale, ed
è anche il campo dove se spendi di più fai una differenza maggiore: questo significa che chi
ha molti soldi e viene lasciato
libero di spenderli in quel campo, va più forte e fa una grande
differenza”.
Riassumendo: limitando l’elettronica ci sarebbero solo
dei vantaggi?
“Sì. Perlomeno per i piloti,
l’organizzatore e il pubblico.
Insomma per tutti, tranne che
per i costruttori di moto, che
vogliono avere un particolare
ritorno tecnico. Ma se l’elettronica fosse limitata risparmierebbero così tanti soldi, che li
potrebbero investire direttamente nello sviluppo e nella
progettazione specifica per le
moto da strada”.
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Ben Spies
Appende il casco al chiodo
A dare l’ufficialità ad una notizia che si aspettava da tempo è stata
Ducati, che con un comunicato ha annunciato oggi che il pilota
americano non correrà più nel 2014
D
ucati Motor Holding e Ben Spies
hanno annunciato oggi che il pilota
americano non correrà più nel 2014,
dopo che le parti hanno raggiunto
un accordo per risolvere l’attuale contratto di
Ben con la Casa italiana. Il 29enne texano aveva firmato un accordo di collaborazione di due
anni con Ducati che prevedeva la sua partecipazione al Campionato del Mondo MotoGP nel
2013 e nel 2014 come pilota ufficiale Ducati per
la squadra Ignite Pramac Racing Team. Spies
quest’anno non ha potuto partecipare a diverse
gare nella prima parte della stagione a causa dei
postumi dell’infortunio alla spalla destra, subito
nell’ottobre 2012 mentre gareggiava per un’altra
squadra. Fin dai primi test di inizio stagione 2013
era purtroppo apparso chiaro che Ben non si era
ancora ripreso pienamente dal suo infortunio e
che sarebbe stato necessario un altro periodo di
riabilitazione. Sfortunatamente, al suo rientro in
gara a Indianapolis in agosto, Ben ha subito un
altro brutto infortunio cadendo nel corso delle
prove, incidente che ha concluso la sua stagione
2013 in anticipo. I successivi interventi subiti ad
entrambe le spalle non hanno dato la certezza a
Spies di riuscire a recuperare le sue capacità fisiche per poter correre al 100% il prossimo anno,
motivo per cui Ducati e Ben hanno deciso di comune accordo di interrompere il loro rapporto e
di liberare il pilota americano da qualsiasi obbligo previsto per il 2014.
Ben Spies
Spies - Campione del Mondo Superbike 2009,
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MotoGP
della sua decisione e li rispettiamo. E’ davvero un
peccato per il nostro sport che Ben abbia deciso
di smettere di correre, perché secondo noi è uno
dei piloti di maggior talento al mondo. Sicuramente ci mancherà molto e gli facciamo i nostri
migliori auguri per il suo futuro.”
tre volte Campione AMA Superbike e vincitore
di una gara MotoGP – ha annunciato il suo addio
alle competizioni dichiarando: “Ero davvero molto contento di poter correre con la Ducati in MotoGP e Ducati mi ha supportato nel miglior modo
possibile durante questo anno così difficile. Sono
quindi estremamente deluso dal fatto di non essere riuscito a realizzare i miei obiettivi personali
e quelli del team. Voglio ringraziare tutti: gli organizzatori, le Case, le squadre e tutti i miei fans
per avermi aiutato e supportato durante tutta la
mia carriera. Quando ho iniziato a correre non
avrei mai immaginato di poter raggiungere il livello di successo che ho avuto negli ultimi venti
anni di competizioni, ma è giunto il momento di
fermarmi e lo faccio con grande tristezza.”
Mary Spies
Mary Spies, madre del pilota texano nonché suo
manager, ha aggiunto: “In ogni campionato in cui
Ben ha corso in questi anni, nell’AMA Superbike,
nel Mondiale SBK e in MotoGP, ha sempre sentito il calore e la stima da parte degli organizzatori,
dei circuiti, delle squadre e degli appassionati.
Siamo davvero grati a tutti per il loro supporto.”
Paolo Ciabatti
Il Direttore del Progetto Ducati MotoGP, ha
dichiarato: “ Avevamo delle grandi aspettative quando Ben è arrivato in Ducati all’inizio di
quest’anno, e speravamo davvero che potesse
rimettersi in piena forma dopo l’infortunio subito
a Indianapolis e che potesse continuare a correre
per noi nel futuro. In ogni caso capiamo i motivi
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MotoGP
Vittoriano Guareschi
Lascia Ducati per il Team VR46
di Giovanni Zamagni | Vitto Guareschi lascia la Ducati dopo 13 anni e
diventerà il team manager della VR46, la squadra di Valentino rossi
che debutterà nel 2014 in Moto3
L’
accordo, ormai, è stato raggiunto,
manca solo l’ufficialità: Vitto Guareschi lascia la Ducati dopo 13 anni
e diventerà il team manager della
VR46, la squadra di Valentino rossi che debutterà
nel 2014 in Moto3, con moto KTM e pilota Romano Fenati (già sotto contratto) e un altro ancora
da ufficializzare (probabilmente Pecco Bagnaia).
Vitto da tempo non era più d’accordo con i vertici
Ducati e, con la gestione Ciabatti-Gobmeier (che
dopo Valencia passerà alla Volkswagen), si è sentito messo in disparte. Così ha deciso di cambiare, entrando a far parte di un progetto che diventa, giorno dopo giorno, sempre più importante.
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Dietro le
quinte della
MotoGP:
Gino Borsoi
di Giovanni Zamagni | Pilota, collaudatore, proprietario di
un team, direttore sportivo: la storia di Gino Borsoi è
lunga e ricca di soddisfazioni, anche se in pista è
mancato l’acuto della vittoria e del titolo mondiale,
sfiorato nel 2001
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Pilota, collaudatore, proprietario di un team, direttore sportivo: la storia di Gino Borsoi è
lunga e ricca di soddisfazioni,
anche se in pista è mancato
l’acuto della vittoria e del titolo
mondiale, sfiorato nel 2001, la
sua miglior stagione. Adesso
Gino è uno dei punti fermi del
Team Martinez, da tempo tra i
migliori del motomondiale.
Nome e cognome?
«Gino Borsoi».
Nato dove e quando?
«Motta di Livenza (VI), l’11 marzo 1974».
Fai un breve riassunto della
tua carriera di pilota
«Ho iniziato nel mondiale nel
1997 con il team Semprucci e la
Yamaha, per poi passare all’Aprilia l’anno successivo: fino al
2004, la mia ultima stagione
iridata, sono sempre stato nel
mondiale 125 con la Casa di
Noale. Nel 2003 e 2004 oltre a
fare il pilota ero anche proprietario della squadra: sapevo che
a breve sarebbe stato introdotto il limite massimo di età (28
anni) per la cilindrata più piccola e così mi ero già portato
avanti, pensando al mio futuro.
I risultati migliori li ho ottenuti
nel 2000 e nel 2001, quando
ero in testa al campionato,
prima di farmi male a Brno
nell’unica caduta della stagione. Il 2005 è stato il mio primo
anno solo come proprietario
di team: assieme ai miei soci,
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decidemmo di lasciare l’Aprilia
per passare alla Honda, una
novità per me. Tra l’altro io, dal
1997 ero anche pilota collaudatore di Aprilia per la 125, la 250
e anche per le moto stradali, ho
portato avanti lo sviluppo della RSA quando arrivò la nuova
moto: insomma quello era il
mio mondo e a metà 2005, nonostante appunto la mia squadra utilizzasse moto Honda,
venni richiamato da Gigi Dall’Igna (allora responsabile del reparto corse di Noale, oggi nuovo direttore generale di Ducati
Corse, NDA) per fare i collaudi
della RSA. In effetti quello fu
un anno un po’ difficile per me,
con qualche conflitto d’interesse, perché ero proprietario
Honda e collaudatore Aprilia…
Sempre nel 2005, proprio qui
in Giappone, sono iniziato i primi contatti con Martinez, che
mi proponeva di far parte della
squadra. Gli feci delle richieste
sulle persone e il modo di lavorare, lui le accettò immediatamente e iniziò la nuova avventura con il team Aspar».
Cosa facevi allora e cosa fai
adesso?
«All’inizio dovevo gestire solo la
squadra 125, con un pilota italiano, Mattia Pasini, poi arrivò
Alvaro Bautista e c’era anche
Sergio Gadea: in quel momento dovevo solo sovrintendere
i rapporti tra il team e l’Aprilia.
Poi, quando sono arrivato in
Spagna, Jorge mi ha chiesto
di seguire anche la 250, che in
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MotoGP
quel momento aveva un solo
pilota, Alex De Angelis. Insomma, da semplice aiutante nel
gestire i rapporti con Noale,
oggi sono il direttore sportivo
della squadra nelle tre categorie: è un bell’impegno, anche
difficile, perché con moto diverse ci sono tre modi di lavorare
differenti, tre Case diverse, sei
piloti, ciascuno con la propria
esigenza. Ma è bellissimo».
Quante persone lavorano al
team Martinez?
«54».
Tu cosa fai esattamente?
«Io e Martinez ci siamo divisi i
lavori: lui pensa ai soldi, a trovare gli sponsor, io penso a spenderli… Guardo un po’ i contratti
con i piloti, ma non più di tanto,
perché c’è un direttore generale e un avvocato che si occupano di questo aspetto, ma sono
io a prendere i primi contatti
con i piloti. Prendo gli accordi
con i meccanici, controllo l’aspetto tecnico, i rapporti tra la
squadra e Aprilia, KTM e Kalex,
decido e controllo il materiale
da ordinare».
Tu adesso vivi a Valencia, sei
un “emigrante” a tutti gli effetti: è stato difficile adattarsi?
«No, si sta bene lì. Solo la lingua
ha rappresentato un problema: io sono arrivato in Spagna
a fine 2005 senza sapere una
parola, o quasi, e nei primi mesi
ho faticato un po’. Sembra
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Hai avuto tantissimi piloti,
sarebbe troppo lungo parlare
di tutti. Rimaniamo sul presente: qual è il tuo giudizio su
Aleix Espargaro?
«Aleix è stata una gran sorpresa. Abbiamo deciso di prenderlo due anni fa: volevamo un
pilota giovane, ma di esperienza. Lo abbiamo provato su una
Moto2, ma abbiamo visto che il
suo stile di guida si adatta forse
di più a una MotoGP: abbiamo
fatto questa scelta all’ultimo
minuto. In quel momento, nessuno, tranne noi, dava troppo
credito a Espargaro e la stessa
Aprilia non era così convinta.
Ma noi ormai avevamo deciso,
doveva essere lui il pilota da
affiancare a De Puniet: è stata
una scelta azzeccata».
facile, ma quando partecipavo
a una riunione e tutti parlavano la loro lingua velocemente,
non capivo nulla. Fortunatamente Martinez conosceva un
po’ di italiano e riuscivamo in
qualche modo a intenderci. Poi,
una volta appresa la lingua, è
diventato tutto più semplice: la
gente è molto aperta, non è difficile lavorare con gli spagnoli.
Hanno solo dei ritmi differenti,
soprattutto rispetto a quelli ai
quali ero abituato a casa mia,
nel veneto: sotto questo aspetto ho fatto un po’ di fatica ad
adattarmi. Ho dovuto cambiare
qualche orario: si inizia alle 9 e
alle 10 loro hanno una sorta di
spuntino e fino alle 11, specie
84
nella zona di Valencia, fai fatica a trovare qualcuno con cui
poter lavorare. L’Aprilia, però,
chiude alle 12 per riaprire alle
14 e lavorare fino alle 17. Noi
smettevamo alle 14 e facevamo
pausa fino alle 16 per andare
avanti fino alle 19. In sostanza,
avevamo un’ora effettiva per
dialogare con Aprilia: era un
casino. Così ho fatto dimezzare
la pausa pranzo, ho cercato di
ricollocare gli orari, se no facevamo troppo fatica. Ho sempre
avuto l’appoggio della squadra,
anche in queste cose che sembrano banali, ma non lo sono: è
importante avere una sintonia
di orari con l’esterno per potersi coordinare».
Quanto è importante essere
stato un pilota per fare il tuo
lavoro?
«Abbastanza importante: è più
facile capire cosa ha bisogno il
pilota quando c’è un problema
o nelle riunioni tecniche, per poi
spiegarlo al capomeccanico. E’
anche più facile non arrabbiarsi
se i risultati non arrivano: avendo fatto quel mestiere lì, capisco se la moto non va come
vorrebbe il pilota.
Diciamo che riesco a valutare
meglio la situazione. Il rovescio
della medaglia è che spesso fatico ad arrabbiarmi con il pilota,
sono troppo dalla sua parte:
tendo sempre un po’ a difenderlo».
Ti piace la strada che sta
prendendo la MotoGP?
«Io sono per la centralina e il
software unico: l’avrei già introdotto nel 2014, ma non si è
potuto per diversi motivi. Nel
2017, forse già nel 2016, tutti
avranno la stessa centralina: è
un modo per livellare le moto in
pista, la strada giusta da seguire».
E della Moto2 e della Moto3
cosa pensi?
«La Moto3 è sicuramente una
bella formula, anche se i costi
sono ancora troppo alti: se si
riescono ad abbassare le spese
diventerà una categoria molto
interessante. La Moto2 è azzeccata per quanto riguarda
MotoGP
lo spettacolo: se hai un buon
pilota, puoi giocarti il mondiale
indipendentemente dalla moto,
perché non c’è una grande
differenza di prestazioni per
esempio tra una Kalex e la Suter che usiamo noi. E’ una formula che a noi – Team Martinez – ci ha fatto un po’ “male”,
perché da protagonisti assoluti
della 125 e della 250, siamo tornati nel gruppo: va bene così,
è più facile per tutti giocarsi il
mondiale».
Sei un italiano in casa degli
spagnoli, che stanno dominando il mondiale: troppo? E’
un male per il motociclismo?
«Non puoi immaginare cosa
significhi per un italiano vivere
con degli spagnoli, che stanno
vincendo tutto!».
Per i piloti italiani vedi un futuro?
«Con Martinez e con Valentino
Rossi stiamo cercando di avviare un progetto che possa aiutare non solo i piloti spagnoli – ce
ne sono già troppi –, ma anche
gli italiani: questo accordo che
è stato fatto con Valentino è sicuramente positivo.
Avremo un giovane italiano e
uno spagnolo da far correre
nel CEV, che è il campionato di
riferimento, perché in Spagna
ci sono più piste e si può girare
molto di più per una temperatura decisamente più favorevole rispetto all’Italia: si possono
fare molti più test, un bel vantaggio».
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Le foto più
emozionanti del
GP d’Australia
Un GP particolare, pieno di colpi di scena, errori
e imprevisti. Ecco gli scatti che raccontano il
week end di gare del GP d’Australia, in pista
e non solo
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MotoGP
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MotoGP
Media
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Romano Albesiano
“L’obiettivo di Aprilia è vincere
il prossimo titolo SBK”
Superbike
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di Carlo Baldi | Intervista al nuovo Responsabile della gestione sportiva
Aprilia. I programmi del reparto corse della casa di Noale prevedono un
immutato impegno in Superbike e la progettazione e lo sviluppo di una
MotoGP
D
Dal 10 Ottobre Romano Albesiano ha sostituito l’ing.Gigi
Dall’Igna (che ha deciso di diventare il nuovo Direttore Generale di Ducati Corse) andando a
ricoprire il ruolo di responsabile
della gestione sportiva Aprilia.
Laureato in Ingegneria Aeronautica, ha maturato una lunga
esperienza, iniziando nel gruppo Cagiva, dove ha partecipato
allo sviluppo delle 500 GP e si è
occupato della gestione dell’attività sportiva per il marchio
Husqvarna. Nel 2005 è entrato
a far parte del Gruppo Piaggio,
dove ha ricoperto il ruolo di Responsabile Sviluppo Prodotto
del brand Aprilia e successivamente quello di Responsabile
del Centro Tecnico Moto per
l’intero Gruppo Piaggio, carica
che mantiene tuttora, insieme
alla gestione sportiva della casa
di Noale. In qualità di Responsabile del Centro Tecnico Moto,
Romano Albesiano ha tra l’altro
diretto lo sviluppo della moto
Aprilia RSV4 e del suo motore
1.000cc V4.
94
Non sappiamo se sia più difficile
subentrare in una squadra vincente oppure dover risollevare
le sorti di un team che non ha
ancora raccolto i successi sperati. Di fatto l’eredità rilevata da
Albesiano è certamente pesante, visto che è stato chiamato
a far meglio di chi lo ha preceduto e che ha portato a Noale
cinque titoli mondiali Superbike
(due mondiali piloti e tre mondiali costruttori) e riportare in
Aprilia quel titolo piloti sfuggito quest’anno, nonostante una
moto ed un team altamente
competitivi. Abbiamo incontrato Albesiano a Jerez, poche ore
dopo che l’ingegnere piemontese aveva varcato per la prima
volta le porte dei box di Laverty
e di Guintoli.
Che ambiente a trovato nel
box Aprilia Superbike? Era
quello che si aspettava?
«Si ho trovato quello che mi
aspettavo. Una squadra di altissimo livello, dove tutto funziona
perfettamente, grazie a grandi
professionalità. Sono stati solo
pochi giorni nel
nostro box, ma la mia impressione è stata questa».
Ci può descrivere i programmi
di Aprilia Racing?
«I programmi di Aprilia Racing
non sono cambiati. Gli avvicendamenti che ci sono stati fanno
parte della normale vita di un’azienda. Per quanto riguarda la
Superbike l’obiettivo è uno solo
ed è quello di vincere a tutti i
costi il prossimo titolo mondiale. Per quanto riguarda invece
la GP abbiamo in programma di
sviluppare la nostra tecnologia
per avvicinarci maggiormente
al mondo della GP. Sino ad ora
abbiamo lavorato sul progetto
CRT che però è molto vicino
alle derivate dalla serie. Ora
vogliamo sviluppare una tecnologia più vicina ai prototipi, alle
vere GP».
In Superbike resterà questa
struttura?
«Si, avremo ancora un team
ufficiale Aprilia con due piloti,
mentre per quanto riguarda le
moto per i privati siamo in trattativa con alcuni team vecchi e
nuovi e contiamo di vedere al
via 2 o 3 RSV4 clienti».
Cosa ne pensa dei risultati di
Aprilia in questo campionato
SBK 2013? Pur con la moto
probabilmente migliore del
lotto non siete riusciti a vincere il mondiale.
«Evidentemente sarebbe stato meglio vincere, ma non ero
ancora coinvolto direttamente
con questa squadra e quindi
preferisco non commentare».
Come intende comportarsi
Aprilia nei confronti delle nuove Evo che nel 2015 prenderanno il posto delle Superbike
«Stiamo definendo una strategia che non potrà non coinvolgere il prodotto di serie. Dobbiamo ancora stabilire come,
ma l’obiettivo è quello di continuare ad essere competitivi ai
più alti livelli.
Non abbiamo ancora deciso se
il prossimo anno saremo già
presenti in pista con un’Aprilia
Evo, ma pensiamo che ci sia ancora tempo per definire le strategie legate alla Evo».
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Superbike
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Marco Melandri
Primi giri in pista sull’Aprilia
di Carlo Baldi | Marco Melandri ha provato a Jerez la RSV4 Aprilia
Factory percorrendo alla sua prima uscita sette giri invece dei due
previsti per la prima sosta
M
arco Melandri è in pista a Jerez
alla guida della moto con la quale
nel 2014 darà l’assalto al mondiale Superbike 2014, l’Aprilia
RSV4 Factory del team ufficiale della casa veneta. Alla sua prima uscita Marco avrebbe dovuto
percorrere due giri prima di rientrare ai box per
le prime regolazioni, ma l’Aprilia deve essergli
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piaciuta molto visto che di giri invece ne ha percorsi ben sette, prima di rimetterla nelle mani dei
suoi nuovi tecnici. A Jerez è piovuto a tratti, ma
questo non ha impedito a Melandri di continuare
il suo test. Essendo ancora sotto contratto con
la BMW, che gli ha dato il permesso di effettuare
questi test, il pilota di Ravenna non ha però potuto rilasciare dichiarazioni.
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Ernesto Marinelli
“Mi dispiace che un’operazione iniziata con
grande ottimismo si concluda anzitempo senza aver dato i risultati che tutti speravamo. - ha
commentato Ernesto Marinelli, responsabile in
Ducati del progetto SBK - E’ stato un anno molto difficile da un punto di vista sportivo, ma sono
convinto che abbia comunque portato una crescita ad entrambi e creato delle solide basi su cui
proseguire per crescere e migliorare. In questi
mesi trascorsi insieme ho avuto conferma che il
Team Alstare è composto da persone di estrema
competenza, con cui spero di poter lavorare ancora in futuro. Un ringraziamento, mio personale e a nome di tutta l’azienda, a Francis per tutti
gli sforzi che ha fatto quest’anno impegnandosi,
come è nel suo stile, sempre al massimo.”
Francis Batta
“Sono molto triste in questo momento perché la
sfida cominciata lo scorso novembre è stata per
me un importante stimolo per ricominciare dopo
Superbike
lo stop di un anno. - ha detto Francis Batta, titolare del Team Alstare - Lavorare con Ducati mi
ha entusiasmato ed è stata una bellissima esperienza, anche se, purtroppo, quest’anno i risultati non sono arrivati. Affrontare il 2013 è stato per
me uno sforzo enorme e non avendo delle basi
solide per il 2014 preferisco non prendere rischi
che potrebbero compromettere la possibilità di
andare avanti per tutta la stagione. Ringrazio
Ducati per la fiducia che mi ha dato e auguro
alle “rosse di Borgo Panigale” di tornare presto
ai successi che meritano.” E adesso cosa succederà? Come sappiamo Ducati è in profonda
ristrutturazione. Stanno cambiando le strategie
e gli uomini che le attueranno. Il team destinato a
sostituire Alstare è il Feel Racing di Daniele Casolari che in passato ha già lavorato con la casa di
Borgo Panigale, quando le rosse bolognesi dominavano la scena e raccoglievano successi e titoli
mondiali. La decisione di BMW di abbandonare
la Superbike ed il divorzio tra Ducati e Alstare
spalanca quindi per Feel Racing le porte di Borgo
Divorzio tra Ducati e il team Alstare
di Carlo Baldi | Lo ha comunicato Ducati; un divorzio annunciato,
il primo di alcuni importanti cambiamenti che nei prossimi giorni
definiranno la SBK 2014 ad iniziare dal futuro di Laverty
C
he non fosse un matrimonio ben
riuscito lo si era capito subito. Sin
quando a Maggio, nel paddock di
Monza, Batta aveva esternato il proprio disappunto per non essere – a suo avviso
– abbastanza coinvolto nel progetto Panigale,
ma soprattutto perché Ducati aveva bocciato il
suo progetto di un test team, del quale avrebbe
dovuto far parte anche Biaggi, che il lunedì dopo
le gare sarebbe rimasto in circuito per lavorare
sulla Panigale. Esternazione alla quale ne erano
poi seguite altre, segnali di un evidente contrasto
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tra il manager belga e la casa di Borgo Panigale.
Un divorzio annunciato quindi, anche se il comunicato dà la colpa alla crisi e ad uno sponsor
del team Alstare che non ha onorato gli impegni
presi. Certo il comportamento dello sponsor ha
influito, ma è arrivato a proposito per interrompere una collaborazione che non poteva più proseguire. Ducati cercava un team che eseguisse
gli ordini impartiti dalla casa madre, mentre Batta è abituato a lavorare autonomamente, anche
grazie ad una struttura fatta da tecnici esperti e
capaci.
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Panigale. Per quanto riguarda invece i piloti è ormai certo l’ingaggio di Chaz Davies che quindi di
fatto cambierà la moto, ma non la squadra. Per
sapere chi farà compagnia all’inglese bisognerà
aspettare qualche giorno. I rumors dei ben informati parlano di Barrier, ma a nostro parere non
sono invece da escludere colpi di scena che riguardano piloti Superbike e non provenienti dalla Stock.
Il futuro di Laverty
Restando in tema mercato l’argomento più scottante è quello che riguarda il futuro di Eugene Laverty. Dopo un incredibile finale di stagione nel
quale il nord irlandese è salito sempre sul podio
nelle ultime nove manche ed è stato il vero antagonista del campione mondiale 2013 Tom Sykes,
l’Aprilia sta facendo di tutto per non lasciarselo
scappare e anche Dorna vedrebbe di buon grado
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Superbike
Laverty su una Superbike competitiva nel 2014.
Il mondiale delle derivate dalla serie ha bisogno
di campioni e di personaggi, ma negli ultimi anni
oltre al ritiro di campioni carismatici come Biaggi e Checa, si sono aggiunte le fughe verso la GP
di Crutchlow e di Spies. Perdere anche Laverty
sarebbe un’ulteriore mazzata per la Superbike.
Riteniamo quindi che Eugene abbia molte possibilità di restare in Superbike con un’Aprilia o con
una Suzuki, visto che il team Fixi Crescent ha da
tempo manifestato il suo interesse nei confronti
del vice campione del mondo 2013. C’è anche chi
ritiene che l’Aprilia potrebbe affidare proprio al
team Alstare una RSV4 clienti per trattenere Eugene, ma bisognerà capire se la squadra di Batta avrà la copertura economica necessaria per
un’operazione simile o se invece Eugene potrà
essere dirottato verso chi un Aprilia privata l’ha
già utilizzata quest’anno (Red Devils e Althea).
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Superbike
Giugliano e il team Althea si separano
di Carlo Baldi | Davide Giugliano lascia Althea per il nuovo team
Ducati Superbike dove troverà Chaz Davies e la squadra della Feel
Racing. Il futuro del team Althea in bilico tra Laverty e due giovani
da lanciare nella Evo
I
n un comunicato diffuso
questa mattina, la squadra di Genesio Bevilacqua annuncia che Davide
Giugliano non farà più parte del
team Althea. Si interrompe così
una collaborazione durata tre
anni, che ha portato il giovane
pilota italiano da semplice promessa a top rider del mondiale
Superbike. L’imprenditore di
Civita Castellana non si è sbilanciato sul futuro di quello che
resta un suo pilota (Bevilacqua
è ancora il manager personale di Giugliano), ma quando lo
abbiamo messo un poco sotto
pressione, lo abbiamo visto in
difficoltà nel commentare la
possibilità che Davide il prossimo anno possa salire su una
Panigale ufficiale. D’altronde il
comunicato parla di un team
ufficiale e in Superbike c’è una
sola casa costruttrice che non
ha ancora definito i propri piloti per il 2014 : la Ducati. Aprilia
ha messo sotto contratto Melandri e confermato Guintoli,
la Kawasaki ha confermato sia
Sykes che Baz ed altrettanto
ha fatto la Honda con Haslam
e Rea. Oltre alla Ducati anche il
team Suzuki in realtà deve ancora comunicare quali saranno
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i piloti 2014, ma il team inglese
Fixi Crescent non si può definire ufficiale a tutti gli effetti. Per
Davide quindi tutte le strade
portano a …… Borgo Panigale,
dove dovrebbe trovare il team
Feel Racing e Chaz Davies. È la
rivoluzione che ci si attendeva
dopo l’ingresso di Dall’Igna in
Ducati. Per Davide si tratterebbe di un ritorno nella casa che
lo ha lanciato prima in Stock e
successivamente in Superbike.
A causa del divorzio tra Althea
e Ducati di un anno fa, il pilota
romano è salito su una RSV4,
ma è sempre rimasto nel cuore dei vertici di Borgo Panigale
che se lo sono ripreso non appena hanno potuto farlo. Per
ora Ducati non si pronuncia,
ma dovrà farlo a breve, visto
che già martedì a Jerez sono
previsti dei test che potrebbero
vedere in pista la nuova squadra Superbike 2014.
Intervista
Ma ecco cosa ci ha dichiarato
Genesio Bevilacqua in una intervista rilasciataci in esclusiva.
Si chiude un bellissimo capitolo per te e per la tua squadra.
“Sì sono stati tre anni eccezionali, che hanno significato tanto per noi e per Davide. Però
non potevamo impedirgli di
compiere un’ulteriore passo
importante per la sua carriera.
Sono convinto che stia facendo la scelta giusta e quindi non
potevo certo essere io ad ostacolarlo”.
Puoi dirci dove andrà Davide?
“Non posso farlo, per rispetto
della squadra nella quale andrà
a correre. Aspetto che sia il suo
nuovo team a fare un comunicato ufficiale. Il nostro lo abbiamo già fatto”.
E nel vostro si parla di un
team ufficiale...
“Davide è stato al centro dell’attenzione del mercato in questi
ultimi mesi, grazie alle sue prestazioni che hanno evidenziato
la sua raggiunta maturità e lo
hanno consacrato come uno
dei top rider del mondiale. Il
nostro è un team privato che
ha tutte le risorse per essere
sempre competitivo, grazie agli
sforzi nostri e dei nostri sponsor, ma quando ad un pilota si
prospetta la possibilità di far
parte di un team ufficiale, allora
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
bensì una Superbike. Volevo
vedere come si sarebbe comportato su di una moto molto
più potente, anche per capire
quanto potesse impressionarlo
una Superbike”.
E restò impressionato?
“Per niente. Il responso fu molto positivo perché Davide andò
subito molto forte, per niente a
disagio su di una moto potente.
Un altro momento che non posso dimenticare è stato quando,
sempre nel 2011, ad Aragon
in prova prendeva un secondo dal primo e non riusciva a
migliorarsi. Lì abbiamo capito
cosa voglia dire aiutare un pilota giovane. Abbiamo studiato
insieme il comportamento dei
suoi avversari e siamo andati
in pista assieme, per vedere
come i piloti della Superbike affrontavano alcune curve dove
lui faceva fatica. Davide vinse la
gara. Infine non posso dimenticare quella volta che Carlos
Checa, suo compagno di squadra, controllò i tempi di Davide
e poi mi chiese come avesse
fatto ad andare così forte in alcuni settori del circuito”.
ha l’obbligo di valutarla attentamente, anche per garantirsi
un futuro più a lungo termine”.
Si parla di Suzuki, di MotoGP,
ma soprattutto di Ducati.
“Ho ricevuto diverse richieste,
da team di vari campionati e
non posso nascondere che
104
Ducati sia molto interessata a
lui. Non fatemi dire altro”.
Raccontaci un fatto accaduto
in questi tre anni con Davide
che ti è rimasto impresso.
“Uno dei momenti che mi ricordo più volentieri è stato quando Davide è salito per la prima
volta su una delle mie moto.
Era l’inverno del 2010 e siamo
andati a Vallelunga per fargli
provare la moto con la quale
avrebbe poi partecipato alla
Superstock 1000 FIM Cup, che
poi avrebbe vinto. Lui però non
sapeva che io non avevo portato in circuito una Ducati Stock
Un lato positivo e se c’è, un
lato negativo di Davide pilota.
“Il lato positivo di Davide è senza dubbio la sua grande voglia
di vincere, di essere il primo.
Lui entra in pista con il giusto
rispetto per i suoi avversari,
ma anche con la convinzione
che siano tutti battibili. Questo è il lato che mi piace in lui.
Non ha lati negativi se non
quello, legato all’età, di essere a volte troppo impetuoso
ed esuberante. Come in tutti
i giovani a volte l’impeto viene
anteposto al talento, ma devo
dire che quest’anno Davide ha
dimostrato di aver raggiunto
una maturità che lo ha portato,
in alcuni casi a comprendere
quando era il momento di accontentarsi. Un grande segno
di maturità per un pilota generoso com’è lui”.
Davide prende un’altra strada
e il team Althea cosa farà il
prossimo anno?
“La nostra grande soddisfazione è stata quella di aver portato
alla vittoria sia un pilota giovane come Davide Giugliano che
un pilota, tra virgolette, vecchio come Carlos Checa. Con
noi il pilota vecchio è tornato
giovane ed il pilota giovane
ha raggiunto una maturità da
esperto. Questo dimostra che il
nostro team si può adattare ad
ogni tipo di pilota. E’ chiaro che
noi preferiamo quando vincono
i piloti giovani, perché se vincono quelli con molte stagioni alle
spalle, significa che i giovani
non stanno facendo sino in fondo il proprio dovere. La nostra
missione resta quella di aiutare
i giovani ad emergere. Giovani
che abbiano talento e capacità
di sacrificio dal punto di vista
professionale. Senza un’attenta professionalità il solo talento
e la capacità di essere veloci
non bastano”.
Superbike
Però si parla anche della possibilità che possiate far correre Laverty.
“Sì, quella legata a Laverty è
una possibilità reale, che però
dipende più da Aprilia che non
da noi. Eugene è ancora nell’orbita della casa di Noale e richiede un investimento che da soli
non saremmo in grado di sostenere.
Da team privato quale siamo,
non possiamo permetterci di
fare il passo più lungo della
gamba. Un’altra soluzione possibile potrebbe essere quella
di schierare due giovani sulle
nuove Evo, ma con l’appoggio
di una casa costruttrice. Una
soluzione che nel 2014 consentirebbe ai nostri giovani di
maturare ed a noi di sviluppare
assieme ad una casa, una moto
che poi ci consentirebbe di
lottare per la vittoria nel 2015,
quando in pista ci saranno solo
Superbike Evo. Potremmo in
pratica decidere di fare un piccolo passo indietro nel 2014,
per poi tornare però davanti
l’anno successivo. In questo
senso abbiamo già avuto dei
contatti con varie case e stiamo valutando con attenzione
questa possibilità”.
Una casa che difficilmente potrà essere MV. Un’ipotesi che
sembra ormai completamente tramontata?
“Sì. Ho dedicato molto tempo
a questo progetto però alla fine
ho ritenuto che non fosse realizzabile. Non sarà una MV”.
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Superbike
E’ ufficiale
Davide Giugliano e Chaz Davies
con la Ducati in SBK
di Carlo Baldi | A conferma di quanto avevamo scritto, è arrivato
il comunicato Ducati che annuncia l’ingaggio del pilota italiano e di
Davies, già in pista a Jerez il 30 e 31. Le nostre interviste esclusive
a Davide Giugliano e Ernesto Marinelli
Q
Questa mattina con un comunicato ufficiale Ducati Corse ha
annunciato che i due piloti del
team Superbike 2014 saranno
l’inglese Chaz Davies e l’italiano Davide Giugliano. Avevamo
già anticipato ieri l’ingaggio dei
due piloti con i quali, assieme
alla nuova squadra, che sarà la
Feel Racing di Daniele Casolari,
la casa di Borgo Panigale dà
una decisa sterzata al suo programma nel mondiale Superbike. Un chiaro segnale di un
rinnovamento radicale, iniziato
poche settimane fa con l’arrivo di Gigi Dall’Igna e che non
sembra essersi concluso con
l’ingaggio di due piloti giovani
e affamati di vittorie. Con Feel
Racing la Ducati potrà disporre di un vero team ufficiale, nel
senso che la squadra sarà gestita completamente da Borgo
Panigale e da Ernesto Marinelli,
che continuerà a portare avanti
il progetto Panigale Superbike.
106
L’intervista a Ernesto
Marinelli
Abbiamo contattato telefonicamente il responsabile del progetto Ducati SBK non appena
sceso dall’aereo che lo ha portato a Jerez.
Sei contento dei piloti Ducati
Superbike 2014?
«Sono molto contento. Sia Davide che Chaz sono proprio i piloti che volevo. Sono entrambi
giovani ma hanno già la necessaria esperienza per raggiungere dei grandi risultati. Sono
due piloti in crescita, che continueranno a crescere con noi».
Che tipo di lavoro avete in
programma nei due giorni di
test a Jerez?
«Partiamo dalla base alla quale siamo arrivati quest’anno,
dopo l’ultima gara, ma con l’aggiunta di una nuova elettronica
che dobbiamo provare. Da lì
inizieremo a lavorare secondo il
programma di sviluppo già stabilito per il 2014, che andremo
però ad aggiornare secondo le
indicazioni di Giugliano e di Davies».
Sei a Jerez con il Test Team
Ducati, ma cosa mi puoi dire
circa la squadra con la quale
affronterete la prossima stagione?
«Qui a Jerez siamo con il Test
Team al quale si sono aggiunti Alberto Colombo detto il
Moro, che negli ultimi anni ha
lavorato al fianco di Davies e
l’ingegnere elettronico Michele
Gadda (ndr. Gadda nel 2009
era con Ben Spies alla Yamaha
e successivamente ha seguito
Melandri nel team BMW). Per
quanto riguarda la squadra
Superbike del prossimo anno
ci stiamo lavorando e siamo
molto vicini ad una definizione
precisa. Penso che tra qualche
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Davide ora sei un pilota ufficiale. Onori, ma anche oneri.
«Sicuramente sì. E’ una grandissima opportunità quella che
Ducati mi sta offrendo e io sono
pronto ad affrontare sia gli onori che gli oneri. So che tutti si
aspettano che con una moto
ufficiale io vada forte e che
vinca, ma certo non sarà facile. Potrò dirvi di più solo dopo
che sarò salito sulla Panigale
ed avrò iniziato a conoscere il
mio nuovo team e la mia nuova
moto. Di certo c’è che la sfida
mi entusiasma e sono pronto
ad affrontarla».
giorno ci sarà un altro comunicato ufficiale Ducati».
Ti sei già sentito con Dall’Igna? Sta lavorando con voi
alla preparazione della prossima stagione?
«L’ing.Dall’Igna arriverà in Ducati solo a novembre e quindi
per il momento non l’ho ancora sentito. Chiaramente essendo una persona con grandi
capacità ed esperienza ci darà
108
un aiuto importante e parteciperà anche al progetto Superbike».
Sin qui l’ingegner Marinelli che,
al di là delle sue dichiarazioni, ci
è apparso molto contento non
solo dei piloti che dovrà guidare nel 2014, ma anche di come
Ducati stia organizzando tutto
il reparto corse, con nuovi tecnici, nuovi piloti, ma soprattutto con la precisa volontà dell’azienda di tornare ad essere
vincente in un campionato che
per anni ha visto una Ducati
protagonista se non addirittura
dominatrice.
L’intervista a Davide
Giugliano
Chi sicuramente crede nel nuovo progetto Ducati Superbike è
Davide Giugliano, che ha deciso
di lasciare il team Althea per salire sulla controversa Panigale.
Il responso della pista nel
2013 ha detto che l’Aprilia
privata è stata superiore alla
Ducati ufficiale.
«In questo momento, risultati
alla mano, è così. Però so che
in Ducati stanno lavorando
molto e vogliono fermamente
risalire la china per cambiare
quello che sino ad ora sono
stati i loro risultati. Di certo
non tutto quello che è stato
fatto nel 2013 è stato negativo, ma di certo Ducati non ha
occupato le posizioni che tutti
si aspettavano. L’importante è
che voglia continuare a lavorare e ad impegnarsi per migliorare. Ho visto moto e squadra
dall’esterno, ma posso dire che
nelle ultime gare abbiamo assistito ad un miglioramento nei
risultati e nelle prestazioni della
Panigale. Sono certo che la mia
nuova moto ha un potenziale
ancora da sviluppare».
Magari è stato l’ingegner
Dall’Igna a volerti in Ducati, visto che ti ha conosciuto da vicino nel team Althea Aprilia?
«Non credo, ma se così fosse
ne sarei contento, perché avere
la fiducia di una persona capace ed esperta come l’ingegner
Dall’Igna sarebbe per me un
onore.
Penso però che la scelta di Ducati sia caduta su di me perché
c’è stato sempre un bel rapporto tra il sottoscritto e la casa di
Borgo Panigale. Non dimentichiamoci che ho vinto una Superstock 1000 FIM Cup con la
Ducati e con la stessa moto ho
debuttato in Superbike salendo
anche sul podio. Posso dire che
ci ha sempre legato un filo conduttore che non si è mai spezzato e che ora mi ha riportato
sul bicilindrico più veloce del
mondo».
Con due piloti come te e Chaz
Davies la Ducati non avrà più
alibi.
«E’ un altro segnale del fatto
che Ducati fa sul serio e crede
nel progetto Superbike che sta
portando avanti.
Penso che sia io che Chaz siamo giovani e con tanta voglia di
fare e di vincere. Non avrebbero preso due piloti come noi se
non pensassero di poterci dare
i mezzi per puntare in alto.
Posso anche dire che sono contento di avere Chaz come compagno di squadra. Lo ritengo un
ragazzo corretto e veloce oltre
che un grande professionista».
Superbike
Sei pronto ad affrontare una
moto con la quale in molti
hanno fallito.
«Sono pronto e determinato
a dare il massimo per fare del
mio meglio con la Ducati e con
la Panigale. Per come sono
fatto io, se prendo una strada
la porto fino in fondo. Non so
perché sino ad ora la Panigale
non abbia ottenuto i risultati
sperati, ma voglio affrontare
questo nuovo capitolo della
mia carriera senza pregiudizi,
animato solo da una grande
volontà di lavorare e di far bene
e sono convinto che potrò contare sull’aiuto della Ducati e di
tutta la mia squadra».
Genesio Bevilacqua è il tuo
manager personale e riteniamo ti abbia dato una grande
dimostrazione di affetto e di
professionalità rinunciando a
te e lasciandoti libero di prendere un’altra strada.
«Ancora una volta Genesio si
è dimostrato un amico ed una
persona alla quale devo molto.
Lui ha investito su di me, su di
un giovane, e già questo fa capire che persona sia. A parole
molti investono sui giovani, ma
poi nei fatti sono pochi quelli
che ci credono veramente e
non si fermano davanti alle difficoltà che è normale si possano
incontrare nella maturazione
di un giovane. Anche in questa
trattativa con Ducati, Genesio
ha dimostrato di credere in me
come persona e come pilota e
non posso che ringraziarlo».
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Roger De Coster
“Il mio Nazioni col cuore a metà”
di Massimo Zanzani | Il team manager della squadra USA parla dei
programmi futuri. Prima, però, ritorna sullo scorso Nazioni dove ha
mancato la vittoria come team manager ma ha gioito nel vedere
primeggiare il suo Belgio
D
Da una parte ha dovuto inghiottire un boccone amaro per essere uscito sconfitto dal MXoN
per la seconda volta consecutiva, dall’altra il suo cuore è stato
contento nel vedere salire sul
podio i suoi connazionali. In
occasione della trasferta in Usa
il mitico Roger De Coster ha ripercorso la scorsa edizione del
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Motocross delle Nazioni che
per la squadra statunitense è
stata una sonora sconfitta.
Roger ti saresti aspettato
quest’anno un secondo posto?
«Non corriamo mai per arrivare secondi ma sempre per
vincere – spiega il cinque volte
iridato attuale team manager
della KTM America - purtroppo
a non è andata così. Avevamo il
potenziale per vincere, ma tre
cose sono andate male: Dungey che non ha corso ai suoi
soliti livelli, la caduta di Tomac
quando stava lottando per il secondo posto, e quella di Barcia
al via dell’ultima manche dove
ha perso molto tempo perché
non riusciva a recuperare la
moto rimasta sotto il mucchio,
è ripartito quasi da ultimo ed è
arrivato undicesimo, con una
partenza normale sarebbe
sicuramente finito tra i primi
sei. Tre cose negative per noi è
stato troppo, avremmo gestito
uno o due problemi, ma non
certo tre, anzi quattro, perché
Dungey ha corso due brutte
gare e non una sola. Considerato che abbiamo perso per tre
punti se una di queste tre cose
non fosse successa il risultato
finale sarebbe stato diverso,
d’altra parte i belgi hanno corso bene e anche loro sono stati
sfortunati visto che anche Desalle è caduto alla partenza».
tedesco era competitivo e Cairoli ha fatto delle gare favolose,
ha dimostrato ancora di essere
un vero campione. Negli Stati
Uniti ha guadagnato molto rispetto grazie questo evento ».
Ma cosa è successo a Dungey? E’ la prima volta che l’ho
visto così sottotono…
«Vallo a capire, è stata la sua
peggior gara che io abbia mai
visto. Evidentemente non era
assolutamente pronto mentalmente, basta pensare che la
settimana successiva ha corso
in Spagna al Red Bull Give Me
Five esattamente con la stessa
moto e ha vinto davanti a Cairoli. Non abbiamo cambiato niente nel setting, neanche un click,
ed è andato bene».
I piloti americani si sono lamentati della pista giudicata
un po’ troppo bucata.
«La pista era tosta, non c’erano grandi salti ma era veloce,
un po’ “squadrata” e con della
sabbia densa tipo sassolini in
superficie: le condizioni peggiori per un pilota anche se però
era uguale per tutti».
E’ stata bella la lotta tra Ken
ed Eli.
«Molto, quest’anno le gare per
gli spettatori sono state bellissime, non era solo la lotta
tra Belgio e Stati Uniti, il team
Pensi che se Tony partecipasse al National potrebbe salire
sul podio?
«Certo, sarebbe uno di quelli
che possono vincere il titolo».
E tra Eli e Ken, chi è stato il
migliore?
«Eli ha sempre dovuto inseguire, ha fatto il miglior tempo,
ed era leggermente più veloce
di Ken, ma poi è andata come
sappiamo quindi Ken è stato il
migliore».
L’anno scorso gli aveva dato
fastidio la sabbia, quest’anno
i canali…
«Sto dicendo che è stata dura
per tutti, e non possiamo lamentarci di aver vinto o perso
perché la pista era brutta per
gli Stati Uniti. Abbiamo perso
perché abbiamo avuto troppe
cose che sono andate storte.
In fondo il più veloce sulla pista
Motocross
è stato Tomac, ma è caduto e
questo è stato un suo errore».
Cosa hanno detto oltreoceano di questo secondo posto?
«Il pubblico medio in America
pensa che vincere il Nazioni
sia molto più facile di quello
che è in realtà. Pensano che
dovremmo andare lì e vincere
con facilità, come se fosse una
formalità, ma negli ultimi anni il
livello dei piloti europei si è alzato parecchio e credo che uno
dei motivi sia perché da voi non
fanno molta manutenzione alle
piste. Diversi anni fa i circuiti in
Europa erano abbastanza facili
e piatti, ma ultimamente preparano la pista e la lasciano com’è
per tutto il week end sistemando solo la zona di partenza e la
prima curva per cui i piloti sono
più allenati a cercare delle buone traiettorie invece di correre
da curva a curva. Quando la
pista è rovinata non puoi farlo,
devi cercare delle traiettorie
adatte, invece negli USA penso
facciano troppa manutenzione
alle piste negli ultimi tempi».
Con Villopoto pensi che le
cose sarebbero andate diversamente?
«Lui è il pilota più veloce
dell’anno, indoor e all’aperto,
e sicuramente avrebbe fatto la
differenza, ma in Germania non
c’era e con i “se” e i “ma” si fa
ben poco».
Un pilota che ti ha sorpreso in
senso positivo?
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«Direi Dean Ferris, non mi
aspettavo andasse così bene, e
poi De Dycker anche se si sapeva che sarebbe andato forte».
E la sorpresa in negativo?
«Dungey, senza dubbi».
Come ti sei sentito dopo la
gara?
«Un po’ combattuto, da una
parte coi piedi a terra per la
sconfitta e dall’altra orgoglioso
per aver visto vincere la squadra della mia nazione. In più è
stato un gran bel weekend, una
vera e propria festa per il motocross e per tutti gli spettatori.
Un’altra cosa positiva è che i
piloti più veloci del week end
sono stati Cairoli e Roczen, che
sono piloti KTM. E’ stata una
sensazione strana, volevo che
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facessero bene e allo stesso
tempo volevo batterlo. La cosa
più importante è che le gare
sono state belle, quando vedi
una gara come quella tra Eli e
Ken, si può solo essere felici,
è stato un’edizione da ricordare. Un’ altra cosa bella è stata
la copertura TV che abbiamo
avuto negli USA, molti miei
amici hanno detto che è stata
veramente ben fatta. Quando Eli Tomac è caduto hanno
trasmesso il replay immediatamente, mostrando la caduta
da tre angolature differenti, un
lavoro di qualità molto alta».
Cosa è successo sul podio agli
americani?
«Quando hanno consegnato
i trofei non c’era spazio sul
podio per posarli per terra, e
quando è iniziato l’inno nazionale belga i miei non se ne sono
accorti, io ero un po’ dietro e ho
gridato per avvertirli ma non
mi hanno sentito. Pensandoci
adesso, forse dovevo urlare di
più o andare a fermarli e dire
loro di togliere i cappellini».
Che programmi hai per il futuro?
«Mi piacerebbe trovare un
buon pilota emergente, e continuiamo a lavorare per migliorare sempre di più le nostre
moto».
Nessuna esclusa?
«Negli Stati Uniti ci concentriamo di più sulle 250 e 450,
la 350 la usiamo solo una volta
ogni tanto. Pensavo che l’anno prossimo Roczen alla sua
prima stagione tra i big volesse
usare la 350, ma dopo il risultato al Monster Cup Supercross
mi sa che correrà con la 450.
Per un pilota che corre per il
titolo credo che mentalmente
sia molto difficile rinunciare
alla potenza, forse se qualcuno
usasse la 350 e avesse successo allora ci sarebbe una reazione a catena».
La 350 è più leggera e maneggevole, Tony ha dimostrato
che non serve avere tanta potenza in più.
«Ne sono convinto anch’io,
ma nel supercross molte volte
ci troviamo in condizioni dove
hai solo 50 centimetri di punto d’accelerazione per fare
un salto o superare un ostacolo, e la 450 ha una coppia
Motocross
maggiore puoi ottenere più
trazione, questo è l’unico vantaggio della 450. Se parliamo
di tempo sul giro puoi ottenere
lo stesso tempo anche con una
250, ma questo non vuol dire
che puoi vincere la gara, ci sono
anche la partenza, i sorpassi, e
tutto il resto».
Quindi nel 2014 punti su Ken?
«In KTM stiamo ancora cercando di vincere il nostro primo titolo supercross 450, è un
campionato molto competitivo
e impossibile da ipotecare a
priori. Villopoto è molto forte, e
fa parte di una buona squadra,
la Honda vuole rifarsi avanti, le
Suzuki sono forti e Stewart è
veloce, se riesce a ritrovare la
sua continuità, può contendere
il titolo anche lui».
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Le foto più
spettacolari
della Monster
Cup
Lo spettacolo del fuoristrada all’ennesima
potenza. Las Vegas ospita la Monster Cup, uno
show eccezionale prima ancora che una grande
evento sportivo. Ecco le foto più belle che
raccontano la gara
di Massimo Zanzani
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Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003
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