Orario di lavoro - Scheda di sintesi DLgs 08.04.2003 n. 66
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Orario di lavoro - Scheda di sintesi DLgs 08.04.2003 n. 66
SCHEDA DI SINTESI DECRETO LEGISLATIVO 8 aprile 2003, n.66 DEFINIZIONI E APPLICABILITÀ La legge è riferita al settore privato e pubblico (ART. 2); fa eccezione la vigilanza privata che è espressamente esclusa (ART. 3). Le norme si applicano anche agli apprendisti maggiorenni, per i quali cessano quindi le precedenti norme (es. lavoro straordinario e notturno). Sono invece esclusi dalle norme sulla durata dell’orario normale, dai limiti massimi settimanali, dalle regole per il lavoro straordinario, per il riposo giornaliero, per le pause, per la durata del lavoro notturno: il personale direttivo o altre persone con potere di decisione autonomo, il lavoro a domicilio e il telelavoro (ART. 17). L’art. 1 fornisce fondamentali definizioni di orario di lavoro, lavoro straordinario, riposo, lavoro a turni, lavoro notturno. In particolare la definizione di orario di lavoro introduce il concetto di essere “a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio dell’attività o delle funzioni” che sostituisce il precedente indirizzo sul “tempo di lavoro effettivo” (con riflessi, ad esempio, sul tempo per indossare la divisa, per raggiungere la postazione di lavoro ecc.) ORARIO DI LAVORO L’orario settimanale normale di lavoro è stabilito in 40 ore (ART. 3) [settimana intesa come arco di sette giorni consecutivi, non necessariamente coincidenti con lunedì/domenica (Circolare MinLav n. 8/2005); il limite di durata giornaliera si ricava per differenza rispetto al tempo di riposo giornaliero (ART. 7): 24 ore – 11 ore = 13 ore (Circolare MinLav n. 8/2005) Sono esclusi dal suddetto limite i lavori discontinui o di semplice attesa e custodia (r.d. n. 2657/1923 – elenco di 46 mansioni fra cui “Guardiani diurni e notturni”, “Portinai”), i lavori agricoli (r.d. 692/1923); le attività di a) riparazione, costruzione, manutenzione, pulizia e sorveglianza degli impianti e quegli altri servizi che non possono compiersi durante l'orario normale senza inconvenienti per l'esercizio o pericolo per gli operai; b) compilazione dell'inventario dell'anno; c) custodia o vigilanza dell'azienda; d) verifiche e prove straordinarie.” (artt. 8 e 10 r.d. n. 1955/1923); tutti gli altri casi espressamente indicati all’ART. 16. La contrattazione collettiva (nazionale, territoriale e/o aziendale – Circolare MinLav n. 8/2005) può contemplare sistemi di orario multiperiodale annuale (inteso come arco temporale di 365 gg., non necessariamente anno civile - Circolare MinLav n. 8/2005) La durata massima, comprensiva dello straordinario, è fissata in 48 ore settimanali; essa può essere calcolata come media su un periodo di 4 mesi, al netto di ferie e malattia e di eventuali recuperi dello straordinario prestato. (ARTT. 4 e 6) LAVORO STRAORDINARIO In via di principio deve essere contenuto e, salvo deroga della contrattazione collettiva (nazionale, territoriale e/o aziendale – Circolare MinLav n. 8/2005), nel limite di 250 ore pro capite annue. E’ nei fatti obbligatorio, laddove il comma 3 prevede che sia facoltativo soltanto in assenza di disciplina contrattuale collettiva (Circolare MinLav n. 8/2005). E’ comunque ammesso (e, quindi obbligatorio ?) a fronte di “eccezionali esigenze tecnicoproduttive”, “casi di forza maggiore”, mostre, fiere, manifestazioni collegate alla attività produttiva” (ART. 5 comma 4) RIPOSI Il tempo di riposo si distingue in pausa, riposo giornaliero, riposo settimanale, ferie. Pausa (ART. 8): se la prestazione giornaliera supera sei ore (non è precisato se consecutive o complessive) compete un intervallo non inferiore a 10 minuti (anche non retribuiti). La determinazione del momento in cui usufruire della pausa è rimessa alla discrezionalità del datore di lavoro. (Circolare MinLav n. 8/2005) Riposo giornaliero (ART. 7): ogni 24 ore si ha diritto a 11 ore di riposo consecutive, salvo il caso di “attività caratterizzata da periodi di lavoro frazionati durante la giornata”, laddove l’interruzione è legata alla specificità dell’attività e non conseguenza del modello organizzativo dell’impresa (attività di pulizia – ART. 17 comma 3 lettera b ma anche camerieri, personale di cucina). Non sono utili al computo delle ore di riposo i riposi intermedi e le pause di lavoro non superiori a 2 ore (Circolare MinLav n. 8/2005). Riposo settimanale (ART. 9): ogni 7 giorni si ha diritto ad almeno 24 ore consecutive di riposo, in coincidenza con la domenica, da sommare al riposo giornaliero (24+11=35) Il riposo settimanale può essere fissato in giorno diverso dalla domenica per attività di pubblica utilità, che “soddisfino interessi rilevanti della collettività”, per le attività commerciali, per le attività già previste dalla legge 370/1934. La durata e la consecutività del riposo settimanale non è in alcun modo derogabile (Corte Costituzionale 4.021982 n. 23). Ferie (ART. 10): si ha diritto almeno a 4 settimane all’anno, non monetizzabili salvo il caso della risoluzione del rapporto di lavoro. Almeno due settimane devono essere godute in modo consecutivo nell’anno di maturazione, mentre le rimanenti possono essere usufruite nell’arco dei 18 mesi successivi. LAVORO NOTTURNO Ribadita la definizione già prevista dal DLgs 532/99 (arco di 7 ore comprendenti la fascia oraria 24,00-05,00) e la classificazione di “lavoratore notturno” per chi svolga 3 ore ordinarie giornaliere in tale fascia oppure 3 ore di lavoro per 80 giorni all’anno sempre nella stessa fascia (il criterio è alternativo - Interpello 12.04.2005), salvo discipline diverse dei contratti collettivi. La durata massima giornaliera è pari a 8 ore, salvo definizione media stabilita dai contratti collettivi nazionali (in assenza di previsione, anche da accordi territoriali o aziendali – ART. 17 comma 1) Vietato adibire le donne in gravidanza dalle ore 24 alle 6 fino al primo anno di età del bambino; la prestazione notturna è facoltativa per il genitore fino al terzo anno di età del bambino, per colui che ha a carico un disabile e, se genitore unico, fino al dodicesimo anno di età del bambino. I contratti collettivi nazionali (in assenza di previsione, anche gli accordi territoriali o aziendali – ART. 17 comma 1) possono definire maggiorazioni economiche o riduzioni dell’orario di lavoro. Nel caso di sopravvenuta e accertata inidoneità alla prestazione notturna, il datore di lavoro può collocare il lavoratore in fascia diurna se esiste ed è disponibile una posizione, anche in mansioni equivalenti. (nel DLgs 532/99 era garantita la ricollocazione). La contrattazione collettiva (nazionale, territoriale e/o aziendale – Circolare MinLav n. 8/2005) deve stabilire le soluzioni nel caso in cui la ricollocazione non sia praticabile. (bisogna “inventare” una alternativa pena il licenziamento per giustificato motivo oggettivo). L’introduzione del lavoro notturno è oggetto di consultazione, da esperirsi entro 7 giorni, con le rappresentanze sindacali o con le OO. SS. Annualmente ne va comunicato l’utilizzo alla Direzione provinciale del lavoro ed alle OO.SS. RUOLO DELLA CONTRATTAZIONE - DEROGHE Ai contratti collettivi (stipulati a livello nazionale, territoriale e/o aziendale – Circolare MinLav n. 8/2005) è assegnata: a) la possibile definizione di una durata inferiore dell’orario normale settimanale (solo ai fini contrattuali e non legali - Circolare MinLav n. 8/2005) e/o il suo calcolo su base media annuale (ART. 3) b) l’eventuale estensione del periodo di riferimento entro cui rispettare la durata massima dell’orario massimo settimanale a 6 o 12 mesi (ART. 4), purché motivata (Interpello 23.02.2006) c) l’elevazione del limite quantitativo, le eventuali modalità di esecuzione del lavoro straordinario e gli ulteriori casi di ammissione; in alternativa o in aggiunta alla maggiorazione retributiva, l’eventuale diritto al riposo compensativo (ART. 4 comma 2, 4 e 5) d) la definizione della durata della pausa (ART. 8 comma 1) e) l’eventuale maggior periodo di ferie annuali (ART. 10 comma 1) e il suo calcolo nel caso di orario normale medio f) la fissazione dei requisiti per l’esclusione dal lavoro notturno (ART. 11 comma 2); l’eventuale definizione della durata massima giornaliera riferita ad una media di periodo. Inoltre, le materia della pausa e del riposo giornaliero sono derogabili dalla contrattazione collettiva nazionale (solo in assenza di questa previsione, anche con accordi territoriali o aziendali – ART. 17 comma 1). Le deroghe devono garantire riposi alternativi ed equivalenti o, almeno, una protezione appropriata. (termine molto generico!). La deroga al riposo giornaliero può riguardare sia la quantità che la consecutività dello stesso (Circolare MinLav n. 8/2005). Tale deroga vale anche nel cumulo con il riposo settimanale (Interpello 30/2007), senza possibilità però di assorbire il riposo giornaliero nel riposo settimanale. In alternativa può intervenire con apposito decreto il Ministero del lavoro, che è già titolato a provvedere per: a) l’attività di vigilanza (comma 2 lettera b) b) in caso di sovraccarico di attività nel turismo (comma 2 lettera d) c) nel lavoro a turni o nel lavoro frazionato durante la giornata in particolare nel settore delle pulizie. (comma 3) Quanto al riposo settimanale, la deroga può avvenire a fronte di “una triplice condizione: che esistano degli interessi apprezzabili; che si rispetti, nel complesso, la cadenza di un giorno di riposo ogni sei di lavoro; che non si superino i limiti di ragionevolezza con particolare riguardo alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori” (Circolare MinLav n. 8/2005): ne consegue che “un accordo collettivo non può prevedere un regime ordinario di prolungamento delle giornate lavorative” (Interpello 29/2007). NORME COLLEGATE - SANZIONI La formulazione dell’art. 19 comma 2 è molto generica, prevedendo l’abrogazione di ogni norma precedente, sia legislativa che regolamentare, riferita alle materie disciplinate nel DLgs 66/03; sono fatte salve le precedenti norme sanzionatorie.