La Shoah nella commemorazione di oggi

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La Shoah nella commemorazione di oggi
La Shoah nella commemorazione
di oggi
di Lisa Palmieri-Billig (*)
27 gennaio 2015 POLITICA
Esattamente 70 anni fa, l'esercito Sovietico entrava ad Auschwitz per liberare circa
7000 scheletri viventi, gli unici sopravvissuti del milione e mezzo circa di esseri
umani che vi erano stati imprigionati.
Oggi, nel Giorno della Memoria, vorrei evitare di descrivere gli orrori della macchina
della morte nazista e delle sue vittime. Sono certa che i media forniranno ampie
informazioni in questi giorni. Il mio scopo è piuttosto quello di delineare quali furono
alcuni passi che portarono a questo indicibile abominio del ventesimo secolo, in
modo particolare in Italia.
L'annuale "Giornata di Commemorazione delle vittime dell'Olocausto" internazionale
è stata istituita dalle Nazioni Unite nel 2005 a cinque anni dopo che in Italia era già
diventata la legge 211, ideata da Furio Colombo e promossa da lui e Athos De Luca,
entrambi al tempo parlamentari. Intervistato dall'autore, regista e artista Vittorio
Pavoncello nel ben documentato libro "Il Paradosso del Giorno della Memoria"
(Mimesis 2014), Colombo afferma che il motivo principale del suo impegno per la
creazione di questa commemorazione nazionale fu il fatto che l'Italia non era riuscita
ad ammettere il suo ruolo nell’aver permesso e perpetrato l'Olocausto italiano.
Durante una recente presentazione di quel libro a Roma alla Casa della memoria e
della storia, Colombo ha ricordato un episodio della sua infanzia. “L'ispettore della
razza” fascista entrò nell'auditorium della scuola dove erano state raccolte tutte le
classi (come nel film di Benigni, dice), ed iniziò a leggere un elenco di nomi di
bambine e bambini ebrei, dicendogli: “quando sentirete chiamare il vostro nome
uscirete da quella porta e non tornerete né in questa scuola né in altre scuole del
Regno”. Colombo aggiunge che “la parola ‘Regno’ per me è stata molto importante,
perchè poi mi ha aiutato a combattere la battaglia contro il ritorno dei Savoia nel
1996 in Parlamento”.
Colombo sostiene che l'Italia si è sempre considerata una vittima invece di ammettere
le sue colpe, di fronte alla silenziosa e uniforme accondiscendenza verso la presa del
potere da parte dei fascisti. Rammenta di essere rimasto colpito quel giorno in scuola
dal fatto che "nessun insegnante si sia voltato o si sia preoccupato di salutare i suoi
bambini". Le leggi razziali furono approvate con il voto unanime dei 400
parlamentari alla Camera, e con 164 voti a favore e solo 9 contrari al Senato.
Furio Colombo sottolinea inoltre che le posizioni rese vacanti a seguito del
licenziamento dei professori, avvocati, medici, impiegati comunali, e professionisti
ebrei di tutte le categorie, furono riempite con entusiasmo da italiani non ebrei,
indifferenti verso il destino dei loro concittadini che avevano perso i loro posti di
lavoro e quasi tutti i loro diritti civili. Un solo caso, dice Colombo, coinvolgendo
Benedetto Croce, ha dimostrato che, se singoli italiani - o il Papa - avessero
protestato apertamente, avrebbero potuto essere evitate le deportazioni di massa degli
ebrei nei campi di concentramento (come successe in Bulgaria, dove la coraggiosa
protesta di Dimitar Peshev, Vice Presidente dell'Assemblea nazionale, impedì la
deportazione dei 48.000 ebrei del paese).
Benedetto Croce rispose in modo efficace ad una richiesta di aiuto da parte della Casa
Editrice Laterza, a seguito dell’ordine impartito da Giuseppe Bottai, allora Ministro
della Cultura fascista, di licenziare tutti i suoi scrittori ebrei. Laterza scrisse a Croce
che tale eliminazione comporterebbe il fallimento editoriale. Croce rispose con una
lettera contenente i curricula di ogni singolo autore ebreo, affermando: Caro Laterza,
ritengo che se private di questi nomi che tanto hanno meritato dalla cultura Italiana e
dalla cultura mondiale, la sua casa editrice non avrebbe più nessuna ragione di essere.
Pertanto sostengo la sua richiesta. Questa cancellazione deve essere considerata
impossibile. Firmato Benedetto Croce. P.S. se necessario può rendere pubblica questa
lettera”.
Laterza inviò la lettera a Bottai, che, dice Colombo,“non ha avuto altra soluzione che
portare tutto sul tavolo di Mussolini”. Il risultato fu che Mussolini annullò
prontamente l’ordine di espulsione.
Croce rappresentò un'eccezione all’apatia generalizzata della popolazione italiana di
fronte a questa persecuzione razzista che aprì la strada per la deportazione e
l'uccisione di circa 6000 ebrei italiani.
Possiamo relegare questi fatti al periodo precedente alla Seconda Guerra Mondiale,
un periodo che non potrà mai più ripetersi? La risposta, purtroppo, non è molto
incoraggiante. Se ci guardiamo intorno oggi, ci accorgiamo che la maschera “non
vedo, non sento e non parlo” che ha caratterizzato il periodo pre-bellico si affaccia di
nuovo all'orizzonte.
Tutto sembra essere più importante per l'opinione pubblica rispetto al fatto che gli
ebrei in Europa ed i cristiani, yazidi e musulmani moderati in Medio Oriente e Africa
sono perseguitati e uccisi per la loro identità - cioè, semplicemente perché sono ebrei,
cristiani, yazidi, non credenti, atei o musulmani che osano rifiutare l'Islam
fondamentalista.
I milioni di cittadini francesi, fedeli ai valori della Repubblica, che sono scesi in
piazza dopo i due attacchi terroristici contro una rivista satirica e un supermercato
kosher probabilmente non avrebbero manifestato se fosse stato assaltato solo il
supermercato. Nel recente passato, altri raccapriccianti aggressioni e omicidi di
uomini, donne e bambini ebrei innocenti hanno avuto luogo a Parigi, a Tolosa, a
Bruxelles e altrove in Europa senza innescare massicce manifestazioni di protesta.
Ciò è dovuto in gran parte alla diffusa faziosità dei media ed alla mancanza nelle
scuole di un insegnamento equilibrato del contesto storico del conflitto in Medio
Oriente. Un fuoco di fila di disinformazione ed abile propaganda da parte di gruppi
pro-palestinesi, arabi e musulmani, hanno demonizzato Israele e prodotto, nelle menti
di coloro che hanno subìto questo lavaggio del cervello, la totale identificazione di
tutti gli ebrei con quelle che sono viste come le “politiche odiose” di Israele. Ancora
una volta nella storia, i cittadini ebrei vengono stereotipati come "il nemico". Infatti,
il terrorista che ha scelto un supermercato ebraico di Parigi come suo obiettivo aveva
apertamente dichiarato di mirare ad "uccidere gli ebrei."
A peggiorare le cose in questo 70esimo anniversario della liberazione di Auschwitz,
assistiamo a tentativi di "minimizzazione" o "banalizzazione" dell'Olocausto
attraverso proposte di rendere la sua memoria "più rilevante" oggi confrontando le
vittime della Shoah con i bambini vittime a Gaza. Per fare solo due esempi: una
mostra dal titolo "Shoah di ieri e shoah di oggi" in programma a Magenta e
contenente le foto dei campi di concentramento fianco a fianco con i disegni di
bambini palestinesi a Gaza, è stata annullata a seguito delle proteste del parlamentare
Emanuele Fiano e della comunità ebraica. Una proposta simile è stata fatta nel corso
di un programma televisivo ("Coffee Break", in onda su La Sette) da Vittorio Sgarbi,
che ha invitato Moni Ovadia, noto per il suo atteggiamento estremamente critico nei
confronti di Israele, a parlare ad Urbino il 27 gennaio durante la Giornata della
Memoria sul tema "La Shoah e le ragioni o non ragioni di Israele", ancora una volta
mettendo sullo stesso piano due tragedie che non possono essere paragonate. Tentare
di farlo non è solo ricorrere a mendaci sofismi, ma è fondamentale per lo
sfruttamento de "la peggiore tragedia del 20esimo secolo", come la definì una volta
Giovanni Paolo II, per scopi puramente politici.
Dobbiamo fare attenzione. Se permettiamo oggi all’oblio di prevalere su di noi
riscrivendo la storia, e se ripetiamo il grigio consenso verso gli atteggiamenti razzisti
come fece la maggioranza silenziosa negli anni ‘30, le vittime non saranno solo i
cittadini ebrei dell'Europa. Come gli storici hanno ripetutamente affermato e
dimostrato, l'antisemitismo è il primo passo nel processo di morte della democrazia.
(*) Lisa Palmieri-Billig è Rappresentante in Italia e presso la Santa Sede
dell’American Jewish Committee (AJC)