Aurelio Valesi - Bergasse Stress … strascichi del millenovecento

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Aurelio Valesi - Bergasse Stress … strascichi del millenovecento
Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
dirtyinbirdland, molestine e irazoqui
dirtyinbirdland
domenica, 8:17 m.
Abbiamo deciso, con Iraz, di lasciare che questo blog si sciolga, con i tempi di Splinder, senza tentare una rianimazione in
esportazione che sarebbe monca, differente e forse non sensata per i lunghi silenzi che abitavano negli ultimi tempi questo
spazio. Silenzi nostri, non vostri.
Speriamo di salvare (ma in versione privata), i commenti ai post e tutti i link ad altri blog, siete stati partecipando la ricchezza
fondamentale di questo luogo.
Grazie senza retorica e insistenze inutili, lo lasceremo cadere, come un tronco nella neve, a gennaio. E' stato Biutiful poter
esser qui...
A Splinder grazie per aver ospitato tanto e così bene. A noi stessi diciamo, che sono stati anni di parole ben spese.
dirtyinbirdland ha qui il suo nuovo blog (in costruzione) Leggi tutto…
Attentato al mare
dirtyinbirdland 5 nov, 10:51 m.
Attentato al mare
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
(Photo by Francesca Woodman)
Primo giorno
11 p.m.
Ora vai a letto. La giornata è stata pesante.
Oscilli fra la veglia e il sonno, lo so.
Però pensa per un attimo ancora a
quello che hai visto. Poi aspettami.
6.50 a.m. Lo so, lo so. Hai atteso e il sonno poi si è fatto avanti.
Nessun rumore nemmeno adesso, adesso che ti sono
accanto, con la mano ai tasti, a confortare la luce che filtra.
6.55 a.m. Ehy, dobbiamo alzarci, sai che dobbiamo.
Il nostro silenzio è rumore se lo confronti al vuoto
che proviene dalla città,
e sono quasi
le 7 del mattino. Scosta le coperte.
7.00 a.m.
PS: Come vorrei poterti dire di mettere il tuo abito migliore
e andare al mare. Prendere con le labbra le ostriche,
e le
lumache e poi il vino, e poi andare e stare, fino a notte, a consumare il sale.
PPS: Da te fra poco, giornata lunga
Secondo giorno
7,30 a.m. Comunque sia, buongiorno. Lo hai visto ieri cosa è successo.
E’ successo che, anche a guardare dritto verso il
porto, non c’era più, il mare.
E’ andato via, spazzato. Ora, però,
vado sotto la doccia, aspettami.
7.50 a.m.
E’ successo quel qualcosa che nessuno di noi poteva prevedere. Quell’onda senza altezza, dilatata, maestosa e
ricca.
Quella pesca insperata. Solo per dire: poco fa,
sotto la doccia ho pensato a te.
8.00 a.m.
PS: Mi consolavo come con l’acqua delle lacrime che hai versato e non colmavano l’assenza del mare. Oggi lavoro.
Anche se non so dove.
Lavoro dentro. A stasera.
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Aurelio Valesi
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Terzo giorno
7.43 a.m. Doveva esserci anche l’ora per la cena ma, vedi, non è stata.
Al posto suo quella moltiplicazione di pani e di pesci
che si è riversata su di noi. Abbiamo visto navigare per terra presi al fiume
scalari, coridoras, e discus. Gli odori infiniti dei suk
sono arrivati fino a noi nel freddo grigio della risacca.
7.50 a.m.
PS: Neanch’io ho risposte. C’è stato il verde del raggio verde
che dall’orizzonte si è spiegato ai nostri occhi
come una
linea rossa.
7.55 a.m. PPS: Abbiamo tremato, ti ricordi, quasi nudi e forse appena coperti
dalle carezze che consolavano l’inconsolabile,
nell’eco sparsa
come una risatina infantile del mondo.
Non sapevamo se si trattasse della nascita o della morte,
e a ben
guardare non ci è sembrato così importante.
Quarto giorno
8.00 a.m. Se ci fosse ancora un collegamento
con ciò che ieri eravamo, ti direi: telefonami.
8.01 a.m.
Telefonami come se persino l’altro capo del letto non fosse diventato
una città lontana.
8.05 a.m.
Tutto è mutato, ed ora ti telefono,
perché lo sguardo tuo non può
staccarsi dall’assenza. Del mare, qui davanti,
che
non c’è.
Respiri la presenza
e sai che non ha voce.
8.06 a.m.
Telefonarti mi fa sentire come se fossi io di nuovo, a dirti e risentire la tua voce emozionata,
come se si trattasse della premonizione di un appuntamento.
Quinto giorno
7.40 a.m.
Invece vanno le onde radio, che dicono dell’attentato al mare.
Delle migliaia di isole e di coste che son state
rovistate come tasche gonfie di ricordi.
7.42 a.m. Bollettino del mare: un kamikaze, 4 giorni fa,
si è scagliato al punto esatto dove
comincia il mondo, nel cuore del
vulcano Krakatoa, sbattendo le ali
come una farfalla.
7.45 a.m. E’ sceso giù, ha colpito Achille che giocava col tallone, ha frantumato il mondo usando il mare per farne una livella. Portando mondi al mondo.
Stasera meglio. Lo prometto,. Per adesso sento il morso.
7.50 p.m.
Nessuno lo poteva prevedere
questo azzardo, questo crollo
del mondo sopra il mondo.
Un terremoto di carezze
d’acqua e fango.
Altro che torri.
7.55 p.m. PS: Il mare si è gonfiato e poi la terra
lo ha inghiottito. E buonanotte, amore. Stasera, dammi il tuo sguardo tutto, come fosse il mare a mezzanotte.
Sesto giorno
7.45 a.m. PPS: Da adesso, scrivimi solo
al futuro, per favore.
(Nerina Garofalo, giugno 2011) –
CC Attribution-NonCommercial-NoDerivs 3.0 Leggi tutto…
Gianni Priano
dirtyinbirdland 4 nov, 2:17 p.
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Dal mare qua vicino non ci arriva
l'azzurro, i nostri alberi di giallo
e rosso e nero sono pitturati
Era un metèco, un liberto che gridava
acciughe acciughe nella nebbia in qualche
mattino di febbraio sui mercati.
(Gianni Priano, novembre 2011) Leggi tutto…
Michela Marzano, Volevo essere una farfalla
dirtyinbirdland
4 nov, 6:50 m.
"Come diceva Winnicott, i genitori non devono fare il loro bambino come l'artista fa un quadro o l'artigiano un mobile".
Riprendo la parola approfittando di quell'istante di silenzio che si è creato: "ognuno cresce come può, se l'ambiente è
sufficientemente buono. Se riesce a sentirsi amato ed accettato per com'è. L'educazione morale è importante, ma non può
essere un sostituto dell'amore. Anzi, è solo con l'amore che si permette all'altro di esitere veramente".
(Michela Marzano, Volevo essere una farfalla - Mondadori, 2011) Leggi tutto…
Gianfranco Draghi - Biografie apocrife, una intervista (…
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24 ott, 8:41 m.
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Aurelio Valesi
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Pubblico qui, con il consenso di Gianfranco Draghi, una anticipazione dell'intervista in versi che stiamo preparando, che si
inserisce in un mio work in progress (Biografie apocrife) al quale lavoro da tre anni, le cui prime tracce sono pubblicate su
scribd.com. Grazie a Gianfranco per la bellezza che già è cosa, qui.
(Nerina Garofalo)
Confessioni troppo intime
Se vado a ricercare
un luogo o un modo
non posso che sedermi
al bordo e non del detto
(Nerina Garofalo, biografie apocrife, work in proegress)
Sezione I - Analisi interminabile
Gianfranco Draghi: Così come è la vita, purtroppo terminabile, terribilmente terminabile, ma interminabile nei suoi
accostamenti, nelle sue possibilità, nelle sue variazioni anche improvvise trasformazioni, in improvvise sensazioni di
cambiamento, mi sono addentrato nel mondo dei sogni e nel rispetto dei sogni, nel rispetto di quella parte di noi che noi
conosciamo solo attraverso le immagini dei sogni, le sensazioni dei sogni, le emozioni dei sogni, le storie dei sogni, e che
bisogna pur rispettare, perché, e ripeto qualcosa di ovvio, occupano forse metà del nostro tempo o meno anche, comunque un
buon rilievo della nostra esistenza.
Mi ci sono addentrato in questo mondo complesso come se fin da quando ero piccolo avessi cercato sempre e non ci fossero
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state le realtà concrete, ma piuttosto quello che ci traversava fulmineo la notte. Non posso recuperare un dato preciso, un dato
mnemonico assoluto, ma piuttosto un'indicazione che sentivo giusta e libera insieme. Come poi ci si può imbarcare tra quello
che ci incendia e che incendia l'altro, o viceversa lo stesso, capovolgendo la situazione, sia che tu sia lì nelle vesti di chi
ascolta, nelle vesti di parla, per quanto questo rapporto duale possa spostare l'ago dell'indicazione parola silenzio. Ci sono
tanti, probabilmente infiniti fili che si estendono e legano due personaggi, dove affondano le radici? nel nostro passato
personale o nel passato della specie? nel nostro corpo o nei ricordi che riguardano altri da noi? Io sono di natura, credo,
qualcuno che si affida, che poi può avere dei dubbi, può incastrare delle memorie, ma in genere il mio primo atteggiamento è
quello della fiducia. Mi è sempre tanto piaciuto, anche quando ero molto giovane, ascoltare le storie degli altri, le loro
emozioni, i loro turbamenti, mi pare anche che non mi dispiacesse raccontare, laddove c'era un ascoltatore, un orecchio che
mi sembrasse benevolo, o almeno attento. Può darsi che noi siamo rimasti troppo ad un'analisi verbale, infatti ci sono tante
terapie corporali utilissime e molti cosiddetti lavori psicologici verbali che si appoggiano però a delle funzioni differenti, più
complete. Forse la risposta al primo distico potrebbe essere: inglobare il detto e sentire ai margini del detto anche ciò che è
indicibile, lasciare spazio all'indicibile e anche, fin dove possibile, intendere e farsi portare avanti dalla forza simbolica delle
immagini, spesso volutamente paradossali, quasi sempre volutamente contraddittorie, che però varcano un ponte che
trasformi il non detto in qualcosa di gaudioso, di appetibile o anche nel dolore trasformabile. Forse il meccanismo più
profondo, o per meglio dire più completo, è l'unione incomprensibile proprio fra questi due opposti.
La vita sognata degli angeli
Medico dei dervisci
Ospite dei matti
Ma come me lo rendi
Il pane per i denti?
(Nerina Garofalo, biografie apocrife, work in proegress)
Gianfranco Draghi: Sarebbe molto bello, mi domando, se potessimo veramente trovare del pane vero per le nostre esigenze.
questo ho anche pensato per tanti anni. Può anche darsi che adesso io mi domando cosa sia il pane vero, anche se in fondo è
la concretezza delle realtà che si trasformano che ci piace, è quello che noi cerchiamo, è quello su cui ci muoviamo, è anche
quello che anche poi chiamiamo amore, perché l'amore è la continuità del discontinuo, la possibilità di unire tutte le parti,
quelle comprensibili con quelle incomprensibili, quelle dolci con quelle amare, pesino portare l acarezza che viene dal senso
della nostra finitezza al volto degli amati, a qualcosa di più semplice, di più elementare, la frutta che cogliamo dagli alberi, lo
sguardo che vorrebbe dire tutto e non può e talvolta il calore di uno sguardo che va oltre la nostra finitezza, perché la brucia
nella ripetizione, nell'indicibile, nell'infinito che colma quel vuoto che può capitare di sentire. Cosa ci trapela o cosa ci fa
trapelare, cosa ci suggerisce quello che noi chiamiamo inconscio, possono essere i nostri gesti improvvisi, imprevisti, il pianto
che ci sorprende, la mano che ci tocchiamo, appunto il sogno notturno, a nostra insaputa, ci percuote, ci indica, oppure si
trasforma e si trasforma anch'esso, tutto questo mi posso domandare e poi insieme quietamente ricadere in quello che forse
potremmo chiamare l'indicazione del destino, il passo del nostro cammino? Vorrei tanto saperne di più, ma lo ignoro, come in
fondo ignoriamo ogni attimo che viviamo sia in quello che c'è stato, in quello che ci sarà e in quello che c'è, in una girandola
che ci attrae e ci spaventa, ma che è come l'amore dei genitori per i figli e dei figli per i genitori, la sequela di un cammino che
non abbiamo scelto noi, ma che ci ammonisce, ci intenerisce, ci è persino dannatamente caro.
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Paride Leporace - Volontè, egalitè e fraternité
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dirtyinbirdland
19 ott, 8:20 m.
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Aurelio Valesi
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La voce arrangolata di “Satchmo”
e la tromba con suoni puri come quelli di Scarlatti
per meglio omaggiare il grande attore figlio di fascista.
In carne, ossa e maglione proletario
si esibisce alla Termini stazione
dove quattrocento colpiti guardano
“un operaio” “un disoccupato” e “una viaggiatrice”.
La verità è un paradosso
per chi esulerà Scalzone
trasportandolo libero per mare.
Gianmaria nostro eguale
ludoteca esistenziale
Volontè, egalitè e fraternitè
per chi è potuto essere
don Carlo ad Aliano
Lulù Massa in fabbrica
e Cavallero a Milano.
……………………
Al traliccio di Segrate
frammenti di ossa e brandelli di carne.
Era diventato Osvaldo
l’editore rosso di Tomasi e Zivago
che portava seco
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Aurelio Valesi
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43 candelotti di nitroglicerina
e 9 pacchi di esplosivo.
Giangiacomo che modificò
la lettura
cosa può spartire
con un professorino di Settala?
Neanche una Senior service.
Solo gli amici di Saetta
ebbero l’ardire di scrivere:
“Un comunista è caduto”.
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Nerina Garofalo, L'amore
dirtyinbirdland
18 ott, 5:55 p.
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Matilde Cesaro - Il vizio di vivere
dirtyinbirdland
18 ott, 9:50 m.
Ospitiamo oggi un racconto di Matilde Cesaro, con il quale Matilde ha partecipato a un concorso di scrittura su suggestione
fotografica.
Matilde vive a Napoli, e respira aria di mare ovunque poi si trovi. E' una coach e una narratrice biografica, ha il vizio di vivere,
e scrivere le restituisce uno spazio al quale dedica quella che definirei la sua capacità di "progettare interni".
Grazie a Matilde per questa condivisione.
(Photo by Sergio Siano)
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
“cammina leggera perché stai camminando sui miei sogni” W.B. Yeats
La sposa che veniva dal mare
Notte incolore, notte senza stelle. L’aria resta immobile in indolente attesa e assiste curiosa alla frenetica danza delle nuvole.
Tra le nuvole gonfie e nere, bagliori di luna nell’acqua irrequieta.
Un principe aspetta la sua sposa che viene dal mare.
Nel suo castello, sagoma maestosa con intorno quasi per intero secoli di mare, la sua storia si confonde con la memoria
stanca dei luoghi.
Una striscia di terra per unirsi al resto e il mare intorno per immergersi nell’illusione dell’onda continua.
Un incontro di mille anni e più, la città giudiziosa, la città superstiziosa.
Mille e più volti per un unico incontro, la sposa indossa il suo lungo manto, trine di schiuma bagnano la strada.
Urla furioso il vento. Le nuvole si aggrovigliano in un abbraccio di speranza.
La città operosa, la città criminosa.
Bagliori d’argento illuminano il pallido volto. La sposa guarda il suo sposo.
Testimoni palazzi assistono al rito.
Si promettono amore e si scambiano le fedi.
La sposa ritira il suo velo, si riprende il suo posto.
Il mare sussulta. Un gabbiano grida e vola lontano.
Dalla finestra della mia stanza d’albergo partecipo con occhi di stupore al rito del mare in tempesta e scrivo parole. Rileggo
quasi sillabando. La lentezza mi aiuta a controllare la smania che mi prende irrefrenabile la sera della partenza. Mi sembra
una poesia, una poesia narrata. Un tributo intriso di nostalgia per questa ultima notte napoletana.
Lavoro a Milano, era la città che volevo abitare. Era la città che volevo lavorare. Sono andata appena finiti gli studi. Continuo a
vivere a Napoli in uno sdoppiamento allucinatorio fatto di km di lontananza. E’ la città che respiro, è la città che mi toglie il
respiro.
Col mare negli occhi. Chi nasce in un luogo di mare ha gli occhi azzurri di un giorno d’estate, gli occhi blu di un tramonto
senza tempo, gli occhi grigi che preannunciano un temporale, gli occhi neri di notti fatate.
Ieri ho camminato lenti passi sulla via Partenope, la via del mare. Centellino lo sguardo e mi impregno dei suoi odori e dei suoi
colori e mi preparo al saluto. Tornerò certo, ma non so mai bene quando.
Un castello presidio di forza e immortalità. Come si può sopravvivere a tanta bellezza? Lo sguardo si fa turista e spia un fianco
accogliente il suo porto, seni turgidi le sue colline, tracciati d’amore e d’intrighi le sue strade.
I colori abbaglianti di giorno, rumori assordanti, ferite di luce. La notte ti avvolge nel suo incanto.
Guardo avida dalla finestra. Di lato intravvedo il mio castello. Davanti a me il mio mare con il suo tributo d’amore. Un velo
trasparente ed una trina schiumosa. Un raggio d’argento rende prezioso questo dolore suadente. “La mia città, la mia città”. Lo
ripeto a bassa voce nella notte di ombre. Un singulto improvviso. Chiudo la finestra. Un tuono annuncia la pioggia a lungo
trattenuta. Le nuvole si sgonfiano e così il mio dolore.
Buonanotte mia sposa del mare.
(Matilde Cesaro, 2011)
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Api - Bellezza non necessita perdono
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dirtyinbirdland
18 ott, 9:34 m.
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Aurelio Valesi
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(Photo from "The secret of Bees", by Gina Bince Bythewood, 2008)
Bellezza non necessita perdono.
quando la si incontra si coglie, si afferra.
la si tiene piano, delicata e feroce,
narra storie di nuvole e d’ali.
di anfratti e fessure, di giostre in volo.
è vertigine
ti da il passo ad imbandire meraviglia
su lastricati inavvicinabili e segreti
t’ingarbuglia di fili e menti…forse mente?
saperla condivisa a lungo non consola,
Bellezza sguscia e si contorce,
preparandosi alla prossima muta.
**
Che tempo è questo mio che ti cerca
quando potrei misurare distanza e vuoto
e capire, finalmente,
l'ennesimo graffio tentato nell'aria
rarefatta la tua presenza
come di cielo le nubi
allontanate dal gorgogliare
del fiume, sconosciuta
eppure questo graffio lo pretendo
come sulla nuca il respiro
che articola suoni e segni
sul corpo che si apre a te
silenziosa frenetica capriola
immagine sfocata su un vetro
racimolando gocce sole,
sole...
terrei stretto tra le ciglia
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Aurelio Valesi
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il tuo colore puro la mia voglia
nell'incastro perfetto
di una sera che cade, incanto!
quando ti cerco e non sei
nel ruvido delle mie dita
nel fiato che mi sfugge
...questo tempo, necessita di Sogno.
Api è una narratrice in versi e in prosa. Ha una scrittura femminile, che riecheggia un modo interiore che sarebbe caro alla
Dickinson. Sarda, collabora con la rivista Terre Libere di Nuoro. Qui, due inediti fra alcuni che ha voluto condividere con noi.
Scelti er privilegio di intesa in lettura. Grazie ad Api per aver voluto essere anche qui. Un'altra bella scelta e nota (a cura di
Antonella Taravella), su Poetarum Silva
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Gianni Priano - I comandi, padre, ho infranto tutti
dirtyinbirdland
17 ott, 4:27 p.
I comandi, padre, ho infranto tutti
e ho camminato sul bordo del sentiero
attratto dall'acqua che improvvisa
giù dai burroni cascate di pietrame
e fango e rami morti e pattumiera.
E disossanti lingue ho praticato
padre, lontano da questa mia sera.
(Gianni Priano, ottobre 2011) Leggi tutto…
Rossella Maiore Tamponi, Le camere attigue
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dirtyinbirdland
13 ott, 12:30 p.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
E poi...
e poi insinuavi i giorni
che sfilassero il vestito vecchio
con le porte socchiuse,
coi riflessi dell'alba su ceramica e fughe
i muri di casa
facevano da occhi al tempo
che così ti vegliava
e stendevi ogni volta coperte
scivolate alla notte
(Rossella Maiore Tamponi, Le camere attigue, Edizioni del Foglio Clandestino, marzo 2011)
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Antonia Pozzi
dirtyinbirdland 28 set, 11:48 m.
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Vincenzo Cardarelli - Amicizia
dirtyinbirdland
27 set, 11:56 p.
Noi non ci conosciamo. Penso ai giorni
che, perduti nel tempo, c'incontrammo,
alla nostra incresciosa intimità.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Ci siamo sempre lasciati
senza salutarci,
con pentimenti e scuse da lontano.
Ci siam riaspettati al passo,
bestie caure,
cacciatori affinati,
a sostenere faticosamente
la nostra parte di estranei.
Ritrosie disperanti,
pause vertiginose e insormontabili,
dicevan, nelle nostre confidenze,
il contatto evitato e il vano incanto.
Qualcosa ci è sempre rimasto,
amaro vanto,
di non aver ceduto ai nostri abbandoni,
qualcosa ci è sempre mancato.
(Vincenzo Cardarelli, Poesie)
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ELIO BARTOLINI
irazoqui
20 set, 5:43 p.
” Gran bel secolo, il novecento! Due guerre
mondiali combattute, una terza pudicamente
definita ‘fredda’, innumerevoli altre,
sanguinosissime anche, ma ‘periferiche’, adesso
quest’ultima invenzione di una ‘preventiva’.
E io che tra guerre rivoluzioni e tradimenti
di rivoluzioni, ho tutto l’agio per perdere
la bella cattolica apostolica romana Fede
della mia infanzia e aderire, con lo stesso
imperterrito entusiasmo, a quella marxista,
per poi perdere anche quella e ritrovarmi,
morituro ottantenne, a custodia del niente.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Eppure, e nonostante tutto, ancora la sospiro
una verità unica sola salda (cattolica appunto!),
io nato per la sua certezza, la sua sicurezza,
la sua indubitabilità, la sua eternità.”- Elio Bartolini
da Passaggi di ‘900, di Danilo De Marco, Circolo Culturale Menocchio, 2004
Leggi tutto…
Gianni Priano - Violette di Saffo
dirtyinbirdland
17 set, 7:14 m.
​"Ai maestri che ho tradito e, di proposito, deluso" (Gianni Priano)
Leggi tutto…
Silvia Molesini, Benemente
dirtyinbirdland
31 ago, 5:30 p.
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FABRIZIO PITTALIS, Dura Jole
dirtyinbirdland
30 ago, 1:06 m.
Leggi tutto…
C'era (quasi una volta)
dirtyinbirdland 25 ago, 11:15 m.
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Aurelio Valesi
C'era (quasi una volta)
01/12/11 08:37
dirtyinbirdland 25 ago, 11:15 m.
Non avevo mai scritto una fiaba prima, grazie a Lucia e Zena per avermi coinvolta, all'Editore, a Marino Magliani, a Marco
D'Aponte, e a tutti gli autori, per la condivisione e la possibilità di questa esperienza (Nerina Garofalo)
Nota dell'editore:
Si chiama C’era (quasi) una volta la raccolta di fiabe (o quasi-fiabe) appena uscita per la nostra casa editrice. Il volume
nasce da un’idea di Marino Magliani, a cui le fiabe (come dice nell’introduzione) sono mancate da bambino.
Tutti i profitti derivanti dalla vendita saranno devoluti a NutriAid, un’organizzazione umanitaria indipendente, nata nel 1996,
con sede nazionale a Torino e sedi locali in varie regioni d’Italia. NutriAid opera in Rwanda, Senegal, Madagascar e
Repubblica Democratica del Congo dove costruisce, ripristina e coordina centri intensivi di lotta contro la malnutrizione
infantile severa e cronica, per il trattamento del disequilibrio ponderale nei bambini. Realizza interventi sanitari attraverso la
propria unità medico-scientifica inviando equipe mediche specializzate. Attua programmi di sicurezza alimentare operando in
partnership con importanti istituzioni internazionali, sostiene le famiglie in progetti di sviluppo agricolo e allevamento per
prevenire le ricadute ed emergere dalla fame e dalla povertà.
Un ringraziamento a Zena Roncada e Lucia Saetta per aver sorvegliato con pazienza il lavoro, a Marco D’Aponte per aver
accettato di illustrare ogni storia e averlo fatto con passione e intelligenza, agli autori per aver creduto in questo progetto.
Dalla quarta di copertina:
“I fanciulli trovano il tutto nel nulla, gli uomini il nulla nel tutto”. Così il giovane Leopardi sintetizzava nelle pagine
dello Zibaldone la sua nostalgia per l’infanzia, età aurea vivificata da un’immaginazione senza freni. Gli autori di questa
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dello Zibaldone la sua nostalgia per l’infanzia, età aurea vivificata da un’immaginazione senza freni. Gli autori di questa
raccolta di fiabe hanno voluto, almeno in questa occasione, tornare a guardare il mondo con gli occhi incantati del fanciullo
che un tempo sono stati. Ne sono uscite storie fantastiche, ciascuna ispirata a un luogo speciale della nostra Italia bella e
variopinta (montagne,spiagge,fontane,mari,città) e narrata secondo uno stile e un gusto personali. Questo per ricordare che il
mondo è pieno di posti meravigliosi, dove vale la pena avventurarsi e perfino perdersi, se non fisicamente (questo, ahimè,
spesso non è possibile), almeno nel modo magico di una narrazione. Ma attenzione: un racconto non è semplicemente un
surrogato di vita – è vita al quadrato!
Indice del volume:
La Via dei falegnami, Flaviano Fillo, Ghetto di Roma
I pesci con le ali sono presi per matti, Paolo Casuscelli, Salina
Il nastro della truut, Lapin, Luserna (TN)
La fiaba delle sette montagne, Lucia Saetta, Bosco Chiesanuova (VR)
Giobatta e il drago, Chiara Daino, Genova
Il ciclope miope, Irene De Sanctis, Lazio
La bambina che aveva paura del buio, Zena Roncada, Sermide (MN)
Su caminu de paza, Bobboti, Sardegna
Giovanni, il mago Mortadella e il perfido Molocco, Luca Tassinari, Bologna
Il vicolo delle meraviglie, Enrico Macioci, L’Aquila
Il tesoro del re, Enrico De Grazia e Maria Francesca Rotondaro, Calabria
Capo Giuseppe, Barbara Tutino, Val d’Aosta
Tramontana, Nunzio Festa, Basilicata
Coriandolina va in pineta, Mauro Baldrati, Cervia (RA)
Nenè, Nerina Garofalo, Cosenza
Pancia e gli orchi, Andrea Becca, coste liguri
Bùmbulu mbùmbulu, Mario Bianco, Torino
Il viaggio, Bartolomeo Di Monaco, Lucca
La storia di Mattia il milanese, Wang il cinese e Uberto l’uccisore di draghi, Guido Tedoldi, Milano
Il pomeriggio che si ruppe la playstation, Marta Baiocchi, Roma
Il Custode, Francesco Sasso, Puglia
Il ponte del diavolo, Paolo Cacciolati, Dronero (CN)
Saverio e gli uomini del Vulcano, Pasquale Indulgenza, Napoli
Frate Ciliegio e l’acqua Pudia, Roberta Borsani, Fonte Pudia (UD)
Le avventure di un bambino che si credeva Re, Chiara Granocchia Lelieur, Umbria
Cuoricino, Stefania Nardini, Napoli
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
http://senzapatriaeditore.it/?p=1138
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La bambina che raccontava i film, Hernan Rivera Letelier
dirtyinbirdland
22 ago, 3:35 p.
(nella foto, l'attrice Jean Darling)
Una volta lessi una frase-- sicuramente di un autore famoso-- che diceva qualcosa del tipo che la vita è fatta della stessa
materia dei sogni. Io dico che la vita può benissimo esser fatta della stessa materia dei film. Raccontare un film è come
raccontare un sogno. Raccontare una vita è come raccontare un sogno oppure un film.
(La bambina che raccontava i film, Hernan Rivera Letelier - Mondadori, 2011) Leggi tutto…
Buone vacanze - Pranzo di Ferragosto - Gianni Di Greg…
dirtyinbirdland
4 ago, 11:01 p.
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Maria Pia Delpiano
dirtyinbirdland 4 ago, 12:06 m.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
(immagine dal web)
Una donna brutta non ha a disposizione nessun punto di vista superiore da cui poter raccontare la propria storia. Non c'è
prospettiva d'insieme. Non c'è oggettività. La si racconta dall'angolo in cui la vita ci ha strette, attraverso la fessura che la
paura e la vergogna ci lasciano aperta giusto per respirare, giusto per non morire.
Una donna brutta non sa dire i propri desideri. Conosce solo quelli che può permettersi. Sinceramente non sa se un vestito
rosso carminio, attillato, con il décolleté bordato di velluto, le piacerebbe più di quello blu, classico e del tutto anonimo che usa
di solito quando va a teatro e sceglie sempre l'ultima fila e arriva all'ultimo minuto, appena prima che le luci si spengano, e
sempre d'inverno perché il cappello e la sciarpa la nascondono meglio. Non sa nemmeno se le piacerebbe mangiare al
ristorante o andare allo stadio o fare il cammino di Santiago de Compostela o nuotare in piscina o al mare. Il possibile di una
donna brutta è così ristretto da strizzare il desiderio. Perché non si tratta solo di tenere conto della stagione, del tempo, del
denaro come per tutti, si tratta di esistere sempre in punta di piedi, sul ciglio estremo del mondo.
Io sono brutta. Proprio brutta.
Non sono storpia, per cui non faccio nemmeno pietà.
Ho tutti i pezzi al loro posto, però appena più in là, o più corti, o più lunghi, o più grandi di quello che ci si aspetta. Non ha
senso l'elenco: non rende. Eppure qualche volta, quando voglio farmi male, mi metto davanti allo specchio e passo in
rassegna qualcuno di questi pezzi: i capelli neri ispidi come certe bambole di una volta, l'alluce camuso che con l'età si è
piegato a virgola, la bocca sottile che pende a sinistra in un ghigno triste ogni volta che tento un sorriso. E poi sento gli odori.
Tutti gli odori, come gli animali.
Io sono nata così. Bello come un bambino, si dice. E invece no. Sono un'offesa alla specie e soprattutto al mio genere.
(da: La vita accanto, Einaudi, 2011) Leggi tutto…
Emanuela Fidati & Elettra Minolfi - Distrazioni quotidiane
dirtyinbirdland
29 lug, 1:18 m.
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Aurelio Valesi
Caterina (a 8 anni)
01/12/11 08:37
dirtyinbirdland 24 lug, 1:27 m.
Caterina, detta Titta, ha adesso 10 anni. A 8 anni scriveva:
Una rosa appena sbocciata.
Era notte
e disse alla luna
Perché sei lassù?
Perché devo fare luce alla gente
La rosa si addormentò pensando alla luna
E la luna al profumo di rosa
(Titta)
Ringraziamo Claudio Sanfilippo e Cristina De Nigris per averci
mandato questo piccolo e profumatisismo fiore.
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Pier Maria Galli - ​[ 3 declinazioni del verbo vento]
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dirtyinbirdland
19 lug, 11:09 m.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
(Man Ray e Mapplethorpe alla Fondazione Marocni a Milano)
1
da quale vento, e prima che l’aria possedesse un qualsiasi
movimento o squarcio tenue dove entrarvi, potremmo essere piegati
o anche soltanto scivolati nell’attimo successivo, quell’attimo
che è sempre più recente di noi che stiamo sempre quei pochi passi indietro
rispetto al punto più sensibile dell’assoluto da dove giungono sempre quei venti
che non hanno mai avuto inizio né cielo e quell’ora stabilita che meriteremmo
che è poi quell’aria che è un tempo che respiriamo, che è adesso
2
le rose congedate dalle rose.
cortili rimasti seduti senza case.
scomparsi tutti i cieli coperti.
noi nudi senza più quel foglio addosso.
- la sola notizia era il vento
3
adesso il vento torna di corsa
nel cielo annoiato.
un’aria macchiata che chiami
col nome di una volta.
forse la stessa malinconia
ora moltiplicata per zero.
qualcosa di udito per maltrattare l’infelicità
quand’eri bambina al posto di te
Pier Maria Galli - ​[3 declinazioni del verbo vento] Leggi tutto…
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Ismaele - Terza biografia apocrifa (a cura di Nerina Gar…
dirtyinbirdland
7 lug, 10:47 m.
Ismaele_Intervista a Cura Di Nerina Garofalo Leggi tutto…
L'Ammasso - Gianni Priano (editoria amorosa)
dirtyinbirdland
2 lug, 10:33 m.
Leggi tutto…
Maria Zambrano - I chiari del bosco
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dirtyinbirdland
1 lug, 1:46 p.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
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Massimo Legnani - Minimo blog
dirtyinbirdland
27 giu, 7:47 m.
È come un ballatoio al quinto piano, dieci rampe prive d’ascensore a scoraggiare i poco motivati, gli annoiati, i pigri. Qui ci si
arriva solo se si è semplici angeli o massimi illusi, di quelli che ancora amano affacciarsi alla ringhiera, i gomiti a contatto della
ruggine, i fiati fianco a fianco, e gli occhi persi a guardare i tetti per vedere la bellezza oltre le tegole, che basta un gatto che
passeggia sulla colma, un campanile un po’ sbilenco o il chiarore rarefatto che sale dalle strade contro il cielo per illudersi di
essere, essere qualcosa, e far dell’illusione merce di scambio rara.
Poche stanze al quinto piano, monolocali dalle porte aperte e dai soffitti a spiovere, un lucernaio sopra il letto che confonde la
notte con il mare, un terrazzo angusto dirimpetto all’altro e gelsomini speculari che crescono e s’allargano come ci fosse
spazio, una sedia a testa, bianca di lacca, per incrociare parole centellinate col caffè.
Pochi sguardi, qualche voce, qui sul quinto piano tanto si tace, qualcosa si racconta, altra si ascolta, manca la fretta e il
cicaleccio della via, minore è il fiato, forse disperso per le scale. Come in cima alla montagna le parole sono rare e basta il
gesto consumato dalle labbra a farle più gradite.
(Massimo Legnani) Leggi tutto…
Gianfranco Draghi, l'incendio della poesia
dirtyinbirdland
26 giu, 11:49 p.
Un grazie dal profondo del cuore a Gianfranco Draghi per averci inseriti in questa condivisione
(nerina e gianni)
*
Care amiche e cari amici, se qualcuno di voi volesse vedere qualcuna delle opere della mostra a Palazzo Bastogi e anche una
breve intervisa che mi ha fatto ungiovane amico, e anche un video sull'incendio qui in casa, questi sono i link. Un saluto, un
abbraccio affettuoso e un augurio
Gianfranco
Leggi tutto…
Gianni Celati - Esercizio autobiografico in 2000 battute
dirtyinbirdland
21 giu, 12:25 m.
Riga n. 28 - Gianni Celati
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Riga n. 28 - Gianni Celati
Gianni Celati - Esercizio autobiografico in 2000 battute
Nato nel 1937, a Sondrio, due passi dalla Svizzera. - Sei
mesi di vita a Sondrio. - Padre usciere di banca, litiga col
proprio direttore. - Padre condannato per punizione a
trasferimenti da un capo all’altro della penisola a proprie
spese. - Famiglia viaggiante. - Tre anni a Trapani. - Sette
anni a Belluno. - Tre anni a Ferrara. - Liceo a Bologna. Fine della vita in famiglia. - Viaggio in Germania e quasi
matrimonio. - Ritorno a Bologna, studi di linguistica. - Passa
il tempo. - Servizio militare. - Grazie a un amico psichiatra
si concentra a studiare le scritture dei matti. - Nevrosi da
naja, ospedale militare. - Tesi di laurea su Joyce. - Epatite
virale, isolamento. - Raptus di scrivere come un certo matto
che lo appassiona. - Italo Calvino legge il testo su una
rivista, propone di farne un libro. - Passa il tempo. - Vita in
Tunisia. - Matrimonio. feed://files.splinder.com/cb79ca0f77eafc2750a7a8d4bbcce9be.xml
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Prime traduzioni. - Bologna, impiegato in una ditta di dischi.
- Studia logica con Enzo Melandri ma risulta incapace. Borsa di studio a Londra 1968-70. - Pubblica libro. - Parte
per gli U.S.A. - Due anni alla Cornell University. - Vita nel
falso, tutto per darla da bere agli altri. - Passa il tempo. Insegna all’università di Bologna. - Conosce un certo Alberto
Sironi che lo mette a scrivere film falliti in partenza. - Altro
libro. - Traduzioni. - Passa il tempo. - Quattro mesi tra
California, Kansas e Queens. - Senso di non aver più la
terra sotto i piedi, come uno partito in orbita. - Passa il
tempo. - Parigi, rue Simon-le-Franc, un anno di
convalescenza. - Torna a Bologna, di nuovo all’università. Conosce Luigi Ghirri, fotografo. - Lavoro rasserenante con i
fotografi. - Esplorazioni della valle padana. - Periodi a
scrivere in giro. Si trasferisce in Normandia. - Traduzioni. - Altro libro. - Con
Daniele Benati, Ermanno Cavazzoni, Ugo Cornia, Marianne
Schneider, Jean Talon fonda Il semplice, Almanacco delle
prose. - Stati Uniti, Rhode Island, insegna sei mesi. - Passa
il tempo. - Trasferimento in Inghilterra. - Comincia a fare
documentari. - Viaggio in Africa occidentale con J. Talon. Passa il tempo. - Altri documentari. - Tutto a monte,
nessuna speranza, nessun timore. - Borsa Fulbright a
Chicago. - In Africa, Senegal, a curarsi la testa. - Un anno
a Berlino, borsa DAAD. - Film in Senegal, incapace di
finirlo. - L’Italia invivibile. - Campa facendo conferenze. - È
andata così. - Dal 1990 a Brighton, Inghilterra, con la
moglie G.H. -
Leggi tutto…
Maria Zambrano
dirtyinbirdland 29 mag, 9:03 m.
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GIOVANNI GIUDICI 4
irazoqui
25 mag, 11:50 p.
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Aurelio Valesi
GIOVANNI GIUDICI 4
01/12/11 08:37
irazoqui
25 mag, 11:50 p.
Quanto spera di campare Giovanni
Giovanni Giudici
a Emilio Giudici
Mettere su una casa
Alla sua età – quanto spera di campare Giovanni
Ti sei domandato:
E io che non ho osato
Replicare alcunché
Nemmeno tra me e me – sui due piedi
Per quanto approssimato tentando un calcolo
Ma una di queste notti uno di quei momenti
A mezza via dal sonno che il pensiero
Pavida navicella osa sfidare
L'ignoto del suo mare
Mentre con unghie e denti
Si aggrappa per sparire
Il corpo in un effimero altrimenti
Una di queste notti quasi un nulla
Mi è giunto tardiva risposta:
Sunamita fanciulla sgusciata da sotto il guanciale
A scaldarmi ben che non sono
Quel re della Bibbia io
Re di nessun reame sussurrando
Che incominciare è il nostro unico modo di esserci
E dunque ho amato l'inizio
La voglia di essere accolto
Nei bei luoghi diversi invidïati
Nell'aldiquà del gelido cristallo quotidiano
La balbettata lingua silenziosa
Plaghe remote le mie mani brancolando
Oggetti fuor della vista
A ogni scoperta tu sai
Ride e fa festa l'infante rassicurato
Passo a passo movendo al suo adempiersi –
Si distrugge così nel costruire
L'animale adulto
Che mai più ricomincia:
Io invento questo inizio al mio finire
Leggi tutto…
Having a coke with you (by Frank O'Hara) - Una traduz…
dirtyinbirdland
25 mag, 6:44 p.
BERE UNA COCA CON TE
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
(Photo by Emmet gowin: edith, danville, virginia, 1969)
è anche più divertente che andare a San Sebastian, Irùn, Hendaye, Biarritz, Bayonne
o dare di stomaco sulla Traversera de Gracia a Barcellona
in parte perché, con la tua maglietta arancio sembri un San Sebastiano più allegro
in parte per il mio amore per te, in parte per il tuo amore per lo yoghurt
in parte per i tulipani color arancio fluorescente intorno alle betulle
in parte per l’aria misteriosa che hanno i nostri sorrisi di fronte alla gente e alle statue
è difficile credere, quando sono con te, che ci sia qualcosa di così fermo
e solenne e spiacevolmente definitivo come una statua quando proprio davanti a questa
nella luce calda delle 4 di New York andiamo avanti e indietro
tra noi come un albero che respira dagli occhiali
e la mostra di ritratti sembra vuota di facce, solo quadri
e tu ti chiedi, all’improvviso, perché mai qualcuno li abbia fatti
Guardo
te e preferirei guardare te piuttosto che tutti i ritratti del mondo
eccetto forse il Cavaliere Polacco di tanto in tanto e comunque quello è al museo Frick
in cui grazie al cielo tu non sei ancora andata così ci possiamo andare insieme per la prima volta
e il fatto che sei così bella quando ti muovi più o meno pareggia i conti con il Futurismo
così come a casa non penso mai al Nudo che scende una scala o
a quando sono a una prova a un solo quadro di Leonardo o di Michelangelo che mi fanno impazzire
e a che servono agli Impressionisti tutte le loro ricerche
quando non hanno mai beccato la persona giusta vicino all’albero al calar del Sole
o, per quello che importa, a Marino Marini quando non ha preso il cavaliere con la stessa cura
del cavallo
è come se a tutti fosse stata sottratta con l’inganno una qualche meravigliosa esperienza
che con me non andrà sprecata e per questo ne parlo con te
(la traduzione è di Riccardo Vinci, in CC 3.0 non commercial, maggio 2011)
Leggi tutto…
Amaro Ammore - Un progetto di Canio Loguercio
dirtyinbirdland
19 mag, 5:26 p.
Il progetto di CanioLoguercio è bellissimo, una specie di ansa resistente, nella quale ti metti a dimorare e ti chiedi come sia
che lì qualcuno, nonostante la terra, parli amaro d'amore e così rosso e vivo. Artisti tutti interessanti, performer della parola,
del suono e dell'immagine.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
del suono e dell'immagine.
**
CANIO LOGUERCIO / AMARO AMMORE
MORPHING SENTIMENTALE
a Edoardo Sanguineti
ALLA QUINTA EDIZIONE DEL FESTIVAL “TEATRI DI VETRO”
OLTRE 50 POETI PER UNA MARATONA DI 10 GIORNI
DI LETTURE DI “SUPPLICHE D’AMORE”
Teatri di vetro 5 - Roma 19/28 maggio 2011 – Teatro Palladium e spazi urbani della Garbatella
AMARO AMMORE è il primo raduno poetico itinerante in Italia per la condivisione di “suppliche d’amore”. Un network, una
performance, un happening, un concerto, un reading-live, un festival, un rito collettivo che coinvolge poeti, musicisti, artisti,
associazioni di quartiere, ecc..
Si comincia l’1 maggio con la raccolta delle “suppliche” in giro per Roma: 18 taniche realizzate dall’artista Vittorio Formisano,
con la collaborazione di NUfactory, collocate in luoghi strategici della città, serviranno a raccogliere i testi.. Tutti possono
partecipare.. anche inviando il proprio contributo poetico (testo o audio) direttamente all’indirizzo [email protected].
L’elenco dei luoghi dove trovare le 18 taniche è pubblicato sulla pagina AMARO AMMORE di caniologuercio.wordpress.com o
nel sito www.teatridivetro.it.
19-27 maggio – MARATONA di poesie d’amore “Amaro fu l’amore radiosa la sua idea”
(La Villetta, Via Francesco Passino,26)
Dal 19 al 27 maggio, ogni sera dalle 21.00/21.30 alle 23.30, in una stanza della Villetta (storica sezione comunista romana alla
Garbatella) trasformata in una sorta di “supplicario” dall’artista Formisano, circa 50 poeti si alterneranno nella lettura delle loro
poesie d’amore: una vera e propria maratona. Qui inoltre sarà possibile lasciare altre “suppliche” o scriverle direttamente sui
muri con un pennarello, piuttosto che con un chiodo.. A segnalare il luogo, un lungo drappo al vento con la scritta “Amaro fu
l’amore radiosa la sua idea”.
I poeti che parteciperanno alla MARATONA DI SUPPLICHE D’AMORE alla Villetta dal 19 al 27 maggio, ogni sera dalle
21.00/21.30 alle 23.30, sono: Vittorio Formisano, Sonia Gentili, Jonida Prifti, Francesco Forlani, Bianca Madeccia, Marco
Simonelli, Gian Piero Stefanoni, Francesco Onìrige, Marino Santalucia, Maria Grazia Calandrone, Leopoldo Attolico, Marcello
Tagliente, Rita Florit, Giuseppe Boy, Rita Iacomino, Jacopo Bosio, Michele Fianco, Marco Righetti, Massimo Pacetti, Marzia
Spinelli, Cinzia Marulli, Monica Martinelli, Sonia Cincinelli, Antonietta Tiberia, Leda Palma, Maurizio Soldini, Donatella Mei,
Lucianna Argentino, Faraòn Meteosès, Marco Palladini, Nerina Garofalo, Roberto Raieli & Lucia Staccone, Leili Galehdaran,
Elena Ribet, Alessia Fava, Sara Davidovics, Luciana Vasile, Pietro Secchi.
28 maggio – HAPPENING FINALE
Il 28 maggio, nel lotto antistante la Villetta, serata conclusiva del Festival con le canzoni appassionate di Canio Loguercio, una
decina di altri poeti, vari musicisti, alcuni dei ragazzi di Hagape 2000 (Associazione che si occupa dei giovani disabili del
quartiere) e ballo finale col Centro Anziani della Garbatella, curato dal Centro Studi Danza di Maria Luce Enna.
A questa serata (con Paolo Modugno al live mixing) parteciperanno i poeti Maria Grazia Calandrone, Franco Buffoni, Gabriele
Frasca, Tommaso Ottonieri, Gilda Policastro, Bianca Madeccia, Antonietta Tiberia, Lidia Riviello, Roberto Alessandrini,
Roberto Raieli, Pietro Secchi, Mario Lunetta, Marzia Spinelli e i musicisti Rocco De Rosa (piano), Andrea Satta (voce) e
Maurizio Pizzardi (chitarre) dei Têtes de Bois, Alessandro D’Alessandro (organetto), Nora Tigges (voce), Alfonso D’Amora
(chitarre) con Laura Saadiah (danza) e Saleh Tawil (voce), Antonio Franciosa (percussioni), Pasquale Innarella (fiati), Simona
Galeano (clarinetto), Alessia Alacevich (sax contralto), Annalisa Marianecci (sax tenore), Michela Lombardozzi (sax baritono)
del gruppo Stacchi a Spillo, Gianluca Sanza (voce), Mariano Caiano (voce e percussioni) e Viviana Fatigante (voce) del
gruppo Babalù.
Le immagini che saranno proiettate sono del video artista Antonello Matarazzo.
e ancora…
Mercoledì 18 maggio, dalle 21.30
TEATRI DI VETRO 5 & AMARO AMMORE
POETRY SESSION SENTIMENTALE
Opening Party
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Opening Party
al KE NAKO, Via dei Piceni, 24/26, San Lorenzo – Roma
con la partecipazione, tra gli altri, di Antonietta Tiberia, Marcello Tagliente, Faraòn Meteosès, Rita Florit Donatella Mei, Rita
Iacomino, Francesco Forlani, Jonida Prifti, Marino Santalucia, Vittorio Formisano, Franco Buffoni, Nerina Garofalo, Lucianna
Argentino, Marco Palladini, Luciana Vasile, Giuseppe Boy
e diMaria Pia De Vito (voce), Rocco De Rosa (piano), Alessandro D’Alessandro (organetto), Nora Tigges (voce/canto), Paolo
Modugno (tamburi), Pasquale Innarella (fiati)
e convideodinamismi / klein vj set
www.kenako-online.com
***
AMARO AMMORE al “Festival Teatri di vetro” è un progetto di Canio Loguercio, con il coinvolgimento di Vittorio Formisano
(“Amaro fu l’amore radiosa la sua idea”), Antonello Matarazzo (immagini video), Paolo Modugno (audio live mixing) in
collaborazione con NUfactory – Controchiave - Centro Anziani Pullino –Centro Studi Danza di Maria Luce Enna - Hagape2000
e con Lìnfera, Silenzi in forma di poesia, in pensiero, LaRecherche.it, Festival Rifrazioni e Bianca Madeccia & Antonietta
Tiberia
coproduzione: teatridivetro festival
L’elenco completo, di tutti coloro che partecipano ad AMARO AMMORE è qui:
http://caniologuercio.wordpress.com/1-amaro-ammore-2/roma-garbatella-teatri-di-vetro-5-maggio-2011/
****
www.facebook.com/amaro.ammore www.teatridivetro.ithttp://caniologuercio.wordpress.com/
Leggi tutto…
Having a Coke with You - Frank O’Hara
dirtyinbirdland
14 mag, 8:09 m.
Having a Coke with You
is even more fun than going to San Sebastian, Irún, Hendaye, Biarritz, Bayonne
or being sick to my stomach on the Travesera de Gracia in Barcelona
partly because in your orange shirt you look like a better happier St. Sebastian
partly because of my love for you, partly because of your love for yoghurt
partly because of the fluorescent orange tulips around the birches
partly because of the secrecy our smiles take on before people and statuary
it is hard to believe when I’m with you that there can be anything as still
as solemn as unpleasantly definitive as statuary when right in front of it
in the warm New York 4 o’clock light we are drifting back and forth
between each other like a tree breathing through its spectacles
and the portrait show seems to have no faces in it at all, just paint
you suddenly wonder why in the world anyone ever did them
I look
at you and I would rather look at you than all the portraits in the world
except possibly for the Polish Rider occasionally and anyway it’s in the Frick
which thank heavens you haven’t gone to yet so we can go together the first time
and the fact that you move so beautifully more or less takes care of Futurism
just as at home I never think of the Nude Descending a Staircase or
at a rehearsal a single drawing of Leonardo or Michelangelo that used to wow me
and what good does all the research of the Impressionists do them
when they never got the right person to stand near the tree when the sun sank
or for that matter Marino Marini when he didn’t pick the rider as carefully
as the horse
it seems they were all cheated of some marvelous experience
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
it seems they were all cheated of some marvelous experience
which is not going to go wasted on me which is why I am telling you about it
Frank O’Hara
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Paolo Sortino, Elisabeth
dirtyinbirdland 13 mag, 8:48 m.
(Photo by Joanna Pallaris)
"Il processo di smantellamento della coscienza di Elisabeth era cominciato. Un riflesso le attraversò i pensieri: per la prima
volta vide che le ragioni di fare del male o fare del bene non erano piú le stesse per le quali si faceva male o bene qualsiasi
cosa. Cosí la cura che il padre aveva avuto nel fare quel nodo, cosí la costruzione stessa del bunker. Ormai Josef sfogliava la
sua mente come un libro dalle pagine sempre piú labili.
Affaticato ma soddisfatto, la osservò riversa sul pavimento tra i due piccoli letti sui quali non gli venne in mente di adagiarla.
Pareva appesa per i piedi, penzoloni. La piú bella delle sue figlie era diventata l’impiccato delle carte magiche. Lui stesso
provò un brivido di inquietudine a vederla, ma se ebbe quel sentimento fu per aver ottenuto un risultato migliore del previsto.
Ebbe la conferma che le motivazioni di tenerla tutta per sé non erano maligne, ma antiche, appartenenti a un mondo che si
credeva perduto e sul quale invece lui era riuscito a trovare un portale. Allora forse non avrebbe dovuto condurci Elisabeth,
come credeva; forse quel mondo si sarebbe mosso verso loro due: un universo vivo che premeva per ricongiungersi agli
umani, ai loro cuori, ai loro desideri per tornare reale."
Paolo Sortino, Elisabeth
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Un uovo, come (di Silvia Molesini)
dirtyinbirdland
5 mag, 9:05 m.
Un uovo, come
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Ho visto chi guardarmi con occhi
nuovi
disamorati altrove
e invece con un incanto
altrove, con incanto
altrove come un rammarico
un turbamento come.
E anch'io mi guardavo con
occhinuovi
altrove disamorati e invece ora
incanti e con
rammarico, altrove, turbata
da questi occhi, nuovi, e da
il rimpianto e dall'incanto
disamorata altrove.
E anche anche loro
disamorati li guardavo
innamorata altrove
con incanto, con rammarico
come un turbamento
gli occhi nuovi,
altrove
come un rimpianto
disamorata come
nuova
innamorata come
un turbato
un rammarico con
un occhio come
un uovo.
(Silvia Molesini) Leggi tutto…
Primodimaggio - Paulatreides
dirtyinbirdland
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1 mag, 12:30 p.
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Aurelio Valesi
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Photo by Joanna Pallaris
Raccontare è sempre come camminare su un filo. Dietro ti azzanna il culo la difficoltà di narrare, la pigrizia, il pudore, l’idea
che tanto a nessuno importerà ascoltare. Davanti, invece, qualcosa ti afferra proprio lì, dove non si può dire, è la necessità, il
dovere l’urgenza. La storia che leggi, alla fine, è quell’istante di equilibrio, la vittoria dell’immobilità sopra ad ogni oscillazione.
Dura pochissimo. Poi si cade. Sempre.
Non ricordo un primodimaggio trascorso qui al Sud. Non più dai tempi della scuola, almeno. E’ un giorno freddo di sole e
pioggia a scrosci. So cosa farò, so cosa devo fare, ci penso da tre giorni.
La visita al cimitero è un rito che mi sono sempre riservato e consumato da solo. Il cimitero del mio paese dorme in cima alla
collina più alta, domina il paese. Il silenzio e la storia dei sepolti riposano all’ombra di cipressi antichi, altissimi. Le tombe più
antiche sono raccolte entro le mura di un antico convento diroccato, roba da western si direbbe.
Quando faccio per uscire mio padre si offre di accompagnarmi. Ha preparato un mazzo di tulipani rossi appena colti dal
giardino e freschi di pioggia. L’idea di spezzare il rito della visita solitaria non mi sembra poi così male, visto quel rosso. L’idea
che mio padre voglia stare da solo con me non mi disturba. Si può fare.
Il viaggio è breve, appena il tempo che la pioggia a gocce grosse sul mazzo di fiori mi si posi sulle mani, il rosso acceso è
quasi insopportabile e il sole è una spina negli occhi mentre mio padre guida lento consumando le poche curve fino alla collina
degli stivali.
La visita è apparentemente frettolosa. I nonni sono sempre lì. Quattro per due tombe, una accanto all’altra.
Penso che qui sono i morti, qui inevitabilmente sono le radici. Qui appartengo, per questa terra, per queste ossa, per questa
valle sotto alla collina e il fiume in fondo, che se stai zitto e non respiri puoi sentirlo mormorare.
Penso a cos’era il lavoro al tempo dei nonni. Alla guerra, alla fame. Penso che chi va in guerra lo fa perché poi ci sia la pace.
Li ringrazio con gli occhi per la pace, e per il lavoro. Per questa terra che soffre ogni giorno. Mi spiace di essere partito, glielo
dico col pensiero. Mi spiace che il lavoro mi abbia portato via per sempre. Ma non sono triste. Io e neanche loro. Mi guardano
sorridenti da quelle quattro foto.
Giusto il tempo di questi pensieri, e mio padre che sistema i tulipani. Il tempo di guardare quel rosso, che ora ha un posto.
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Aurelio Valesi
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Ci incamminiamo verso l’uscita. Da un vialetto ci incrocia una vecchia signora. Con dei fiori in mano. E’ sola. E parla.
Parla da sola.
Ci segue e parla da sola. Ci raggiunge. Mio padre la saluta e lei continua a parlare. Come un fiume. Come se parlasse da
sempre.
Ci dice di un figlio lontano. I figli, in queste terre sono spesso lontani, è sociologia. Filosofeggio. Ma lei dice di più.
Parla di avvocati. E di galera. Così, come fosse normale.
In quella lingua aspra che ancora comprendo, che ancora mi appartiene, racconta una storia breve e smozzicata.
Avvocati, galera, lettere, soldi, un figlio.
La donna scrive ad un avvocato lontano, gli manda dei soldi per suo figlio che è in galera.
Ma.
I soldi, dice, servono a tenerlo dentro. –Perché se esce fa danni- dice nella sua lingua.
La donna paga un avvocato perché suo figlio resti dentro.
Questa è la storia del primodimaggio. Questa è la mia terra, la mia lingua, i miei morti, i figli che vanno via, il lavoro.
E quel rosso è un po’ più scuro negli occhi ora. Di rabbia, forse.
Ecco perché di quella rabbia, di tutto quel che scrivo, alla fine, chiedo scusa.
(Paulatreides, 2009)
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Bestia di gioia, 2 letture su immagini di Amelia Jones …
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26 apr, 12:09 m.
Mariangela Gualtieri, Bestia di gioia - Einaudi, 2010 - 2 letture di Nerina Garofalo su immagini da "La Pluie- projet pour un
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Aurelio Valesi
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Mariangela Gualtieri, Bestia di gioia - Einaudi, 2010 - 2 letture di Nerina Garofalo su immagini da "La Pluie- projet pour un
texte" (2006) by Amy Amelia Jones Leggi tutto…
Una lettera Leopardiana A Silva
dirtyinbirdland
22 apr, 8:31 p.
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Nerina Garofalo intervista Luigina Dinnella, nipote di …
dirtyinbirdland
19 apr, 10:55 m.
(Photo from Web)
Leggo su Cado in piedi, con profonda commozione, l'articolo biografico di Luigina Dinnella qui linkato. Nell'articolo,
mentre in Italia imperversa una semplificazione oscena e ricattatoria delle parole e della storia nazionale, e da lì, da
quella commozione per il racconto degli anni in cui nascono le domande (i 9 anni di Luigina), nasce il desiderio di
ascoltarla ancora un po':
Luigina, hai raccontato con calore il freddo di un'assenza e la necessità di chiarire a se stessi cosa sia la morte quando
arriva e si consuma sui nostri affetti in un area sacra che è quella dell'esercizio della democrazia. Cosa vuol dire, per te
che porti dentro questa sensazione di lettura sbiadita, ascoltare le parole di questi mesi che confondono, nello Stato, i
ruoli, le missioni personali, i luoghi della salvaguardia?
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Aurelio Valesi
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ruoli, le missioni personali, i luoghi della salvaguardia?
Vuol dire “sentire freddo”, avvertire una sensazione di solitudine nel provare dei sentimenti che dovrebbero essere
condivisi, e invece, spesso si ha la sensazione che appartengano ad un numero sempre minore di persone. Credo che
la crisi di questo Paese, prima che istituzionale, sia morale. E’ evidente come si sia smarrito il senso ed il significato di
parole come partecipazione, condivisione, rispetto della libertà e dei diritti di tutti. Ma quel che è peggio è la mancanza
di rispetto nei confronti di chi, invece, crede ancora in quei valori, ed è anche pronto a dare la vita per difenderli, anche
quando non sono direttamente i propri ad esserne minacciati.
Ho davanti questa immagine così forte del gioco dei bambini che si immergono a fronte di un non poter dire, del non
poter chiedere. Hai parlato di questo momento come di un attimo fondante sul quale si è costruita la tua sete di
"interrogazione" (per dirla con Jabés). Qual è oggi, nella nostra democrazia dilaniata, la domanda che vorresti porre
allo Stato?
Fra le tante, direi questa: perché l’Italia non è stata in grado di rendere attuabile il monito dell’articolo 4 della
Costituzione, quello in cui si afferma che ogni cittadino ha il dovere di concorrere, secondo le proprie capacità alla
crescita economica e sociale del proprio Paese. Ecco, credo che lo Stato italiano, non abbia mai fatto abbastanza per
rimuovere ogni ostacolo, che di fatto, impedisce la realizzazione di questo sacro diritto di ognuno di noi.
Cosa provi di fronte ai manifesti che hanno coperto a Milano i muri di una città che ha ospitato e ospita in tanti luoghi la
voce di chi attacca la magistratura, nel tentativo di delegittimarne la funzione democratica?
Provo sconcerto, se non addirittura disgusto. Siamo sempre lì, tutto ruota attorno alla perdita del senso della
democrazia e del rispetto degli altri. Per molti italiani non esiste il Paese, il Popolo, le Istituzioni etc etc, esiste, ahimè il
proprio piccolo orto da coltivare. E si sa, l’orto è faccenda delicata, va protetto dai parassiti e da qualunque altro agente
esterno che ne mina la crescita. Per impedire la perdita o il danneggiamento del proprio raccolto, si è disposti a usare
tutti i mezzi, compresi quelli altamente inquinanti. Ecco, quella è gente che non si fa scrupolo di spruzzare DDT sulle
proprie piante, trascurando però un piccolo dettaglio, quel DDT farà morire sì i parassiti, ma renderà “cattiva” anche la
sua pianta.
Se penso a questa scorta di un magistrato ucciso agli albori della storia dello scontro politico fra Lotta armata e Stato
democratico, e alle parole contro i giudici che oggi risuonano dai luoghi sacri del diritto alla partecipazione (i luoghi
parlamentari), provo la sensazione di una delegittimazione della memoria, della coscienza e del presente. Come ti
senti di fronte a questo ratto del corpo del reato?
E’ esattamente come tu dici. Delegittimarne la memoria significa ucciderli un’altra volta. Forse questa seconda
esecuzione è ancora più vigliacca della prima. Credo che alla base di queste tentate rimozioni ci sia in fondo la paura
di affrontare la propria incapacità di “essere all’altezza“ di chi invece lo è stato, da vivo e da morto. Si vuole rimuoverli
innanzitutto dalla propria memoria per non doversi scontrare con l’imponenza di chi, con senso del dovere e senso
dello Stato ha fatto con dignità la sua parte.
Le parole che hanno saputo parlare degli uomini di scorta uccisi nella difesa dell'esercizio della democrazia: mi
vengono in mente pochi luoghi (Toghe rosso sangue di Paride Leporace, e alcune pagine di Bianconi nelle sue
biografie così attente e rispettose di ogni vita), ed ora questa tua pagina di biografia civile e personale. Come definiresti
questa capacità di stare accanto, che è dei magistrati, come ad esempio in questi giorni a Torino accanto ai morti sul
lavoro, e come è stato negli anni 70 e 80 ed oggi ancora, anche per gli uomini che quei magistrati proteggevano, e
restavano corpi accanto a corpi a baluardo di una negazione dell'abuso?
Ho trovato il libro di Paride Leporace un doveroso esempio di “giornalismo civile”, ispirato da un senso civico forte e
raro; un valore nel quale è sempre più raro imbattersi. Ho profondo rispetto per la sua opera; ed ho apprezzato il fatto
che non abbia voluto farne degli eroi. La mancanza di retorica nelle sue parole è il valore aggiunto del libro. Quello di
Paride è stato un atto di coraggio, soprattutto in un momento di viltà assoluta come quello che stiamo vivendo. Paride
e chiunque difenda degli uomini, dei diritti e dei valori, lo vedo come un baluardo, che si pone accanto a noi tutti per
proteggerci dall’abuso della delegittimazione e dell’oblio.
Cosa fa oggi Luigina, chi è e come esprime il suo desiderio di domande messe al posto giusto, con le parole giuste?
Luigina è una donna di 43 anni, madre di due bambini di 12 e 11 anni. Ai quali, in maniera forse sfiancante, cerca di
trasmettere sentimenti e valori oggi inusuali. Mai e dico mai mi sento ridicola nel farlo. La mia ingenuità nel crederci
ancora trovo sia l’unica arma che ho a disposizione per farne delle persone che abbiano sempre il coraggio delle
proprie idee e delle proprie azioni. Professionalmente, Luigina cerca, con molta fatica, di fare la giornalista, con viva
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Aurelio Valesi
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proprie idee e delle proprie azioni. Professionalmente, Luigina cerca, con molta fatica, di fare la giornalista, con viva
curiosità, osservando quello che le succede intorno; continua imperterrita ad interrogare e soprattutto non smette di
interrogare se stessa.
Grazie per le cose che hai voluto dire, mi sembrava molto intensa la tua scelta di pubblicazione della nota di ieri,
proprio in questi giorni, di confusione delle parole, delle funzioni e delle ragioni.
(NG)
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auguri, Iraz
dirtyinbirdland 16 apr, 6:34 p.
La serie, bellissima, mette nella foto, in serra, le età della donna. L'ho scelta pensando alla tua parte femminile, Iraz. Buon
compleanno, amico mio :-)
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Aurelio Valesi
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(Photos by Joanna Pallaris)
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Anne Sexton - Fil di ferro
dirtyinbirdland
14 apr, 8:13 m.
Fil di ferro
In verità
è un gran peso
agganciato a un piccolo fil di ferro,
proprio come i ragni
sospendono i loro piccoli a una tela sottile
o come la pergola
di legno frondoso
regge grappoli
come bulbi oculari,
come molti angeli
danzano sulla capocchia di uno spillo.
Dio non ha bisogno
di troppo fil di ferro per tenersi lassù,
solo di una fine vena,
come sangue pulsante avanti e indietro,
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Aurelio Valesi
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e un po' d'amore.
Come si dice:
l'amore e la tosse
non si possono nascondere.
Persino poca tosse.
Persino un picoclo amore.
Così se il tuo fil di ferro è sottile,
a Dio non importa.
Lui ti cadrà nelle mani
con cui un tempo dieci centesimi
ti procuravano una Coca.
(Anne Sexton, Una vita come lei e altre poesie, Via del vento edizioni)
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'' APPUNTI '' - dalle agende Smemoranda - di Fabrizio P…
dirtyinbirdland
12 apr, 4:46 p.
Questa pagina è troppo strana... è più corta delle altre.
Arriva Ottobre ed io non ho ancora preso bene il ritmo dello studio.
Per fortuna stamattina non siamo entrati a scuola per uno sciopero ''cionfra'' , anche se ,in realtà sono arrivato in ritardo e
morto di sonno.
La mattina è passata bene.
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Aurelio Valesi
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La mattina è passata bene.
Sono andato in biblioteca e ho riportato gli ultimi libri che avevo preso in prestito; i sotterranei di Kerouac e un libretto di
poesie di vari autori beat....... (segue)
Porto Torres 27 Settembre 1998
Stasera mi sono divertito abbastanza.
Prima del concerto dei '' gruppi locali'' ,organizzato in piazza del comune,siamo andati in saletta e lì abbiamo provato i pezzi.
Alle 18.30 abbiamo fatto i suoni sul palco e , come era facile immaginarsi facevano cagare, vista la scarsa amplificazione.
Ne hanno fatto le spese un pò tutti i gruppi.
All'una di notte noi non eravamo ancora saliti sul palco ma per fortuna,per gentile concessione degli sbirri,siamo andati avanti
fino alle due del mattino.
Alla fine è andata bene.
Prima di spostarci abbiamo scroccato un pò di birra ai ''comunisti '' organizzatori della serata.
Porto torres 26 Settembre 1998
Fabrizio Pittalis (inedito -1998)
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Aurelio Valesi
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Ed ancora:
Per far conoscere Fabrizio Pittalis
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Babsy Jones - su Blog
dirtyinbirdland
11 apr, 9:15 p.
(Photo
from http://www.giugenna.com/2010/10/11/babsi-jones-hamletmaschine-amleto-hamletmaschine/)
**
"Nella mia terza vita, che comincia fra non molto, voglio avere un nome hindi o ebreo, e non voglio avere come casa un
castello, un attico, un monolocale in un casermone di qualche suburbia parigina, né una house-boat o un appartamento
tinteggiato in colori pastello al quinto piano di una residenza signorile; non voglio vivere in un loft né in uno scantinato: voglio
vivere dentro un museo, e mica un museo qualunque. Non mi interessa far colazione la mattina rimirando
l’enigmatica Gioconda né farmi la doccia al MOMA: io voglio vivere nel museo Franz Kafka a Praga. Precisamente, voglio
abitare nell’installazione in 3-D che spezza il nero museo in due, lascia di stucco o inquieta i visitatori; è un’installazione
realizzata, pare, dal Centre de Cultura Contemporània de Barcelona, e io la chiamo La Stanza Bianca Dove Sei Mille Volte Tu:
nell’ologramma ti puoi osservare ripetuta ad libitum, mentre piangi o mangi, sorridi o accenni un gesto, abbassi gli occhi o ti
allacci le scarpe. Sei sempre tu, all’infinito, per cui non sei affatto certa di essere: quale sarai delle illimitate donne che
vedi? Tutte ti somigliano in modo così commovente da sembrarete, ma non appena le sfiori svaniscono, e tu non sei. Voglio
vivere dentro quel museo, in quella Stanza Bianca che riproduce l’io in loop; e per uscire a far la spesa voglio scendere
attraverso l’installazione che io chiamo La Scala Che Non Sale E Che Non Scende, perché così funziona nel museo FK: più
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Aurelio Valesi
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attraverso l’installazione che io chiamo La Scala Che Non Sale E Che Non Scende, perché così funziona nel museo FK: più
corri giù, più il trabocchetto di specchi ti trasmette l’illusione di star risalendo, sicché non sai se vai o torni, né quanto tempo ti
occorrerà per capirlo. Dare un appuntamento abitando in un tale luogo è un bel casino, ammettiamolo: la mia vita sociale
potrebbe risentirne. Maquale vita sociale, infine? Io sono un tipo solitario, come tutti quelli a cui il destino ha offerto il dono di
vivere sette vite anziché una. I gatti non vanno mai in branco. Nella mia Stanza Bianca Dove Sei Mille Volte Tu , nel museo
FK a Praga, posso portarmi tanti libri da leggere quanti ne può contenere una stanza-non-stanza che sembra candida ma è
assolutamente trasparente, posso lasciare che fluttuino nell’aria e afferrarli a caso: imparerò a leggere autori sconosciuti di
altri continenti, imparerò a leggere senza pregiudizi né recensioni a porgermi le redini della conoscenza. Nelle serate di
malinconia potrò dedicarmi alla mia attività preferita da quando ho scoperto la Repubblica Ceca e i suoi indecifrabili abitanti:
sorseggiare lentamente la Becherovka, che è l’unica bevanda che ha il glamour di un aperitivo e le virtù terapeutiche di un
medicinale: la inventò nel 1807 un farmacista imprudente, Josef Becher, mescolando trentadue diverse erbe: sa di anice, di
chiodi di garofano e di cannella. Ubriaca solo i miscredenti: chi la beve in buonafede, invece, va a letto presto (sì, come De
Niro in “C’era una volta in America“) e sogna la pioggia di piombo sulle rovine a Gukanjima, l’isola-fantasma: uno scenario di
rovine e di desolazione dove le fotografie non si possono scattare che in bianco e nero: perdete ogni colore o voi che entrate.
A Gukanjima, gli scatti, anche quelli digitali, si desaturano da sé, in automatico. Così, la terza delle mie sette vite avrà l’aspetto
di una proiezione di scatti di Henri Cartier-Bresson, e molti giorni e notti di cui non resterà memoria"
Scritto da Babsi Jones
il 07/03/2007
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LIDIA ROMEI 2
irazoqui
11 apr, 5:30 p.
LIDIA ROMEI, IL PAESE DEI TAPPI. Edizioni O Caroggio, Arenzano (Ge).
Un divertente racconto voltrese, tra preti dal volto umano, forze dell'ordine capaci di comprensione e viziosi dal cuore grande.
Un' azzurra favola mediterranea.
(gp) Leggi tutto…
Lou Reed - Street Hassle
dirtyinbirdland
10 apr, 11:58 m.
Waltzing Matilda
Waltzing Matilda whipped out her wallet
the sexy boy smiled in dismay
She took out four twenties 'cause she liked round figures
everybody's queen for a day
Oh, babe, I'm on fire and you know I admire your - body why don't we slip away
Although I'm sure you're certain, it's a rarity me flirtin'
sha-la-la-la, this way
Oh, sha-la-la-la-la, sha-la-la-la-la
hey, baby, come on, let's slip away
Luscious and gorgeous, oh what a humpin' muscle
call out the national guard
She creamed in her jeans as he picked up her knees
from off of the formica topped bar
And cascading slowly, he lifted her wholly
and boldly out of this world
And despite people's derision
proved to be more than diversion
sha-la-la-la, later on
And then sha-la-la-la-la, he entered her slowly
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Aurelio Valesi
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And then sha-la-la-la-la, he entered her slowly
and showed her where he was coming from
And then sha-la-la-la-la, he made love to her gently
it was like she'd never ever come
And then sha-la-la-la-la, sha-la-la-la-la
when the sun rose and he made to leave
You know, sha-la-la-la-la, sha-la-la-la-la
neither one regretted a thing
Street Hassle
Hey, that cunt's not breathing
I think she's had too much
of something or other, hey, man, you know what I mean?
I don't mean to scare you
but you're the one who came here
and you're the one who's gotta take her when you leave
I'm not being smart
or trying to be cold on my part
and I'm not gonna wear my heart on my sleeve
But you know people get all emotional
and sometimes, man, they just don't act rational you know,
they think they're just on TV
Sha-la-la-la, man
why don't you just slip her away
You know, I'm glad that we met man
it really was nice talking
and I really wish that there was a little more time to speak
But you know it could be a hassle
trying to explain this all to a police officer
about how it was that your old lady got herself stiffed
And it's not like we could help
but there wasn't nothing no one could do
and if there was, man, you know I would have been the first
But when someone turns that blue
well, it's a universal truth
and then you just know that bitch will never fuck again
By the way, that's really some bad shit
that you came to our place with
but you ought to be more careful around the little girls
It's either the best or it's the worst
and since I don't have to choose
I guess I won't and I know this ain't no way to treat a guest
But why don't you grab your old lady by the feet
and just lay her out in the darkest street
and by morning, she's just another hit and run.
You know, some people got no choice
and they can never find a voice
to talk with that they can even call their own
So the first thing that they see
that allows them the right to be
why they follow it, you know, it's called bad luck.
Slipaway
well hey(man), that's just a lie,
it's a lie she tells her friends.
'cause the real song, the real song
where she won't even admit to herself
the beatin' in her heart.
It's a song lots of people know.
It's a painful song
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
It's a painful song
a little sad truth
but life full of sad songs
penny for a wish
But wishin' won't make you a soldier.
With a pretty kiss for a pretty face
can't have its way
Y'know tramps like us, we were born to pay.
Love has gone away
and there's no one here now
And there's nothing left to say
but, oh, how I miss him, baby
Oh, baby, come on and slip away
come on, baby, why don't you slip away
Love is gone away
took the rings off my fingers
And there's nothing left to say
but, oh how, oh how I need him, baby
Come on, baby, I need you baby
oh, please don't slip away
I need your loving so bad, babe
please don't slip away.
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La rosa bianca
dirtyinbirdland 9 apr, 5:51 p.
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Alfredo Panetta
dirtyinbirdland 31 mar, 10:43 p.
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Aurelio Valesi
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La prima edizione del premio di poesia in ricordo di Franco Fortini si è concluso con il seguente verdetto della giuria:
Primo classificato – voti 1008
Claudio Roncarati, di Cattolica (RN), con la raccolta La fata fatua e lo psichiatra, un abile intreccio fra realtà e follia
scritta con un registro ironico e graffiante.
Secondo classificato – voti 959
Alfredo Panetta, un locrese trapiantato a Milano dove conduce un laboratorio artigiano. Panetta è uno dei più
promettenti autori in dialetto. La raccolta vincitrice è Na folia nt’è falacchi (Un nido nel fango)
Terzo classificato – voti 951
Nader Ghazvinizadeh è nato a Bologna da genitori iraniani nell'infanzia ha vissuto in Iran. Nader parla in Metropoli di
una Bologna che sta cambiando lentamente volto.
(Grazie a Gianmario Lucini per avermi permesso l'incontro con la poesia e la persona di Alfredo Panetta
Nerina)
PIGGHJIATA ‘I FORZA
E’ muta a catramma, ngurnatu
‘u gurnali ‘i sputazza, nta sta stati
c’a facci d’a parti fagghjiata,
mi spiju chi curpa o Signuri
u m’ammèritu sti xammi
c’abbruscianu a menti e cìnnari
fannu di l’ossa. I jorna ‘i llicriju
ora sunnu na mascara ‘i pacci
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Aurelio Valesi
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ora sunnu na mascara ‘i pacci
chi conzu ch’i mani abbruschjiati
e non sbuja na gugghjia di xatu
di l’abissu chi spingi e mi sarda a na petra.
Viju ‘u sangu a pisciotti nchjianari
sjancata la striscia di gumma
tambutu nta ‘n jornu quarsesi
na vita quarsesi eu vaju, Gihanti
m’arrassu d’i tò lami a pregari
pè ttia puru, nta ll’aria ch’i sali
si vesti e chjiama l’umbri a rapportu
mi preparu sbrogghjiandu i capiji
all’Incontru.
STUPRATA
E’ muto il catrame, bagnato/ da una pozza di sputo, in questa/ estate dal volto sul lato/ sbagliato, io mi chiedo che
colpa/ o Signore per meritare quest’afa/ che brucia la mente e fa cenere/ d’ossa. I giorni allegri/ ora sono una
maschera sadica/ che modello con le mani escoriate/ e non esce uno spillo di fiato/ dall’abisso che preme e mi salda
a una pietra./ Vedo il sangue a flutti salire/ sbiadita la striscia di gomma/ mia tomba in un giorno qualunque/ una vita
qualunque io vado, Gigante/ lontano dalle tue lame a pregare/ anche per te, nell’aria che si veste/ di sale e chiama le
ombre a rapporto/ mi preparo sciogliendo i capelli/ all’Incontro.
**
Prefazione (a cura di Nerina Garofalo)
L’incontro con la poesia di Alfredo Panetta avviene sotto il segno di una confidenza originaria segnata da un dato biografico.
Di biografia familiare sua e mia. Entrambi nati in Calabria, entrambi esuli per volontà a nord, sopra il confine aspro che separa
il mezzogiorno e tocca Napoli.
Ancora entrambi, io e Panetta, segnati dalla confidenza con una certa dimensione arcaica al corpo e all’essere situati, tipica
del sentimento com’esso è stato in Magna Grecia. Ed anche, confidenti nella posizione che senziente rende l’uomo al suo
dialogo imprecisato ed inesausto con quel Dio, in questo gorgo elementare che siamo in convivenza e temporalità.
I tratti che hanno definito il mio rapporto con il lavoro di Panettain forma innamorata possono essere riepilogati attraverso
quelle che mi sembrano essere le note fondamentali di questa biografia in 21 grammi, e perdipiù cantata in versi, che è
questa folia nt’è falacchi: un profondo rigore nella ricerca linguistica dialettale, senza appesantimenti retorici e metrici
anacronistici, la delicatezza incessante nella ricerca delle immagini anche nella materia più dura, un dialogo ininterrotto con la
natura e con Dio accostato allo straniamento temporale che custodisce il suo progetto esistenziale e sociale.
Quando poi si è trattato di curare con Gianmario la pubblicazione di questo nido lirico nel fango, ho cercato di associare il
metodo biografico al censimento delle ragioni che hanno prodotto questa fatica di Alfredo. Così dunque, dopo aver ascoltato i
versi, ho raccolto la storia, da sé narrata, di Alfredo Panetta, artigiano e poeta in terra di Lombardia. Ed anche questa volta, si
è trattato di un ascolto fruttuoso, come trovarsi sotto un fico al tardo settembre.
Alfredo scrive volentieri di sé, lo fa puntuale e senza alcuna indecisione nell’interpretazione delle diramazioni esistenziali,
traccia il suo schizzo con consapevole potenza ma quasi sempre annota, al margine: sono molto stanco stasera.
Così, quindi, come m’innamorava la lettura dei versi, son stata in certo modo rapita da questa fitta umanissima che concilia
l’acutezza al corpo, reclamando quiete e ristoro, come si fa quando si scrive per interpretare, definire, e stare. Soprattutto
stare, e stare con. Stare per. E quindi, infine, sentirsi stanchi per sapersi vivi.
Lo scavo autobiografico che ho chiesto ad Alfredo nel raccontarsi, affinché potessi avvicinarmi per un’altra strada alla sua
opera, ha prodotto una bellissima fiumara di parole, dalle quali venivan su, uno a uno, i cadaveri dei maiali uccisi nel più
criduele dei riti, il fango che ricopre l’anima passando per il corpo, l’amore fitto e rotto, la crescita e la morte come contenitori
un po’ sbreccati di quell’esperienza che ti porta adolescente a prendere una strada per poter tornare, quando serve, lì, fra
quelle insonnie e veglie. C’è molto sangue in questi versi, molte lune che si stornano dal pastorale per inalberarsi nel delitto,
l’acqua che scorre non cancella, se mai veicola, riporta.
Ed anche abbiamo in qualche modo lavorato insieme, e piuttosto che offrire voce di commento passo a passo, mi sono data la
funzione di sollecitare Alfredo a dare a luce le ragioni di un fluire, definendo un’anima di ferro su cui posare il flusso dei versi.
Nasce così, da questo scambio di domande a cui il poeta dà risposta, l’indice che dà forma, qui, a questo suo lavoro. Lavoro di
maturità sofferta, ma di luce piena. Voglio che siano le parole di Alfredo a dichiararne il flusso.
Alfredo dice, e dice bene, che la raccolta segue un flusso, che lo porta e ci trasporta, vettore lacerato e lacerante, da un
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Aurelio Valesi
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Alfredo dice, e dice bene, che la raccolta segue un flusso, che lo porta e ci trasporta, vettore lacerato e lacerante, da un
tentativo di intromissione nel mondo magico interiore (così frequentemente vivo a sud), toccato dal delitto, dalla perdita e dal
sangue del maiale, andando poi a versarsi nel tentativo di denuncia, di duello e contrapposizione (la voce si fa alta e acuta, il
verso più arrogante). E infine, nei dieci passi che concludono, l’io quasi si smarrisce, si disperde, andando a ritrovare altrove la
stessa urgenza cinestesica di messa al mondo e di travaglio. Che questa volta non si differenzia, ma si riconosce in luogo e
tempo altro. In questo senso, poesia civile, dalle mani sporche, finanche un po’ sartriana, poesia del dire senza velo, ma con il
velo saturando il sangue e curandosi del pianto.
Una raccolta che si impegna e che ci impegna, non da ultimo per lo stupore della rappresentazione di un meridione che
respira piano, a volte a stento, ma respira sempre. Ci impegna ad esser consapevoli del danno della Storia all'Uomo, e della
storia alla persona, qui così duramente dichiarati. Per un immaginario d'amore originale, non indulgente e custodito. E infine,
poesia di un femminile maltrattato e acuto, un femminile che trapassa con il grido, il grido nella donna così simile alla ferita
nella pancia del maiale.
Per questo, prima di concludere la raccolta dei pensieri che desideravo porgere a Alfredo come augurio attraverso questa nota
a introduzione, ho sentito il bisogno intimo di fare due gesti: portare i versi di Panetta nella bocca di una donna nata in terra
consanguinea, molto tempo prima, e poi portare gli stessi versi all’ascolto di un poeta affine, per consonanza dei temi e
movimenti, poeta maschio e nato e settentrione, che credo come pochi sappia e possa ricamar d’amore questa tela fatta al
legno e al mare riversata.
Così ho chesto a mia madre, nata a Locri come Alfredo, e come lui segnata dal terrore delle onde, di leggere per me mentre
leggevo e poi annotavo, e resta questo nel mio privato un dono che è d’ascolto nel suo spazio e tempo che sentivo di dovere,
e a Gianni Priano, per questo augurio ed occasione, la nota di lettura che troviamo in chiusa di volume.
Roma, febbraio 2011
**
Una nota di lettura (Gianni Priano)
N'te falacchi, nel fango, di Alfredo Panetta (fango di morti timidi e
di rivulji n'ta facci), c'è una storia mia. Ed è la storia del
ragazzino che capita a Friburgo, un giorno, e gli pare che i due
ferrovieri alla stazione parlino piemontese. E si avvicina anche un
po' per capire se quello è davvero piemontese. Succede a chi va via e
lascia ra fanga di Borgo Peruzzi, re firagnère dei Pliz, di ritrovarsi
là dove non avrebbe mai sospettato, forse perchè il mondo è rotondo e
non si scappa da se stessi, si ritorna sempre, immancabilmente, a casa
o forse perchè il tedesco, alle nove di sera, alla stazione di
Friburgo è , per davvero, piemontese. E, allo stesso modo, la vucca è
ra vucca, lo sputà sc-pjuè, la lamèra lamèra, le curpa curpa e ò cielu ir zè.
Sbaglia Giovanni Giudici quando diceva che scrivere in dialetto è
come nuotare con la pinne. Chi scrive in dialetto , al contrario,
nuota con una pietra al collo, pancia a terra, rocce che ti scheggiano
e pescecani che ti divorano. Auguri, dunque, a Panetta Alfredo, poeta
vero che tiene -come tutti i veri poeti- su di sè i cieli stellati
della lingua italiana e dentro di sè la profondità etica della fangose
parole che abitano la bocca e la punta della penna di chi, ogni volta
che respira e scrive, dice, rilkeanamente, addio. O buongiorno.
Genova, febbraio 2011 Leggi tutto…
ORAZIO
irazoqui
29 mar, 2:15 p.
Con piede uguale la pallida morte
batte alle capanne dei poveri
e alle torri dei príncipi.
Sestio, uomo felice,
lo scorrere breve della vita
ci vieta di cullare una lunga speranza.
Orazio Leggi tutto…
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Aurelio Valesi
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Mauro Mazzetti - Cuore à la coque
dirtyinbirdland
26 mar, 7:01 m.
Confusa
Avrai il tuo bacio, bella mia me. Forse l’avrai, dipende, il tuo
bacio in quel modo, tuo modo mio sognato, volevo dire
fantasticato e visto ‘come se’. Ma sentirlo: l’ultima cosa e per
sempre, come dire ti fa male il dente, a me, a te che sei
corona e giri giri giri con la catena da forzata intorno. Belle
labbra tue mie, belle per sentito dire
(Mauro Mazzetti, cuore à la coque - Ed. quintadicopertina, 2011)
Mauro ha questa scrittura fitta di tocchi, di incidenti (anche nel senso delle incisioni), potente e allo stesso tempo
misteriosamente solare. Questo suo ultimo, sperimentale e acquatico nella rete, è aperto per definizione, e lavora sull'identità
di questo essere aperto, e sul concetto di violazione ed uso (ogni lettore costruisce e decostruisce). Io, che sono come i lupi
nella pioggia, mi godo lo splendore a pezzi, come farebbe un assassina (n.g.)
Leggi tutto…
Marco Naccarella - Logotomia
dirtyinbirdland
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26 mar, 6:46 m.
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Aurelio Valesi
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(Photo from 21 grammi by Alejandro G. Inarritu)
Au Clarion des Chasseurs
3, Place du Tertre
Paris.
Ore 13.38 di un qualsiasi orologio
in un’esatta inclinazione del polso
del mondo, meridiani e parallelo
sposti il foglio, tu ci trovi parole
io trovo e svolgo te se questo potesse bastarti se
allineando la lucidità sulla punta delle tue scarpe
alle mie, comunque non correremmo se non in cerchio
verticale accumulo di ricordi il nostro passeggiarci dentro
acciottolio di sassi portati da un passo all’altro
tutta questa guerra di fretta rimasta
nelle mani della sera.
I secondi sono virgole.
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Aurelio Valesi
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Anemia mentale.
Maniglia di luce come atroce appoggio.
Una comune di denominatori
continua ad allevare cadaveri.
Inizia a scarabocchiare, poi scrivere
con le mani fredde e tremolanti. Fermati
quando le mani tremeranno di nuovo.
Dove nessuna promessa di passo, passo del gioco
s’intende, attende la morte. Noi,
tu e la noia: la parata del gioco di parole.
La più grande prova non è il futuro stesso.
Quanto riconoscere il passato nella premura del futuro,
l’unico modo di ingannare la morte in uno spessore
di vita.
Deboli gocce corrono sui vetri dentro.
Nubi cariche e ancora gravide
questa in una Q non è un temporale, questo
é un solo silenzio centrato riempito a bufera.
Le unghie deboli di un occhio incarnito d’appunti
il portarti a spasso anche quando
anche quanto
anche mai
anche nulla
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Aurelio Valesi
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ma continuare a esercitare le tue essenze
non sottrarrebbe
libera interpretazione da assenza di idee
non te
come
non io
dove
il contrasto tra tempesta e follia a farfalla,
porterà ordine e polvere, entrambe conclusioni a schiaffo.
E su entrambe le mani armatura, necessarie e vuote.
Non puoi saltare o levarti dall’acqua:
pellicola.
Quando avrai ripiegato questo foglio sul pianoforte della mia
vita mi sarò ricordato tra me e te di un cancello a cardine centrale
il peso delle parentesi in cui mi spiegasti accuratamente il significato
della musica nella tua
testa:
annullare inutili silenzi.
Così ora aspetti che il tarlo di questa onda in mezzo al salone venga
a nutrirsi delle tue perplessità per
lasciarti segnare.
Una lettera bemolle
nella musica del quadro
come i fogli, le parole ti produrranno
tagli e lacerazioni.
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Aurelio Valesi
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Nell’avvicendarsi della pace a righe
con la guerra, della morte verticale
con la vita, dell’amore e sempre
con la sofferenza, il tutto tienilo
con un punto apolide da uno stile semplice e pulito.
Troverai pace coeva, senza dover scostare polvere dai residui
di un oppure: ti renderai quasi famoso.
Esiste una normale tendenza
alla deformazione dei ricordi stessi.
Messi così non sembrano rimediati.
È solo necessario nutrire periodicamente
e ragionevolmente la ragnatela della memoria.
Gli ami degli occhi guizzano ai bordi della stanza
sono angoli, sono vortici d’immagini incoerenti
luce inconclusa di candela e luce di neon
a ricordargli che qualcosa sempre
stride dentro i denti
parte un attorno a scolpire e
dipinge un nuovo passato.
Lasciati sognare.
Anche perché la vista di continuo risulta.
Punteggiata da angosce interne, accumulazioni esterne.
Molte delle cose più intense nascono
da un’aspirazione del tutto naturale.
[Versi bambini, come l’amore che sempre non lo è mai.
Possiamo dargli i mesi di grembo, dicono da madre.
Li possiamo aspettare, tenere dentro.
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Abbracciare no]*.
Nascere è solo un fiato d’aria guasta. Ma diversa.
Non c’è mondo per essi. E non affezionarti ai versi.
Niente della loro vita è una parabola.
Tu che sfinisci i tramonti
e poi riprendi a tremare
ci devi cadere
in un silenzio prima di definirlo tale.
Lasciati remare due dita sugli occhi aperti per
avere la capacità di scrivere senza fare uso di T e di V.
E se non hai lo strumento, abbi tempo e idee da vendere.
Non ti servirà un collo lungo per copiare
la torre di Babele, l’allegoria biblica della rovina,
del fallimento, della punizione dell’orgoglio della ragione.
Nell’essenza di una dimora vedrai le cose camminare.
O cadere in questa reazione a catena, endotermica e interiore,
in cui resteranno particelle trasformate in credenti a confronto
il più miserabile degli errori è mentire a sé stessi.
Il più desolante è crederci. Il passaggio successivo: giustificarlo
al buio, le parole perdute forse si nutrono di grammatiche nomadi.
Dimentica tutto. Su appunti per sempre immobili.
Inizia scrivendo e andando con disinvoltura per la tangente.
Anche fuori dal foglio, scoprirai l’arte perdendoti. E le regole
in arte, vengono all’ultimo momento, ignorandole o scoprendole
dopo averle applicate.
Talvolta, travolta. Avvolto
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ti accorgerai di non poter più scrivere, ma vivere ciò che hai scritto.
Lasciandoti dove puoi nascere in un punto, e morire di continuo.
Adesso spostiamoci, come su una giostra.
Prendere le parole e vestirsene avvertendosi: “maneggiare con cura”.
In dosi eccessive risultano letali. Violente, raffinate, gratuite.
Guardare e non toccare ogni giorno
faranno succedere qualcosa mentre la paranoia t’indurrà a riprodurre
il mondo vegetale. O essere fiore.
Vuoi scrivere?
Procurati qualcosa d’interrotto
nella mente, nell’anche della notte, nella vita delle dita.
Appoggia un bicchiere senza fiotti sui pensieri compiuti
scritti fino a quel momento. Stancamente rami
i pieni, il vuoto e il niente insegneranno. La deformazione
della maledetta realtà. E abbracciane la seduzione.
O fuggi, scappa, violentati per tornare verso l’ebbrezza della tragedia
in un secondo. È necessario costruire
un mondo
a parte per evitare qualsiasi tipo di giudizio
non sporcarti con la voce degli altri
quando
è necessario coltivare dentro vermi. Nel sentirsi limo
la sovrapposizione non è un segno di spreco per caso,
fatto da un incapace o da un impotente. Quanto
un gesto custodito, degradato dalla luce, amplificato e seviziato
dalla depressione. E nessuno deve accorgersene.
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Voglio il foglio. Volgi il foglio in sezione.
Cogline interdetto il profilo, e dove il taglio
delle sillabe in rilievo
premi
nel disegnare con un compasso di braccia appese
spezza, sciogli, destruttura il copione.
Scindi, secondo caratteri digitali e personalità.
Mentre aspetto ancora una volta qui
la contrapposizione tra uomo e poeta
che celi tra un letto di ferro,
battuto e la cera della tua pelle
e dove anche la mente di una sola ragione vincente
é un bozzolo capace
di tessere trame di seta e fili conduttori
di saliva elettricità.
Dare un significato alle assurdità con un movimento
simile a quello delle radici.
Quando accartocciato
ancora come sempre
non so cosa
però
io non so cosa
scrivere con una piuma bagnata.
La distruzione come genesi del divenire.
In ogni direzione evolversi morso e preda
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Aurelio Valesi
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affidando sé stessi già preparati al sapore aspro di una fine,
scoprire quando un istante possa non essere silenzio
mentre il destino esplode riportandoti destino.
Sono solo. E non sono armato.
Non sei solo. E sei amato.
Sono le incertezze che non traduco
a rendermi forte
io non aspetto
nulla
ma non toccatelo quel nulla, perché ha già toccato voi.
Ferito sul corpo e nella visione, come vetro piegato dal dolore,
o libro appena chiuso dall’ultimo foglio, raglio e raggio dell’autunno, piano
tragitto al termine della voce.
Cibandosi attraverso un orecchio. Cibarsi di orecchie. Incidersi con un orecchio.
Provare a ruotare una W, una M ed una E.
Disegnare con le forbici un tre lungo un occhio.
Piango. Mi serve per tornare tremando.
Quanti modi conosci per isolarsi comunicando?
Questo. Un viaggio di sola andata senza spostamento
mentre tutti questi giorni trascorreranno
bendati di un accurato, velluto rivoluzionario
pronto a partorire una dolce
difficoltà che ti somigli.
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Giulio Gallucci, Poesie inedite
dirtyinbirdland
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21 mar, 7:25 m.
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Aurelio Valesi
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(Photo from The dreamers - B. Bertolucci)
Terapia del buio
Crisi a livello
Ritmico,
terapia del buio
e una notte, una sola
in alchimia superna.
Lo ione è solo, lo ione
È il numero uno, la smorfia
D’infinito e
L’alba è particelle nel
Cielo in psicanalisi,
esplodono le stelle
la luna in paralisi
eterna.
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Aurelio Valesi
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eterna.
Dio Ascende al cielo
Vuoto. Dio si adagia
Sul tempo in moto
Si spara in vena
I fluidi astrali,
il buio è macchina e
strappa al vento le sue ali.
Mi scoppia la testa
Il ritmo esangue
Sugge l’argilla dalla
Faccia del mondo.
**
Ridotti a sputare
Ridotti a sputare
Al microfono tetro
I nostri sogni,
Sembra piegarsi
L’humanitas
Di fronte al tempo.
Destinati all’insaputa
Vita misera, scaduta
Buttata all’angolo
Del cosmo.
per sempre
analizziamoci
per sempre
guardiamo a terra
per sempre
rabbia e arte chiusi in gola
per sempre
un sogno, ora dopo ora.
**
"St. Valentine "
Il giorno del cielo
Spoglio, le nuvole
Ai limiti di uno sguardo
Un cuore di carta
Si eleva lento
E il ringhio delle macchine
E l’aria in fondo
D’argento , di perla
Come i visi di quel giorno.
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Aurelio Valesi
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Leggera scia grigia,
fumante, per le strade
dietro si porta scorie
e reati, alla mano l’indole
violenta e il giro ambiguo
del mondo, per cappello
un cielo curvo e rotondo
ubriaco di malizie notturne.
E’ questo il giorno
Dell’armonica pendenza
Ancora più evidente
Oggi quel folle equilibrio
-Ama, non ama, ama, non ama… (?) -
**
Giulio Gallucci ha 16 anni e vive a Roma , attualmente frequenta il LiceoClassico Luciano Manara. Scrive da sei anni per pura
passione, innata e disinteressata. Negli ultimi due anni ha tentato di portare la poesia nella sua scuola, istituendo laboratori
poetici prettamente studenteschi e promuovendo concorsi letterari cosi da poter avviare un confronto con i suoi coetanei e
ampliare la sua sensibilità artistica.
Alcuni di questi versi ci colpiscono, per lo spessore e l'azzardo. Ed è con una certa commozione che ospitiamo la testarda
passione per la poesia portata nelle scuole. Questa stessa passione, in questi giorni di guerra, ci fa sperare--
Leggi tutto…
Gianni Priano, Le violette di Saffo
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dirtyinbirdland
17 mar, 11:23 m.
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Aurelio Valesi
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Il libro è in edizione bellissima, sembra un taccuino-- e come un taccuino è tagliente, e fitto di tenerezze, come se a scriverlo
fosse la passione dell'altro, e del tradimento. In dedica, Gianni dice: "Ai maestri che ho tradito, e di proposito deluso".
Ieri si è un po' stranito, perché gli ho scritto che è figlio di Pasolini, eppure credo di non sbagliare: la stessa intelligenza
scomoda, la stessa irriverenza sostanziale (lo stesso amore per la madre e per la lingua e le lingue che ci hanno generati).
Auguri a Gianni-(Gianni Priano, Le violette di Saffo - Il ponte del sale, 2011) Leggi tutto…
Ugo Lanzalone (posted by Iraz)
dirtyinbirdland
11 mar, 2:20 p.
Bianca la cagna da pastore
stanca di anni distesa
nel mezzo della sala
abbaia non convinta
e non si leva se entro
dove ancora è sentore di operai
comunisti ancora fedelmente e orgogliosamente ancora io borghese
per ridisporre libri polverosi che narrano
storie operaie tradite;
fiera però ancora anche
nel tradimento, sconfitta
anche nella vittoria; speranza, sì, è una cagna
tu scrivevi Fortini, ma umile e grandiosa
se speranza di umili e non grandiosi umani, operaia,
o in agonia ancora
comunista di un riscatto
che poteva anche essere
anarchico e non fu
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Aurelio Valesi
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anarchico e non fu
già morto ma già vivo di un Partito scomparso
che mai fu mio
di cui una traccia resta
oscura e luminosa nella polvere d’anni che anneriscono le dita
di chi dispone in un ordine nuovo
volumi quasi
dimenticati di vecchia scuola di Partito che dava
dignità anche forse bugiarda
all’operaio cui il nemico
di classe non dava ma toglieva
soldi al lavoro duro
e dignità che oggi ancora toglie più feroce dopo il crollo
del muro che non doveva sorgere
e non doveva cadere.
Borghese nella sala
entro di un tempo
passato più veloce di una luce
e il prima il dopo l’adesso si confonde;
non domanda la cagna stanca d’anni
sbadiglia alla speranza, ma chi sbagliò
nel tempo senza tempo di una storia
che si addipana e veloce
indietro nel velocissimo salto spazio temporale
e qui o altrove;
è forse il paradosso dei gemelli se entro
borghese non più giovane ma borghese più giovane
nel tempo umano operaio
e si confonde
si dilata e si accorcia
nel vortice di storia e di natura
tra questi libri che con pigro lavoro
ripongo al posto giusto e resta il libro intatto intatta l’esegesi
di scuola di Partito che il tempo e gli anni luce
non ancora cancella ma cancella
se Marx tra polveri, se Engels, se Lenin, se Stalin,
se Gramsci, Togliatti, se anche Rosa Luxemburg,
non Trotzskij, non Bakunin che il Partito non volle
nella rigida scuola vera e bugiarda
che dava dignità e la toglieva
di operai anche oggi borghesi anche ieri
nel non interrogato.
Libri che sono toppe che mettiamo, fu errore culturale
e politico poi che sfidò cieco
natura, la chimica, il genoma
e ancora è errore e ostinato insiste
diverso e uguale nel rosso che diventa arcobaleno,
ameni inganni di indaco violetto giallo arancione
cancellano la storia, anche operaia,
e passato e futuro;
e il presente è ancora la parola bugiarda delle democrazie
che Lenin capì e che dimenticammo.
Tu dici Pasolini, Vendola, lui di muffe cattoliche
e tu ancora e libri d’altre muffe uguali
che con cura sistemo
e qualche ripulsa:
“piange ciò che muta anche per farsi migliore”
il bellissimo vero falso verso di un poeta amato ma parola consunta,
ché la parte migliore non esiste
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Aurelio Valesi
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ché la parte migliore non esiste
e imperturbata torna la bugia
di pietosa arroganza
che l’umano a se stesso ripete da se stesso; l’opuscolo esegetico
di scuola di Partito che metto
nello scaffale in alto a destra ha almeno
un vero dentro l’odio
di classe che solo può salvare che non salvò nessuno;
e tutto ancora si confonde ancora
torna il vortice ancora
tornano i quanti gli acidi il genoma
e tutto velocissimo precipita
il tempo sopra il tempo che rallenta veloce
nella luce che acceca
e i colori confonde. Si perde il rosso
nell’inganno borghese
di astuti sentimenti.
E ancora
il Capitale vince.
Ma viene la fanciulla,
sorride e inconsapevole
dal vortice mi trae qui mi riporta, ai libri che ripongo
negli scaffali di metallo grigio freddo invecchiato;
la cagna non abbaia e quasi si addormenta
tra umani irrequieti
e libri ammutoliti e tu corposo Franco
che metti le belle bandiere
e ostinato di quasi ottanta anni sali sulla scaletta traballante
incurante all’incerto, e sì, anche simbolico, equilibrio
io piccolo borghese
quasi fanciullo alla tua storia ascolto operaia che tu racconti, forse anche verboso,
di partigiani periferie borgate
e pane scarso nel ’44 (io appena nascevo)
ti dico con rispetto
che la bandiera è rigida
identità militaresca marcia
e se la stracceremo Franco dentro di me di te dentro di noi
un giorno troveremo (o troveranno) forse
il vero arcobaleno
di un comunismo gaio e di anarchia
se prima o dopo del diluvio o mai.
Questo scrissi in una settimana delle tante
nella quattordicesima galassia XZ7 detta Via Lattea e lessi
in via di Castelforte
nel Circolo della Rifondazione Comunista civico quattro quartiere prenestino
nel quindicimiliardesimo anno dopo il Grande Scoppio
una sera.
Ugo Lanzalone Leggi tutto…
Marco Ferreri - Charles Bukowski
dirtyinbirdland
6 mar, 8:50 m.
Leggi tutto…
ANTONIO ERBETTA 2
irazoqui
28 feb, 5:24 p.
E quale bellezza malinconica delle donne,
quand'erano gravide e si reggevano in piedi,
e nel loro grosso ventre, su cui giacevano d'istinto
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Aurelio Valesi
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e nel loro grosso ventre, su cui giacevano d'istinto
le mani esili, c'erano due frutti: un bambino
e una morte.
Il loro sorriso denso e quasi nutriente nel volto
svuotato non scaturiva forse dal loro capire, talvolta,
che i due frutti crescevano insieme?
Rainer Maria Rilke
La cosa che muore
Antonio Erbetta - Thélème
"Un dubbio radicale << Perché l'essere piuttosto che il nulla?>> … Eppure è lì, nell'intervallo tra stimolo e risposta,
nell'inquietudine nomade del deserto laddove l'uomo, a tu per tu con se stesso, pensa ed agisce, che la cosa che pensa,
diventa con il proprio corpo, la cosa che muore." - Antonio Erbetta
Perché parlare di morte? Di educazione alla morte?
La musica più forte / che le vite in bella fiamma riduce (B.Marin) è considerata uno dei tabù della nostra società attuale. Di
fronte ad essa fuggiamo, cerchiamo di dimenticarla, di non pensarci, nelle molteplici cure quotidiane del vivere,
considerandola un caso fra i tanti della vita di ogni giorno.
Solo negli ultimi decenni molti intellettuali, scrive Antonio Erbetta, ne "La cosa che muore", forse per un senso di colpa, hanno
tentato di rispondere all'orrore del vuoto dell'uomo alle prese con il nulla.
Le scienze umane, e in primis l'antropologia umana, si sono preoccupate di matematizzare la morte, tentando di renderci
asettici e quindi immuni dalla paura e dal dolore di essa.
La si esibisce, più che interpretarla, nel vano tentativo di rimuoverla, attraverso la spettacolarità, oppure pare possibile solo
l'ineffabilità del silenzio.
Ma questi falsi tentativi di comprensione della morte non annullano il malessere presente in noi, quel senso d'impotenza, di
limitazione, di sconfitta che pervade la nostra esistenza.
La descrizione del mito assiro-babilonese di Gilgamesh, "pone in luce l'apparente incomunicabilità dei due mondi: la vita come
negazione della morte e la morte come annichilimento della potenzialità della vita."
"L'uomo incontra nella morte il principio di separatezza: ignorandola egli non riesce a costruire il gioco dinamico che, nel
caratterizzare la dialettica particolarità/ universalità, dà senso compiuto alla sua vita personale; riconoscendola, egli sente tutto
il peso disperante del proprio annullamento ontologico."
Disperatamente consapevoli che on mourra seul, abbandonati, a volte in modo anonimo, l'uomo si chiede come sostare in
senso critico di fronte alla morte; visto, che non è la morte, scrive il sociologo tedesco N.Elias, ma la coscienza di essa che
crea problema.
V.Jankelelevitch scrive << ce qui ne meurt pas ne vit pas>>.
Riscoprendo la sponda heiddeggeriana se l'uomo riesce ad avere la consapevolezza che la vita è fatta di vita e di morte,
sostando nell'angoscia, si percepisce come essere finito. Da questa comprensione può trovare la forza per riprogettare
intenzionalmente la sua vita: quindi di scegliersi, quindi di diventare quello che si è.
La morte torna ad appartenere alla vita, anzi, per G.Simmel, essa sembra rivelarsi come quell'apparente "al di fuori" della vita
che in verità è un "al di dentro" di essa e plasma ogni momento di questo "al di dentro" come noi solo lo conosciamo". La
morte dà vera forma alla vita, di più dirà Simmel, è la forma della vita, vicino, in questo, ad N. Abbagnano che della morte
parla come <<possibilità della possibilità>>.La morte è una possibilità d'essere, essa è la possibilità più estrema, la più
autentica, la più propria. Per morte non s'intende << giungere alla fine, decedere e morire>> quanto essere-per-la morte, che
implica l'angoscia. Con l'angoscia l'uomo << si sente in presenza del nulla>>, al di là delle preoccupazioni che lo tengono
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implica l'angoscia. Con l'angoscia l'uomo << si sente in presenza del nulla>>, al di là delle preoccupazioni che lo tengono
legato al mondo e agli altri, in presenza di qualcosa che fonda l'autenticità dell'<<uomo che muore>> e dunque la sua libertà.
Heiddegger ricorda che la finitezza dell'esserci è stata dimenticata. Per cui, in ultimo, parlare di morte - di una pedagogia della
morte- può significare risvegliare questo oblio. E' necessario perciò costruire un percorso esistenziale che, dall'orrore e dal
non detto, conduce alla scoperta tragica del limite e alla sua dicibilità, che, dandosi come percorso formativo, diviene in sè
principio di comprensione del mondo e si costituisce come problema tipicamente pedagogico.
Una comprensione "eversiva" del mondo stesso, che alla pedagogia chiede molto. Innanzitutto perché, in primo luogo, le
chiede di non separarsi dalla vita. E poi di non scambiare la vita stessa per il luogo di un'esercitazione astratta del pensiero.
Ed ancor più, infine, di non rendersi mediocremente "funzionaria dell'ideologia", tentata dal progresso e dall'economia,
considerata la dimensione morale del vero.
Perché allora il silenzio della cultura pedagogica di fronte alla morte? Perché questa rimozione?
Perché rassegnarsi all'impossibilità di educarsi nell'età del nichilismo?
La pedagogia sembra aver preferito negarsi alla dialettica della vita di cultura piuttosto che correre il rischio di un rigoroso e
crudele decostruzionismo che la mettesse, nuda, di fronte alla trasvalutazione nietzscheana dei valori correnti.
Con il risultato di dirsi scienza, luogo esclusivo di segni e non più di senso, di farsi "serva" del sociale, approvando l'idea di
educazione come vera e propria tecnica riproduttiva di un disegno di conservazione politica.
Invece la pedagogia è tale solo se essa , risulta inseparabile dalla cultura in senso generale, come sostiene P.Bertolini ne "Il
presente pedagogico", e si fa vera e propria <<teoria della cultura>, capace alla fine di essere sostanzialmente una <<critica
della pedagogia>>.
Bisogna fare i conti con il nihil del nichilismo. Bisogna accettare il rischio e la fatica di dare un senso al caos del mondo dopo
la morte delle certezze e delle antiche fedi. Dobbiamo << prima vivere il nichilismo per accorgerci di quel che è propriamente il
valore di questi valori>>
Come ricorda Nietzsche quindi rinascere, ma prima tramontare; vivere, ma prima morire; educare ma prima comprendere e
rischiare.
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ETTORE BIANCIARDI
irazoqui
28 feb, 4:00 p.
Chiacchierata con Ettore Bianciardi...
Scritto da Carmen Fasolo, 01-08-2010 17:11
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Pubblicato in : Rubriche, Segnalibro
Da qualche anno, ormai, esiste tra l'Associazione Smasher - che
rappresento fin dalla sua fondazione - ed Ettore Bianciardi un contatto
epistolare "digitale", seppure esclusivamente di natura "editoriale". Infatti,
gli scriviamo qualche volta, giusto per acquistare un pacchetto di
bianciardini da distribuire gratuitamente agli amici, ai lettori e a chi si
avvicina alla stessa Smasher.
La figura di Ettore mi ha sempre affascinato, così come quella tanto
discussa di Luciano Bianciardi, suo padre e - per certi aspetti - suo
vocatore di impegno culturale. Scrittore, forse in parte rivoluzionario o
forse in parte ucciso dalla propria solitudine, Luciano è certamente
sempre stato apprezzato dalla sottoscritta per la sua scrittura fresca e
brillante, per la sua capacità di disegnare quasi perfettamente quello
spaccato della libertà umana e della sua violazione, quell'impegno o disimpegno culturale nei
confronti della letturatura e delle minoranze.
Ma lo stesso vivo interesse, nei confronti del Luciano scrittore, è presente in me nei
confronti del tanto discusso Luciano uomo, padre e compagno.
In tal senso, non per dissacrare l'immagine di quello che viene considerato "il grande Luciano",
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In tal senso, non per dissacrare l'immagine di quello che viene considerato "il grande Luciano",
né per smontare la sua indiscutibile bravura letteraria e il suo impegno culturale, mi piace
parlarne anche attraverso le parole del figlio Ettore, perché possa emergere ancora una volta
anche il suo aspetto prettamente umano e fragile.
Luciano Bianciardi
Chi, come me, ha “conosciuto” tuo padre dopo la
sua morte (io appartengo alla classe del ’78), ne ha
potuto tracciare gli esiti solo attraverso i suoi scritti.
Com’è stato vivere Luciano?
ETTORE: Non posso dirlo: io non ho vissuto con mio
padre, che è stato sempre lontano da me fisicamente e
spiritualmente, salvo negli ultimi mesi di vita, quando io
però ormai lo rifiutavo, ritenendolo ormai inutile alla mia
formazione umana e culturale. Lo conosco solo
attraverso i suoi scritti, ai quali mi sono avvicinato in
modo serio e scientifico solo dopo la sua morte. In ogni
caso posso dire che vivere con lui era difficile: tutti i suoi
rapporti umani sono saltati, quello con la moglie subito,
quello con la compagna poi, con i figli un rapporto vero
non c’è mai stato: Luciano è morto in perfetta solitudine
Ad un certo punto del suo percorso (anche
lavorativo), tuo padre si avvicina alla vita dei
minatori e ne racconta le dure condizioni di vita, la
povertà delle loro famiglie, il sacrificio quotidiano. Dopo la tragedia di Ribolla del 1954,
sembra iniziare in lui il bisogno di vendicare, uno dopo l’altro, i 43 morti…
ETTORE: Era agli inizi degli anni '50: Luciano scopre una realtà industriale nel grossetano ed
insieme un raro fatto antropologico, un villaggio che sorge come insieme di popoli diversi, ma
in armonia tra loro. Ribolla è luogo di immigrazione e di contaminazione culturale. Inoltre la vita
del minatore è migliore di quella degli altri abitanti, guadagna di più ed ha più tempo libero.
Queste cose affascinano Luciano. Non sono d’accordo che sia andato a Milano per vendicare
le vittime della strage. È solo un’invenzione letteraria per giustificare la sua partenza da
Grosseto e la sua salita a Milano per amore di Maria Jatosti, con la quale si illude di
cominciare una vita nuova, ma il distacco dal paese e dalla cultura natale lo indebolisce, gli
conferisce sensi di colpa, vorrebbe tornare, ma non ne ha il coraggio; imposta la sua vita a
Milano in modo sbagliato, vedendo solo gli aspetti negativi della metropoli e nel contempo
esalta la vita e la cultura in provincia in modo assolutamente esagerato.
Va a vivere a Milano. La vita, e anche la poetica, di Luciano Bianciardi si collocano
perfettamente nel boom economico di fronte al quale era necessario assumere una
posizione: integrarsi o restarne fuori. Cosa ha scelto tuo padre e perché? E come lo
esprime attraverso il suo romanzo “La vita agra”?
ETTORE: È sempre rimasto fuori dalla cultura ufficiale, anche perché non ha mai tentato di
inserirsi, forse più per disinteresse che per rifiuto da parte della cultura stessa. In questo modo
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inserirsi, forse più per disinteresse che per rifiuto da parte della cultura stessa. In questo modo
ha maturato un’avversione, un’amarezza che gli hanno permesso di valutare con spietata
lucidità tutti i mali e le derive di una società che a quei tempi credeva nello sviluppo infinito e
nel progresso senza ostacoli. Luciano prevede con esattezza la fine del sistema e pertanto
diventa ai nostri occhi un visionario, un preveggente straordinario. Possiamo dire che Luciano
si è ammalato subito, lui solo, di quella malattia che oggi ha pervaso tutta l’umanità: i sintomi
che noi proviamo verso questa società in crisi sono quelli che Luciano descriveva
cinquant’anni fa, completamente inascoltato.
La storia con la comunista Anna come ha segnato la sua vita, se l’ha segnata?
ETTORE: È stata una storia d'amore e di complicità intellettuale, alla quale purtroppo non ha
saputo dar corso ed è fallita come prima e più velocemente è fallito il suo rapporto con la
moglie. Molto probabilmente tutto dipende dalla incapacità di Luciano di stabilire delle relazioni
umane con chiunque. Forse questa è la ragione ultima della sua solitudine, della sua malattia,
della sua morte,
Come e perché, secondo tuo padre, il lavoro intellettuale rischiava di divenire una
catena di montaggio?
ETTORE: Luciano entra alla Feltrinelli con una certa speranza che lì, nella grande città e nella
nuova iniziativa culturale di un miliardario comunista, si possa fare una vera rivoluzione
culturale, si possa cioè portare a temine quella rivoluzione iniziata con la Resistenza e la
caduta del fascismo. Si accorge subito che non è così, d’altronde non è un combattente e cede
subito di fronte alle prime difficoltà, sviluppando il senso di rifiuto di quella società, della quale
rimane sempre ai margini, confidando in tal modo di poterla combattere, o perlomeno
avversarla, rimanendone però sempre al di fuori. Si sviluppa in lui gli anticorpi che gli fanno
rifiutare quella città, quel modo di vivere, quel modo di pensare; medita un ritorno al paese,
che per molte ragioni gli è ora impossibile e nasce una sensazione di vuoto e di inutilità che
pian piano e inesorabilmente fa sì che si lasci andare e lo conduce alla morte.
Se fosse ancora in vita, cosa direbbe tuo padre di fronte alla piega che l’editoria
moderna ha preso?
ETTORE: Sono passati molti anni e il mondo è cambiato: difficile prevedere adesso le sue
reazioni, teniamo conto che Luciano scriveva i suoi libri ed articoli a macchina, inserendo la
carta carbone tra i due fogli, per fare una copia personale. Un altro mondo, un altro tipo di
scrittura, un’altra generazione di scrittori, non confrontabile con quelli di oggi. Un’altra editoria:
allora la scena era dominata da alcuni imprenditori coraggiosi che investivano i propri soldi
perché avevano scommesso su alcuni autori, che loro consideravano validi. Era un’altra Italia.
Oggi non ci sono più i Rizzoli, Mondadori, Bompiani e Feltrinelli, personaggi con i quali Luciano
si scontrò furiosamente, ma che oggi gli mancherebbero molto e rimpiangerebbe sicuramente.
Come hai vissuto la malinconia e la morte di tuo padre?
ETTORE: Mi dispiace non poter dire che ho sofferto la morte di mio padre. Non sono stato un
figlio normale, né tantomeno lui un padre come tanti altri. Ho sofferto, anzi soffro tuttora la
mancanza di un padre vero, un padre istituzionale, un padre che torna a casa ogni sera. Vorrei
aver avuto un padre con tanti difetti, magari un padre che mi picchiasse la sera, ma che fosse
stato lì. Invece non ho avuto un padre, se non in senso genetico, che, a dispetto di quello che
pensano i più, non conta assolutamente niente.
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pensano i più, non conta assolutamente niente.
Cosa comporta per Ettore essere menzionato spesso quale figlio di Luciano?
ETTORE: Grave imbarazzo e un certo fastidio: non mi piace essere considerato solo perché
figlio di Luciano, mi sembra che tolga l’attenzione su quel poco o molto di buono che c’è in me.
D’altronde non posso negare che il fatto di essere figlio suo, mi apre qualche porta e mi
concede un po’ più di attenzione che se fossi figlio di un avvocato o di un tranviere.
Secondo te, qual è il compito di un intellettuale oggi: costruire il proprio potere
editoriale, imparando a gestirlo bene, oppure limitarsi a non scendere a patti con il
potere editoriale dei più grossi?
ETTORE: Secondo me l’intellettuale è un traghettatore, del popolo verso la cultura.
L’intellettuale deve rendere possibile per chiunque avvicinarsi alla cultura, la vera cultura, tutta
la cultura. In questo sono assolutamente figlio di Luciano Bianciardi, ne eredito il mandato e la
vocazione. Invece molti che si autodefiniscono intellettuali ritengono che il loro dovere sia
quello di autoisolarsi e costruirsi un involucro dal quale sentenziare e pontificare sulla cultura,
rimarcando la differenza che c’è tra la loro cultura e quella del popolo. Ecco, io combatto
questo tipo (prevalente) di intellettuale e vado in direzione assolutamente contraria. Questo per
me è fare cultura popolare.
In molti abbiamo incontrato nuovamente Luciano attraverso il tuo impegno con il
progetto sui bianciardini. Come nasce e qual è il suo scopo?
ETTORE: Esattamente quello detto sopra, cioè sviluppare una cultura popolare. I bianciardini
raccolgono testi da noi giudicati eccezionali e che, per un verso o per l’altro, sono sconosciuti
al grande pubblico, alla cultura popolare, insomma. E per questo li offriamo al prezzo più
basso che si può pagare in Europa, un centesimo di euro, la monetina più piccola. Ma questo
è il prezzo minimo, perché chi vuole e può paga qualcosa in più e diviene un finanziatore
dell’iniziativa. Particolare è anche la distribuzione dei bianciardini: per il loro prezzo non sono
accettati dalla distribuzione libraria e per questo noi li distribuiamo tramite quello che
chiamiamo il circuito della passione: chi si rende conto dell’importanza dei testi, solitamente
diventa un nostro complice e si fa mandare un pacco di bianciardini che poi provvede a
distribuire tra amici e conoscenti creando così altri complici. Non regaliamo i bianciardini,
perché se lo facessimo li svaluteremo, la gente penserebbe ad una operazione pubblicitaria, o
ad un lancio di un nuovo autore.
Qual è il lavoro e l’impegno culturale di Ettore Bianciardi?
ETTORE: Questo, sviluppare la cultura popolare, far leggere alla gente i libri, ridurre il loro
prezzo, farlo tendere a zero, annullare tutte le barriere, quelle storiche, quelle economiche,
quelle sociali e quelle, molto più pericolose, create ad arte per crearsi un involucro, un posto di
lavoro, una rendita, per potersi definire intellettuali e guardare gli altri dall’alto in basso. Per
questo raccolgo inimicizie, asti, incomprensioni e odi. All’inizio magari la gente mi stima e mi
ammira, ma poi rendendosi conto che il mio impegno va in direzione opposta a quella che è la
concezione prevalente dell’intellettuale, riesce addirittura ad indignarsi e a considerarmi un
pazzo o un lunatico. Basti pensare che dopo aver collaborato gratuitamente all’editing e alla
revisione di almeno una ventina di libri, alla fine come ringraziamento praticamente tutti gli
autori mi hanno tolto il saluto e non mi hanno dato neanche una copia del libro che io in
pratica avevo riscritto per loro. Ma questo significa che svolgo bene il mio impegno culturale,
contro la cultura corrente, per una vera cultura popolare. E vado avanti.
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contro la cultura corrente, per una vera cultura popolare. E vado avanti.
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Boris Pasternak - Poesie
dirtyinbirdland
28 feb, 8:54 m.
(Photo by Anna Hurting)
In ogni cosa ho voglia di arrivare
sino alla sostanza.
Nel lavoro, cercando la mia strada,
nel tumulto del cuore.
Sino all'essenza dei giorni passati,
sino alla loro ragione,
sino ai motivi, sino alle radici,
sino al midollo.
Eternamente aggrappandomi al filo
dei destini, degli avvenimenti,
sentire, amare, vivere, pensare,
effettuare scoperte.
Oh, se mi fosse dato, se potessi,
almeno in parte,
mi piacerebbe scrivere otto versi
sulle proprietà della passione.
Sulle trasgressioni, sui peccati,
sulle fughe, sugli inseguimenti,
sulle inavvertenze frettolose,
sui gomiti, sui palmi.
Dedurrei la sua legge,
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Aurelio Valesi
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Dedurrei la sua legge,
il suo cominciamento,
dei suoi nomi verrei ripetendo
le lettere iniziali.
I miei versi sarebbero un giardino.
Con tutto il brivido delle nervature
vi fiorirebbero i tigli a spalliera,
in fila indiana, l'uno dietro l'altro.
Introdurrei nei versi la fragranza
delle rose, un alito di menta,
ed il fieno tagliato, i prati, i biodi,
gli schianti di tempesta.
Così Chopin immise in altri tempi
un vivente prodigio
di ville, di avelli, di parchi, di selve
nei propri studi.
Giuoco e martirio
del trionfo raggiunto,
corda intoccata
d'arco teso.
(Boris Pasternak, Poesie - Einaudi, 1979)
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LUCIANA BIANCIARDI
irazoqui
27 feb, 10:39 p.
Ricordo di mio padre
Questo testo - pubblicato per
gentile concessione di Luciana
Bianciardi e grazie all'altrettanto
gentile interessamento di Manlio
Benigni - è la trascrizione
dell'intervento di Luciana
Bianciardi alla serata-omaggio
"Luciano Bianciardi, un
anarchico della scrittura tra
Grosseto e Milano", Udine, 1°
febbraio 1997.
Luciana Bianciardi - daughter of
Italian writer Luciano Bianciardi
(1922-1971) - recalls her
childhood with (and without) her
father. This article is the
transcription of Luciana
Bianciardi's speech at a
symposium dedicated to LB,
Il 1969 - io facevo la terza media - fu per me
un anno particolare. Mio fratello già faceva
l'università, ed era quindi contestatore e
capellone per contratto. Anche a me venne tanta
voglia di contestare. Vedevo mio padre molto
poco e, quelle poche volte, molto di corsa. Lui
viveva già a Milano e io a Grosseto, nella
provincia più provincia... Grosseto come Kansas
City, era sua la battuta. Dovevo scegliere gli
studi secondari e mia madre e mia nonna mi
dissero che non c'erano alternative: le donne
dovevano fare il liceo classico. Gli uomini, i
ragazzi, beati loro, potevano scegliere anche
lo scientifico. Io non lo volevo fare, il
classico, perché mi piacevano la matematica e
le lingue. Scrissi a mio padre dicendogli: io
non lo voglio fare, vieni tu, perché io non ho
gli strumenti, non ho la libertà, vieni tu, che
mi parli sempre di libertà, a dirmi che cosa
devo fare, perché io non lo so. E aggiunsi:
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symposium dedicated to LB,
held in Udine on the first of
February 1997: "Luciano
Bianciardi, un anarchico della
scrittura tra Grosseto e Milano".
© Trax
devo fare, perché io non lo so. E aggiunsi:
vieni, ma stavolta non andartene di corsa,
rimani. Lui venne e rimase due anni. Furono due
anni in cui io credo di aver capito il suo
concetto di libertà, che poi è stato definito
anche "anarchia". In quell'occasione mi disse:
io penso che la scelta fatta da tua madre e tua
nonna per te sia la migliore, perché la libertà
- questa era una sua teoria, ovviamente - è
saper demolire, ribaltare tutto ciò che si è
faticosamente raggiunto. Quindi adesso avrai
dieci anni di studio matto e disperatissimo,
del quale capirai ben poco, però tutto questo
sarà necessario per darti gli strumenti per
poi, se vorrai, ribaltarlo. Io credo che il suo
concetto di anarchia e il suo atteggiamento
anarchico consistano in questo: voler sempre
ribaltare quell'equilibrio che faticosamente,
in campo affettivo ma anche letterario,
riusciva a raggiungere.
Rimase due anni: io gli avevo detto di non
andar via di corsa, pensavo a una settimana,
furono due anni, in cui imparammo a essere
padre e figlia... lui si definiva il padre
prodigo. Due anni di vita insieme, in cui
abbiamo ricostruito tutto, fin dalle radici. Ci
siamo ricostruiti l'infanzia, e poi la
giovinezza. Ricordo un particolare della vita
insieme, quando io facevo il famoso ginnasio,
che poi mi costrinsero a frequentare: lui
veniva sempre ad aspettarmi all'uscita di
quella scuola, in quello stesso istituto dove
era stato prima allievo e poi insegnante. Si
sedeva sui gradini della scuola elementare lì
di fronte, la stessa che avevamo frequentato
sia io che lui: a Grosseto le scuole son
quelle, non è che ci sia poi molta scelta. Il
bidello, che era lo stesso di quando lui era
insegnante, era meridionale, e usava la forma
del voi di cortesia e diceva: professore, per
favore, venite a sedervi di sopra. E lui
ribatteva: no, voglio stare qui, voglio
aspettare i ragazzi che escono. E il bidello:
professore, voi state scherzando, ci sono tutte
le cacche di piccione. E lui, vedi Quirino così si chiamava - nella vita è lo stesso,
bisogna scegliere su quali cacche mettersi a
sedere, io ho scelto questa qui.
Io ero un po' gelosa di queste cose, perché
naturalmente, essendo un personaggio famoso era il '69 - catturava sempre l'attenzione dei
miei compagni della terza liceo che già
contestavano, e io che ero in quarta ginnasio
provavo un po' di disagio e dicevo: non abbiamo
molto tempo, vediamo di costruire questo
rapporto padre-figlia, e cercavo di tirarlo
via. I miei compagni a dire il vero mi
detestavano per questo, dicevano: lasciacelo
qua che dobbiamo parlare. E parlavano di tutto,
di letteratura, di cinema, di scuola.
Ecco, a proposito della rottura degli
equilibri, questa credo sia stata la grande
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equilibri, questa credo sia stata la grande
libertà di mio padre, la sua vera, profonda
anarchia. La prima frattura l'ebbe negli anni
Cinquanta, precisamente nel 1954. Era
direttore, dal '51, della Biblioteca Chelliana
di Grosseto. Una vita e una situazione
lavorativa e familiare tranquilla, un figlio,
mio fratello più grande, di cinque anni. Si
inventò il Bibliobus, cioè un furgoncino
scassato fornitogli gratuitamente dal Comune,
che lui stipava di libri - ne metteva dentro
tanti, di vari tipi - e portava in giro per le
campagne grossetane. Era una persona totalmente
sprovvista di senso pratico, incapace di
gestire cose come schede di richeista e
tessere. Andava insieme al suo collaboratore,
Aladino, e gli diceva: mi raccomando, Aladino,
andiamo a occhio. Andare a occhio significava
ricordarsi il libro, ricordarsi la persona a
cui lo si era prestato ed eliminare tutto il
passaggio di schede. Naturalmente andarono
persi moltissimi libri, di questo si lamentò
l'amministrazione comunale e lui si difese
dicendo: meglio un libro rubato che un libro
mai letto.
Lui aveva una sorta di grande rispetto per il
lavoro manuale, faticoso. Girando per le
campagne capitava spesso nei villaggi minerari
- adesso le miniere sono chiuse, ma allora,
intorno a Grosseto, ce n'erano diverse:
Ribolla, Boccheggiano, Montemassi. Lui andava a
sedersi e attendeva la fine della gita (così
curiosamente si chiama il turno in miniera) e
l'uscita dei minatori, prendeva il caffè con
loro, ci parlava. Diventò amico di quasi tutti.
Ho parlato recentemente con alcuni di loro non sono più moltissimi quelli sopravvissuti e uno mi ha detto: io ero bambino, però tuo
padre me lo ricordo, anche perché mi chiamava
amico. Lui era un giornalista, che già
collaborava all'"Unità", e io non sapevo né
leggere né scrivere. Perciò il fatto che una
persona del genere mi chiamasse amico mi
sembrava così bello, così grande. Aspettavo la
fine del turno proprio per andare da lui a bere
il caffè.
I minatori raccontavano i loro problemi, per
esempio che a Ribolla c'era una galleria in cui
si stava scavando a fondo cieco. E gli dissero:
è pericoloso, lo scriva lei sui giornali,
perché è pericoloso, corriamo il rischio di
saltare tutti per aria. Il 4 maggio del '54 la
miniera saltò in aria, morirono 43 minatori. Fu
un episodio che lo colpì moltissimo, questo:
scrisse sul "Contemporaneo", in occasione del
funerale: "Quando le bare furono sottoterra,
alla spicciolata se ne andarono via tutti, col
caldo e col polverono di tante macchine sugli
sterrati. Io mi ritrovai solo sugli scalini
dello spaccio che aveva già chiuso e mi sembrò
impossibile che fosse finita, che non ci fosse
più niente da fare". Erano morti 43, come
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più niente da fare". Erano morti 43, come
diceva lui, amici suoi e lui non poteva fare
niente. Scrisse articoli di fuoco, cercò
perlomeno di costringere la Montecatini a
prendersi le sue responsabilità, ma la
Montecatini era un colosso. Quando le vedove
dei minatori si accontentarono, ovviamente, dei
pochi spiccioli e delle pensioni che la ditta
concesse loro, subì un altro grande colpo.
Cercò inutilmente di riportare a galla il
problema, di scriverne ancora. Gli dissero che
la faccenda era chiusa, che la notizia era già
vecchia.
Fu veramente un gran trauma, e quando
Trombadori gli propose, nel '54, di andare a
Milano per lavorare nella redazione della
Feltrinelli, la nuova, grande, progressista
casa editrice, partì, lasciando mio fratello,
mia madre e me, che stavo appunto per nascere.
Alla Feltrinelli ovviamente un tipo come lui
non poteva trovarsi bene perché anche già il
fatto di arrivare in orario in ufficio era un
grosso problema. Trovò vari amici e
collaboratori, tra i quali Giampiero Brega,
Valerio Riva e Fabrizio Onofri... però non gli
piaceva quel lavoro: chiamava Giangiacomo
Feltrinelli "il Giaguaro" o "Timberjack" e
cercava sempre tutti gli escamotage per
riuscire a conciliare il suo modo di lavorare
con quello necessariamente burocratico di una
casa editrice, sia pur nuova, sia pur di
sinistra.
Un episodio per tutti: sia lui, sia Valerio
Riva, sia gli altri che lavoravano alla
Feltrinelli, all'inizio non guadagnavano molto
e facevano una vita piuttosto grama, mangiando
alle latterie, magari mezza porzione, mentre
Feltrinelli era notoriamente miliardario. Una
sera che erano tutti intorno a un tavolo delle
riunioni, verso le sei del pomeriggio arriva il
Giaguaro fresco di doccia, appoggia il suo
bellissimo cappotto di cammello di fianco a
quello del Bianciardi, voltato e rivoltato trequattrocento volte, e comincia a parlare di
giustizia sociale e lotta di classe, per due
ore. Mio padre non ne può più, alla fine si
alza - gelo, perché non ci si poteva alzare
quando parlava il padrone - guarda quel suo
cappotto liso, batte la mano sul tavolo, prende
il cappotto del Feltrinelli, se lo infila, si
pavoneggia un attimo, si volta, poi alza il
pugno e dice: viva la lotta di classe, ed esce.
È andato avanti per un paio d'anni con questo
cappotto bellissimo e gli amici, che sapevano
le sue condizioni economiche, gli chiedevano:
ma come hai fatto, Luciano, a comprarti un
cappotto così bello? No, non me lo sono
comprato, me l'ha regalato il Feltrinelli
perché lui alla lotta di classe ci crede
veramente.
Fu licenziato - non potevano far altro - ma la
colpa non era di Feltrinelli, semplicemente non
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colpa non era di Feltrinelli, semplicemente non
era quello il lavoro adatto per lui: io ero
molto piccola (era il '57) però in seguito ne
ho sentito parlare e mi è sembrato di cogliere
in questo tutto sommato un certo senso di
sollievo. Lui scrisse: "Mi licenziarono
soltanto per via di un fatto, che io strascico
i piedi, e poi mi muovo piano, mi guardo
intorno anche quando non è indispensabile. La
verità, cara mia, è che le case editrici sono
piene di fannulloni frenetici, gente che non
combina una madonna dalla mattina alla sera e
riesce, non si sa come, a dare l'impressione
fallace di star lavorando. Pensa, si prendono
pure l'esaurimento nervoso".
Feltrinelli, che non era uno stupido, capì le
potenzialità di un rapporto di collaborazione
esterna con Bianciardi e gli affidò dei lavori
di traduzione. Da quel momento fu quella la sua
vera occupazione. Diceva sempre: lavoro 6/8 ore
al giorno, 20 cartelle, anche di domenica,
anche a Natale e Pasqua, e nei momenti liberi
scrivo prosa mia. Traduceva a una velocità
impressionante, più di cento libri in tutta la
sua vita, ottanta soltanto nell'arco di dieci
anni: ritmi infernali, quindi. La vita agra, il
suo romanzo più famoso, descrive appunto tali
ritmi, quello che lui chiamava "il
battonaggio", perché si sentiva un po' come un
mercenario. Diceva: questo è il mio
battonaggio, ma diuturno, io rivolto carte su
carte. La vita agra ebbe successo, 50.000 copie
in dieci giorni, erano numeri altissimi per
quell'epoca e forse anche adesso. Nel '64
Lizzani ne trasse un film, poi venne il
successo. Io mi ricordo che proprio quell'anno
gli scrissi una lettera, dove dicevo: adesso
sei un uomo di successo; e la risposta
bellissima fu: per me successo è participio
passato del verbo succedere: a me è successo.
Il successo gli portò anche un certo benessere
economico. Si divertiva ad andare in giro con
Domenico Porzio, a fare presentazioni del
libro, ma diceva: ho un po' perso rispetto per
me stesso perché sembriamo due comici
d'avanspettacolo: sempre le stesse battute e
soprattutto sempre con l'aria di dirle per la
prima volta; sarà il caso che cambi vita.
Montanelli lo chiamò al "Corriere della Sera"
offrendogli - era il '64 - trecentomila lire al
mese. Rifiutò sostenendo di non poter
collaborare con quel tipo di giornale. I
funzionari della Rizzoli lo chiamarono per
spiegargli che, scrivendo un libro all'anno di
incazzature in prima persona singolare come La
vita agra e facendo quella che lui definiva "la
professione dell'incazzato", poteva farsi la
sua vita tranquilla, guadagnare come molti
altri scrittori. Lui all'inizio parve
d'accordo, dopodiché si presentò con un libro
su Risorgimento: alla Rizzoli si misero le mani
nei capelli. Volevano che facesse la parte
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nei capelli. Volevano che facesse la parte
dell'arrabbiato italiano e quello si metteva a
scrivere libri di divulgazione storica.
Secondo ribaltone della sua vita. Scrive La
battaglia soda (1964), Daghela avanti un passo!
(1969), Aprire il fuoco (1969). Il Risorgimento
tutto sommato cominciava a piacere, i giovani
scoprivano che accanto al cenerale Custer c'era
un generale Ristori e che quel periodo poteva
anche essere divertente. I funzionari della
casa editrice cambiarono ritornello: lasciamo
perdere la storia dell'incazzatura milanese,
scrivici un libro così all'anno che va bene. Il
successo era discreto, anche se non
paragonabile a quello della Vita agra. E lui,
terzo ribaltone della sua vita, si mise a
scrivere un libro di reportage di viaggio,
Viaggio in Barberia (1969), rifiutò
collaborazioni di prestigio per scrivere su
testate allora definite "pornografiche":
"Playmen", "Le Ore", "Kent", "Abc" ed
"Executive". E, pietra dello scandalo, per la
quale sarà malvisto da tutto il giornalismo
italiano, insieme a un altro scrittore e
giornalista, che si chiamava Gianni Brera,
cominciò a scrivere sul "Guerin Sportivo".
Io credo che quella che definiamo adesso la sua
anarchia sia sempre stata questa libertà di
poter scegliere di ribaltare situazioni comode
e redditizie. In questo sta la sua grande
libertà, la sua grande forza e la sua, direi,
grandezza.
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Voici la bombe - Luigi Di Ruscio
dirtyinbirdland
25 feb, 8:37 m.
Luigi Di Ruscio - Da oggi tutte le ore sono nostre Leggi tutto…
Manuel Cohen - (Luigi Di Ruscio)
dirtyinbirdland
23 feb, 6:29 p.
la vista micidiale che da Fermo
si gode. da lì, esule, sei partito
irato mai fermato, marchigiano,
yiddish, Luigi, la lingua, il tuo idioletto
incoercibile Palmiro fermano
libero battitore rimbalzato
per internet. tu che da più lontano
prendi la penna, prendi più vicino
(Manuel Cohen, Cartoline di marca, Editrice Marte, 2010)
* a prestito, per un saluto
(Morto a Oslo il poeta fermano Luigi Di Ruscio - Marche - ANSA.it) Leggi tutto…
Gianni Priano - Fìjota c't'mangi zícr, cmé na végiatta
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dirtyinbirdland
17 feb, 9:46 m.
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Aurelio Valesi
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(Photo from Quattro minuti, Chris Kraus, 2006)
Fìjota c't'mangi zícr, cmé na végiatta
t'pòrli e t'pòrli ar fén id dì ir dì
nàinta n' teurema ans ir fì dra làingua
mo ir son, re campan-ne der mezdì
re fiure d'in diu sc-càuz e patanì
(Bambina che mangi zucchero, come una vecchietta
parli e parli per dire il dire
non un teorema sul filo della lingua
ma un suono, le campane di mezzogiorno
i fiori di un dio scalzo e nudo).
Di Gianni Priano è uscito ieri, nel catalogo della Casa Editrice Ponte del Sale, "Le violette di Saffo". A Gianni, i nostri auguri.
Leggi tutto…
Nerina Garofalo legge Iole Toini
dirtyinbirdland
4 feb, 12:10 p.
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ANGELO STEFANELLI - LA REGINA DI MURTA
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dirtyinbirdland
2 feb, 10:51 m.
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Aurelio Valesi
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(Photo from Maria full of grace)
E’ stato grazie a una circostanza maliziosa
che ho capito che di Murta sei la regina,
o deliziosa signorina che diffondi
sia l’ammirazione che il desiderio
con quel tuo fisico armonioso,
con la tua andatura un po’flessuosa,
con quel tuo viso acqua e sapone
che racchiude l’espressione vivente
di un’anima quasi sempre accesa
e che solo di rado rimane spenta.
E’ scomparso finalmente dai tuoi fianchi
quel debordante strato adiposo
atto a nascondere per lungo tempo
un tuo malessere segreto.
Chissà quale mefistofelico elemento
fu capace di seminare un simile scempio
in quel divino tempio talmente pagano
da far rinnegare la fede a chiunque?
Sei tornata dunque in piena forma
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Sei tornata dunque in piena forma
a riappropriarti di quel primato
che nessuno aveva mai contestato
a eccezione di qualche persona invidiosa
a cui non piace tanto l’atmosfera murtese
e la vorrebbe popolata di mostri o di streghe.
Ogni tanto un malinconico velo
scende sul tuo bel volto sincero
a oscurare la luce solare
che si deposita al mattino sul centro diurno,
sulla pianta esotica dalle mille punte,
sugli orti deserti, sui rovi pungenti,
sulle siepi campestri e sull’ampio giardino
dove tu mi hai condotto un bel giorno
per sottopormi a un inconsueto esperimento.
Tornerò domani stesso a contemplare la panchina
che mi ha visto sedotto e abbandonato,
chiedendomi se è solo per volere del fato
che tu piaci così tanto a tutti noi, o Cristina.
**
Version française du poème d’Angelo
par Mariette Cirerol
La reine de Murta
Ce fut grâce à une malicieuse circonstance
que j’ai compris que tu étais la reine de Murta,
ô délicieuse demoiselle qui répand
autant l’admiration que le désir
avec ce corps harmonieux,
cette démarche un peu flexueuse,
ce visage d’eau et savon
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Aurelio Valesi
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ce visage d’eau et savon
renfermant l’expression vivante
d’une âme presque toujours illuminée,
presque jamais sombre.
Disparue finalement de ton flanc
cette débordante couche adipeuse
qui longtemps devait caché
ton malaise secret.
Ce méphistophélique élément fut-il vraiment
capable de semer un semblant de ruine
dans ce temple divin tellement païen
qu’il induirait tout un chacun à renier sa foi ?
Cependant tu es revenue en pleine forme,
tu t’es rappropriée de cette primatie
que jamais personne n’avait contestée,
à part quelques envieux
pour qui l’atmosphère de Murta ne finit de plaire,
la désirant peuplée de monstres ou de sorcières.
De temps en temps un voile mélancolique
descend sur ton beau visage sincère
obscurcissant la lumière solaire
qui se dépose le matin au centre du jour,
sur la plante exotique aux mille pointes,
sur les potagers déserts, sur les buissons épineux,
sur les haies champêtres et sur les amples jardins
où tu m’a conduit un beau jour
pour me soumettre a une expérience inusitée.
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Aurelio Valesi
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Je retournerai demain même contempler le petit banc
qui m’a vu assis et abandonné,
me demandant si c’est seulement par volonté du destin
que tu plaises tellement à nous tous, ô Christine.
(Postato da maikoDirty per Iraz) Leggi tutto…
(L'alba schianta e) poco inferno - Silvia Molesini
dirtyinbirdland
2 feb, 8:10 m.
(Photo from "La vita sognata degli angeli")
L'alba, un giorno che è arrivata
faceva ciocco
e la lingua leggeva la strada, una lunga
fino lì, dove si ferma biforca e
disapparendo
tramonta.
Emma, ora, queste parole non arrivino
dove povera lei, che sbagliava,
e per giunta ch'adesso c'importi
dove andasse l'alba se un giorno
congiungeva cioccando
con quella lunga lingua madre
e l'asfalto, e che giungesse al bivio
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Aurelio Valesi
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e l'asfalto, e che giungesse al bivio
e che faceva notte:
ai bivi hanno dedicato monumentali,
una casa di diavolo, ella bambina infangata,
le viteinmmorte percolanti
come sai un'alba è arrivata al giorno sbrindellata
e nella bocca cera lingua bastarda e lava.
Si che alle strade rotte guidavamo i diavoli:
il loro poco inferno ci sembrava una sera.
(Silvia Molesini)
Leggi tutto…
Marco Paolini - Ausmerzen
dirtyinbirdland
29 gen, 5:51 m.
Leggi tutto…
Il tramonto è un atteggiamento - Marco Naccarella
dirtyinbirdland
29 gen, 5:35 m.
Guarda avvolte fughe d’essere.
Per essere raggiunti con un
dito, filo voce lentamente viscere.
Esistere, perdonati da un ombelico
sole fisso. E finito.
Il dolore ha un’angiotica reagente,
tangente senza punto né via di fuga.
Non ha parole se non per te.
E nessun altro
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Aurelio Valesi
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perché
non è energia perduta. Anergica assenza,
quanto un ciclo trasformabile in un argomento fisso,
un buco
figlio da accudire cui vorresti con o senza
rispondere: no, no. Assolutamente.
Un’altezza, variabile meta
tra l’istante sentirsi e l’eternità sentita
racchiusa nell’implacabile intervallo di una vita (disegno, segno, e a segno)
in lunghezza tra un passo domani stentato
che amplifica la movenza adesso passeggera
sopra le teste.
L’intensità senza confronto è una parola improponibile.
Porterò una candela effervescente al cinema cornea
o un righello, ventaglio trasparente e
arancione prepotente.
Rendimi giustizia prima del prossimo traguardo di schiena.
In quanti modi espelli la gioia in frantumi asciutti.
In quanti modi esprimi il dolore in fumi assoluti.
Considera tutto questo. E recuperane
l’intensità, non il tempo.
Il tempo ti accompagna come l’umidità
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pronta a farsi assorbire.
Desidera tutto questo poi l’immensità, non il campo.
Dalla camera colposità sentirsi sfottuto
dalla fortuna, perduto.
Certe cose si mischiano
quando sono separate
non quando si confondono.
Batte per me.
Battiti per me.
Tu rispondi alle mie domande
con le mie domande.
L’efficacia non ha più paura.
Senza puntare agli stimoli prefabbricati
Io non tendo a vedere
io vedo
nell’ancora verità
come
non intendo lucidare le porte
di un credo battente.
Amandomi dopo un lungo
e sincero viaggio e una settimana d’addio.
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Io guido in te. Cercando le curve
io non intendo venire a vedere.
Venire vedendo
io voglio
vedere vendendo.
Io. Comparsa con la stessa
faccia
a faccia, a fianco, a voce spenta
veleno nella gola immersa, linea di ogni cosa intensa e strappata.
Voglio tutto il mondo e la sua cinetica energia, ma
non lo voglio potenzialmente addosso
con tutto il fiato che ho.
Se non urlo è perché lo ricevo
sai
il cielo esiste e si regge da solo.
Cambia solo colore e umore
e io nel caso mi spengo
e mi chiudo in volo.
Mentre tutto, solo
protegge e muore.
Acerbo
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mi sento probabile.
E con le spine nascoste
vulnerabile d’umiltà infinita. Sfinita.
Il lato di me incendiario.
Ho trovato un altro giorno fario
una collezione d’angoli in giorni e di se
inquietudine, in bocca, in salita.
Lanciami dentro di te
intromissione di occhi superdotati
mi hai insegnato a contare, scontare
un
contatto con il bagliore di una stella minore.
Il tramonto è un atteggiamento
che altri hanno
un
seguito
in punta di vita
da quando nasce a quando muove
un
solo no.
No.
Spiegarti le cose è come darti un’arma in più.
Calma.
Come tutti gli altri.
Un minuto, come tutti gli altri.
La vita è una lacrima fuori campo
linfa per indagarti il tempo di accorgersene
in vuoti, nudi o senza scampo
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nel poter misurare una violenza o uno schiaffo
in gocce.
Depresso in gocce a zero:
di tutto ciò che è solo qui vero
fosse anche già storia o suono
fatti un complimento: descriviti
respiro,
finale sogno egoista
scusami
veramente,
(Marco Naccarella )
Leggi tutto…
Claudio Sanfilippo - Monetina
dirtyinbirdland
18 gen, 8:27 p.
Leggi tutto…
Manuel Cohen - Cartoline di marca
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dirtyinbirdland
18 gen, 10:13 m.
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Aurelio Valesi
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(Paolo Volponi)
quante volte, dopo cena, l'ho spiato
dai vetri della casa, in fondo al Pincio
sulle mura, da dove monti e valli
dominava. e c'era un vento gelato
furioso come pochi. rassettava
la Giovina, impagabile, in cucina
mentre Paolo, nel tinello, armeggiava
col tele e l'insonnia. lottava. lottava.
*
a volte, potevi incontrarlo, irreale
in piena notte, tra Piazza e Corso - il male
che avanzava - Paolo, in auto, l'amicale
guida, girava, rigirava, un vale
all'insonnia, un vuoto agro, pre-museale
il cuore debole, nel rene un male.
sofferente, insofferente, dializzato.
un silenzio ducale, spiritato.
***
(Pier Vittorio Tondelli)
ci fu tempo per un caffè veloce
tra un rapido e un espresso per Bologna
quel giorno, sospesa l'aria, una pace
sopra Ancona, t'ho seguito, di soppiatto
passo a passo in libreria, poi il respiro
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
passo a passo in libreria, poi il respiro
preso al volo per chiedere la dedica
occhi buoni, di ragazzo che eri
stato, musica per sempre, miei futuri.
(Manuel Cohen - Cartoline di marca, MarteEditrice, 2010)
Manuel Cohen è autore in versi e critico letterario contemporaneista. Redattore di 'Profili letterari', 'Pelagos', 'Ali', 'Carte
urbinati, rivista di critica dell'Università di Urbino', della neodialettale 'Il Parlar franco'. Suoi saggi, interventi e versi appaiono su
varie riviste italiane, europee e americane. E' nel comitato scientifico di 'Punto.Almanacco di letteratura' e dell'antologia
neodialettale 'L'italia a pezzi'. In poesia ha esordito nel 1990: 'Altrove, nel folto (a cura di D.Bellezza, Ianua),fresco di stampa è
'Cartoline di marca', pref. di M.Raffaeli, postfaz. di F. Marotta. Cura rubriche fisse su tre litblog: Lapoesiaelospirito,
Marchecultura e Rebstein.
Leggi tutto…
GIOVANNI GIUDICI 3
irazoqui
17 gen, 3:30 p.
da "QUANTO SPERA DI CAMPARE GIOVANNI" , Garzanti, Milano 1993
Sotto il Vòlto
...
...
III
Misero è l'uomo che ha bisogno di soccorso
Misero chi si accorge
Quanto non vale ricchezza
Di immagini maestà di pensieri
Versata in libri di storia :
Avessi io gli atti infiniti
Del tuo lavoro a castigare la mia boria
" Io non sto bene ancora, non starò
Mai più bene. - è tardi per entrare
Dentro ogni gesto tuo di quarant'anni
Dove fu amore vero il trafficare
Ad accudirmi a farmi cena e pranzo
Tenuti a bada i figli per lasciarmi recitare
A me stesso una vita di romanzo
Io che pietà e conforto
Invoco adesso - io
Trascorso accanto a te come da morto
Vecchia moglie spremuta
Che interrogavi la tua angoscia muta :
Perchè fossero mie
Tutte le tue poesie.
La Serra, 3 - 7 settembre 1992
Giovanni Giudici Leggi tutto…
Disgusto in 16 bit (Tabagista)
dirtyinbirdland
12 gen, 11:26 p.
La sera prima aveva vagato per bar con un joystick in mano.
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Aurelio Valesi
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La sera prima aveva vagato per bar con un joystick in mano.
Con una grafica a 16 bit aveva saltellato sgabelli come ostacoli, evitato sbronzi ciondolanti e preso i bonus birra.
Il giorno dopo si alza sereno come sempre, lo specchio del bagno gli ricorda chi è, poi un graffio di luce accecante del
pomeriggio arriva a rovinare tutto.
Come il martello di Laszlo Toth che si accanisce sulla pietà di Michelangelo.
Il cugino di Laszlo Toth è un restauratore, un criminale che inietterebbe il botox ad un morto. Laszlo lo disprezza.
Prova allo specchio la sua nuova espressione di disgusto: scuotere la testa lentamente e strizzare gli occhi. In futuro potrebbe
tornare utile.
Abbassa l'avvolgibile per invocare una tregua.
Per oggi si è guardato abbastanza, ora ricorda come è fatto.
Come quando riguarda le carte che ha in mano.
''Hai una coppia bassa, lo sai. Perchè ricontrolli le carte? Tanto le carte restano quelle.''
Da poco ha provato a replicare la scena di ''Memorie dal sottosuolo'' come un novello Dostoevskij, ma con in più una
connessione wireless, i mojiti, il bipolarismo, la politica dell'alternanza e una posizione sull'estradizione a Cesare Battisti.
Non si sa come è riuscito a convincere una a venire a letto con lui, invece di ringraziare Josè Mourinho o qualche altra divinità
pagana a lui cara, ha deciso di lasciarle dei soldi sul comodino.
La tizia evidentemente non aveva letto ''Memorie dal sottosuolo'' e ha preso i soldi con disinvoltura come se lui le avesse
offerto una cena.
Questa fissa di replicare passaggi dei classici prima o poi gli passerà.
Il prossimo, ''Lo straniero'' di Camus, sarà difficile. Mostrarsi indifferente al funerale della madre sarà impossibile con una
telecamera puntata e una giornalista che domanda: ''Scusi, cosa non prova ora?''
Sotto il letto cicche e lattine di birra disperata.
Sul portacenere la scritta “Rosenberg”. Questo l'ha sempre fatto ridere parecchio.
Pensa alla cenere in bianco e nero e alla testa della sigaretta accesa rossa come il cappottino della bimba di Schindler's List.
Lo spam nella casella mail gli fa compagnia. Si preoccupa quando non riceve per mesi le mail di "Maria Assunta, nostalgica
borbonica incontrerebbe
stupratore garibaldino per gioco di ruolo, o in caso venderebbe pure una Punto accessoriata".
Ha trovato su FaceBook la sosia perfetta della sua ex ragazza e vorrebbe contattarla, conoscerla e mettersi insieme.
Perchè si annoia, e perchè sarebbe divertente.
Disgustato da sé stesso, scuote la testa lentamente.
Per un attimo ricorda di quando era un bambino teledipendente e gli era venuta la fissa per la pubblicità occulta. Per paura di
venire messo alla berlina da ''Striscia la notizia'' toglieva tutte le etichette dalle bottiglie d'acqua che trovava per casa.
In camera inciampa su un cartone della pizza e decide di restare a terra.
In quella fossa comune di cartoni della pizza, cicche e lattine sta comodo.
Visuale nitida in HD.
E poiché non c'è nulla da capire, come in un cartone animato americano fa l'angelo della spazzatura muovendo le braccia
come ali, e sul pavimento compare la sagoma di Richard Dawkins.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
(Tabagista)
Leggi tutto…
Nerina Garofalo - Solo alle piante
dirtyinbirdland
12 gen, 5:47 p.
Nerina Garofalo_Solo alle piante_Dicembre 2010 Leggi tutto…
La poesia - Nichi Vendola
dirtyinbirdland
9 gen, 9:55 m.
Leggi tutto…
GHERARDO DEL COLLE
irazoqui
7 gen, 9:33 m.
Leggi tutto…
GHERARDO DEL COLLE
irazoqui
7 gen, 9:25 m.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Solo Tu, mio Signore,
solo Tu puoi consolarmi
là, dove da millenni di millenni
serbi l'inconoscibile mio Bene.
Tu che la bionda pecchia
al nettare conduci, ed all'insetto
sitibondo provvedi fresche perle
di rugiada, e turchini specchi d'acqua
delle cerve, e la selva
disseti e il ciuffo d'erba dei crepacci:
Tu che sui greti
dei torrenti e nell'alto firmamento
limpidi sassi rotoli e galassie;
mai Ti stanchi, o Signore, di volermi
là, dove da millenni
il mio Bene hai risposto di milenni.
Gherardo Del Colle nasce a Cesino nel 1920 e viene ordinato sacerdote nel settembre 1942, visse nei conventi di
Savona, S. Bernardino, S. Margherita,Voltaggio, Pontedecimo
Leggi tutto…
“Sono una donna pericolosa” - Joan Cavanagh
dirtyinbirdland
6 gen, 8:50 p.
Non porto bombe né bambini in grembo
Non porto fiori né miscugli incendiari
Porto scompiglio nella tua ragione, nelle tue teorie, nel tuo realismo
Perché non giacerò nelle tue trincee
Né scaverò trincee per te
Né mi unirò alla tua lotta armata
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Aurelio Valesi
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Per trincee più belle e più grandi
Non camminerò con te né per te,
Non vivrò con te, né morirò per te
Ma neppure cercherò di negarti Il tuo diritto a vivere e morire
Non dividerò con te neppure un centimetro di questa terra
Finché tu sei maledettamente proteso verso la distruzione
Ma neppure negherò che siamo fatti della stessa terra nati dalla stessa
Madre non ti permetterò di legare la mia vita alla tua
Ma ti dirò che le nostre vite sono legate insieme
E esigerò che tu viva per comprendere
Questa cosa importante
Che sono una donna pericolosa
Perché devi sapere, signore, che
Sono una donna pericolosa
Perché non tacerò niente di tutto questo
Non colluderò con te
Non avrò fiducia in te né ti disprezzerò
Sono pericolosa perché non rinuncerò, non tacerò
Né mi adatterò alla tua versione della realtà
Tu hai congiurato per svendere la mia vita
E io sono molto pericolosa
Perché non potrò perdonare né dimenticare
Né mai congiurerò per svendere la tua in cambio.
​(Condivisa su FB da http://www.facebook.com/ilmestierediscrivere)
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Auguri a tutti - Buon 2011
dirtyinbirdland
30 dic, '10, 10:35 m.
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Dietrich Bonhoeffer
irazoqui
26 dic, '10, 7:16 p.
Il senso morale di una società si misura su ciò che fa per i suoi bambini.
Un Dio che ci lascia provare la sua esistenza vuole essere considerato come un idolo.
Quando un pazzo lancia la sua auto sul marciapiede, io non posso, come pastore, contentarmi di sotterrare i morti e
consolare le famiglie. Io devo, se mi trovo in quel posto, saltare e afferrare il conducente al suo volante.
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Aurelio Valesi
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consolare le famiglie. Io devo, se mi trovo in quel posto, saltare e afferrare il conducente al suo volante.
Noi non possiamo essere onesti senza riconoscere che ci occorre vivere nel mondo etsi Deus non daretur. Davanti a
Dio e con Dio noi viviamo senza l'ipotesi di Dio. Si tratta cioè di vivere davanti a Dio l'assenza di Dio.
Se la chiesa è realmente ciò che dice essere, allora dovrò darmi da fare per riformarla.
Leggi tutto…
LORENZO MILANI
irazoqui
26 dic, '10, 12:37 m.
"Ai cattolici: voto DC con preferenza ai tre sindacalisti. Ai non cattolici: criteri strettamente classisti "
Don Lorenzo Milani Leggi tutto…
DAVID MARIA TUROLDO
irazoqui
26 dic, '10, 12:27 m.
Il manoscritto inedito
Nel tuo ventre, Milano
di David Maria Turoldo
Non solamente il cuore trema
ma il piede e tutto
il corpo a varcare quelle porte
agli stipiti la mano
cerca un appoggio
Non io in quest’antro di Milano:
un ventre di vite sepolte
nel tuo cuore, e Milano
di figli e fratelli aggrappati
in turbinio di odi
di disperazione e neri sogni,
e schiere di maledetti e benedetti non so,
nel tuo ventre, Milano,
cui un santo dal nome
di vittoria (vittoria
di chi? da cosa?)
hai chiamato a custodia e scongiuro
Non io, dico, mi sento di recare
Un soccorso. Loro
che mi diranno?
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Aurelio Valesi
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che mi diranno?
e io, che risponderò?
La dedica a Corrado Stajano
Queste sono queste, le bolge
di più nero inferno: gole aperte come voragini
tra idiozia e vendetta.
E loro, giorno e notte,
sotto le lampade al neon
a franare tra pensiero e pensiero,
lucidi e folli.
E facce appassite come crisantemi
su tombe aperte.
Così, volutamente,
con dichiarata ferocia, tutti
in trincea dietro i cavalli
di frisia delle tue Sentenze
o Stato di diritto.
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Franco Berardi, 22 dicembre
dirtyinbirdland
24 dic, '10, 11:12 m.
(Photo: Les Amants Réguliers - 2005, Philippe Garrel. "So, you're madly in love?")
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
(Photo: Les Amants Réguliers - 2005, Philippe Garrel. "So, you're madly in love?")
Ospitiamo, per gentile condivisione dell'autore, questa bella sua nota postata su FB:
quasi telegrafico. Molte cose da dire poco tempo.
1. Uno sguardo al panorama alla fine del primo decennio. La speranza Obama si dissolve, e scoppia la crisi europea. Una
nuova logica si istalla al cuore della vita europea, a partire dalla crisi finanziaria greca: Merkel Sarkozy e Trichet hanno deciso
che la società europea deve sacrificare il suo attuale livello di vita, il sistema della scuola pubblica, la sua civiltà, per poter
pagare i debiti accumulati dall’elite finanziaria. Una sorta di direttorio si è impadronito dell’Unione riaffermando i dogma
fallimentari del monetarismo neoliberista: riduzione del costo del lavoro, tagli nella spesa sociale, privatizzazione della scuola,
impoverimento della vita quotidiana. Proiettando l’ombra di una recessione di lungo periodo sul futuro dell’ultima generazione,
l’Europa è divenuta un ricatto. Se l’orizzonte pare scuro, però, accadono eventi imprevedibili, inquietanti ed entusiasmanti al
tempo stesso, sulla scena europea. Vedo i cavalieri dell’apocalisse e mi piace il rumore dei cavalli al galoppo.
2. Wikileaks ha mostrato la potenza dell’intelligenza collettiva. L’evento orchestrato da Assange è lo sprigionamento della
forza creativa dell’intelletto generale. La lezione di Wikileaks non sta tanto nei contenuti rivelati, - già sapevamo che i
diplomatici son pagati per mentire, e che i militari son pagati per sparare sui civili - quanto nell’attivazione di solidarietà,
complicità e collaborazione indipendente tra cognitari, lavoratori cognitivi di vario tipo, tecnici dell’hardware, programmatori,
giornalisti che lavorano insieme condividendo lo stesso scopo di destabilizzare il potere totalitario. Da questa lezione i nuovi
ribelli troveranno la strada verso l’autorganizzazione dell’intelletto generale.
3. L’intelletto generale cerca un corpo
La rivolta si diffonde nelle strade d’Europa da Londra a Roma ad Atene, ma la strada non è il solo linguaggio di questo
movimento. Cos’è in gioco nelle rivolta di massa di dicembre? I ribelli sanno bene che non si sta preparando una lotta militare
contro la polizia e lo stato. Non gli interessa molto della polizia e dello stato. Quel che stanno cercando è una ricomposizione
del corpo sociale e una riattivazione del corpo erotico dell’intelletto generale. Negli ultimi dieci anni la precarizzazione,
l’isolamento e la competizione del mercato del lavoro hanno provocato una dissociazione dell’intelligenza collettiva in rete dal
corpo sociale del lavoro ccognitivo. L’accelerazione dell’Infosfera (intensificazione del ritmo di sfruttamento cognitivo) ha
messo in tensione la psicosfera sociale, provocando solitudine, panico, depressione, dis-empatia. Oggi nelle strade il
cognitariato sta cercando un ritmo dell’empatia. La sensibilità e il desiderio vogliono riprendere il loro flusso. La prima
generazione che ha imparato più parole da una macchina che dalla madre ricompone il suo corpo nelle strade.
4. Un processo di lungo periodo
Le lotte studentesche non sono un’esplosione passeggera, ma l’inizio di un processo di lungo periodo che segnerà il prossimo
decennio, una sorta di insurrezione europea. Insurrezione significa alzarsi in piedi, ma anche pieno dispiegamento delle
potenzialità dell’attore. L’attore che entra sulla scena storica è l’intelletto generale in soggettivazione. Il pieno dispiegamento
delle potenzialità dell’intelletto generale si spinge molto al di là dei limiti del capitalismo, e implica una riattivazione della
sensibilità. La sensibilità, facoltà di comprendere quel che non può essere verbalizzato, è stata devastata dalla
precarizzazione e dalla frattalizzazione del tempo.
Per la riattivazione della sensibilità arte e terapia e azione politica tendono a fondersi.
Prozac, Ritalin, cocaina e competizione hanno prodotto effetti bipolari nell’economia: esuberanza irrazionale dei mercati,
panico finanziario... e anche nella psicosfera sociale: depressione di massa, crisi di panico, epidemia suicidaria. La terapia è
stata ridotta a riadattamento della mente depressa alla normalità dello sfruttamento mentale.
5. La fusione di arte e attivismo ha accentuato l’ineffettualità del gesto. Il movimento no global del decennio passato era un
movimento puramente etico, privo di effetti politici, incapace di fermare le tendenze della deregulation capitalista, perché non
entrava nella sfera della vita quotidiana, si limitava alla denuncia etica e all’azione simbolica. L’art-ivismo ha interiorizzato
l’ineffettualità e la trasformazione dell’azione in pura denuncia.
Al suo meglio, l’arte del passato decennio è stata fenomenologia della sofferenza mentale. Penso ad artisti come Lisa Athila,
Jonathan Franzen. Melinda July, Gus Van Sant, Kim ki Duk, che mettono in scena il corpo sociale frammentato e la frenetica
percezione del tempo indotta dalla precarietà.
La sofferenza psichica è il campo principale di contatto tra arte e azione sociale, nel momento in cui l’intelletto generale si
mette a cercare corpo. I ribelli di oggi stanno mettendo in opera un’azione poetica e auto-terapeutica. Stanno ricomponendo
l’empatia dei corpi, ridiscoprendo una sfera comune di sensibilità.
6. Il cinismo è finito. Al cuore dell’insurrezione attuale c’è una forte motivazione etica. Nonpenso ad un’etica fondata su
“valori”, che non so cosa siano. Penso all’etica in termini materialisti, edonisti e sensuali, come rispetto di sé e come amor di
sé. La sfera concettuale dell’estetica deve ridefinire la sfera etica.
Il cinismo di massa, che secondo Sloterdjik era il sentimento prevalente del dopo-68, è fuori corso, perché non paga più. Le
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Aurelio Valesi
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Il cinismo di massa, che secondo Sloterdjik era il sentimento prevalente del dopo-68, è fuori corso, perché non paga più. Le
masse accettavano la tristezza del cinismo e dell’auto-sottomissione alle regole umilianti del potere, quando ciò garantiva
reddito. Ma oggi il cinismo è appannaggio della sola classe dominante, e filtra sempre meno nella cultura di massa. La classe
cinica ha perduto il suo glamour. Brutti, disgustosi, ripugnanti sono coloro che stanno ai posti di comando della finanza, della
politica dell’economia, dal punto di vista della nuova generazione. E’ un giudizio estetico, prima di tutto. La scelta etica è
fondata sul piacere di sé, non su valori universali, ma sul piacere della singolarità. Un’altra percezione della ricchezza, come
godimento di sé e non come acquisizione, va facendosi strada nella sensibilità ancor prima che nella consapevolezza.
7. Dopo l’Europa
La patologia finanziaria ha devastato il corpo e l’anima della società europea, così ora l’Europa è uno zombie. Il movimento del
lavoro cognitivo insorgente si assume il compito di inventare una nuova Europa, emancipata dai dogmi della competizione e
dell’accumulazione. L’Europa rinascerà grazie all’emergere del corpo sociale ed erotico dell’intelletto generale, grazie
all’insurrezione dell’intelligenza sensuale del movimento. Europa potrà essere allora un luogo di solidarietà e di bellezza.
19 dicembre 2010 - Franco Berardi
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Cesare Pavese
irazoqui
23 dic, '10, 7:05 p.
Creazione
Sono vivo e ho sorpreso nell'alba le stelle.
La compagna continua a dormire e non sa.
Dormon tutti, i compagni. La chiara giornata
mi sta innanzi più netta dei volti sommersi.
Passa un vecchio in distanza, che va a lavorare
o a godere il mattino. Non siamo diversi,
tutti e due respiriamo lo stesso chiarore
e fumiamo tranquilli a ingannare la fame.
Anche il corpo del vecchio dev'essere
schietto e vibrante dovrebbe esser
nudo davanti al mattino.
Stamattina la vita ci scorre sull'acqua
e nel sole: c'è intorno il fulgore dell'acqua
sempre giovane, i corpi di tutti saranno scoperti.
Ci sarà il grande sole e l'asprezza del largo
e la rude stanchezza che abbatte nel sole
e l'immobilità. Ci sarà la compagna un segreto
di corpi. Ciascuno darà una sua voce.
Non c'è voce che rompe il silenzio dell'acqua
sotto l'alba. E nemmeno qualcosa trasale
sotto il cielo. C'è solo un tepore che scioglie le stelle.
Fa tremare sentire il mattino che vibra
tutto vergine, quasi nessuno di noi fosse sveglio.
Cesare Pavese Leggi tutto…
Natale
dirtyinbirdland
18 dic, '10, 8:30 m.
Certificata l'esistenza in vita
Certificata l'esistenza in vita
mostrando (e nascondendo) quattro nei
appesi al cuore, tre stimmate, la sabbia
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Aurelio Valesi
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che scivola dal buco della tasca
mi resta sullo stomaco la cena
in bocca il torvo gusto del caffè
(c'è un tempo in cui ci si vergogna di odorare
di avere addosso scampoli di sè).
Certificata l'esistenza in vita
la strada malefatta (oh quel giorno
com'era giorno in quel rosa e se pungeva
l'odore della terra e della brina
dell' erba sgocciolante e quante barche
e stracci colorati alla marina)
lo sguardo su cose , case, i palmi
naturalmente nudi delle mani
i piedi sempre più diretti dove
possono o sanno, autonomi, curiosi
solo di angoli (ma questo già a vent'anni
valeva, piedi palombari, esperti
meglio, patiti di fondali scuri).
Certificata l'esistenza in vita
( e i figli ? o quale festa e che dolore
vederli in terra, lasciarli lì a soffrire).
Certificata l'esistenza in vita
il filo che ci tiene e quello sopra
il quale continuiamo a camminare
si attende un domanda che risponda
(perchè sarà di nuovo una domanda
lo so ad attenderci in capo a tutto quanto)
( Dio di domande, Dio della mia faccia
quanto ho sognato il tuo sangue, l'aceto
sulle tue labbra, la punta della lancia
nel tuo costato, Dio delle campagne
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Aurelio Valesi
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e pescatore, Dio che è irrilevante
perfino che tu esista, niente andrebbe
di te perduto se anche non ci fossi
mi ha fatto così tanta compagnia
la tua dolce iracondia, l'eresia
della resurrezione della carne
di questa pelle che mi parla solo
nella follia della tua Parola) .
Certificata l'esistenza in vita
andiamo pure via senza indugiare
(la morte si certifica da sola).
(Gianni Priano, 2010)
**
Datemi le parole semplici
Datemi le parole semplici
voglio consumarle alla luce
del Natale renderle magre
ed affamate e un po' corrose
come se si dovesse per pregare
farsi più piccoli come
dei rami secchi
e far passare inaspettati
germogli ancora amari
premonizione di un colore
di un odore
(Nerina Garofalo, 2010)
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Hervé Guilbert - La pudeur ou l'impudeur
dirtyinbirdland
13 dic, '10, 10:57 m.
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Lista da ballo - Mauro Mazzetti
dirtyinbirdland
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13 dic, '10, 10:27 m.
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Aurelio Valesi
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Te lo dico dal plafond del cuore
che ti ho voluto bene - bene come si vuole
a un fratello - te ne ho voluto senza cervello
senza considerare che ci voleva il sangue
e sangue non ce n'era, ma c'era un succo
che poteva sembrare / tutto il sangue del mare
aveva quel colore rosso sangue
che vedi nei cataloghi illustrati
dove gli oggetti sono immaginati
a seconda del tono delle frange
così ci confondemmo - non dico che sbagliammo
fu molto naturale - non dico che sbagliammo
andammo in confusione - in infusione andammo
chi l'acqua
chi la busta
non era più di un tè
ma buono buono, eh
per dire che ballammo - primo tra i balli il tango
ma su un tempo di walzer - e anche, incatenati
merengue e bossanova - e audaci scimmiottammo
balli di gruppo e disco - e ci sottoponemmo
agli ordini imperiosi - del capo di quadriglia
spingendo la balera - ad apici mai visti
son cose e le cose se le lasci
da sole in un fiume di ricordi
tendono a raggrupparsi, a fare fasci
e a galleggiare raso raso i bordi
L'elenco descrive
ciò che è descritto.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
ciò che è descritto.
Perché un'altra lista?
Per caso? Per svista?
(Mauro Mazzetti, aprile 2010) Leggi tutto…
MoleStine
12 dic, '10, 6:53 m.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Accesi tutti in una volta i fiammiferi Minerva per
immergere lo sguardo annoiato nel lampo azzurrognolo,
zolfino, tutto oro.
L'ufficio mi fu intorno, allarmato per lo spreco.
M'aspettavo mi tastassero il polso.
(Camillo Sbarbaro, da "Scampoli" ed. Vallecchi, Firenze, 1960)
Leggi tutto…
Colours
dirtyinbirdland 9 dic, '10, 7:19 m.
Colours
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Walker Evans, [Floyd and Lucille Burroughs, Hale County Alabama], 1936. Gelatin silver print. Mandatory Credit:
Walker Evans Archive, The Metropolitan Museum of Art /Published: The New York Times on the Web 07/18/99 Books
PLEASE CONTACT Margaret M. Doyle, Senior Press Officer at The Metropolitan Museum of Art (212)-650-2128 FOR
FUTURE REPRODUCTION USE.
Yellow is the colour of my true love's hair
In the mornin' when we rise,
In the mornin' when we rise,
That's the time, that's the time...
( Donovan)
Stringevo un vaso di viole
in pieno inverno
com’è che si sono aperte le braccia?
Senza una decisione
o almeno un sussulto,
come se la rottura fosse
un destino
o un sospiro incongruo.
Guardavo te colorare
cancellando i bianchi e i neri
con trame fitte di castori sulle dighe
e cicogne sulle grondaie e ti dicevo
ma un apicoltore nomade,
lo conosci?
Tu mi guardavi sorridendo
disegnando cieli e nuvole
e gallerie
come se il tuo occhio
fosse quello del salmone
che risale la corrente.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
A quel momento preciso
ti sono ritornati i
Quindici anni.
9/12/ 2010 Lino Di Gianni
Leggi tutto…
Piccole cose di valore - Paolo Genovese e Luca Mi…
dirtyinbirdland
27 nov, '10, 10:05 m.
Leggi tutto…
Silvia Molesini legge Silvia Molesini
dirtyinbirdland
21 nov, '10, 10:25 m.
ad Eaux d'artifice di Enzo Campi (reggio film festival 2010), registrazione audiovideo di Lorenzo Tonoli (Nikon coolpix p5000),
prima dei vaffanculo, lettura di sei testi di/da Silvia Molesini (Sita madre, A inseguirla chiamandola, A pomeriggi riluce e
sfeconda, A Sylvia (in morte di Nicholas), Beldolina a quel paese, Canto Bruno) tratti da Un Es opaco. Leggi tutto…
Marco Parente & Réévolution Poétique
dirtyinbirdland
17 nov, '10, 10:04 p.
Leggi tutto…
Milo De Angelis - Videoritratto
dirtyinbirdland
15 nov, '10, 9:20 p.
Leggi tutto…
Luci della centrale elettrica
dirtyinbirdland
15 nov, '10, 6:37 m.
'Quando tornerai dall'estero' è il secondo video estratto da 'Per ora noi la chiameremo felicità', l'album de Le luci della centrale
elettrica pubblicato martedì 9 novembre 2010 da La Tempesta Dischi e Cara Catastrofe - Disegni, animazione, regia e
montaggio di Michele Bernardi Leggi tutto…
Lou Reed - Shirley Novick
dirtyinbirdland
13 nov, '10, 11:52 p.
Leggi tutto…
"Gli Occhi del Gatto" di Moebius-Jodorowsky
dirtyinbirdland
12 nov, '10, 7:36 m.
Leggi tutto…
Milo De Angelis - Quell'andarsene nel buio dei cortili
dirtyinbirdland
9 nov, '10, 7:27 p.
Scala F
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Con l'esametro di un gatto bianco e nero
e le alberelle serene nella pioggia,
il tuo sguardo diventava astronomia
e tutto era vasto e fuori tempo e tutti
gli incubi, per un intero pomeriggio,
mi lasciarono
(Milo de Angelis - Quell'andarsene nel buio dei corti - Mondadori, 2010. Milo De Angelis è nato nel 1951 a Milano, dove
insegna in un carcere.)
Leggi tutto…
Ma vie en rose
dirtyinbirdland 9 nov, '10, 10:50 m.
Leggi tutto…
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Nanni Moretti - Caro Diario
dirtyinbirdland
1 nov, '10, 10:19 m.
Leggi tutto…
Rossetto e cioccolato e il volto di Tony Servillo
dirtyinbirdland
26 ott, '10, 6:22 p.
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Massimo Michelini
irazoqui
14 ott, '10, 1:49 m.
Clemente Rebora - Capricorno Asc. Cancro - 6 gennaio 1885, ore 17.30, Milano
I Capricorno hanno spesso un temperamento ascetico anche se
non sono religiosi. Grazie all’influsso di Saturno riescono infatti
con facilità a privarsi del superfluo con una volontà che può a volte
sembrare autopunitiva. Nel tema natale di Clemente Rebora,
grande poeta che dopo aver partecipato alla prima guerra
mondiale ebbe un’irreversibile crisi mistica, Saturno appare
decisamente negativo. È in undicesima casa, in Gemelli, si
oppone a Venere e nessuno dei due pianeti riceve riscatti
collaterali. Ciò lascia intuire qualche problema di equilibrio e un
rifiuto degli affetti, che non possono sfuggire al vaglio della ragione
e forse sono visti come fonte di pericolosi eccessi. Per contro,
nell’oroscopo del poeta milanese Nettuno, pianeta del misticismo,
è strepitoso. L’affermazione di un potente Io virile passa attraverso
un’irrequietudine forte, espressa in quella via di fuga dalla realtà
che è la religiosità. Secondo il voto segreto dei Rosminiani,
l’ordine in cui Rebora entrò, si deve «patire e morire oscuramente,
scomparendo polverizzati nell’amore divino». Pur rispettando le
convinzioni religiose di ognuno, mi viene spontaneo di chiedere
perché mai Dio con il suo amore infinito dovrebbe chiedere a un
cristiano tali patimenti, ma non è questa la sede opportuna per
cercare una risposta. Divenuto sacerdote, il poeta trovò forse nelle
regole della congregazione quel bisogno di certezze e di ripetitività che la sua sesta casa forte suggerisce. Il cupio dissolvi che
pervade i suoi versi trovò una giustificazione mistica e si sollevò dal pericoloso ambito dei timori e delle nevrosi individuali. Nel
suo grande abbraccio caritatevole Dio accolse il povero mortale, capace di scrivere poesie struggenti, e offrì una
giustificazione ai suoi dolori. Autoprivatosi della gioia di vivere, come spesso fa il Capricorno, Rebora trovò però una sicurezza
e un rifugio materno nella fede.
Massimo Michelini
Leggi tutto…
DOMENICO GIULIOTTI
irazoqui
13 ott, '10, 11:55 m.
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Aurelio Valesi
DOMENICO GIULIOTTI
01/12/11 08:37
irazoqui
13 ott, '10, 11:55 m.
Trentasett'anni, Vergine, è che vo
stanco e cencioso come un vagabondo,
lungo il torto viottolo del mondo;
e quando e dove poserò non so.
Ma tu, che d'ogni sconsolato errante,
segui, dall'alto, le intrigate peste,
volgi i begl'occhi al tuo Figliol celeste,
digli che m'apra le sue braccia sante.
Digli che ho sete e secca è la cisterna,
digli che ho fame ed ho per pane sassi,
digli che, a notte, sugli incerti passi,
mi si spegne, guizzando, la lanterna.
Tuo Figlio, o Madre, è pane ed acqua e luce
che pienamente illumina e ristora;
Egli, accogliendo l'anima che implora,
seco, se degna, al Padre la conduce.
Egli è l'amore che ci sana e sbenda,
Ei, se ammutimmo, ci dà nuova voce;
Ei, lampeggiando, si fa viva croce
a ciò che l'uomo nuovo vi si stenda.
Ma io, che son fra gl'infimi il meschino
e non son degno ancor del mio Signore,
(dacché, come lo stolto potatore,
mi sopravanza alla vendemmia il tino)
se Tu non vieni, Vergine, a pigliarmi
col tuo mistico remo e col tuo lume,
giunto sull'orlo dell'infernal fiume,
non ho da me speranza di salvarmi.
Vedi, pia Madre, come già la morte
tutto, pel mondo, capovolge e oscura;
schiava del corpo, l'anima ha paura,
sotto il flagello, di non esser forte.
Recala dunque, Ausiliatrice bella,
teco, da questo umano carcer tristo,
su, fin nel sole in cui sfavilla Cristo,
ed ogni assorta anima intorno è stella.
E mentre sciolta da' suoi pensieri vani,
solo in te goda, Vergin gaudiosa,
falla cader, com'autunnale rosa,
del Figliol tuo sulle trafitte mani.
Domenico Giuliotti San Casciano in Val di Pesa 1877– Greve di Chianti 1956 ). Scrittore cattolico. Leggi tutto…
Nerina Garofalo legge Silvia Molesini - 10/10/10
dirtyinbirdland
10 ott, '10, 11:27 m.
(Silvia Molesini, Nascita e morte) Leggi tutto…
In cupi pensieri - Walter Benjamin
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dirtyinbirdland
10 ott, '10, 9:36 m.
Pagina 103 di 186
Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
(Photo from blog - 9 novembre 1938 - Il giorno dopo nella Friedrichstrasse di Berlino)
Ciò che ho vagliato ora si compirà
e voglia Dio che non sia troppo tardi
perché la speranza nascosta mi intercetti
la porterò con tutte le sue fiamme
Davanti a te: la paura. Sulle mani del mio cuore
disseminate di tagli e cicatrici
ti avrei spiata per così tanto tempo
se non trovassero la strada delle tue?
Ma sappimi disposti già allo scambio
al potente che a ongi paura impose:
cerco la guarigione e l'ebbrezza
E dunque prendo la pena della tua mano
perché la vita che condividiamo
sia spinta a indugiare sulla terra.
(Walter Benjamin, Poesie - Einaudi, 2010) Leggi tutto…
Massimo Legnani - Vaniloquio di un soldato al propri…
dirtyinbirdland
8 ott, '10, 6:57 p.
Generale, quante trattative ieri, più estenuanti della guerra guerreggiata! Voce pacata all’apparenza, ma le tremava il baffo
nell’ascolto, la barba si era fatta ispida e non era convinta la sua mano nel disegnare sulla mappa impossibili confini
all’espansione e limiti fittizi ai territori altrui. Le parole non sono come i gesti, limpidi lampi pieni di senso, no, le parole hanno
l’ambiguità innata di una chiarezza circoscritta alla teoria. Negano, affermano, si contraddicono senza mai smentirsi e ti
smarriscono in un groviglio che spacciano per strada sgombra da ogni dubbio. Le parole sono l’opposto dell’azione. Benedetta
la battaglia che è seguita, giusta e imprevedibile, a decidere le sorti e pareggiarle. Perché solo la lotta, il corpo a corpo sopra
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
la battaglia che è seguita, giusta e imprevedibile, a decidere le sorti e pareggiarle. Perché solo la lotta, il corpo a corpo sopra
un prato come fosse il letto di due amanti, può appianare divergenze e risolvere i rapporti. Certo c’è il rischio di morire, ma
meglio chiudere morendo in mezzo a un campo che trafitti da una voce che non mostra i muscoli ma impedisce ogni contatto.
La battaglia riesce a farci fieri, vincitori o vinti che ne usciamo, ci affratella al nemico che abbiamo appena combattuto. Che
poi non è nemico ma avversario di un confronto in cui ci si batte alle armi bianche e bianco è il sangue che ci esce da ferite
naturali. Adoro la battaglia combattuta per le scale, l’esaltazione negli occhi e sotto pelle, il corpo contro il corpo in un tacito
consenso alla bella lotta, le mani che corrono ed afferrano, la conquista di colline e praterie, la presa della piccola fortezza, la
resa che è vittoria, il corpo piegato alle ginocchia, la benda sopra gli occhi, il rituale della sottomissione che è un riconoscere e
accettare la bravura dell’altro, il colpo di grazia infine, reciproco e virtuoso a scambiare nuova vita.
(Massimo Legnani, ottobre 2010)
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EDOARDO SANGUINETI
irazoqui
2 ott, '10, 12:11 p.
1898
ma che cose ! e che casi ! l' 8 maggio
il Genoa vinse l' Internazionale
(2 a 1) : e fu il felice protosaggio
del nostro campionato:
il generale
telegrafò, quella sera stessa:
"il governo può stare tranquillo,
- era il Bava, era il boia, - è ormai repressa
la ribellione ":
(e il calcio è al primo strillo): Leggi tutto…
SEBASTIANO VASSALLI
irazoqui
29 set, '10, 12:11 m.
Io credo che la grande letteratura, nonostante tutto, continuerà a
esistere. Anche se l’arte del racconto, in quest’epoca dominata dalla
religione dei numeri, sembra essere diventata completamente
inutile. Il mondo oggi è una babele di storie che si raccontano, oltre
che nei libri, sui giornali, alla radio, al cinema, in televisione, attraverso
la rete… Ciò che in passato apparteneva ancora alla sfera
del privato, nel presente tende a diventare pubblico e a farsi spettacolo.
Dappertutto si sentono applausi (anche ai funerali). Pifferai
attraversano la scena seguiti da processioni di sonnambuli. Imbonitori
reclamizzano le loro pietre filosofali e le loro panacee. C’è,
nell’aria, un grande frastuono. (Il «fragorìo» del presente di cui
parla Leopardi, moltiplicato probabilmente per cento). Ma ancora
ogni tanto comparirà sulla scena un libro, come già ti ho detto, della
razza di cui parlava Nietzsche. Un libro che «non è un uomo, ma
è quasi un uomo»: e incomincerà a camminare da una generazione
all’altra, da un’epoca all’altra. Io continuo a credere nella letteratura. Anche se la religione dei numeri: la democrazia, l’ha
ridotta
nel presente a un luna park dove l’attenzione è concentrata sull’uomo
più forte del mondo e sulla donna cannone: i “più venduti”.
L’arte del racconto, come la grande poesia, non può morire.
Omero non può morire.
(Sebastiano Vassalli, Un nulla pieno di storie, conversazione con Giovanni Tesio, Interlinea)
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Gianni Priano - Che cosa sono: questo. E tengo d’o…
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dirtyinbirdland
28 set, '10, 7:55 m.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Gianni Priano - Che cosa sono: questo. E tengo d’o…
dirtyinbirdland
28 set, '10, 7:55 m.
Che cosa sono: questo. E tengo d’occhio
il mare, lascio che di notte entri
si appoggi alla parete disfacendo
paura e largo , salto, la pretesa
di avermi addosso, dentro e in suo potere.
Due vecchi arnesi , siamo, un remo in barca
il mare ed io. Passate, andate via
cani randagi, uccelli , non bruciate
in questa storia buia il vostro cuore.
(Gianni Priano)
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VIRGILIO GIOTTI
irazoqui
24 set, '10, 8:33 m.
Mi e Bolàffio, de fazza
un de l'altro, col bianco
de la tovàia in mezo,
su i goti e el fiasco in fianco,
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
su i goti e el fiasco in fianco,
parlemo insieme.
Bolàffio de 'na piazza
de Gorìzia el me conta,
ch'el voria piturarla:
'na granda piazza sconta,
che nissun passa.
Do tre casete atorno
rosa, un fiatin de muro,
un pissador de fero
vècio stravècio, e el scuro
de do alboroni.
Xe squasi mezogiorno.
E un omo, vignù fora
de là, se giusta pian
pian, e el se incanta sora
pensier. Bolàffio,
in 'sta su piazza bela,
noi, poeti e pitori,
stemo ben. La xe fata
pròpio pai nostri cuori,
caro Bolàffio.
In quel bel sol, in quela
pase, se ga incontrado
i nostri veci cuori;
là i se ga saludado
stassera alegri.
Virgilio Giotti nasce a Trieste il 15 gennaio del 1885 da Riccardo Schönbeck e da Emilia Gheotto, da cui il nome d'arte. Portato
al disegno frequenterà la Scuola Industriale, dalla quale uscirono varie generazioni di pittori e scultori triestini. Nel 1907, per
evitare il servizio militare sotto l'Austria, fugge a Firenze dove conosce Scipio Slataper, i fratelli Stuparich, Alberto Spaini e
Biagio Marin. A San Felice in Val d'Ema, non lontano da Firenze, nel 1911 incontra Nina Schekotoff, originaria di Mosca e ne
fa la compagna della sua vita. In Toscana nascono i suoi tre figli: Tanda nel 1913, Paolo nel '15 e Franco nel '19. Per vivere
viaggia in Valtellina, in Carnia, in Svizzera a vendere giocattoli e oggetti artigianali toscani. Inizia a scrivere in dialetto triestino
nel 1909. A Firenze l'editore Gonnelli gli pubblica nel 1914 il Piccolo canzoniere in dialetto triestino la raccolta delle poesie
composte tra il 1909 e il 1912. Torna a Trieste nel 1919 e va ad abitare in periferia, a Montebello, in via La Marmora 34 (vi
rimarrà fino alla fine dei suoi giorni). In quegli anni apre una botteguccia di giornali in Cittavecchia che durerà un anno. Gli
amici gli trovano un impiego alla Lega Nazionale. Incontra quotidianamente Saba, Stuparich, il pittore Bolaffio e il giovanissimo
Roberto Bazlen. Nel 1920 la Libreria Antica e Moderna di Saba pubblica le sue poesie e prose in lingua, scritte tra il 1916 e il
1919, con il titolo Il mio cuore e la mia casa. Nel 1928 per le edizioni di Solaria escono Caprizzi, canzonete e storie. Nel 1930
Giotti è assunto nell'amministrazione dell'Ospedale Maggiore come avventizio e tale resterà fino al pensionamento nel 1957.
Nel 1931, presso l'editore fiorentino Parenti, esce la sua quarta opera, Liriche e idilli, che raccoglie le nuove poesie in lingua
scritte tra il 1920 e il 1924, nonché il gruppo di poesie dell'edizione triestina Il mio cuore e la mia casa. Escono altre liriche su
varie riviste nazionali: "Circoli", "Lirica", "Solaria", "Ateneo Veneto" e nel 1941, presso l'editore Parenti, escono le poesie
composte tra il 1928 e il 1936, con il titolo Colori. Nel 1943, per le edizioni Le tre Venezie, esce l'opera completa delle poesie
in dialetto, composte dal 1909 al 1943, per la quale raccolta egli mantiene il titolo Colori. Al centro della sua opera si situa il
dramma della scomparsa in Russia dei due figli, Paolo e Franco, nel corso dell'ultima guerra. La vicenda era resa ancora più
tragica dal fatto che la loro madre era russa. Nei mesi che precedettero la fine, intercorse un fitto scambio epistolare con il
padre (pubblicato poi nel 2005 con il titolo Lettere al padre, dialogo tra Virgilio Giotti e i figli durante la campagna di Russia per
Il Ramo d'Oro Editore), che resta un altissimo documento umano e civile, non privo peraltro di un notevolissimo interesse
letterario, come sottolinea, nell'introduzione al volume che raccoglie le loro lettere, Cesare Segre. Le poesie del padre ci
offrono un prezioso riscontro sulla sua opera in versi, anticipando quegli Appunti inutili (il diario uscirà postumo nel 1959 per
Lo Zibaldone di Anita Pittoni), nati nel dopoguerra, che Pasolini definirà un capolavoro del Novecento e Giani Stuparich, nel
breve testo introduttivo a quelle pagine scriverà: "Confesso d'aver letto la prima volta queste pagine di diario con la gola
serrata e con un forte stringimento di cuore..." Nel 1946 due amici triestini Emilio Dolfi e Manlio Malabotta pubblicano in poco
più di 100 esemplari Sera, che raccoglie le poesie scritte tra il 1943 e il 1946; l'opera verrà ristampata nel 1948 dall'editore
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Aurelio Valesi
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più di 100 esemplari Sera, che raccoglie le poesie scritte tra il 1943 e il 1946; l'opera verrà ristampata nel 1948 dall'editore
torinese De Silva. Nel 1949, in soli 25 esemplari fuori commercio, escono le Poesie per Carlota, composte tra il 30 giugno e il
4 luglio del 1949. L'ultima raccolta di liriche, Versi, sarà pubblicata da Lo Zibaldone nel 1953. Nel giugno del 1957
l'Accademia dei Lincei gli conferisce il premio "Feltrinelli" per la poesia. La raccolta di tutte le sue poesie (tranne le Poesie per
Carlota), Colori, pubblicata dall'editore Ricciardi e di cui il poeta farà appena in tempo a correggere le bozze, uscirà postuma.
Virgilio Giotti muore a Trieste il 21 settembre 1957. Leggi tutto…
CESATE ODDERA
irazoqui
22 set, '10, 2:11 p.
Tienimi nel fazzoletto
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
(Photo by Emmet Gowin)
Tienimi nel fazzoletto
Il mio cuore canta ancora, nonostante te
Fanne un nodo stretto, senza la gassa,
fanne un batuffolo, uno scorsoio
Tienimi nel fazzoletto
come si fa con le lacrime
Riponimi nella tua tasca più profonda
Nascondimi nella borsetta
Tienimi nel fazzoletto
mentre ti sei smarrita
nelle strade della città
e non sei più il mio amore
e forse hai perduto il fazzoletto
qui dove ognuno
può guardarti passare,
voltarsi e fischiare,
sbirciarti le gambe,
perfino provare a parlarti
e domandarti
se l'hai mai avuto, un fazzoletto
Cercami a mezzo pomeriggio,
immobile davanti a un attraversamento
svolazzante di kleenex,
a un ceffone di vento
Accarezzami il nodo nelle stanze
dove le ragazzine cavalcano a pelo
mentre siedono
sul trono del loro corpo
e la scimmia dell'amore
ti si spulcia in grembo
E quando specchi il tuo volto
nelle vetrine dei fazzolettai,
quando vedi te stessa
per la primissima volta
con gli occhi di un cieco guarito,
stringi forte il fazzoletto
sul tuo dito più dolce
fino a che la carne attorno
diverrà pallida carne da morto
Per ricordare
Solo per ricordare
cosa ti toccava ricordare
Così per sempre tu sarai
la regina della borghesia
e io sarò per sempre
il poeta nel fazzoletto
Cesare Oddera è nato nel 1977 a Savona. Abita e lavora a Cairo Montenotte ma vive e fa politica a Mallare.
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L'amore il pomeriggio--
dirtyinbirdland 19 set, '10, 8:35 p.
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Il centro del mondo--
dirtyinbirdland 19 set, '10, 8:27 p.
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Aurelio Valesi
Il centro del mondo--
01/12/11 08:37
dirtyinbirdland 19 set, '10, 8:27 p.
Leggi tutto…
Federico Fellini - Otto e 1/2
dirtyinbirdland
19 set, '10, 8:17 p.
"Ma che cos'è questo lampo di felicità che mi fa tremare, mi ridà forza, vita? Vi domando scusa dolcissime creature, non avevo
capito, non sapevo. Com'è giusto accettarvi, amarvi e com'è semplice. Luisa, mi sento come liberato. Tutto mi sembra buono,
tutto ha un senso, tutto è vero. Ah come vorrei sapermi spiegare, ma non so dire. Ecco, tutto ritorna come prima, tutto è di
nuovo confuso, ma questa confusione sono io. Io come sono, non come vorrei essere, e non mi fa più paura. Dire la verità,
quello che non so, che cerco, che non ho ancora trovato. Solo così mi sento vivo e posso guardare i tuoi occhi fedeli senza
vergogna. E' una festa la vita, viviamola insieme. Non so dirti altro Luisa né a te né agli altri, accettami così come sono se
puoi. E' l'unico modo per tentare di trovarci." [Guido, alias Marcello Mastroianni in 81/2 di Federico Fellini]
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Blumy - Stai scivolando via dalla tua vita
dirtyinbirdland
15 set, '10, 2:45 p.
Edith and Rennie Booher © Emmet Gowin
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
La bocca è la colpevole:
ingrassa di silenzio e sputa chiodi.
Da vivi si va a fondo.
La casa era una nave, un corridoio lungo
(attenta al parapetto, alle onde grosse,
hanno portato tutti via)
e falle d’acqua: così da vivi si va a fondo
(mancavano il fiato tiepido,
mani come fiori, mancava dire:
stringiamoci forte come una famiglia).
Attenta ai cocci che tagliano la fune,
attenta alla dismisura dell’assenza,
al vuoto che ti beve ogni momento,
stai scivolando via dalla tua vita
(Blumy - Lettere senza destinatario)
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Aldo Nove
dirtyinbirdland 14 set, '10, 9:02 p.
(Photo from Picnic ad Hanging Rock - Peter Weir)
E se gridano gli alberi, se i monti
ci parlano questo vorrei imparare:
ad ascoltare senza interpretare.
Altra pietà non c'è, non c'è pregare.
(Aldo Nove, XIV - A schemi di costellazioni, Einaudi, 2010)
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Phillip Tolendano
dirtyinbirdland 12 set, '10, 1:35 m.
My dad is an amazing storyteller. I’ve loved listening to him for as long as I can remember, and I’ve always taken pride in his
Oscar-winner performances. If he’s in a bad mood, I’ll ask him to tell me a story. He embraces the role with such gusto, that
his gloom dissipates instantly. Here, he’s telling one of my favourites: The Italian Fishmonger. The man would say to my
father, then a mischievous ten-year old kid: Don’t squeeze the fish-it makes the eyes bulge!”
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
father, then a mischievous ten-year old kid: Don’t squeeze the fish-it makes the eyes bulge!”
Phillip Tolendano In “Days With My Father”, he tells the story of living with his father’s dementia following his mother’s sudden
death
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Massimo Gezzi - Direzioni
dirtyinbirdland
11 set, '10, 12:50 m.
(Photo by Cristiano Povelato)
Certe direzioni sono modi
improvvisati di restare in equilibrio,
gesti istintivi comandati da un niente.
Per questo le traiettorie precise
sono cose da aeroplani, da stormi in migrazione
che capiscono il vento. Gli uomini onesti
non dicono io vado: cantano pianissimo
se una strada li porta, se una curva spalanca
un mare abbagliante.
(Massimo Gezzi, Direzioni - In L'attimo dopo, Sosella Editore - 2009)
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Natasha Kampush - Nerina Garofalo
dirtyinbirdland
10 set, '10, 2:49 p.
Cronache inverse – Natasha Kampush
(Nerina Garofalo – Pubblicata su: Il foglio clandestino, N°64, 1/2008)
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
(Photo by Emmet Gowin)
Mi svegli per la prima volta
Nel buio remissivo delle feritoie
Mi prendi le parole
Come i barattoli dagli scaffali
Mi porti al cibo col cucchiaio
Imboccando lo smarrimento con la sicurezza dei gesti
Dedichi il tovagliolo alla bocca
Ed il sapone alle mani
Per ogni ora del giorno
Costruisci un rito educativo
L’abbecedario che mi consegni
Ha soltanto le parole buie
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Aurelio Valesi
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Il giardino che predisponi per me
E’ pensile e non contempla rampicanti
Cancelli dal mio libro di fiabe Raperonzolo
Affinché possa portare lunghe le trecce
Mi prepari per la notte
Come si toglie dall’armadio il pigiama ripiegato
Accudisci gli incubi con la stessa grazia
Con cui rammendi e allunghi il mio vestito al primo incontro
Sei disarmato quando recedi dal dominio
Di fronte al primo morso delle mestruazioni
Quando la febbre sfianca il corpicino e
Nel denso raccapriccio delle mie ombre senza lingua
Proietti film sulle pareti e mi descrivi i rabdomanti
Ed i deserti e il mare con abuso di onomatopee
Confini la tua dipendenza dal recidere i fiori
Nella certezza della negazione di ogni abuso
La gentilezza con cui chiudi gli occhi
A sera sul mio viso con le dita
Lascia l’adolescenza certa di essere inviolata
La pubertà cosciente del suo doppio desiderio
La volontà cortese nella stretta
La memoria protetta e coperta dalla storia
*
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Aurelio Valesi
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*
Ma poi sconfino verso il cortiletto se lasci aperta
La tua porta quando ti accorgi di non aver più toppe
Metti le mani in tasca e fingi che distratta sia la chiave
Mentre la confusione del rumore mi fa lesta
Tu ti precipiti sul vuoto a testa bassa
La variazione delle immagini di dentro si fa nastro
Fotogrammi in sequenza nel battito della mia corsa inversa
Treno che passa sulla tua nuova solitudine riversa
***
http://viadellebelledonne.wordpress.com/2009/11/22/nerina-garofalo-poesie/
Narrare:
Da http://it.euronews.net/2010/09/10/anche-un-film-sul-caso-kampusch/
"Si farà anche un film sul caso di Natascha Kampusch, la ragazza austriaca ridotta in schiavitù per 8 anni da uno psicopatico.
Una folla ha assistito a Vienna alla presentazione del suo libro.
Natascha, oggi 22enne, ha letto alcuni brani relativi al suo rapimento, quando aveva solo 10 anni. Per 3096 giorni, questo è
anche il titolo del libro, è stata alla mercé del suo aguzzino, morto suicida quando lei è riuscita a liberarsi.
“Non l’ho scritto per guadagnare soldi – ha detto -. Volevo elaborare questa storia, lavorarci per liberarmi di un peso”.
Il libro ripercorre tutta l’esperienza della prigionia di Natascha Kampusch nel sotterraneo della casa dell’ingegnere elettronico
Wolfgang Priklopil, che l’ha sottoposta a sevizie sessuali e psicologiche. Il film sulla sua storia uscirà nel 2012."
Copyright © 2010 euronews
(mi andava di ripubblicarla, a partire da questo libro suo che esce, e vorrei molto leggere)
Leggi tutto…
Massimo Gezzi - Mattina dopo
dirtyinbirdland
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9 set, '10, 11:37 p.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Emmet Gowin
Edith and Ruth
Danville, Virginia
1966
Finisce come deve:
acqua e sangue che interrompono la loro
stagnazione per turbare il tuo riposo
ed il mio: ma dopo tutto tace,
terrazzi e condòmini, auto parcheggiate
in doppia fila, corridoi non camminati.
Nell'attimo che il sole scavalca
il primo taglio di persiana una pioggia
di riflessi tempesta lo specchio
e il letto vuoto, te in piedi che metti
i pantaloni della tuta, io disteso mentre credo
ad ogni cosa, credo a tutto ciò che vedo
in questa stanza luminosa.
(Massimo Gezzi, L'attimo dopo - Luca Sossella Editore, 2009 Leggi tutto…
Patrizia Valduga - Lezione d'amore
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dirtyinbirdland
9 set, '10, 7:59 m.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Cos'è l'amore che mi mandi intorno?
Libido narcisistica con tanto di biglietto di ritorno.
Cosa farfugli di fusione e mistica?
Ochetta che s'impanca...
L'amore è in ciò che manca. E' l'io che manca.
(Patrizia Valduga, Lezione d'amore - Einaudi, 2004)
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Patrice Leconte
dirtyinbirdland 5 set, '10, 8:19 m.
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LUIGI FENGA
irazoqui
2 set, '10, 11:39 p.
da " ORA CHE SONO DIO", philobiblon edizioni, ventimiglia 2010
Ti chiedo dieci anni
ma tra dieci anni
te ne chiederò altri dieci
finchè una volta dirai
non è più possibile,
allora te ne chiederò nove,
ma se dirai è lo stesso,
allora mi umilierò,
otto sette sei cinque
quattro tre due uno
ti chiederò, ma se ancora
sarà lo stesso, allora
ti chiederò un giorno,
e se ancora no no no,
ti chiederò, pregando,
steso sulla terra, devoto
fermo come un morto,
in' ora, un' ora appena,
ma non finisca mai,
mio dio, che duri eterna.
LUIGI FENGA (Verona 1928) ha in cuore almeno tre città : Firenze, Trieste e Genova (dove abita). Ha speso la sua vita tra la
geriatria e le parole da leggere e da scrivere.
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Aurelio Valesi
27 Agosto - Nerina Garofalo
01/12/11 08:37
dirtyinbirdland
27 ago, '10, 11:46 m.
ma quanta nostalgia degli occhi
tuoi si inaridisce la parola
nel tormento dell'assenza
per ogni pagina
il gridolino che si sa
dell'abbandono
non so più scrivere
vacante qui
al posto tuo di sguardo
(n.g., 27 agosto 2010)
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
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Damnatiomemoriae - la notte non brilla
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dirtyinbirdland
19 ago, '10, 8:13 p.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
(Photo by Emmet Gowin)
Il sogno prosegue. risalgo il filo della tela abbandonata sul soffitto ma non trovo il ragno: solo buchi enormi che inghiottono
parti di me restituendomele dopo sforzi tremendi. tu ricami seduta davanti ad un lungo e stretto specchio mentre una vecchia
donna della mia famiglia ci fa le carte in un angolo della stanza. mi copro gli occhi con le mani poi mi giro e tu sei nuda in piedi
e tieni in mano una freccia. i tuoi capelli sono colore avorio. la notte non brilla. le mie braccia disordinano bolle di aria
ingombranti precipitate dal soffitto all' improvviso poi appari tu ancora nuda come prima con andatura cullata da non so quale
telaio e mi abbracci il bacino mi baci e sono nudo e mi prendi il sesso in bocca sempre tenendomi abbracciato che non
distinguo più la tua faccia dal mio pube. sei fusa al ventre e mi sento liquefare in materia tiepida e spiacevole come se con la
tua bocca avessi iniettato del solvente su un' intera tavolozza di pittura. in bocca ho gusto di sangue e tre finestre danno sulla
stanza di prima dove tu ricami allo specchio stretto e alto e una vecchia donna della mia famiglia ci fa le carte.
(Damnatiomemoriae) -- Leggi tutto…
Pier Maria Galli - [elogio (privato) alla Satureja hort…
dirtyinbirdland
7 ago, '10, 12:20 p.
[elogio (privato) alla Satureja hortensis L.]
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
cresce una sera sola all'anno, tra le imbottiture del divano.
dicono si slanci nei corridoi segreti che attraversano le dita mentre tu resti sdraiato nelle mani di un libro.
dicono perché sia l'amante del timo, che lo raggiunge protetta dall'anonimato dei seni di una donna.
(può impossessarsi infine di molte pagine rilegate nella brossura di una gonna)
le foglie vanno raccolte poco prima della fioritura (tra le 22.30 e le 23 di quell'unica sera) e
le infiorescenze in piena fioritura (tra le 6.30 e le 7 del mattino successivo).
si essicca in mazzi appesi in luoghi ventilati e ombrosi
(come dentro una bocca che si dissemina spontaneamente vagando nelle camere).
va a mazzetti tra le dita messa in quella busta dove mi nascondo quando nessuno mi cerca.
(l'infuso manca di istruzioni, sul come dove quando perché. tuttavia spinge in un viso inclinato, come nel gesto di leggere, con
quello sguardo abbassato, quasi dicesse mattina, verso di me)
(senza data, qui)
Pier Maria Galli Leggi tutto…
D'agosto: Nerina Garofalo legge Silvia Molesini
dirtyinbirdland
7 ago, '10, 9:37 m.
E nella bella estate, ho letto stamane:
Leggi tutto…
Le parole che suonano (Lisa Ginzburg intervista Pa…
dirtyinbirdland
31 lug, '10, 10:02 m.
L'Unità lunedì 3 giugno 2002
Le parole che suonano
di Lisa Ginzburg
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
"Non so se l'ho mai Capito veramente. Ho sempre scritto poesie, sin da bambina, ma come una specie
di atto naturale, non accompagnato da nessuna consapevole ambizione. Poi a un certo punto della
mia vita qualcuno di cui mi fidavo mi ha detto che ero poeta. E io ci ho creduto. In un certo senso
sono stata obbligata a crederci (o forse a fingere di crederci), e per ragioni che non hanno niente a
che fare con la poesia. Comunque m'imbarazza definirmi poeta, c'è qualcosa che non mi torna,
preferisco dire che a volte scrivo poesie".
Le parole sono magiche, in qualche modo, allora. Siamo a colloquio con Patrizia Cavalli traduttrice di
grandi opere (tra i tanti, La tempesta e Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare,
L'anfitrione di Molière), soprattutto poeta. Ha pubblicato con Einaudi le raccolte di versi Le mie poesie
non cambieranno il mondo, Il cielo Poesie e Sempre aperto teatro, la quale ha vinto il Premio
Viareggio nel '99.
Chi era questo qualcuno?
Elsa Morante.
Le ha dato da leggere le sue poesie?
No, non l'avrei mai fatto. Avevo visto subito gli eccessi del suo carattere. Come trattava certi
sconsiderati aspiranti scrittori. Se le davano da leggere qualcosa che lei giudicava brutta o mediocre
se ne sentiva insultata. Pur di dire la verità, Elsa era, disposta penino a troncare un'amicizia. E le sue
delusioni erano terribili e definitive. Ma era anche generosissima. Dove riconosceva un valore,
avrebbe fatto di tutto per difenderlo. In ogni caso, io tenevo troppo alla sua amicizia per correre certi
rischi. Prima di conoscere Elsa ero piuttosto sola, frequentarla fu come passare dalla miseria alla
ricchezza: non soltanto per l'orgoglio e il piacere di esserle amica - non era mai un piacere calmo, ma
sempre teso e sonoro- ma anche per la meravigliosa sensazione di entrare in un mondo di amici e di
abitudini tutto nuovo, e che a me pareva il meglio che avessi mai sperato. Ufficialmente io studiavo
filosofia, ero giovane, intelligente e molto disponibile. Credevo che potesse bastare per esistere ai suoi
occhi. E infatti all'inizio bastò. Ma un giorno, la frequentavo già da un anno, mentre dal ristorante La
Campana ce ne andavamo in silenzio verso Piazza Navona, si ferma d'improvviso, si gira verso di me
e quasi spingendomi contro il muro mi chiede: "Ma insomma tu, che fai?" E io: "Beh….scrivo poesie".
Fece un sorrisetto - non lo dimentico - un po' divertito e un po' crudele e disse: "Ah sì? E allora
fammele leggere. Non per motivi letterari, sai, voglio solo vedere come sei fatta".
Una specie di minaccia.
Il massimo della minaccia! Seguirono mesi di pena. Trovavo scuse per non andare a pranzo svicolavo,
scappavo, sperando che col tempo la cosa venisse dimenticata. Ma ogni volta Elsa mi chiedeva: "E
allora queste poesie?" "Eh, le sto ricopiando" rispondevo. Ma la verità è che non c'era quasi mente da
ricopiare, perché le poesie che avevo mi sembravano inservibili: letterarie, imitative, inesistenti. Io,
per me, avrei persino imbrogliato, ma pensare di imbrogliare Elsa era un'idea ridicola. E se scopriva
che ero fatta male?
E come se l'è cavata?
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Mi sono messa a scrivere nuove poesie, intanto cercavo di capire quali di quelle già scritte fossero o
non fossero poesie, cosa era mio e cosa non lo era, dove era il vero e dove il falso. Fu il mio primo
esercizio di consapevolezza. Mi misi in ascolto, come in preghiera, sì, fu un esercizio, in un certo
senso, morale. Riuscii alla fine a consegnarle un gruppetto di poesie brevi (nella brevità c'erano meno
rischi, davo il minimo di informazioni). Mi chiamò dopo neanche un'ora dicendomi: "Sono felice,
Patrizia, sei una poeta".
E dopo?
E dopo ero felice anch'io, e molto più di lei. Non tanto di essere poeta (di questo non si può essere né
felici né infelici) quanto dei vantaggi che me ne sarebbero venuti. Sarei stata al sicuro nell'affetto e
nella stima di Elsa e dei suoi amici, e già sentivo intorno a me un generale clima di accresciuta
benevolenza. Si, tutti mi volevano più bene. E dunque mi conveniva essere poeta. Del suo giudizio mi
fidavo, come potevo non fidarmi? Però avevo anche un po' il sospetto o la paura che magari non fosse
vero o quantomeno che potesse cambiare idea. Ma non stavo troppo a indagare, mi tenevo con vile
prudenza alla superficie. Forse nasce da qui questa strana sensazione di imbarazzo, quasi di
impostura che provo quando qualcuno fa le mie lodi. Credo che poi ho cercato di diventare quel che
temevo di non essere.
Ma non avrà continuato a scrivere poesie solo per ottenere dei "vantaggi" affettivi?
Sa, io sono molto pratica e mai disinteressata, e per la Poesia come ente superiore non ho alcuna
particolare devozione. Però è vero, quando scrivo non faccio calcoli, non mi chiedo a cosa serve e
cosa mi darà. Lo faccio e basta. Ma dopo, queste poesie che ho scritto, cerco in qualche modo dì
metterle a frutto.
La poesia secondo lei, da dove viene?
E' una cosa molto misteriosa. Credo provenga da una certa area del cervello che sta a metà tra quella
della musica e quella della parola. Perché suona. E' una parola che suona. Ma in un modo tutto suo
che non ha veramente a che fare con la musica, è un altro genere di sonorità. Io credo all'ispirazione,
come a un'affezione biologica, una forma del patire, un essere esposti. Ma l'ispirazione da sola non
basta alla poesia, bisogna saperla riconoscere e accoglierla.
Come si manifesta?
C'è qualcosa che percuote le mente e la commuove e forse la convince a sciogliersi, a uscire dalla sua
compatta unità. E allora è come se la nostra sostanza si facesse volatile e staccandosi da quel che la
tiene insieme esce dai propri margini per mischiarsi al mondo in uno spazio comune, perché anche il
mondo si muove verso di noi: due empiti che s'incontrano a metà strada, né dentro né fuori, ma lì
vicino o tutt'intorno, come un'aura. Ma nel vuoto che si crea per questo cedimento di sostanza resta
scoperto un nucleo vibrante: lì stanno le parole, che bisogna andare a cogliere porgendo ascolto. E'
uno strano esercizio di attività passiva o forse di passività attiva. Perché intanto il giudizio procede
nelle sue funzioni: sceglie, accetta, elimina. Ma lo fa in un modo così veloce, anche se frigido, da
trasformarsi quasi in istinto. Con questo non penso certo di rivelare la formula operativa o gli
ingredienti della poesia. E' soltanto uno stato psico-fisico nel quale mi ritrovo abbastanza spesso,
anche se non è sempre così. Certe poesie brevi, per esempio, sono lì già pronte, si sono formate a
mia insaputa, arrivano tutte allegre cogliendomi di sorpresa, loro bussano e io apro, devo solo
trascriverle. Senza nessuno sforzo.
Insomma non lavora mai.
Non mi piace lavorare, però lavoro anch'io. Correggo, sistemo, ricopio, traduco: questo è un lavoro.
Ma per lo più riesco a lavorare solo se non me ne accorgo.
E' utile la poesia?
In assoluto non lo so. A me serve per essere immortale. Non nel senso dei posteri, per carità. Ma a
essere immortale lì per lì, mentre scrivo. Mi salva dal tempo, mi restituisce l'interezza, scorre la mia
ansia. E poi, questo infine l'ho capito, è l'unica cosa che riesco a fare senza sofferenza.
E le condizioni necessarie per crearla?
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Il silenzio senz'altro, l'ozio, l'immobilità. E anche un'attenzione disarmata, lo stupore, e un io precario.
Un io precario? Lo dice proprio lei, che parla sempre di sé?
E' un malinteso. Non ho nessuna speciale predilezione per Patrizia Cavalli. Ai miei occhi non sono
nient'altro che un oggetto di indagine che suscita in me sentimenti e considerazioni, come potrebbe
farlo chiunque. La differenza è che avendomi giorno e notte tra i piedi, sono diventata di me
conoscitrice esperta e forse mi sono un po' affezionata. Tutto qua. Essendo umbra, fossi nata nel
duecento sarei stata una famosa mistica.
Ha legami con l'Umbria? E con la sua infanzia?
Vado spesso in campagna dalle parti di Orvieto. A Todi, dove sono nata, non ci vado volentieri.
L'infanzia non sta mai dov'era, si sposta. E' più facile che io la ritrovi nel deserto dei Gobi che non
nella piazza di Todi. Così è la memoria.
Com'è il suo rapporto col denaro?
Ottimo. Mi piace la sua effervescente versatilità. Ho concepito molte teorie sul denaro: la principale è
che non bisogna mai aspettare tristemente la sua fine ma finirlo prima che finisca da solo, visto che
comunque è destinato a finire. Insomma meglio una fine violenta che per estenuazione. Un'altra mia
teoria, che è piuttosto un'osservazione pratica, è che i soldi vanno spesi con entusiasmo, quasi gettati
con un gesto ampio e vigoroso che imprima gancio al loro movimento, in modo che, dopo aver fatto
una bella corsa, tornino volentieri, e per di più irrobustiti, nelle mani di chi li ha saputi gettare così
bene. Invece, se li tiri fuori con un gesto corto e costipato, quelli ti cascano quasi sui piedi e li restano
inerti, tramortiti, per sempre. E non li rivedi più. Io comunque ho l'Angelo dei soldi: mi vuole molto
bene e non sopporta di vedermi disperare per così poco. Così, quando finiscono, arriva l'Angelo che
me li consegna a domicilio.
Lei gioca a carte…
Si, è tra le cose che preferisco. Non mi annoia mai. Il gioco ha tante virtù. Quella, per esempio, di
poter sempre ricominciare. Anche se perdi, finché resti in gioco non hai mai davvero perso. Sei dentro
un cerchio, nel tempo circolare. Mentre nella vita il tempo procede dritto, per quanto io faccia di tutto
per rompere questa orrenda procedura. Giocando si può anche capire qual è la nostra relazione con la
sorte, ovvero con quel movimento subitaneo della mente, quel concentrato massimo di tutte le facoltà
che é l'intuito. L'amore, la poesia e il gioco, quando vanno per il verso giusto, un po' si assomigliano,
perché in loro il tempo si sospende, quasi si redime. Non c'è più la morte.
Ha paura?
Non ho paura di niente. No, non è vero, ho paura dell'aereo e ho paura di morire. Anche se aver
paura della morte è davvero una cosa assurda. E' sciocco, lo so, è ridicolo, ma non la sopporto. Mi
viene in mente cosa diceva Elsa quando il suo gatto Caruso stava morendo: "Che robaccia! Che
mostruosità! Ma non potevano inventare qualcos'altro?". Mi fa un tale orrore che neanche riesco a
piangere i miei morti. Forse per questo passo la vita in uno strano gioco, che è uccidere e resuscitare,
uccidere e resuscitare. Ma non sempre mi riesce.
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MassimoLegnani- Due testi
dirtyinbirdland
20 lug, '10, 8:12 p.
Amo la lumaca
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Amo la lumaca che
sul sentiero del mattino
m’accompagna e insegna
a strisciare sulla pancia
la non vergogna della bava
amo la dimora esibita sulle spalle
quei ventun grammi che racchiudono
l’ospitalità per mendicanti
e un’accoglienza senza porta
amo il suo brucare lento
la foglia tenera di fico
come fosse un perizoma
*
Anche per voi io vivo
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Tutti questi morti
appesi alla memoria
questo loro andare
senz’appello
è un po’ portarmi via
risucchiarmi al posto vuoto
ma io
ho ancora caldi gli occhi per le cose
persone da tenere care al collo
e un’allegria bambina
che è un peccato perdere
tutti voi morti
vi porto dentro vivi
restate qui con me
sorridendo se potete
e guardatemi che vivo
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Gianfranco Draghi - per voce sola
dirtyinbirdland
16 lug, '10, 9:48 p.
Dopo la pubblicazione de la Circoncisione delle parole, nel gennaio 2008, conPuntoeacapo, pubblicazione avvenuta grazie
alla sensibilità di Mauro Ferrari e di Cristina d'Aglio, e all'insistenza affettuosissima di Gianni Priano, Gianni mi ha anche
suggerito di inviare il volume ad alcune persone di particolare sensibilità. Fra queste, Camilla Salvago Raggi, che mi inviò in
risposta un biglietto privato che mi è molto caro, e Gianfranco Draghi.
Con Gianfranco Draghi è cominciata da lì una delle più preziose esperienze di ascolto che mi siano accadute. Di Draghi non
posso dire la ricchezza intellettuale e di anima, che è raccolta nelle indicazioni date per incontrare il suo lavoro multipiano sul
suosito personale, posso invece testimoniare di una emozione e di una crescita avvenute nell'incontro con quella è una grazia
particolare che passa per quelle persone che hanno amato ed amano l'incontro con l'altro, e la mediazione del sogno e del
versante poetico del dire.
Questa sua voce accogliente e precisa, questo suo tenere tra le braccia le esperienze senza elusioni, questo suo dire della
sua vita, dei suoi figli e delle sue compagne, la delicatezza del racconto del quotidiano che solo passa là dove al quotidiano si
dà un valore immenso, sono state per me, in questi tre anni, una scuola di commozione partecipe e maieutica.
Voce forte, strutturata, capace di inanellare la fragilità al convincimento del diritto alla bellezza ed al candore delle cose, voce
sensualissima in una età tarda e ricchissima, voce bruciata dal fuoco che ha toccato la sua casa avviando un modo ancora di
essere qui ed ora.
Si tratta per me di un incanto, di una destinazione pacificante e solare nel sapermi letta, di una scoperta continua ad ascoltare.
E' generosamente asciutto, Draghi, nei suoi commenti, non indulge mai al compromesso della relazione amicale sul sentire, è
un lettore psicanalitico nel senso più profondo, amplifica sia pur definendo i confini. Una ricchezza essere letta da lui, non
quantificabile.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Quando mi ha detto di questo dono di lettura, messo lì perché trovassi una forma a questo ascolto mio che ne facesse
condivisione fuori, ho pensato che la sua lettura di sé dovesse avere uno spazio tutto suo, che sapesse in un certo senso
contenere la specificità della sua scelta e la singolarità del dono, dono che accade nel cerchio di un incontro.
Non sono ancora mai riuscita a raggiungere Fiesole per incontrarlo, e questo molto mi manca. Mi mancano gli occhi che sento
essere nelle parole. Intanto però, per voce sola, la condivisione, per desiderio e per autorizzazione, di questo nucleo vitale.
Grazie a Gianfranco Draghi per tutto: per l'accoglienza, la restituzione, il dono, il tempo, l'occasione unica di un incontro
preziosissimo. Per la delicatezza di ogni parola privata, per la partecipazione all'arrivo di Cris nella vita mia e di Riccardo, per
sopportare i limiti della mia poesia, per la seduzione, per la grazia, per quelle parole su Gesù. Per una biografia
personalissima e in un certo senso intoccabile.
(nerina garofalo - roma, luglio 2010)
Per ascoltare la voce di Draghi: www.edinfuria.splinder.com
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T'mòi sc-cavò re uràge - Gianni Priano
dirtyinbirdland
23 giu, '10, 7:47 m.
T'mòi sc-cavò re uràge
ra bùcca, ir barbarèn
ra pòincia dre die.
Ar medèsg-m mod dra lisgèrta
dra firmìa, der gott
t'èi gnìa a sc-tè dràincia d'mi.
Iscì m'por d'sentìte
(o t'sàint davài)
d'mangète. T'moi sc-cavò
cun ra vànga, na bòmba a man
e resc-tànda scilì
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
cìtta e perdìa.
Mi hai scavato le orecchie / la bocca, il mento / la punta delle dita./ Allo stesso modo della lucertola/ della formica, del gatto /
sei venuta a stare dentro di me. / Così mi sembra di sentirti / (o ti sento davvero) /di mangiarti. Mi hai scavato / con la vanga,
una a bomba a mano/ e restando lì / zitta e perduta.
gianni priano Leggi tutto…
Ci siamo dati un alfabeto nuovo
dirtyinbirdland
16 giu, '10, 8:57 m.
Massimo Speroni - "Donna accovacciata", 1999 - 80x105 - Acrilico su pannello alta densità
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Ci siamo dati un alfabeto nuovo.
Così alfa non è l'inizio ma esserti
già dentro, beta non la seconda lettera
ma lo strumento necessario,
piede di porco a volte, per far saltare
le convenzioni e le incombenze,
delta il tuo estuario che mi richiama
a risalire, vecchio salmone verso la sorgente,
gamma la tua parola sconcia da masticare in bocca
e travasare all'altra bocca, lambda la pelle
inginocchiata piena di vergogna e desiderio,
iota la pecora rasata e docile
che attende carezze e mungitura,
sì, io ti mungerei a mani forti
avvinte al seno, ipsilon l'estro
che ti spinge ad allargar le gambe,
la mu e la nu comandi bisbigliati
che ti copriranno di un rossore ardito,
il pi greco la costante che ci guida
e ci smarrisce, l'omicron il tuo passaggio
stretto che mi attrae, teta la conchiglia
da schiudere con dita a grimaldello,
omega la lettera che esiste
ma che non voglio leggere con te,
non ora.
(L'autore, scrittore di talento, qui chiede di restare anonimo.
Ma noi ospitiamo il bello della voce)
Leggi tutto…
[disseppellire n. 0: chambre romantica (febbraio 20…
dirtyinbirdland
13 giu, '10, 12:16 p.
[chambre romantica]
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
robert mapplethorpe, patti smith, 1969
photo by norman seeff
a volte tornano su di lei le dita nervose
accade che lui intenda altro conversandola
la coppia studia certi segni sullo sfondo:
così a lungo la mattina s'inoltra a loro che
rompe le labbra e come ci si versa dentro
è tutto nella maniera che lei sa di disegnare finestre
è come si aprono certe giornate segrete alle mani
sui lineamenti possibili di lui quando la tocca che
lei si appende ad un punto ideale della parete
da dove ha origine ogni viaggio che la fissa
appare modesta sui tasti e contrasti e sui fogli custodi di lui
che la spostano ovunque sulla tela in visi diversi
ma lei sa gli amanti che sono e come la scompongono
in una posa assoluta quando si spoglia e
in materia cauta anche se lo sguardo è oltre e la lascia
dialogano evanescenti nella nostra camera da camera
gli sussurra così che lui non ha dimensione
un testo le scrive tanto sottovoce da non leggersi nulla
(2005)
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L'ospite - Zena Roncada
dirtyinbirdland
11 giu, '10, 8:47 p.
(Photo from Girotondo, by Davide Manuli)
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Di qui passò un ragazzo, in cerca di vento per i suoi aquiloni e di bende silenziose per povere vecchie ferite. Un fruscio
leggero leggero.
Senza domande, per lui si ruppe il vaso di nardo: profumava di tiglio e rosmarino, seminati nell’aria stupita da tanta festa.
Ognuno giunse coi suoi doni, nella casa, perchè l’ospite succhiasse il latte e la carezza dei legami sciolti. Anche i vecchi
raccontarono le storie, scambiando pane e parole.
Troppo leggero per i suoi aquiloni, dovette seguirli. Lasciò, a cometa, una scia di padri e di madri.
E piume di poesia, briciole da pettirossi, nascoste fra i libri.
Chi le trova sa di essere pescatore di perle e sente che si perde solo ciò che non si ha.
lunedì, 06 ottobre 2003
Leggi tutto…
Il coniglio della sera - Il blog di harveiz
dirtyinbirdland
5 giu, '10, 1:11 p.
se rinasco segnalibro
passerò giorni, mesi, forse dieci anni
infilata nel tuo libro;
appisolata tutto il giorno
un po' dormirò
qualche volta farò finta;
solo un riccio di capelli
sbucherà di me là in alto
un rampicante delle rilegature,
ma per il resto
non mi muoverò,
starò come lembo composto
tra le pagine 18 e 19
dei versetti scanzonieri che hai iniziato;
mi girerò su un fianco
e nel polso, braccialetti d'inchiostro, si infileranno senza sforzo
la parola amore
e storie senza far tante storie,
all'anulare
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
all'anulare
una tonda notte estiva
e per collier le madreperle delle nostre sventurette.
le ore da segnalibro passeranno
infilata nel tuo libro
come dall'ansa l'acqua
come dalla vela chiara l'aria
e io mi rigirerò ancora
come chi non prende sonno
ma farò forse finta
e mugulando
un poco
nell'accomodarmi
nel tuo bel libro a due piazze
mi tirerò fin sul naso
la fresca balza di questa insolita locanda
mi sistemerò a pancia in giù
la guancia destra affossata al cuscino della speranza;
domani
domani
mi trovo un mestiere
che è un algebra più che un alfabeto aspettarti qui in mezzo;
ma intanto terrò sempre per te questo segno
e quando sognerò
la virgola diventerà la tua bella pancia
le parentesi le tue ampie braccia
e i due punti i tuoi occhi scuri
che messi lì e non altrove mi spiegano tutto;
un giorno
se per bontà divina rinasco
segnalibro
lo so per certo
che lo farò per arrivare insieme a te
alla fine di questo libro.
(harveiz)
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Don Mario Picchi
dirtyinbirdland 31 mag, '10, 5:54 p.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
"Siamo qui perché non c’è alcun rifugio
dove nasconderci da noi stessi....
Fino a quando una persona non confronta
se stessa negli occhi e nei cuori
degli altri, scappa.
Fino a che non permette loro
di condividere i suoi segreti,
non ha scampo da questi.
Timoroso di essere conosciuto
non può conoscere se stesso
né gli altri, sarà solo.
Dove altro se non nei nostri punti comuni
possiamo trovare un tale specchio?
Qui insieme una persona può alla fine
manifestarsi chiaramente a se stessa
non come il gigante dei suoi sogni
né come il nano delle sue paure,
ma come un uomo parte di un tutto
con il suo contributo da offrire.
Su questo terreno noi tutti
possiamo mettere radici e crescere,
non più soli come nella morte,
ma vivi a noi stessi e agli altri."
(Don Mario Picchi, 1930 - 2010) Leggi tutto…
FRANCESCO BALSAMO
irazoqui
26 mag, '10, 7:18 m.
da "ORTOGRAFIA DELLA NEVE", incertieditori, Viagrande (CT) 2010
pioviggina
e io prego raccattando
matite finite prego un dio cartolaio pioviggina:
piove a cuor leggero,
il cielo non lo sa ancora.
Francesco Balsamo ( Catania 1969).
Leggi tutto…
EDOARDO SANGUINETI
irazoqui
25 mag, '10, 6:18 p.
BALLATA DELLE DONNE
Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.
Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.
Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.
Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.
Femmina penso, se penso l'umano
la mia compagna, ti prendo per mano.
Edoardo Sanguineti ( Genova 1930-2010). Poeta, critico letterario, professore universitario, intellettuale abbastanza organico.
Masticatore di "recanissi". Leggi tutto…
Giacomo Leopardi
dirtyinbirdland 14 mag, '10, 8:41 p.
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Aurelio Valesi
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100 passi e un'infinita tenerezza
dirtyinbirdland
9 mag, '10, 10:25 p.
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Daniele Serra
dirtyinbirdland 8 mag, '10, 11:35 p.
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Era de maggio
dirtyinbirdland 1 mag, '10, 4:08 p.
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Ahmed Kharifi
dirtyinbirdland 17 apr, '10, 12:09 m.
French kiss
E’ ormai diffusa e consolidata la convinzione che alla donna spetta il primato della chiacchiera, secondo un test per misurare
la velocità nel parlare, e la quantità delle parole pronunciate in un secondo, sia da parte maschile che femminile, il quoziente
femminile è molto più alto di quello maschile.
Ma che si può dire se la donna fosse avvocatessa? L’indice del contatore avrebbe raggiunto l’estremità.
Per la sfortuna di un ragazzo francese di Bordeaux la vicina della sua stanza d’albergo era un’avvocatessa americana, in
soggiorno di studio, parlava continuamente al telefono e con i visitatori, senza interruzione, e senza sosta. I muri erano sottili e
lasciavano udire tutto, provò ad avvertirla, ma fu respinto violentemente e senza garbo.
Si risolse a vendicarsi, pur non sapendo quale piano sarebbe meglio attuare.
Un giorno annunciò davanti ad un gruppo dei suoi compagni:
“Mi introdurrò nella sua stanza, e la violenterò!”.
Uno dei suoi compagni obiettò:
“Non sono d’accordo! Il tentativo sarebbe irto di rischi, non dovresti dimenticare che è americana, o potrebbe tirare fuori la
pistola e farti tacere per sempre, o potrebbe non opporre nessuna resistenza, e si potrebbe introdurre nella tua stanza ogni
sera per stuprarti, in tutti e due i casi, saresti davanti ad un serio pericolo. Se lo scopo è di farla tacere, non hai sentito il detto
francese che dice - il miglior modo per far tacere la donna è il bacio - ”.
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Aurelio Valesi
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francese che dice - il miglior modo per far tacere la donna è il bacio - ”.
I suoi occhi lampeggiarono di gioia, battè la mano sulla spalla del suo compagno in segno di compiacimento e disse:
“Che astuto che sei! Questo è il più bel modo, e il più sicuro!”
Provò a mettere il consiglio del compagno in pratica, ma si rivelò un grande fiasco, perché gli staccò la lingua con il morso dei
suoi denti. Il pezzo staccato fu recuperato, i medici fecerò del loro meglio per riattaccarlo, l’operazione riuscì, ma ebbe bisogno
di un certo periodo per riacquistare la facoltà di muovere la lingua.
Le sue notizie non sono più arrivate ai compagni, pensarono che al bacio fossero seguiti altri, e che la passione avesse fatto
dimenticare amici e parenti.
Spuntò una sera nel bar, in compagnia di un suo parente, accorsero tutti quanti per salutarlo, quello del consiglio disse:
“Il nostro caro amico si è dimenticato con il bacio, volendo essere iscritto nel Guiness dei Primati come quello del più lungo
bacio nella storia.”
Ruggì con voce forte:
“No! Ma voglio essere iscritto nel Guiness dei Primati come quello del più forte pugno nella storia.”
Si scagliò contro il suo compagno volendo colpirlo sulla mascella, ma fu bloccato da gli altri.
Il suo parente afferrò l’aggredito per il gomito, l’attirò in disparte, gli narrò quale fosse stato il risultato del suo consiglio. Questi
a sua volta informò gli altri, ritornò e disse quindi:
“Se fosse cosi, non dovresti prendertela con me, ma al contrario dovresti ringraziarmi per il mio consiglio che t’ha salvato la
vita, tu eri deciso a stuprarla, ma se avessi tentato ti avrebbe tagliato il filo che ti lega alla vita, e non avresti davanti a te
altro che la pazzia o il suicidio.”
I compagni scoppiarono in clamorose risate, per l’allusione che poteva contenere il suo discorso.
Rispose, sforzandosi di reprimere la sua ira, e calmare i suoi nervi:
“Lo sai, cosa devi fare adesso per salvare la tua vita, e perchè non tagli la tua testa: sparisci dalla mia faccia!”
Uno dei compagni intervenne dicendo:
“In questo momento sarebbe la cosa più sensata, andiamocene tutti, a lasciamolo con il suo parente, e ci rivedremo un altro
giorno, quando i nervi saranno calmati.”
Lasciato solo con il suo parente, stramazzò su una sedia costernato.
Una ragazza uscì dalla toilette, l’accostò, mise la mano sulla sedia su cui sedeva e disse:
“Questo è il mio posto.”
“Il tuo posto perpetuo sarà nel cimitero, ma qui il tuo posto è lo spazio che occupi, ma, appena ceduto, o abbandonato e poi
occupato da un altro, diventa il proprio.”
“Difetto di educazione e dissolutezza morale.”
“Di che difetto e di che dissolutezza stai parlando? Hai lasciato qualcosa sulla sedia e l’abbiamo rimossa dal suo posto.
Qualcosa per far sapere che il posto era occupato, e che il suo occupante stava tornando, o può darsi che l’educazione e la
morale per te, è di cedere alla donna ogni cosa, e di farle concessione su ogni cosa, ma a tua insaputa la gente del tuo
sesso, io non la sopporto, ricavo da esse solo guai e disgrazie.”
“Che si abbattono su di te tutte le disgrazie del mondo, e che rovinano te, e la tua famiglia!”
Gridò chiamando il titolare del Bar :
“Tu sei il titolare del locale, è tuo dovere imporre il rispetto reciproco fra i clienti, non hai un modo per far tacere questa
signora?”
“La signora è tua madre, ma io sono signorina.”
“Puoi dire quello che ti pare, a te non rivolgo la parola, la mia parola è rivolta al titolare.”
Il titolare l’avvicinò e gli sussurò:
“Non è un caso che cerca di provocarti perché ha preso una cotta per te, prova a farla tacere con un bacio, non hai sentito il
detto francese che dice: il miglior modo per far tacere una donna è il bacio?”
Si scrollò come dopo una doccia fredda, perse la sua calma, perse i suoi nervi, non vedeva il titolare del bar ma il suo
compagno che si era prodigato con lo stesso consiglio, strinse il pugno, e glielo sferrò in piena faccia, urlando:
“Che ti venga staccata la lingua per questo consiglio che me l’aveva staccata! Che sia il miglior modo per far tacere la donna il
bacio, di questo non sono sicuro, ma che sia il miglior modo per far tacere un uomo il pugno, di questo sono sicuro.”
I clienti intervennero per separarli, ma solamente dopo aver saputo della sua vicenda con il bacio dal suo parente, il titolare si
calmò, e rinunciò al proposito di sporgere una denuncia, pur insistendo sempre sulla validità del suo consiglio, perché disse:
“Il mio consiglio rimane sempre valido, però con le francesi, se fossi venuto da me a chiedere consiglio sul modo giusto da
usare con l’americana, t’avrei consigliato un pugno, era lei che lo meritava, e sarei stato io a meritare un bacio per il mio
consiglio, ma sulla guancia.”
Ahmed Kharifi è nato nel 1960 in Marocco. Si è laureato in Filosofia in Siria e
dal 16 aprile del 1990 vive in Italia. E' giornalista, scrittore e traduttore.
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Andrea Pazienza
dirtyinbirdland 11 apr, '10, 9:51 p.
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Aurelio Valesi
Andrea Pazienza
01/12/11 08:37
dirtyinbirdland 11 apr, '10, 9:51 p.
(http://www.lobodilattice.com/node/6061)
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Francesca Serragnoli - "Il rubino del martedì"
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dirtyinbirdland
10 apr, '10, 9:06 m.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
(Photo by Nobuyoshi ArakI)
A volte penso a quella volta dell'ovaia
a quel momento che me l'han portata via
e quando ti guardo ho la stessa paura
stringo la pancia, ti accarezzo tanto
faccio una lacrima senza farmi vedere
sono contenta che ci sei
con quei capelli sottili sottili
e quei patacchi nella maglietta
e quel carattere chiaro.
Tu sei un uomo buono
come una violetta impettita
al lato della strada
io ti avevo già visto una volta da bambina
quando mio padre fermò l'auto
e andammo a raccogliere le primule
se chiudo gli occhi di notte
e ti vengo vicino
sento lo stesso profumo.
(Francesca Serragnoli, Raffaelli - Rimini, 2010. Annotata su FB da Filippo Davoli)
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FRANCO MATACOTTA
irazoqui
9 apr, '10, 9:54 m.
Su questo muro d'ombra
Su questa tomba degli anni
Su questa grata di nere parole
Una mano di luce
Come un miracolo
Come un lampo improvviso
Come un fiordaliso sul vetro
Essere puri
Questo è il segreto.
Franco Matacotta (Fermo 1916–Genova 1978). Giornalista e professore di scuola visse, molto giovane, dieci anni d'amore con
Sibilla Aleramo. Leggi tutto…
Brunella Saccone
dirtyinbirdland 9 apr, '10, 8:35 m.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
A volte ti imbatti in un romanzo. E non sai come. Ho letto d'un fiato questa foto, per poi tornare a
pagina 1. Un po' come leggere "Una notte d'inverno un viaggiatore".
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Michele Frascaro nelle parole di Stefano Cristante
dirtyinbirdland
29 mar, '10, 11:36 p.
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FIORENZO TOSO
irazoqui
27 mar, '10, 11:31 m.
Vol. VII, Novecento
Giuseppe Cava e la poesia savonese – Edoardo Firpo tra lirica e
impegno civile – Govi, Cappello e Marzari: il teatro, la canzone e il
cabaret – La nuova poesia genovese del secondo Dopoguerra – Da La
Spezia a Ventimiglia, da Porto Maurizio a Novi Ligure, da Lerici a Ovada:
nuove voci in tutti i dialetti – Fabrizio De Andrè e la canzone – Il teatro e
la narrativa fra tradizione e rinnovamento – Le ultime voci della poesia
genovese
Fiorenzo Toso (Arenzano, 1962) insegna Linguistica Generale all’Università di Sassari. Specialista dell’area ligure, dopo
avere collaborato alla realizzazione del Vocabolario delle parlate liguri (Genova, Consulta Ligure 1985-1992) ha pubblicato
diversi volumi tra i quali Storia linguistica della Liguria (Recco, Le Mani 1995), Grammatica del Genovese (Id., 1997), Emigranti
do rïe. Poesia in genovese del Novecento (Bologna, In forma di parole 1999), Liguria linguistica (Ventimiglia, Philobiblon
2006); suoi saggi sono apparsi in opere collettive e su riviste specializzate italiane e straniere. Negli ultimi anni si è dedicato ai
dialetti liguri d’oltremare (Il tabarchino. Strutture, evoluzione storica, aspetti sociolinguistici, Milano, Franco Angeli 2004,
Premio internazionale per ricerche sul plurilinguismo della Provincia di Bolzano; Dizionario etimologico storico tabarchino,
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Udine, Centro internazionale sul Plurilinguismo 2004), raccogliendo diversi saggi sull’argomento nel volume Linguistica di aree
laterali ed estreme. Contatto, interferenza, colonie linguistiche e “isole” culturali nel Mediterraneo occidentale (Udine, Centro
internazionale sul Plurilinguismo 2008). Ha conseguito la libera docenza in Filologia Italiana all’Università di Saarbrücken,
dove collabora all’impresa del Lessico Etimologico Italiano diretto da Max Pfister. Si occupa inoltre di lingue minoritarie e
argomenti connessi, temi ai quali ha dedicato tra gli altri i volumi Lingue d’Europa. La pluralità linguistica dei paesi europei tra
passato e presente (Milano, Baldini Castoldi Dalai 2006) e Le minoranze linguistiche in Italia (Bologna, Il Mulino 2008).
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Michele Mari
dirtyinbirdland 27 mar, '10, 8:09 m.
Se i fantasmi si aggirano implacati
sul luogo dell'offesa
dopo la mia morte
cercate
nell'operosa città di Milano
in via della Commenda
al numero civico 28
corrispondente al ginnasio liceo
intitolato a Giovanni Berchet
poeta e patriota
al terzo piano del corpo posteriore
nell'ultima aula a destra
nella fila di banchi di sinistra
sopra il terzo banco
un riverbero azzurrino
a mezzanotte
**
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Dal mio banco al tuo c'erano tre metri
che non ho mai percorso
Per quel peccato originale
ora salgo su tutti i ponti del mondo
gettati sui fiumi più larghi sugli abussi più fondi
ma dopo appena tre metri
ogni ponte
si sporge sul vuoto
**
Tu non ricordi
ma in un tempo
così lontano che non sembra stato
ci siamo dondolati
su un'altalena sola
Che non finisse mai quel dondolio
fu l'unica preghiera in senso stretto
che in tutta la mia vita
io abbia levato al cielo
(Michel Mari, Cento poesie d'amore a LadiHawke - Einaudi, 2007) Leggi tutto…
Non trovo più di te segni ma resti - Gianni Priano
dirtyinbirdland
26 mar, '10, 2:44 p.
Non trovo più di te segni ma resti
ai piedi degli ossari, tra le latte
e l'erba gialla di questi torrenti
dove correva il tuo cane insieme
agli altri cani condominiali.
Nel deserto delle ore nostre
non capitò angelo o profeta
a piantarci i piedi in pancia, a dirci
state attenti il tempo vola, date
olio al cuore alle ali, tengo a voi
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Aurelio Valesi
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olio al cuore alle ali, tengo a voi
sguainate le spine delle rose
i pugnali.
(gianni priano) Leggi tutto…
CARLO MICHELSTAEDTER
irazoqui
18 mar, '10, 10:05 p.
da "POESIE", Adelphi, Milano 1987
Marzo ventoso
mese adolescente
marzo luminoso
marzo impenitente.
Marzo che fai tuoi giochi
con le nuvole in alto
e con l'ombra e le luci
dài mutevol risalto
alla terra stupita.
alla terra intorpidita,
mentre dal seno le strappi
e le primole e le rose
e fresc'acque rigogliose
lieto fai rigorgogliare.
E il passero riscuoti
con la tua folle ventata
nella sua grondaia secca
nella siepe denudata.
Spazzi i portici e le calli
e la nebbia nelle valli
e la polvere degli avi
e i propositi dei savi
rompi e l'ombra delle chiese.
E il pavido borghese
che nell'ossa porta il gelo
dell' inverno trapassato
e col corpo imbarazzato
geme il reuma ed il torpore,
che nel volto porta il velo
della noia ed il pallore
della diuturna morte,
si rinchiude frettoloso
si rinvoltola accidioso
e rincardina le porte.
Se lo scuoti e lo palesi
marzo giovane pazzia
la sua triste nostalgia
sogna il sonno di sei mesi.
Ei ti teme, dolce frate
marzo, terrore giocoso
ma tu passi vittorioso
sbatti gli usci e le impannate
con le tue folli ventate.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
E la densa polve sveli
nel tuo raggio popolato
e sul legno affumicato
i vetusti ragnateli.
Poich' il termine al riposo
canti, marzo adolescente,
t'odia questa buona gente,
marzo luminoso.
Ma se t'odiano addormiti
nelle coltri riscaldate
ed i passeri inpauriti
nelle siepi denudate,
t'ama il falco su nell'aria
che più agile si libra
nella tua ventata varia
e la sente in ogni fibra
lieto nella sua procella,
chè per lei si fa più bella
chè per lei si fa più pura
ai suoi occhi la natura.
Marzo mese luminoso
marzo adolescente
marzo mese irriverente
marzo ventoso.
1° marzo 1910
Carlo Michelstaedter (Gorizia 1887- 1910).Dalla matematica passò alla pittura e dalla pittura alla filosofia. Si uccise a ventitre
anni con un colpo di rivoltella.
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Voici la bombe
dirtyinbirdland 18 mar, '10, 5:41 p.
Manuale Per Stampare Leggi tutto…
99 posse - Povera via mia
dirtyinbirdland
12 mar, '10, 6:34 p.
Nel mentre, occupati come siamo, tutto questo succede sempre:
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EDOARDO ZUCCATO
irazoqui
7 mar, '10, 12:55 p.
da "ULONA" , Il Ponte del Sale, Rovigo 2010
Par mi
l' è mej vess un razista che 'n busard ;
che 'l papa 'l parla da pas circundà
di carabignèr cun 'na pistola in man:
che bucca l'è ca la parla dabòn ?
E chi l'è mai ul pastore dell' Essere?
Per me / è meglio essere un razzista che un bugiardo; /che il papa parla di pace circondato / di caraninieri con la pistola in
mano: / quale bocca parla davvero? / E chi è mai il pastore dell' Essere?
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Aurelio Valesi
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mano: / quale bocca parla davvero? / E chi è mai il pastore dell' Essere?
Edoardo Zuccato (Cassano Magnano Va 1963 ).
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J. B. Ballard
dirtyinbirdland 5 mar, '10, 9:47 p.
(estratti da lettere d'amore):
Con la sinistra le prese il seno, anulare e indice rilevanti il
capezzolo come una gruccia in miniatura. Tenendo questi elementi del
corpo di lei e conservando la propria posa formalizzata, cominciò a
muovere le anche a stantuffo, il pene nella mano di lei. Quando la
ragazza fece per togliergli le dita dalla vulva, lui le allontanò la
mano con una gomitata, contuando a tenervela....poi, allungate le gambe,
ruoto' su se stesso fino a poggiare le anche sul bordo del sedile e,
reggendosi sul gomito sinistro, continuo' a lavorarsi nella mano di
lei, come stesse partecipando a una danza..
(J.B.Ballard - 1973)
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ALDO ACQUARONE
irazoqui
3 mar, '10, 6:15 m.
OSTAIA SOTTORIVA
Se no ve nega o fûmme da frïtûa,
cûrvae 'a testa, chinae quattro scalìn
ed eccove davanti a Marinìn
'a colossale padronn-a tettûa
che affumicando 'a sala bassa e scûa
a frìzze totanetti e moscardìn.
— Che s'accomodan chì a 'sto tavolìn ...
ghe dàggo due anciöe se gh'an premûa
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Aurelio Valesi
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ghe dàggo due anciöe se gh'an premûa
poi gh'ò ûn dèntexo pronto lì 'n to forno
co' ûn bello tiàn de articiocche all'inferno
che ghe van a pennello pe' contomo... —
Che gioia! Quattro amixi; 'na çenetta.
parlâ de donne, dî mâ do governo
schersando con 'a serva che sculetta.
OSTERIA SOTTORIPA
Se non vi annega il fumo della frittura, curvate la testa scendete
quattro scalini ed eccovi davanti alla Marinin, la colossale padrona
«tettuta» che affumicando la sala bassa e scura frigge piccoli totani e moscardini.
— Si accomodino qui a questo tavolino... dò loro
due acciughe se han premura poi ho un dentice pronto lì nel forno
con un bel tegame di carciofi all'inferno che vanno a pennello come contorno... —
Che gioia! Quattro amici; una cenetta, parlar di donne dir
male del governo scherzando con la serva che sculetta.
Aldo Acquarone (Genova 1898- 1964). Autore di un paio di commedie interpretate da Gilberto Govi e di poesie che non vanno
troppo al di là del bozzettismo visse una vita inquieta e disordinata, amara e misantropa.
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Emma S.
dirtyinbirdland 21 feb, '10, 8:41 m.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Per l'incanto delle cose che
accadono, sotto i nostri occhi. Altro che Sanremo.
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Mauro Mazzetti - La ricchezza nelle mani
dirtyinbirdland
20 feb, '10, 8:42 m.
Laboratorio di scrittura autobiografica al Ceis di Roma - febbraio 2010 - Mauro Mazzetti
Anche ieri il laboratorio ha avuto il suo dono. E' stato con noi Mauro Mazzetti. Atmosfera straniata, presenza calda e densa di
Mauro, testi per qualcuno cinestesici, come il canto delle sirene, qualcosa che tocca e va a fondo, che segui cercando
un'assonanza fra ciò che ami e ciò che scopri lì. Mauro è generosamente autobiografico, racconta della nascita dei figli belli,
del suo legame con Panella (mazze e panelle fanno i figli belli), di come scrive, di come da editore, ha avuto grandi e
intoccabili amori. Francesco Ghezzi è lì con la sua biografia di scrittore eccellente (avere Francesco al laboratorio sarebbe
bello davvero), come lì è Pier Maria Galli, con il suo lago e le sue parole esatte. Ghezzi e Galli sono un grande amore comune
di lettura fra Mauro e me. C'è Alessandro Ansuini, c'è Rosa Maria Caputi. C'è Silvia Molesini, c'è ancora Carver (le domande
su Carver non mancano mai). Ci sono le mani di Mauro, mani da falegname dice Enrico, mani per la musica, mani per le cose.
Le mani che hanno toccato i libri che Mauro porta in dono ai partecipanti, le mani che hanno scritto e scrivono, le mani
artigiane e poetiche. C'è l'inedito in progress di Mauro che taglia l'aria in chiusura, che resta nel corpo delle persone lì, toccate.
C'è un sorriso meraviglioso che si fa spazio, ci sono le biografie accanto alle sigarette nelle pause. C'è l'energia, c'è la
passione. C'è la complicità dell'amore per i blog, che facebook mette in ombra mentre in silenzio pulsano forte. Ci sono nomi
nuovi, che Mauro scopre, perché editore dell'anima. C'è un bel gesto d'amore quando Mauro sceglie, con cura, per ciascuno,
quale titolo dare. Quale traccia lasciare e affidare. Sempre Enrico scrive: "cerco sempre di imparare da scrittori patentati, da
università e luoghi ufficiali, da persone strapagate. Oggi scopro che c'è anche qualcuno che insegna molto e dà molto senza in
cambio nessuna moneta". C'è una bella sensazione di ricchezza quando salutandoci Mauro mi dice: grazie, sono felice di
averlo fatto. E io lo sento che è una storia di confine, questo stare lì, dove si è scrittori e lettori senza nessuna nomina. Dove
ieri nessuno, ma proprio nessuno, voleva andar via. Grazie Mauro, per aver tenuto con grazia e aver protetto la gioia e lo
smarrimento arricchente ieri. Me lo porti anche Panella, con te, quando torni in primavera? :-)
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
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Mariangela Gualtieri
dirtyinbirdland 19 feb, '10, 6:55 m.
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ALBERTO CAPPI
irazoqui
19 feb, '10, 6:14 m.
da " POESIE 1973- 2006", Edizioni FORMAT puntoacapo, Novi Ligure (AL) 2009
abbiamo la nostra notte e
la teniamo nel taschino
dove l'orologio batte i
suoi minuti acuti astuti
dove la pioggia canta le
sue rotte umide radici
Albero Cappi (Revere Mantova 1940- 2009).
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FEDERICO FEDERICI
irazoqui
19 feb, '10, 12:19 m.
da "L' OPERA RACCHIUSA", lampi di stampa, Milano 2009
non veduto quasi è il tratto della grazia
qui dettato di stupore accanto al volto
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
qui dettato di stupore accanto al volto
e a te da me non giunge il senso della voce
solo canto chiaro nella gola in alto, a cielo,
muto nel pensiero o luminosa vena in viso
male s'apre al fondo del respiro
Federico Federici (Savona 1974). Vive a Finale ligure , scrive e traduce e a volte si fa chiamare Antonio Diavoli.
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Filippo Davoli
dirtyinbirdland 18 feb, '10, 11:36 p.
Quanto abbiamo parlato, noi due
quando ti accoccolavi su un fianco
e mi dicevi di non avere paura
mentre l'avevi tu.
Non volesti guardarmi
per paura di amarmi (e di morirne)
vorrei tenerti in me come tu allora
(Filippo Davoli, da: Come all'origine dell'aria, Filippo Davoli, L'arcolaio, 2010)
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Idiogamico, divertissement impoetico del mattino
dirtyinbirdland
7 feb, '10, 10:59 m.
tolgo le pulci ad un glossario di psicologia
posato sulla parte sgombra del letto
dalla mia mano crollata a notte fonda
con lo sguardo sigillo tinto d’azzurro
e l’occhio cade su questa parola
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
e l’occhio cade su questa parola
scorsa anni fa nel brulichio dei lemmi
quando nei libri volevo rintracciare
la sapienza del mondo
adesso nell’esistere scordata
in strafottenza all’essere
senza rimorso né ripensamento
idiogamico ovvero
soggetto in grado di avere
rapporti sessuali
solo con una o poche
donne particolari
mentre in tutti gli altri casi
manifesta impotenza
appena sveglio e prima del caffè
questo incipit libresco
è un caos lessicale
misto all’esistere
e ci vorrebbe un goccio
per diluirne l’impatto
perché al mattino è un classico maschile
l’erezione spontanea
e con un libro non è la stessa cosa
anche se a volte certe pagine aperte
sembrano allegorie di cosce
schiuse di femmina
proprio sull’occhio a sublimare i sensi
i nessi logici si avviano
ad impastare il lessico
ed incomincio un gioco
di linguaggio e memoria
donne particolari dice il testo
senza specificare
e senza femmine accanto,
donne indistinte?
manifesta impotenza
a ben guardare stamani non parrebbe
manifestare ovvero rendere noto
ma a chi e cosa?
alla femmina che non è particolare?
sarebbe come dirle bella mia
dato che sei banale non si fotte
non ho potenza da darti
come se l’evidenza fosse la vera forza
chissà perché non c’è
il relativo femmineo
di impotenza?
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
magari frigida
ma non è il femminile
di impotente
frigido potrebbe essere
ma sa di checca
o di nome di cane
femmina impotente
ha un non so che di tenero
rassicurante
frigido maschio invece
è una farsa di lessico
uno spasso
così prima del caffè
guardo la minchia
nella sua forma propria mattiniera
che le consorti sanno
sul suono della sveglia anticipata
forse di un quarto d’ora
giusto il tempo che serve
alla sveltina della prima luce
riconciliante
e nel frattempo il lessico ha smorzato
la mia potenza simbolica
in metafora e assenza
posso per questo senza sforzo alzarmi
e prepararmi il caffè
perché la vera forza è quella che non si usa.
(Testo di: Imagomentis) Leggi tutto…
Silvia Molesini - Cahiér de Doléances
dirtyinbirdland
20 gen, '10, 9:47 m.
*
Cosa dirsi
Vorrei essere più bella
avvicinarmi al mondo sognato
cosa dire
bere Fernet non mi cambia
sei delicato a chiedermi di
stare in là
cosi faccio faccio faccio faccio
mentre la musica è un mondino
piccolo,già, dove nascondersi
e stare rannicchiata, glicine
stare in quel coso come per perdere
proprio a perdere
e come passa l'amore?
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
e come passa l'amore?
Non dirmelo.
Non voglio sapere che dimentichi
non voglio sapere che non pensi
non voglio soprattutto sapere che non
senti
niente niente niente niente niente
*
Clorpromazina
date e firme
milligrammi
aloperidolo
lordiazepam
tioridazina
fiale o compresse.
Note finali
codici
sanitari
e saluti
mentali.
**
Un giorno mi inventai il mondo
e iniziava un'analisi
davo significati diffusi
a quanto mi appariva attorno
e venne alla luce il mondo
figlio di una paralisi
senza niente da dire
ma rotondo.
**
Sono malata
Sempre molto freddo alle porte del giorno
c'è vento fine ghiacciato che s'insinua
è un ghiaccio come un po' di coltelli
piantati qui, là, nella mia vita
in questo circo di montagna.
Con i piedi feriti, le braccia ferite
così da tutti i tagli è uscito il calore
e lo cerco, disperata
vedo chi ce l'ha ed io
sono malata.
**
Oggi è un giorno che i treni sono in orario
e ragazze prugna e nere cantano per dio
e fanno numeri di telefono ad alta voce
come se le divinità non fossero lontane
in codici di numeri e zeri fissano un punto
che dal freddo della montagna incantata
arrivi a cose di calore nella pancia.
(Silvia Molesini - Cahiér de Doléances, Samiszdat, 2009)
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
(Silvia Molesini - Cahiér de Doléances, Samiszdat, 2009)
*
Silvia Molesini mi viene sempre voglia di leggerla. Di leggerla a voce alta, di leggerla per me come diventa dentro di me. La
leggo in silenzio per stare nella sua poetica, la leggo dicendola, per sentire la contaminazione fra lettura e testo. M'innamoro
più di un po', quando la leggo. La sua ricerca è frenetica e lenta insieme. Poetessa delle catatonie e delle allucinazioni. Del
suo modo penso quello che si pensa di Zazie nel metro, di Giovanna d'Arco, di Alice nel paese delle meravilgie. E' la
compagna di Deleuze, ma anche la garza trasparente di Truffaut. Ha questa precisione quasi esasperante, che non consente
deviazioni all'evidenza. Questa raccolta la tengo dove si tiene quello che si vuole quando si ha da dire, a sé. Insomma, mi dico
cose, leggendo. La Silvia della prosa è quel preciso salto dentro. Come un romanzo, imbratta con lungimiranza, come faceva
Mondrian al suo primo tempo. Precisamente, come si fa a vent'anni, a trenta, e poi mai più. Ma ogni suo azzardo è scavo, ha il
volto dell'Amante, della Duras, pagine prime: le si amano tutte le righe (e rughe). Quando ho visto questa performance,
ispirata alla Pluie di Marcel Broodthaers, ho visto Silvia in mezzo a quella pioggia. Silvia, perdona, ho proprio voglia di legger
queste tue, come mi vengon dentro. Forzando quella loro precisione e portandole da me. Una lettura a casa, di mattina,
quando forse si dorme, forse no. Mi piace immaginarti narcolettica, se intendi, quando ti vedo vivere. Capace di passaggi
radicali, come nella scrittura. Nessuna recensione, ch'io possa fare, solo una piccola restituzione, e un portare in evidenza per
iscritto. La voce, è voce sola. Te la rendo, perché dove c'è una domanda ci sia una traccia (sia pur povera-- come la voce in
questo caso) di risposta.
Cosa dire
Oggi è un giorno
Un giorno m'inventai
Clorpromazina
Sono malata Leggi tutto…
Irazoqui, Molestine e Dirtyinbirdland
dirtyinbirdland
20 gen, '10, 8:01 m.
Poco dopo natale, avevo visto uno dei blog collettivi più interessanti, viadellebelledonne, sospendere le "uscite" per una pausa
di riflessione. Più o meno negli stessi giorni, qui e lì, mi arrivavano segnali che chiedevano ragione delle pause e dei silenzi, in
questo luogo come altrove. Insomma, mi ero messa a pensare. A pensare a cosa Facebook avesse prodotto sottraendo
tempo alla cura dei blog, a quello che aveva significato, in questi anni, per me, avere dei luoghi di frequentazione, della case
aperte, nelle quali entrare per leggere, posare, scoprire, e dire. Per un istante ho pensato: ma allora forse dovremmo fermarlo
questo luogo, dovremmo sospenderlo, in attesa di capire. Ma... credo che un blog sia un posto del tutto differente da
Facebook, e credo che questo, in particolare, nasca da un dialogo straordinario, di mente e cuore, e amore per un poeta
anziano che non usa la rete, Aurelio Valesi, ma che ogni anno arriva lì, di carta, antica e bella, con la sua sconcertante
modernità di toni e metriche.
Mi sono detta che questo, come altri blog che frequentiamo, è un luogo che sa stare anche nel silenzio, se serve, ma che vuol
essere soprattutto una dimora. Qui i mendicanti siamo noi, noi che cerchiamo le elemosine elargite ,con generosità e
ricchezza, da tutti quelli che nel mondo ci consentono in incrocio. Ci siamo, anche silenti. E sappiamo di poter venire qui
quando ci occorre. Quando ci occorre un dire che comporti la pazienza di cercare. Siamo di ferro, resistiamo. Arruginiamo, e
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
quando ci occorre. Quando ci occorre un dire che comporti la pazienza di cercare. Siamo di ferro, resistiamo. Arruginiamo, e
respiriamo.
Leggi tutto…
Charlie Chaplin
dirtyinbirdland 19 gen, '10, 9:31 p.
Leggi tutto…
Barbara Giuliani
dirtyinbirdland 18 gen, '10, 8:22 p.
"17.
Oggi i narcisi. Abbiamo l'estasi ogni cinque minuti, tanto che la nostra mente imbarca acqua. E' un viaggio di sogno, che non
ha partiture, ma si illumina con voli allucinati. Ali. Indossate d'acciaio. Qui non si ha paura di volare, ma di guardarsi in volo.
Curviamo le metamorfosi.
Dimmi.
Cosa succede?"
(Da: Bergamo Mantova solo andata - Barbara Giuliani, Samiszdat, 2009. Illustrazioni di Marco Naccarella)
Barbara Giuliani ha una scrittura fluida e rabbiosa, tutta scatti e sussulti, in quello scorrere. Questo suo libro, oltre ad essere
un atto d'amore, è un atto di promessa. L'estasi è l'istante in cui Gesu' ci porta a casa, così fra Narciso e l'estasi scorre
qualcosa che non si nomina, può solo essere scritto. O segnato, come nelle illustrazioni di Marco. E le illustrazioni di Marco
sono l'altra grande vertigine di questo libro. La donna al cappio, è credo, la più intensa. Insieme alla cerniera parigina, vado
per associazioni. nei disegni di Marco c'è la sintesi architettonica di una città disegnata a colpi di corpi, dove i manichini
rorscharch hanno una mobilità di vento. Non ho visto mai nessuno disegnare come Marco un mucchietto d'ossa. Incantata e
arresa vi ho letto oggi, di carta. Questo libro è bellissimo. E, avevo ragione Buk, bruci le ali vicino a Paracelso. Invece delle
rose. Ma così deve essere. Leggi tutto…
Rosarno
dirtyinbirdland 10 gen, '10, 11:14 p.
Dal blog di Andrea
Leggi tutto…
dirtyinbirdland
2 gen, '10, 9:26 m.
Dal blog di Helda Schneider:
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Perché ha deciso di affrontare in un romanzo un argomento così spinoso?
“La violenza sulle donne esiste da sempre, e c’è stata anche durante il nazismo. Negli anni Novanta, uno scrittore, Eugen
Kogon, che ha conosciuto personalmente l’esperienza del lager, ha testimoniato dell’esistenza di questi bordelli, che si
chiamavano Sonderbau (edificio speciale). Ci sono state interviste e ricerche. Mi sono documentata e ho scelto di costruire
una storia. La protagonista, Herta Kiesel, ormai anziana, affida i ricordi dell’orrore che ha vissuto a Buchenwald a una scrittrice
italiana.
I prigionieri pagavano due marchi per un rapporto sessuale, soldi che finivano ovviamente nelle mani dei nazisti. Spesso
disprezzavano le donne del bordello, convinti che avessero fatto una scelta, e non capivano che anche loro erano vittime,
anzi, doppiamente vittime… Questi bordelli furono istituiti in dieci lager.
Le ragazze, scelte fra le più giovani e gradevoli, venivano soprattutto da Ravensbrück. Venivano attirate con la falsa promessa
che dopo sei mesi sarebbero state liberate. E quando il loro fisico era distrutto dalla vita che conducevano, venivano riportate
a Ravensbrück, dove venivano utilizzate come cavie per esperimenti medici. In quegli anni si sperimentavano i sulfamidici, e
molte morirono di infezioni terribili indotte dai medici. Le sopravvissute furono pochissime.”
C’erano anche donne ebree?
“No, mai. E nessun uomo ebreo avrebbe mai potuto frequentare il Sonderbau, per motivi razziali. Erano per lo più tedeschi. Il
massimo dell’ipocrisia del regime, che combatteva aspramente la prostituzione nella società, era questa legalizzazione nei
lager, con il pretesto di arginare l’omosessualità fra i prigionieri.”
Leggi tutto…
Patrizia Cavalli
dirtyinbirdland 2 gen, '10, 9:14 m.
Leggi tutto…
Carmelo Bene
dirtyinbirdland 2 gen, '10, 8:48 m.
Leggi tutto…
LUCIANA LANZAROTTI
irazoqui
20 dic, '09, 11:28 p.
da "IL PICCOLO LUTRING", Neri Pozza, Vicenza 2009
"Avevo ordinato sessanta bottiglie di champagne e centocinquanta rose rosse. Il cameriere era stato obediente, solerte,
leccaculo".
Luciana Lanzarotti è nata a Genova.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Leggi tutto…
Louisa May Alcott - Piccole donne
dirtyinbirdland
18 dic, '09, 9:28 m.
"Natale non sarà Natale senza regali", borbottò Jo, stesa sul tappeto.
"Che cosa tremenda esser poveri!", sospirò Meg, lanciando un'occhiata al suo vecchio vestito.
"Non è giusto, secondo me, che certe ragazze abbiano un sacco di belle cose e altre nulla", aggiunse la piccola Amy, tirando
su col naso con aria offesa.
"Abbiamo papà e mamma, e abbiamo noi stesse", disse Beth, col tono di chi s'accontenta, dal suo cantuccio.
I quattro giovani visi, illuminati dalla vampa del caminetto, s'accesero alle consolanti parole, ma tornarono a oscurarsi quando
Jo aggiunse tristemente: "Papà non l'abbiamo e non l'avremo per un bel pezzo". Non disse "forse mai più", ma ognuna, in cuor
suo, lo pensò, andando con la mente al padre lontano sui campi di battaglia."
Leggi tutto…
GAETANO SALVEMINI
irazoqui
10 dic, '09, 10:27 p.
da "SCRITTI SUL FASCISMO", Feltrinelli, Milano 1973
"Il re ,in piedi su uno sgabello preparato davanti al suo seggio perchè sembrasse meno piccolo, le mani incrociate sull'
impugnatura della spada, cercava, senza riuscirci, di assumere un'aria maestosa; i suoi occhi incerti e sbigottiti sembravano
quelli di un cane uscito allora dall'acqua dopo aver corso il rischio d'annegare".
Gaetano Salvemini (Molfetta 1873 - Sorrento 1957 ). Storico e uomo politico.
Leggi tutto…
Gianni Priano
dirtyinbirdland 10 dic, '09, 10:58 m.
Lei distesa sulla pancia, le calze
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Aurelio Valesi
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(Photo da: Canicola, di Ulrich Seidl, 2001)
Lei distesa sulla pancia, le calze
colorcarne, lui già in canottiera
la dentiera, seduto a guardare
il laghetto di fuori, i germani.
Sessant'anni già andati, passati
tra le sbarre passava la bava
dei cani.
(Gianni Priano)
Leggi tutto…
Paride Leporace - 21 quartine
dirtyinbirdland
10 dic, '09, 10:48 m.
Anni Novanta descritti in tempo reale attraverso 21 quartine
Signorina si prepari
il pap test le dirà
come il destino si diverte
con i fili delle Parche
giovani capretti
walkmen come berretti
auditel umani
probabilmente cyberpunk
una vecchia comunista
abiura Ingrao
spera nel si
il senso comune va mutando
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
ed il giovane Curtis
vide comparire le nere divise
ascoltavano cosa pensava
ha capito l'angoscia del signor K
il sociologo scintillante
frugatore di tutti i contenitori
ha scrutato l'Anemia
diventando regista in frigorifero
il vissuto camionista
si muove sul palcoscenico
tra estasianti lucine
racconti di mare e qualche raro ricordo
l'addormentato sballone
ingoiò tragici tranquillanti
al posto di polizia
dichiarò di aver ingoiato una pizza guasta
digitare codice segreto
codice non rivelato
tecniche informatiche
attualizzano il "chi sfonda" brechtiano
vecchie pellicole
zeppe di operai e di storia
giacciono immemori
in premiati archivi
scrivono da Londra
i signori della candela accesa
riconoscitori politici
di ogni oppresso del mondo
l'alchimista di formule e tarocchi
abile ciarliero
infido seduttore
presto raggiungerà la sua amata Germania
pierre di provincia
simulano efficienza padana
con risvolti tragicomici
di presunto postmoderno
il maestro di cinefilia
che gli oppressi
ha raccontato
indaga smarrito la realtà
emergenti architetti
tessera partito automuniti
bleffano competenze
organizzando disastri della mente
nuove periferie
meridionali
inglobano profughi residuali
della civiltà contadina
borghesia rossa
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
capitolina
rammenta il passato
tra "porci con le ali" e "altri libertini"
nel gioco dell'apparire
inquadrato architetto
vestito a puntino
spinella allegramente nei cessi
e colui che si ostina
ad innalzare le belle bandiere
certosinamente si illude
di poter incendiare Palazzo d'inverno
avvocato
beva un'altra birra
in questo schifo di mondo
se ne sente il bisogno
i frati del convento
pregano il Signore
in sontuosi banchetti
ove si discute di Terzo mondo
simile a Dorian Grey
giovin signore
di schiatta comunista
vive la vita come "Colazione da Tiffany"
(Paride Leporace, Giornalista e scrittore - 2009)
Leggi tutto…
Uomo che aspetta (Gianni Priano)
dirtyinbirdland
5 dic, '09, 7:35 p.
(Photo by Gianni Priano)
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
(Photo by Gianni Priano)
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GUIDO PIOVENE
irazoqui
4 dic, '09, 9:51 m.
"Una borgata di montagna quasi tutta nuova ha qualche cosa del giocattolo; figuriamoci Lumezzane, dove si vive come
Pinocchio nel paese dei balocchi inebriati non di giostre e di dolci, ma di macchine tornitrici, fresatrici, e via dicendo. Anche qui
i ragazzini scappano dalla scuola, ma per andare alle macchine di nascosto, con la complicità degli operai che fanno in modo
di nasconderli al padre. Lumezzane in Val Gobbia è il più sorprendente caso di americanismo ch’io abbia incontrato in Italia; le
leggi della nostra pigra vita economica qui sembrano sovvertite. Gli operai vengono quasi tutti da fuori, ma è legge generale
che si stacchino presto dall’industria dove lavorano e mettano su un’officina. E’ una continua rotazione, chi sale e diventa
padrone, chi ritorna operaio. Padroni e operai poi sono della stessa pasta, identici per origine, passione, gergo, abitudini. I
padroni ed i loro figli lavorano tutti alle macchine anche se hanno centinaia di di dipendenti".
Guido Piovene (Vicenza 1907- Londra 1974) Proveniente da una famiglia nobile studiò a Milano, laureandosi in filosofia. Iniziò
giovanissimo l’attività di giornalista: corrispondente dell’”Ambrosiano” dalla Germania, poi del “Corriere della Sera “ da Londra
e da Parigi, collaboratore ed inviato della “Stampa” che lascerà nel giugno del 1974, anno della sua morte, per divenire
responsabile della sezione culturale e letteraria del “Giornale Nuovo” diretto da Montanelli. Bocca lo definì un "ostaggio del
bello scrivere".
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Franco Loy e Alda Merini
dirtyinbirdland
9 nov, '09, 1:53 p.
POESIE E INCANTESIMI
<"Dolce corrida di uccelli / nello spazio di una sera azzurra / dolce mordere di canzoni / attorno al campanile della chiesa /
dolce reato mio / che guardo in alto e spero / in una gioventù perduta forse in mezzo agli uccelli / che squittiscono fieri di una
notturna allegria" dice Alda Merini, morta una settimana fa, nella raccolta "Testamento" che Crocetti ha stampato nell'88 con
introduzione di Giovanni Raboni, il quale osserva: "Sì, la poesia della Merini è tanta, oltre che vera; e anche di questo, quel
giorno, bisognerà tenere conto".
Pochi poeti del nostro tempo, e mi riferisco a tutto il Novecento, hanno sentito con la sua intensità questa urgenza del dire,
questa necessità di dare parola all'insieme delle emozioni e delle azioni, ai movimenti che un'anima umana sente vibrare in sé
durante l'intera vita.
Lei stessa scrive in un libro, "Padre mio", uscito quest'anno da Frassinelli: "Non sono morta, e per quanto la morte mi affoghi e
mi faccia sudare, io, padre, non sono mai stata così viva e presente, e pare che la follia mi conferisca una tale lucidità, un tale
tormento, una tale avarizia e una tale prodigalità da fare di me un incantesimo di amore sacro e profano".
Dunque una poesia come "sudore" della vita, come incessante manifestazione di un "sentire" che ci accompagna in ogni
istante e rivela a noi stessi il fiato interiore e quello cosmico in cui siamo coinvolti.
"Oh Eterno Movimento, / tu trasformi la materia in sostanza ardente", scrive in un'altra poesia.
Così era in ogni circostanza, Alda Merini. Me la fece conoscere almeno vent'anni fa Nicola Crocetti in un caffè, mentre si
attendeva di andare a leggere poesie nel Castello di Melegnano. C'erano con noi altri poeti, e Crocetti, indicando uno di loro,
disse ad Alda: "Perché non fai una poesia su di lui...", lei ribatté ridendo: "No, la farò su quell'altro... perché è più timido...".
Penso che quella poesia, come tante altre inedite, sia conservata dall'editore, vero grande amico di Alda, e a lungo, insieme a
Scheiwiller, sostenitore dei suoi bisogni economici.
Da allora partecipammo insieme a tante letture pubbliche.
Memorabile fu un viaggio in taxi con lei e il poeta Davoli da Milano a Civitanova Marche. A un certo punto mi chiese: "Perché
non scrivi una poesia per me? Io ne scrivo una per te e tu ne scrivi una per me..." e s'interruppe: "Che ridicola che sono! Le
poesie per una donna non si fanno su richiesta...".
Arrivati al Teatro di Civitanova salimmo sul palco per leggere le nostre poesie. Quando toccò a lei, io scesi in platea per
ascoltarla e vederla meglio. A un certo punto le dissero che avevano preparato per lei un gran bouquet di fiori: "Voglio che sia
Franco a farmene omaggio" disse. Allora salii sul palco e molto teatralmente m'inginocchiai ai suoi piedi e con enfasi le offersi i
fiori.
Lei mi guardò compiaciuta e un po' ironica e poi sillabò: "L'hai fatto davvero o per finta?". Mi ritornò alla mente una sua poesia
in cui rivolta a Dio parla della propria menzogna intrisa del desiderio di verità.
Tanti ricordi mi legano a lei. Ma in questo momento mi sembra più consono parlare della sua poesia. POiché nessuno come
Alda si è lasciato trascinare in un turbine in cui ogni alito del tempo e del respiro diventa parola: "Dio della pace, quanto cibo
ormai / io Ti ho offerto negli anni! Dammi un segno / di probabile quiete". Era persino imbarazzante stare con lei e non sapere
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
ormai / io Ti ho offerto negli anni! Dammi un segno / di probabile quiete". Era persino imbarazzante stare con lei e non sapere
se si stesse vivendo un momento del quotidiano trascorrere di vita o di parole: "Eppure i poeti sono inermi... / Hanno un corpo
per tutti / e una universale memoria".
La contraddizione armonica è il segreto di questa sua poesia, come forse è della sua realtà vivente, il suo dirompente esistere
nel mondo. Due sono i termini di questa contraddizione: il mistero o Nulla o Dio - un assoluto dialogante e posto come salvifico
- e la miseria dello "stare al mondo", la povertà inerme della condizione umana. Questa sua poesia oscilla perennemente in
questa confidenza con l'assoluto e il dolore della contingenza, tra ciò che è e ciò che si spera, ciò che si coglie come eterno e
infinito e ciò che ci travolge nella banalità della cronaca: "La paura che l'uomo o il pensiero / intorbidiscano i torrenti della tua
infanzia / diventa allora una preghiera ardente".
Penso non si sia meglio espressa la condizione del nostro tempo, questo assuefarsi alla catastrofe e presagire insieme la
forza salvifica che ci attraversa. Una volta mi chiese: "Tu ci credi in Dio?". "Sì", le risposi, "come i bambini...". "E' il vero modo
di credere", disse, "ma non sempre ci riesco...".
"Ogni giorno che passa / fiorisce un usignolo / di bel canto sul ramo, / che fa qualche richiamo / modesto richiamo / alla povera
vita, / usignolo che canta / di povertà infinita" scrisse tanto tempo fa: è questo il segno della sua vera fede.>
-------------------------------------------------------da "Sole 24 Ore - Domenica", 8 novembre 2009
Postato da Filippo Davoli su FB Leggi tutto…
RIVISTA ANARCHICA ONLINE
irazoqui
8 nov, '09, 6:49 p.
rivista anarchica
anno 38 n. 338
ottobre 2008
alternative
La Comune di Ovada
di Anteo
Una giornata di studi e un libro ripercorrono l’esperienza del più importante
esperimento hippy in Italia (1970-71).
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Tra l’estate 1970 e novembre 71 alcuni cascinali del Monte Colma sull’Appennino
ligure-piemontese, nei pressi di Ovada (Alessandria), accolgono un insediamento
hippy. Nel corso dei mesi una novantina di ragazzi e ragazze provenienti per lo più
da esperienze della Beat Generation e della contestazione del ’68, occupano e
gestiscono diverse cascine abbandonate mettendo in pratica il desiderio di vivere a
contato con la natura, lontano dalla famiglia/prigione, dalla società mercantile, dalla
schiavitù del lavoro salariato, lontano dal ghetto della città
caotica/fumosa/oppressiva.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Oltre a vivere in simbiosi con la natura, vogliono sperimentare rapporti umani
diversi, basati sulla fraternità, sull’amore, sulla solidarietà; dal punto di vista della
produzione la loro pratica è di mettere tutto in comune, basandosi sui concetti
dell’autogestione per garantire la sopravvivenza della comunità: il lavoro dei campi,
la semina, il raccolto, gli animali da cortile, l’arte, la creazione di monili e manufatti
diversi rappresentano le fonti primarie di sussistenza, alle quali si aggiungono gli
aiuti da parte di altri loro compagni/fratelli che dalle città fanno quanto possono per
rendere loro la vita meno precaria e dura. I loro stretti rapporti col movimento
underground li rende subito famosi anche all’estero: Ovada diviene, dunque, meta di
pellegrinaggio da parte di giovani provenienti da tutti i paesi.
Ma questa esperienza non può non impensierire le autorità dello Stato: vuoi la scusa
di minorenni scappati di casa e la denuncia dei genitori; vuoi la speculazione che
inizia a mostrare le sue grinfie; metteteci anche i giornali scandalistici che
descrivono come “orge” il fare il bagno nudi; vuoi le provocazioni; sta di fatto che un
bel mattino i carabinieri fanno una grande retata in tutta la valle fermando i giovani e
rispedendoli ai paesi d’origine coi famigerati e fascistissimi “fogli di via”.
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
Utopia concreta
A distanza di 37 anni, a fine maggio scorso, è stata organizzata nella cittadina di
Tagliolo Monferrato (Alessandria) una giornata di studi ed una mostra documentaria
per ricordare gli eventi di quella irripetibile esperienza che è stata la Comune di
Ovada. Per l’occasione è stato pubblicato anche un libro: La Comune hippy di
Ovada: un’utopia vissuta. Storia, immagini, testimonianze.
Dinni Cesoni, all’epoca anarchica e comunarda in una delle tante comuni urbane di
Milano (oggi giornalista e psicologa, con un impegno verso i problemi delle
tossicodipendenze e del disagio giovanile nelle banlieue di Parigi), ha ripercorso il
periodo storico tra il ’68 e i primi anni settanta, ricordando quel desiderio di vivere
insieme senza regole imposte, condividendo i gesti e i problemi quotidiani senza
distinzione tra essere donna o uomo, dicendo no alla guerra, alla violenza, alle
gerarchie, al possesso, alla gelosia. Sarà proprio dalla Comune di via Vico a Milano
che transiteranno i primi giovani che si sposteranno in campagna fondando la
Comune agricola di Ovada, divenuta immediatamente simbolo di una scelta
possibile, d’una utopia concreta. E non è di poco conto il fatto che questa
esperienza sia stata aiutata anche dagli abitanti della valle e delle colline di Tagliolo,
coi loro consigli su come lavorare la terra o allevare gli animali, a dimostrazione di
come molti contadini abbiano compreso il senso della ricerca di quella nuova
generazione. Certo, altri si sono tranquillizzati solo quando i “capelloni” sono stati
costretti a sloggiare. E questo lo ha spiegato molto bene Clara Sestilli quando
ricorda la trasformazione del mondo contadino negli anni dell’industrializzazione e
dell’esodo verso le città e le fabbriche: un mondo contadino intimorito o incuriosito,
quando non affascinato dall’innocenza e ardimento dei ragazzi che hanno lasciato la
relativa sicurezza di casa, famiglia patriarcale, che hanno detto no a lavori da robot,
alla leva, alla vita in quartieri degradati di periferia, pronti a esplorare le proprie
capacità e ricercare sè stessi in contesti naturali. Anche se non tutto il mondo
contadino comprende e accetta questo rovesciamento dei valori, dove non ci sono
capi, nè dottrine rigide a dividere i buoni dai cattivi, i ricchi dai poveri, i ragazzi dalle
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capi, nè dottrine rigide a dividere i buoni dai cattivi, i ricchi dai poveri, i ragazzi dalle
ragazze.
Di un certo rilievo l’intervento di Ignazio Maria Gallino, forse l’unico in Italia ad aver
raccolto e custodito la produzione underground a partire dall’esperienza di “Mondo
Beat” fino agli anni Settanta, costruendo pezzo per pezzo un “Archivio Storico della
Stampa Underground” che solo recentemente ha trovato una sede e presto potrà
aprire le porte alla ricerca. Il suo è stato un intervento importante perché ha
ricostruito, passo passo, mese dopo mese, la nascita, l’evoluzione e il tramonto
dell’esperienza comunarda, non dimenticando di ricordare anche le sperimentazioni
di diete alimentari a base di riso, erbe, radici e frutti del luogo. La nudità era
naturale, la disponibilità sessuale diffusa e spesso destituita da ogni sottinteso
sentimentale.
Poco per volta, nei mesi successivi alla prima occupazione di un cascinale
abbandonato, si rende necessario occupare altri luoghi per l’arrivo di un alto numero
di ragazzi e ragazze del movimento. Si dissoda il terreno, si acquistano le patate per
la coltivazione, si accudiscono gli animali, e, non ultimo, inizia la presenza
quotidiana della polizia che pratica la caccia ai minorenni e la persecuzione degli
stranieri attraverso l’elargizione dei “fogli di via”: una presenza ormai stabile che
sfocerà alla fine del 1971 con l’occupazione di tutta la valle e con gli sgomberi dei
cascinali occupati. Si chiude così una pagina del movimento hippy in Italia, là sotto il
monte Colma, tra le cascine abbandonate di Ovada, Tagliolo e Lerna.
Walter Pagliero, nel suo intervento, definisce questa esperienza “un momento di
generosità”, anche se i risultati pratici non sempre sono coincisi con le aspettative.
Nonostante la lotta contro la fame e il freddo. Nonostante il continuo tormento di due
istituzioni repressive: il parroco e i carabinieri. Nonostante la gogna a cui sono stati
sottoposti i comunardi da parte delle istituzioni repressive.
I contenuti sociali e politici, alla base di una scelta così radicale, sono riconducibili
ad alcuni principi essenziali: il rifiuto del sistema e dei suoi valori dominanti
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ad alcuni principi essenziali: il rifiuto del sistema e dei suoi valori dominanti
(produzione, consumo); il rifiuto della famiglia ritenuta ariosa e stimolante come una
camera a gas (da uno slogan scritto sui muri della Comune di Ovada) per sostituirla
con una famiglia allargata, in assenza di possessività e fedeltà coatta; il principio
della nonviolenza (non a caso tanti renitenti alla leva si sono rifugiati presso la
Comune di Ovada) e accettazione delle esperienze psichedeliche per sperimentare
nuovi aspetti della propria personalità e la meditazione buddista come strumento di
decondizionamento.
Infine, Franco Schirone, ha ripercorso le diverse esperienze comunitarie libertarie
dei primi anni Settanta in Toscana, sottolineando come questi esperimenti siano
stati una costante nella storia dell’anarchismo. Proprio per questa storica
esperienza, il movimento libertario preferisce dare ascolto a quei modelli di forme
associative di produzione, piuttosto che a quelle di tipo esistenziale poiché è sul
piano economico, capace di sopravanzare le altre esistenti, che è possibile fondare
le basi di una nuova società. In questo contesto ha ripercorso le esperienze
comunitarie negli ultimi due secoli, dai socialisti “utopisti” (Fourier, Owen, Déjacque,
Thoreau) fino alla nascita della Prima Internazionale (Bakunin, Kropotkin) e le idee
sull’autogestione; dall’esperienza della Colonia Cecilia fino alla concretizzazione dei
grandi movimenti rivoluzionari come in Russia (prima che un partito trasformasse il
soviet/comunità in cinghia di trasmissione di un nuovo potere), come l’occupazione
delle fabbriche e delle terre nel 1920 in Italia e la gestione diretta della produzione,
come le colletività spagnole del 1936-39, come mille altre esperienze
autogestionarie in tutto il mondo. Non ultimo la Comunità del Sud e la Comune
Urupia, ad oggi attive e concrete.
Il pomeriggio della giornata di studi è stato dedicato al presente, alle diverse forme
di un desiderio di liberazione dai fardelli esistenziali per ritornare in sintonia con la
natura, oltre che con sé stessi. E si è discusso di ecovillaggi, di comuni oggi, di
esperienze controcorrente che ridestano il desiderio e la volontà di sognare e
praticare un altro mondo.
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Foto e documenti
Un secondo elemento, contiguo all’incontro, è dato dalla pubblicazione del volume
“La Comune hippy di Ovada. Un’Utopia vissuta. Storia, immagini, testimonianze”,
curato da I. M. Gallino, che contiene le cinque relazioni presentate al convegno
tenuto a Tagliolo Monferrato il 31 maggio scorso. Ma non solo. Le 222 pagine del
libro rappresentano un eccezionale documento storico, ricco di foto e documenti
dell’epoca: le cascine, la valle, i boschi che hanno accolto l’esperienza comunitaria;
l’arrivo dei giovani “capelloni”, le scritte sui muri, il lavoro dei campi, l’ozio sulle rive
di un torrente e la libertà di stare nudi. Foto dei diversi momenti di vita quotidiana,
primi piani di chi c’è stato, l’arrivo dei carabinieri, le proteste contro lo sgombero e,
infine, l’esodo dopo l’incendio delle cascine.
La cronaca, le interviste e le testimonianze rappresentano un ulteriore aspetto
d’interesse, quando vengono ripresi non solo gli articoli apparsi sui diversi fogli
underground (1970-71) ma anche gli articoli di cronaca (e relative foto di contorno)
pubblicati sui quotidiani e sulle riviste scandalistiche, sempre in quel periodo. Infine
uno scritto inedito del 1967 di Walter Pagliero, sulle prime comuni Beat in Italia, che
racconta le diverse esperienze del periodo antecedente Ovada, con corredo di
fotografie; e, a chiusura, una ben documentata serie di interventi sempre sul tema
delle Comuni.
Anteo
Il volume La comune hippy di Ovada costa 25 euro + spese di spedizione
e va richiesto a
Ignazio Mario Gallino, via Niccolini 2, 20154 Milano, telefono per info
02.3451440.
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GUIDO BARROERO
irazoqui
8 nov, '09, 6:43 p.
Guido Barroero
Sestri oh cara!
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Aurelio Valesi
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Sestri oh cara!
una cittadella proletaria, anarchica e sovversiva
Sestri Ponente è Sestri e basta. È l'altra, l'omonima del Tigullio, che ha bisogno dell'aggettivazione: Sestri Levante. Sestri è
Sestri e non è Genova, come non sono Genova le altre delegazioni ponentine e valpolceverasche (comuni autonomi fino al
'26) e a rimarcare queste specificità rimangono i modi di dire comuni: ancora oggi non si dice andare in centro, ma andare a
Genova.
In queste due specificazioni c'è tutta la singolarità del ponente del genovesato e di Sestri in primo luogo (senso forte di
identità, manifestazioni di autonomia, associativismo territoriale ecc.) che a tutt'oggi permangono, sia pure in forma attenuta. A
ben vedere le radici di questa separatezza sono in buona misura legate all'asprezza della costa del genovesato; ancora nel
1658 il cronista della grande peste, padre Antero, scriveva nelle sue cronache che per recarsi da Sestri a Genova - nella
stagione invernale - l'unico mezzo era la barca. Pochi chilometri di costa con rivi resi impetuosi dalle piogge e promontori
impervi erano intransitabili sul percorso dell'antica strada romana. Bisognerà aspettare l'epoca napoleonica per avere un asse
viario degno di questo nome e riportare il mare alla dimensione della pesca o - in epoca più tarda - a quella degli stabilimenti
balneari.
Il mare, tuttavia, Sestri lo perderà molto presto: nella seconda metà dell'ottocento la nascita e la crescita delle attività
manifatturiere colonizzerà le spiaggie. Cantieri navali (Cadenaccio e Odero), ferriere (Raggio), officine (Piaggio), Manifattura
tabacchi inizieranno a trasformare Sestri in una città industriale. La costituzione del gruppo industriale Ansaldo e
l'insediamento dei suoi primi grandi stabilimenti (i Cantieri Navali) completeranno la trasformazione. A fine secolo il decennale
conflitto per l'uso dell'arenile è ormai risolto a favore dei cantieri, mentre l'edificazione avanza intanto a mare dell'insediamento
storico con i nuovi quartieri destinati agli operai.
Parallelamente all'industrializzazione cresce la proletarizzazione: migliaia sono gli operai che lavorano nelle fabbriche sestresi.
Nascono le prime lotte e le prime forme di organizzazione di difesa operaia. La classe operaia genovese è ancora, per la
maggior parte inquadrata nelle vecchie società di mutuo soccorso mazziniane, ma la parte combattiva segue gli anarchici,
attivissimi a Genova sotto la guida di Galleani e di Pellaco. Quest'ultimo, ricordiamo, era il direttore del giornale anarchico Il
Nuovo Combattiamo! che tra il 1888 e il 1890 ebbe uno straordinario successo tra i lavoratori genovesi. È certo che in quegli
anni esistessero a Sestri circoli anarchici e gruppi socialisti attivi e consistenti, così come in città, a Sampierdarena e a
Rivarolo.
Nel 1891 il nascente movimento operaio influenzato dai "sovversivi" (anarchici e socialisti della tendenza rivoluzionaria) è
messo per la prima volta alla prova. Lo sciopero per il primo maggio, indetto da anarchici e socialisti ottiene un buon successo
a Sestri e nelle altre cittadine del ponente: duemila persone assistono a un comizio a Sampierdarena. Oratori principali per gli
anarchici Garfagnoli, Pellaco e Panzacchi. Alla fine del comizio i manifestanti si scontrano con guardie di finanza e soldati,
numerosi gli arresti. È la prova del fuoco per la classe operaia genovese e sestrese che negli anni successivi dovrà affrontare
ben altre battaglie.
Negli anni successivi, da un lato, si completa la trasformazione del ponente cittadino in un insediamento industriale di grandi
proporzioni: Sestri e Sampierdarena (chiamata allora la piccola Manchester) primeggiano per concentrazione di fabbriche e di
proletariato. Si espandono a Sestri i Cantieri navali, lo stabilimento Fossati e le fonderie Raggio che passano alla Società
Ligure Metallurgica. Dall'altro lato, cresce l'organizzazione operaia che si svincola gradatamente dalla tutela dei repubblicani e
dall'associativismo di mutuo soccorso. Le prime forme di organizzazione sindacale in senso moderno sono le leghe di
resistenza, che gradualmente si associano per categoria e per territorio (sul modello francese delle Bourses du Travail). La
prima Camera del Lavoro a costituirsi è quella di Sampierdarena (1895, circa 2000 iscritti), la seconda è quella di Genova
(1896, circa 4000 iscritti). Entrambe vengono sciolte d'autorità nel dicembre del 1896. È un duro colpo, ma solo due anni dopo
sulla scia della repressione antiproletaria di Bava Beccaris c'è una ripresa generalizzata di iniziativa del movimento operaio
genovese. Si arriva, il 20,21 e 22 dicembre del 1900, al grande sciopero generale (il primo in una città italiana) per la libertà di
associazione. La partecipazione è grande - totale a Sestri - e il governo deve cedere: nel gennaio dell'anno successivo viene
ricostituita la CdL di Genova, di cui, in una prima fase, Sestri, Sampierdarena e Voltri sono sezioni distaccate. Nel 1902 la CdL
di Sestri si rende autonoma, primo segretario è il socialista rivoluzionario Dino Bruschi.
È l'inizio di una storia - fuor di ogni retorica - gloriosa per il proletariato sestrese e per le avanguardie che esso esprime:
anarchici, ma anche sindacalisti rivoluzionari e socialisti intransigenti. È un percorso di lotte dure (ricordiamo le agitazioni
operaia del biennio 1901/1902 e lo sciopero generale nazionale del 1904 che a Sestri ebbe un corollario di incidenti e di feriti)
ma anche di chiarificazione politica. Ricordiamo che dopo la scissione della Sala Sivori del 1892, anarchici e socialisti avevano
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ma anche di chiarificazione politica. Ricordiamo che dopo la scissione della Sala Sivori del 1892, anarchici e socialisti avevano
continuato a collaborare sul terreno sindacale. Tuttavia le continue oscillazioni di questi ultimi tra l'ipotesi istituzionale e quella
intransigente provoca, oltre che lacerazioni nel partito, disorientamento nel movimento sindacale. Così alla costituzione della
Confederazione Generale del Lavoro (1906) corrisponderà la fuoriuscita di gran parte degli anarchici e della frazione dei
socialisti intransigenti che si era convertita al sindacalismo rivoluzionario. Così mentre a Genova e a Sampierdarena accanto
alle CdL confederali nasceranno Camere sindacaliste, a Sestri l'intera CdL si schiererà compattamente sul fronte sindacalista
rivoluzionario. Proprio dalle fila dei sindacalisti usciranno i due segretari, Angelo Faggi e Antonio Negro, che si alterneranno
alla guida della CdL sestrese dal 1912 (anno in cui viene costituita l'U.S.I.) fino alla sua caduta ad opera del fascismo.
Si apre, a partire dall'inizio degli anni '10, la stagione più feconda delle lotte del proletariato sestrese: lotta per le otto ore, lotte
per miglioramenti salariali, scioperi generali di solidarietà con altre categorie di lavoratori, lotta contro il liberticida
"Regolamento d'officina" imposto dai confederali in combutta con il patronato, costellano la vita in fabbrica operai sestresi.
Citiamo ad esempio lo sciopero alla Ligure Meccanica del 1911, quello allo Stabilimento Artiglierie del novembre 1912; lo
sciopero all'Allestimento Navi dell'aprile 1913, che poi si estende a tutta Genova fino all'agosto; le lotte per migliorie salariali al
Cantiere Navale Ansaldo di Sestri Ponente e al Cantiere Allestimento Navi di Genova del gennaio 1914; la lotta alle Grandi
Fucine Fossati di Sestri Ponente per aumento salariali e l'erogazione di una maggiorazione per lavoro straordinario, del
marzo-maggio 1914; gli scioperi per la Settimana rossa del giugno 1914 e lo sciopero alla Piaggio Materiale Mobile di Sestri
Ponente, del secondo semestre 1914. Neppure durante i difficili anni della guerra il proletariato sestrese si ferma, nonostante
le defezioni - a livello nazionale, ma anche cittadino - di una parte del sindacalismo rivoluzionario, diventato interventista,
l'organizzazione tiene e le lotte continuano. Citiamo solo lo sciopero generale metallurgico di Sestri del 19171, in appoggio agli
operai dei Cantieri Odero che avevano subito 300 arresti a seguito di una vertenza aziendale.
Finita la guerra iniziano i grandi processi di riconversione dell'industria bellica e le fabbriche sestresi sono pesantemente
coinvolte. La difesa dei posti di lavoro si aggiunge dunque ai tradizionali temi rivendicativi della riduzione d'orario, degli
incrementi salariali e del miglioramento delle condizioni di lavoro. Ma ormai il proletariato sestrese, quello genovese sono
all'attacco, si avvicinano il Biennio rosso e il grande movimento dell'occupazione delle fabbriche. La CdL di Sestri Ponente
(circa 14.000 iscritti) è controllata dai militanti dell'U.S.I., e in essa giocano un ruolo di primo piano numerosi e stimati militanti
anarchici: ricordiamo solo Giovanni Mariani, Pietro Caviglia, i fratelli Dettori (Angelo e Antonio), i fratelli Piana (Cristoforo e
Lorenzo), i fratelli Stanchi (Carlo, Attilio, Dante) e tanti altri compagni che solo ragioni di spazio ci impediscono di citare.
L'organo di stampa della Camera del Lavoro di Sestri Lotta operaia non cessa di incitare gli operai alla lotta decisiva. Lo
stesso fanno i dirigenti e i militanti più attivi dell'U.S.I. e dei sindacati (come il Sindacato Nazionale Metallurgici diretto da
Alibrando Giovannetti) ad essa affiliati. Il prologo è la lotta per le sei ore dei lavoratori della latta che si prolunga dal giugno al
settembre del 1919. Il 1920 è una data epocale; nel febbraio c'è una prima occupazione di fabbriche nel genovesato, a
settembre si sviluppa in tutta la sua ampiezza il movimento per "la presa di possesso delle fabbriche" come precisano dirigenti
e militanti anarcosindacalisti.
Il movimento cresce, dilaga, ma poi viene battuto dal tradimento dei socialisti e dall'acquiescienza a questi della maggioranza
della CGdL. Il proletariato sestrese esce battuto, ma non domo, da questa esperienza. Altre durissime lotte lo aspettano negli
anni successivi e queste saranno battaglie per la pura e semplice sopravvivenza contro la marea montante della reazione e
del fascismo. Ne riparleremo.
Fonti e bibliografia:
- Gaetano Perrillo, articoli pubblicati su Movimento Operaio e Socialista in Liguria (MOSL):
Il Primo Maggio del 1890 e del 1891 in Liguria; n.3-4 del 1956
Socialismo e classe operaia in Liguria; n.4,5,6 del 1960, n.1,3/4 del 1961
Lo sciopero generale del dicembre 1900; n.3/4 del 1956
Il settimanale degli anarchici genovesi negli anni 1888-1890; n.1/2 del 1958
- Claudio Costantini, Gli anarchici in Liguria durante la prima guerra mondiale, MOSL n.2 del 1961
- Gino Bianco, L'attivitý degli anarchici nel biennio rosso, MOSL n.2 del 1961
- Guido Barroero, Una storia industriale, in Di Base, n.9 del 1999
- Marco Genzone, Composizione di classe e disciplina industriale all'Ansaldo 1911-1922. Le lotte operaie sotto i Perrone, Tesi
di Laurea
- Alibrando Giovannetti, Raccolta di articoli apparsi su il giornale in lingua italiana dell'IWW, Il Proletario, tra il 1925 e il 1926.
“Umanità Nova” n. 21 del 9 giugno 2002
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GIUSEPPE MARIANI
irazoqui
7 nov, '09, 10:21 p.
Non godiamo
del male
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Aurelio Valesi
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del male
di Giuseppe Mariani
Altri fatti che la storia ignora sulla preparazione ed esecuzione della bomba al Diana voglio ora non passare sotto silenzio in
quanto che credo ormai giunto il momento di fare intorno a quell’atto un po’ di luce, onde sfatare tutte le sciocchezze che su di
noi e su di me in particolare, furono dette e ritenute vere.
Prima però di scendere nei particolari di quel tragico fatto ritengo necessario dire subito, anche se nelle spiegazioni
successive risulterà maggiormente evidente, che senza l’arbitraria e prolungata detenzione in carcere di Errico Malatesta,
l’attentato non solo non sarebbe mai stato fatto, ma neppur pensato.
Quello, forse, che non risulterà a tutti egualmente evidente, per quanto ogni persona onesta lo scorga di primo acchito, è la
ricerca da parte delle forze del governo, in combutta con qualche partito politico, di un fatto che servisse loro a demolire il
prestigio di un uomo o di un movimento, ostacolanti i loro piani politici. Se le nostre precedenti attività terroristiche lasciano
supporre in noi una formazione mentale predisposta ad azioni del genere, abbiamo anche esplicato altre attività che
dimostrano tutto il contrario: la nostra partecipazione a tutte le lotte sindacali, alle agitazioni e manifestazioni collettive e alla
preparazione della rivoluzione. Nel marzo del 1921 la nostra volontà era galvanizzata non solo dal fatto particolare di
Malatesta detenuto e in istato di rivolta con lo sciopero della fame, ma da tutto il fermento politico e sociale del momento di cui,
si può dire, noi eravamo il prodotto e l’espressione. La coscienza nostra non era oscurata, ma non è immaginabile fuori da
quel particolare ambiente. C’era in noi una volontà operante, che non era solo l’espressione del nostro carattere, ma era
anche l’espressione di uno stato di esasperazione. Non sono gli uomini della nostra fede politica né della nostra concezione
sociale che godono del male che possono fare ai proprii simili; la rivoluzione che auspichiamo e alla maturazione della quale
diamo tutto, anche la vita, esclude che si colpisca a casaccio, facendo delle vittime innocenti. Qualche volta il voler impedire
che sia minacciata la libertà e la vita di uno dei nostri può suggerire il ricorso alla forza contro la forza, ma mai una violenza
fine a se stessa, per quanto la disperazione possa accecare. Se poi le circostanze, trascendendo volontà e propositi, fanno
seminare la morte dove si vorrebbe la pace, non diremo la solita frase con la quale gli storici da strapazzo hanno sempre
creduto di giustificare i delitti di tutti i tiranni: “ Fate il processo alla storia ”. Ma diremo invece, come nel suo interrogatorio ebbe
a dire il mio povero compagno Aggugini : “ Noi piangiamo sulle vittime del Diana, mentre voi non piangete mai su tutte le
vittime che il vostro sistema sociale semina tutti i giorni a migliaia”.
E se il coraggio delle nostre modeste autodifese e il fiero comportamento ci hanno fatto giudicare dai prezzolati giornalisti e dai
benpensanti per dei cinici, oggi dico a loro quel che pensavo allora: il giorno che avrete il coraggio di riconoscervi degli uomini
con tutto il vostro bene e tutto il vostro male come lo riconosciamo per noi, meriterete che si prendano in considerazione i
vostri giudizi.
Tratto da: Giuseppe Mariani, Memorie di un ex-terrorista, Torino, 1953.
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Aurelio Valesi
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GIULIANO GALLETTA
irazoqui
6 nov, '09, 4:58 p.
Giuliano Galletta
Liber esoGuglielmi
“I l nuovo giardiniere era un ragazzo con i capelli lunghi e una crocetta di stoffa in testa per tenerli fermi. Adesso veniva su per
il viale con l’innaffiatoio pieno, sporgendo l’altro braccio per bilanciare il carico. Innaffiava le piante di nasturzio, piano piano,
come se versasse caffelatte: in terra, al piede delle piantine, si dilatava una macchia scura, quando la macchia era grande e
molle lui rialzava l’innaffiatoio e passava a un’altra pianta. Il giardiniere doveva essere un bel mestiere perchè si poteva fare
tutte le cose con calma. Maria-nunziata lo stava guardando dalla finestra della cucina. (...). - Ciao - disse il ragazzo-giardiniere.
Aveva la pelle marrone, sulla faccia, sul collo, sul petto: forse perché stava sempre così, mezzo nudo. - Come ti chiami ? disse Maria-nunziata. - Libereso - disse il ragazzo-giardiniere. Maria-nunziata rideva e ripetè Libereso... Libereso... che nome,
Libereso. - È un nome in esperanto - disse lui - vuol dire libertà in esperanto». Sono passati quasi settant’anni dalla scena
descritta da Italo Calvino nel suo racconto “Un pomeriggio. Adamo” e Libereso Guglielmi - “il giardiniere di Calvino” definizione inventata nel 1993 da Ippolito Pizzetti - è qui davanti a me e non mi pare poi cambiato molto, nella sostanza, a
dispetto degli 84 anni. Mi porge un piccolo fiore giallo (nome scientifico: Oxalis pes-caprae ): «Assaggialo, sa di aceto, bisogno
di condirla». se si mette nell’insalata non c’è neppure bisogno di condirla>. In effetti, a ben guardare, Libereso non è
esattamente uguale, non ha l’innaffiatoio in mano ma probabilmente è solo perché piove. Piove a dirotto, ma lui non sembra
farci molto caso. Io e il fotografo Gianni Ansaldi siamo dotati di giacche a vento e cappucci ma lui no, sfida l’acqua con la sua
folta chioma di capelli candidi e un vecchio maglione norvegese e tutto l’insieme sembra assolutamente impermeabile.
«Sono abituato, anche nel deserto indiano quando di notte la temperatura scendeva da 40 a zero gradi, io me la cavavo con
questo maglioncino», racconta. Di entrare in casa non se ne parla nemmeno. Libereso ci ha accolto nel suo piccolo grande
giardino selvaggio, nella sua giungla personale incastonata nel cemento di Sanremo, senza alcun convenevole, come vecchi
amici, è entrato subito in argomento e l’argomento è il suo giardino, un archivio della biodiversità, dove ogni ramo è una
romanzo, ogni foglia una lezione di botanica, di storia, di geografia, di gastronomia. Avendo dei dubbi sul fatto che ogni
giardino racchiuda una visione del mondo basta ascoltare cinque minuti Libereso per fugarli tutti.
«L’altro giorno mio nipotino di quattro anni stava scavando in giardino, distruggendo i bulbi che avevo appena piantato; gli ho
chiesto che faceva e mi ha risposto che voleva far prendere un po’ d’aria ai vermi. L’ho lasciato fare perché era più
interessante la sua risposta dei miei bulbi. Poi mi ha portato a vedere una biscia che aveva catturato, “nonno morde?” “no,
solo una puntura di spillo”. Mi ha ricordato quando andavo in giro con Mario Calvino, mi riempivo la camicia di bisce e le
portavo a casa; se le accarezzi un po’, non ti mordono più, capiscono che non seio un nemico>. Proprio come nel racconto di
Italo: «Quando tornò in cucina Libereso non c’era, Né dentro, né sotto la finestra. Maria-nunziata si avvicinò all’acquaio. Allora
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Aurelio Valesi
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Italo: «Quando tornò in cucina Libereso non c’era, Né dentro, né sotto la finestra. Maria-nunziata si avvicinò all’acquaio. Allora
vide la sorpresa. Su ogni piatto messo ad asciugare c’era un ranocchio che saltava, una biscia era arrotolata dentro una
casseruola, c’era una zuppiera piena di ramarri, e lumache bavose lasciavano scie incandescenti sulla cristalleria. Nel catino
pieno d’acqua nuotava il vecchio pesce rosso».
«Ho lavorato con Mario Calvino, come come borsista della Stazione sperimentale di floricultura, che era nata nel 1925 a
Sanremo , da quando avevo 15 anni, nel 1940, fino alla sua morte nel 1951 ed ho vissuto fianco a fianco con Italo, che era più
vecchio di me di soli due anni e con Fiorenzo che poi diventerà un grande geologo. Da Mario Calvino ho imparato tutto, anche
come si legge un libro. Quando gli chiedevo qualche consiglio lui tu mi rispondeva che tutti i libri sono buoni ma che
l’importante è quello che ci mettiamo dentro noi, della nostra vita, della nostra esperienza. Da allora ho imparato a copiare, a
prendere qua e là quello che mi serve. E l’ho fatto anche con l’altro mio maestro il grande disegnatore Antonio Rubino». Si
perché Libereso è anche un ritrattista, di persone oltreché di piante. La tecnica dell’acquerello botanico l’ha imparata in
Inghilterra dove ha lavorato per dieci anni nei giardini di Parker Bowles, lo zio di Camilla, moglie di Carlo d’Inghilterra. «Gli
inglesi hanno questa tradizione del giardiniere-botanico, che conosce le classificazioni ma sa anche fare un innesto, che
unisce cioè teoria e pratica». Adesso Libereso ha messo un pizzico della sua sapienza vegetale in un piccolo ma prezioso
libretto, “Oltre il giardino. Le ricette di Libereso Guglielmi”, a cura di Claudio Porchia, (Socialmente). Partendo proprio dalle 400
varietà del suo giardino ha elaborato un ricettario unico nel suo genere che è anche un micro-manuale di botanica. «Siamo
tutti un po’ abbelinati » sentenzia «coltiviamo e mangiamo sempre le stesse cose e così ci perdiamo i sapori meravigliosi di
almeno trecento specie commestibili. Come l’Alstroemeria: si mangiano i getti nuovi come asparagi o il Tropaeolum: i fiori si
mettono insalata, i boccioli si usano come capperi. Le foglie di Philadelphus hanno il gusto di cetriolo, mentre quelle di
Plantago major sembrano porcini». Il viaggio nel giardino di Libereso potrebbe non finire mai: senti che profumo, assaggia
questa radice, quest’altra puoi metterla sul terrazzo. «Qui convivono liberamente piante di tutto il mondo che non solo non si
“combattono” ma “collaborano”. Potrebbe accadere anche agli umani se non ci fossero tanti capi pronti a ordinarci come
dobbiamo vivere». E’ chiaro che Libereso non ha mai dimenticato le sue radici. Quelle anarchiche, naturalmente.
( “Il Secolo XIX”,11 marzo 2009)
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CAMILLO BERNERI 2
irazoqui
6 nov, '09, 4:49 p.
Caro Gobetti ,
m'è accaduto più volte, trovandomi a discutere delle mie idee con persone colte, di dover
constatare, per le domande rivoltemi e per le obbiezioni mossemi, che il movimento anarchico,
che pure fa parte, e non piccola, della storia del socialismo, è o semi-ignorato o malamente
conosciuto. Non mi sono, quindi, stupito, leggendo l'articolo del prof. Gaetano Mosca sul
materialismo storico, nel vedere annoverato tra i socialisti utopisti il Proudhon , che rimarrebbe
mortificato nel vedersi posto a braccetto con quel Blanc , che egli saettò con la più aspra ironia
per aver posto "l'Eguaglianza a sinistra, la Libertà a destra e la Fratellanza in mezzo, come il
Cristo fra il buono e il cattivo ladrone".
Per escludere il Proudhon dagli scodellatori della zuppa comunista, basterebbe la critica alla
formula, che divenne poi il credoKrapotkintano "da ciascuno secondo le sue forze ed a
ciascuno secondo i suoi bisogni", formula che egli chiama una casuisticaavvocatesca, poiché
non vede chi potrà fare la valutazione delle capacità e chi sarà giudice dei bisogni. (Cfr. L'Idée
générale de la Révolution au dix-neuviéme siécle. - Garnier, Paris, 1851, p. 108).
L'errore in cui è caduto il Mosca è interessante, poiché dimostra come sia sfuggito a molti
studiosi della storia del socialismo questa verità: che il collettivismo dell'Internazionale ebbe un
valore essenzialmente critico. Fatto che è stato negato anche da alcuni anarchici , come da L.
Fabbri , che sostiene essere l'anarchismo "tradizionalmente e storicamente socialista" in
quanto ha per base della sua dottrina economica "la sostituzione della proprietà socializzata
alla proprietà individuale" (cfr. Lettere ad un socialista; Pensiero- 1910, n. 14, p. 213).
Basta una rapida scorsa alla storia della Iª Internazionale per smentire questa affermazione.
L'Internazionale nacque in Francia , nell'atmosfera ideologica del mutualismo proudhoniano, e,
come dice Marx in una sua lettera relativa al Congresso di Ginevra (1866), non aveva, nel suo
primo tempo, espressa alcuna idea collettivista né comunista. Il rapporto Longuet nel
Congresso di Losanna (1867) dimostra che Proudhon dominava ancora. E tale dominio si
riscontra nel Congresso di Bruxelles (1868), in cui, tuttavia, si affacciò l'idea collettivista, ma in
modo generico e limitata alla proprietà fondiaria e alle vie di comunicazione. La
collettivizzazione affermata nel IV Congresso, quello di Basilea (1869), fu limitata al suolo.
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Aurelio Valesi
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collettivizzazione affermata nel IV Congresso, quello di Basilea (1869), fu limitata al suolo.
L'influenza praudhoniana, dunque, è parallela all'anti-comunismo e all'anti-collettivismo.
Al collettivismo aderirono Bakounine e seguaci; ma vedendo in esso più che un progetto di
forma economica, una formula di negazione della proprietà capitalista. Bakounine era
entusiasta di Proudhon. Egli (Cfr. Oeuvres, I, 13-26-29) esalta il liberismo nord-americano [non
erano ancora sorti i trusts], e dice "La libertà dell'industria e del commercio è certamente una
gran cosa, ed è una delle basi essenziali della futura alleanza internazionale fra tutti i popoli
del mondo". E ancora: "I paesi d' Europa ove il commercio e l'industria godono
comparativamente della più grande libertà, hanno raggiunto il più alto grado di sviluppo".
L'entusiasmo per il liberismo non gli impedisce di riconoscere che fino a quando esisteranno i
governi accentrati e il lavoro sarà servo del capitale "la libertà economica non sarà
direttamentevantaggiosa che alla borghesia". In quel direttamentevi è una seconda riserva.
Infatti egli vedeva nella libertà economica una molla di azione per la classe borghese, che egli
afferma essere ingiusto considerare estranea al lavoro (Cfr. Oeuvres, I, pp. 30 e segg.), e non
poteva non riconoscere la funzione storica del capitalismo attivo. Interessanti sono anche i
motivi delle simpatie del B. per il liberalismo nord-americano, poiché ci spiegano che cosa egli
intendesse per proprietà.
Il B. fa presente che il sistema liberista nord-americano "attira ogni anno centinaia di migliaia
di coloni energici, industriosi ed intelligenti", e non si impressiona punto all'idea che costoro
divengano, o tentino divenire, proprietari.
Anzi, si compiace che vi siano coloni che emigrano nel Far Weste vi dissodino la terra, dopo
essersela appropriata, e nota che "la presenza di terre libere e la possibilità per l'operaio di
diventare proprietario, mantiene i salari ad una notevole altezza ed assicura l'indipendenza del
lavoratore" (Cfr. Oeuvres, I, 29).
La concezione del valore energetico della proprietà, frutto del proprio lavoro, è la nota
fondamentale della ideologia economica del B. e dei suoi più diretti seguaci. Tra questi
Adhémar Schwitzguébel , che nei suoi scritti (Cfr. Quelques écrits, a cura di J. Guillaume ,
Stock, Paris, pagina 40 e seguenti) sostiene che l'espropriazione rivoluzionaria deve tendere a
concedere ad ogni produttore il capitale necessario a far valere il suo lavoro. La dimostrazione
storica dell'anti-comunismo bakunista sta nel fatto che le tendenze comuniste
nell'Internazionale italiana trionfarono nel 1867, quando l'attività del Bakounine era quasi
interamente sospesa (Cfr. Introd. del Guillaume alle Oeuvres de B.,p. XX) e nel fatto che in
Spagna , ove l'Alleanza aveva piantato profonde radici, perdura una corrente anarchica
collettivista in senso bakunista.
Se il collettivismodell'Internazionale fosse stato compreso dal Mazzini non ci sarebbe stato il
fenomeno della sua critica anti-comunista. Così criticava il Mazzini : "L' Internazionaleè la
negazione di ogniproprietà individuale, cioè di ognistimolo alla produzione... Chi lavora e
produce, ha diritto ai frutti del suolavoro: in ciò risiede il diritto di proprietà... Bisogna tendere
alla creazione d'un ordine di cose in cui la proprietà non possa più diventare un monopolio, e
non provenga nel futuro che dal lavoro". Saverio Friscia , nella "Risposta di un internazionalista
a Mazzini ", (pubblicata sopra il giornale bakunista L' Eguaglianza di Girgenti , e ripubblicata
dal Guillaume, che la trova superba e l'approva toto corde[Cfr. Oeavres de B., vol. VI, pp, 137140]) rispondeva: "Il socialismo non ha ancora detto la sua ultima parola; ma esso non nega
ogni proprietà individuale. Come lo potrebbe, se combatte la proprietà individuale (leggi:
capitalista) del suolo, per la necessità che ogni individuo abbia un diritto assoluto di
proprietàsu ciò che ha prodotto? Come lo potrebbe se l'assioma "chi lavora ha diritto ai frutti
del suo lavoro", costituisce una delle basi fondamentali delle nuove teorie sociali?". E dopo
aver analizzato le critiche del Mazzini , esclama: "Ma non è questo del puro socialismo? Che
cosa volevano Leroux e Proudhon, Marx e Bakunin, se non che la proprietà sia il frutto del
lavoro? E il principio che ogni uomo deve essere retribuito in proporzione alle sue opere, non
risponde forse a quell'ineguaglianza di attitudini e di forze ove il socialismo vede la base
dell'eguaglianza e della solidarietà umana?".
In questa risposta del Friscia è netta l'opposizione della proprietà per tutti alla proprietà
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Aurelio Valesi
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In questa risposta del Friscia è netta l'opposizione della proprietà per tutti alla proprietà
monopolistica di alcuni; il principio dell'eguaglianza relativa (economica); ed in fine il principio
dello stimolo al lavoro rappresentato dalla ricompensa proporzionata, automaticamente, alle
opere.
Non pensi, caro Gobetti, che potrebbe essere utile, su R. L., una serie di studi sul
liberalismo economico nel socialismo? Credo colmerebbe una grande lacuna e leverebbe di
mezzo molti e vecchi equivoci. Credo ne risulterebbe, fra le tante cose interessanti, questa
verità storica: essere stati gli anarchici , in seno all' Internazionale, i liberali del socialismo.
Storicamente, cioè nella loro funzione di critica e di opposizione al comunismo autoritario e
centralizzatore, lo sono tutt'ora.
Tuo C. BERNERI.
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2 novembre 1975
dirtyinbirdland 2 nov, '09, 2:17 p.
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Ci lascia Alda Merini
dirtyinbirdland
1 nov, '09, 9:26 p.
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Natuzza Evola
dirtyinbirdland 1 nov, '09, 9:56 m.
MILETO - Si e' spenta questa mattina all'eta' di 85 anni Natuzza Evolo, conosciuta come la "mistica" di Paravati, la frazione del
piccolo paese in provincia di Vibo Valentia, Mileto, in cui viveva. E' morta nel centro per anziani che lei stessa aveva fondato
grazie alle offerte dei fedeli.
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"Emilie Muller"di Yvon Marciano
dirtyinbirdland
30 ott, '09, 10:47 m.
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GIOVANNI LINDO FERRETTI E CIELLE
irazoqui
29 ott, '09, 9:03 p.
Tracce numero 9 ottobre 2007
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Tracce N.9, Ottobre 2007
Tracce N.9, Ottobre 2007
Giovanni Lindo Ferretti
Il dono che ho trovato tornando a casa
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Aurelio Valesi
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Il dono che ho trovato tornando a casa
Maddalena Vicini
Era un famoso cantante punk. Lo abbiamo rivisto al Meeting a parlare di preti e vocazione. Come ci è arrivato? Grazie alle sue
radici. E a un incontro
Incontrare Giovanni Lindo Ferretti al Meeting di Rimini è stata una sorpresa. Ma mai quanto scoprire il motivo della sua
presenza: la presentazione del libro di Marina Corradi, Innanzitutto uomini, ovvero le storie di alcuni preti della Fraternità San
Carlo. L’origine di questo strano mix è Jonah Lynch, giovane prete missionario, nonché uno dei due vicerettori della San Carlo.
Dopo aver letto gli articoli comparsi su Il Foglio e l’ultimo libro di Ferretti, Reduce (più che il racconto, un insieme di flashback
della sua vita), Jonah decide di partire alla volta di Cerreto Alpi e bussare alla porta del cantante per conoscerlo di persona,
farsi raccontare la sua storia e il suo “ritorno a casa”. Nasce così un’amicizia profonda e inaspettata tra due persone in
apparenza lontanissime e diverse per origini, storia, esperienze e nazionalità. Un prete nato in Irlanda, cresciuto negli Usa,
che ha studiato in Canada e l’ex leader di uno dei più importanti gruppi punk europei, emiliano trapiantato a Berlino, dai
trascorsi filo-sovietici. Cosa avranno mai da spartire l’uno con l’altro? Per rispondere bisogna fare un passo indietro.
Ripercorrere la storia di Giovanni. E il viaggio che l’ha portato fin qui, all’amicizia con Jonah, e quindi al Meeting.
«Da quando sono nato fino a sei anni ho vissuto da solo con mia nonna, qui a Cerreto, in questa casa molto grande. Eravamo
da soli, io e lei, perché mia madre lavorava in città per mantenerci, mio padre era morto, mio fratello stava in collegio e mio zio
era in ospedale». Attorno al tavolo della cucina e la sera prima di dormire Giovanni impara le preghiere, l’esame di coscienza,
il perdono e la compassione come gesti quotidiani di vita familiare.
Compagna di viaggio
Con l’inizio degli studi arriva l’allontanamento dal suo paese, dalla casa e dalla famiglia. Con il liceo arriva il ’68, l’ideologia, la
rottura. L’università a Bologna, poi cinque anni da operatore psichiatrico, e quindi via dall’Emilia, Europa. Sbarcato a Berlino
s’imbatte per caso in un compagno emiliano, Massimo Zamboni: nascono i CCCP Fedeli alla linea. Il crollo del Muro sancisce
la fine dei CCCP, ma l’ideologia politica continua. «Paradossalmente, nonostante tutto, come una malattia che ti impedisce di
vedere come stanno davvero le cose intorno a te». Nel 1992 fonda i CSI (Consorzio suonatori indipendenti). Un altro grande
successo. E il viaggio prosegue. Africa, Russia, Jugoslavia, Mongolia… «Non mi sono mai fatto mancare niente di quello che
volevo provare».
Ma l’insoddisfazione è per Giovanni una compagna di viaggio fedele. Berlino, l’Europa, i tour, la politica, la musica non
bastano più. Torna a casa, a Cerreto. Viene accolto dagli abitanti, ormai tutti anziani e decimati, come non fosse mai partito.
Nessuno trova niente di strano nel vederlo comparire in chiesa e, tantomeno, nell’eleggerlo nel consiglio pastorale, per una
sorta di «confidenza antica, quasi genetica», nonostante la lunga assenza e una bella cresta blu sulla testa.
«Ciò che avevo sempre preferito e rivendicato come migliore si stava rivelando nient’altro che una zavorra. Al contrario, tutto
quello che non avevo scelto e deciso da me rifioriva, assumendo un nuovo valore per la mia vita». Come lievito: l’educazione
dell’infanzia, i volti e i ricordi di famiglia, le preghiere e la messa. L’ideologia politica inizia a sollevare il suo peso dalle
palpebre, a svelare l’inganno: «Troppo di ciò che credevo mio, mio non era, ma piuttosto si era impossessato di me. Tornare a
casa significava tornare a una pienezza di vita conosciuta e ricominciare».
Ricominciare anzitutto prendendosi cura di chi è rimasto a casa, riconoscente dei debiti che la vita gli ha lasciato da saldare
nei confronti dei suoi cari e di sé.
Cambiamenti inattesi
Tornare a casa vuol dire anche ritornare in chiesa, perché gesto inscindibile dalla sua memoria domestica e affettiva. Le
preghiere imparate da bambino e mai più recitate riaffiorano alla mente e diventano le parole più adatte, le uniche, per
descrivere se stesso. Diventano le parole della sua musica. Perché tornare a casa segna l’inizio di una nuova esperienza
artistica: la ricerca di canti e tradizioni popolari mariani, e non, che Giovanni comincia a portare in giro per l’Italia sotto forma di
spettacoli.
Dal tempo della sua partenza, però, molte cose sono cambiate. Oggi spesso capita che «la messa domenicale può essere
un’ora di sofferenza, una discesa nel degrado liturgico, che lascia sgomenti di fronte a Dio e alla tradizione cattolica di cui
siamo figli». Alle figure di preti che appartengono alla memoria della sua infanzia, uomini a cui, sia in paese che in famiglia,
era dovuto il rispetto e l’obbedienza, si sono sostituiti «pastori protestanti di ottime volontà e grandi impegni».
E proprio quando pare che tra passato e presente la ferita sia incolmabile, Jonah piomba inaspettato nella vita di Giovanni.
Non un pastore protestante, non un ricordo del passato, ma un prete in carne e ossa. Un uomo. E un’amicizia.
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LINDO FERRETTI
irazoqui
29 ott, '09, 2:48 p.
in un'intervista di Antonio Socci pubblicata dal quotidiano Libero, Ferretti dichiara la scoperta dei testi del neo eletto papa
Ratzinger e di cattolici come don Giuseppe Dossetti.
« Do​po aver cercato il senso in mille modi senza trovar​lo l'ho trovato tornando a casa. Al mio
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Aurelio Valesi
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« Do​po aver cercato il senso in mille modi senza trovar​lo l'ho trovato tornando a casa. Al mio
mondo di quando ero bimbo: i monti, il rosario [..] - Ma Giovanni Lindo Ferretti oggi chi è? Nel Te Deum può scoprirlo. Sono uno che iniziò a curiosare tra i libri dell'allora cardinal
Ratzinger per capire perché molti ne parlassero male. E ora che so​no tornato a casa,
Benedetto XVI è il mio maestro[3] »
Grazie all'incontro con il movimento di Comunione e Liberazione, ha partecipato all'edizione 2007 del Meeting di Rimini,
parlando ad un incontro sui preti della Fraternità Sacerdotale di San Carlo Borromeo.
sono andato a controllare: purtroppo per certe cose ho naso.
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VITTORIO EMILIANI
irazoqui
29 ott, '09, 11:07 m.
da "GLI ANARCHICI. Vite di Cafiero, Costa,Malatesta,Cipriani,Gori,Berneri,Borghi", Informazione Storica Bompiani, Milano
1973
"Ma la lettra di Garibaldi, sai, non caverà mica tuo figlio dallo sprofondo dell'inferno, te lo dico io. A t'è degh me!". Allora PIrèn
Costa, per una volta in vita sua, vede rosso, e andando quasi con la faccia contro quella del suo interlocutore gli fa d'un fiato :
"E io mo ti dico che tuo figlio volerà proprio nel mezzo del paradiso, ma mica perchè lui avrà ricevuto delle lettere da Sua
Santità, Pio IX, no, no, ma perchè è un gran coglione: t'è capè?, hai capito?"
Vittorio Emiliani (Predappio 1935). Giornalista e raccontatore di storia.
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Giovanni Lindo Ferretti - Tornare a casa
dirtyinbirdland
27 ott, '09, 7:25 m.
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LA CASA DI MIA BISNONNA LISA
irazoqui
25 ott, '09, 10:28 p.
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Aurelio Valesi
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Emma S.
dirtyinbirdland 19 ott, '09, 8:41 m.
Emma S, ha 9 anni. Vive a Nord. Passeggia, si siede e annota. Poi ricopia, in bella, sul quaderno. E' l'anticipazione della sosta
poetica. E' femminile, Emma, nella scrittura. Si sente il piglio della gonna che si accomoda sull'erba, che è tutta un'altra storia
quando si scrive. Credo che anche gli uomini indossino la gonna, quando scrivono. E' contemplativa con il giusto confine di
dubbio.
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MARIO TAMBUSSA
irazoqui
12 ott, '09, 9:45 p.
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Mario Tambussa è nato a Capriata d' Orba 1948.
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yo yo mundi
dirtyinbirdland 12 ott, '09, 2:33 p.
Video del brano "Ho visto cose che..." degli Yo Yo Mundi estratto da Album Rosso. Video realizzato da 4 ragazzi della scuola
Holden di Torino.
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“The True Love Project” by Zack Seckler
dirtyinbirdland
10 ott, '09, 8:27 p.
“The True Love Project” by Zack Seckler
31.07.2009 | Author: Miguel Garcia-Guzman | Posted in Photography
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Aurelio Valesi
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© Zack Seckler
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Alle parole non si toglie il respiro
dirtyinbirdland
3 ott, '09, 9:15 m.
Roma, 3 ottobre, ore 16.00 in Piazza del Popolo
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Maurizio Puppo
dirtyinbirdland 25 set, '09, 6:26 p.
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Aurelio Valesi
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Io sono un cittadino (ed ho scelto ormai la vita che farò). Sono nato e cresciuto a Genova, che quand’ero piccolo mi sembrava
tanto grande e ancora me lo sembra; e poi mi sono trasferito a Parigi, che più che una grande città è un enorme miscuglio di
cose, Paris, c'est plusieurs villages, chacun avec son visage . Per me il mondo altro non è che un affare pieno di strade e di
negozi e di vetrine piene di luce con tanta gente che lavora con tanta gente che produce, “grattacieli, luci folli, cateratte di
macchine, ragazze stupende e facili, cinema, luna park, Milan-Inter, la vita insomma” (è Buzzati), è la vita agra del miracolo
balordo di Bianciardi, è la Manhattan in bianco e nero di Woody Allen. Ma poi d’improvviso mi sposto e dai finestrini di un treno
o di un aereo vedo il mondo com’è davvero tra una città e l’altra, i campi gli alberi le case l’abbraccio del silenzio e allora
all’improvviso di ogni disturbata passione per miracolo tace la guerra e persino io capisco che il mondo è un’altra cosa,
silenzioso e leggero e quieto, sono i monti e sono i prati e la neve soffice e uguale a se stessa, sempre, e i piccoli segni della
comunità umana, una casa, un cartello con le figure di due bimbi che si recano a scuola scambiandosi confidenze tremende
(inconfessabili a noi adulti che tutto abbiamo scordato); è il tetro rombo di frana che si ode nel rifugio (ma fuori non c’è che il
silenzio e le montagne illuminate dalla luna), è la campagna mia alle spalle di Genova, due passi e l’entroterra e le stradine
silenziose, due passi ancora e il paese di montagna, e ancora non so come tutto questo possa esistere allo stesso tempo ma
infine anch’io capisco che si’, certo: ogni cosa è illuminata.
Il titolo della foto è “Settimana bianca a Limone”.
Era d'estate (tanto tempo fa), e per la prima volta in assoluto, la mia famiglia si recò in « vacanza ». Gli zii, ben più danarosi di
noi (ci voleva poco, del resto), avevano comprato una bella casettina montanara, proprio a Limone Piemonte, ecco. Ne
approfittammo e ci andammo in cinquecento: nel senso della macchina. Ricordo l’odore del garage , l’aria fresca e asciutta
della montagna che sentivo per la prima volta in vita mia. Limone è un paesotto chic , ragionevolmente deformato dall'edilizia
residenzial-sciistica, senza per questo arrivare ai disastri urbanistici delle stations intégrées tipo San Grée di Viola ; colate di
cemento, queste ultime, ideologicamente tese a dare al turista la confortevole sensazione di essere rimasto a soffocare in
città; autentici crimini, nell'ordine, contro le mucche e l'umanità (senza offesa per le due categorie, si intende) prima ancora
che contro il paesaggio. Ma tra i villaggi montanari Limone ha sempre goduto di una posizione di privilegio, intanto geografica:
l'idea della ferrovia attraverso il Col di Tenda, che collegasse la Contea di Nizza al Piemonte, i Savoia ce l'avevano in testa
ancor prima di fare l'Italia e di provare a fare gli italiani (con il risultato che ci è noto). A frenarla un po’ fu la cessione della
bien-aimée Nizza ai cuginastri francesi (cuginastri perché stanno a noi come Gastone sta a Paperino). Del resto, basta
pensare che a causa di tale infausta decisione la farinata a Nizza viene chiamata socca . Da pronunciarsi in modo tronco, cioè
“soccà”, anche per evitare equivoci da metaplasmo di sostituzione della prima « c » con una erre, e ci siamo spiegati. Però
nelle friggitorie di Nizza, oltre che la socca , si trovano le stesse cose che si mangiano a Genova; i ripieni e le beignets de
courgettes , cioè le frittelle di zucchini, che noi liguri (e credo pure i piemontesi) chiamiamo più spesso zucchine, al femminile;
curioso, vista la forma fallica della succitata verdura. Insomma, fatto sta che già a fine Ottocento i ltreno collegava Limone a
Ventimiglia; e nel 1928, più o meno nei giorni in cui Buzzati veniva assunto dal Corriere e negli States appariva per la prima
volta Topolino, Mussolini in persona (bum!) inaugurò la Cuneo-Limone-Ventimiglia. Dopo la guerra, il tratto restò inagibile fin
quasi alla fine degli anni Settanta; poi, fu rimesso in sesto e allora cominciarono ad andarci frotte di azuréens (costazzurrini), e
di liguri, armati di sci fino ai denti. Morale della favola: Limone è frequentato più da bagnanti che da montanari. Sarà il nome.
Quel nome che fa un po' ricercato e snob, a differenza di quelli dei paesotti della zona, tipo Entracque o Vernante: nomi severi,
nomi alpini, nomi da Giorgio Bocca. Per non parlar di Boves che da quel punto di vista è il massimo. Il nome agrumesco di
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Aurelio Valesi
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nomi alpini, nomi da Giorgio Bocca. Per non parlar di Boves che da quel punto di vista è il massimo. Il nome agrumesco di
Limone un suo senso ce l'avrebbe, perché quelle valli un legame forte con la Provenza l'hanno sempre avuto, e poi perché a
Limone, sulle piste, si sentono i refoli marittimi; in fondo il mare è a un paio di curve. Tuttavia, concluderne che nomina sunt
consequentia rerum nel caso specifico sarebbe sbagliato, l'etimologia dice diversamente. Limone pare provenga da le mount ,
i monti, in lingua occitana. Se nello stemma del paese c'è l'agrume è solo perché probabilmente non hanno studiato filologia.
Facendo malissimo; perché il dialetto limonese è proprio l'occitano, l'antica lingua provenzale dei troubadours (che buona
parte degli attuali ministri del nostro sventurato paese tradurrebbe, penso, in trombatori ). Ecco perché a Limone Piemonte
bisogna andare nei bar: ma non nei bar di moda, quelli del viale principale, rifatti per i turisti dello sci, con i panini con la
mozzarellina e la rucola a dodici euro. No, bisogna andare in quelli nascosti, nelle stradine lungo il fiume, dove il massimo
della modernità è il Crodino quando ti va bene. Bisogna andarci perché con un po’ di fortuna trovi i vecchi del posto che
parlano occitano, appunto. E soprattutto perché si spende molto ma molto meno. A Limone e in quella casa poi ci sono
tornato ad intervalli più o meno regolari, l’ultima volta pochi mesi fa, a sciare: mia figlia Lola a sei anni si è presa il diplomino
della scuola di sci e ne sono stato molto orgoglioso. Io invece ho preso parecchie facciate sulla neve. All’arrivo, spavaldo,
avevo scommesso con Lola che le avrei dato una moneta a ogni mia caduta: è tornata a casa con un gruzzoletto niente male.
Per il resto, l’odore del garage , a trentun anni di distanza, è sempre lo stesso.
Son le giornate sporche, queste, da amore di contrabbando, con il sole e il mare grosso e l’aria di sale e gli ammassi di nube
sul filo dell’orizzonte; che poi è il titolo di uno dei più bei libri, per me, mai scritti su Genova. Forse perché lì Tabucchi Genova
non la nomina mai, e anzi adotta una toponomastica completamente immaginaria. A quel libro devo qualcosa: l’aver deciso, a
un certo punto della mia vita, di dare finalmente gli esami che mi mancavano alla laurea in Lettere. Lo lessi poco dopo la
nascita di mia figlia, in un momento certo pieno di felicità ma anche di nostalgia per la mia città. Il protagonista, che lavora in
obitorio, una sera è in trattoria in collina, con la sua fidanzata anzi la sua “galante” come diciamo noi genovesi ; e parla
proprio dei suoi studi interrotti e mai finiti, e dice che quello che lo spaventa non è l’impegno, la necessità di conciliare lo studio
con una vita adulta, il lavoro, gli impegni; no, non è questo. È invece l’impatto con la burocrazia, con il libretto, i moduli per
l’iscrizione, il fatto di tornare in un luogo dove si è stati felici (o infelici, che è lo stesso); è il riannodare i fogli sparsi di un tempo
perduto, e nel farlo, l’inevitabile contare gli anni che ti separano dagli studentelli. È la paura e l’attrazione per quello che in
psicanalisi si chiamerebbe “ripetere e riparare” (la ragione per cui l’assassino torna sempre sul luogo del delitto). È il terrore di
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Aurelio Valesi
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psicanalisi si chiamerebbe “ripetere e riparare” (la ragione per cui l’assassino torna sempre sul luogo del delitto). È il terrore di
commettere un sacrilegio, cioè cercare di ritrovare la giovinezza. Mi sono identificato, malgré moi, con quel personaggio, ho
capito che quella era anche la mia paura. Dodici esami sostenuti a Lettere sui venti del corso pre-riforma, già lavorando e a
pienissimi voti. Ma poi il lavoro e la casa e tutto il resto, e non c’era il tempo e valeva la pena di perderci un secolo in più e il
topos era quello delle passanti di Brassens, insomma; si piangono tutte le belle passanti che non siamo riusciti a trattenere. E
poi la malinconia di un rimorso, di un coitus interruptus (ma omne animal triste post coitum, ecco forse la vera ragion d’essere
dei coiti interrotti). In effetti io a Genova passavo assai malvolentieri in Via Balbi, la strada universitaria, proprio perché assalito
sempre da una specie di senso di colpa quasi insostenibile, da una nostalgia intollerabile; e la poesia, ha detto Maeterlinck, è
nostalgia della vita. E io avevo una nostalgia infinita di quel giorno in cui avevo sostenuto l’esame di Letteratura Italiana I con
Edoardo Sanguineti, che bel giorno era stato quello, che magnifica giornata, che giornata di felicità! O anche il secondo
esame di italiano, con Elio Gioanola, che mi aveva spalancato le porte del cosmo, mostrandomi come si potesse leggere la
letteratura appoggiandomi sulle spalle di Freud. Ecco, la favola tabucchiana narrava di me, more solito. Ora, io penso che
l’identificazione con i personaggi sia una delle insidie che popolano quella cosa sporca che ci ostiniamo a chiamare letteratura.
Personalmente non amo, anzi detesto, la narrativa che strizza l’occhio alle vite in fac-simile di ceti sociali, di fasce anagrafiche
o di comunità geografiche; non ho alcun interesse per la letteratura che funziona da specchio e che nobilita le nostre miserie
(si tratta peraltro, quasi sempre, di letteratura di consumo). Allora ho pensato che il mio piegarmi a questo tipo di onanismo
auto-celebrativo (non che io sia sfavorevole all’onanismo, intendiamoci) andasse interpretato come un montaliano imprevisto,
unica speranza; e quindi rivisitato in senso di bufera (e altro) salvifica. Ho fatto un mazzolino delle mie sciocche paure, ho
preso un treno notturno, sono sbarcato a Genova Principe e sono andato in segreteria a iscrivermi. Mi sono messo a studiare
di notte, ho dato gli otto esami che mi mancavano e la tesi in una specie di meraviglioso batter d’occhio, e il fantasma del filo
dell’orizzonte, più che dissolversi, è diventato un complice della tentata riparazione; vana, ovviamente, perché si sa, Milano
scusa, stavo scherzando, luci a San Siro non ne accenderanno più. E poco tempo dopo, un pomeriggio, a Parigi, sono andato
al Collège de France ad ascoltare una conferenza di Edoardo Sanguineti su Don Chisciotte; lui ha incantato la platea fino a
quel momento sonnecchiosa, accanto a me stupende sventole di vent’anni ascoltavano incantate con occhi attenti e
spalancati quell’uomo che parlava nel suo meraviglioso coltissimo francese, così ignaro del sudore umiliante dei contatti. E
dopo, timoroso davvero come uno studente, l’ho salutato, gli ho ricordato che avevo sostenuto il suo esame, parecchi anni
prima, abbiamo parlato brevemente del Novellino, argomento della mia tesina di allora, e ho contato gli anni trascorsi e la
tristezza poi m’avvolse come miele per il tempo scivolato su noi due. Anche le sventole, nel frattempo, erano andate via, e con
loro l’odore di ragazzaglia in libera uscita, quello che invano ora cercherei su quella spiaggia battuta dal vento.
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Il mio maestro scriveva poesie, però un po’ se ne vergognava, come è giusto del resto. Ogni giorno facevamo il dettato. Lui
dettava, e poi aggiungeva il nome dell’autore: diceva Saba (bene). O diceva Pascoli (bene). O diceva Quasimodo (molto meno
bene, per me). Invece ogni tanto non aggiungeva proprio nulla. Allora io pensavo: “questa poesia l’ha scritta lui, l’ha scritta il
mio maestro”. Esatto. Una di queste poesie diceva così: “di là da Portofino / rapido sorge il giorno / e il cuore mio rinasce / col
mio universo”. Quando terminai le scuole elementari, il mio maestro mi regalò un volume di versi suoi, “Foglie nel vento e rami
nudi”, con una dedica – per me - meravigliosa: “al mio indimenticabile alunno, Puppo Maurizio”, proprio così, con il cognome
prima del nome; e poi “ Dio ti ha dato un grande dono, ma tu ricordati della parabola dei talenti”. Era cattolico osservante, e gli
piacevano molto i miei temi e il modo di scrivere. Ne ero stato così felice! E quanto alla parabola dei talenti, sì certo, ma
insomma, c’era tutto il tempo, no? Una intera vita davanti per scrivere, un tempo infinito, impossibile da scalfire, insomma, non
c’era ragione alcuna di preoccuparsi. Poi tutto è andato e diciamo siam vecchi, ma cosa siamo : a trent’anni esatti di distanza,
ho cercato di pagare quel debito. In calce al mio libro “un poeta in fabbrica” ho scritto così: “questo libro è dedicato al mio
indimenticato maestro, Giorgio Provinciali”. E sono stato di nuovo così felice, ancora come allora! E ho capito che io non sono
cambiato, il cuore ed i pensieri son gli stessi. Ma lui non c’era più, era già morto da alcun anni, aveva forse già ritrovato quel
dio in cui credeva con una fede così luminosa. E per noi genovesi ponentini estremi Portofino era rimasto lontano, era ancora
là dove rapido sorge il giorno e il cuore mio rinasce col mio universo; era un sogno, sorrisi e denti bianchi su patinata. Noi,
eravamo un’altra cosa, eravamo la Genova d’uomini destri, Ansaldo San Giorgio Sestri: eravamo la Genova di chi sale a
lavorare, bestemmiando, su quella nave lì.
Uno scrittore che io amo molto, Georges Bernanos, un giorno ritrovò in certi suoi cassetti una vecchia fotografia di se stesso
ragazzino. Allora vi scrisse a margine : “Qu'importe ma vie! Je veux seulement qu'elle reste jusqu'au bout fidèle a l'enfant que
je fus ». Che restasse fino in fondo fedele al bambino che era stato: ecco la sola cosa che Bernanos chiedeva alla sua vita.
Poco tempo dopo morì; aveva sessant’anni.
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PAOLA TRAVERSO
irazoqui
14 set, '09, 9:00 p.
da "PAROLE SENZA UN NOME" , Caletti Editore, Villalba di Guidonia, 2008 Leggi tutto…
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Aurelio Valesi
01/12/11 08:37
da "PAROLE SENZA UN NOME" , Caletti Editore, Villalba di Guidonia, 2008 Leggi tutto…
PAOLA TRAVERSO
irazoqui
14 set, '09, 8:55 p.
da "PAROLE SENZA UN NOME", Caletti Editore, Villalba di Guidonia 2008
Non porto anelli.
Le dita libere di fare.
M'inquieta il luogo ombroso
della malinconia.
Dolore la prigionia,
dolore la libertà:
dolore sceglierle.
Un luogo senza dolore
è là
dove si sospende il respiro
e ci si contrae.
Per trattenere tutto
e non sentire nulla,
nel tentativo di
abituarsi alla morte.
Paola Traverso (Genova 1965) . Educatrice. Leggi tutto…
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