Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 30 giugno – 6

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Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 30 giugno – 6
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza
30 giugno – 6 settembre 2016, n. 37016
Presidente Diotallevi – Relatore Ariolli
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza in data 4/7/2015, il G.I.P. del Tribunale di Cuneo
applicava nei confronti di E. ed E.T. la misura della custodia
cautelare in carcere in ordine ai seguenti reati: capo a) tre furti in
abitazione consumati; capo b) tre tentativi di furto in abitazione;
capo c) rapina, per avere usato violenza nei confronti degli
operanti, dopo la commissione dei furti di cui al capo a) e per
assicurarsi l'impunità dai reati di cui al capo b); capo d) furto
dell'autovettura Skoda Fabia.
2. Con ordinanza del 19/1/2016 il Tribunale di Torino, Sezione per il
riesame, previa riqualificazione dei reati di cui ai capi a) e b) nei
reati di cui all'art. 628 cod. pen. (capo a) e 56-628 cod. pen. (capo
b) e ritenuto il reato di cui al capo c) assorbito nelle condotte di cui
ai capi a) e b), confermava il provvedimento cautelare emesso dal
G.I.P. del Tribunale di Cuneo.
3. Avverso l'ordinanza del Tribunale dei riesame, ricorre per
cassazione il difensore, nell'interesse degli indagati, chiedendone
l'annullamento. Al riguardo, deduce: 1) violazione di legge ed
errata qualificazione giuridica del fatto. In particolare, il Tribunale
ha errato nel riqualificare i reati di furto e tentato furto di cui ai capi
a) e b) rispettivamente in rapina impropria e tentata rapina
impropria, ritenendo che la resistenza operata dagli indagati al
momento del controllo a cui vennero sottoposti dai Carabinieri fosse
avvenuta nel corso della quasi flagranza dei reati di furto e,
dunque, fosse finalizzata ad assicurarsi l'impunità. Sussisteva,
invece, un apprezzabile lasso di tempo che aveva interrotto il nesso
di contestualità dell'azione complessiva, desumibile dal fatto che il
telefono cellulare di uno dei due indagati registrava una telefonata
alle ore 4,15 di notte, a fronte di una fascia oraria di commissione
dei furti, per come individuata dagli stessi operanti, collocabile tra
le ore 1,30 e le 2,30. Né al fine di escludere l'evidente scarto
temporale poteva farsi riferimento, come avvenuto da parte del
Tribunale, allo svolgimento di indagini posto che il sopralluogo sui
luoghi del furto era stato effettuato dopo le ore 3,00 e sino alle ore
3,25 e che l'auto venne individuata a distanza di oltre 16 Km dai
comuni ove erano stati perpetrati i reati ed a due ore circa di
distanza dalla commissione dei fatti.
Considerato in diritto
II ricorso è manifestamente infondato. Il Tribunale, facendo
corretta applicazione dei principi di diritto enunciati da questa
Corte, ha correttamente riqualificato i fatti di cui ai capi a) e b)
dell'imputazione provvisoria rispettivamente come delitti di rapina
impropria consumata e rapina impropria tentata. Nella rapina
impropria, infatti, la violenza o la minaccia possono realizzarsi
anche in luogo diverso da quello della sottrazione della cosa e in
pregiudizio di persona diversa dal derubato, sicché, per la
configurazione del reato, non è richiesta la contestualità temporale
tra sottrazione e uso della violenza o minaccia, essendo sufficiente
che tra le due diverse attività intercorra un arco temporale tale da
non interrompere l'unitarietà dell'azione volta ad impedire al
derubato di tornare in possesso delle cose sottratte o di assicurare
al colpevole l'impunità. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto
corretta la qualificazione come rapina impropria di un furto cui
erano seguite immediate indagini di P.G. nell'ambito delle quali gli
autori dello stesso, dopo circa due ore, venivano individuati ed
arrestati, dopo aver tentato di forzare un posto di blocco).(Sez. 2,
sent. n. 43764 del 4/10/2013, Rv. 257310).
Si è ancora precisato che il requisito della immediatezza della
violenza o della minaccia va riferito esclusivamente agli aspetti
temporali della "flagranza" o "quasi flagranza" e non va interpretato
letteralmente nel senso che violenza o minaccia debbono seguire la
sottrazione senza alcun intervallo di tempo. (Sez. 2, sent. n. 40421
del 26/6/2012, Rv. 254171). Ed in tema di quasi flagranza, il
concetto di "inseguimento" ad opera della forza pubblica, sul quale
si fonda la nozione della cd. quasi-flagranza, comprende ogni
attività di indagine e ricerca finalizzata alla cattura dell'indiziato di
reità, purché detta attività non subisca interruzioni dopo la
commissione del reato, ed anche nel caso che si protragga per
alcuni giorni. (Fattispecie nella quale un soggetto, datosi con
successo alla fuga dopo essersi liberato al cospetto di alcuni
carabinieri dello stupefacente detenuto, è stato rintracciato ed
arrestato da altri militari, sette ore dopo il fatto, all'interno di un
esercizio pubblico, a seguito di ricerche definite attive ed
ininterrotte dalla polizia giudiziaria).(Sez. 4, sent. n. 4348 del
12/11/2002, Rv. 226984).
Tanto premesso in punto di diritto, nel caso di specie, il Tribunale
dei riesame ha dato puntualmente atto di come le indagini vennero
immediatamente attivate dai Carabinieri a seguito delle numerose
segnalazioni di furti in abitazione che erano pervenute alla centrale
operativa nelle prime ore del 28/10/2014. P.S. segnalava che, alle
ore 1,30, era stata svegliata dalla segnalazione acustica
dell'antifurto installato presso la sua abitazione; alle 2,30 P. C.
denunciava che ignoti, dopo aver tentato di accedere al suo
appartamento, erano entrati all'interno dell'abitazione della madre
ubicata al piano sottostante sottraendo una borsa contenente 50,00
euro; alle ore 2,50 il maresciallo F. procedeva ad accertamenti
urgenti mediante sopralluogo presso l'abitazione di P. C.
effettuando anche rilievi fotografici; alle ore 3,05 ripeteva gli
accertamenti presso l'abitazione di D. G. (altra persona offesa che
aveva subito un furto in abitazione quella notte) ed alle ore 3,25
presso quella di P.S.. Alle ore 4,00 la pattuglia composta dallo steso
maresciallo ed altri due Carabinieri fermava la vettura a bordo della
quale si trovavano i due indagati, i quali dapprima si dettero alla
fuga e poi opposero resistenza ai militari. Risulta, pertanto, che
l'orario in cui sono stati commessi i furti o i tentati furti è di poco
antecedente a quello del fermo degli indagati e che questi vennero
fermati nell'ambito di un'attività di investigazione e di ricerca degli
autori che si svolse senza soluzione di continuità. A nulla rileva,
pertanto, che gli indagati siano stati fermati alle ore 4,15 anziché
alle ore 4,00 e ad una certa distanza dalle abitazioni oggetto di
furto, tenuto conto che lo scarto temporale tra l'ultimo sopralluogo
effettuato dal maresciallo F. presso l'abitazione della P.S. (avvenuto
alle ore 3,25, con rilievi fotografici) e quello dei fermo è comunque
assai contenuto e rivela con certezza come i Carabinieri si fossero
mossi con la vettura di servizio proprio al fine di ricercare i
colpevoli, tanto che sull'auto vi era anche l'ufficiale di polizia
giudiziaria che aveva sino a quel momento svolto nell'immediatezza
le prime indagini. Di conseguenza la violenza posta in essere dagli
indagati nei confronti dei militari, avvenuta dopo la sottrazione dei
beni all'interno delle abitazioni, è certamente volta ad assicurarsi
l'impunità dei numerosi furti e tentati furti in precedenza commessi.
Ciò peraltro, trova ulteriore conferma anche in altra circostanza che
emerge dalla ricostruzione del fatto operata dal Tribunale dei
riesame. Invero, all'interno del veicolo sul quale gli indagati
vennero fermati furono rinvenute evidenti cose (la refurtiva) e
tracce materiali (arnesi da scasso) dei reati in precedenza
commessi. Ebbene, questa Corte, in tema di quasi flagranza del
reato, ha affermato che il requisito della sorpresa del "reo" con cose
o tracce del reato non richiede nemmeno la diretta percezione dei
fatti da parte della polizia giudiziaria, né che la "sorpresa" avvenga
in maniera non casuale, ma solo l'esistenza di una stretta contiguità
fra la commissione del fatto e la successiva sorpresa dei presunto
autore di esso con le "cose" o le "tracce" del reato, e dunque il
susseguirsi, senza soluzione di continuità, della condotta del reo e
dell'intervento degli operanti a seguito della percezione delle cose o
delle tracce. (Sez. 5, sent. n. 44041 del 3/7/2014, Rv. 262097).
Requisiti ben presenti nella ricostruzione della vicenda per come
operata dai giudici della cautela.
2. II ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Ai
sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto
deve essere conD.ta al pagamento delle spese del procedimento,
nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità - al pagamento a favore della cassa delle
ammende della somma di € 1.500,00 così equitativamente fissata
in ragione dei motivi dedotti.
Non conseguendo dall'adozione del presente provvedimento la
rimessione in libertà dell'indagato, deve provvedersi ai sensi
dell'art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e conD. i ricorrenti al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1.500,00 ciascuno in
favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli
adempimenti di cui all'art. 94 disp. att. cod. proc. pen..