Don Leonardo Cella
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Don Leonardo Cella
Antonio Del Vecchio 1 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Antonio Del Vecchio, sposato e padre di due figli, vive con la famiglia nel suo paese natale, Rignano Garganico. Terminate le elementari, compie le medie presso il collegio dei Benedettini a Montenero (Livorno), il Liceo Classico a San Marco in Lamis e Lettere Moderne in quel di Napoli. Fa le prime esperienze lavorative come istitutore presso alcuni collegi religiosi e poi per circa un anno vive a Milano. Nell’aprile del ’72 è assunto come animatore culturale presso i CSC – ex Casmez di Foggia, gestiti dalla Società Umanitaria di Milano. Frequenta vari corsi di perfezionamento (animatore di biblioteca, educazione permanente, Beni Culturali, ecc.). Dal 1978, tali strutture, trasferite alla Regione Puglia, assumono il nome di Crsec. Nel 1986 è a San Marco in Lamis, prima come operatore culturale, poi come direttore del Crsec distrettuale. Presiede innumerevoli commissioni d’esame di Corsi F.P. Dopo aver collaborato a varie testate è iscritto, come giornalista – pubblicista, nel 1982. Dirige vari periodici tra Bari e Foggia. Dal 1979 al 2006 collabora ininterrottamente a “La Gazzetta del Mezzogiorno”. Ora scrive sulle testate digitali Garganopress e Rignanonews. E’ autore dei seguenti volumi, rintracciabili nelle Biblioteche Nazionali: I portali./Memorie di pietra nella vita quotidiana di San Marco in Lamis (1997, 2e.1999); Rignano Garganico/ Tra pietre e segni della storia (1999); Natale tra ieri e oggi/Tradizioni usi e costumi di Rignano Garganico (2000); E così ho lasciato la mia terra/ Voci, volti e ricordi degli emigrati di San Marco in Lamis e di Rignano Garganico (2001); Bande e gruppi musicali di San Marco in Lamis (2005); E così ho lasciato la mia terra/ Voci, volti e ricordi degli emigrati di San Marco in Lamis, Rignano Garganico e San Giovanni R. (2006); Dal paese al mondo/ Storie di vita di emigrati di Rignano Garganico (2006); Italy Italien Italie Italia/L’emigrazione dalla Capitanata tra il secondo dopoguerra e gli anni’70 (2007); Rignano Garganico /Viaggio segreto nel più piccolo comune del Gargano (2007); La Via Sacra del Gargano nella storia e nelle leggende (2007); Rignano Garganico/Tra pietre e segni della storia (2 e. 2009); Padre Pio e Rignano (2009); Padre Pio e Rignano, seconda edizione ampliata (2010). Ha curato: Paglicci/Mostra iconografica permanente di A. Palma di Cesnola (1988, 2 e.1998); con G. Cammerino: La Valle Cantata (1991) e Coppe della Rosella (1994); Arturo Palma di Cesnola/cittadino onorario di Rignano Garganico (1990); Rosedda / Costumi garganici, romanzo di G. Ricci, nuova ed. a cura di (2001). Ha collaborato ai vv.: In dialetto si dice/va, dizionario di P.Gentile (2002); Mai più/Testimonianze di Internati Militari Italiani scampati ai lager nazisti (2008). Ha in cantiere: Storie di soldati nella II Guerra Mondiale; Uomini illustri d’altri tempi; I miracolati di San Pio/storie di devozione e di fede; Il trafugamento del corpo di Santa Vittoria; I Soprannomi, Platea del ‘700 (titoli provvisori.) 2 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Collana di “Narrativa” 3 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano D’intesa con: Ispettorìa Salesiana Meridionale - Napoli Circolo “Giulio Ricci” Comitato “La Grande Statua di Padre Pio” Centro Studi Tradizioni Popolari del Gargano Parrocchia “Maria SS. Assunta”- Rignano Garganico Ventonuovo.eu - Quotidiano nazionale indipendente Rignanonews.com - Quotidiano nazionale indipendente Coordinamento editoriale: Angelo e Antonio Del Vecchio, Eugenia Cella, Grazia Nardella, Matteo Mangiacotti, Michele Caruso Testi: Antonio Del Vecchio Digitalizzazione e impaginazione: Angelo Del Vecchio e Paolo Pizzichetti Informatori: Vincenzo, Marianna e Cristina Cella; Arcangelo Cella; Don Antonio Gentile; Don Antonio Gianfelice; Grazia Draisci, Nunzia Lonero; Padre Antonio Resta; Maria Tancredi; Giovanna Vigilante. Prima Edizione: Agosto 2012 Tutti i diritti riservati © Maritato Group Casa Editrice Viale Castrense 31/32 00182 Roma (RM) Tel. 0645/421734 www.maritatogroupcasaeditrice.com www.ventonuovo.eu [email protected] Progetto grafico ed impaginazione: Angelo Del Vecchio, Antonio Del Vecchio 4 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Antonio Del Vecchio Don Leonardo Cella Dal paese al mondo salesiano Prefazione di Lucio Brunelli Quotidiano Indipendente www.ventonuovo.eu Quotidiano Indipendente www.garganopress.info MARITATO GROUP CASA EDITRICE - ROMA - 5 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano …A sessant’anni lasciò il prestigioso incarico di Vicario dell’Ispettoria Meridionale ed andò in missione nel Madagascar per aiutare quelle genti a risollevarsi da se medesime! 6 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio INDICE 9 13 17 20 27 29 38 41 46 50 52 57 63 65 70 73 81 84 87 91 97 102 107 109 115 119 122 127 131 169 181 - Presentazione - Premessa - Chi era Don Leonardo Cella? - Cenni biografici - La famiglia e i luoghi - Il vento - Il talento del padre - La trebbiatrice a vapore - Chiamata alle armi e congedo - La religiosità dei Cella - La missione dei Passionisti - La Croce - La grande statua di San Pio - I meloni “vernije” - Le calze di bambagia - Gli anni di scuola - La vocazione - Il salvataggio - Il maestro - Lo studente d’Inglese - L’incontro con Giovanni Paolo II - L’Ufficio di Vicario - La seconda patria - Il presagio - La presenza salesiana - La partenza - Il soggiorno a Ivato e dintorni - Bemaneviky - Gli scritti - Galleria Fotografica - Appendice (documenti e scritti originali) 7 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano 8 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Presentazione Papa Benedetto XVI una volta ha parlato dei 'santi sconosciuti', quelli che non hanno l'aureola e forse mai l'avranno, quelli ignoti al grande pubblico. Cristiani che hanno vissuto eroicamente ma senza clamori, con pudore, la fede in Gesù, offrendo tutta la loro vita per la diffusione del Vangelo e il servizio al prossimo. Don Leonardo Cella, forse, è uno di questi santi sconosciuti. E dobbiamo essere grati ad Antonio del Vecchio per averci raccontato la sua vita. E di averla raccontata senza cedimenti ad una agiografia retorica e sdolcinata ma secondo lo stile (delle “tre s”!) proprio di questo religioso nativo di Rignano Garganico: severo, serio e sereno. Così la biografia di don Leonardo diventa un affresco avvincente, neorealista mi verrebbe da dire, di un pezzetto di storia italiana. Molto più insomma della celebrazione di una gloria locale. Un viaggio nella memoria di questo nostro paese smemorato, dove (Pasolini docet) un potere omologante che se la ride del Vangelo ha fatto tabula rasa delle radici di un popolo: il Sud povero, contadino, ma pieno di umanità, dove la tradizio- 9 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano ne cristiana era impastata con l'anima stessa della gente. E allora lo vediamo, come in un film in bianco e nero, questo bambino che gioca a piedi nudi, con i pantaloni corti anche d'inverno “perché nessuno aveva la possibilità di farsi un cappotto nuovo, tranne i ricchi”. E poi mentre fa il giro del paese, portando appeso al braccio il recipiente di lamiera ricolmo di latte, che suona il campanello per richiamare l'attenzione degli abitanti e in dialetto vanta la bontà del suo prodotto. Lo vediamo mentre, a sette anni, inginocchiato, chiede a voce alta alla Madonna la grazia di guarire una persona cara. Scrive Antonio del Vecchio che resta un mistero l'origine della sua vocazione. Ma la spiegazione forse è semplice: è Dio che chiama nella sua assoluta gratuità, e nel caso di Leonardo trovò un terreno fertile nell'ambiente familiare in cui la fede, i precetti della Chiesa e della morale cristiana, erano alimenti naturali come il latte senza contraffazioni, ingerito fin dalla nascita. Eccolo dunque don Leonardo Cella, giovane sacerdote. Salesiano perché umanamente attratto dall'esempio di un religioso salesiano, don Angelo Gentile, suo compaesano. Pieno di talento organizzativo, intelligente, colto. Destinato dunque a una buona carriera, e infatti diventa uno dei responsabili della provincia meridionale della famiglia di don Bosco. Solo che poi, ad un certo punto, il suo incarico di responsabilità lo porta a cercare buoni sacerdoti pronti a partire per la missione salesiana in Madagascar dove c'è bisogno di nuove leve. Ma 10 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio non sembra trovare nessuno adatto o disponibile. E allora decide di partire lui. Ha sessant'anni. Potrebbe appunto, a quell'età, pensare alla sua tranquilla carriera ecclesiastica e poi a una meritata pensione. Invece no. E per lui comincia una nuova vita. Nella grande isola africana trascorrerà dieci anni, forse gli anni più intensi e appassionati della sua vita. Si innamora, letteralmente, di quella terra e di quella popolazione. Fino al punto di chiedere di essere seppellito lì. I suoi scritti dal Madagascar sono le cose più commoventi. Come questa lettera a un familiare, alla vigilia del Natale: “Ora sono le 10 di sera e viene spenta la luce, ho acceso il lume a petrolio, come ai tempi di quando eravamo piccoli, se ti ricordi... Qui non c’è il consumismo. Italia, quasi quasi non ti accorgi che è festa”. Resta serio e severo, come sempre, nell'adempimento dei suoi doveri sacerdotali. Ma c'è un accento nuovo di tenerezza, di amore in quel suo sereno consumarsi sino alla fine per il bene e per la salvezza delle persone che gli sono state affidate. Rignano e il Magadascar, i poli geografici ed affettivi della sua vita. Il paesello nativo e l'universalismo cattolico: miscela 'glocal', si direbbe oggi, il globale a partire dalla concretezza del locale; apertura che in lui è uno sviluppo naturale, senza strappi. Sapeva che sarebbe stata dura, laggiù, in mezzo all'Oceano, e infatti la sua salute ne sarà fatalmente compromessa. Mentre era in viaggio per Tananarivo aveva scritto: “Ho ricevuto più di quanto ho dato. Ve ne ringrazio. Chiedo scusa se non ho saputo 11 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano dare di più. Pregate per me”. Il riassunto di una vita, l'epitaffio di un santo sconosciuto che ora, grazie a questo bel libro, abbiamo la possibilità di conoscere, di ammirare. Di affezionarci anche alla sua avventura umana e cristiana Lucio Brunelli 1 (1) Lucio Brunelli (classe 1952), giornalista professionista e scrittore, è impegnato come “vaticanista” al Tg 2, lavoro che lo porta a stretto contatto con i sacri palazzi. Ecco il suo Curriculum vitae e professionale. Dopo la laurea in Scienze Politiche è assistente dello storico Gabriele De Rosa, con il quale collabora all’edizione critica dell'Opera Omnia di Luigi Sturzo. Pubblica articoli e saggi sulla storia del pensiero sociale cattolico. Nel 1983 scrive per il mensile internazionale 30Giorni e successivamente per diversi settimanali, fra cui Il Sabato, L'Europeo, Epoca, Il Mondo. Nel 1994 cura per Radio Rai Momenti di pace, che trasmette e commenta in diretta l'angelus del Papa. Dal 1995, segue per il telegiornale i viaggi apostolici di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Firma numerosi servizi per la rubrica Tg2dossier: La fabbrica dei santi, I segreti di padre Pio, Paradossi siriani, Un sogno chiamato Yemen. Ha pubblicato le memorie del cardinale Silvio Oddi nel libro Il tenero mastino di Dio (1995). Nel 2005, appaiono a sua firma su Limes i retroscena del conclave che elesse Benedetto XVI. Vedovo, padre di due figli, cura una rubrica sul settimanale no-profit Vita. Nel 2011, per i tipi di ed. Fazi, va in vetrina il suo primo romanzo 'Il Giorno del giudizio', un thriller ambientato in Vaticano (da Wikipedia, sintesi.) 12 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Premessa Il progetto di raccontare la vita di don Cella risale a tanti anni fa, a quando lo incontrai in piazza San Rocco al termine di una funzione religiosa. A quel tempo ero impegnato a raccogliere informazioni concernenti i nostri emigranti che, poi, avrebbero dato corpo al volume E così ho lasciato la mia terra…, redatto assieme al collega Sergio D’Amaro. Dopo i convenevoli saluti, dietro mia sollecitazione, don Cella prese a dire della sua esperienza in Madagascar. Trovai gli accennati ricordi assai singolari, ricchi di spunti per la riflessione, alquanto educativi e quindi meritevoli di essere inseriti a pieno titolo nel predetto volume come storia di vita, unitamente a quanto avevo già fatto con don Michele Gentile2 e la sua esperienza in Albania. Don Leonardo acconsentì subito, ma rimandammo l’intervista ad altro giorno e ad altro luogo. Si sa, poi, come vanno queste cose: gli obblighi di lavoro e di famiglia, i mille impegni di entrambi non hanno favorito l’agognato, più tranquillo incontro. Nel frattempo don Cella fu costretto a rientrare nella grande isola africana. 13 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano L’idea tornò nella mia mente il giorno dei suoi solenni funerali in paese. I famigliari si sono mossi subito e mi hanno fornito tutto il materiale a loro disposizione: fotografie, lettere, cronache e altro. Il resto è frutto di trasmissione orale, note desunte da informazioni verificate a più riprese, pezzo dopo pezzo e poi riportate. Tanti hanno concorso con i personali ricordi: famigliari, compagni di scuola, salesiani, amici, ecc. Il più utile di tutti è stato il fratello Vincenzo cui devo tante dettagliate notizie e, soprattutto, lo stimolo a continuare nella stesura di questo lavoro. Per i luoghi dove don Cella visse o toccò di passaggio durante l’assolvimento dei suoi impegni, di studio prima e d’insegnamento poi, mi sono avvalso di Internet oltre che della sintetica ma esaustiva ‘informativa’ di Don Antonio Gentile3. Quanto contenuto nel volume segue il percorso biografico e cronologico: infanzia – preadolescenza; vocazione e sacerdozio; gli studi in Gran Bretagna; l’esperienza pugliese, campana e calabrese; il Vicariato Ispettoriale; il Madagascar. La storia di vita non è a sé stante ma ambientata nei vari contesti con il coinvolgimento pieno delle comunità e dei personaggi che di volta in volta gli gravitarono intorno. E’ il caso del suo paese natale, Rignano, con i suoi piccoli e grandi episodi di vita quotidiana e con la situazione socio – economica di un tempo che contempla anche l’esperienza di caldaista del genitore. Che dire del Madagascar che gli ha fatto rivivere la sua esperienza di bambino scalzo quando, per la prima volta in visita, si 14 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio sono presentati alla sua vista tanti ragazzi e giovani malgasci “scalzati”?! Tale flash ha fortemente condizionato la sua ultima grande scelta: la missione. Ci va e lì resta ad operare per un decennio, seppur consapevole che a quell’età si può rischiare anche la vita. Così è stato! Ma sta proprio qui la grandezza di don Cella. Antonio Del Vecchio (2) Don Michele Gentile (classe 1940), salesiano dal 1957, ingegnere e sacerdote nel 1971. E’ in missione in Albania dal luglio 1998. Opera tra Scutari e Tirana, dove assieme ad altri confratelli ha fondato la prima casa di Don Bosco. Tra questi c’era anche il compaesano, don Matteo Di Fiore (classe 1950), salesiano dal 1960, sacerdote dal 1978, direttore a Cerignola, Locri, Santeramo e ad Andria. Dopo sei anni trascorsi a Tirana è da cinque anni a Pristina nel Kossovo, dove ha fondato la prima casa di Don Bosco. (3) Don Antonio Gentile (classe 1939), salesiano dal 1954, sacerdote dal 1964, laureato in Lettere, ha diretto ed ha insegnato in diversi Istituti salesiani del Centro – Sud. Da qualche anno è a Molfetta. E’ curatore, assieme a don A. Miscio dei vv.: Don Angelo Gentile, un esempio: la sua vita, 2000; Una vita secondo il cuore di Don Bosco, Don Angelo Gentile la persona e il formatore, 2009. 15 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano 16 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Chi era Don Leonardo Cella? Vicario Ispettoriale: dal settembre 1990 al settembre 1992 Allo scadere dell’Ispettorato di don Antonio Martinelli veniva indicato come Vicario ispettoriale per il triennio 19901993, ad iniziare il suo servizio con il nuovo Ispettore don Luigi Testa. Durante il nuovo servizio ebbe l’incarico (nel gennaio 1992) di fare la visita canonica alla casa del Madagascar, Bemaneviky, dove i Salesiani dell’Italia Meridionale avevano aperto una Casa. Al termine di quella visita, per avviare a soluzione alcuni problemi sorti in missione, rimettendo l’incarico di Vicario Ispettoriale dei Salesiani dell’Italia Meridionale, accettò, nonostante l’età, a passare nel Madagascar come responsabile di quella Opera Salesiana. Sue principali attività in Puglia Veniva ordinato sacerdote a Torino nella Basilica di Ma- 17 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano ria Ausiliatrice l’11 febbraio 1960 (la data dell’11 febbraio era stata scelta per ricordare la Madonna di Lourdes patrona dell’Istituto Internazionale Teologico di Torino – già Pontificio Ateneo Salesiano e prossima Pontificia Università Salesiana di Roma). Nell’anno successivo veniva inviato a San Severo insegnate e incaricato dell’Oratorio. Da San Severo, don Angelo Gentile lo volle a Castellammare di Stabia docente di Teologia presso l’Istituto Teologico aperto qualche anno precedente. Ritornò il 1966 in Puglia, direttore dell’Opera salesiana di Carmiano in provincia di Lecce e vi rimase sei anni, e lì provvide all’istruzione e all’educazione di parecchi ragazzi di Rignano che si ritrovavano in quegli anni a frequentare in quell’istituto. Dopo alcuni anni trascorsi a Bari e a Soverato, nel settembre 1979 fu nominato direttore dell’Opera salesiana di Santeramo. E poco prima che andasse direttore a Santeramo, ci fu un aneddoto che lui ricordava con piacere, aneddoto che sa di santa ilarità e di Provvidenza. Nel mese di luglio il suo compaesano don Antonio Gentile si trovava a Roma come commissario di esami di maturità. Un confratello polacco gli aveva passati alcuni biglietti per l’udienza del nuovo Papa, Papa Wojtyla, eletto nell’ottobre dell’anno precedente, e chiedeva a don Leonardo se da Soverato dove allora si trovava potesse e volesse venire a Roma all’udien- 18 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio za del Papa in piazza san Pietro. Don Leonardo di buon grado accettò. Nel pomeriggio del mercoledì 18 luglio si era insieme, don Antonio Gentile e don Leonardo Cella, in un settore lungo la cui transenna si presumeva sarebbe passato il Papa a salutare i fedeli. In quel settore c’era un bel gruppo di turisti del Sudafrica: felice, don Leonardo, poteva districarsi benissimo con il suo inglese, ma quando quei sudafricani, sentendolo parlare capirono che la sua dizione di inglese non era quella della inflessione sudafricana, cominciarono ad isolarli, impedendo loro di stare vicini alla transenna. Don Antonio, un po’ più scanzonato di don Leonardo, si impose a conservare il suo posto alla transenna e quando passò il Papa, dapprima gli parlò e gli baciò la mano, poi disse al Papa: “Santità, c’è qui un mio confratello che le vuole parlare … ” e con una mano mantenne agganciata la mano del Papa e con l’altra mano tirò a sé la mano di don Leonardo fino a che riuscì ad accostare le due mani e i due, il Papa e don Leonardo, si trovarono a parlarsi e a dirsi, don Leonardo: “Santità, chiedo la benedizione; sono un salesiano, mi hanno fatto direttore dell’Opera di Santeramo…”; e il Papa: “esiste ancora l’ubbidienza? Ti benedico…” Contentissimo, don Leonardo non finiva più di ringraziare della felice circostanza capitatagli. A Santeramo rimase tre anni. Durante quel triennio venne a far visita all’Opera il nuovo Rettor Maggiore don Egidio Viganò. Poi don Leonardo passò a Cisternino dove si fermò alcu- 19 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano ni anni con don Antonio Gentile, gli anni della malattia di don Angelo Gentile, e dove fu anche direttore. L’ispettore don Antonio Martinelli lo volle poi a Napoli come segretario del Consiglio ispettoriale e dal settembre 1990 Vicario ispettoriale. Don Antonio Gentile 20 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Cenni biografici Don Leonardo Cella, primogenito di quattro figli, nasce a Rignano Garganico il 28 aprile del 1932 da Matteo, caldaista e meccanico tuttofare (1902 – 1986), e da Eugenia Limosani (1906 – 1974), casalinga. La loro casa era al n° 15 di via Croce. Nei primi anni di vita viene educato, soprattutto con l’esempio, al credo e all’osservanza dei precetti cristiani. Si tratta di un modus vivendi comune alla maggior parte delle famiglie rignanesi, al tempo sommerse dalla paura dei bombardamenti, dalla miseria e poi, dopo la liberazione degli americani, dall’ansia e dal desiderio di un futuro migliore. E’ una situazione che diventerà in seguito humus fertile di copiose vocazioni religiose. Leonardo frequenta le scuole elementari del paese, dividendo il suo tempo tra gioco e studio. Spesso dà maggiore vantaggio al primo, ma senza arrecar danno al profitto. Difatti riesce sempre a rimediare l’indispensabile. Durante quegli anni di scuola e di esercitazioni in divisa da Balilla si fa notare e ammirare per il carattere riservato e amante più del fare che del dire. In- 21 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano somma, si rivela ad ogni piè sospinto un ragazzo vispo e generoso, sempre disponibile e pronto ad affrontare con il sorriso sulle labbra ogni sacrificio e fatica. Fa tutto con zelo, attratto fortemente dalle figure del padre Matteo e dello zio Giuseppe, entrambi uomini pratici e decisionisti nel risolvere i problemi esistenziali delle rispettive famiglie. Resterà sempre legato negli anni anche e soprattutto alla mamma Eugenia, alla nonna Mariannina e alla zia Elisa, matriarche d’altri tempi ed esempi di vita insostituibili. Al termine degli studi scopre la sua vocazione religiosa: vuole farsi salesiano, attratto com’è dalla figura di don Angelo Gentile4, carismatico seguace di Don Bosco. Il suo spirito d’intraprendenza e di avventura lo spingono a detestare le comodità della vita sedentaria, a preferire i pericoli e l’incertezza di nuovi percorsi. Nell’immediato dopoguerra lo troviamo allievo nell’Istituto “San Giovanni Bosco” di San Severo, città ove il suo genitore aveva dimorato anni prima per ragioni di lavoro. Terminate le Medie, frequenta il Ginnasio presso l’Istituto Salesiano di Torre Annunziata. A Portici trascorre l’anno del noviziato e lì veste per sempre l’abito di don Bosco. A Portici si incontra con don Antonio Martinelli, e con don Antonio Martinelli costituirà d’ora in poi, un tandem per tutto il periodo dal noviziato al Sacerdozio (1953-1960). Finito il noviziato, dopo un anno ancora vissuto a Torre Annunziata, viene inviato all’Istituto Salesiano del Rebaudengo, 22 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio sede distaccata dell’Ateneo Salesiano di Torino – futura Pontificia Università Salesiana di Roma –. Qui compie gli Studi di Filosofia e, dopo i tre anni che lo vedono impegnato nel tirocinio a Taranto, viene nuovamente inviato a Torino, alla Crocetta, sede centrale dell’Ateneo Salesiano, per gli studi di Teologia. È ordinato sacerdote a Torino nella Basilica di Maria Ausiliatrice l’11 febbraio 1960. Tale data era stata scelta come atto di venerazione verso la Madonna di Lourdes, patrona dell’Istituto Internazionale Teologico di Torino – Pontificio Ateneo Salesiano. Nell’estate, e precisamente il 15 agosto 1960, celebra la sua prima messa nella chiesa matrice “Maria SS. Assunta” di Rignano Garganico. L’anno successivo lo troviamo a San Severo come insegnante incaricato dell’Oratorio. Don Angelo Gentile lo ottiene da San Severo e lo porta a Castellammare di Stabia, come docente di Teologia presso l’Istituto Teologico aperto appena qualche anno prima. Nel frattempo frequenta corsi estivi di Lingua Inglese (dopo diversi soggiorni estivi in Gran Bretagna e in Irlanda). Nel 1966 ritorna in Puglia quale Direttore dell’Opera Salesiana di Carmiano, in provincia di Lecce, e vi rimane sei anni. Lì provvede all’istruzione e all’educazione anche di parecchi ragazzi5 di Rignano che a quel tempo avevano preso a frequentare detto Istituto. Dopo aver trascorso alcuni anni a Bari e a Soverato, nel settembre 1979 è nominato Direttore dell’Opera Salesiana di Santeramo. Qui vi rimane per un triennio nel 23 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano corso del quale viene a far visita all’Opera il nuovo Rettore Maggiore, don Egidio Viganò. Poi don Leonardo passa a Cisternino, dove si ferma alcuni anni con don Antonio Gentile. A Cisternino don Cella svolge anche la funzione di Direttore. L’ispettore don Antonio Martinelli, in seguito, lo vuole a Napoli come Segretario del Consiglio Ispettoriale. Dal settembre 1990, poi, dallo stesso don Martinelli è proposto Vicario dell’Ispettore. Difatti inizia il suo servizio sotto il nuovo Ispettore don Luigi Testa. Don Leonardo si farà notare e ammirare ovunque durante le sue visite per la sua concretezza e per le sue oculate capacità decisionali nelle soluzioni più disparate dei problemi. Nel gennaio 1992 gli tocca a far visita canonica anche l’Opera Missionaria di Bemaneviky nel Madagascar e si accorge che c’è estremo bisogno di altro personale, soprattutto di sostituire alcuni missionari stanchi con forze più fresche. Cerca, ma non trova! Così, a sessanta anni appena compiuti, lui stesso si offre ad andare in missione. Lavora sodo e riesce anno dopo anno ad alleviare in parte le sofferenze degli isolani, a combattere l’arretratezza di quelle genti mettendo a frutto la sua intensa voglia di promozione umana e di evangelizzazione. Intanto l’impegno continuo e il clima micidiale minano il fisico di don Cella. Dopo undici anni è costretto a rientrare in Italia. Ma non è più lui! Dopo un anno trascorso a Brindisi, dove la nipote Grazia Nardella esercita la professione di medico presso l’Ospedale Perrino, è inviato nella Casa di Castellamare di Stabia e poi in 24 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio quella di Salerno, dove insieme ad altri confratelli sarà curato amorevolmente5. Qui lo coglie la morte il 29 agosto 2011. Il pomeriggio successivo sono celebrati nella Chiesa Matrice di Rignano i solenni funerali, officiati per l’occasione da una schiera di confratelli e da altri religiosi provenienti da ogni dove. E’ vicina ai familiari una moltitudine di gente commossa. Quindi la salma è tumulata nel cimitero del luogo accanto alle tombe di papà Matteo e di mamma Eugenia, in attesa del Giudizio che verrà. (4) biografia nel capitolo “Il Maestro”. (5) Don Angelo Draisci (1955), salesiano dal 1966, sacerdote nel 1984 (Andria). Licenza di Pastorale Giovanile. Già direttore della casa salesiana di Cisternino, è da alcuni anni responsabile di quella di Corigliano Calabro; Don Antonio Russo (classe 1956), salesiano dal 1966, sacerdote nel 1984, per un decennio missionario nel Madagascar 25 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano 26 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio LA FAMIGLIA E I LUOGHI CARI (nei ricordi del fratello Vincenzo) 27 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Rignano Garganico, uno scorcio di Portagrande Ovest, anni ‘50 Rignano G. - Mezzanagrande. Famiglia di “assegnatari” a pranzo, 1953 28 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Il vento Rignano Garganico è il paese del vento per antonomasia. Spira in quasi tutti i giorni dell’anno, ora leggero, ora intermittente, ora forte e possente. Di solito viene dal Nord o da Ovest. Il volgo lo appella “scorciacrape”. E’ un vento secco che spezza la calura estiva costringendo ognuno, specie di sera, ad indossare la giacca o il soprabito anche quando di giorno c’è il solleone. D’inverno la situazione peggiora. Diventa pungente ed insopportabile. Infatti, quando nevica, il vento si mette di traverso e si trasforma in una vera e propria barriera invalicabile. Solleva la neve a mulinello e l’ammucchia nei posti più impensati, rendendo così le strade intransitabili non solo per gli automobilisti, ma anche per i pedoni costretti ad avanzare carponi pur di non essere spazzati via e a trattenere il respiro, pur di non soffocare di fronte a tanta furia. Si tratta della bora, quella che viene dalla gelida Siberia. Qui si chiama “lu fuluppine”. Si racconta che una volta due ragazzi di nome Franceschino e Tonino, dovendo ad ogni costo spostarsi dalla periferia (ove 29 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano abitavano) al centro vitale del paese distante alcune centinaia di metri, pensarono bene di legarsi con funi piombate alle estremità da due grossi sassi. Lo stratagemma riuscì e permise loro di divertirsi un mondo con i compagni della piazza. Al ritorno però, dato il tempo più inclemente, ci pensarono i rispettivi genitori a farli rincasare, aiutati per l’occasione da forzuti parenti. In paese, di sera, ci si fa luce con i tizzoni ardenti. Le lampadine tascabili fecero capolino solo negli anni ’50. La corrente elettrica, a quei tempi fornita da una rete debole e da una sola cabina accumulatrice posta sulla Ripa sino a qualche decennio fa, va e viene: basta una leggera folata di vento o qualche goccia di acqua ad interromperla. Cosicché le pubbliche strade servite o le poche abitazioni illuminate da una sola lampadina “a forfait”, restano per lungo tempo al buio. Il resto lo fa il coprifuoco. Siamo negli anni di guerra. Di notte non si riesce a dormire, tormentati dal concerto tremendo diretto con molta disinvoltura dal maestro “Vento”: porte e finestre battenti, spifferi sonori, fischi, sibili e ululati provenienti da ogni dove. Fa da padrone il tiraggio del camino, dove il vento scende e risale a suo piacimento sommovendo al suo interno tutto il ferrame utile alla cottura (catena per la pentola, treppiede, graticola, ecc.). Il lume a petrolio è spento da un pezzo. La stanza è illuminata a malapena dalla piccola lampada ad olio posta sul comò davanti all’immaginetta della Madonna di Cristo. La luce fio- 30 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio ca, però, anziché tranquillizzare, materializza ombre sinistre: enormi pipistrelli, serpenti attorcigliati, animali con più teste, uomini incappucciati, streghe sgangherate ed altre strane figure. La fantasia di due fratellini, Leonardo e Vincenzo, sempre più si accende. Hanno tanta paura e, stretti stretti, si stringono nel loro angusto lettino. Al suon di questa musica infernale ed invernale i due ragazzi si addormentano. Il vento è uno spazzino scrupoloso che mantiene sempre pulita la vecchia Rignano. E ciò grazie alla sagacia dei suoi antichi abitatori che l’hanno costruita, pietra su pietra, a “misura di vento”, cioè seguendo l’orografia dei luoghi. I fabbricati sono disposti in forma ellittica attorno alla sommità della collina su cui si erge la piccola Cattedrale cinquecentesca, ossia la Chiesa Matrice intestata all’Assunta. Seguono il medesimo andamento le strade strette, a serpentina, che si incrociano di tanto in tanto con quelle di collegamento verticale, quasi sempre a scaloni e terminanti con degli affacci nelle diverse direzioni, ad eccezione del lato-nord sul Giro Esterno. Questi ultimi sono costituiti da “cavernosi archi che richiamano embrionali gallerie sotterranee”6 E’ in questo groviglio di arterie, di vicoli e piazzette medievali che s’incunea il vento sempre pronto a svolgere a puntino il lavoro di pulizia. Del vento di Rignano parla lo stesso don Cella in uno scrit7 to , ricordando il suo amico e maestro don Angelo Gentile: “Figlio di una terra dove dominano le pietre e il vento. Condizioni ambientali queste, servite per abilitare gli abitanti ad affrontare 31 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano le difficoltà giornaliere. Lo stesso dialetto del paese, diverso da quello dei borghi viciniori, secondo don Angelo, risentiva delle condizioni ambientali. Quando c’è vento, la bora soprattutto, spiegava, l’aria fredda ti entra in bocca e ti gela anche l’alito; allora è necessario parlare a denti stretti con la bocca socchiusa. Ovvio che ne risente anche il dialetto. Ad esempio: la parola “vento”, mentre altrove è pronunciata “vènt”, dove la è aperta ti costringe ad aprire la bocca, a Rignano è “vint”, detta stringendo i denti e socchiudendo la bocca”. I Rignanesi sono impastati di vento. Ovunque si trovino, quando s’imbattono in un evento atmosferico del genere, immancabilmente si accende in ognuno la memoria uditiva e tattile. Sembra loro di trovarsi in paese. Tanto accade anche a don Cella, quando si sposta nelle zone alte del Madagascar e ode lo stormire della foresta o avverte in faccia il soffio impetuoso del libeccio nei giorni di tempesta. Qui il clima è più umido e caldo! Don Leonardo immagina di trovarsi nella sua terra natale; si sente felice di affrontare l’evento anche se lì la natura si esprime attraverso tifoni quasi sempre accompagnati da effetti disastrosi e apocalittici in termini di perdita di vite umane, di distruzione di abitazioni e di raccolto. “Il vento è l’alito del Signore, bisogna accettare la sua volontà e pregare! A nessuno è permesso di scrutare il disegno divino!” E’ l’appello che il nostro sacerdote rivolge ai sopravvissuti di ogni catastrofe, spronandoli ad avere fede, ad iniziare 32 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio con coraggio la via della ricostruzione mentre lui, da salesiano operoso qual è, da subito si prodiga attivamente per aiutare il prossimo. Sempre in merito al vento c’è un racconto caro ai bambini del tempo in cui non ancora c’era la Televisione. In un paese di periferia, sperduto e sconosciuto come Rignano, i libri di narrativa erano scarsi o, meglio, merce rara riservata ai figli dei ricchi. Così, i genitori solevano raccontare storie vere o inventate per conciliare il sonno dei piccoli. Si tratta della presunta storia di un dragone (‘ndravone) che si nascondeva in una impenetrabile “macchia” (bosco ceduo di querceti e lecceti). A raccontarla, non si sa per quante volte, ci pensa Tatone, il nonno. Nella sua casetta di campagna, è seduto assieme ai nipoti davanti al focolare ove perennemente arde il solito ceppo ben stagionato di quercia, talvolta di ciliegio e più raramente di ulivo. Tra questi vi è anche il futuro “don” che in quel momento sta gustando assieme ai cugini una fetta di pane raffermo condita con un filo d’olio e poco sale. A quei tempi, tempi di dura crisi bellica e postbellica, si risparmia su tutto. Il nonno comincia: “C’era una volta in paese un contadino di nome “Mechelucce”. Abitava assieme alla moglie “Catarinèlle” in un pian terreno al quartiere “Grotta”. Non avevano figli. Il monolocale però, oltre ai due coniugi, ospitava una giovane somara di nome Peppinèlle, a cui Mechelucce e Catarrinèlle erano molto affezionati. Era il regalo di nozze del padre di lei. Le volevano molto bene perché il marito si lasciava portare 33 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano in groppa al lavoro nei campi; mentre la moglie la utilizzava nei giorni di festa per spostarsi in paese e in campagna quando decideva di far visita a questa o quella famiglia di parenti ed amici. “Mechelucce” era un brav’uomo ed infaticabile lavoratore di zappa. Il suo unico difetto era l’eccessiva credulità. Bastava che qualcuno gli dicesse: “Vole lu ciucce!” e lui ci credeva per davvero. Una mattina di prima estate, l’uomo si svegliò ben presto e disse alla moglie: “Oggi vado a Centopozzi a spietrare la terra”. Si trattava di un appezzamento di poche are, costituito dal fondo di una piccola dolina, contornata da una selva di querce e di lecci inframmezzata da affioramenti rocciosi e pietre di riporto. La donna si alzò e aiutò l’uomo a mettere il basto all’asina; ad appendere una bisaccia col necessario approvvigionamento, tra cui un barilotto semipieno d’acqua appena attinta dalla cisterna. Allora, quasi tutti gli abitanti avevano una riserva di acqua piovana in casa. Quindi, il contadino portò fuori l’asino e, dopo averlo fatto accostare ad un pianerottolo, salì in groppa e si avviò verso la via di “fuso” (attuale strada provinciale per San Marco in Lamis). Ad un certo punto, deviò su un conosciuto sentiero e in poco tempo giunse a destinazione. Qui dapprima scaricò la bisaccia con le provviste alimentari (pane e cipolla), poi gli attrezzi da lavoro (zappa, badile e piccone), poi l’indispensabile barilotto che sistemò sotto un fronzuto ed impenetrabile leccio al fine di trovare ancora fre- 34 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio sco il suo contenuto al momento della bisogna. Quindi, tolse il basto e lasciò libero l’animale, mentre egli si mise subito al lavoro. In giro si avvertiva un frastornante monotono concerto di grilli e di cicale, il cinguettio di passeri e di canarini, l’abbaiare lontano di qualche cane da caccia o di pastori, il fruscio di lucertole impaurite in cerca di sole, il verso stridente delle gazze ed altri rumori più o meno percettibili. E’ la natura dei luoghi! L’atmosfera bucolica durò poco. Ad un tratto la terra sembrò tremare, lo stormire delle foglie si fece più intenso. L’aria si rese inquieta. Cominciò a spirare dapprima una leggera brezza, poi il vento. Tutto si confuse e il concerto da melodico si trasformò in una vera e propria baraonda. In mezzo a tanto frastuono si udiva un rumore cadenzato e alternato: “Ping, pong! Puffhete, pufftete! Bla bla!” e via discorrendo. Tanto fu avvertito anche da Mechelucce. L’uomo si fermò, tese l’orecchio e risentì chiaro chiaro lo strano rumore proveniente dalle “macchie” vicine.” Che sarà mai?” - s’interrogò. “C’è qualcuno?” chiese con lo sguardo rivolto alle piante. Nessuno rispose, se non il bla bla e il ping pong di prima. La paura cominciò ad impossessarsi dell’uomo. Da tempo si parlava in paese di draghi e dragoni che si aggiravano per le campagne, sputando fiamme in ogni dove. Anzi, taluni erano certi che gli ultimi incendi fossero stati causati da questo strano animale. Pare che anche le pecore mancanti al gregge di compar Nicola, fossero state ingoiate ad una ad una e 35 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano forse tutte insieme dalla “mala bestia”. Qualcuno diceva di essersi imbattuto nel dragone che era alto tre metri, aveva cinque teste e una coda lunga più di cinque metri. Ad un tratto l’uomo trasecolò ed esclamò ad alta voce: “Si, si è il Dragone!”. Poi, incurante del basto, salì di corsa in groppa a Peppinèlle ed in un baleno raggiunse il paese per chiedere aiuto. Andò persino in municipio. Il Sindaco, dopo aver appreso la notizia, seduta stante radunò le guardie, fece chiamare il banditore Nunziuccio e lo mandò in giro per il paese a dare l’allarme: “Armateve d’accette e runce, currite currite: a Centepuzze ce sta lu “’ndravone inte la macchije!”* Si fecero avanti tanti volenterosi, armati sino ai denti di armi bianche e di forconi e in pochi attimi raggiunsero la piazza. Quindi, con a capo il sindaco Antonio e l’avanguardia di Mechelucce, il piccolo esercito uscì dal paese e si avviò impavido verso Centopozzi che venne raggiunto in poco più di un quarto di ora. Il vento continuava a spirare ad intermittenza. I rumori e le strane voci lamentate, a tratti, tornavano a farsi risentire. Il primo cittadino, allora, fece disporre la strana armata a semicerchio e a doppia fila davanti al posto da dove giungevano i rumori. Comandò, quindi, alle due guardie di andare sul posto ad esplorare. Questi, preso coraggio, in sintonia d’azione piombarono in un attimo sulla macchia incriminata. Con sommo stupore notarono il barilotto che, privo di sostegno e mosso dal vento, continuava a dondolare or dall’una or dall’altra parte, facendo battere sul legno l’acqua contenuta al suo interno 36 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio col medesimo ritmo. Era questo tipo di sciabordio a generare lo strano rumore. Le due guardie scoppiarono a ridere a crepapelle: “Mechelu’, Mechelu’, vieni a vedere! E’ il tuo barilotto a far rumore!” La comitiva, a questo punto, avvertendo con una certa amarezza di essere stata burlata non ad opera dell’uomo ma di un elemento cieco come il vento, fu costretta a ritornare in paese con le pive nel sacco”. Da allora in poi in paese si raccomanda spesso a chi va: “Stai attento agli scherzi del vento!”. 6 7 P. Doroteo Forte, Rignano Garganico, Foggia, 1984, p.19. A.Miscio-A.Gentile, Una Vita secondo il cuore di Don Bosco / Don Angelo Gentile/la persona e il formatore, Torino, Elledici, 2009, p.25 8 Armatevi di accette e roncole, correte correte: a Centopozzi c’è il Dragone nel bosco! 37 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Il talento del padre Ora ha più di sessant’anni la grande Croce di ferro che campeggia in bella vista a Rignano Garganico su una balza della balconata Ovest, luogo non dissimile dall’evangelico Golgota e per posizione e per scenografia naturale. La Croce misura circa cinque metri in altezza, compreso il piedistallo. Due metri e mezzo è la larghezza dei bracci. Questo segno di Cristo lavorato a mano si presenta all’occhio del visitatore in tutta la sua semplicità ed essenzialità, moderatamente slanciato e funzionale. Ad ulteriore testimo-nianza del supplizio subìto dal Figlio di Dio, sono presenti sul principale segno due lunghe lance incrociate. Le punte sono arrotondate per ovvi motivi precauzionali, di sicurezza specie per i ragazzi che qui da noi, nei mesi caldi, utilizzano per i loro giochi ogni cosa in cui s’imbattono. Sulla lapide marmorea posta alla base della croce è scritto su più righe: “ Il Redentore e il Popolo di Rignano in ricordo della Missione dei PP. Passionisti. 16 novembre 1951”. Il nome dell’artefice, inciso con scalpello e martello, è riportato sul corpo del ferro: Matteo Cella, padre di 38 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Leonardo. Chi è l’artifex e perché lo fa? Matteo Cella (1902 – 1986) è il classico artigiano tuttofare, all’avanguardia per quei tempi. Sa lavorare gli oggetti più svariati in ferro, rame, ottone, stagno, alluminio ecc. Riesce qualche volta a costruirne anche alcuni attrezzi ex-novo. E questo si deve al suo antico mestiere di tornitore e fresatore! Infatti, è da giovane che Matteo scopre la meccanica, sia fissa sia mobile. Appena ventunenne, stufo della vita grama e noiosa di paese, non volendo fare la fine di tanti suoi coetanei destinati a stare al soldo del padrone oppure a fare il contadino o l’allevatore, scappa da casa e con mezzi di fortuna raggiunge San Severo. Stanco e affamato, si presenta alle officine dei Vernola. Viene accolto dal principale dapprima con titubanza, ma subito dopo con simpatia, accattivato dallo sguardo pulito del giovane. E’ l’ora della chiusura. Lo porta con sé a casa e lo fa rifocillare. Il fuggiasco viene subito assunto e messo in officina come apprendista. Passano mesi, anni… e Matteo impara ogni cosa, tanto da diventare uno specialista perfetto sia al tornio, sia alla fresa e alla rettifica. Nel tempo, sarà capoofficina e uomo di fiducia del titolare. Quest’ultimo gli vuole bene, come d’altronde il resto della famiglia. Lo invogliano a prendere il patentino di conduttore di caldaie a vapore. Matteo studia e consegue in quel di Bari il diploma, unitamente al suo coetaneo Saverio Gisolfi (1911 – 2000). Sa- 39 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano ranno i primi “trattoristi” patentati della zona ad attivare le trebbie a vapore negli anni a venire. Il primo sarà impegnato di solito nelle campagne di Rignano. Più tardi, opereranno altri macchinisti, con o senza patente, come i Pizzichetti e i Parracino che agiranno con macchine proprie. Nei primi mesi del 1931 Matteo, all’improvviso, lascia i Vernola e torna a Rignano. Qui lo aspetta la sua diletta Eugenia Limosani (1906-1974), che sposerà qualche tempo dopo. Vanno ad abitare in Via Croce, al numero civico 15, un alloggio composto di un ampio vano tramezzato: di là la stanza da letto, di qua la cucina con ripostiglio e camino. Qui nasceranno i figli: Leonardo, futuro salesiano (1932), Vincenzo (1936), Maria Anna (1940) e Maria Cristina (1943). Resteranno in questa casa sino agli anni ’60, quando si trasferiranno all’abitazione più comoda e ampia di Via Marconi, costruita ex-novo. 40 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio La trebbiatrice a vapore A differenza di oggi, dove tutto passa inosservato per via della velocità e perfezione della mietitrebbia, a quei tempi la trebbiatura con macchina suscitava l’attenzione della gente. Al principiar dell’estate, il classico battito del trattore a testa calda si avvertiva da lontano. Procedeva lentamente trainando una lunga carovana composta di trebbia, scala, scaletta e carretto dei lubrificanti. Giunti al luogo ove il marchingegno era atteso, lo si sistemava nell’aia già predisposta per la trebbiatura ed occupata in gran parte da grandi cumuli di covoni (a forma squadrata) sistemati a spiovente. Piazzate le macchine, un gran numero di operai (da 15 a 30) era pronto ad svolgere il proprio lavoro richiamato dal suono penetrante della sirena. L’intenso segnale acustico, udibile a grande distanza, richiamava anche una certa quantità di curiosi. S’incominciava a trebbiare alle ore piccole. Per parecchio tempo si udiva in lontananza il battito frenetico del trattore e il rombo cupo della trebbiatrice. Anche il polverone che la mac- 41 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano china sollevava s’intravedeva a grande distanza. Esternamente la trebbiatrice si presentava come una grande cassa di legno, montata su un carro a quattro ruote della lunghezza di circa sei o sette metri, che si faceva notare per il suo brillante colore arancione. Ai suoi lati sporgevano degli assi sui quali erano montate le pulegge. Il tutto era collegato ed attivato dal congegno a vapore. Da una passerella la macchina ingoiava ad uno ad uno i covoni; mentre da una uscita posteriore veniva fuori la paglia, lestamente raccolta e trascinata con la “marinara” (tavola trainata da un asino o mulo) da un vispo ragazzo. Dalle restanti bocche fuoruscivano la pula e il prezioso seme di grano, che veniva accolto da capienti recipienti e subito trasportato ai cumuli dei rispettivi proprietari o ai fittavoli. Il grano, quindi, era messo nei sacchi di iuta e pesato alla vicina bascula, opportunamente livellata e tarata con il marco o romano. In mancanza di questo strumento si ricorreva, come nei tempi antichi, a particolari recipienti di capacità in legno, detti in dialetto “mezzette” (Mezzette = 48 chilogrammi) e “stuppiddi” (cinque chilogrammi). Si procedeva alla divisione del raccolto tra proprietari del terreno e mezzadri e al saldo delle spettanze prestabilite, di solito pagate in natura e com-mensurate per antica tradizione alla quantità di seme impiegato (due o più quintali a ettaro, secondo l’annata). Era il fattore o altro incaricato a registrare intaccando con il classico coltello a serramanico un bastoncino di legno o di ferula. 42 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Ogni segno stava per un quintale. Tale usanza era praticata in quasi tutte le masserie, anche per la conta di altri generi di merce, compreso il vino (un’intacca per litro). Infine, il grano era depositato dai padroni in asciutti e grandi silos, per poi essere venduto in tempi maggiormente favorevoli; mentre quello dei mezzadri e fittavoli erano trasportato in paese per essere in parte venduto al fine di far fronte alle spese sostenute, in parte ridotto in farina e riservato alla famiglia (quasi sempre numerosa) per il quotidiano fabbisogno. A settembre si completava l’opera liberando il grano dalle impurità frammiste, in particolare dai neri semi di veccia allora molto diffusa. Tale operazione si faceva a mano, con i bucherellati “farnàre”, quando l’entità del grano da selezionare era modesta; con gli “svecciatoi” quando il raccolto proveniva da grandi estensioni di terreno. Questi ultimi erano macchine costituite essenzialmente da cilindri metallici forati che, messi in rotazione con una manovella, riuscivano a ben selezionare i semi. Un abbondante pranzo, di cui spesso era involontaria protagonista la pecora (in altri casi il pollame), era servito sotto un’ampia tettoia o all’aperto alla fine della giornata di trebbiatura. Partecipavano al banchetto tutti quelli che avevano collaborato ai lavori. Attenzione particolare era riservata al macchinista e ai suoi aiutanti. S’iniziava con una minestra di pasta all’uovo in brodo o pastasciutta al sugo di carne. Seguiva lo spezzatino in umido con 43 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano le patate e le verdure dell’orto. Il tutto viene abbondantemente annaffiato con vino locale. Seguivano i dolci fatti in casa, spesso taralli e, raramente, “pastarelle”. Si chiudeva la giornata col canto di motivi popolari accom-pagnato dalla chitarra, dalla fisarmonica o da altro strumento musicale a seconda di quanto passava il convento. Il resto della popolazione rignanese, formata in massima parte da braccianti agricoli e da pastori, a quei tempi viveva in estrema indigenza. La situazione si fece nera durante la guerra. Il lavoro degli uomini, quasi tutti partiti, lo facevano le donne. I viveri erano razionati. Ai negozi di generi alimentari si andava con la tessera. Matteo, temendo di essere chiamato alle armi, vendette a malincuore la trebbiatrice. Si arrangiava in paese con altri lavori. 44 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Trebbiatrice a vapore, anni ’30 -’40 (schizzo) Rignano Garganico, trebbiatura, fine anni ’40 45 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Chiamata alle armi e congedo Nella primavera del 1943 la maledetta temuta “chiamata” giunse puntualmente anche per lui e fu costretto a partire. Non fece in tempo a raggiungere la destinazione che venne congedato per carico familiare. Nel frattempo era nata Cristina, la sua quarta figlia. A settembre ci fu l’armistizio. Passati i tedeschi in fuga, arrivarono in paese gli americani che vi resteranno sino alla primavera del 1945. I reduci tornarono man mano a casa, tranne i morti. Insomma, la guerra era finita ma non la fame, che diventava generale e persistente nonostante il Piano Marshall. Chi aveva un piccolo fondo in montagna era veramente fortunato perché, anche se con sacrifici e sudore, riusciva a produrre il bastevole per la famiglia. Chi aveva niente, neppure un lavoro, andava a spigolare il grano o a raccogliere le olive che si perdevano nella terra dopo il raccolto, sempre quando i padroni e i guardiani lo permettevano. Nelle campagne si riversavano un po’ tutti, a prescindere dall’età e dal sesso: erano anziani dalla schiena ricurva e robusti uomini, donne giovani e 46 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio meno giovani, ragazzi e fanciulli di tenera età. I settori dell’artigianato e del commercio languivano: il primo campava alla giornata con lavori di manutenzione spicciola; l’altro era remunerato a credito, in mancanza di circolazione di denaro. La qualità della vita era pessima. Ogni famiglia viveva assiepata in una sola stanza del centro storico. Nei primi tempi Matteo provò a riavere la sua trebbia. Andò a Foggia e la ritrovò trivellata da proiettili e scheggiata dalle bombe, insomma inservibile. Assieme alla famiglia si trasferì a San Severo, dove riprese ad esercitare l’antico mestiere presso i Vernola. Vi resterà solamente per qualche anno; dopo di che rientrerà in paese e si stabilirà nella vecchia casa. Si accontenta di lavorare a tempo determinato presso la masseria dei Serrilli, confinante con la tenuta dei marchesi Cappelli, a Mezzanagrande, alternando il mestiere di meccanico e conduttore di trebbiatrice a vapore ad altri lavori. D’inverno esercita il mestiere di armaiolo, appreso sempre in quel di San Severo: rettifica le canne dei fucili, fabbrica i proiettili, dosa la polvere da sparo nelle cartucce, ecc. E’ il punto di riferimento per quanti hanno a che fare con le armi a scopo di caccia, di 'guardianìa' e/o di altro. La vita sociale in paese, sia prima sia dopo la guerra, si svolgeva (specie durante l’estate) nella strada. E qui che ci s’informava e si sapeva di tutto; è qui che si conoscevano le ragazze sedute davanti agli usci di casa assieme ai famigliari. Una volta adocchiata la prescelta, si mandava l’ambasciata, tramite per- 47 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano sona fidata a lei vicina. Spesso si palesavano le amorose intenzioni anche per lettera. Se la risposta era positiva, s’informavano le rispettive famiglie. Seguivano, poi, gli approcci quotidiani a base di conversazioni. Ci si limitava anche a qualche stretta di mano, davanti all’uscio di casa, a brevi frasi scambiate a distanza con la “bella alla finestra”. Tale tipo di fidanzamento durava diversi anni. Il passeggio era consentito soltanto se la giovane era accompagnata da un famigliare. Fatto il “parentado” e stabilita la “dote”, si passava dapprima alla promessa di fidanzamento ufficiale e poi al matrimonio. In questo ed in altri importanti eventi della famiglia veniva coinvolto immancabilmente lo “stradario”, cioè tutti gli abitanti delle due strade dove avevano domicilio i futuri sposi. La partecipazione allargata era rituale sacro perché al tempo tutti quelli del vicinato si volevano bene e si rispettavano. A quei tempi mancavano del tutto i luoghi di pubblico intrattenimento o ritrovo. C’erano le cantine frequentate esclusivamente dai maschi. Restano nei ricordi quelle di Domenico Monetti, detto “Mu - mu”; di Graziella Iannacci, detta la “Cantinére”; dei Parracino9, alias “Lu monache”; di Vincenzo Danza, detto “Cazzaridde”. La chiesa era un punto di riferimento per tutti, sia come polo religioso sia come centro di aggregazione sociale. L’attaccamento atavico al campanile era di tutte le famiglie. Ci si andava a tutte le ore della giornata a seguire le funzioni religiose, le iniziative dell’Azione Cattolica e nei momenti di estremo biso- 48 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio gno. Coordinava il tutto uno staff di sacerdoti di prim’ordine, capeggiata dall’arciprete mons. Giovanni Draisci, in cattedra sin dall’inizio del secolo scorso. I collaboratori erano: don Giovanni Draisci, omonimo del cugino arciprete; don Nicolino Martelli e don Matteo Lambriola rispet-tivamente incaricati della gestione delle cappelle del Purgatorio, di San Rocco e del Carmine. I primi due si sostenevano con fondi provenienti dalle offerte o dalle ripetizioni scolastiche. L’ultimo era del tutto autosufficiente perché docente di ruolo alle scuole elementari. Sono loro, con l’insegnamento dei principi e valori cristiani, ad illuminare il cammino della vita e ad infondere in ognuno la speranza per un futuro migliore. E’ per questo che la comunità mai ha disperato ed è andata avanti superando ogni contrarietà, comprese quelle della povertà e della fame. 9 Don Mario Parracino (classe 1932), appartiene a questa famiglia. Salesiano dal settembre 1943, sacerdote nel 1960, Laureato in Fisolofia e Psicologia, dopo aver diretto l’Istituto salesiano del Vomero (Napoli), è responsabile Cnos - Fap dell’Ispettoria Meridionale. Torna in Puglia ed consigliere scolastico a Taranto. Poi stabilisce fissa dimora al Redentore di Bari. Qui insegna e fornisce consulenze di psicoterapia in diversi Istituti salesiani e non. Attualmente è in pensione. 49 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano La religiosità dei Cella Il bisogno di religiosità è un sentimento ben saldo e radicato in ogni famiglia. Lo è soprattutto in quelle che hanno un componente sacerdote, seminarista o collegiale che sia. E’ il caso di Matteo Cella, il cui figlio Leonardo segue le orme di don Bosco. Sarà consacrato sacerdote nel 1960. In seguito soggiornerà per moltissimi anni come missionario in Madagascar. Parecchi lustri dopo, il suo esempio sarà seguito da don Gino10, figlio del cugino Arcangelo La famiglia Cella, in quegli anni, è una di quelle legate a doppio e stretto filo alla religione. Così, facilmente si spiega perché il capofamiglia Matteo, non appena ebbe la proposta di realizzare la Croce, accettò con piacere ed orgoglio l’incarico. C’è da aggiungere che accetta il compito anche per via di una disgrazia capitata in famiglia tre anni prima. Secondo il racconto del figlio Vincenzo, eccellente idraulico ed ottimo conduttore di caldaie di vario tipo, l’idea della Croce nasce nel 1950, Anno proclamato Santo da Pio XII con l’intento di rappacificare gli animi e dare speranza e serenità 50 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio all’umanità appena uscita da una guerra disastrosa e tragica. In Italia e nel mondo cristiano c’è un fermento religioso straordinario. Tutti vogliono essere Romei, cioè andare in pellegrinaggio nella Città Eterna al fine di ringraziare il Signore per lo scampato pericolo della guerra e, nel frattempo, chiedere l’indulgenza per i peccati commessi. Tanto vale anche per Rignano e i Rignanesi! 10 Don Gino Cella (classe 1963), laureato in Psicologia, è ordinato sacer- dote il 3 agosto 1991 nella chiesa matrice di Rignano. A consacrarlo è il Servo di Dio don Tonino Bello, allora vescovo di Molfetta e prossimo beato. Lo aveva conosciuto tempo prima a Roma e ne era rimasto affascinato. Ora, don Gino dirige l’Opera Sacro Cuore di Foggia. 51 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano La missione dei Passionisti Non potendo organizzare un’adeguata e nutrita spedizione di pellegrini e devoti nella Capitale perché il viaggio aveva un certo costo, l’arciprete Draisci11 invitò i Padri Passionisti a tenere una serie di predicazioni in paese al fine di liberare, almeno per un po’, la comunità dagli affanni quotidiani ed elevare i popolani ad una più alta spiritualità. “Zio Arciprete” ci teneva soprattutto a lasciare un indelebile ricordo dell’Anno Santo nella mente dei suoi compaesani. Così, nel mese di ottobre, giunsero in paese P. Roberto, P. Giambattista e P. Edoardo. Furono accolti a Porta Grande con grande giubilo e tanta curiosità dall’intera popolazione, anche da quelli che in chiesa non ci andavamo mai se non in particolari occasioni (battesimo, cresima, matrimonio e funerali). I seguaci di San Paolo della Croce possiedono carisma e grande esperienza pastorale. Come la matrona romana Cornelia, hanno l’abitudine di esporre i propri gioielli, cioè parlano in primis della bontà della loro Congregazione sorta per “insegnare alle persone come pregare”. Fanno tutto questo attraver- 52 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio so i Ritiri e le Missioni. A fondamento della loro vita e del loro apostolato c’è la Passione di Gesù: fu il Fondatore ad indicare questo rimedio per vincere i mali che attanagliano l’uomo. Sono soliti ripetere “la Passione di Gesù è la più grande e stupenda opera dell’amore divino”. L’esatta denominazione assegnata dalla Chiesa all’Ordine è “Congregazione della Passione di Gesù Cristo”, ma tutti abitualmente li chiamano “Passionisti”. I seguaci di S. Paolo vestono di nero stretto in vita da una larga cintura di pelle. Si fa notare sul petto uno stemma a forma di cuore su cui spiccano in bianco le parole: JESU XPI PASSIO (Passione di Gesù Cristo). Fanno vita comunitaria in Case che il Fondatore chiama “Ritiri”, tutte ubicate (allora come oggi) in siti isolati per facilitare il raccoglimento e la meditazione. Il primo convento sorse nel 1737, sul Monte Argentario, col nome di “ritiro della Presentazione”. Da allora la Congregazione ha un'espansione che non conosce arresto. Prima in Italia, poi in Europa e quindi nel resto del mondo, l’Istituto dei Passionisti è presente in ben 54 nazioni: oggi conta 27 Province e 20 Vicariati, per un totale di 2300 religiosi distribuiti in 393 conventi. La Regola di S. Paolo della Croce affascina e conquista il cuore di decine di giovani. Tra le sue file vi sono Santi particolarmente amati dal popolo. Oltre al Fondatore, vanno ricordati San Gabriele dell’Addolorata, Santa Gemma Galgani, Sant’Innocenzo dell’Immacolata, San Domenico Barberi ed infine Santa Maria Goretti il cui corpo e le reliquie sono custodite e venerate nel santuario di Nostra Si- 53 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano gnora delle Grazie a Nettuno. La cerimonia di santificazione della giovane donna accade il 24 giugno 1950 a piazza San Pietro nella Città del Vaticano e il giorno di commemorazione istituito è il 6 luglio, anniversario della morte della contadinella. A motivarne la canonizzazione, a parte la resistenza opposta al tentativo di stupro e il conseguente perdono concesso al suo assalitore, sarebbe il proposito fatto a 11 anni (al momento di ricevere la prima Comunione) di voler piuttosto morire che commettere peccati. La storia della Santa, raccontata dai Passionisti, appassionò e commosse l’uditorio perché la sentiva come una di loro, cioè figlia del mondo contadino. Qualche anno dopo -ricorda Vincenzo- fu proiettato in piazza Gargano il film sulla Santa dal titolo “Cielo sulla palude”, lavoro del regista Augusto Gemma diffuso nel 1949. La gente ne restò rapita e si commosse fino alle lacrime. Seguì un mese di predicazioni, nel corso del quale furono lette e commentate, una dopo l’altra, tutte le pagine del Vangelo. I Passionisti si soffermavano in particolar modo sulla Via Crucis e sulla Crocifissione. Il loro non era un discorso ex-cattedra, ma un racconto “terra terra”che suscitava l’attenzione e riempiva il cuore, grazie anche all’uso calibrato del metodo dell’animazione e drammatizzazione. Di solito celebravano la S. Messa alle cinque del mattino e/o in prima serata. Tanto facevano perché potessero partecipare alle cerimonie religiose anche i lavoratori e i braccianti impegnati ai piedi della collina 54 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio e nella piana sottostante. Tra questi c’è anche Vincenzo che in quel periodo si recava a raccogliere le olive perse assieme ai compagni. Dopo aver assistito alla funzione, il gruppo si dirigeva verso Capelumonte. Ognuno, facendosi luce con un tizzone ardente, scendeva a capofitto lungo la mulattiera detta “Scala di Sant’Anna” o lungo quella di “Ficuccio”. La prima stradella era la più ripida e ti portava in un baleno alla sottostante contrada “Don Biase”. L’altra, meno ripida e più lunga, arrivava alla Lama e a Pescorosso. Dette località si trovano tutte sul primo gradone del versante occidentale della montagna. Una volta sul posto, la comitiva si metteva a cercare olive nelle zone da poco abbandonate dai raccoglitori ufficiali mandati dal padrone. A una ad una cercavano i neri frutti tra i cespugli, i rovi, le pietraie. Non sempre si era fortunati! Qualche volta, dopo aver girato per ore e ore macinando chilometri di strada, riuscivano a malapena a mettere nel tascapane qualche chilo del prezioso frutto. A mezzogiorno si mangiava un “boccone”. Ed era davvero tale!| Infatti tutto si esauriva in un tozzo di pane raffermo, insaporito da qualche pomodoro “vernije” o da un pezzo di cipolla, oppure da poche olive appena raccolte ed arrostite sul posto. All’imbrunire si tornava a casa risalendo a fatica la ripida mulattiera. La salita finiva di sfibrare le membra già stanche. Non per niente il nome “Scala di Sant’Anna” dato alla mulattiera è diventato nell’immaginario collettivo e nel voca- 55 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano bolario popolare sinonimo di grande impresa, di lavoro che contempla eccessivo logorio. 11 Giovanni Draisci (1890 – 1978). Prete d’intelligenza superiore e col- to, segnò per circa sessant’anni la vita religiosa e pubblica di Rignano, dapprima come collaboratore del suo predecessore don Elia Lecce, e poi come parroco. Rivestì i titoli di: arciprete, canonico - consultore della Curia sipontina e cameriere segreto del Papa. Provvide al completamento del nuovo Cimitero (inizio ‘900), al radicale restauro della Chiesa di San Rocco (anni 20) e all’abbellimento della Chiesa Matrice (anni ’30), con i preziosi affreschi del pittore milanese, Natale Penati. 56 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio La Croce La simpatia che effondevano i nuovi venuti era prorompente e prendeva tutti, compresi i comunisti che (nonostante non seguissero le prediche dei Passionisti) li ammiravano e li rispettavano. Ogni famiglia li voleva in casa come ospiti d’onore, a pranzo o a cena, soprattutto per ricevere consigli. Anche la famiglia Cella rientrava in questo novero. Veramente da loro i Passionisti si recavano con più frequenza, forse per l’accoglienza e il calore che si avvertiva nella loro casa di campagna prossima al paese. Oltre al primogenito Giuseppe (1887 –1947) perso a causa di un incidente provocato da una errata manovra col camion, ai genitori di Matteo non mancava altro. Avevano il loro orto e un pezzo di terreno seminativo, con alberi da frutta di vario tipo. Allevavano qualche ovino e, soprattutto, decine e decine di pennuti da cortile. Non mancava un alveare per la produzione del miele. Qui c’era il deposito-officina di Matteo ed in un altro locale adiacente operava perfino un piccolo mulino a manovella per la macinatura del quantitativo di grano bastevole per la famiglia e gli amici più stretti. 57 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Anche il fratello di Matteo e la sua famiglia, prima della disgrazia, vivevano la loro stagione innovatrice grazie al figlio Arcangelo (classe1923), reduce da servizio militare di lungo corso. Siccome aveva la patente di guida, acquistarono un camion (il primo presente in paese) impiegato per il trasporto di merci per conto terzi, ma soprattutto per conto proprio. Gestivano, infatti, un genere alimentare con annessa macelleria sempre da rifornire di carne ed un modesto cinema che proiettava pellicole noleggiate a Foggia, da Cicolella. Il mezzo serviva per raggiungere il capoluogo! Il locale per le proiezioni, attivo sin dai primi mesi del 1946, era un capannone con copertura di lamiera ad arco a tutto sesto. Era allocato in piazza San Rocco ed era stato realizzato qualche tempo prima con materiale riveniente da un ex-campo americano in prossimità dell’aeroporto di Amendola. La tragedia patita sembrava offuscata quasi dopo un anno. Superato il lutto, il calore e la simpatia tornarono di nuovo a risplendere nella casa-madre dei Cella, rappresentata da Leonardo e Mariannina, dalla figlia nubile Elisa che badava a tutti e a tutto. Accolsero con grande gioia i Passionisti. Partecipò al pranzo l’intera famiglia, compresi Matteo e i suoi. Nel corso della conversazione, si parlò della Croce di ferro da realizzare sia in segno di devozione al Redentore che per ricordare la venuta dei suoi annunciatori, i Passionisti. Matteo si fa avanti. Ci penserà lui a compiere l’impresa. Non ritenendosi un vero artista, è sicuro che sarà il Cielo a guidare la sua mano soprat- 58 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio tutto grazie alle preghiere d’intercessione elevate dal figlio Leonardo, seguace attivo di don Bosco. Il materiale principale c’è già in magazzino: si tratta di due “lame” (spranghe di ferro), donate da Nicola Gentile che in quel periodo si stava riadattando la casa in via Firenze, e lunghe quattro metri, abitualmente utilizzate per sostenere le volte di mattoni. Arriva l’inverno e Matteo, come tutti gli altri, smette di lavorare e torna in paese. Il suo primo pensiero è la Croce. Così si mette subito all’opera, facendosi aiutare dal figlio Vincenzo e da Leonardo quando per brevi vacanze fa ritorno al paese. Per segare a misura le due spranghe (rispettivamente per il palo e per i bracci) vanno via giorni e giorni di lavoro. Passano altre settimane ancora per fare i buchi utilizzando esclusivamente martello e punteruolo. Fissano le due parti con grossi chiodi di ferro, ma la Croce non è ancora fatta. Bisogna limare ogni parte ed ogni angolo. Arriva Natale e si è ancora a lavoro abbozzato. Mancano le lance e manca soprattutto il ferro adatto all’uopo. Un giorno Matteo si mette in viaggio a cavallo alla ricerca dei due ferri. Raggiunta la pianura, passa in rassegna tutte le masserie da lui frequentate, ma invano. Stanco e disperato, pensa di ritornare a casa. Finalmente in fondo ad uno “staddone” (grande stalla per quadrupedi) scopre in un angolo un vecchio cancello ormai in disuso. Con il permesso del padrone, lo scardina e preleva le due aste che si presentano già provviste di punte a freccia. Passano altri giorni e forse mesi. Si è nel cuore dell’inverno 59 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano e fa tanto freddo nel magazzino adattato per il momento a laboratorio. Finalmente un giorno s’intravede il sole. L’aria, anche se rigida, non è funestata dalla neve o dalla tempesta. Allora, padre e figlio decidono di ritornare al lavoro. Con la lima mettono a nuovo le due aste, attutiscono le punte e le fissano incrociate al palo e ai bracci della Croce. Ma non è finita! Manca la firma e la data. Non sanno come farle perché i due Cella non hanno l’esperienza di un fabbro o di un incisore. Alla fine l’artefice decide di provarci. Dopo aver scelto il campo (parte bassa del corpo) e dopo aver tracciato a stampatello tutti i dati, affila lo scalpello alla “mola” e a colpi di martello riesce piano piano ad incidere sul ferro la prima linea di una lettera. E’ fatta! A primavera, il lavoro è finito. Viene incaricato l’arciprete per la scelta del luogo e del giorno dell’inaugurazione. Il luogo indicato per la posa è Capelumonte; la data è il 16 novembre, giorno della partenza dei Missionari avvenuta un anno prima. Si prepara, intanto, il piedistallo, con l’aiuto di volenterosi muratori, e la lapide commemorativa. Si issa la Croce. Finalmente arriva il grande giorno della Santa Benedizione e del ringraziamento. Una lunghissima teorìa di persone (in pratica quasi tutta la comunità praticante), dopo aver lasciato la chiesa ed attraversato le vie principali del paese intonando canti e preghiere religiose, raggiunge il posto in breve tempo. A precederla c’è l’arciprete Draisci con gli altri sacerdoti; le massime autorità civili, capeggiate dal sindaco Pasquale Ricci con la fascia tricolore; i vigili urbani ed il Comandante della Sta- 60 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio zione dei Carabinieri in grande uniforme. Alla benedizione ed alle preghiere seguono scroscianti applausi uditi perfino dai battitori e dalle raccoglitrici di olive impegnati lungo il versante meridionale della montagna e alle pendici. Questi ultimi provano in cuor loro un po’ di sconforto per non aver potuto partecipare allo storico evento. In quegli anni cresce e si diffonde il fervore religioso anche tra i ragazzi e, sull’esempio di don Cella e di don Parracino prima e di don Antonio Gentile e don Giovanni Soccio12, alcuni anni dopo, intraprendono la medesima strada salesiana i futuri “Don” Michele Gentile e Peppino Resta13. Corre l’anno 1951. 12 Don Giovanni Soccio (classe 1938), salesiano a 11 anni, sacerdote nel 1965. Laureato in Scienze Naturali ha insegnato materie scientifiche presso le scuole salesiane di Cagliari, Genzano e Roma –Cinecittà, dove attualmente dimora. 13 Don Peppino Resta (classe 1940), salesiano dal 1951, sacerdote nel 1968, specializzato in Teologia Ecumenica (con Professori Cattolici, Ortodossi e Protestanti) ha diretto diversi Istituti e parrocchie (Portici, Lecce, Soverato, Molfetta, Vibo Valenza, Brindisi). Da alcuni mesi è Parroco a Taranto. 61 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Rignano G. - La Croce,ricordo dei Passionisti, 1951 62 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio La grande statua di San Pio La zona “Capelumonte”, negli ultimi decenni, ha perso l’originaria denominazione. Ora è detta “La Croce”. Il luogo è destinato ad ospitare anche la grande statua di Padre Pio in base a quanto deciso negli ultimi tempi dalla Giunta Municipale su sollecitazione del Comitato Promotore presieduto da Padre Antonio Eugenio Resta (o.f.m.), cugino di Don Leonardo. Il monumento, alla pari delle altre opere volute per il Frate dalle stimmate, dovrebbe essere una delle più grandi realizzazioni che celebrano il Santo di Pietrelcina. Si parla di oltre 60 metri d’altezza. Il luogo prescelto, come accennato, oltre ad essere benedetto da Dio per la presenza della Santa Croce, ha una posizione aerea dominante sull’intero Tavoliere. Da qui si gode la visione di un panorama raro e suggestivo: la pianura variopinta, le colline brune del Sub Appennino, l’Adriatico luminoso, la cima nevosa della Maiella e così via. Se così sarà, l’uno e l’altro monumento potranno essere visti da ogni angolo della Capitanata, e non solo. C’è di più: il 63 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano poggio con la Croce tornerà a svolgere la sua antica funzione di “ a monte guardie Riniani”, come si legge in un documento del 102914. Non può essere che questo –termina con accenti commossi il nostro interlocutore – il luogo più adatto per la statua in onore del Cappuccino diventato Santo in virtù dei segni che richiamano il patimento del Cristo”. Rignano G. – La Croce, luogo dove potrebbe sorgere la grande statua di Padre Pio 14 64 P. Doroteo Forte, Rignano Garganico, Foggia, 1984, p. 13. Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio I meloni “vernije” 15 Aah! Aah! E la giumenta sollecitata da Tatonno, il nonno, imbocca la mulattiera di Capolumonte. Il viottolo scende a zig zag rendendo più agevole il percorso attraverso la ripida e scoscesa “lama” (vallone) fino alla piana. La campagna sottostante si legge come un cielo aperto e le masserie le si riconoscono una dopo l’altra. In groppa, seduti a cavalcioni sul solido ed ampio basto, vi sono due fratellini. Davanti c’è Vincenzo di appena quattro anni e passa; dietro Leonardo di età quasi doppia. Il minore indossa una camicetta a mezze-maniche e un calzoncino corto di tela grezza, sorretto da bretelle, con tanto di spacco davanti e di dietro. Più morigerato l’abbigliamento del fratello maggiore: pantalone lungo poco sotto il ginocchio ma senza spacco, camicetta con maniche lunghe arrotolate per l’occasione. Entrambi, per ripararsi dal sole, hanno ridotto a berrettini i tipici fazzolettoni a quadri annodandoli alle quattro punte. Il nonno, prima di lasciarli partire, fa la sua ultima raccomandazione: “Tenete le briglie strette, altrimenti Sisina (tale 65 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano nome era stato dato all’animale) se ne va per conto suo e vi butta giù!” Quindi, dopo aver salutato i nipoti, si allontana per far ritorno alla sua casa campestre sita ad un centinaio di metri oltre la prima periferia del paese. I ragazzi erano felici e contenti come non mai di fare il viaggio da soli per la prima volta e, addirittura, su un cavallo alla diretta loro dipendenza. La bestia, avvertendo istintivamente di aver sopra un carico leggero e brioso, procedeva lento lungo la mulattiera, acciottolo che tagliava a spirale il ripido versante. Sulla destra si stagliavano con le loro variegate guglie le Murge di Primaiula; a sinistra, civettuola, sprofondava l’ombrosa Lama, ostentando, orgogliosa. querce, lecci, ed altre piante tipiche della macchia mediterranea. Di fronte, fino alla pianura, s’intravedono le cosiddette “mattine” coperte a tutto campo da contorti ulivi secolari. Dopo mezz’ora e più Sisina, la cavalla, ha percorso l’intera mulattiera e calca la Pedegarganica. Attraversato il ponte sul Candelaro, si abborda una carrabile polverosa per alcuni metri. Quindi i due fratelli, utilizzando le briglie, indirizzano l’animale versa la baracca di legno che s’erge a bordo del campo dei meloni “vernije”. Sulla soglia si fa trovare tata Matteo, che accoglie i suoi ragazzi con un sospiro di sollievo. Dopo una parca colazione a base di tozzi di pane e lunghe sorsate di acqua molle (quella dei pozzi artesiani), li fa riposare per qualche ora all’interno. Alle dieci in punta il carico di meloni “vernije” è già pronto. E’ stato distribuito, quindici per parte, negli ampi canestri an- 66 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio corati a mo’ di bisaccia alla parte anteriore del basto. I ragazzi, dopo aver riabbracciato il padre, si accingono a fare il tragitto di ritorno verso Rignano. Appena cominciato il percorso in salita, l’animale arranca un po’, Leonardo prontamente scende dal quadrupede e, afferrate le briglie, lo guida per tutto il sentiero fino alla cima del monte. Poi, scaricano il carico di meloni alla casa di nonno Leonardo. Alle quindici di pomeriggio si riparte di nuovo per il secondo viaggio che si conclude al tramonto. La gravosa incombenza si ripete per due volte alla settimana durante l’intero mese di settembre. Ma perché tanti meloni? Alcuni servono alla famiglia come frutta nei mesi invernali. Fino allora restano in bella vista (gialli come i caciocavalli) appesi alla verga. robusta asta di legno che pende in senso orizzontale dalla volta di ogni casa, Quasi sempre è stracarica di ogni ben di dio, soprattutto di prodotti caseari e di salumi. Il restante dei meloni viene regalato ai signori, proprietari o professionisti che siano, e tanto per ingraziarsi il loro favore. Non si sa mai! In caso di bisogno … Durante questo “viavai” accade un episodio che per poco non si trasforma in tragedia. Un pomeriggio, arrivati alla baracca, i due fratellini non trovano il padre. Forse ha dimenticato l’appuntamento o forse è impegnato ad aggiustare la trebbia alla masseria dei Serrilli! Aspettano ore ed ore, ma il genitore non si fa vivo. Arriva la sera e i due fratelli hanno fame. Mangiano un me- 67 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano lone e bevono l’acqua del barilotto. Si fa notte fonda. Vincenzo ha sonno e comincia a piangere. Leonardo, avvertendo la responsabilità perché fratello mag-giore, lo abbraccia e lo trascina verso una tinozza posta in mezzo a tante cianfrusaglie in un angolo dell’angusto ricovero. Vi entrano entrambi e, ricoprono il recipiente con un sacco di iuta. Si addormentano. All’alba del mattino successivo tata Matteo, accorgendosi della sua imperdonabile distrazione, scende alla campagna. Fuori intravede la giumenta intenta a brucare l’erba secca dello stazzo ed è certo che i ragazzi sono là. Comincia a chiamare ad alta voce, ora l’uno, ora l’altro: “Luna’, Luna’?!…Vicij’, Vicìj’?! Nessuno risponde. Più volte ripete i nomi, ma senza successo. Poi si muove verso il Candelaro e chiama ancora a gran voce i due figli. Non si ode alcun accenno di risposta. Così torna indietro, verso la baracca. I ragazzi, intanto, si sono svegliati spontaneamente e, spintisi fuori dell’uscio, notano il padre ormai stanco e rassegnato al peggio. Gli vanno incontro e lo abbracciano. A proposito della stretta somiglianza tra caciocavalli e meloni “vernije”, in termini di forma e di colore, Vincenzo ricorda un episodio simpatico, appreso dai diretti protagonisti. Si tratta di uno scherzo “da prete” diretto ad un prete, al parroco del tempo. Una sera, il reverendo si reca a visitare una sua anziana e simpatica parrocchiana di nome Rachelina, abitante in un basso del rione San Rocco. Entra in casa e i suoi occhi si appunta- 68 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio no subito sulla verga. Da essa pendono due meloni “vernije”. La donna si accorge dello sguardo curioso e interessato del religioso e dice: “Don …, vuoi un caciocavallo stagionato?” Il prete non si fa pregare più di tanto e risponde affermativamente. Rachele prontamente sfila uno dei due meloni e lo insacca nella borsa dell’arciprete. Il reverendo, esaurite le ordinarie confidenze quotidiane, saluta e torna in canonica soddisfatto per l’appetitoso dono, ottenuto senza aver recitato giaculatorie. Vinto dall’acquolina in bocca, mette subito sul tavolo quanto ricevuto dalla donna. Poi impugna un coltello e lo spacca a metà. Solo allora si accorge che ha tra le mani un melone e non l’agognato formaggio. Rimane dapprima di stucco, ma poi subito si mette a ridere commentando tra sé e sé: “Una donna, per giunta anziana, ha saputo giocare ancora una volta un uomo e per giunta un prete!” Il fatto, riferito dallo stesso sacerdote, diventa noto a tutti. Ancora oggi la parrocchiana e il prete, su in cielo, continuano a sorriderci sopra. 15 Vernije, aggettivo che corrisponde all’italiano “vernini”. 69 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Le calze di bambagia Nel dopoguerra si torna di nuovo a seminare il cotone in Capitanata. E questo a causa delle difficoltà d’importazione e trasformazione del prodotto tessile, meno costoso della lana, che tra l’altro al tempo cominciava a scarseggiare a causa della riduzione dell’ allevamento di ovini dovuta alla permanenza in guerra dei pastori. Ad essere messi a coltura sono soprattutto gli appezzamenti di terreno più umidi come quelli prospicienti ai torrenti, le cosiddette marane. Alla fine del 1946 i Serrilli permettono al loro meccanico e caldaista di fiducia, Matteo Cella, di coltivare il prezioso vegetale su terreni di loro proprietà in Contrada “Cioccatorta”: un paio di ettari circa. Trattandosi di una pianta annuale, ai primi di settembre dell’anno successivo è già possibile raccogliere i fiori dalle capsule già mature. Per l’evento è mobilitata l’intera famiglia. Tra questi, oltre l’immancabile zia Elisa, ci sono Vincenzo e Leonardo. Quest’ultimo sta completando le Medie in quel di San Severo. Si fa la prima raccolta anche con l’aiuto di alcuni confinanti. 70 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio L'operazione consiste nel togliere i fiocchi dalle capsule per deporli in sacchi trascinati dietro fino al completo riempimento. Nel pomeriggio è già tutto finito. Il prodotto è trasportato con i carretti e depositato nei silos dei grossisti. Si ripete il medesimo lavoro ad intervallo, sino alla fine del mese, cioè fino a quando tutti i boccioli si sono aperti. Durante l’ultima raccolta, per risparmiare tempo, si prelevano anche le capsule (scorce). Quanto recuperato è riservato alla famiglia, che bada a sgranellarlo. L’operazione è guidata dalla solita zia Elisa che nei giorni successivi provvede ad affastellare la bambagia. Più in là sarà lei a filarla col fuso e, qualche volta, anche col vecchio arcolaio. Il prodotto finito, cioè il filo, servirà durante l’inverno per confezionare calzini, maglie, sciarpe e perfino utili coperte da letto. A quei tempi, di tanto in tanto, si facevano vedere in paese le tessitrici di San Marco: prelevavano il filato e, nel giro di una settimana, ti consegnavano una ben fatta coperta lavorata al telaio. Per le lenzuola utilizzavano anche le “sfilature”, residui di vecchie e usurate maglie o d’altri indumenti. Poiché in famiglia mancava personale femminile, la zia Elisa pensò bene di istruire alcuni nipoti. Così Vincenzo e Leonardo, dopo tantissime prove e riprove, avevano imparato a far la maglia, quella a liscio. All’inizio, il più attivo sembra Vincenzo che riesce a realizzare il tubolare col suo celere disbrigarsi tra quattro ferri, ma si blocca al calcagno. Dopo averlo fatto e disfatto tante volte, sta 71 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano per mollare definitivamente l’opera tra irripetibili imprecazioni. La zia, allora, gli dice: “Calma e sfila! Proviamo daccapo! Devi assolutamente riuscirci. Vedrai che alla fine ti sentirai contento d’aver realizzato il lavoro completo e mi ringrazierai. Così è la vita!” Il ragazzo, incoraggiato, si rimette al lavoro e, dopo un paio d’ore, riesce a realizzare il tallone del calzino nella sua forma naturale. Il resto è uno scherzo! Ed è allora che Vincenzo lascia i ferri e si butta tra le braccia della zia dicendo: “Grazie! Grazie! Vedi come sono bravo! “ In un angolo c’è Leonardo, da pochi giorni in paese per le vacanze natalizie, che sbircia e si rode, perché anche lui intende imparare quel mestiere. La zia se ne accorge e dice: “Vieni! Tu devi realizzare per tuo comodo una sciarpa, possibilmente lunga, perché ti potrà servire in Istituto. Con essa ti potrai preservare da qualsiasi raffreddore.” Così anche il chierico salesiano impara. Nel giro di una settimana il lavoro è ultimato. Leonardo porterà con sé la sciarpa bianca per il resto della vita e come cimelio della sua creatività e in segno di affettuoso ricordo della terra natìa e dei suoi cari che, come lui, ora non sono più di questo mondo. Nell’indossarla il pensiero del Salesiano vola soprattutto a zia Elisa, la tuttofare di casa Cella. 72 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Gli anni della scuola Leonardo frequenta le cinque classi delle Scuole Elementari dal 1938 al 1942. Fino alla Terza ha come insegnante “donn’Antunètte”. Antonietta Del Priore (1878 – 1947) è la vedova del noto e filantropico podestà Antonio Cappelli, maestro anche lui e poi direttore didattico. Nel corso delle ultime due classi, invece, è sotto l’accorta guida di Angela Padovano (1902 – 1976), moglie di Antonio Martelli, attivo segretario della Democrazia Cristiana negli anni 1960 – 1970. Giovanna Vigilante, compagna di scuola del nostro personaggio, parla con foga e nostalgia di questo periodo. Racconta la donna: “I primi due anni, in classe mista, li abbiamo trascorsi, stipati come sardine, nei locali contigui al vecchio Municipio. L’ingresso era, però, a Vico Giano. Dal 1939 in poi siamo al nuovo edificio di Largo Portagrande. Ricordo bene il giorno dell’inaugurazione avvenuta poco prima dell’inizio dell’anno scolastico. Un avvenimento veramente memorabile. C’erano proprio tutti: le autorità civili, militari e religiose; le alte gerarchie fasciste locali e provinciali; le ma- 73 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano estranze e l’intero popolo in giubilo, gente di ogni rango e di ogni età. E poi … bandiere e stendardi inalberati dai giovanissimi Balilla in divisa, dalle Giovani Italiane e dagli Avanguardisti. Ragazze e ragazzi si sono poi esibiti in marce, giochi ginnici e altri saggi preparati a puntino dai loro insegnanti ed istruttori. Il tutto veniva sottolineato di tanto in tanto dalla tipica battuta di tacchi seguita dal saluto fascista e dalla tiritera “Evviva il Duce, Evviva il re!” Tra questi c’era anche il futuro salesiano, in tenuta da caposquadra Balilla”. “Sin dalla prima classe -continua Giovanna- Leo si rivela un ragazzo d’intelligenza superiore. E’ il più bravo di tutti e assolve con impegno la sua carica di capoclasse. Gli insegnanti dell’intero plesso scolastico lo apprezzano, anche perché ha un carattere piuttosto riservato e portato ad avvantaggiare più le concrete azioni che le parole”. Poi, alla donna torna in mente la divisa che avevano quando, di sabato, “facevano ginnastica” in Largo Portagrande. Bambine e ragazze (chiamate Piccole e Giovani Italiane) indossavano una gonnellina nera di seta, calze bianche con le scarpine di vernice nera, una camicia bianca con una fascia che traversava la spalla con la “M” di Mussolini incastrata dentro, il berrettino di seta nero, i guanti bianchi. “Era una divisa bellissima!”, esclama la nostra interlocutrice. I ragazzi come Leonardo, già figli della Lupa, negli anni successivi si chiamano dapprima Balilla e poi Balilla Moschettieri perché hanno in dotazione un vero e proprio piccolo fucile. In 74 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio età adolescenziale son detti Avanguardisti. “Ricordo – precisa la donna- il luogo di custodia delle armi o armeria. Era il pianterreno di fronte all’antica cantina di “Scia’ Razielle, la cantenére” (Grazia Iannacci), all’imbocco di Via Municipio”. La divisa da Balilla era costituita da un paio di pantaloncini grigio-verde, la classica camicia nera, il fez (un cappellino con delle frange laterali). Avevano un fazzoletto blu passato sotto il collo della camicia e fermato da un grosso medaglione con la testa di Mussolini. Durante gli anni di guerra vige il cosiddetto regime autarchico: tutto il popolo italiano (il rignanese compreso), scarseggiando i prodotti d’impor-tazione, deve essere autosufficiente e quindi in grado di produrre tutto quello che serve, dal vestiario alle cibarie. A tal proposito, riprendendo il discorso, Vincenzo racconta: “Io e mio fratello Leonardo portavano sotto il tacco delle scarpe un ferretto arrotondato come quello che veniva fissato sotto le zampe dell’asino. Un altro ferretto, più piccolo, veniva sistemato alla punta della calzatura (“puntetta”). Quest’ultimo era rivoltato sul davanti cosicché, anche se si sferrava un calcio a un barattolo o ad un sasso, la scarpa non subiva danno perché rinforzata col metallo. Quando i ferretti fissati si consumavano, si sostituivano. Le scarpe venivano utilizzate per andare a scuola e nei giorni di festa. Per il resto del tempo ci si serviva dei cosiddetti “scarponi” che, al posto delle suole, avevano plantari ottenuti sagomando la gomma. Le tomaie, di tela grez- 75 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano za, erano tenute strette al tallone da corregge di gomma e, raramente, di pelle. Qualche volta per non rovinare questo rozzo tipo di calzature che i cafoni usavano abitualmente, si girava in paese scalzi. Lo faceva anche Leonardo. Quand’era in Madagascar, come flashback, spesso gli tornava alla mente la sua infanzia ed i piedi nudi. Favoriva la reminiscenza, il ragazzo malgascio che abitualmente lo accompagnava: al vederlo scalzo gli saliva un groppo in gola. Tanto riferisce il Salesiano in una delle sue cronache. A quei tempi, sino agli anni ’50, erano attivi in paese due valenti artigiani, capaci di realizzare scarpe finite meglio dei laboratori industriali. Si chiamavano Antonio Pintonio, alias “Bisacciare”, che operava nell’antico quartiere “La ‘rotte” (grotta) e Michele Carpino che aveva la bottega in piazza. “La prima volta che, io e mio fratello, lui prima ed io quattro anni dopo - precisa Vincenzo - abbiamo indossato i pantaloni lunghi, è stato il giorno della prima Comunione. I pantaloni corti, come le calze corte, venivano usati anche durante l’inverno. Nessuno aveva la possibilità di farsi un cappotto nuovo, tranne i ricchi. Gli altri ragazzi dovevano accontentarsi di roba usata (chi sa quando e da chi) come pastrani sdruciti, mantelli usurati dal tempo e dagli uomini. Qualche volta si rivoltavano gli abiti di famiglia ancora “buoni”, sapientemente recuperati da Vincenzino De Maio e da altri valenti sarti del tempo, compresa zia Elisa. “ “La divisa fascista sia maschile sia femminile -aggiunge 76 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Giovanna- doveva essere sempre ben tenuta. Perciò fuori dalla scuola si tornava a indossare gli abiti usuali. Ricordo che Leonardo aiutava i nonni nel casolare di campagna, dove si allevavano mucche e altri animali di piccola e grossa taglia. Prima dell’entrata a scuola, Leonardo era solito “fare il giro” del paese. Portava, appeso al braccio, il tipico recipiente di lamiera ricolmo di latte. Agghindavano il grosso contenitore tanti misurini di diversa capacità, da 50 centilitri fino a un litro. Il recipiente era fornito di beccuccio da cui fuorusciva il latte. Il ragazzo era generoso! Dopo la quantità richiesta, era solito aggiungere altro latte nel “comodo” del cliente. Ci si accorgeva della sua presenza, grazie al suono di una campanella cui facevano seguito alcune brevi frasi gridate per vantare la bontà del prodotto: “Lu lattare! Accattateve lu latte di Mattiucce! Uh quant’è fine (buono)!” E’ così che aveva inizio il giorno profano in paese. A destare i credenti provvedeva la campana della chiesa con il gradevole rintoccare mattutino. Seguiva un confuso vociare accompagnato dal calpestio di chianidde (calzature tipiche delle donne “fatte”) e di zoccoli calzati dalle più giovani. I passi degli uomini, a causa degli “scarponi”, erano felpati così come quelli del-l’apprendista-fornaia che attraversava le selciate stradine del paese per annunciare di volta in volta alle massaie che avevano impastato “Rachelì’, Giuvannì’, Mari’, Resine, il forno è pronto!” Dopo il quotidiano giro, Leonardo inzuppava nel poco latte rimasto un tozzo di pane duro. Poi, con la borsa di cartone pres- 77 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano sato a tracolla, in un baleno raggiungeva Largo Portagrande. Adunava i compagni e in ordinata fila li conduceva all’interno dell’edificio e, quindi, in classe. Dopo il rituale saluto, i ragazzi si sistemavano a due a due nei grandi banchi di legno. Ogni giornata di lezioni principiava col dettato. Gli alunni immergevano la punta metallica dell’asta nel calamaio pieno d’inchiostro e cominciavano a scrivere sul quaderno a righe. Leonardo era sempre il primo a consegnare alla maestra lo scritto e incassava il solito “bravo!”, da primo della classe. Prima delle lezioni la maestra, in osservanza del programma ministeriale, parlava brevemente di Mussolini per fare di ogni alunno un fascista convinto. Anche l’ora di ginnastica serviva allo stesso scopo. Il motto coniato per la scuola era: “Libro e moschetto, fascista perfetto!” Subito dopo l’insegnante passava alle “materie del giorno”: Storia, Geografia, Aritmetica. Leonardo prediligeva quest’ultima branca. In prima classe aveva imparato presto a far di conto, a declinare a memoria l’intera tabellina. In Quinta si rivelava un vero e proprio piccolo ragioniere, tanto che ogni problema di conto e di commercio che insorgeva in famiglia ci pensava lui a risolverlo. Alla domanda “Leonardo frequentava la chiesa?”, Giovanna risponde: “Noi ragazzi frequentavamo la chiesa solo la domenica e alle altre feste comandate per assistere alla Santa Messa e, magari, al catechismo. Nei giorni feriali maschi e femmine, 78 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio dopo la scuola, eravamo costantemente impegnati ad aiutare con il nostro lavoro la famiglia. Poco prima della guerra, però, la mamma di Leonardo era gravemente ammalata. Non ricordo quale male avesse, ma rischiava di morire da un momento all’altro. Solo allora, nel tardo pomeriggio, notai più volte che il mio compagno di classe era genuflesso davanti al Santissimo, intento a pregare e a chiedere la guarigione della madre cui era molto legato”. Anche Nunzia Lonero ricorda Leonardo in quello stesso stato di sofferenza e di preghiera. Allora era una fresca sposina di appena vent'anni (oggi ne conta circa 92 anni) ed abitava un monolocale, situato al secondo piano in Vico Orso n. 15. La madre del futuro Salesiano era sua cugina di primo grado. L’anziana donna continua a dire “Era di primo pomeriggio quando appresi dalle vicine di casa che Eugenia stava morendo. Indossai subito qualcosa e corsi verso Via Croce. Salii in fretta le scale ed entrai in casa, un piano rialzato composto di un vano con un divisorio. Mia cugina era distesa supina nel letto, immobile, ricoperta da una grezza coltre da cui spuntava solamente il viso bianco come la calce. Attorno, in piedi e seduta, c’era l’intera famiglia che soffocava le lacrime per non impressionare ulteriormente l’ammalata. Mi unii anch’io al represso dolore comune! Ad un tratto la nostra attenzione fu attratta dal piccolo Leonardo, primo-genito dei figli di mia cugina. Forse aveva sette o otto anni! Ricordo che frequentava la seconda elemen- 79 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano tare. Il ragazzo era in un cantuccio della casa inginocchiato davanti all’immaginetta della Madonna sistemata all’interno di una scansìa dello stipo a muro. Con le mani giunte e lo sguardo rivolto alla Vergine, che troneggiava su un improvvisato altarino, Leonardo esclamò con voce ferma in corretto italiano: “Madonna facci la Grazia!” Poi prese a recitare la preghiera di Maria. Ripeté più volte la giaculatoria e l’Ave. Tutti lo guardavamo con gli occhi lucidi e pieni di ammirazione. Qualcuno sentenziò: “Sicuramente si farà prete!”. Dopo alcuni mesi di grande sofferenza, Eugenia prese a risollevarsi a poco a poco fino a guarire del tutto. 80 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio La vocazione Della chiamata al sacerdozio di don Cella, nessuno è in grado di dire quando insorse e perché. Forse per difetto di memoria e di riservatezza iniziale mai si è arrivati a una spiegazione. Comunque sia, si registrano alcune motivazioni al riguardo apparentemente contraddittorie (ma in realtà non lo sono) che potrebbero aver condizionato la scelta. Vincenzo, il fratello minore, data la tenera età ricorda ben poco di come siano andate le cose . Secondo Padre Antonio Resta (o.f.m.) cugino di Leonardo, la fatidica vocazione maturò proprio nel collegio che lo aveva visto ospite per un anno intero. Questi riferisce, infatti, che la zia Eugenia a quel tempo non voleva assolutamente che il suo primogenito si facesse prete. Papà Matteo, invece, non dava importanza alle continue richieste della moglie che con insistenza invocava il ritorno a casa di Leonardo. La donna voleva che il ragazzo abbandonasse subito gli studi. Allora frequentava con profitto le Scuole Medie presso l’Istituto Salesiano di San Severo. Mamma 81 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Eugenia lo voleva a casa per averlo vicino, perché doveva riprendere il lavoro usato, perché doveva aiutare la famiglia a sostenere le spese per il corredo che la buona donna già al tempo aveva preso ad accumulare per Nannina e Cristina, le due piccole di casa. Eugenia, inoltre, era convinta che affidare un figlio a una congregazione religiosa era come averlo perso per sempre. Semmai, lo voleva studente a casa. Non gli spiaceva l’idea d’avere in casa un ingegnere meccanico. Il contrasto di opinioni tra madre e figlio durò a lungo. Leonardo nicchiava. Proprio non se la sentiva di lasciare il mondo nuovo che aveva trovato e provato, microcosmo che gli aveva fatto scoprire il gioco e lo studio sistematico, la corretta alimentazione e le buone maniere. Terminata la Prima Media Leonardo, dopo una fugace venuta in paese, rinchiuse in una valigetta tutto il suo corredo e fece ritorno al Collegio. Con ago e filo riuscì a ricamare sulla biancheria la sigla “LC”, iniziali del suo nome e cognome. L’intera estate quindi, anziché in famiglia, la trascorse a San Severo studiando notte e giorno tutto il programma di Seconda Media. L’anno successivo si presentò all’esame finale, di Licenza, e lo superò brillantemente. Il cugino maggiore della famiglia Cella, Arcangelo, sostiene invece che la vocazione venne molto più tardi, quando Leonardo frequentava le Scuole Superiori. “Ebbe il colpo di fulmine, a suo avviso, in quel di Roma, quando incontrò per la prima volta i suoi Superiori e, tra questi, il rignanese Don Angelo Gentile 82 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio (nei dintorni dell’Urbe, operava anche il compaesano Don Pietro Pizzichetti16) che prese a cuore il problema e convinse i genitori a “donare il figlio a Dio”. Forse tutto questo sta meglio alla personalità, al carattere intelligente e riservato del protagonista. Quella di don Cella fu una scelta cosciente e razionale, di là da qualsiasi condizionamento di tipo dottrinale o senti-mentale. Sta qui, dunque, la sua fermezza e forza d’animo che caratterizzerà tutta la sua vita e missione pastorale. 16 Don Pietro Pizzichetti (Rignano G. 2011 - Roma 2006), salesiano a nove anni, sacerdote nel 1937, restò per tutta la vita nei dintorni di Roma (Genzano, Capocroce, Grottaferrata e Frascati - Villa Sora.).Uomo pratico, preferì fare il soldato semplice, operando come insegnante di disegno, artigiano tuttofare, pittore e confessore. Durante i bombardamenti della II Guerra, si prodigò per aiutare le popolazioni colpite. Di carattere scherzoso e simpatico fu sempre gradito ospite tra i Superiori, la curia e i Sacri Palazzi. Prima di don Pietro e di don Angelo operava già nella capitale, come animatore, formatore e parroco (Arborea in Sardegna, San Giovanni Bosco e S. Maria Ausiliatrice in Roma), un altro illustre salesiano rignanese: don Giuseppe Piemontese (1907-1976). 83 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Il salvataggio Dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943 e lo sbarco degli anglo - americani in Sicilia, i tedeschi si ritirano man mano dal Sud Italia per rafforzare la cosiddetta linea gotica. Sono a corto di viveri e di rifornimenti. Pertanto, risalendo lo Stivale (talvolta come veri e propri sbandati), lasciano là, dove passano le loro orme malefiche in termini di razzìe per l’approvvigionamento. Prendono tutto a danno delle popolazioni già stremate per l’assenza di forti braccia da qualche tempo impiegate sui fronti di guerra. La popolazione rimasta (anziani, donne e bambini) fanno fatica a curare i campi e gli allevamenti. C’è, soprattutto, tanta paura a causa dei bombardamenti ripetuti da parte delle forze alleate. Quel poco che riescono a produrre e a stipare momentaneamente viene ben nascosto in fosse sapientemente occultate o nei nascondigli murati delle case. La “riserva”, oculatamente amministrata, a mala pena riesce a soddisfare quotidianamente la famiglia. Sono i nonni o le mamme a gestire i generi di prima 84 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio necessità come la farina, i legumi e le altre graminacee. A sopperire il bisogno di proteine ci sono le galline, cresciute nella gabbiola posta accanto all’uscio di casa, e qualche altro animale domestico di piccola taglia (pecora, capra o maiale), spesso tenuto in casa per timore di furto. Tale era la situazione a Rignano. “Un certo giorno i tedeschi arrivarono anche qui!” -racconta Vincenzo Cella. Nel primo pomeriggio furono avvistati al Talafone, antica stazione semaforica posta sulla rotabile per San Marco in Lamis. Erano in due! Scesi dalle rispettive moto, stavano bivaccando sul ciglio della strada e non si sapeva il perché. Forse uno dei due mezzi era guasto o sostavano per riflettere circa il da farsi. Non visto, li aveva scorti un contadino che coltivava lì da presso. L’uomo, impaurito, aveva abbandonato i suoi attrezzi di lavoro e attraverso scorciatoie a lui note aveva raggiunto in pochi minuti le prime case del paese per raccontare la “nuova”. In un baleno la notizia raggiunse ogni angolo di Rignano. Allora le “camicie nere” locali e le altre autorità si misero d’accordo sul modo e sul come evitare alla popolazione eventuali violenze da parte dei militari tedeschi. Lo zio Giuseppe ricevette l’incarico di tutelare i ragazzi e subito li radunò tutti in Largo Piscine (ora Via Manzoni). Qui c’era una cisterna vuota piuttosto spaziosa e profonda circa cinque metri. Ma come si fa a scendere? Aiutato da altri, da un ponteggio posto nelle vicinanze sfilò 85 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano un lungo e robusto tavolone, largo una cinquantina di cm. Quindi inchiodò trasversalmente tante altre piccole tavole fino a formare rudimentali scalini. Poi calò l’aggeggio nell’ipogeo. La rudimentale scala si rivelò adatta all’uopo. Con l’aiuto di una fune i piccoli presero a scendere, ad uno ad uno. Per ultimi si calarono pure Vincenzo e il nostro Leonardo. Ma giù non c’era più posto! Restarono, allora, aggrappati alla scala. Vincenzo, sistemato più in alto, di tanto in tanto alzava il legno posto a coperchio per sbirciare fuori e capire quello che stava accadendo. Arrivarono i tedeschi, salutarono le “camicie nere”, uniche persone accorse ad accoglierli. La popolazione si era dileguata. A Rignano regnava sovrano il silenzio, interrotto di tanto in tanto dai latrati di un cane. I soldati, dopo un innocuo giro per le vie del paese ed una breve sosta sulla ripa, forse perché colpiti dallo straordinario panorama ripresero a percorrere la renosa strada che menava a San Marco. Dopo di questa, non si sono avute altre sgradite visite a Rignano. I ragazzi uscirono ordinatamente dalla cisterna. Vincenzo e Leonardo si strinsero fortemente allo zio Giuseppe, contenti e felici di avere un congiunto così coraggioso e in gamba. Senza il suo decisivo apporto forse la “cosa” poteva prendere altra piega! 86 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Il Maestro Maestro è colui che lascia un segno indelebile nella mente e nel cuore dei discepoli. Di lui si ha fiducia e sempre lo si ricorda non solamente per i saperi, ma per quell’abito comportamentale acquisito che fa da regola nel corso del quotidiano. Maestro è anche e soprattutto chi si pone sempre in discussione ed è disposto a migliorarsi anche attraverso il confronto critico con gli altri, con gli stessi alunni depositari d’innate qualità. Abbiamo avuto nel corso dei secoli ed anche al presente grandi e prolifici letterati, storici, filosofi, artisti, scienziati, ecc. Sono pochi, però, quelli che hanno un seguito e un perenne riferimento nei diversi campi del sapere. I maestri veramente “vocati” si contano sulle dita di una mano. Il buon maestro è una persona umile che si compiace della sua opera solo quando si vede superato dall’alunno. Un esempio tra tanti: Cimabue e Giotto. Altra similitudine la si riscontra nelle famiglie. I buoni genitori sono quelli che si sentono felici quando i figli sono diventati migliori di loro. 87 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Don Angelo Gentile17 appartiene alla grande piccola schiera dei veri maestri. E’ stato il buon seminatore che ha lasciato significanti segni del suo raccolto: un nutrito gruppo di sacerdoti e seguaci. Ha dato al mondo salesiano tanti Religiosi, alcuni 17 Don Angelo Gentile (1910 – 1983). È figlio illustre della Congrega- zione Salesiana ed erede diretto della generazione che visse ed operò accanto a San Giovanni Bosco. Dal carisma indiscusso, Don Angelo è considerato uno dei più grandi testimoni che Rignano abbia dato all’Italia nell’ultimo secolo. Il suo è un carisma di forte identificazione che va di là dal tempo e dai luoghi per giungere là dove coltivare la memoria attraverso la conoscenza e l’apprendimento. Cominciò il suo percorso formativo e cristiano alla scuola di Genzano e di Frascati, sotto lo sguardo ed il controllo di grandi maestri e seguaci contemporanei del Santo. Completò la sua formazione all’Università Gregoriana per gli studi di filosofia e di diritto canonico. Inviato al Pontificio Ateneo Salesiano della Crocetta di Torino, crogiuolo di cultura internazionale, divenne uno dei maestri più insigni di umanità e di salesianità. L’eco del suo insegnamento tuttora risuona in tutti gli ambienti salesiani diretti o toccati di passaggio dall’illustre religioso nostro compaesano: Torre Annunziata, Napoli, Messina, Cagliari, Roma (Vicario dell’Ispettoria Romana), Frascati, Genzano, ecc. Dove, però, si tocca con mano la presenza della parola ammaliatrice di don Gentile è proprio a Rignano. Qui, nel corso degli ultimi sessant’anni, ha conquistato al Carisma di don Bosco tantissimi ragazzi e giovani. Molti di questi religiosi si distingueranno per ingegno ed operosità in ogni parte del mondo, a cominciare dai suoi diretti diletti nipoti, don Antonio e don Michele. Per saperne di più circa l’illustre Salesiano, basta leggere il volume “Una vita secondo il cuore di Don Bosco. Don Angelo Gentile la persona e il formatore”, edito per i tipi ELLEDICI di Leumann (Torino) e curato dai salesiani Antonio Miscio e Antonio Gentile. 88 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio dei quali lo hanno superato nella scala gerarchica della Congregazione (Superiori, docenti universitari, vescovi, cardinali, ecc.). Nessuno di questi ultimi, però, ha dimenticato il suo fruttifero insegnamento. Per don Cella, don Angelo è stato un vero maestro, esempio di vita. Sul piano affettivo …. lo ha sempre considerato uno “zio” importante, uno di famiglia a cui rivolgersi in ogni momento per un aiuto o per un saggio consiglio. Nei momenti di supremo sconforto o in occasione di scelte decisive don Leonardo non dimenticava mai di chiedere il suo parere. Quando poteva, si recava a trovarlo di persona. Se era lontano, ricorreva alla posta o al telefono. Si riporta qui appresso una testimonianza significativa dell’alta considerazione che don Cella aveva per don Angelo: “Ripensando alla mia vocazione, devo dire che non mi pare sia stato lui a spingermi ad essere salesiano. Ma ricordo sempre le occasioni in cui io ragazzo ho incontrato don Angelo, a partire dall’anno in cui si era dovuto fermare nel paese. Vivevo spesso con i nonni in una casetta poco distante dal paese. Quando don Angelo veniva al paese, immancabilmente veniva a trovare il nonno e la nonna. Si fermava lì la sera, al fresco, a chiacchierare e naturalmente c’eravamo noi. Quante volte tra lo scherzo e il serio mi rivolgeva la domanda: Ti vuoi fare prete? La mia risposta era sempre: no! Tutto fatemi fare fuorché il prete! Non per questo se la prendeva, non per questo rimaneva male; rimaneva lì a sorridere e il giorno in cui, io cambiando idea ho chie- 89 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano sto di diventare salesiano, quel giorno per lui è stato un giorno radioso e la sua gioia fu grande. Penso che da allora mi abbia considerato il terzo nipote. (Abbiamo qui due nipoti don Antonio e don Michele, a cui ho voluto tanto bene, perché hanno seguito la sua strada, ma anch’io me lo sentivo molto vicino, anzi alcune volte si confidava con me più facilmente che con i nipoti e diceva: Tu mi capisci!). Questa paternità che ora rifulge molto di più di quanto potesse apparire prima, che lo faceva godere nel guardare alle vocazioni, lo manifestava soprattutto nella ricerca delle vocazioni. Tanti salesiani di Rignano hanno avuto lui come punto di riferimento” 18. Nello stesso testo si legge più avanti: “Penso spesso al 15 agosto del 1960, quando al mio paese si celebrava la Prima Messa. Era chi vi parla a celebrare quel giorno la sua Prima Messa al paese. Avevo invitato don Angelo a tenere l’omelia in quella occasione. Lo fece con tanto amore ed io gliene sono ancora riconoscente”19 18 Una vita secondo il cuore di Don Bosco. Don Angelo Gentile la per- sona e il formatore, Torino, Elledici, 2009, pp. 55 e 56. 19 90 Item, pp. 93 – 94. Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Studente d’ Inglese a Oxford e in Irlanda Dopo l’Ordinazione e la prima Messa, gli studi universitari che terminano con la Laurea Questo passaggio è una cosa comune a tutti i Salesiani del mondo. Alcuni vi riescono prima rispetto ad altri, quando alternano i normali corsi di studio a quelli prettamente religiosi e teologici. Di solito si preferisce conseguire la Laurea d’indirizzo scientifico (economia, ingegneria, fisica, ecc.). Raramente si scelgono gli studi umanistici perché la loro cultura letteraria è alquanto avanzata già con le Scuole Superiori. Arriva il tempo che anche don Cella ha da scegliere il suo corso di studi. Preferisce la Facoltà di Lingue e gli idiomi più diffusi nel mondo occidentale ossia Inglese, Francese e Spagnolo. Per don Leonardo è indi-spensabile conoscere perfettamente più Lingue, possedere i codici più parlati non solamente per insegnare a scuola, ma per capire e farsi capire nei luoghi di missione all’estero. Per questo, dopo il 1960, oltre a frequentare l’Università di Torino vola di tanto in tanto verso l’Inghilterra, soprattutto nel 91 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano periodo estivo. Frequenta Oxford, sede della più antica e prestigiosa università inglese. La città, traversata dal Tamigi, è bellissima. Ha una grande vivacità culturale e commerciale. Stranamente gode di tutti i vantaggi delle metropoli senza avvertirne gli inconvenienti. I suoi 30 e più colleges universitari offrono un’impareggiabile carrellata architettonica di guglie, cupole e torrette gotiche. I Salesiani sono a Cowley-Oxford dal 1920 e dirigono un Collegio per interni ed esterni, una sorta di Semiconvitto con Scuole Elementari annesse alla parrocchia. In un primo tempo qui c’erano il noviziato e lo studentato filosofico. Qui si formarono gran parte degli attuali Salesiani dell'Ispettoria anglo-irlandese. Nel 1962 è sorta una nuova bella chiesa che punta a diventare un importante riferimento per l’Ordine oltre che Santuario mariano, con l’intento di portare all’unico “Ovile di Cristo” tanti fratelli separati in cerca della verità: gli anglicani. Detta chiesa, che è anche parrocchia, è dedicata a Maria SS. Ausiliatrice. Si presenta bella nella sua semplicità e moderna nelle sue linee tradizionali. E’ arredata e corredata di tutto punto: organo, altari e fonte battesimale in marmo: Sull’altare maggiore, un artistico pannello in mosaico raffigura la Crocifissione. Don Leonardo è ospite dell’annesso convitto assieme a molti dei suoi compagni di corso. Da una lettera inviata alla famiglia, si appura che erano una ottantina di persone (tra preti e chieri- 92 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio ci) ad avervi trovato stanza. “ Tra questi – precisa il Nostro– ci sono anche tre chierici inglesi…”. Frequentare un Corso di Lingua all'estero è il modo più efficace per appren-dere perfettamente l’idioma. Ma lo studio è estremamente duro! Infatti, nel medesimo scritto Leonardo dice: “…ho iniziato un nuovo periodo, questa volta più impegnativo; ho in complesso 5 ore di scuola (al giorno) e poco tempo a disposizione; per imparare bisogna fare sacrifici enormi…”. A tal proposito Padre Antonio Resta ci riferisce: “Mio cugino, a quel tempo, per sdebitarsi forse per l’ospitalità goduta impiega gran parte del suo tempo libero in chiesa, a completa disposizione del parroco. Negli ultimi tempi del suo soggiorno inglese ne ha fatto addirittura le veci. Il sacerdote responsabile del sacro luogo, andato via per poco, era mancato per lungo tempo senza darne motivo. L’atmosfera che si respira a Oxford è davvero alquanto varia: grigia e seria, vivace e divertente, con tante cose da fare e da vedere. Ai colleges si alternano luoghi di ritrovo, locali cinematografici, grandi spazi per i concerti, impianti sportivi. Don Cella talvolta ne è attratto. Vivere in questi luoghi gli piacerebbe tantissimo. Partecipare alle innumerevoli attività giovanili, ai tornei sportivi, alle gite, alle serate di musica con gli amici è cosa che fortemente lo alletta. Ma non lo può fare un po’ per i predetti suoi gravosi impegni , un po’ per il carattere, un po’ per coerenza al suo ideale di vita salesiana. “Non per niente lo stesso cugino Padre Resta lo dice “uomo dalle tre “s”: serio, severo e sereno”. I confratelli salesiani 93 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano ricordano, a loro volta, quanto diceva don Bosco circa altre tre “s”: sano, sapiente e santo”. Questo non vuol dire che Leonardo fosse un “musone”: quando si presentava l’occasione, accettava volentieri il pranzo o la cena che gli amici inglesi gli offrivano. Gli incontri con la gente gli servivano, oltre che a migliorare la fonetica, a conoscere le tradizioni e lo stile di vita di quel popolo dal mitico e noto humour. “In ogni discorso, in ogni conversazione scritta o orale – afferma la sorella Cristina – Leonardo non tralasciava mai di condirlo con una battuta o una chiosa bene azzeccata e sottile. Lo faceva senza sarcasmo o cattiveria, con la signorilità e il distacco di tipo inglese. Facilmente suscitava il sorriso, l’ilarità di quanti erano con lui in conversazione. Nei suoi scritti si scorge qualche esempio del suo umorismo. A proposito di una rappresentazione natalizia in Madagascar, scrive: “Niente paura! La regista Marinasy, una donnona di un quintale e mezzo di stazza, vale a rappresentare tutti.” E ancora! Alla fine del suo impegno pastorale soleva dire: “…Il povero sottoscritto, come al solito, ha dovuto celebrare e fare la predica (tradotta) in malgascio. Il sonno ci ridonerà un po’ di forza…” Nulla si sa circa le eventuali visite alle altre case salesiane inglesi. Con molta probabilità don Leonardo è stato al Sacro Cuore di Gesù a Battersea, popoloso sobborgo di Londra la cui Chiesa fu realizzata con i fondi messi a disposizione da una devota di don Bosco, la duchessa di Newcastle. Venne inaugu- 94 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio rata nel 1893 dal sacerdote Michele Rua (attualmente beato). Forse il Nostro fu ospitato lì per più giorni. Tale ipotesi può e deve essere accettata perché la località è una tappa intermedia per chi, sceso dall’aereo a Londra, deve raggiungere Oxford. Qui c’è, infatti, la stazione che ti consente di raggiungere più rapidamente l’importante città-sede universitaria. Quindi, o all’andata o al ritorno, don Cella avrà avuto modo di visitare l’anzidetta sede salesiana. Riporto ora alcune informazioni circa questo centro educativo cattolico-cristiano. Quando i Salesiani arrivarono a Battersea (Londra) alla fine del XIX secolo, fondarono una scuola secondaria per interni al fine di soddisfare le esigenze dei ragazzi economicamente limitati che intendevano proseguire il cammino e calcare la via del sacerdozio. Il programma accademico, però, era anche adatto a quelli che intendevano svolgere poi altre professioni. Durante il XX secolo i Salesiani aprirono altre scuole per offrire l’istruzione cattolica negli svariati altri angoli del Regno Unito. Ora questi centri educativi servono ragazzi e ragazze offrendo loro un ventaglio di percorsi formativi. Molti corsi preparano gli studenti dai 16 ai 18 anni più per il mondo del lavoro che per l'università. Altri sono aperti a chi intende proseguire gli studi. Alcune scuole offrono l’ opportunità di fare sport e altre attività extra-curricolari, accanto alle attività obbligatorie previste dall’Oratorio Salesiano tradizionale. Per perfezionarsi ulteriormente, nel Luglio del 1965 don 95 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Leonardo raggiunse l’Irlanda, ospite del Noviziato Salesiano del Sacro Cuore. Lo fece per perfezionare la pronuncia. Inghilterra e Irlanda sono le terre originarie della lingua anglofona diffusa in varie regioni del mondo. E’ lingua ufficiale in tanti grandi Paesi come Usa, Australia, Neo Zelanda, Canada, ecc. 96 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio L’incontro con Giovanni Paolo II Durante la sua formazione giovanile Don Cella viene fortemente influenzato dalla figura di Pio XII, Papa illuminato e poliglotta per antonomasia, forse per similitudine di carattere. Come il pontefice, egli si dimostra tipo serio e severo che poco o nulla concede allo svago: dà tutto allo studio, agli approfondimenti delle tematiche religiose e scientifiche. Ha voglia di imparare a scrivere e a esprimersi in più Lingue, cosa che avverrà successivamente: entrerà in molta confidenza anche con la Lingua Francese e Malgascia. Dopo la scomparsa del Papa parimenti partecipa e segue con attenzione il percorso e il magistero dei suoi successori. Rimane colpito dall’avvicendamento dei pontefici che di volta in volta gli sembravano frutto di giuste scelte che rispondevano alle esigenze dei tempi: Papa Giovanni XXIII, fautore del Concilio Vaticano II; Paolo VI, esempio di sconfinata umiltà; Giovanni Paolo I, fugace meteora dal sorriso sincero. Papa Woytila20, poi, ha segnarlo maggiormente la sua vita, il suo ministero. Ogni parola, ogni concetto espresso da questo 97 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Papa era per lui profondo e incisivo insegnamento di valore universale. Giovanni Paolo II sapeva parlare al cuore e alle coscienze, si faceva comprendere soprattutto. Aveva il coraggio di denunziare il male e i malfattori. Quando lo s’incontrava, anche per una sola volta, si avvertiva di avere di fronte un gigante della fede. Don Cella, nei momenti di smarrimento che lo prendevano quando operava nel Madagascar, sempre lo invocava a guida e a protezione. Quando il I Maggio del 2011, il Papa polacco fu proclamato Beato, l’animo di don Leonardo si riempì di gioia nonostante l’estrema sofferenza avesse preso definitivo possesso del suo corpo. L’invocazione di un tempo si trasformò in fervente preghiera d’intercessione per la sua e l’altrui eterna salvezza. Il rapporto “speciale” che don Leonardo aveva intessuto con questo Capo della Cristianità universale era insorto in quel di Roma tanti anni fa in occasione di una giornata “speciale” che gli era rimasta impressa nella mente. Di tanto in tanto amava raccontare il suo incontro col nuovo Papa straniero, avvenimento che entrerà a far parte dell’aneddotica. Dopo alcuni anni trascorsi a Bari e a Soverato, nel settembre 1979 Don Cella era stato nominato Direttore dell’Opera Salesiana di Santeramo. Poco prima di raggiungere la nuova sede ebbe un cortese invito. Nel mese di luglio don Antonio Gentile21, amico stretto e suo compaesano, si trovava a Roma impegnato come Commissario di Esami. Un confratello polac- 98 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio co gli aveva passato alcuni biglietti per l’udienza col nuovo pontefice, Papa Wojtyla, eletto nell’ottobre dell’anno precedente. Il pensiero di don Antonio andò subito all’amico don Leonardo che operava ancora a Soverato in Calabria. Gli chiese se poteva e voleva venire a Roma all’udienza del Papa in piazza san Pietro. Don Leonardo, di buon grado, accettò. Nel pomeriggio di mercoledì 18 luglio, don Leonardo e don Antonio erano insieme attestati in un settore alquanto prossimo alla transenna dove si presumeva che sarebbe passato il Papa a salutare i fedeli. C’era tanta ressa. In quel settore alcuni turisti del Sudafrica cercavano di difendere la postazione conquistata presso la transenna. Felice, don Leonardo se la sbrigava benissimo nel suo Inglese con la gente di colore che gli stava da presso. Quando i sudafricani notarono la sua dizione priva di inflessioni sudafricane, presero ad isolarli e ad impedire il loro avvicinamento alla transenna. Don Antonio non demordeva e a gomitate si faceva avanti tra i Sudafricani, voltandosi di tanto in tanto per assicurarsi di essere seguito dal più sprovveduto e serioso compagno di avventura. Col tempo entrambi raggiunsero l’agognata transenna e con fermezza difesero la posizione conquistata a forza di spintoni. Quando arrivò il Papa, don Antonio prontamente gli baciò la mano. Poi esclamò “Santità, c’è qui un mio confratello che Le vuole parlare … ” . Mentre parlava, con una mano tratteneva il Sommo Pontefice e con l’altra tirava a sé l’amico fino a che riuscì a unire le due mani, quella del Papa e quella di don Leonardo e a favorire il breve colloquio. 99 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Don Leonardo prese a parlare e disse: “Santità, chiedo la benedizione! Sono un salesiano; mi hanno fatto Direttore dell’Opera di Santeramo … “ E il Papa: “Esiste ancora l’ubbidienza? Ti benedico …” Don Leonardo fu contentissimo per il felice incontro. Ora, Giovanni Paolo II e don Cella sono in Cielo a godersi il Paradiso: il primo, già proclamato Beato, avrà guardato con un sorriso di benevolenza al secondo, contento di essere sulla buona strada per il Paradiso. 20 Papa Giovanni Paolo II, nato Karol Józef Wojtyla (Wadowice, 18 mag- gio 1920 – Città del Vaticano, 2 aprile 2005), è stato il 264º Capo della Chiesa Cattolica Apostolica Romana; il 6º Sovrano della Città del Vaticano. Fu eletto il 16 ottobre 1978. Il 1º maggio 2011 è stato proclamato Beato e verrà festeggiato annualmente nel giorno del suo insediamento, il 22 ottobre. Giovanni Paolo II è stato il primo papa non italiano dopo 455 anni, cioè dai tempi di Adriano VI (1522 - 1523). Sin dal principio del suo pontificato ha intrapreso una vigorosa azione politica e diplomatica contro il comunismo e l'oppressione politica. E’ considerato uno degli artefici del crollo dei sistemi fondati sul socialismo reale (ex Unione Sovietica e Paesi satelliti). Combatté la Teologia della Liberazione intervenendo ripetutamente in occasioni di avvicinamenti di alcuni esponenti del clero verso soggetti politici dell'area marxista. Stigmatizzò inoltre il capitalismo sfrenato e il consumismo, considerati antitetici alla ricerca della giustizia sociale. Nel campo della morale, si oppose fermamente all'aborto e all'eutanasia. I suoi 104 viaggi in tutto il mondo videro la partecipazione di enormi folle (tra le 100 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio più grandi mai riunite per eventi di carattere religioso). Questa grande attività di contatto (anche con le generazioni più giovani, con la creazione delle Giornate Mondiali della Gioventù) fu da molti interpretata come segno di una seria intenzione di costruire un ponte di relazioni tra nazioni e religioni diverse, nel segno dell'ecumenismo, uno dei punti fermi del suo papato. Giovanni Paolo II beatificò e canonizzò molte più persone di ogni altro pontefice: rispettivamente 1338 e 482. Il 14 marzo 2004 il suo pontificato superò quello di Leone XIII come terzo pontificato più lungo della storia, dopo quello di Pio IX e quello tradizionalmente attribuito a Pietro apostolo (sintesi da Wikipedia, enciclopedia libera). 21 Don Antonio Gentile: ” Notizie su Don Leonardo Cella” (appendice). 101 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano L’Ufficio di Vicario Dopo anni ed anni d’insegnamento, di direzione e di ministero trascorsi presso le varie case salesiane della Puglia e di Calabria, don Cella diventa un nome noto e molto apprezzato tra i confratelli e i superiori. Secondo alcuni avrebbe, come si suol dire, tutte le “carte in regola” (ossia una maturata esperienza) per assumere e svolgere in modo proficuo inca-richi di maggiore responsabilità e forse più attinenti alle sue innate e virtuose capacità operative. Per di più conosce bene le lingue, specie l’inglese, indispensabili per muoversi ed operare nell’intero e variegato mondo salesiano italiano ed estero. Di contro però c’è il suo carattere riservato ed umile che lo portano a rifuggire dalle cariche onorifiche e appariscenti. Di tutto questo se ne accorge per primo don Antonio Martinelli, suo compagno di studi, amico e suo estimatore di vecchia data, che lo vuole assolutamente a Napoli come Segretario del Consiglio Ispettoriale. All’inizio il Nostro cerca di declinare l’invito e si schernisce, convinto più che mai che vi 102 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio siano tanti altri confratelli più capaci e meritevoli di lui. L’altro insiste. Alla fine l’obbedienza ha il sopravvento sull’umiltà ed accetta, seppure a malincuore. Così che nei primi mesi del 1990 è nella città partenopea ad operare. 22 A settembre, quando don Martinelli per scadenza triennale lascia l’incarico di Ispettore, a Don Cella tocca assumere quello di Vicario sotto la direzione del nuovo Ispettore don Luigi Testa. Questa volta, però, come si riscontra dai ricordi di famiglia, si dimostra assai contento di svolgere assieme all’Ispettore l’alto e prezioso servizio di coordinamento interregionale in una realtà estremamente cara a don Bosco. Come noto, Napoli è la città più a Sud visitata da Don Bosco tra il 29 e il 31 Marzo 1880. Vi è giunto per concordare le modalità della realizzazione di “una Colonia agricola ed un Ospizio di arti e mestieri per fanciulli poveri e abbandonati”. 23 Nel periferico quartiere della Doganella i figli di Don Bosco iniziano la loro attività nel 1934 in locali poveri e insufficienti. Accolgono tutte i giovani che vi affluiscono. Vent’anni dopo, passata la tremenda bufera della guerra, nel 1954, si pone mano all’attuazione del grandioso Istituto ancora oggi esistente, realizzato con cospicui contributi di benefattori privati e di Enti. Fu inaugurato Il 28 Maggio 1959. Il 21 Ottobre 1988, il Rettore Maggiore Don Egidio Viganò inaugura il Centro Sociale “Don Bosco” nel quale si riprogetta e si vive secondo le esigenze dei tempi e nella fedeltà dinamica al Fondatore. 103 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano A proposito della stretta amicizia tra don Cella e don Martinelli si racconta, tra l’altro, che il Superiore, nell’agosto del 1990, fu ospitato a pranzo assieme a tanti altri confratelli in casa del fratello di Leonardo,Vincenzo. All’insigne ospite fu addirittura consegnato un mazzo di rose rosse da parte di una vicina di casa. Si tratta di Grazia Draisci, donna religiosissima ed assai legata ai Salesiani, per via del cugino don Salvatore24, anche questi Salesiano molto apprezzato a quel tempo per il suo e la preparazione pedagogico – brillantezza comunicativa didattica fatta valere in ogni dove. Il sacerdote rimase fortemente colpito e commosso per il gentile pensiero tanto che, il giorno successivo, spedì alla pia donna una cartolina di ringraziamento dalla vicina San Giovanni Rotondo, dove si trovava in ritiro spirituale assieme ad una folta schiera di sacerdoti salesiani. “Erano 17 sacerdoti!”precisa con ardore la nostra interlocutrice. Inoltre, Grazia Draisci ricorda un’altra visita compiuta dall’illustre Salesiano a Rignano. Accadde in occasione della celebrazione del Centenario Anniversario della morte di don Bosco. La commemorazione fu fortemente voluta ed organizzata dal farmacista Emanuele Di Luzio, uomo mite e ben voluto da tutti. Tra l’altro è stato il promotore della locale associazione “Ex allievi di Don Bosco”. Il gruppo perderà colpi subito dopo il suo trasferimento a Manfredonia e perirà del tutto nel giro di qualche anno. Dopo aver fatto visita canonica alle varie case salesiane del Sud, nel gennaio del 1992 Don Cella è a Bemaneviky in 104 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Madagascar. Qui riscontra alcuni problemi, che fa presente all’Ispettore al suo ritorno in Italia. Se ne discute ampiamente in sede. Al termine della discussione circa la persona a cui affidare l’azione di ristrutturazione e di rinnovamento, Don Leonardo stesso si fa avanti ed accetta, nonostante l’età, di passare nel Madagascar come responsabile di quell’opera. Il resto è raccontato in altra parte di questo libro. 22 Notizie su don Leonardo Cella di don Antonio Gentile 23 Sito internet dell’Ispettoria. 24 Don Salvatore Draisci (Rignano G. 1926 - Cerignola 1998),insegnan- te ed accorato predicatore. Salesiano dal 1937, sacerdote nel 1951, conseguì la Laurea in Storia e Filosofia a Napoli nel 1956; insegnò Lettere negli Istituti Salesiani di Venosa, Resìna, Castellammare di S., Soverato e San Severo. Fu docente di Storia e Filosofia nel 1962 al Liceo Scientifico di Taranto e, dopo una breve pausa trascorsa prima a Faenza e poi in veste di Preside dell?istituto Salesiano di Napoli - Vomero, tornò e continuò per tredici ancora ad esercitare nel Capoluogo Ionico la medesima mansione fino al 1995. Nominato vice - parroco presso la Casa Salesiana di Cerignola, conclude il suo percorso di vita nel 1998. 105 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano 106 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio LA SECONDA PATRIA 107 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Madagascar. In rosso il distretto di Ambanja. A 20 Km circa si trova Bemeneviky sede della Casa Salesiana. 108 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Il presagio “Quando morirò, non importa l’età, vorrei essere seppellito a Bemaneviky in Madagascar, là dove riposano i miei fratelli malgasci. E’ il luogo dove ho intensamente vissuto e che amo di più, come Rignano!”. E’ il desiderio che Don Leonardo esprime pochi anni prima di morire durante una fugace visita nel paese natale. Le sue condizioni di salute sono ancora buone. “Sono parole dettate dal cuore - ricorda la cognata Maria, moglie di Vincenzo - che Leonardo pronuncia, mentre con la nostra automobile passiamo davanti al cimitero, diretti a San Giovanni Rotondo. Qui c’è la sorella Cristina che li ha invitati a cena o meglio a gustare la pizza che lei stessa prepara. La pizza piace tanto al Presule salesiano! Ma l’intrattenimento è stato organizzato soprattutto per il piacere di stare insieme, in famiglia. ll Madagascar per don Cella è terra di missione e, nel contempo, di passione. Da subito se ne affeziona al punto tale da considerarla sua seconda patria. Prima di addentrarci nello specifico e parlare dell’azione missionaria dei Salesiani e del 109 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano nostro sacerdote in quei luoghi, vediamo in sintesi e da ogni punto di vista qual è la situazione del Madagascar, lontana terra baciata dal sole dove si vive come la natura comanda, con il sorriso sulle labbra e l’accettazione della vita che il destino riserva. Quest’isola, con i suoi 585.050 chilometri quadrati di superficie (quasi il doppio dell’Italia), è la quarta del mondo in ordine di estensione. Ha una popolazione di circa 20 milioni di abitanti, pari a un terzo delle presenze che sono nel nostro Stivale. I primi uomini a giungere sull'isola, tra 2000 e 1500 anni fa, sono di origine indonesiana e malese. E’ da questi primi coloni che discendono le etnie malgasce, dai tratti somatici e culturali chiaramente asiatico-indonesiani. I Merina, che abitano l'altopiano centrale, ne sono l’esempio. Successivamente, dall'Africa partirono flussi migratori di popoli bantù, che diedero origine a etnie diverse, come i Sakalava dell'Ovest e i Bara del Sud dell'isola. Gli Arabi conobbero il Madagascar prima degli Europei, e iniziarono a fondare insediamenti intorno al X o XI secolo, con l'intento di prelevare per poi commerciare schiavi. Per questo etnie malgasce come gli Antemoro e gli Antanosy discendono dai coloni arabi, e praticano ancora oggi la fede islamica. Agli Europei giunge per la prima volta la notizia dell’esistenza di questa isola sconosciuta e misteriosa tramite Marco Polo che la cita nel Milione. L'isola è avvistata per caso da Diego Diaz, messo fuori rotta da una tempesta mentre rientra dalle 110 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Indie diretto al Mozambico. Il Madagascar sta dirimpetto a tale Paese, da cui è separato dall’omonimo canale. In seguito Portoghesi, Francesi e Olandesi tentano di creare insediamenti stabili sull'isola, ma senza fortuna perché scoraggiati da ostacoli insormontabili, come le malattie e l'ostilità degli indigeni. Nei secoli XVI e XVII diviene il rifugio preferito dai pirati impegnati a depredare le navi mercantili dirette alle Indie. Il colonialismo e la conseguente crescita della richiesta di schiavi da parte delle potenze europee influisce pesantemente sugli equilibri interni del Madagascar. Alcune tribù malgasce cominciano a trafficare in schiavi con l'Europa, ricevendo in cambio oro e armi da fuoco. Quest’afflusso di ricchezza porta alla formazione dei primi regni dell'isola. Più in particolare, i Sakalava dell'Ovest danno vita ai regni di Menabe e di Boina mentre, ad Est, gli Zana-Malata (etnia di origine mista indonesiano-europea) mettono su il regno dei Betsimisaraka. I residenti si chiamano Malgasci (aggettivo usato per indicarne la lingua nativa, le etnie e la cittadinanza). Il Malgascio è la prima lingua del Madagascar, ma la popolazione parla correntemente anche il Francese (a seguito del passato coloniale) e negli ultimi decenni anche l’Inglese. Il Madagascar è uno dei cinque paesi più poveri del mondo. Forse la motivazione principale di tanta miseria è dovuta al fatto che nel XVIII secolo ai primi regni si aggiunse quello dei Merina, comprendente gran parte dell’isola. Il re Radama I, strinse accordi strategici con gli 111 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Inglesi, ottenendone l'appoggio militare ed economico in cambio di una serie di favori volti a ostacolare la presenza francese nella zona. Nel 1824, Radama estese i propri domini fino alle coste, diventando il primo sovrano del Regno di Madagascar. I suoi successori hanno avuto atteggiamenti alternanti verso gli europei: chi si batté per l’autonomia, chi avvantaggiò i Francesi e chi gli Inglesi. Nel 1885, tra la spartizione coloniale del continente nero, gli Inglesi lasciano definitivamente il campo ai Francesi, che ne fanno un Protettorato. Durante la II guerra mondiale, truppe malgasce combattono a fianco degli alleati. Nel 1942 l'isola viene invasa dagli Inglesi che, a fine guerra, la riconsegnano ai Francesi. Dal punto di vista morfologico, a causa della prevalenza di terreni ferrosi, il Madagascar viene detto l'Isola Rossa (o il Continente Rosso). Il cuore di questo Paese è l'Altopiano Centrale, les hautes terres (le terre alte), che comprende le regioni di Fianarantsoa e Antananarivo. Presenta colline e montagne che proteggono valli fertili e fondamentali per l'agricoltura. Numerosissime sono, in particolare, le risaie. Nel nord (regioni di Antsiranana, Sava, Mahajanga) predominano le colline coperte da foreste. Qui la terra è sempre umida. La costa orientale (dal nord: Fenoarivo Est, Toamasina, Mananjary, Farafangana) è ricca di vegetazione e di risorse naturali. Si praticano la pesca, la caccia e l'agricoltura. Gran parte del territorio, come nel Nord, è ricca di alberi. 112 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Riguardo alle etnie, in Madagascar si distinguono diciotto gruppi principali, prevalentemente di origine mista asiatica e africana, con elementi arabi ed europei. Solo una minoranza, collocata in prevalenza sugli altopiani, ha tratti somatici e culturali spiccatamente asiatici. Ricerche recenti, previo esame del DNA, confermano che le popolazioni malgasce mostrano origini maleo-africane, con influenze arabe, indiane ed europee. Sul piano linguistico, il malgascio vanta origini maleopolinesiache ed è comune a tutta l'isola. Gran parte della popolazione conosce bene anche il Francese. La nuova Costituzione del 2007, infatti, ha confermato il Francese come seconda lingua ufficiale del Paese. Una modifica costituzionale in seguito ha indicato anche l’Inglese come terza lingua, ma senza successo. Per quanto riguarda la Religione, circa metà della popolazione malgascia è dedita a culti tradizionali locali, che sono centrati attorno all'idea del legame con i defunti. Soprattutto i Merina degli altopiani restano rigorosamente legati al rituale del loro passato: ritengono che gli antenati defunti siano assurti a divinità e seguano con attenzione le vicende dei loro discendenti ancora in vita. Sia i Merina che i Betsileo hanno la pratica della "risepoltura" detta “famadihana”: i resti dei defunti vengono tolti dalle tombe, avvolti in nuovi sudari e riposti nei loro sepolcri dopo un periodo di festeggiamenti cerimoniali. Il 45% dei Malgasci sono cristiani, suddivisi circa in parti uguali fra cattolici e protestanti. In molti casi il Cristianesimo 113 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano malgascio mantiene alcuni tratti delle credenze tradizionali, come quelli concernenti il culto dei morti. Non raramente un ministro di culto cristiano viene invitato a presiedere una “famadihana”, pratica utile alla rievocazione. 114 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio La presenza salesiana Un tempo il Madagascar era chiamato “Isola verde”. Dopo le ripetute cesinazioni selvagge, resta un numero limitato di foreste, tutte fortu-natamente trasformate in riserve. Per questo l'isola conserva ancora il suo fascino. La popolazione, dedita maggiormente all'agricoltura, è molto povera. Ed è proprio dalla povertà che nascono i grandi problemi di esistenza (fame, malattie, mortalità infantile, analfabetismo) e di rapporto sociale (delinquenza, piccoli furti). Di recente la popolazione è passata attraverso una rivoluzione sociale massacrante, che ha creato notevoli problemi di stabilità ed ha ulteriormente incrementato la povertà e la delinquenza. A buttare paglia sul fuoco, ci sono i continui tifoni che periodicamente funestano l’isola. I Salesiani di Don Bosco operano nell'isola da più di vent’anni. La loro presenza è rivolta ad opere di evangelizzazione e di promozione culturale attraverso l'educazione e la formazione soprattutto dei giovani e dei ragazzi più bisognosi. Sono per la prima volta in Madagascar nel 1980 a seguito del Progetto Africa. Dapprima vi arrivano i Salesiani della Provincia di Napoli 115 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano che fondano la loro prima missione a Bemaneviky, nel Nord – Ovest del Paese. Poi è la volta dei missionari della Provincia di Venezia Est che aprono la casa di Mahajanga. Indi, i confratelli della Provincia Romana fanno sorgere quella di IjelyMiarinarivo mentre i missionari della Provincia di Sicilia prendono ad operare a Tulear, proprio nell’area-Sud dell’isola. Nel 1984 la Provincia Romana apre un’altra casa ad Ivato, nella diocesi di Antananarivo: “Notre-Dame de Clairvaux”. Quest’ultimo centro nasce per accogliere i giovani in difficoltà. Nel 1987 sorge anche la casa salesiana di Betafo e, nel 1989, quella di Ankililoaka come primo Noviziato del Madagascar. Nel 1992 il Noviziato sarà trasferito ad Ivato e, nel 2003, ad Ambohidratrimo. La sempre più consistente presenza di case missionarie salesiane in Madagascar porta all'istituzione della Circoscrizione a Statuto Speciale "Maria Immacolata”. Don Luigi Zuppini, persona cara a padre Cella, ha l’incarico di Superiore Provinciale. Nel 1993 viene inaugurata la Missione di Fianarantsoa, che ha la funzione di “centro di formazione” aperto ai giovani confratelli salesiani. In seguito si provvede ad elaborare il Progetto Educativo e Pastorale dei Salesiani di Don Bosco in Madagascar. Don Cella è il più attivo tra gli estensori in virtù della sua esperienza sia nel campo pedagogico che direzionale. La comunità salesiana nel Madagascar è una fucina di idee! Apre"Radio Zarasoa" a Betafo e "Radio Mazava" ad Ankililoaka 116 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio con l'intento di portare il messaggio educativo ed evangelico in ogni angolo della grande isola. Più appresso sarà “Radio Don Bosco”, con sede ad Ivato, a raggiungere ogni anfratto con la banda larga. Oggi questa emittente si serve del satellite. Ora gli insediamenti salesiani nel Madagascar hanno sede a Ivato, Clairvaux, Ankilosks, Bemaneviky, Betafo, Fianarantsoa, Ijely, Mahajanga, Tulear, Ambohidratrino, Port – Louis (Mauritius). In futuro si penda di aprire una casa a Tamatave. Quando vi arriva don Cella, l’isola vive una situazione economica disastrosa. La popolazione è in aumento di giorno in giorno e le aree coltivabili non bastano a produrre il fabbisogno: i raccolti consentono appena la sopravvivenza ai contadini ed alle loro famiglie. Manca ancora molto in termini di assistenza! Ora le presenze salesiane sono diventate undici su tutto il territorio nazionale: provvedono ad assistere i giovani, ad istruire i bambini e ragaz-zi dell’isola. Vi sono dispensari medici dislocati nei villaggi all’interno della foresta e centri di comunicazione sociale che sfruttano le trasmissioni radiofoniche per offrire a tutti ogni informazione di prima necessità. Bemanevikji e i villaggi dislocati in prossimità del fiume Sarimbano sono sotto la giurisdizione della curia di Ambanja. Questo nucleo urbano ospita ancora il vecchio seminario, poi trasformato in Scuola Superiore aperta a tutti. Don Cella v’insegnerà le sue lingue preferite: Francese e Inglese. In sua sostituzione, dal novembre 2007, verrà un vescovo salesiano. Si tratta 117 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano del siculo Rosario Saro Vella, missionario a Tulear e dintorni sin dai primi momenti di presenza salesiana. Con lui don Leonardo si trova in perfetta sintonia, nonostante la differenza d’età. Ecco alcune note biografiche sul prelato nato a Canicattì l’8 maggio 1952. Rosario Vella frequenta il noviziato di San Gregorio, a Catania. Ricevuto l’ordine sacerdotale, si laurea in Filosofia all’Università di Palermo. Due anni dopo l’ordinazione è nel Madagascar. Ricoprirà dal 1982 al 1995 l’incarico di parroco ad Ankililoaka. Dal 1989 al 1990 sarà Maestro dei Novizi; poi, parroco del Distretto di Betafo; infine, ancora oggi, Direttore e parroco della comunità salesiana di Bemaneviky. Senza ombra di dubbio Inglese si può ribadire che il terreno dissodato con grande sacrificio da don Cella è in buone mani. 118 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio La partenza Siamo ai primi di settembre del 1992! Dopo alcuni mesi di pensamenti e ripensamenti, finalmente giunge per don Cella l’ora della partenza. Il Religioso è preoccupato: non sono tanto le difficoltà e i pericoli a suscitare in lui lo scoramento, ma il peso dell’età. Questa considerazione gli fa procrastinare per alcuni mesi il difficile passo. Ha sessant’anni appena compiuti! In missione si va in gioventù, quando le forze sono ancora integre e lo spirito dell’avventura alimenta ogni passo. La decisione è ormai presa: partirà per il Madagascar, costi quello che costi. Don Leonardo è convinto che con la ragione e l’intelligenza ogni cosa si può affrontare, risolvere, vincere. Se poi si ha la Fede a sostegno, con la preghiera e l’aiuto del Signore si riesce a fare tutto. Sono, più o meno, questi i pensieri che frullano nella testa del Salesiano rignanese quando, all’aeroporto di Fiumicino, sprofondato nella poltroncina della hall, attende ogni annuncio del volo a cui è interessato. Non se la sente proprio di parteci- 119 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano pare alle conversazioni dei suoi compagni di viaggio, né lo distolgono dai suoi pensieri il viavai nella stazione e il rumore assordante dei motori degli aerei in fase di decollo o di atterraggio. Mai, mai come in questa occasione si accorge che non è casuale lo storico detto: Roma caput mundi. Lo era e lo è ancora per il numero degli aerei che vengono e vanno in tutto il mondo; lo è per l’arrivo d’innumerevoli turisti e pellegrini in visita ai musei e alle testimonianze lasciate dagli antichi suoi abitanti; lo è, soprattutto, in quanto capitale della Chiesa Universale e sede del Successore di Pietro. Don Leonardo, però, è confortato dal sogno fatto la notte precedente durante il quale mamma Eugenia lo aveva spronato più o meno con queste significative parole: “Vai avanti Leonardo! Don Bosco ti proteggerà! Dove c’è l’uomo che ha bisogno, là è la tua terra!” Ma nel sacerdote è radicato l’amore per il patrio suolo: di certo sa che sta per lasciare per sempre l’Italia, la terra di Puglia, il paese natale, la famiglia. Insomma, il suo animo è turbato dalle stesse emozioni e sensazioni che prendono ogni emigrante. Per un attimo rivede mentalmente i luoghi dell’infanzia, l’ampio orizzonte che si scorge dal suo paese di collina, il sole, la “puglia piana”, “Porta ‘Ranna”, il Baronale. La nostalgia lo prende! A tacitare l’umano sentimento ci pensa la ragione e il motto di Don Bosco: “Da mihi animas cetera tolle”. Interviene anche lo speaker a fugare ogni pensiero: “Il volo Roma–Antanarivo è in pista. I passeggeri sono pregati di affrettarsi!” A questo punto il soliloquio del sacerdote 120 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio s’interrompe e, insieme agli altri, si avvia verso l’area d’imbarco indicata. Si sale quindi sul velivolo. Dopo l’allacciamento delle cinture, con un avvertito sobbalzo l’aereo decolla e in pochi secondi si addentra nello spazio sopra le nuvole settembrine foriere di un piovoso autunno. Don Cella si fa il segno della Croce e riflette tra sé e sé: “Sarà così la morte! Buuum, e sei in Cielo!” Poi viene a fargli visita il sonno ristoratore. Si desterà alla pausa –pranzo per poi riaddormentarsi subito. Nel sonno trascorrerà quasi tutte le nove ore di volo. Si risveglierà proprio quando l’aereo si accinge ad atterrare nell’aeroporto di Ivato, a pochi chilometri dalla Capitale. Ad accoglierlo ci sono alcuni confratelli e collaboratori, che lo fanno salire su un pulmino. Nel giro di pochi minuti giungono alla vicina casa salesiana. Qui incontra il Superiore, don Zuppini, che lo abbraccia fraternamente. Gli domanda come sia andato il viaggio e, dopo la rassicurante risposta di don Leonardo, si allontana per le sue faccende. Nel salutarlo gli dice: -“Domani, ci vedremo per il programma!” E’ notte fonda! Il nuovo venuto, dopo essersi rifocillato, torna di nuovo a riposare, questa volta in un confortevole letto. E’ stanco morto e qui fa davvero caldo, un caldo afoso ed insopportabile che gli ricorda da vicino la “Pugghia”, ossia la piana del Tavoliere dove da ragazzo talvolta pernottava per fare compagnia e per dare un minimo aiuto al padre, ossessionato a quel tempo dalla voglia matta di aggiustare la vecchia ma ancora valida trebbiatrice. 121 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Il soggiorno a Ivato e dintorni Il giorno successivo, accompagnato da don Zuppini e da altri confratelli, don Leonardo visita da cima a fondo il centro salesiano di Notre-Dame de Clairvaux, da qualche mese diventato sede circoscrizionale. La Maison “Don Bosco” è una delle dieci Opere Salesiane presenti in Madagascar. Ospita la sede della Visitatoria (Servizi centrali e nazionali), il Noviziato per i giovani malgasci che si preparano ad entrare nella Congregazione di Don Bosco e un Centro Socio-Culturale (Oratorio) a servizio dei ragazzi e dei giovani del quartiere. Il Centro Sociale (Oratorio-Centro Giovanile) della Maison “Don Bosco” di Ivato-Aéeroport svolge la sua attività fin dalla fondazione dell'Opera, fin dal 1987. L’orbita d’influenza e d’intervento è la zona circostante l'Aeroporto, distante dalla Capitale circa 17 chilometri. La sua popolazione può essere stimata attorno alle 30.000 anime, di cui circa il 67% è compreso nella fascia d’età fra i 10 e i 25 anni. La configurazione socio-culturale appare complessa e contraddittoria. Accanto agli insediamenti lussuosi, alle ville e ad 122 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio altre private abitazioni che sfruttano le bellezze del territorio, accanto alla tranquillità degli spazi immersi nel verde, sorgono vasti edifici e caserme destinati soprattutto alle famiglie dei militari in servizio all'Aeroporto civile e militare. Nel corso degli anni l'antico villaggio di Ivato si è sempre più ingrandito per accogliere, oltre agli abitanti dediti alla coltivazione delle attigue risaie, un numero sempre più crescente d’immigrati dalle campagne. Parecchie famiglie hanno abbandonato i loro insediamenti rurali per raccogliersi attorno al villaggio dove sperano di trovare più sicurezza, più comodità di vita e più possibilità di lavoro data la prossimità all'Aeroporto. La migrazione interna ha provocato molti problemi sociali: sfaldamento del nucleo familiare, ristrettezze e povertà, mancanza di abitazioni decenti, malattie, delinquenza e prostituzione, insomma degrado umano e sociale. Chi ha maggiormente sofferto e soffre ancora tale situazione sono i bambini, i ragazzi, i giovani. Molti poveri non vanno a scuola che per loro è qualcosa di superfluo, un lusso che non possono permettersi. Esistono ad Ivato le scuole statali dell'obbligo ed altre scuole private. Ma sono nettamente insufficienti ad accogliere la potenziale popolazione scolastica. I più poveri, poi, trovano sempre un alibi per l'evasione. Pertanto l'analfabetismo è molto diffuso. I Salesiani cercano di porre rimedio a questo cancro offrendo le loro strutture e i loro servigi. Ecco come si svolge la giornata tipo di ogni comunità 123 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano salesiana. Ci si sveglia presto. Dopo la preghiera e la colazione, si va col gruppo in giro per i villaggi fino a mezzogiorno. Unitamente ai catechisti e ai cooperatori si dà vita a momenti d’animazione: balli e giochi con i bambini e i ragazzi del villaggio. Tutti dimostrano entusiasmo nel vederli. Li accolgono sempre con sorrisi dolcissimi ed allegri canti, come se li conoscessero da sempre. Poi si pranza, magari con riso o pollo. Quando ci si trova nei villaggi, si condivide il cibo con gli abitanti del luogo. Nel pomeriggio si fanno attività di ‘grest’ aiutando gli animatori dei villaggi. In alcuni oratori 30 animatori riescono a tenere fino a 1.600 bambini, tutti con le loro fascette colorate in testa. In detti luoghi, a sera, l’impianto elettrico funziona esclusivamente per due ore. Solamente per tanto limitato tempo resta in funzione il gruppo elettrogeno elettricità. Tanto basta per affrontare i problemi e trovare tutt’insieme una univoca soluzione ai problemi. Ci sono molte difficoltà ma, coralmente, si superano. La forza dei Salesiani sta proprio nella collaborazione, nella centralità del colloquio. Gli spostamenti di villaggio in villaggio sono fatti a piedi o in jeep. Talvolta la missione dispone di fuoristrada più capienti. Le intricate disastrate vie e gli usurati mezzi non consentono spostamenti veloci. Ciò che colpisce don Cella è la completa assenza di cellulari, seppure di prima generazione. Per telefonare si ricorre alle cabine telefoniche, quasi tutte installate nei centri più grandi. Don Leonardo per comunicare con la fami- 124 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio glia in Italia si serve del telefono dell’Oratorio. Altrettanto fanno i suoi congiunti, ai quali ha comunicato in anticipo il numero telefonico e l’indirizzo, come dimostra un bigliettino di segnalazione inviato a parenti ed amici prima della partenza. Nell’animo sensibile di Leonardo si susseguono emozioni a catena. Da quando ha messo piede in questi luoghi, tutto gli sembra nuovo. Riesce a vedere ogni cosa con occhi di ragazzo e si meraviglia di tutto. Durante la visita compiuta qualche anno prima, si era accorto di poco o di nulla. Solo ora nota che quelle che gli si parano davanti sono facce molto sincere. Gli occhi dei bambini, molto belli ed espressivi, sono splendide stelle. Essi sorridono sempre, anche se al posto del loro cuore c’è una scarsella ricolma di problemi. Sarà la fede che aiuta loro a dimenticare la miseria e li sollecita a gustare appieno le piccole gioie della vita. La gente è ospitale al massimo e vede in te non il forestiero o il diverso, ma uno di loro. Dopo questa prima esperienza, durata alcune settimane, il sacerdote si sente ormai pronto ad affrontare il cammino verso la sua nuova e definitiva destinazione: Bemaneviky. Don Leonardo deve fare in fretta perché è vicina la stagione delle piogge e dei tifoni. Una mattina, forte dell’esperienza fatta ad Ivato, col consenso dei Superiori prende l’aereo di linea e due ore dopo è a Nosy Be, piccola isola molto ambita dal turismo internazionale. Qui s’imbarca su una piccola e sgangherata nave stracolma di passeggeri e di merci varie. Dopo un’avventurosa e massacrante navigazione sotto costa durata alcune ore, ap- 125 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano proda ad Ambanija. È questo il capoluogo della Sofia, regione, dove andrà ad operare. A bordo di un fuoristrada, che assiepa i passeggeri di giornata, si percorrono i venti chilometri che separano il luogo di sbarco da Bemaneviki. 126 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Bemaneviki Don Cella scende dall’auto tutto impolverato. Nota che si trova di fronte ad un variopinto agglomerato di case. Sono costruzioni di legno e capanne disposte alla rinfusa, una all’altra addossata. Di tanto in tanto la continuità è interrotta da piccole e vaste aree vuote. Il nucleo urbano conta oltre 3000 abitanti. “Quanto Rignano!” -pensa tra sé e sé don Leonardo. Le anime diventano molto di più se si contano le popolazioni che orbitano nei dintorni. Bemaneviki, infatti, è sede del distretto missionario ed ingloba 24 villaggi. Tutti appartengono alla diocesi di Ambanja. Quanti vi abitano vivono di agricoltura e pastorizia. L'unica strada percorribile in auto, durante la stagione secca, tra Ambanja-Bemaneviky-Marovato è quella in terra battuta, una pista piena di buche e di dossi. E’ quella stessa, tutta in terra rossa argillosa, che il nostro sacerdote ha dinanzi percorso. Durante la stagione delle piogge, di sovente la strada è impraticabile anche da un fuoristrada perché, sommersa dall’acqua, scompare del tutto. Sono i cicloni a provocare lo straripamento del fiume Sarimbano che inonda tutte le terre che lo co- 127 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano steggiano. Allora, i villaggi vengono raggiunti a piedi per sentieri che traversano la foresta o solcando le piantagioni e le risaie, o guadando il fiume e i ruscelli. A Bemaneviky i Salesiani sono chiamati a rispondere anzitutto alle molteplici necessità di cui un villaggio isolato ha bisogno. C’è poi da badare anche agli altri fronti. Il lavoro di evangelizzazione investe un vasto territorio che si estende per quasi cento chilometri. Vi sono dislocate, come detto, 24 piccole comunità. Don Antonio Gianfelice25 ci informa: “Occorre attraversare le acque melmose dell’Antseva, per raggiungere il villaggio di Antsahabe al fine di dare il conforto religioso ai cristiani del posto. Poi c’è l’oratorio che, secondo il costume salesiano, guarda con particolare attenzione ai giovani. Le attività svolte sono quelle tipiche, comuni a tutti i centri: teatro, cinema, sport, giochi. C’è, inoltre, l'impegno nel campo sanitario diventato concreto con l’apertura del dispensario, inaugurato nel dicembre 1989. Questa struttura, con la presenza continua di una dottoressa malgascia stipendiata dalla comunità, non ha risolto certamente il problema sanitario: mancano medici, strutture ospedaliere e soprattutto medicine alla portata delle povere tasche. A causa dell’assenza o della scarsa Assistenza Sanitaria Pubblica, con l’anzidetto dispensario la Missione Don Bosco di Bemaneviky costituisce l’unico riferimento della zona. 25 Don Gianfelice, pure di Rignano, ha vissuto qui la sua gioventù, dal 1981 al 1992. Per questo Salesiano sono stati gli anni di missione più impegnativi. 128 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Don Cella si accorge a prima vista della gravosa situazione, non si dispera. Da subito pensa a una nuova struttura da affiancare all’esistente, corredata però di attrezzature indispensabili a ogni immediato soccorso. Il suo sogno presto diventerà realtà grazie agli aiuti economici da parte d’innumerevoli e sensibili benefattori. L’altro suo principale interesse è di migliorare la scuola. Prima dell’arrivo di don Leonardo, i Salesiani avevano assunto da qualche anno la direzione dell’istituto già appartenuto alla Diocesi, che funzionava anche come Seminario. Si tratta del collegio cattolico "St. Antoine", con la Scuola Media e le prime classi di Scuola Superiore. La struttura ha anche l'internato per accogliere i giovani che arrivano da villaggi molto distanti. Don Cella comincia presto ad insegnare Francese ed Inglese. Don Cella vi insegnerà le sue lingue preferite: Francese e Inglese. In suo aiuto dal novembre 2007, verrà don Rosario Saro Vella, il futuro Vescovo, già missionario a Tulear e dintorni sin dai primi momenti di presenza salesiana. Non gli piace la vita sedentaria. Ha saputo che lungo il fiume c’è una miriade di piccoli villaggi. Qualcuno si trova anche in montagna, sperduto nella foresta, dove oltre alla fede manca tutto. Qui la vita degli uomini è allo stato primordiale. Vi sono pochi cristiani che diventano man mano che passa il tempo sempre più numerosi. L’esempio, la pratica religiosa, soprattutto l’assistenza ai bisognosi e agli ammalati sono motivi trainanti per la conversione al Cattolicesimo. 129 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano L’unico mezzo di trasporto per raggiungere questi luoghi è la piroga. E’ con questo rudimentale mezzo di navigazione, abilmente mandato avanti da esperte guide indigene, che don Cella attraversa il Sambirano e il suo affluente maggiore. Riuscirà sempre a raggiungere le mete. Lavorerà sodo per alcuni anni prima di conseguire risultati ottimali. Quasi sempre in questi posti s’intratterrà per più giorni condividendo vizi e virtù della popolazione Sakalava, una delle 18 etnie o tribù che costituiscono la comunità nazionale malgascia. 130 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio GLI SCRITTI 131 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano 132 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Dall’Italia Portici, 16 agosto 1950 O Signore, ecco che io ho lasciato tutto per seguirti. O Signore, ecco che io / ho lasciato tutto / per seguirti. / Non sia vano il mio sacrificio. / Il chierico / Leonardo Maria Cella / ricorda la sua prima / Professione religiosa e / Salesiana. / Portici, 16 agosto 1950 / Anno Santo 26 26 In frontespizio: immaginetta con effigie di Papa Pio XII; sul retro: Charitas est vinculum Perfectionis . Lateralmente: “A te, caro babbo” 133 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Rignano Garganico, Febbraio 1960 Profondamente riconoscendo a Dio… Profondamente riconoscendo a Dio / La Famiglia Cella Annuncia / l’Ordinazione Sacerdotale / del suo / Don Leonardo / Salesiano / Il Sacro Rito avrà luogo per le mani / di S. Em. Il Card. Maurilio Fossati nella Basilica di Maria Ausiliatrice / in Torino l’11 febbraio p.v. alle ore 7 / Rignano Garganico, Viale Sicilia 5 27 27 Invito – annuncio a cura della famiglia 134 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Torino, 11. 2. 1960 Il più gran dono che Dio possa fare ad una famiglia è un figlio Sacerdote Leonardo Cella/Salesiano/In ricordo della / ORDINAZIONE SACERDOTALE Torino, 11. 2. 1960 Il più gran dono che Dio possa fare / ad una famiglia è un figlio Sacerdote28 28 Frontespizio: Testone del Cristo di Leonardo; sul retro: L’anima mia magnifica il Signore (Luca 1.46) 135 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Carmiano (Lecce), 11. 6. 1968 Tanti auguri onomastici! Bacetti ai piccoli. Pius pp. XII 1968 /Tanti auguri / onomastici. / Bacetti ai piccoli / L. Cella / Auguri anche / alla piccola Antonietta.29 29 Cartolina. Sul frontespizio immagine di Pio XII benedicente. Sul retro è indicato il destinatario: Antonietta ved.Tancredi / presso Vincenzo Cella / Viale Sicilia Rignano Garganico 136 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Dall’Inghilterra Oxford, 6 agosto 1964 Ora potete sentire la grandezza e la bellezza della maternità e paternità. E’ questo un dono di Dio che vi fa simili a Lui… Carissimi, veramente non pensavo affatto alla / bella notizia quando è arrivato il /Telegramma. Notizia inaspettata e tanto / più gradita. Benvenuta Eugenia e tanti auguri /a voi! Ora potete sentire la grandezza e la bellezza della / maternità e paternità. E’ questo un dono di Dio che / vi fa simili a Lui, il quale ha voluto essere chiamato /e lo è Padre. Ringraziatelo, come io l’ho ringraziato. /Anche se non presente vi vedo felici e contenti e godo / della vostra gioia e ringrazio ancora una volta il Signore / di tanto dono. Immagino la mamma, ora nonna, come / sarà contenta perché si chiama come lei. Auguri anche a lei! / Sono uscito ieri per vedere se trovavo qualche cartolina da inviar- /Vi per l’occasione, finalmente l’ho trovata. Ho tradotto un po’ alla / buona le parole della poesia di un poeta indiano30, mi sono / sembrate delicate. Ancora congratulazioni e auguri! / 137 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Io sto bene, ho iniziato un nuovo periodo, questa volta / più impegnativo, ho in complesso 5 ore di scuola e poco /tempo a disposizione, per imparare bisogna fare sacrifici. / Qui adesso vi sono una ottantina tra preti e chierici venuti / dall’Italia, ci sono tre chierici inglesi… / Il tempo passa in fretta…una ventina di giorni. Il /tempo è stato buono fino ad oggi, stasera un po’ di pioggia. / Ho saputo che la campagna anche se non è anda / ta bene, vi ha permesso di pagare la prima rata, /anche questo mi fa piacere. So che hai tanto lavoro, / stai attento alla salute, ora doppiamente necessaria / alla famiglia. / Tanti auguri particolari a Maria, ho pregato e prego per lei. / Saluti affettuosi a voi, ai papà Vincenzo e Matteo, alle / mamme Antonietta ed Eugenia ormai tutti nonni e nonne. / Auguri anche per il Ferragosto. / Aff.mo Leonardo 30 Rabindranath Tagore (1861 - 1941), scrittore, poeta, drammaturgo e filosofo di Calcutta. Premio Nobel per la letteratura nel 1913. Anglicizzato, esercitò grande influenza nel mondo occidentale, con la traduzione delle sue opere in varie lingue. 138 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Dall’Irlanda DRUMREE Co Meath (Dublino), 14 luglio 1965 Un pensiero alla piccola Eugenia che cresca sana e buona… Un pensiero alla piccola Eugenia che cresca sana / e buona. Faccio al papà gli auguri per il Suo com- / pleanno. Tanti saluti / a papà e mamma, un ba- /cetto a te. Zio prete 33 e 34 33 Cartolina. Frontespizio:disegno di bambina genuflessa davanti al let- to che prega (collezione Bambforth) con didascalia “Until To – Morrow – Same Place Same Time – We are Now Closing Down”, ossia:“Fino a domani – nello stesso posto allo stesso tempo ora stiamo chiudendo! (nrd la giornata con la preghiera). 34 Indirizzo mittente::Sacred Heart Novitiato /Salesian Fathers / DRUMREE Co. Meath /IRELAND. Destinatario: Per Eugenia Cella / Viale Sicilia 3 / Rignano Garganico 139 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Irlanda, Luglio 1965 …Lascia stare la tua aureola e fa’una grande festa! Tanti tanti tanti auguri per/il tuo primo compleanno. Ti auguro / di crescere forte e buona perché / possa essere la consolazione di / papà e di mamma / Tanti bacetti / Zio prete. 35 e 36 35 Bigliettino pieghevole per compleanno. Frontespizio: disegno di bambina sovrastata da aureola con angioletti. 36 Sul lato sx: “To loosen /up your/ HALO /And/ REALLY / CELEBRATE! (Lascia stare la tua aureola e fa’ una grande festa!). Sul dx: HAPPY BIRTHDAY / (Buon Compleanno). All’interno, a dx: Disegno di bambina con due pulcini con sopra il saluto “Hello Angel! (Ciao Angelo!) e sotto la frase: “Hope you’ll find /it’s /Heavenly/ hupon this/ special Date” (Proverai che è una cosa bellissima in questa data…); a sx, il testo augurale. 140 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Dal Madagascar Primi di settembre 1992 Ho ricevuto più di quanto ho dato. Ve ne ringrazio. “Ho ricevuto più di quanto ho dato. / Ve ne ringrazio. / Chiedo scusa se non ho saputo dare di più. / Pregate per me Sac.Leonardo Cella” Tel. Ivato – Tananarivo 002612 4510337 - 38 37 Bigliettino inviato ai familiari, forse prima della sua partenza per il Madagascar con indirizzo mittente: Salésiens de Don Bosco Ecar – Bemaneviky 203 – Ambanja 38 A tergo del bigliettino, proverbio malgascio: “Gli uomini sono come il bordo di una pentola: formano un solo cerchio”. 141 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Bemaneviky, 24 dicembre 1992 (dalla cronaca) I protagonisti più calmi e tranquilli sono i bambini che fanno da Giovanni e da Gesù. Continuano i preparativi in chiesa: Leonardo ha sistemato in chiesa l’amplificazione, ha fatto le prove e sembra che tutto vada bene. Anche il presepe riceve le ultime rifiniture con lampadine a intermittenza. In mattinata cominciano ad arrivare i cristiani dai villaggi vicini. Non sono molti perché ormai la notte santa viene fatta anche a Marovato e poi quest’anno non ci sono battesimi dei bambini. Coi catechisti si è deciso di non ammazzare il bue, perché capita nella stagione quando comincia a mancare il riso ed è difficile raccogliere la quota di partecipazione anche se modesta. P. Bruno si presta per le confessioni. Il vociare allegro dei bambini riempie i cortili, ci sono gruppi che preparono canti. In attesa delle dieci e tenuto conto anche di qualche goccia d’acqua che fa temere il peggio si invitano i gruppi a seguirli nel foyer. La pioggia però non arriva. 142 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Alle dieci circa comincia la sfilata dei personaggi della natività, sono 50: tutto può servire per dare solennità alla rappresentazione, anche camici, pianete e casule vecchie, barbe finte, ali di cartone per angeli, i ragazzi che fanno le pecorelle con pezze colorate specie sul rosso sistemate a forma di vestito. L’inventiva c’è. Si recita a soggetto senza partitura scritta, si traduce il racconto nella coloritura malgascia, meglio Sakalava specie nell’uso della lingua. Solennità e semplicità, ma anche passione. Anche se Angelo dice di avr dovuto sudare camicie per farli venire alle prove. Stasera c’erano tutti. No, una delle donne alberghiere non si è presentata: ha dovuto assistere la figlia che ha dato alla luce verso le nove un bel bambino. Niente paura, la regista Marinasy ( una donna di un quintale e mezzo di stazza) sostituisce tutti. Il canovaggio della rappresentazione parte dalla caduta di Adamo ed Eva: un bel ramo di manga con frutta è stato sistemato nel presbitero e questa volta non è la mela ma il manga il frutto ptoibito. Il serpente caratteristico, sembrava più una volpe o un coniglio, ma il suo invito ha spinto subito Eva a mangiare il manga proibito e forse il serpente contento della vittoria ottenuta dà prova delle sue capacità striscianti e schiacciato dal castigo di Dio strisciando esce di scena. Questa parte iniziale serviva per mettere in risalto la fedeltà di Dio che aveva promesso il salvatore. L’apparizione a Zaccagnino, l’annuncio a Maria, il dubbio di Giuseppe e tutto il resto è collegato dal cronista narratore che legge dalla bibbia. Altro momento solen- 143 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano ne e caratteristico è quello di Erode che da vero Mpaniaka (re) malgascio sfoggia tutto il suo livore e la sete di comando, maltratando alla malgascia i suoi servi e gridando come un pazzo. I protagonisti più calmi e tranquilli sono i bambini che fanno da Giovanni e da Gesù. Curiosa l’adorazione dei pastori venuti con le loro pecorelle (una ventina di ragazzini che camminano carponi che belano intruppati e ben guidati dalle mazze dei pastori). L’adorazione dei magi solenne con i cammelli (due malgasci coperti da una lamba grande e la testa di cartone). A mezzanote comincia la Messa solenne, con canti nuovi preparati per la festa. In tutto due ore di canti e di preghiere. Il povero sottoscritto come al solito ha dovuto celebrare e fare la predica (tradotta) in malgascio. Il sonno ci ridona un po’ di riposo. 144 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Bemaneviky, 18.1.93 Qui non c’è il consumismo / Italia, quasi quasi non ti accorgi che è festa… Il Signore vi accompagni sempre. /Io prego per voi Carissimo Vincenzo, / sono ancora vivo anche se ho quasi dimentica / to da quanto tempo sono qui. Non c’è molto tempo per pensare ad /altro. C’è sempre qualche cosa da fare e qualche volta non c’è voglia di fare / niente. Comunque sto bene e spero altrettanto di te e di tutti. / Ormai siamo nella stagione delle pioggie, tutti i giorni e più volte / al giorno piove, c’è molta umidità, la temperatura è molto alta / specie se c’è il sole (questa dovrebbe essere la stagione calda). Ogni giorno c’è sempre una cosa nuova da imparare e non bisogna / mai meravigliarsi. Ormai qui hanno quasi tutti seminato/ il riso e come quando da voi seminate il grano. E’ cominciato / il periodo di magra. La gente qui è poco abituata a fare le / provviste come facevamo noi per il grano e l’olio e il vino, / e c’è già gente che viene a chiedere un po’ di riso per soprav / vivere promettendo che a raccolto avvenuto restituiranno, ma questo / si verifica raramente perché puntualmente si dimenticano che hanno / debiti. Spesse volte c’è capitato di restare senza pane. La farina viene dall’estero. / Ho ancora molte difficoltà con la lingua, perché 145 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano non ho tempo / per studiarla, riesco si o non a capire qualcosa o a dirla ma ce ne vuole / ancora di tempo! / Purtroppo la posta è molto lenta – ora sono le 10 di sera e viene / spenta la luce, ho acceso il lume a petrolio, come ai tempi di quando / eravamo piccoli, se ti ricordi. Ci sarebbero tante cose da dire, ma / anche tanto tempo per scriverle. Dietro questo foglio ho stralciato quello / che è stato fatto la vigilia di Natale. Qui non c’è il consumismo /Italia, quasi quasi non ti accorgi che è festa. Di notizie / non se ne hanno, la radio malgascia funziona solo qualche ora al giorno, / televisione nella nostra zona non esiste. All’oratorio proiettiamo video cassette / di quelle che abbiamo. Mi piacerebbe sentire più frequentemente vostre / notizie. Ora il foglio è finito, smetto di scrivere. Vi ricordo tutti. / Salutami tutti uno per uno, in particola zia Elisa. Un abbraccio / Leonardo Auguri a tutti per il nuovo anno e grazie per gli auguri (lato sx del testo). 146 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Bemaneviky, 27/11/93 Il Signore vi accompagni sempre.Io prego per voi… Mifalia siate felici! / Miravoa rallegratevi! / Caro Vincenzo e cara Maria /Vi giungano i miei /auguri per un Noely Sambatra. Spero stiate /bene anche le due “emigrate”. Io sto bene /e fino ad ora non ho avuto disturbi. Al / caldo ci si abitua come quando si stava alla /Pugghie. Annina mi ha scritto dicendo / che state bene. Il Signore vi accompagni sempre. /Io prego per voi. E’ cominciata la stagione delle /piogge e le strade si fanno impraticabili e per / questo anche le comunicazioni. Ci unisce il pensiero / E la preghiera. Ho celbrato la messa per papà /e mamma in questo mese, ho sempre con me / la loro fotografia. Se ti trovi a passare dal Cimitero. /Di’ una preghiera di suffragio per loro a nome mio. / Ti ringrazio. Vi abbraccio. Saluti a tutti.39 e 40 Leonardo 39 Bigliettino pieghevole a quattro pp. Frontespizio: l’Adorazione dei Magi con la scritta in malgascio: Mifalia! (Siate felici!) Miravoa! (Rallegratevi!) 40 All’interno e in quarta p. il testo augurale. 147 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Bemaneviky, 27 febbraio 1994 Auguro a tutti Buona e Santa Pasqua. Pregate per me. Carissima Annina, è da tempo che non ricevo vostre notizie / e forse voi attendete le mie. Sto bene, grazie a Dio, e l’essere qui non mi pesa se non per la responsa- / bilità che ho davanti a Dio di questa missione. / Avendo scritto a Napoli mandando delle notizie, ho / pensato di inviare copia anche a voi vi do un’idea / di quello che si fa, anche se i problemi delle / anime sono più grossi e non si vedono. / E’ venuto a trovarci il nuovo Ispettore che voi conosce - / vate già, è don Nicola Pecoraro che sta al Vomero. / abbiamo rimesso la radio, visto che la politica / non ha tensione. Volevamo regolarizzare le comunicazioni ma ci chiedono troppo e nell’attesa di una soluzione / comunichiamo con Napoli, anche se le condizioni atmo- / sferiche non sempre ce lo permettono. Per cui se avete da comunicarmi qualche notizia potete telefonare a Don Nicola / Pecoraro, Via Scarlatti 29 Napoli, tel. 0881 5786400. Fate leggere queste notizie a tutti i 148 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio familiari non li / nomino ma li ho tutti presenti, scrivo in fretta / è tardi e domani mattina vorrei far partire la lettera. / Non so se Grazia ha ricevuto il biglietto che le ho scritto a proposito degli occhiali da vicino. / Auguro a tutti Buona e Santa Pasqua. Pregate per / me. Un abbraccio a tutti, prima di tutti a zia Elisa. / A Emanuele spero di scrivere una lettera per dare indica- / zioni di medicina, da Napoli preparano un container, salutamelo. / Statemi bene Veloma 149 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Bemaneviky 27 febbraio 1994 Il Cristo Risorto vi ricompenserà Carissimi Confratelli, Cooperatori Amici e Benefattori, / mi accingo a scrivervi e spero di arrivare alla fine: c’è sempre qualcosa che incalza e si rimanda sempre. / Stralcio le notizie e da una lettera che ho scritto a Don Zuppini a Tana. Innanzitutto / grazie delle lettere, le notizie, gli auguri pervenutici in occa - / sione della venuta del Sig. Ispettore. Noi stiamo tutti bene, / abbiamo avuto anche noi un ciclone, ma non rovinoso come quello / di Tana e sud Madagascar. Abbiamo avuto pioggia quasi continua e forte da martedì 1 febbraio fino a venerdì e l’acqua del Sambi - / rano è venuta a visitarci, il campo da gioco e il nostro giardino / tutto allagato, ma non di più, niente scuola. In Tanàna invece le / cose sono andate piuttosto male perché l’acqua straripata in / alcuni punti ha toccato un metro e mezzo e la gente era tutta / indaffarata per mettere in salvo le masserizie. La sera del venerdì due famiglie hanno chiesto di dormire da noi e le abbiamo / alloggia- 150 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio te sopra al foyer. Avevamo la riunione dei catechisti ma / non si è visto ombra. Anche l’onomastico di Biagio è saltato / perché è stato bloccato dal Sambirano a Marovato e ci siamo visti / domenica sera. L’onomastico l’abbiamo festeggiato lunedì, gior - / nata dedicata al ritiro mensile della comunità. Abbiamo un gene - / ratore di corrente bruciato a giugno del 92, l’abbiamo dato ad un / tecnico di Ambanja, Njaka, e fino ad oggi non siamo riusciti ad / averlo ( a settembre scorso si è bruciato l’altro che avevamo e / siamo rimasti con un generatore piccolo, vecchio e siamo sempre / con la paura che ci lasci senza luce, per questo abbiamo dovuto / interrompere l’erogazione della corrente alle Suore mentre il / Seminario ha dovuto riparare quello che aveva e quindi si è reso indi - / pendente). Finalmente Njaka / il tecnico malgascio che da un anno / e mezzo ripara il nostro generatore / aveva detto che l’avvolgi - / mento del generatore andava bene e che sarebbe venuto sabato scorso, ma che a causa della pioggia e della strada non è venuto./ Andiamo avanti con il piccolo generatore a gasolio che però / arranca, ci sono piccoli abbassamenti di tensione perché ci / vorrebbe un pezzo da sostituire, ma non ne abbiamo, né sappiamo come / ordinarlo, per questo forse il video registratore della direzione dell’oratorio è saltato e quello del teatro fa le bizze, dopo un / po’ l’immagine si mette a tremare e non si vede più niente, non / parliamo del computer che marcia all’oscuro, cioè non si illumina / il video e bisogna cercare i comandi con una lampadina. 151 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Anche il trattore ci ha fatto un brutto scherzo la sera di sabato / 29 gennaio, vigilia della festa di Don Bosco è rimasto infossato / con tutte le giaculatorie di Biagio correndo di qua e di là si è potuto tirarlo fuori e farlo rientrare la sera alle 10. / Le grondaie non funzionano a dovere e abbiamo avuto acqua nella sala / di lettura. Ho chiamato Gilbera che ha fatto qualche ripa - / razione, abbiamo tolto qualche cartone della controsoffitta sostituito / con tolle41, pulito i canali di scolo, cementata qualche / crepa, conclusione…come prima! Ieri sera ha piovuto non solo / fuori ma anche dentro. Come vedete c’è da stare allegri e lo / siamo nonostante tutto, siamo sereni e facciamo quel / che possiamo. Abbiamo saputo che all’Ispettorato stanno preparando un container / e abbiamo dato indicazioni del materiale che desideriamo so - / prattutto per “la cattedrale basilica di Maria Ausiliatrice” / ( Biagio mi corregge… del S. Cuore) a Marovato (noi abbiamo qui / la piccola cappella a M. A.). / Abbiamo avuto la visita di Sig. Domenico da Majunga un confra - / tello Salesiano che sta a Majunga, a circa 600 chilometri da noi, ci ha fatto / veramente piacere e ci ha aiutato a entrare anche nei problemi di / quella Casa, ma soprattutto la nostra fraternità è cresciuta. / Nella parrocchia, a parte il mio problema di parlare (tra italia - /no, francese e malgascio non riesco più a sapere che parole uso), / si fa quello che si può ma sentiamo che siamo pochi. Abbiamo fatto / la novena dell’Immacolata, con la riunione 152 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio dei catechisti e / soprattutto con tre giorni di convegno della ZMM e LKM (figlie / di Maria e Uomini Cristiani del Madagascar – l’Azione Cattolica / uomini e donne), venuti anche dai villaggi vicini, e la celebra - / zione solenne dell’Immacolata; la partecipazione dei cristiani non è stata numerosa perché non considerata come festa di precet - / to. Abbiamo fatto anche la novena di Natale, la grotta con i / pastori, la serata di canti prima della veglia di Natale. Il Sig / Ispettore e Don Nicola Pecoraro erano presenti e hanno reso più familiare il santo Natale. / Il 9 gennaio ci sono stati 26 battesimi di bambini. / Per Don Bosco abbiamo ripetuto le iniziative e le attività tra dizio - / nali, cercando di migliorare e rendere più efficace questa ricorrenza: il campionato di calcio COUPE DON BOSCO allargata alle / diverse età dei giovani, tentativo di inserire altri sport oltre / il calcio; anche un gruppo di ragazze ha fatto il suo torneo di calcio ragazze. Il CONCOURS DON BOSCO con canti, poesie e scenette / è stato diviso in due momenti, venerdì per i cantanti le scenette / e le poesie e sabato per i cori, ci sono stati anche lavori / manuali disegni e ricami; di tutto questo Sarira ( è uno dei primi / salesiani malgasci che sta facendo il tirocinio qui a Bemaneviky / ed è responsabile dell’oratorio) sta preparando una relazione e / sarà più preciso. Una novità che abbiamo voluto introdurre è / stata la KERMESSE il sabato 29: alle ore 8 è stato proiettato / il Ragazzo del sogno e il film Don Bosco. Alle 10,20 ha avuto inizio / la KERMESSE. Numerosi giochi hanno dato la possibilità di 153 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano manife - / stare le varie abilità dei partecipanti e le vittorie abbinate a / biglietti che permettevano di ricevere tante belle cose / esposte. Il giorno della festa è stato il 30, domenica. Tenuto / conto dell’esperienza dell’anno scorso, abbiamo voluto fare la / processione al mattino prima della messa, per avere più parteci - / pazione e per uno svolgimento più devoto anche perché alla sera / all’oscuro non va più bene. Vi hanno partecipato quasi 850 persone, un buon gruppo di bambini / ragazzi e giovani. Finita la messa c’è stata la premiazione dei vari / vincitori. A mezzogiorno abbiamo fatto il pranzo come / da tradizione con le suore e i responsabili del Seminario. Un momento di fraternità che aiuta molto nella convivenza. Nel pomerig - /gio la finalissima delle ragazze con grande tifo e grida dei tifosi, ma molto di più delle tifose delle due squadre. A sera il / video ha chiuso la festa. Alla verifica della festa che abbiamo fatto in comunità, abbiamo / notato che non tutti i cristiani dei villaggi possono partecipare, / a causa della pioggia e delle cattive condizioni delle strade. / Abbiamo cercato nel calendario una data che potesse essere buona / e purtroppo non abbiamo trovato spazio in altri periodi / a meno che non si faccia una festa unica di San Domenico Savio Don / Bosco e di Maria Ausiliatrice . / Abbiamo ordinato medicine per circa 4 milioni a Tana, non sappia - / mo se sono arrivate perché le avrebbero richieste all’estero / a condizione che venissero pagate all’estero. Per questo ordina – tivo come di altri ci siamo serviti dei confratelli della Sici - / 154 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio lia. Intanto qui cominciano ad essere a corto. Abbiamo saputo che / Don Mimmo Alvati alla fine di marzo verrà qui e resterà nel / periodo di pasqua. Verrà con Don Zuppini in visita canonica, la / prima da quando il Madagascar è divenuta Circoscrizione. Siamo / contenti di averlo qui con noi e avremo la possibilità di sentire / di persona tante belle notizie dell’Ispettoria e degli Amici del / Madagascar. / Il consiglio di Circoscrizione ha approvato la costruzione della chiesa a Marovato, ne abbiamo parlato con l’Ispettore Don Emidio. / Biagio è contento e si sta preparando per chiedere aiuti di / persona a voi dovendo venire in Italia per la fine di giugno / prossimo. Per maggio aspettiamo due muratori inviati da Don Maggi / responsabile del VIS e speriamo di essere aiutati da loro ad / avere un quadro della situazione delle varie cappelle dei villag - / gi e della sistemazione di alcuni ambienti della Casa. / E’ da diversi giorni che ho cominciato questa lettera, scrivendo / talvolta alla cieca, certamente ci sono errori ma fate come / Dio che riesce a leggere anche tra le cose storte. / Abbiamo ricevuto la comunicazione della venuta della Madre Gene- / rale delle FMA, ci uniamo a loro e a voi in spirito nella pre - / ghiera. Abbiamo saputo della morte di Don Pasquale Massa - / ro, abbiamo pregato anche con la comunità parrocchiale e gli aspiranti. / (In questo momento il video del computer si è spento e sto scrivendo alla cieca), / Per le ceneri abbiamo seguito la tradizione che vuole che si / celebri la sera alle 5, gli incaricati della liturgia però non si / sono fatti vedere, colpa della pioggia che ci ha tenuto 155 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano sul chi / va là per tutta la celebrazione : quasi tre ore, perché abbiamo inserito la liturgia penitenziale, molti si sono confessati e io / ho fatto il mio meglio per capire e farmi capire, purtroppo / eravamo solo in due a confessare, purtroppo Biagio “funziona” a / Marovato, Padre Jean ha detto che aveva molti impegni ad Albanja, / per cui è rimasto solo Padre Etienne con me, ma verso le 7 (di sera) / ho dovuto far interrompere le confessioni se no si faceva troppo / tardi. / 19 febbraio 1994. La partecipazione dei fedeli è stata buona, ma come parlare di / digiuno quaresimale a molti cristiani che non hanno gran che da / mangiare ( questo avviene anche perché non sono abituati a / fare buone provviste per la stagione delle piogge) e siamo nel periodo / in cui la stagione è morta e non produce a causa delle piogge? / E’ arrivato un altro ciclone dal Canale di Mozambico e ha / ripreso a / piovere. Sono al 27 febbraio, i cicloni sono passati ma / ogni giorno in momenti diversi la pioggia viene a visitarci, / molta gente lavora nei campi di riso e speriamo che il raccolto (comincerà a giugno) sia buono. / Con frera42 Sarira in queste domeniche di quaresima si va in tour - /née nei villaggi vicini, Sarira fa fare un po’ di ritiro / aiutato dai ragazzi delle associazioni di Bemaneviky, io confesso / e celebro la messa, spiegando alla meglio la parola di Dio. / Se vi ho annoiato, perdonatemi ma è ora di chiudere. / Non so se questa lettera vi arriverà per Pasqua, cosa molto / improbabile, ma credo che le preghiere arriveranno subito e il / Cristo Risorto vi ricompenserà. / Chiudo qui con i saluti di Biagio e di Sarira, 156 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio stiamo / bene e preghiamo per voi./ In unione di preghiere / Buona Pasqua a tutti ! Veloma ! / Bemaneviky 7 – 27 febbraio 1994. 41 Forse “zolle”. 42 Frèr 157 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Bemaneviky, s.d. 1994 Una preghiera! Don Cella. Bigliettino a doppia anta con disegno di calice ed ostia in frontespizio e all’interno lo scritto autografo: Una preghiera. Don Cella 158 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Bemaneviky 16 settembre 1995 …Un abbraccio forte forte a tutti e Preghiere… Carissimo / a Tonino e Cristina43, non è da / molto che non ci vediamo, ma sem - /bra ugualmente tanto tempo fa. Come state, cosa fanno i pupilli come è an - / data la scuola e come andrà ? / Io ho riprese le mie attività, incontri men- / sili con i Catechisti qualche visita ai villaggi più vicini per celebrare la messa. / L’Oratorio ha fatto 4 settimane di “Estate / Ragazzi” che ho impegnato in attività / varie (catechesi, cucito, disegno, falegnameria / lavorucci in Terracotta, quadretti… giochi e tan - / to tanto canto come piace ai malgasci / In questi giorni iniziamo la costruzione / della chiesa a Marovato. Per il nuovo arrivo / saremo in tre e ci dovremo arrangiare di più . /I ragazzini della Scuola Materna / di Marovato e Bemaneviky si sono fatto onore /quelli della scuola elementare pure, non tanto / gli alunni del Liceo a causa dello sciopero / degli insegnanti a cui non è stato corrisposto / l’aumento del mensile secondo la leg- 159 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano ge. Il vescovo da cui dipende la scuola non pagata. / Speriamo bene per l’anno nuovo. / Salutatemi il Parroco e gli amici, grazie ancora / per le offerte. / La mia salute va anche se c’è ancora un / po’ di gonfiore alle caviglie. Gli occhiali vanno / bene. Se scrivete mi farà piacere, ci vor - / rà un po’ di tempo per arrivare ma arriverà. / Un abbraccio forte forte a tutti e Preghiere. Leonardo44 43 Ai coniugi Cristina e Tonino Mangiacotti – San Giovanni Rotondo 44 Sul lato dx disegno con contadino malgascio che semina il riso. 160 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Bemanevichy, 20 / 3 / 1997 Che la pace di Cristo regni nei vostri cuori! Carissimi, da un po’ di tempo / che non ci scriviamo anche se / ci siamo sentiti per telefono. / Certamente volete sapere se io / sto bene e vi accontento subito dicendo che / io sto bene, grazie a Dio, e così spero anche di voi tutti. / Sta per finire la stagione delle piogge, fa caldo / e si suda ma si può sopportare. La gente è / molto preoccupata non ha da mangiare e / molti vengono a chiedere aiuto, faccio quello che / è possibile, il problema è che dicono che ti restitui - / ranno quanto ricevono, riso o soldi, ma poi si dimenticano. Le strade sono praticabili e le visite / ai villaggi vengono ridotte. Tra insegnamento alla / scuola, il catechismo per la cresima le riunioni / dei catechisti e le altre cose, c’è sempre da fare. / In prossimità della Pasqua facciamo un pellegrina - / gio alla croce che si trova sulla via per Amban - / ja ai confini della nostra parrocchia, si parte la / notte con la luna e si va a piedi e si 161 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano cammina a piedi / per circa 6 ore cantando e pregando si arriva alla / mattina, si celebra la messa e poi si ritorna / Ai primi di marzo abbiamo avuto circa quaranta / battesimi di bambini. Il problema è di preparare: / genitori quando ci sono a interessarsi dell’educazione / religiosa dei loro figli, per molti infatti ricevuto il batte - / simo si pensa che tutto è finito e che si ha il biglietto / di entrata nel Paradiso. Cerchiamo di seguire anche / i ragazzi che vanno a scuola, aiutiamo quelli che non hanno la possibilità che non han - / la possibilità di comprarsi i quaderni (di libri non se - / parla) e le penne, bisogna controllarli perché spes - / so non si presentano a scuola dato che i genitori si interessano poco o niente. Ci stiamo preparando a gesti - / re noi la scuola privata di S. Antonio che finora ospita / anche i seminaristi e questo comporta altro lavoro / di organizzazione e programmazione. La notte di Pa - / squa ci saranno di nuovo battesimi per i catecumeni / che hanno studiato catechismo per tre anni. Non so / ancora con precisione quanti saranno. Per le Palme si fa la benedizione delle Palme e / la processione e poi la messa. Il Venerdì Santo ci sarà la Via Crucis / vivente. E dopo Pasqua saremo a Tana per il ritiro e / per le riunioni formative e programmatiche. Nel / frattempo le piogge saranno cessate. Chiudo augurando / a tutti felice e santa Pasqua. Vi accompagno con la / preghiera. Un abbraccio e un saluto a tutti specie a zia Elisa. /Leonardo 162 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio CRONACHE 199545 Dal / Madagascar / Ricordi, fatiche, avven - / ture, progetti…/ “ Abbiamo fiducia nella Provvi - / denza e nell’aiuto di Maria Aus - / liatrice. Siano essi a ricompensar – ci per tutto quello che avete fatto / e farete per Bemaneviky” / (Dalla lettera di Don Leonardo Cella del 10/07/95) Festa di Maria Ausiliatrice / Carissimi Amici e Benefattori, / vi ho ricordati tutti il 24 del mese / come voi ben sapete e soprattutto il / 24 maggio dedicato alla nostra / Mamma Ausiliatrice. Non abbia - / mo solennizzato la festa che dome - / nica 28 per dare occasione a tutti i / cristiani di partecipare alla proces / sione per le vie principali del vil - / laggio e devo / dirvi che è stata / degna coro - / nazione / dell’omaggio / alla Madonna / per il mese di / Maggio: come / sapete tutte le / sere del mese di / maggio recitia - / mo il rosario / nelle famiglie / che ce lo chie - /dono. Abbiamo / insegnato e can - / tato “Ausiliatri - / ce vergine bel - / la” tradotta in / malgascio. Il / sabato sera ab - / biamo pregato / il rosario con le / diapositive e / abbiamo mes- 163 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano so / un’intenzione / particolare per / voi tutti. Avventuroso ritorno a Bemaneviky. / Sono ritornato a Bemaneviky dopo / la partecipazione al Capitolo Ispet - / toriale subito dopo Pasqua. Per / rientrare a Bemaneviky è stata / un’avventura. La strada molto ma - / landata a causa delle molte piogge / non permetteva di usare l’auto ed / ho dovuto viaggiare in trattore / messomi a disposizione da un ami - / co di Ambanja e non vi dico i balli / che mi sono fatto mentre il trattore / faceva su e giù, girava a destra o a / sinistra per seguire il tracciato tutto / fosse e carreggiate profonde piene / di acqua e di fango, altro che mo - / tocross. Ad un certo punto il tratto - / rista con il rimorchio è rimasto bloccato / e dopo trafficato parecchio, / grazie anche alle capacità del trat - / torista siamo riusciti a proseguire / fino ad Ambodifinesy, un villaggio / a 4 chilometri da Bemaneviky: il trattore / non poteva più andare avanti e ab - / biamo dovuto fare trasloco con tut - / ta la roba che avevo portato / dall’Italia, passare a piedi tutto il / villaggio mentre il trattore tornava / ad Ambanja. Come il Signore ha voluto, siamo / arrivati a Bemaneviky che era già / scuro, contento di essere tornato / alla “casa paterna” ma ammaccato / parecchio nel corpo. Evangelizzazione e Sacramenti / Subito al lavoro per preparare la / riunione dei catechisti, partecipare / alla festa di S. Antonio protettore / della Parrocchia. 164 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Il nostro chierico Sarira ha orga - / nizzato la festa di S. Domenico / Savio con la riunione delle varie / associazioni provenienti dai vari / villaggi; è iniziato il campionato di calcio “Coppa S. Domenico Sa - / vio” che finirà il 16 luglio. La catechesi a fine anno scolastico / ci dà la possibilità di amministrare / i sacramenti della Prima Comunio - / ne (57) della Cresima (53) e di / accogliere i catecumeni che hanno / cominciato la catechesi (51). Se / aggiungiamo gli altri 60 che hanno / ricevuto il Battesimo a Pasqua ab - / biamo un quadro di quanto si riesce / a fare con l’aiuto di Dio e l’Ausi – liatrice. Per Pentecoste abbiamo fatto la ve- / glia con la meditazione della “Via / Lucis”. Abbiamo fatto tradurre il / testo commento dell’L.D.C. e ab- /biamo adattato le diapositive prese / dai misteri gloriosi. Nel frattempo è rientrato Don / Mimmo Alvati dall’Italia la cui / presenza ci ha rincuorati un po’. In / questo periodo non ha fatto visite / ai villaggi la domenica, ma sono / stato tre volte ai villaggi vicini in / occasione della morte di cristiani. / Purtroppo i villaggi erano al di là / del fiume e ho dovuto attraversarlo/ a piedi con l’acqua che mi arrivava / al petto e come se non bastasse ho / dovuto fare buona parte del resto della strada a piedi scalzi invidian - /do i piedi del catechista che mi / accompagnava perché erano incal - / liti mentre io…ricordavo quando / ancora ragazzo spesso andavo scalzo per il paese. / Come vedete ci / si consola sempre pensando ad altro! Partecipazione al / Capitolo. / Vi sto scrivendo dalla capita- 165 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano le/ Tana dove abbiamo concluso la/terza sessione del Capitolo della / Circoscrizione in preparazione al Capitolo Generale. Ho pensato di venire a Tana in / Toyota; la strada è ormai asciutta, / non c’è più fango e non si affonda, / ma bisogna cercare con il lanterni - / no dove passare senza scossoni, / tante sono le buche e le carreggiate / che si accavallano da sembrare di / stare sulle montagne russe. Abbia - / mo fatto 930 Km in due giorni /partendo la mattina alle quattro e / facendo sosta a un terzo della / strada presso i missionari Cappuc-cini ad Ndrevorevo. Eravamo in / due: il chierico Sarira e io. Ci siamo / dati il turno e abbiamo sostato solo / per il pranzo in uno dei tanti hotel / che si trovano, ma che di hotel han - / no solo il nome; non c’è molto da / scegliere: riso con brodo di carne / di bue o di pollo a scelta. Non costa / molto, solo duemila lire a testa. Purtroppo non ci sono speranze di / miglioramento; se voi in Italia vi / lamentate della politica, qui non ci si lamenta, si subiscono le conse - / guenze con una inflazione galop - / pante, i prezzi che salgono, salgo - /no e la gente non ha dove prendere / i soldi. In questo periodo non ci / sono grossi problemi per chi ha un / pezzo di terra coltivata a riso: è la / stagione della raccolta e di fame / non si muore; ma cosa sarà nel periodo delle piogge quando non ci sarà nulla? Per ora la gente non ci pensa, meno / che meno i giovani per i quali ogni / occasione può essere occasione di / festa, tanto ci si accontenta di poco. “Estate ‘95” / Don Mimmo e Sarira stan- 166 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio no prepa - / rando l’”Estate ‘95” che accoglierà / oltre trecento ragazzi e giovani che / si impegneranno a seguire la cate - / chesi con i giochi e lavori manuali / che li terrà occupati dalla fine di / luglio alla fine di agosto: si fermeranno all’Oratorio per il pasto di / mezzogiorno, daremo loro qualche / ricordino e ci auguriamo che ne / traggano profitto. Abbiamo cerca - / to aiutanti per tutte le attività e in / questi giorni si fa un corso accele - / rato di preparazione e programma - / zione di tutte le attività. Sentiamo / un po’ la mancanza di volontari. Vi ringrazio per / l’accoglienza e la / simpatia. Vi ringrazio ancora una volta per / l’accoglienza e la simpatia mostra - / tami nella mia permanenza in Ita - / lia. Mi ha fatto piacere rivedere / tanti amici sempre generosi / nell’aiutare il nostro lavoro. Parte delle offerte sono state impegnate / per la scuola materna di Marovato sotto il patrocinio di Don Biagio, / parte per la scuola materna delle / Suore Francescane a Bemaneviky, / parte per gli aspiranti, per l’acqui - / sto di libri e per la catechesi e dizionari malgascio – francese – ingle - / se da offrire agli alunni al loro rien - / tro a scuola a settembre. Non ancora abbiamo cominciato la Chiesa a Marovato perché non è / ancora possibile prendere la sabbia / al fiume e comprare la breccia a / motivo dell’acqua alta che non per - / mette al trattore di andare / dall’altra parte del fiume ove si / trova Marovato. Abbiamo acqui - / stato il ferro, ma non ancora il ce - / mento, in più abbiamo dato un ‘of - / ferta ai vari cate- 167 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano chisti dei villaggi per / animare la vita cristiana. Stiamo facendo riparare il gene - / ratore di corrente e ci vorranno un / bel po’ di soldi; abbiamo acquistat - / to delle medicine per una decina di / milioni poiché il nostro dispensa / rio deve far fronte alle richieste di / molti malati che non hanno soldi. / Ma abbiamo fiducia nella provvi - / denza e nell’aiuto di Maria Ausi - / liatrice. Siano essi a ricompensarvi per tutto quello che avete fatto e / farete per Bemaneviky. Vi / ricordo nella preghiera, vi saluto affettuo - / samente. Veloma! Sac. Leonardo Cella. 45 Articoli apparsi sul periodico “Alba – Mad “ – Servizio informazione Albania e Madagascar – Settembre 1995 – n. 9 a cura dell’Ispettoria Salesiana Meridionale di Napoli. 168 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio GALLERIA FOTOGRAFICA 169 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano 170 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Fototessera di don Cella alle scuole salesiane, anni ‘50 171 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Rignano, anni ’50. In prima fila da sx: i germani Maria Anna (Nannina), Cristina e Vincenzo; in seconda, da sx: papà Matteo, nonna Mariannina, don Cella con mamma Eugenia e zia Elisa, seminascosto il figlio di M. Cisternino autista Sita di S. Giovanni Rotondo 172 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Torino, fine anni’50. Don Cella (I fila, ultimo a dx) studente di teologia alla Crocetta Torino, fine anni ’50. Don Cella sulla riva del Po 173 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Torino, 11. 2. 1960. Don Cella celebra la prima S. Messa nella Basilica di M. Ausiliatrice 174 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Torino, 1960. Don Cella con amici e cooperatori Corigliano d’Otranto,10.11.1969. Don Cella, con don Angelo Gentile, don Giuseppe Resta e gli aspiranti di Rignano. 175 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Corigliano, 1969. Don Cella attinge l’acqua da un pozzo. Napoli, 1989. Don Cella (I a dx) e gli altri direttori rignanesi in una foto-ricordo con il Rettor Maggiore don Egidio Viganò. 176 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Rignano G., 16 agosto 1990. Don Cella (2° in fila) alla processione di San Rocco Rignano Garganico, Agosto 1990. Pranzo di conciliazione in casa di V.Cella. Don Leonardo con i salesiani rignanesi e il parroco don Pasquale Granatiero. 177 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Bemaneviky, 1995. Don Cella all’interno della Cappella dell’Oratorio salesiano Bemaneviky, 1995. Benedizione del riso e nel retro il testo esplicativo: “Alla festa del Corpus Domini c’è l’uso / di benedire il riso nuovo che servirà / per la semina a novembre. / I ceri sono messi davanti all’altare / della Madonna da quelli che hanno / fatto la I Comunione”. 178 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Bemaneviky, don Cella con amici ‘posano’nel piazzale dell’oratorio Bemaneviky, Don Cella con confratello a lavoro 179 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Castellamare, 2006. Don Cella con i germani (sx) Cristina, Vincenzo e Maria Anna (dx) 180 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio APPENDICE Documenti originali 181 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Portici, 1950.Ricordo della professione religiosa di don Cella Torino, 1960. Ricordo dell’ordinazione sacerdotale di don Cella 182 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Rignano Garganico, Gennaio 1960, annuncio ordinazione sacerdotale di don Cella 183 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Lettera da Oxford (Università), 1964, dove Don Cella, studia Inglese, inviata ai congiunti per la nascita di Eugenia Cella. 184 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Inghilterra, 1965. Cartolina augurale indirizzata alla nipotina Eugenia Cella 185 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Inghilterra, 1965. Cartolina augurale indirizzata alla nipotina Eugenia Cella, frontespizio Inghilterra, 1965. Cartolina augurale indirizzata alla nipotina Eugenia Cella, retro. 186 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Carmiano (Lecce) 1968. Cartolina con foto Pio XII, frontespizio Carmiano (Lecce) 1968. Cartolina con foto Pio XII, retro 187 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Rignano G. - Ricordo 25°anno di sacerdozio di don Cella 188 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio MADAGASCAR 1992 189 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Retro del bigliettino, proverbio malgascio: “Gli uomini sono come il bordo di una pentola: formano un solo cerchio” 190 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio 1994 191 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Bigliettino augurale s.d. 1994, con calice e scritto inviato a parrocchiane rignanesi 192 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Bigliettino augurale a doppia anta 193 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano 194 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio 1994 195 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano 1994 196 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio 1994 197 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano 1994 198 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio 1994 199 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano 1995 200 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio 1997 201 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano 1997 202 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio 1997 203 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano LA VITA E IL MINISTERO46 Un altro insigne rappresentante della cospicua schiera dei salesiani rignanesi è venuto meno. Si tratta di don Leonardo Cella, deceduto il 29 agosto 2011 presso l’Istituto “San Domenico Savio” in quel di Salerno. Ieri pomeriggio sono stati celebrati nella Chiesa Matrice “Maria SS. Assunta” solenni funerali, officiati da tantissimi confratelli e seguiti con viva commozione da una folla di compaesani e di ospiti esterni. Primogenito di quattro figli, Don Cella nasce nella casa di Via Croce 15 a Rignano Garganico il 28 aprile del 1932 da Matteo, caldaista e meccanico tuttofare (1902 – 1986) e da Eugenia Limosani (1906 – 1974), casalinga. Sin dai primi anni di vita viene educato, soprattutto con l’esempio, al credo e all’osservanza dei precetti cristiani. Si tratta di un ‘modus vivendi’ comune alla maggior parte delle famiglie rignanesi sommerse in quegli anni dapprima dalla paura dei bombardamenti e dalla miseria e poi, dopo l’avvenuta liberazione degli americani, dall’ansia e dal desiderio di un 204 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio futuro migliore. Una situazione che diventerà in seguito “humus” fertile di copiose vocazioni religiose. Frequenta le scuole elementari del paese, dividendo il suo tempo tra gioco, studio , spesso dando vantaggio al primo, ma senza danno al profitto, perché riesce sempre a rimediare l’indispensabile. Durante quegli anni di scuola e di esercitazioni in divisa da Balilla si fa notare ed ammirare per il carattere riservato ed amante più del fare che del dire. Insomma, si rivela ad ogni pie’ sospinto un ragazzo vispo e generoso, sempre disponibile e pronto ad affrontare con il sorriso sulle labbra ogni sacrificio e fatica. Lo fa con zelo, attratto fortemente dalle figure del padre Matteo e dello zio Giuseppe, entrambi uomini pratici e decisionisti nel risolvere i problemi esistenziali delle rispettive famiglie. Come pure resterà sempre legato negli anni a seguire alla mamma Eugenia, alla nonna Mariannina e alla zia Elisa, matriarche d’altri tempi ed esempi di vita insostituibili. Al termine degli studi scopre con chiarezza la sua naturale vocazione religiosa: vuole farsi salesiano, attratto com’è dalla figura e carisma di don Angelo Gentile, seguace di don Bosco di levatura nazionale. E questo in conformità al suo spirito d’intraprendenza e di avventura, che lo spingono a detestare le comodità della vita sedentaria e a preferire i pericoli e l’incertezza di nuovi percorsi. Al termine della guerra, lo troviamo allievo nell’Istituto “San Giovanni Bosco” di San Severo, città dove anni prima aveva 205 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano dimorato per ragioni di lavoro la famiglia. Terminate le medie, frequenta le ginnasiali presso l’Istituto Salesiano di Torre Annunziata, dove veste per sempre l’abito di don Bosco. Concluso il noviziato viene mandato alla Crocetta di Torino, dove compie sino in fondo gli studi superiori di filosofia e Teologia. Nel frattempo frequenta la facoltà di Lingue Straniere, specializzandosi, dopo diversi soggiorni in Gran Bretagna, in lingua inglese, oltre al francese e allo spagnolo. Nel 1960 viene ordinato sacerdote nel Capoluogo piemontese. Nel medesimo anno celebra la sua prima messa nella chiesa matrice “Maria SS. Assunta” del paese natale. Quindi, è in Puglia, dapprima a Bari, poi nel Salento, dove insegna in vari Istituti e acquisendo man mano la direzione di alcune case salesiane: Bari, Carmiano, Santeramo, Corigliano d’Otranto, Cisternino,ecc. Infine, è in Calabria, a Soverato. Alla fine degli anni ’80 torna in provincia di Napoli ed è nominato Ispettore Vicario del Salesianesimo del Sud. Si fa notare ed ammirare ovunque, durante le sue visite ispettive, per la sua concretezza e decisione nella soluzione dei problemi. In quel periodo gli tocca ispezionare anche le case di missioni in Madagascar e si accorge che c’è estremo bisogno di altro personale missionario e di sostituire alcuni di essi con forze più fresche. Cerca, ma non trova. Così, a 60 anni appena compiuti è lui stesso ad andare in missione, come in seguito si scriverà a parte con più dovizia di particolari.. Lavora sodo e riesce anno dopo anno ad alleviare le sofferenze e l’arretratezza di quelle 206 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio genti, mettendo a frutto la sua intensa voglia di evangelizzazione. Intanto, l’impegno e il clima micidiale minano il suo fisico. Tant’è che dopo 11 anni è costretto a rientrare in Italia. Non è più lui. Gira diversi Istituti della Puglia. Quindi, è a Castellamare di Stabia e dopo la chiusura della casa, si trasferisce al San Domenico Savio di Salerno, Istituto dove si cerca di alleviare la sofferenza dei sacerdoti salesiani anziani e malati. Qui, come si accennava, lo coglie la morte all’improvviso. La redazione di questa testata digitale si associa al dolore che ha colpito la famiglia e l’intera collettività rignanese. Abbiamo anche noi fede: Don Cella non è morto, ma è ora là che ci guarda dall’alto con il suo sorriso accattivante e consolatorio. Addio don Leonardo, resterai sempre nei nostri cuori! 46 Articolo dal titolo “Rignano piange la scomparsa di un grande salesiano, don Leonardo Cella / Aveva 79 anni, di cui undici trascorsi in missione nel Madagascar - Tra l’altro è stato responsabile vicario dell’Ispettoria del Sud Italia”, scritto da Antonio Del Vecchio e pubblicato il 31 agosto 2011 sulla testata digitale Rignanonews.com 207 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Una rivista di settore parla di Don Leonardo Cella 208 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Una rivista di settore parla di Don Leonardo Cella 209 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Nella parte mancante dell’articolo troviamo scritto: “per tutto quello che avete fatto e...” 210 Maritato Group Casa Editrice - Roma Antonio Del Vecchio Mons. Rosario Saro Vella. Salesiano e Vescovo di Ambanja 211 Don Leonardo Cella - Dal paese al mondo salesiano Grazie per l’attenzione... 212 Maritato Group Casa Editrice - Roma