Editoriale - Università degli Studi di Firenze

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Editoriale - Università degli Studi di Firenze
LE SUGGESTIONI NORDICHE DI UN ARCHITETTO PARIGINO
Studio di artisti in Chemin du Parc de
Charonne, Parigi.
MO 72/2001
Ho visitato il centro culturale di Noisy-le Sec nel novembre
dello scorso anno, in compagnia di Yann Brunel, proprio nei
giorni in cui i lavori del nuovo teatro stavano per essere ultimati. Yann è un caro amico da oltre vent’anni. Ci siamo conosciuti in Finlandia, dove abbiamo studiato per il master in architettura con lo stesso tutor (Bengt Lundsten). E quella comune esperienza è stata per entrambi così importante, da continuare a mantenerla viva ancora oggi nel nostro presente.
Lui ancor più di me dato che, oltre ad aver sposato una
finlandese (l’architetto Sinikka Ropponen, da cui ha avuto quattro splendidi ragazzi), non perde occasione per incorporare
nei suoi lavori qualche elemento - materico, formale, funzionale - che richiami l’architettura nordica, la sua estetica e la
sua etica. Yann Brunel è quello che anni fa sarebbe stato definito un “architetto sociale”, convinto com’è del buon vecchio
principio che l’architettura ha senso solo se pensata e costruita per gli uomini e per le loro esigenze. La sera in cui abbiamo visitato il centro polivalente la “sua” mediateca era incredibilmente affollata da gente di ogni età e, per il voluto effetto
di trasparenza e di introspezione che ha caratterizzato il progetto, il chiarore di quelle luci e il brulicare animoso la facevano assomigliare ad un’affascinante e silenziosa astronave atterrata, da chissà dove, al centro di quell’anonimo e freddo
banlieue parigino. “Lo sai che questa mediateca ha la percentuale più alta di iscritti di tutta la Francia?”, sottolineava con
orgoglio il mio amico.
Difficile classificare l’architettura di Yann Brunel entro categorie precostituite. E ancor più difficile stimare obbiettivamente
l’opera di un caro amico architetto. Figura emergente nel panorama dell’architettura francese, il suo stile è connotato da
un atteggiamento colto e raffinato nell’uso di tecnologie
costruttive tradizionali e innovative, e dalla vocazione a un
impiego sinergico di tutti i materiali da costruzione, che riesce
a fondere in composizioni equilibrate ed eleganti, con una
particolare predilezione per l’uso del legno. A voler esemplificare, si potrebbe inquadrare lo stile architettonico di Brunel
nella scia di personaggi come Jean Nouvel o Ricardo Bofill,
ma la scala e la sobrietà dei suoi interventi ne caratterizzano
una cifra stilistica diversa, più intimistica, e con un linguaggio
trans-tecnologico particolarmente originale.
Brunel (1950) ha studiato a l’école des Beaux Arts di Angers, a
l’école des Arts et Métiers di Parigi e al dipartimento di Architettura del Politecnico di Helsinki. È stato allievo di Alvar Aalto
e di Jean Prouvé e ha lavorato con Jean-Jacques Orzoni,
Jacques Kalisz, Bengt Lundsten, Horst Warnecke, Michel
Andrault e Pierre Parat. Dal 1994 insegna alla Scuola di Architettura di Nantes.
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L’Atelier Brunel è stato fondato nel 1979, e le sue opere sono
sparse un po’ in tutta la Francia. Molte lavori pubblici, pochi
interventi per privati. “Non mi piace correre dietro ai committenti. Preferiamo partecipare a molti concorsi e spesso ne vinciamo qualcuno”. Ospedali, scuole pubbliche e private, qualche residenza, ristrutturazioni e interni. I suoi lavori hanno riscosso sempre un grande successo (più da parte della
committenza che dalla critica ufficiale) e, benché Yann rifugga dalla facile notorietà, sono stati spesso richiesti da varie
riviste di architettura giapponesi, notoriamente molto esigenti.
A parte questo operare così schivo e così poco incline al clamore delle mode, ciò che si apprezza di più nel modo di lavorare di Brunel è la sua dedizione
completa alle opere che realizza, che segue personalmente
dagli schizzi preliminari al collaudo, e, ancora oltre, con frequenti visite in fase di utilizzazione.
Una sorta di amorevole artigianato, oggi così raro in una professione che diviene sempre più
seriale, gerarchica, specialistica.
L’Atelier Brunel ha pochi collaboratori, molto affidabili e
affiatati, e il titolare passa la maggior parte del suo tempo sui
cantieri.
Le suggestioni nordiche che questo architetto parigino incorpora nelle sue opere sono una scelta convinta e irrinunciabile, che fa sempre istintivamente e senza alcun vezzo di citazione. Anche a costo di imporre l’importazione di particolari
(e costosi) legni pretrattati direttamente dalla Finlandia, come
ha fatto per la sede della scuola di danza e musica di Malakoff,
a Parigi, in fase di ultimazione. Ma si ritrovano soprattutto nella volontà di guidare personalmente (quando può) tutte le fasi
del progetto, dall’insediamento territoriale al disegno degli
arredi, nella migliore tradizione di un Alvar Alto o di un Reima
Pietilä. Personaggi emblematici, nella scena dell’architettura
internazionale dello scorso secolo, con i quali Brunel condivide una visione idealistica e anche un po’ romantica del senso
autentico del costruire.
Ogni fine anno ricevo puntualmente un suo elegante manifesto di auguri che compendia le opere appena realizzate dall’Atelier Brunel. Ne conservo gelosamente uno, del 1997, nel
quale, tra le nitide immagini di uno studio per Artisti a Parigi,
la sede della scuola nazionale di Kinesiterapia di Saint Maurice
e gli alloggi di Saint Pierre et Miquelon, c’è anche la suggestiva immagine di uno dei suoi progetti più importanti di quell’anno: il figlio Nils che sorregge teneramente César, l’ultimo
nato di casa Brunel.
Scuola materna in avenue Arnold Netter,
Parigi
L’ospedale Avicenne a Bobigny.
Corrado Latina
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