legame tra terra, animali e prodotto finale
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legame tra terra, animali e prodotto finale
PROTAGONISTI NELLA SELEZIONE LEGAME TRA TERRA, ANIMALI E PRODOTTO FINALE di Marie Vida Una straordinaria fontana appartenente al parco di una villa patrizia del 18 secolo, che si trova nei campi di una loro azienda, è stata scelta da Carlo, Diego e Michele Brambilla, come marchio per i formaggi che producono. La Fontana di Comazzo si dice riproducesse il suono delle sette note musicali e ben si presta ad illustrare la multiforme attività agricola di questi intraprendenti agricoltori lodigiani, che hanno ripreso la tradizionale vocazione delle cascine lombarde ad essere un centro produttivo e di trasformazione. Partendo da un allevamento di vacche Jersey per comunicare un messaggio propositivo e di vitalità del settore primario. LE VACCHE JERSEY fanno il loro primo ingresso nell’allevamento della famiglia Brambilla alla fine degli anni ottanta. L’azienda alleva già 500 capi di razza Frisona in due unità aziendali, come consuetudine centenaria dell’agricoltura lodigiana. Carlo, il primogenito che aveva affiancato nella conduzione il padre Ulderico, in collaborazione con i fratelli Diego e Michele, parla della scelta di introdurre le manze danesi come una sorta di inversione di tendenza a cercare più grasso e più proteine, rispetto alla generale rincorsa di quel tempo verso più latte, più alti numeri di vacche, partendo dalla considerazione che queste Jersey facevano un latte diverso. Ma le Jersey, inevitabilmente, entusiasmano subito chi comincia ad allevarle e, da un nucleo iniziale di un cinquantina di capi, oggi dai Brambilla ci sono quasi quattrocento vacche divise in 2 allevamenti. Quattro anni fa, una svolta impor- tante: Carlo e i fratelli decidono di convertire l’allevamento ad agricoltura biologica, potendo contare su un numero di ettari che consentono di sostenere un numero di capi adeguato: «Ho pensato alla rusticità dell’animale Jersey che trasform a bene anche il foraggio meno ricco, nell’ottica del nuovo acquirente, che ha voluto valorizzare il “sapore” del latte. In seguito, abbiamo convertito al biologico anche gli altri allevamenti di Frisona e costruito un caseificio aziendale che, attualmente, lavora una parte del latte prodotto. Oggi produciamo il latte per la linea biologica “Prima Natura Bio” di Granarolo e, probabilmente, con 800 vacche, siamo i maggiori produttori di latte biologico in Italia; siamo certificati dalla ICEA e CSQA e partecipiamo al controllo di filiera “Biologico di Fattoria” che certifica tutto il processo di produzione dell’intera filiera. Di recente abbiamo anche convertito a biologico le 200 scrofe a ciclo chiuso che alleviamo». ■ Il biologico è stata una scelta dottrinale? No, niente ideologia in tutto questo, almeno, non di questo tipo. Forse si può chiamarla una scelta di ritorno alle origini. Io avverto molto il senso del nostro essere agricoltori: mi rifiuto di dover limitare il mio lavoro ad eseguire ordini di scuderia. Una volta l’azienda agricola era un punto di riferimento nel territorio, con una sua armonia e un sua compiutezza economica: i nostri nonni gestivano campagna, stalla, porcilaia, caseificio: un’impresa vera e propria, che vendeva un prodotto finito. Oggi, mentre si insegue la specializzazione su un solo prodot- Carlo Brambilla nell’allevamento di Ca’ Isola, uno dei primi allevamenti Jersey costituiti in Italia. Grazie alla disponibilità sempre dimostrata da Carlo, nel 1995, Ca’ Isola è stata lo scenario del primo incontro di formazione per la valutazione morfologica per la razza Jersey, con un ispettore di razza dell’American Jersey Cattle Association, in collaborazione con l’Anafi e l’Associazione Nazionale Jersey Italiana to, si perde il legame stretto tra la terra, gli animali ed il risultato finale del proprio lavoro. Questa lezione l’hanno capita da tempo i produttori di Parmigiano Reggiano, del Trentingrana, della Fontina Valdostana, per non parlare dei produttori di vino… non si può ridurre l’agricoltura a produrre solo mais e far decidere ad altri che cosa devi piantare nei tuoi campi e che cosa devono mangiare i tuoi animali. Il mondo agricolo, e non solo quello italiano, sembra orientato ad avere un solo caseificio, un solo macellatore con cui confrontarsi: io spero, invece, che sorgano invece mille caseifici, mille macellatori che producano qualcosa di diverso e di particolare, che possano fare solo loro, in quel territorio. Stimo molto BIANCONERO . APRILE 2004 33 La fontana di Comazzo utilizzata sull’incarto dei prodotti Brambilla. Sotto: il marchio a garanzia dell’intera produzione I vitelli rimangono con la madre dopo il parto per almeno 3-4 giorni fino ad una settimana, poi vengono messi in gabbiette collettive fino allo svezzamento. Sono alimentati sempre e solo con latte di vacca intero, secondo il disciplinare del Biologico di Fattoria e poi con fieno e unifeed vacche le grandi aziende che vanno a cercare le piccole realtà biologiche e incoraggiano un tipo diverso di prodotto e di agricoltura. Credo che un’agricoltura sostenibile dia uno stimolo anche alla professionalità dell’agricoltore , che può riprendere il contatto con la pratica agricola diretta e ne ha, in cambio, un ritorno anche in valore aggiunto. Tuttavia, ci tengo a sottolineare che l’agricoltura convenzionale non deve essere contro il biologico o viceversa: per un agricoltore ci sono opportunità da prendere ed il biologico può essere una di queste. ■ Quali sono i requisiti base per la pratica agricola biologica? Rispettare un rapporto equilibrato animali e terra; niente concimi chimici di sintesi, solo letame; niente insetticidi, ma zappature; semine più procrastinate, puntare sui cereali autoctoni e vernini. La base della nostra alimentazione è il triticale (frumento più segale) associato con il pisello proteico, in proporzione uno a uno. In autunno vengono seminati e trinciati insieme alla fine di maggio. L’associazione della graminacea alla leguminosa è positiva perché quest’ultima si aggrappa allo stelo e consente al primo baccello di non contaminarsi di terra. Inoltre tutte le leguminose svolgono un’utile funzione azotofissatrice nel terreno ed il pisello ha anche una concentrazione di amido utile per l’insilamento. Il prodotto viene conservato in trincea. Dopo questo raccolto mettiamo sorgo o mais, sia da trinciato, pastone o granella. Sulla razione alimentare il 70% è composto di foraggi e fieno ed il rimanente è composto da concentrati come orzo schiacciato o panello di soia di produzione nazionale. ■ Il foraggio deve essere tutto prodotto in azienda e si possono usare integratori minerali e vitaminici? Il disciplinare del “Biologico di Fattoria” prevede che il 70% della sostanza secca che mangiano gli animali debba essere prodotto in azienda. Tutti i sali minerali e vitamine naturali sono ammesse. ■ L’adattamento al biologico è stato facile? La Jersey, avendo un indice di trasformazione dei foraggi molto alto è l’animale del biologico per elezione e si adatta più in fretta: soprattutto nel periodo più delicato che è il post-partum, presenta meno dismetabolie, per cui anche minore necessità di trattamenti medicinali. Per la Frisona è molto importante curare la facilità di parto dei tori. Noi abbiamo impostato il lavoro sulla prevenzione. Nel biologico sono vietati i trattamenti di massa con antibiotici, ma non l’uso; nel qual caso, i tempi di sospensione sono doppi. Il trattamento delle asciutte viene fatto senza antibiotici, nella maniera tradizionale: messa a fieno, mungitura dopo 18 34 BIANCONERO . APRILE 2004 ore, poi a 24, 36 finché la vacca si asciuga spontaneamente, seguendo il corso della natura, come è lo spirito del biologico. Le vacche asciutte e in lattazione, durante la stagione asciutta hanno a disposizione grandi spazi a pascolo. ■ Com’è la procedura di mungitura in un’azienda biologica? Non è cambiata, sostanzialmente: la preoccupazione principale è ancora fare arrivare in mungitura mammelle pulite, perché non usiamo alcun tipo di trattamento pre c edente o dopo la mungitura. Riusciamo a mantenere una media di cellule somatiche intorno alle 200.000. ■ Quali sono stati e sono gli obiettivi di selezione dell’allevamento Jersey? Neppure gli obiettivi sono cambiati con il passaggio al bio. Considero per il latte, insieme ai titoli alti e alla longevità e faccio attenzione alla profondità della mammella, che è importante per una Jersey che deve durare a lungo. Se non ha titoli e non dura di più, una vacca Jersey non ha senso di esistere. In questi anni ho usato tori di origine americana, canadese e danese. Tra i danesi più significativi, cito OJY Mikkell, Fyn Haug e Fyn Lemvig. Dagli Stati Uniti ho avuto la prima vacca Eccellente della stalla, una A-Nine Top Brass su mamma danese. Ho usato molto Highland Duncan Lester e Specialist, con buoni risultati e diversi tori canadesi. Comfort Royal Alf è il toro di cui al momento ho il miglior gruppo di figlie in mungitura, ma è un toro che, se mi fossi fermato ai dati del tipo, non avrei comprato, invece ha dato animali corretti e che spiccano nella mandria. Attualmente ho un bel gruppo di manze di Perimeter in attesa di entrare in mungitura. Te m e- Un’altra importante novità che uscirà entro breve sono i dati sul tipo che ci consentiranno di introdurre anche elementi di morfologia nell’indice di selezione, secondo i risultati degli studi che sono in corso presso l’ufficio Ricerca e Sviluppo dell’Anafi. ■ Quali sono gli obiettivi che si pone, invece, l’azienda Brambilla? Durante la stagione estiva o secca, gli animali passano al pascolo la giornata, rientrando solo nelle ore più calde e per la mungitura. Le oltre 400 vacche Jersey degli allevamenti biologici Brambilla hanno avuto una media produttiva nel 2002 di 5019 kg di latte con il 5,87% di grasso ed il 4,29 di proteine. Le manze vengono coperte dall’età di 12 mesi per arrivare a partorire intorno ai 2 anni vo la profondità della mammella sui figli di Berretta, ma non sembra essere un problema, finora. ■ Nella graduatoria dell’indice di selezione IQJ ci sono diverse vacche sue: sono anche le migliori in stalla? Sono in ogni caso animali che si distinguono dal resto della mandria per qualche carattere. È utile avere un indice di selezione che funzioni come una specie di canovaccio, anche se gli obiettivi di selezione sono tanti e possono essere diversi per ognuno. Non è detto, ad esempio, che la vacca che esce al 150° posto non possa avere una caratteristica, poniamo, di una maggiore longevità, che la renda preferibile alla prima in classifica. ■ Come allevatore componente della Commissione Tecnica Centrale del Libro Genealogico della Jersey, quali sono le direttive lungo le quali si muove la selezione della Jersey Italiana? La novità più grande è l’inizio di un programma di selezione nazionale: se abbiamo dei buoni animali, dobbiamo almeno provare a selezionare qualche buon riproduttore . L’importante è che il programma sia fatto con buon senso, senza estremismi solo in una direzione di selezione: se dobbiamo mettere 10 tori in prova, che non siano tutti con un solo obiettivo. Quello che oggi reputiamo giusto, domani magari potrebbe non esserlo più. Obiettivo è trasformare nel nostro caseificio tutto il latte di un’azienda, magari solo latte Jersey. Attualmente lavoriamo il 10% del nostro latte e stiamo producendo uno stracchino fresco di Lodi, uno stracchino classico di Lodi a crosta fiorita e, in futuro, faremo un cacio di Lodi, una caciotta semistagionata. Lo stracchino fresco lo produciamo solo per la ristorazione collettiva e siamo fornitori delle mense scolastiche del Comune di Milano. Ci proponiamo di entrare ancora di più nella ristorazione scolastica perché il nostro messaggio venga diretto ai ragazzini: quello che c’è dentro questo formaggio è tutto il ciclo dell’agricoltura. Non vogliamo produrre solo della qualità “di carta”, ma fornire un messaggio positivo sull’immagine dell’agricoltore-allevatore. Vogliamo mettere in contatto i ragazzi di città con la natura, con chi provvede a conservarla e comunicare il nostro prodotto. Per questo stiamo studiando un “pacchetto” diretto alle scuole che si avvale della presenza di un parco ittico, con un percorso naturale guidato e integrato con il ciclo della vacca da latte. Il lavoro sarà molto, ma anche molto stimolante per tutti noi, i miei fratelli Diego e Michele e nostro nipote Ovidio, figlio di nostra sorella Annalisa, che lavora con noi e per le nostre mogli e figli… ■ Come si tiene insieme un gruppo familiare in un’impresa grande come la vostra? Condividendo gli obiettivi, le passioni e puntando in alto. La motivazione non può essere solo economica; è molto di più dei soldi che servono, ma non bastano. La prima volta che il nostro prodotto fu esposto nel banco di un supermercato, andammo tutti a vederlo, in processione… eravamo emozionati come bambini. BIANCONERO . APRILE 2004 35