Franca Berti - web come luogo di adescamento

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Franca Berti - web come luogo di adescamento
Psicologia & Giustizia
Anno XV, numero 1
Gennaio – Luglio 2014
CORSO DI ALTA FORMAZIONE IN PSICOLOGIA FORENSE, CRIMINALE
E INVESTIGATIVA
Fondazione Guglielmo Gulotta di Psicologia forense e della Comunicazione
Gennaio – Giugno 2013
IL WEB COME LUOGO DI ADESCAMENTO
DOCENTE
Avv. LORENZO ZIRILLI
ELABORATO di
DOTT. SSA FRANCA BERTI
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INDICE
1. Le nuove forme di criminalità: la cyberpedofilia………………………….pag. 3
2. Intimità, sessualità e eros………………………………………………….pag. 6
3. Attaccamento alla macchina, bisogno di attenzione e rispecchiamento
……………………………………………………………………………...pag. 8
4. Caso E……………………………………………………………………..pag. 10
5. Anamnesi e biografia di E…………………………………………………pag. 11
6. Omosessualita’: e. Puo’ raggiungere un’identita’ omosessuale?.................pag. 14
7. Le personalita’ con cui e. Commette i reati sessuali………………………pag. 17
8. Ipotesi diagnostiche………………………………………………………..pag. 22
9. Relazione psicodiagnostica per E…………………………………………pag. 24
10. Conclusioni………………………………………………………………..pag. 29
11. Bibliografia………………………………………………………………..pag. 30
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1. LE NUOVE FORME DI CRIMINALITÀ: LA CYBERPEDOFILIA
Sempre più la nuova tecnologia diventa strumento proprio e improprio di conoscenza,
contatti e informazioni. La ricchezza e la vastità delle informazioni reperibili nel Web
appaiono però, essere coniugate all’assenza di regole chiare ed esplicite che codifichino
e selezionino le modalità ed i contenuti accessibili ai minori. Da qualche tempo l’Web è
divenuto, infatti, luogo di adescamento sessuale, favorito dall’anonimato, dalla libertà di
espressione e dalla possibilità di assumere identità camaleontiche, garantiti dallo
strumento Internet. Nella rete cadono, prevalentemente, bambini e adolescenti.
Internet è dunque divenuto il canale preferenziale attraverso il quale ad un individuo, il
cui comportamento può essere ricondotto nell’aggressività predatoria,è dato di
incontrare individui con le medesime aspettative, con i quali condividere esperienze
personali, normalizzando inoltre, la gravità delle proprie azioni.
A tale proposito il progetto di ricerca clinica e criminologica condotto in seguito alla
promulgazione della legge n. 38/2006, condotto dalla Polizia Postale e delle
Comunicazioni, presso la quale successivamente è stato istituito il Centro Nazionale per
il Monitoraggio della Pornografia Minorile sulla Rete Internet, ha permesso di tracciare
il profilo del predatore on-line. Si configura come un individuo di sesso maschile, d’età
compresa tra i venti ed i trenta anni, spesso privo di precedenti penali, che ama ricercare
materiale pedo-pornografico prevalentemente durante le ore serali ed utilizzare la chat
come mezzo privilegiato di comunicazione per l’adescamento.
La personalità dell’ adescatore risulta avvalersi di tratti di aggressività di tipo
predatorio, caratterizzata dalla pianificazione espletata in assenza di coinvolgimento
emotivo, agita su vittime estranee e volta al perseguimento della soddisfazione sessuale.
L’assenza di rimorso e la non curanza nei confronti dei diritti altrui, portano ad
ipotizzare nel predatore la presenza di tratti specifici della personalità antisociale. La
sua ricerca incessante di contatti con minori potrebbe indicare la necessità dello stesso
di creare rapporti interpersonali protetti, nei quali possa percepirsi al sicuro da eventuali
attacchi alla propria persona, evidenziando,così anche la presenza di aspetti peculiari
della personalità paranoide.
L’adescamento, che letteralmente significa attirare a sé con lusinghe, definisce l’abilità
di chi, con atti o parole, sa “catturare” l’interesse e l’attenzione di un altro, insieme alla
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sua fiducia, con lo scopo ultimo di possederne il corpo e tenere il soggetto, solitamente
un minore, in una condizione di sottomissione. L’interesse di chi adesca è quello di
esercitare un potere, anche quando l’interesse è sessuale; un potere psicologico fatto di
manipolazione e dominio.
L’adescamento è quel processo che porta ad attirare su di sé l’attenzione e la fiducia (di
un minore ad es.) per poterlo controllare e al fine di ottenere da lui ciò che si vuole.
Nel campo degli abusi sessuali gli adescatori sono interessati ad ottenere prestazioni
sessuali che possono riguardare veri e propri atti sessuali , oppure azioni senza contatto
diretto, quali esibizionismo, scambio di foto, voyeurismo, sesso telefonico, oppure
ancora utilizzo dell’altro per la produzione di materiale pornografico.
Chiunque sia l’adescatore, prima di arrivare ad ottenere ciò che desidera, segue delle
fasi ben precise, accuratamente pensate in anticipo. O’ Connel nel 2003 ha individuato e
riconosciuto sei fasi specifiche del grooming, tecnica secondo la quale l’adulto,
potenzialmente abusante, “cura”(dall’inglese grooms) la potenziale vittima, inducendola
gradualmente a superare le resistenze attraverso tecniche di manipolazione psicologica,
facendogli regali (ricariche telefoniche ad es.), con l’obiettivo di costruire una relazione
di fiducia con la propria vittima, così che la relazione sessuale venga poi inscritta in un
quadro connotato da vicinanza emotiva ed empatia e non da soggezione, prepotenza o
addirittura violenza.
La fase 1. secondo O’ Connel è caratterizzata dalla selezione delle vittime, e dal
contatto iniziale, e consiste nella ricerca di potenziali vittime nelle chat, che abbiano
caratteristiche di vulnerabilità, ingenuità e disponibilità e possibilmente con deboli e
fragili relazioni sociali e affettive. In questo primo passaggio l’adescatore cerca di
sedurre l’altro ascoltandolo, rendendosi simpatico ed accogliente. Seguirà una breve
presentazione dell’adescatore (più o meno veritiera), che poi chiederà al minore di
raggiungerlo in una stanza privata della chat.
Nella fase 2. vi sarà la creazione dell’amicizia, che comprende l’uso, da parte
dell’adulto, di una serie di tattiche di manipolazione psicologica allo scopo di
guadagnarsi la totale fiducia del minore, comportandosi con pazienza e rispetto nei suoi
confronti.
La fase 3. è caratterizzata dalla creazione della relazione. E’ la fase in cui avviene un
probabile passaggio all’uso di mezzi di comunicazione più intimi (cellulare, mail) e può
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durare anche mesi in quanto il fine è quello di diventare il maggior confidente del
minore, facendogli credere che sia una relazione importante per entrambi.
Durante la fase 4. l’adescatore valuta il rischio di essere scoperto.
La fase 5. è definita dell’esclusività: in cui l’adulto manipola il minore a livello
psicologico, facendo leva sulla fiducia acquisita e sull’esclusività del loro rapporto,
inducendo la vittima a tenere segreta la loro relazione e producendo l’isolamento del
giovane intensificando i contatti con lui per diminuirne gli scambi relazionali e
comunicativi con gli altri.
La fase 6. sarà quella sessuale, in cui l’adulto introduce nella conversazione col minore
argomenti esplicitamente sessuali, approfittando della fiducia acquisita al fine di far
abbandonare al minore le sue reticenze e farlo cedere così alle sue richieste.
Lo scopo finale è l’incontro “offline”, ossia dal vivo, in modo da poter perpetrare
l’abuso.
A questo punto il contatto che si è creato tra adescatore e vittima è ormai talmente
invischiato e tenuto isolato da un contesto sociale e relazionale altro, che si sono create
le condizioni ideali per il perpetuarsi dell’abuso.
La vittima, al contrario di ciò che si pensa, può trovare realmente piacere in ciò che
subisce, non riuscendo a vederne la violenza e la perdita della sua volontà. Le emozioni,
talmente contrastanti, impediscono sempre più di reagire.
Spesso i ragazzi risultano non essere vittime inconsapevoli di ciò che incontrano in rete
e non è adatto alla loro crescita. Frequentemente essi stessi si trovano a cercare
attivamente materiali che suscitano la loro curiosità ed eccitazione sessuale e, proprio
per questo motivo, il primo aiuto di cui necessitano da parte degli adulti è una presenza
costante, vigile e attenta, considerato che la prevenzione è l’unico intervento possibile.
Ciò che fatichiamo normalmente ad immaginare è che i minori non siano passivi
navigatori in rete. E’ vero che ci può essere chi li adesca, ma va anche specificato che in
molti casi sono gli stessi minori che utilizzano Internet per scopi inadeguati o per avere
informazioni e sollecitazioni di natura sessuale, condizione questa che si verifica sempre
più di frequente se il minore vive in una famiglia e in un ambiente educativo incapace di
parlare di affettività e sessualità.
David Finkelhor, uno dei maggiori studiosi di adescamento via Internet, spiega che ciò
di cui dobbiamo dotare i nostri adolescenti non è la paura dello sconosciuto incontrato
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in Internet, bensì la conoscenza dei processi intrapsichici associati allo sviluppo
sessuale, al desiderio e alla ricerca di piacere. E’ bene discutere con gli adolescenti le
implicazioni emotive, affettive e psicologiche derivanti da un simile contatto con una
persona adulta.
Va tenuto conto di come vi siano conseguenze anche in età adulta per coloro che sono
state vittime di adescamento. Tra le molteplici conseguenze psicologiche riscontrate
sulla vittima di adescamento on-line, in sede terapeutica sono state evidenziate ostilità e
rabbia, unitamente a bassi livelli di autostima, senso di frammentazione, di confusione e
di colpa legato al dubbio di aver provocato la molestia e/o l’abuso.
2. INTIMITÀ, SESSUALITÀ E EROS
Sherry Turkle ha delineato per la prima volta il modo in cui, usando il computer,
tendiamo a proiettare nella macchina le nostre relazioni oggettuali, per esempio
considerando il computer stesso come un sostituto della madre, la digitalizzazione è
progredita molto nella corsa alla digitalizzazione della realtà. Con i social network ed i
siti di incontri romantici, oggi sembra possibile riportare le relazioni oggettuali verso il
mondo degli esseri umani, trasformandoli in icone e oggetti cliccabili.
Una volta che nella nostra mente le persone diventano degli oggetti, ci vuole poco a
diventare insensibili o potenzialmente offensivi nei loro confronti.
Da quanto risulta il 35% degli utenti di Internet svolge qualche tipo di attività sessuale
online, masturbazione o cybersesso, e i contenuti sessuali rappresentano oltre un terzo
del materiale totale scaricato. Quasi la metà degli utenti visita dei siti porno. Sesso e
porno rientrano tra i primi cinque termini nelle ricerche online dei ragazzi sotto i 18
anni.
Il porno è nato come l’altra faccia della repressione sessuale: esplicitare i propri desideri
e mostrare il lato disinibito di se stessi, quantomeno a livello di immaginazione.
Probabilmente la società contemporanea è permeata di messaggi sessuali come
nessun’altra epoca storica, e la tendenza è in costante aumento. Eppure Eros sta
sbadigliando.
Oggi i messaggi di tipo sessuale sono presenti in ogni angolo della società. Su Internet il
porno è pervasivo.
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Più sono i media a stimolare questo desiderio erotico e più i legami sensuali quotidiani
vengono filtrati dalle norme sociali che di fatto impediscono il fluire di un erotismo
spontaneo tra le persone, trasformando l’eros in un bene di consumo.
Quando l’erotismo non riesce a manifestarsi nella vita quotidiana, s’insinua in modalità
più distaccate come il porno e il cybersesso, dove si può evitare l’impegno di un
incontro reale, pur consentendo alla mente di rilasciare la tensione tramite la
masturbazione.
L’eros maturo, il vero erotismo non ha alcuna funzione nella società di mercato: è
liberamente disponibile, non ha bisogno di prodotti. Come illustrato da Wilhelm Reich,
l’erotismo fornisce alla nostra energia quella direzione che previene atteggiamenti
aggressivi pericolosi. L’aggressività dell’eros collega tra loro gli individui, mentre
l’aggressione della guerra li separa.
I messaggi sessuali diffusi da tutti i media, per quanto possano sembrare aperti e
liberatori, sono un surrogato del reale fluire erotico.
L’eros porta con sé energie possenti, al punto di incunearsi anche nel virtuale, limitando
però la sua portata, in quanto a prevalere è la componente mentale a scapito della
multidimensionalità dell’esperienza erotica, che viene ridotta a livello digitale.
Il cybersesso, ad esempio, è una pratica talmente diffusa, che pare che ad alcuni uomini
interessi solo fare chat a sfondo sessuale. Per lui, la stimolazione sessuale risulta
stimolante, e va di pari passo con l’eccitazione nella ricerca di incontri sessuali online
senza alcun tipo di legame.
Il cybersesso supera ogni differenza culturale, puntando direttamente alle radici degli
istinti.
Oggi c’è poca pazienza per le attese e per le lunghe narrative, così il lento ritmo della
seduzione viene soppiantato
dal
desiderio
per la
gratificazione istantanea;
atteggiamento, questo, che ritroviamo nel comportamento adolescenziale.
L’attitudine del non attaccamento tipica del mondo online riflette la realtà odierna
caratterizzata dalla gratificazione istantanea e dal rapido cambiamento degli oggetti di
desiderio, come succede di solito online.
Molte attività inizialmente sociali con il tempo si sono trasformate in situazioni
individuali, soprattutto nell’ambito della tecnologia. La tendenza verso l’individualismo
è emersa anche in ambiti dove si tendeva naturalmente alla condivisione, come la
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sessualità. La masturbazione è in netto aumento. Il piacere diventa così un qualcosa di
solitario, il piacere deve essere immediato, personalizzato, ricco di opzioni e,
ovviamente efficace: l’orgasmo veloce è garantito. Dover aspettare per un orgasmo
sarebbe come attendere il caricamento di un sito Web per via di una connessione lenta a
Internet.
La tecnologia può dare il massimo controllo, quindi perché avere a che fare con gli
umori alterni di un amante? Si può decidere quanto, come, per quanto tempo vogliamo
che duri il piacere, è possibile anche sfuggire a timori di indisponibilità dell’altro o di
mancanza di passione, elementi che suscitano insicurezza, l’Web fornisce il partner
perfetto! La tecnica concede di celare qualsiasi insicurezza e la paura di non essere
accettati.
Il sesso via Web, inoltre, offre il controllo, opzioni per una varietà di scelte,
indipendenza e immediatezza.
3. ATTACCAMENTO ALLA MACCHINA,
BISOGNO DI ATTENZIONE E
RISPECCHIAMENTO
Gli esseri umani si sono evoluti sotto il terrore dei predatori, quindi i segnali visivi e
uditivi sono associati a qualcosa di potenzialmente pericoloso. Davanti ad una minaccia
si attivano i meccanismi istintivi del cervello, specialmente quelli dell’amigdala,
descritta per la prima volta da Ivan Pavlov nel 1927, la reazione di orientamento, è la
reazione istintiva a qualsiasi stimolo, nuovo o improvviso, visivo o uditivo. Questo è il
primordiale meccanismo di sopravvivenza. Ogni volta che si presta attenzione ad un
nuovo stimolo, si attiva il meccanismo della ricompensa. A livello neurofisiologico
viene rilasciata la dopamina, responsabile della sensazione di benessere e di euforia, che
rafforza la reazione, aumentando le possibilità di sopravvivenza. Qualsiasi cosa
favorisca la sopravvivenza della specie risulta gratificante, come il piacere sessuale.
In rete sono numerosi gli eventi che anticipano e attivano il sistema di ricompensa:
annunci di nuove mail, messaggi istantanei, aggiornamenti su Twitter o Facebook,
nuovi articoli nei blog, notizie. L’amigdala viene stimolata da tutti i media. Internet ha
moltiplicato gli stimoli concentrando i canali testuali, visivi, uditivi e interattivi in un
unico medium. Il sistema di ricompensa si attiva anche quando ci si attende una
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ricompensa. Quindi un semplice segnale sonoro che avverte dell’arrivo di una mail o di
un messaggio istantaneo produce dopamina.
Ogni azione che stimola il meccanismo di ricompensa ne attiva anche un altro, quello
della dipendenza. Anche in mancanza di una dipendenza seria, molti fanno fatica a
staccarsi dalle attività online.
Gli stimoli che prima suscitavano una determinata
risposta naturale, con il tempo producono un effetto sempre più modesto. Di
conseguenza è necessario ricevere stimoli più numerosi, più vari e più frequenti. Il
cervello, in particolare l’amigdala e l’ippocampo, equivoca continuamente questi
stimoli con la sopravvivenza e quindi diventa difficile distogliere l’attenzione dalla loro
fonte.
Oltre a innescare il meccanismo neurologico della sopravvivenza, molti dei contenuti
online riguardano quest’ultima di fatto, come il sesso e perciò si produce dopamina.
In genere la ricerca di stimoli sociali non è considerata un atteggiamento compulsivo o
capace di generare dipendenza, visto però che la tecnologia coopta la vita sociale,
rendendola una delle numerose finestre presenti sullo schermo, si può diventare
dipendenti da Facebook, a causa anche della produzione di dopamina.
Potremmo dire che la macchina è in grado di far spostare la richiesta d’attenzione, il
bisogno di relazione, di sesso, dall’uomo al computer. La personalità riesce a tenersi
unita legandosi in qualche modo agli oggetti del suo attaccamento. Se l’ancora e il
riferimento della vita è l’Web, allora si resterà legati a questo.
Le relazioni oggettuali sono state trasferite alla tecnologia con Mamma Google o Web,
che nutre attraverso il suo cordone ombelicale infinito, ovunque possa arrivare un
telefono mobile. L’aspetto dell’amore e della sessualità che genera l’attaccamento
psicologico viene replicato online. Il cybersesso prospera su bisogni di questo tipo.
La psiche ha il bisogno naturale di rispecchiarsi negli altri, procedendo nella costruzione
del senso di identità, essere visti e riconosciuti nella vera natura, aiuta a riconoscere il
vero sé. Per questo, condividere la vita online dà l’idea di essere visti e compresi, un
riflesso che raramente la maggior parte della gente riesce ad ottenere, sia nell’infanzia
che più avanti nella vita. In Web, nelle mail, vige il tacito accordo di darsi
prevalentemente un riscontro reciproco positivo. Se così non fosse, c’è la possibilità di
impedire a qualcuno il contatto, cancellando qualsiasi cosa non rispecchi le aspettative.
La gran parte degli utenti Internet sono complici nella violazione della propria privacy.
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Sembra che un’azione o un pensiero non abbiano alcun valore se non vengono visti o
caricati online e se manca un pubblico a confermarne l’esistenza.
Rinunciare alla privacy individuale su Internet sembra un buon affare, in cambio
dell’opportunità di mettersi in mostra e di riempire il vuoto lasciato dalle scarse
occasioni di rispecchiarsi negli altri. Ciò può diventare soltanto un’altra immagine di sé,
parimenti inconsistente qualora venga prodotta soltanto dalla mente, poiché le autorappresentazioni mentali sono considerate degli ostacoli per la comprensione di se
stessi, inducendo inoltre la formazione del falso sé.
La costruzione della personalità e dell’autostima online lascia destabilizzati e
insoddisfatti.
Questo quadro ci chiarisce come anche giovani con problemi di origine diversa,
incapaci di affrontare la crescita e l’uscita dall’ adolescenza, possano diventare al tempo
stesso vittime e carnefici, nell’Web, che si trasforma nelle loro mani in strumento dietro
al quale si può nascondere un’identità confusa, un falso sé che ha tutto lo spazio di
esprimersi dietro falsa identità.
4. CASO E.
E. all’età di 22 anni viene arrestato dalla Polizia Postale di Trento e condotto presso la
Casa Circondariale di Bolzano in data 15.06.2012 dove è rimasto fino al 03.07.2012,
quando gli sono stati concessi gli arresti domiciliari presso l’abitazione dei genitori.
I capi di imputazione sono:
1. l’art. 81 cpv 609 bis, comma 2 n. 1 e 2 cp e 56,60 bis – poiché fingendo di essere una
nota signora nobile
adescava minori di sesso maschile tramite il falso profilo su
Facebook inducendoli ad avere rapporti sessuali telefonici con richiesta di masturbarsi
al fine di trarre lui stesso piacere, con abuso delle condizioni di inferiorità psichiche dei
minori e traendoli in inganno per essersi sostituito a persona di sesso femminile.
Inoltre commetteva il reato di tentata prostituzione minorile perché, dopo aver indotto
S. di 14 anni ad avere rapporti sessuali con lui in un bar e nella cantina di casa dove lo
aveva condotto, abusando delle condizioni fisiche e psichiche (art. 609 bis comma 2 n. 1
cp) cercava di convincerlo dietro promessa di regali consistenti (computer e denaro), a
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mantenere la relazione sessuale, non riuscendo nell’intento per cause indipendenti dalla
sua volontà .
2. Del reato P:E:P: dell’art. 600 quater perché deteneva materiale pedo-pornografico
realizzato, utilizzando minori di anni 18, che si era procurato dagli stessi minori, senza
destinarlo alla diffusione (6 ragazzi), talvolta dietro pagamento o promessa di
pagamento di ricariche telefoniche (tre ragazzi hanno inviato foto ed hanno avuto in
cambio una ricarica da euro 10).
3. Del reato P.E.P. degli art. 81 cpv, 56, 600 bis, comma 1 cp e 609 bis cp perché in
esecuzione del medesimo disegno criminoso compiva atti idonei diretti in modo non
equivoco ad indurre il minore di 17 anni, mediante dialoghi in chat e incontri privati,
nei quali offriva vini pregiati, ad avere incontri sessuali dietro promessa di costosi
regali, non riuscendo nell’intento per cause indipendenti dalla sua volontà ed in un’
occasione dopo avergli chiesto di spogliarsi all’interno della sede della società di un
amico, utilizzava violenza consistita nell’afferrare improvvisamente il suo pene,
accarezzandolo per circa 10 minuti.
Fin qui la scarna, quanto eloquente parte giuridica. Ma chi è E.? Quale è la sua storia
personale? Solo analizzando attentamente questa parte saremo in grado di avanzare
ipotesi prima, di costruire una difesa poi.
5. ANAMNESI E BIOGRAFIA DI E.
E. nasce in Sud- America, a circa tre mesi viene adottato da una coppia bolzanina e
portato in Italia. Le sue condizioni di salute apparivano da subito molto gravi a causa di
una grave dissenteria che non si fermava con i farmaci, tanto che è stato concesso di
trasferirlo immediatamente in Italia per sottoporlo a terapie adeguate. Ai genitori era
stato detto che la gravità era tale che avrebbe potuto non sopravvivere al viaggio. Il
problema dissenterico durò fino agli oltre due anni di età. Svestendo il bambino, i
genitori si accorsero che sul corpo c’erano numerose macchie e ferite di bruciature, che
sarebbero poi state diagnosticate dai medici come bruciature di sigarette. E., quindi,
aveva subito vere e proprie torture delle quali non se ne saprà mai l’origine. I segni sul
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corpo sparirono negli anni, ciò che non possiamo sapere con certezza è se queste ferite
sono state realmente state cancellate anche dalla sua psiche.
Entrambi i genitori di E. lavorano ed il bambino viene presto affidato ai nonni materni
che abitano nell’appartamento adiacente. Il rapporto con la nonna, dai suoi racconti,
pare essere stato in qualche modo sostitutivo di quello materno.
All’età della scuola materna il bambino viene iscritto alla scuola tedesca ed il primo
anno fa molta fatica a separarsi dagli affetti familiari, ne ha paura, si tranquillizza solo
quando vede che ad attenderlo all’uscita c’è la nonna, che non è stato abbandonato ma
può fare ritorno a casa. I mesi di vacanza li trascorre al mare ed in montagna con i
nonni, mentre i genitori restano a Bolzano per motivi di lavoro. E. parte alla chiusura
delle scuole e fa ritorno quando le scuole riaprono.
Quando E. ha tre anni i genitori adottano un altro bambino, sempre sud- americano. La
prolungata assenza dei genitori dovuta al viaggio ed il loro ritorno a casa con un altro
bambino scatenano in lui una profonda gelosia: non è più solo ed il timore che gli
vengano sottratti gli affetti dal nuovo arrivato lo fa soffrire.
Il nuovo fratello non verrà mai sentito come tale, verso di lui sembra permanere una
certa diffidenza ed una sostanziale indifferenza.
A sei anni E. viene iscritto alla scuola elementare sempre in lingua tedesca. Va
sottolineato che il bambino appartiene ad una famiglia italiana e che ciò non facilita il
suo inserimento. In terza elementare incominciano le difficoltà scolastiche, legate in
modo particolare alla percezione del bambino di non essere accettato. Ricorda che una
maestra parlando con una mamma aveva denigrato i suoi genitori, affermando che
avrebbero adottato i due bambini solo per un capriccio, considerato che non erano poi
loro ad assumersene la responsabilità, ma li “scaricavano” ai nonni. (non ci è dato
sapere se questo lo ha colpito perché in qualche modo era una cosa che avvertiva anche
lui).
In prima ed in terza media viene bocciato, i disagi di E. incominciano a prendere forma,
ma ancora non vengono riconosciuti dagli adulti significativi. Durante l’anno in cui
ripete la terza media abbandona anche l’hockey, sport che pratica da quando era
piccolo. A sedici anni si iscrive alla Scuola Alberghiera di lingua tedesca a Merano, ma
la abbandona prima della fine del primo anno, nonostante il profitto positivo. La causa
addotta da E. sono le relazioni difficili con i compagni e con qualche insegnante. Finirà
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qui la sua carriera scolastica ed avrà inizio un percorso fatto di solitudine, qualche
lavoro occasionale di breve durata, allontanamenti da casa. Incominciano le prime bugie
circa la sua vera identità, a diciassette anni va nella pasticceria più ricercata di Bolzano,
prende una torta e la fa segnare a nome di una nobile e conosciuta famiglia locale,
dicendo di essere il nipote. Si presenta ai genitori di un amico, con il quale aveva
concordato precedentemente l’imbroglio, e, affermando di essere rampollo della
famiglia nobile bolzanina, garantisce un suo intervento presso un Ente che avrebbe
firmato la licenza per la sopraelevazione del maso (o casa) della coppia. Per fare questo
avrebbe chiesto 8000 euro in due tranche “per ungere le ruote” come da lui affermato.
La coppia dopo avergli dato i soldi e visto che nessuna autorizzazione veniva rilasciata,
lo ha denunciato al tribunale per i minori, dove gli è stata data la messa alla prova.
In questa occasione il padre rifonde i danni materiali arrecati dal figlio alla coppia, ma
non è in grado di assumere alcuna posizione autorevole con il figlio. La madre di fronte
alle difficoltà fugge e si chiude in se stessa, l’unica comunicazione avviene con scoppi
di rabbia ed un approccio isterico.
E. è un giovane seduttivo, che esprime all’interlocutore molta collusività , pensando di
ottenere così la benevolenza e l’accettazione dell’altro.
Narra di sé in modo confuso, attingendo più ad un’immagine di sé da lui stesso
costruita, che non alla realtà del suo essere e del suo vissuto.
Ha un problema con il suo corpo, non lo accetta. E’ obeso, ha tentato di seguire diete
prescritte da dietologi, ma non le ha mai portate a termine, non gli piacciono i suoi
capelli crespi, rifiuta il colore olivastro della pelle.
A quindici anni ha una relazione affettiva e sessuale con un compagno, con il quale
fugge per andare a stare a casa di un’anziana signora che li ospita. L’unica ad andarlo a
cercare e ad accertarsi della situazione è la nonna.
In lui emerge chiaramente un falso Sé , che trasforma il racconto di vita reale in
mitologie personali e familiari e crea una continua serie di rappresentazioni del Sé, con
facciate socialmente attraenti.
Il falso Sé nasce in una dialettica col vero Sé (Winnicott , 1981). Quando prevale il falso
Sé è perché all’inizio, fin da quando cioè il soggetto è piccolo, c’è una pressione esterna
che tende a far prevalere i bisogni ambientali su quelli del bambino, piuttosto che
adattarsi a questi. Così il bambino verrà indotto ad adattarsi totalmente alle richieste
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esterne. E. fin dall’infanzia è stato esposto a comportamenti contraddittori, ambigui e
confusi da parte degli adulti di riferimento. La nonna ha sempre affermato di
appartenere ad una famiglia tedesca benestante, quando in realtà a soli quattordici anni
ha dovuto andare a lavorare; il padre ha sempre nascosto le sue vere origini di bambino
dato in affidamento ad una famiglia contadina della quale credeva di essere figlio e
quando all’età di otto anni la madre naturale lo è andato a prendere lui rifiutava di
accettare l’idea che si trattasse di sua madre, così come rifiutava di vivere con il
patrigno ed il fratellastro che era nato durante la sua assenza. Così come ha sempre
nascosto l’omosessualità del fratellastro e la sua morte per AIDS.
Il falso Sé produce in E. inautenticità, simulazione e compiacenza.
Il falso Sé non può essere, in questo caso, associato ad una funzione difensiva. Risulta
invece possibile ritenere che i processi identificativi con la madre prima e con il padre
in adolescenza, siano stati distorti. Si nota infatti come E. tenda a mutuare identità,
mediante processi imitativi da altre persone, a scapito di un’identità reale.
E. diventa negli anni sempre più squalificante nei confronti dei membri della famiglia,
poiché il rapporto con questi lo riporta alla realtà ed a confrontarsi con quel Sé reale che
nasconde a se stesso e agli altri.
Riemergono, con una mutata consapevolezza, anche i traumi infantili: l’abbandono da
parte della madre naturale, la mancanza di cure ed i maltrattamenti di cui è stato vittima
in orfanotrofio, le inadeguate cure della madre adottiva, la fragilità del ruolo paterno,
costantemente esautorato da madre e nonna, figure tra loro conflittuali ma coese
nell’escludere e sminuire il padre.
E. è cresciuto con una figura fragile, incapace di dare regole, di proporre un modello
maschile strutturato in cui identificarsi; con una madre che si è sempre sottratta
dall’affrontare le difficoltà del figlio, con marcati tratti anaffettivi; con una nonna
troppo spesso complice, anche nella menzogna.
6.
OMOSESSUALITÀ:
E.
PUÒ
RAGGIUNGERE
UN’IDENTITÀ
OMOSESSUALE?
L’adolescente che oggi si affaccia alla sessualità adulta si trova immerso in uno scenario
culturale e sociale in cui la scelta dell’oggetto d’amore appare molto più libera rispetto
alle generazioni precedenti, meno condizionata da pregiudizi etici e da anatemi sociali
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contro chi non segue l’orientamento sessuale da sempre considerato “normale”, quello
eterosessuale, che corrisponde all’esigenza della continuità della specie. E sceglie
invece un amore non procreativo, amando chi appartiene allo stesso sesso.
Ciò potrebbe agevolare, da un punto di vista sociale, una scelta in tal senso, anche se
sono ancora molti gli omosessuali, uomini e donne, che rifiutano di uscire allo scoperto,
dichiarandosi pubblicamente tali nel nuovo rito del coming out, inaugurato anni fa dai
gay americani. Oggi omosessuale non è più soltanto lo stilista di grido, il regista
famoso, il letterato eccentrico, il poeta “maledetto”, la pop star o la tennista di fama, per
i quali questa inclinazione viene considerata quasi un fiore all’occhiello, e la diversità
un diritto acquisito. Oggi possono dichiararsi omosessuali senza provocare pubblico
scandalo il ragazzo del quartiere periferico come l’impiegato di banca, l’operaio come
lo studente, il parrucchiere come il manager. La tendenza emergente è oggi quella della
normalizzazione dell’omosessualità anche nell’ambito dei diritti civili.
Nonostante, però, la relativa normalizzazione in atto, la scoperta della propria
inclinazione omosessuale continua a suscitare nell’adolescente angosce e paure che non
riguardano solo le possibili reazioni familiari e sociali alla sua scelta, ma hanno radici
profonde nel suo inconscio. Questo è uno dei motivi per cui molti gay, e non solo,
preferiscono sostenere l’origine genetica della loro inclinazione. In realtà l’origine
genetica, più volte ipotizzata nelle neuroscienze e prima nella neuroendocrinologia, non
è mai stata dimostrata in modo inconfutabile, come riconoscono gli stessi ricercatori. A
parte i casi di squilibri ormonali e cromosomici presenti nel feto, che accentuano poi i
caratteri secondari del sesso opposto nel maschio e nella femmina, l’origine
esclusivamente biologica dell’omosessualità continua a rimanere un’ipotesi.(VegettiFinzi S.,2001) Le origini quindi vanno ricercate anche nell’ambiente, nella storia
personale, nelle relazioni affettive che contribuiscono a formare l’identità personale
dell’individuo.
E. ha avuto la sua prima esperienza omosessuale a quattordici anni e mezzo con un
ragazzo di un anno più grande di lui. – “Non potevo più fare a meno di stare con lui,
eravamo sempre insieme, se non potevamo vederci ci mandavamo centinaia di
messaggi. A lui ho dato il primo bacio vero. Ci siamo accarezzati le parti intime… per
noi era come un gioco”- e ancora: “Io comunque ero il più forte,se gli davo una spinta, o
gli dicevo che volevo fare una cosa era sempre lui a cedere. Anche nei rapporti intimi io
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non ho mai accettato di essere sodomizzato, io prima non mi ero neanche mai
masturbato, non mi interessava il sesso, né con le donne né con gli uomini” – “A
quattordici anni ho baciato una ragazza perché facevamo il gioco della bottiglia, ma non
ho provato proprio niente, lo ho dovuto fare” -
Questo riferisce E. della sua prima
esperienza omosessuale. Appare come, amando il proprio simile, E. soddisfi il suo
investimento narcisistico, molto presente ancora oggi in lui, che diventa specchio del
suo ideale. Mantenendo un ruolo attivo nei rapporti sessuali, che gli impedisce di
abbandonarsi ad un reciproco scambio delle parti, sembra poter dimenticare lo spettro
dell’impotenza ed essere affascinato dal potere che esprime in ogni sua espressione.
Questo primo episodio si può inquadrare, anche per la sua tipologia, in un’esperienza da
adolescente, con la caratteristica, quindi, della transitorietà, non destinata a sfociare
necessariamente in una scelta definitiva, ma può, invece, rappresentare una fase, un rito
di passaggio nella ricerca di una propria identità sessuale, molto frequente soprattutto
fra i maschi in un’età compresa fra i dodici ed i quindici anni.
Nella scoperta di sé, del proprio corpo, delle sue potenzialità erotiche, il rapporto
omosessuale fra coetanei rappresenta, nello sviluppo della sessualità adulta, uno stadio
successivo a quello della masturbazione. Pratica, quest’ultima, sconosciuta ad E. fino ai
quattordici anni.
Nel confronto con E. vi è un elemento sempre sotto traccia, quello della
differenziazione dalla sua famiglia, dalla coppia genitoriale adottiva, che lo porta
all’idealizzazione della madre naturale – “penso a volte che vengo da una famiglia
importante, forse erano dei principi, mia madre magari mi ha dovuto abbandonare
perché, appartenendo ad una famiglia blasonata e avendomi concepito con un servo, non
poteva tenermi”-. Un tentativo di uscire dalle dinamiche confusive della famiglia
adottante, confusione che ripropone però nel romanzo familiare, (Freud, 1908,1972)
quasi delirante, legato ai genitori naturali. Sembra voler affermare: “no, io non sono
come voi, la mia sessualità non ha niente a che fare con la vostra e neanche con quella
da cui sono nato!” E’ quindi una scelta oppositiva, confusa, non maturata ed immatura
che sembra condurre E. a comportamenti devianti e criminali, che culminano con la sua
incriminazione.
7. LE PERSONALITÀ CON CUI E. COMMETTE I REATI SESSUALI
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E. apre due profili Facebook uno a nome di una donna nobile tirolese, l’altro a nome di
un uomo anche della stessa nobiltà , attraverso i quali chiede contatti, raccontando
unicamente menzogne a partire dall’identità.
-“Mentivo sulla mia identità soprattutto perché ho sempre avuto paura di non essere
accettato per quello che sono, ero donna in Facebook perché così potevo contattare più
persone, ma sento anche che sono due parti mie, Lisa dimostra come gli uomini
ragionino con il cazzo e sono degli stronzi. Forse lei è quella parte di me che io non
posso essere: sicura di sé, sa di piacere, riesce ad ottenere ciò che vuole, è
comprensiva”- questa la spiegazione di E.. Sicuramente ancora troppo semplicistica per
essere l’unica verità, ma lui non è in grado di andare oltre. Fino agli otto anni prendeva
di nascosto i vestiti della mamma e le sue scarpe e gli piaceva indossarli e girare per
casa con i tacchi. E’ uscito più di una volta per mano alla nonna con il rossetto sulle
labbra. Fino ai diciassette anni assisteva alle sfilate delle amiche alle quali faceva
indossare gli abiti che la madre teneva nell’armadio. Questi appaiono comportamenti
volti a comprendere quali potessero essere le caratteristiche femminili che gli
appartenevano, o quali era in grado di mutuare.
Stefan era invece il maschio, omosessuale, capace di incarnare il suo mito familiare, un
nobile ricco appartenente al gruppo etnico tedesco, del quale E. si è sempre voluto
sentire parte. – “Stefan sono io con tutti i miei problemi”. - Solo che lui è tedesco e
nobile, ciò che E. non è, ma vorrebbe essere. E. tende quindi ad identificare in ciò che
non può essere quelle caratteristiche di sicurezza del sé, di maturità, che avverte assenti
in lui.
Lisa attirava diversi ragazzi e scambiava con loro mail in cui, inizialmente, si inviavano
messaggi di informazioni sulle identità reciproche, sugli interessi musicali e culturali
che condividevano. Questi scambi non duravano molto, prevaleva il “tutto e subito
dell’adolescente”, e quindi E., sempre mutuando l’identità di Lisa, chiede al suo
interlocutore cosa ne pensa degli italiani, imposta con lui un discorso a sfondo etnico,
ancora molto sentito tra una parte dei giovani sudtirolesi di lingua tedesca, alcuni dei
quali appartengono a gruppi neonazisti. Poi li interroga circa i gusti sessuali. Ha
bisogno, da un lato, di assicurarsi di non rischiare di trovarsi di fronte un naziskin di cui
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conosce la violenza per esserne stato vittima, dall’altro di poter pensare che
l’interlocutore è pronto a ricevere proposte sessuali anche diverse.
Lisa quindi incomincia ad inviare all’interlocutore le sue foto raffiguranti i genitali
(rigorosamente trovate in Internet) e gli chiede di fotografare il suo pene in erezione e di
mandarle la foto. Successivamente, ma sempre in tempi molto ravvicinati, racconta di
avere un cugino, e qui entra in campo Stefan – “ A volte Lisa diceva di avere una grave
malattia che doveva curare urgentemente, ma che in quel momento i suoi non erano in
Italia e non potevano darle i soldi per le visite e le medicine. Chiedeva all’interlocutore
di consegnare duecento euro a Stefan, che avrebbe fatto da tramite”. - “Così avveniva
l’incontro tra Stefan e la persona contattata da Lisa, a volte prendevo i soldi e me ne
andavo, altre volte facevamo qualche cosa di sessuale perché lui era d’accordo”. –
“Con alcuni di questi conosciuti in Facebook ci divertivamo ad andare nei bagni dove
c’erano gli orinatoi e guardare il pene degli altri uomini, questi dovevano avere dai venti
ai trent’anni, altrimenti non ci piacevano. Vedevamo entrare uno che ci sembrava carino
e io andavo a vedere cosa aveva nei pantaloni, quando uscivo, a seconda delle facce che
facevo, ci facevamo delle grandi risate”. – “Per noi era tutto un po’ un gioco”. – Via
Web venivano scambiati anche numeri di cellulare, in tal modo le foto ed i messaggi
avvenivano in doppio circuito.
E. ha frequentato per lunghi periodi anche omosessuali locali della sua età o di qualche
anno più grande, ma con loro non è mai nata una storia, neanche di carattere sessuale,
andava con loro alla scoperta di discoteche gay di Milano, dove incontrava ragazzi, con
i quali in solo poche occasioni c’è stato un rapporto sessuale.
Ha invece mantenuto la compulsione a imbrogliare e a inviare foto da parte di giovani,
tra cui cinque minori di età compresa tra i quindici ed i diciassette anni e mezzo, con
alcuni di loro ha anche fatto sesso telefonico come Lisa, scambiando solo gemiti e
sospiri per non essere scoperto. Gli accordi venivano presi precedentemente via Web o
sms telefonici.
E., che di fronte al dato di realtà della denuncia, comprende come questo agito nei
confronti di minori sia stigmatizzabile e colpevole, tuttavia continua a ripetere che a
volte questi ragazzi gli sembravano addirittura più grandi di lui, più maturi, che per tutti
era un gioco ( frase questa ripetuta anche dai minori sentiti durante l’incidente
probatorio “per noi era un gioco”, solo il denunciante, che pare essere istigato da un
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maggiorenne con il quale E. ha avuto una storia, afferma di aver vissuto l’incontro con
E. come una violenza).
E. oggi tende a definirsi omosessuale e quando vuol motivare la sua scelta afferma:- “
ho bisogno di sentire vicino qualcuno che prende in mano la situazione, perché non
prendo la patente? Perché mi piace che mi porti qualcuno! Mi piace che qualcuno mi
sappia dominare, che però mi faccia anche sentire che sono io quello che porta i
pantaloni, perché so che anche se cerco di dominare in realtà ho bisogno di essere
dominato. Una donna non potrebbe farlo, per questo mi innamoro dei maschi, poi mi
piace il corpo maschile, quello femminile mi lascia indifferente”.E. ha avuto una storia durata circa sei mesi con un ragazzo che studiava ad Innsbruck,
conosciuto in Web prima come Lisa e poi come Stefan. Con lui ha convissuto e a lui ha
fatto spendere quarantamila euro in questi mesi. Dovevano andare in Hotel di lusso a
trascorrere i fine settimana, consumare i pasti in ristoranti rinomati e bere bottiglie
costose. Il giovane è stato sollecitato a rinnovare il suo guardaroba, cambiare i mobili
dell’appartamento e svecchiare anche l’arredo della sua casa , perché non gli doveva
ricordare troppo tristemente il periodo in cui i genitori, morti entrambi, vivevano lì con
lui ed il fratello. Lo accompagnava sulla tomba della madre per farlo piangere fra le sue
braccia e al ritorno da scuola gli faceva trovare il pranzo pronto, spesso gli preparava
anche la colazione e gli lasciava un biglietto di buona giornata nella tasca.
Di fatto E. giocava a fare il genitore protettivo e forte, proiettando così i suoi bisogni
più profondi sul compagno, in un gioco adolescenziale incapace di lasciare spazio alla
realtà. A lui però chiedeva di essere portato a fare i giri in macchina quando faceva
fatica ad addormentarsi, o quando gli veniva in mente di andare a Monaco a trascorrere
un pomeriggio diverso.
Le cose si complicavano via via che passava il tempo, quando il compagno scriveva a
Lisa parlandole di Stefan e questa doveva rispondergli, quando questa triplice identità
veniva vissuta da E. come una condanna dalla quale riteneva di non poter uscire con un
atto di sincerità. Temeva ogni momento di poter essere scoperto e che potesse finire
tutto, questo lo induceva ad essere ossessivamente presente ed ogni cambiamento di
umore del compagno lo attribuiva ad una possibile scoperta della sua vera identità. Fino
a che un giorno gli è caduto il tesserino sanitario dalla borsa con il suo vero nome ed
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alla domanda dell’amico – “ma questo chi è?”- E., apparentemente impassibile, in realtà
terrorizzato, ha risposto – “E’ uno dei miei nomi”- e tutto si è risolto così.
Il rapporto si è interrotto a seguito dell’incarcerazione di E. di cui il compagno non è
venuto a conoscenza da lui, ma sembra che abbia appreso del fatto da altre fonti.
Alcuni dei ragazzi contattati da E. via Web sono stati anche portati a casa, infatti la
cantina di cui si parla è di fatto una cantina ristrutturata ed attrezzata a salone e stanze
da letto. E. a tal proposito afferma –“ Li portavo a casa quasi per non dover esser io a
rivelare la mia vera identità, ma fossero le circostanze a svelarla”.
Gli adulti per E. significativi, hanno sempre finto di non vedere, di non sapere e non mi
riferisco all’età dei ragazzi che era di difficile definizione certamente. – “Se osavamo
dirgli qualche cosa ci rispondeva male”- Questa è la spiegazione dei genitori al fatto di
non essere mai intervenuti. – “Comunque eravamo sicuri che non eccedevano nel bere
perché controllavamo le bottiglie e non facevano uso di droga, E. cucinava, perché
vedevamo che mancavano dal frigo le cose che avevamo comperato e lo sgridavamo,
perché lo faceva senza chiedere neppure il permesso, ma lui alzava le spalle e faceva
quello che voleva lo stesso. Se non c’era niente da noi andava nel frigo della nonna” –
Del vero problema evidentemente non erano in grado di occuparsene, di discuterne con
il figlio, non sono stati capaci di porre un divieto non per quello che veniva consumato
dal frigo, ma per ciò che veniva consumato in quell’ambiente.
Quando E. contattava in Web le persone, anche minori, non ha mai usato lo schema
classico dell’adescatore, né si è mai preoccupato che questi potessero parlare, non ha
mai chiesto loro il silenzio rispetto alle altre persone a loro vicine. Quando ha fatto le
ricariche telefoniche ai ragazzi è stato perché erano rimasti senza ricarica a causa
dell’invio di foto e quindi si sarebbe interrotto il circuito porno- ossessivo, che alla fine
per E. diventava quasi un gioco delle figurine in cui conquistarne, per qualcuno, valeva
quasi più che non guardarle e goderne per i personaggi che raffiguravano.
E. nei colloqui afferma – “non ho mai dato importanza all’età, ma al fatto di trovarmi
bene con quelle persone. Ci sono delle cose contraddittorie, a volte pensavo di essere io
il più furbo, quello che sapeva dominare la situazione, poi mi rendevo conto che facevo
tutto quello che mi chiedevano gli altri, ho passato un sacco di tempo in Internet a
cercare foto di Lisa perché non volevo si capisse che le trovavo su Web. Qui mi sentivo
furbo e pensavo che gli stupidi erano loro che non se ne accorgevano e il gioco andava
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avanti…” – “Nei contatti via mail sia come Lisa che come Stefan non ho mai fatto
smancerie, rimanevo sul duro, non cattivo. Non mi perdevo in complimenti. Per lo
scambio di foto non c’erano problemi, la maggior parte lo aveva già fatto” – “ Spesso io
perdo il senso di avere vent’anni e paragono le mie nuove esperienze con la prima,
quella in cui avevo quattordici anni e cerco che siano come allora, e mi sembrano come
allora, divertenti, allegre”. – “ a volte, quando ero depresso e una persona mi piaceva,
ma lui non voleva saperne, raccontavo di avere male ai polmoni, di sputare sangue. Una
volta ho anche raccontato di avere un tumore alla testa che non mi avrebbe lasciato
molto tempo da vivere. Volevo impietosirli! Ma in genere non mi hanno dato retta. Mi
immedesimavo così tanto che mi pareva impossibile che così malato gli altri mi
potessero abbandonare. Questo però lo facevo solo con chi volevo avere amico…”
E. non ha mai avuto contatti via Web o telefonici con la sua vera identità, i reati li
commette sempre come Lisa o come Stefan,
Lisa e Stefan sono figure che concorrono a integrare l’identità cangiante e proteiforme
di E.., sono immagini che lui riconosce appartenergli. In una triade disarmonica e non
strutturata, a loro è delegato il compito della trasgressione, è in questo vissuto magicoinfantile che vengono perse le competenze del diventare adulto. Differentemente da una
organizzazione psichica normale, nella quale la relazione tra le immagini interiorizzate
sono armoniche. Ad esempio le figure dei genitori, il bambino con i genitori,
l’adolescente con i genitori.
Il compito principale che la piena adolescenza pone ai ragazzi consiste nella definizione
di sé, nella costruzione di un proprio profili d’identità. Il processo che conduce
all’autodeterminazione impone anche di confrontarsi con la conflittualità e i limiti del
mondo interno, con la propria sostanziale parzialità e insufficienza.
L’elaborazione interna comporta di rapportarsi a tre dimensioni: il Sé reale, ciò che
sono; il Sé regolamentare, ciò che devo essere; il Sé ideale, ciò che voglio essere.
Coordinarli evitando sia il conflitto sia la parzialità non è semplice in un periodo storico
basato sull’individualismo, ma è possibile comunque non operare almeno una scissione.
Nessuna di queste condizioni sono state raggiunte da E., neppure oggi che ha ventitre
anni.
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8. IPOTESI DIAGNOSTICHE
Nominata perito d’ufficio, dopo aver seguito per alcuni mesi E. si pone il problema di
individuare quali cause abbiano determinato in lui il comportamento criminale di cui è
accusato.
In E. vi è indubbiamente una componente perversa, ma è legata ad immaturità
adolescenziale, o intrecciata anche con una personalità borderline?
Le perversioni sessuali, dette anche parafilie, oggetto di studi importanti, come quelli
pionieristici di Krafft Ebing , spesso competono sia alla medicina sia all’ambito penale.
L’esibizionismo, il voyeurismo, il travestimento, il sadomasochismo e la pedofilia
rientrano senz’altro in questa categoria. Tradizionalmente gli psichiatri distinguono le
perversioni riguardo all’oggetto (per esempio la zoofilia e la necrofilia), dalle
perversioni riguardo al fine (per esempio il sadismo e il masochismo). La pedofilia,
invece, è sempre e prima giudicata un’attività criminale più che una malattia mentale.
Dalla psicoanalisi la perversione viene considerata come una delle strutture
fondamentali della psicopatologia, accanto alle nevrosi e alle psicosi. La perversione è il
contrario della nevrosi: essa si traduce in agiti, non in inibizione o rimozione ed è quindi
definita dal suo carattere impulsivo. Un comportamento impulsivo ed egosintonico. Ciò
significa che il soggetto, quantomeno nel momento in cui compie l’azione, è in accordo
con l’azione stessa e prova sollievo dopo averla compiuta. I disturbi del controllo degli
impulsi riguardano, in primo luogo, coloro che non tollerano la frustrazione, o il
semplice fatto di dover differire il piacere e adottano comportamenti che procurano un
appagamento immediato.
Anche qui troviamo uno spunto interpretativo per il comportamento di E., ma non
sufficiente da chiarire se ci troviamo di fronte ad una patologia franca o ad un’ipotesi di
perversione adolescenziale.
In E. riscontriamo anche una forma di dipendenza dall’oggetto, sia esso sessuale, o
Web, o cellulare. Il modello perverso potrebbe allora applicarsi ad un modello più
ampio e consentire di interpretare le dipendenze come perversioni in cui l’oggetto funge
da sostituto dell’oggetto d’amore, diventando l’oggetto parziale. In tal modo ci è dato di
pensare alla dipendenza anche come elemento di chiarificazione dei comportamenti
perversi.
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La dipendenza, nella maggior parte dei casi, esordisce in modo impulsivo con la ricerca
di un piacere immediato, e progressivamente si evolve in maniera autonoma piuttosto
che egosintonica, il comportamento non è volontariamente perseguito né veramente
piacevole, ma semplicemente sfugge al controllo del soggetto. Imponendosi al soggetto,
il comportamento obbligato provoca dei conflitti interiori, analogamente ai disturbi
compulsivi. Valutando le perversioni penalmente perseguite, si potrebbe pensare che,
dopo una fase iniziale, può affiorare una valenza di dipendenza tale da impedire al
soggetto di fermarsi, anche se lo desiderasse.
Le dipendenze si organizzano nel soggetto in fasi successive: - La fase dell’ossessione,
in cui la persona, reagendo alle difficoltà esistenziali, è completamente assorbita da
preoccupazioni legate all’oggetto della sua dipendenza. – Fase della ritualizzazione,
cioè di esecuzione dei rituali che precedono il comportamento dipendente (entrare in
Web, avvicinarsi al cellulare,ecc.). – Fase dell’agire, che produce un sollievo
temporaneo e perciò provvisorio. – Fase della disperazione, connotata da un sentimento
di impotenza a controllare il proprio comportamento.
Al precedente quadro in E. si aggiungono i marcati sentimenti di inadeguatezza, da un
lato, che gli fanno vivere i partner sempre come soggetto provvisorio, che lo potrebbe
abbandonare, per la scoperta della sua vera identità, che in realtà cela l’insicurezza
legata al vero Sé del soggetto; dall’altro lato permane l’intenso disagio riguardo
all’orientamento sessuale incerto di E..
Considerare il partner, anche occasionale, come oggetto più o meno intercambiabile,
autorizza il parallelismo con la dipendenza da un’esperienza (della droga, del gioco, da
Web, dal cibo). Nel caso di E. possiamo riscontrare almeno due di queste dipendenze:
da web e da cibo, così come da una sessualità impulsiva, che si conclude spesso nel
ricevere alcune foto.
L’ipotesi a cui giungo a seguito dei colloqui, dell’anamnesi personale e familiare e dopo
aver assistito all’incidente probatorio con le vittime minori, è che le componenti
perversa e truffaldina presenti in E., associate alla dipendenza dagli oggetti parziali a cui
si attacca in modo dipendente, possano essere determinati da una immaturità
adolescenziale che non gli ha permesso fino ad oggi ad E. di portare a maturazione una
personalità coerente ed equilibrata, anche in ambito sessuale, si associno ad una
componente borderline, che rilevo in una difficoltà da parte del soggetto legata a
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competenze cognitive, anche semplici, prevalentemente quelle legate all’astrazione e
alla simbolizzazione, oltre alle risposte impulsive e poco ragionate che tende a dare.
Una situazione la sua al limite con la patologia conclamata.
Per questo incarico il prof. Claudio Fabbrici, come mio ausiliario, già docente di
Psicopatologia dello Sviluppo presso l’Università di Bologna, per sottoporre E. ad una
batteria di test, al fine di avere una diagnosi di personalità.
RELAZIONE PSICODIAGNOSTICA PER E.
Ho visitato il sig. E. in qualità di ausiliario della dott.ssa Franca Berti, utilizzando il
colloquio clinico e la somministrazione di test, allo scopo di formulare una diagnosi.
I Test utilizzati sono tutti accreditati in ambito psicologico – forense secondo la
letteratura scientifica internazionale e raccomandati dalla Sezione 41, quella di
psicologia giuridica, dell’A.P.A. ( American Psychological Association ).
Il Rorschach, dopo critiche e dibattiti è stato ampiamente riabilitato per la sua
ricchezza di contributi, sempre che ne venga resa nota la codifica.
E’ presentato da me secondo la siglatura della Passi Tognazzo e secondo i rilievi e
contributi della Scuola Americana da Rapaport a Holt, ai Lerner.
Ogni risposta è isomorfica per genere, età, scolarizzazione ai risultati dei gruppi –
campione degli adattamenti italiani.
L’O.R.T. è presentato per il suo aspetto narrativo di contributo sulla qualità delle
relazioni sociali.
Il Rorschach.
1) Un insetto, con le ali troppo grandi, una farfalla un po’ obesa, un giglio
DG F+ A BAN GF+ - PT VERBALIZZAZIONE DI DEFORMITA’ / RILIEVO
DI COLORE AL CHIAROSCURO.
Inchiesta : non mi piace, il nero, non dico inquietante, ma sa di tristezza, di
solitudine.
2) Una farfalla, farfalle molto belle che non trovo mai, si vedono solo in TV, due figure
stilizzate, uomini che si battono la mano, battono il cinque.
G F+ A BAN G F+ U M VERBALIZZAZIONE DI BRUTTEZZA
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Inchiesta : questa mi convince già di più, il rosso è più caldo, ci vedo anche un
cuore, il senso di amicizia, la gioia, il gioco, il periodo dell’hockej, a quattordici
anni, il gioco di squadra.
3) Due teste, naso, mento, collo, corpo, una gamba, capelli, due persone che
camminano, tipo militare con le gambe alzate, testa con naso, becco forse, un
incrocio tra un umano e un grifone, un recipiente tipo fontana.
GF+ U M
DF+ OGG.
CONDENSAZIONE / VERBALIZZAZIONE DI
CHIMERA
Inchiesta : Le persone che camminano, un senso di rigido, regole, non lasciarsi
andare, me stesso esagerato nell’educazione, il grifone è già una figura elegante, io
sono l’emblema dell’educazione !
4) Un mostro, testa piccola, corpo molto grande, uno stemma familiare, corona,
scudo.
GF+ ( U ) GF- OGG.
CONTENUTO RELATIVO AL RUOLO SOCIALE /
POTERE / CETO SOCIALE ELEVATO.
Inchiesta : La più brutta, il mostro, la collego a un episodio molto brutto che ho
avuto, di violenza subita, avevo 16 anni, lui tre anni più di me, questo con una
scusa e un’altra poi ci è riuscito.
5) Un pipistrello, due gabbiani in volo, con il becco troppo grande.
G F+ A BAN GF+ A BAN FM
VERBALIZZAZIONE DI DEFORMITA’
Inchiesta : Un po’ come il mio carattere nascosto nelle relazioni sentimentali,
dipende tutto dal mio stato d’animo, dai miei sbalzi d’umore.
6) Mi perdo, sembra un totem indiano, la pelle d’orso scuoiata a metà, un palo con su
un fiore
DF+ OGG. BAN G F CHO+ AD GF- PT
Inchiesta : Senso di nero, di cupo, di cimitero, infatti mi è venuto in mente il totem,
tristezza assoluta, che ho sempre sofferto nonostante fossi insieme a migliaia di
persone.
7) Un pò stilizzate due signore, che si guardano, conigli un pò strani, due bambini con
la penna da indiano.
GF+ U GF+ U GF+ A
VERBALIZZAZIONE DI STRANEZZA.
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Inchiesta : Questa non è così cupa, la storia dei bambini, quell’infanzia che avrei
voluto diversa, sinonimo di femminilità.
8) Sembrano le ovaie femminili, sembra anche un fiore.
DF- ANAT D F+ PT FC
Inchiesta : Questa va già meglio per I colori vivaci, il bosco, I vestiti, I quadri di
Matisse, non li posso portare come vestiti, dovrei snellire.
9) Potrebbero essere due cervi con la testa all’in su, un volto un pò strano con l’occhio,
un diavoletto, diavolo da cartone animato, il rosso non mi piace, anche un insetto
con grandi occhi.
D F+ ( U ) GF- A
Inchiesta : Mi mette simpatia, allegria il diavoletto, i cervi sono un emblema di
libertà, di maestosità, una bestia possente, ma elegante.
10) Un volto, due occhi, baffi, bocca, un tulipano con un volto che ride, una testa, dagli
occhi, un viso con i baffi che cadono, anche foglie che cadono, con fiori che cadono,
portati via dal vento.
DF- ( UD )
DEPRESSIVA
DF- PT FC
CON
CONDENSAZIONE
CONTENUTI
VERBALIZZAZIONE
SULLA
CADUTA,
SULL’INVECCHIAMENTO.
Colore e vita, tulipano con appiccicato il viso, l’uomo mi dà la sensazione di
freddezza, di gioventù, da un po’ di tempo mi sento molto vecchio, il mio estremo
rigore, mi porta a trascurare certi aspetti della gioventù, io da vecchio.
Verbalizzazioni di stranezza, di deformità : 7
Contenuti riferiti al potere del ruolo sociale : 1
Condensazioni : 2
Verbalizzazione su caduta, invecchiamento : 1
Interpretazione : Le risposte depongono per una buona produzione verbale, che
prosegue nell’inchiesta diventando debordante, autoriferita, teatralizzata, come il
racconto o il romanzo familiare di un personaggio decaduto dal punto di vista sociale o
di un attore sul viale del tramonto, pensando ai temi dell’invecchiamento nell’ultima
tavola.
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Mostra alcune cadute dal punto di vista formale alla tav. 4, dove compare un nucleo
ambiguo/ traumatico quando avrebbe potuto sviluppare una buona risposta formale, con
contenuti di relazione ben elaborati con la figura maschile.
Poi a tutte le tavole colorate, dove nonostante il piacere dichiarato per la comparsa del
colore, quindi potendo integrare una gamma più espressiva emotivamente e uscendo
dalla depressività delle tavole scure produce cattive forme e contenuti superficiali e
bizzarri ( fiori, ovaie femminili ).
Le verbalizzazioni autoriferite all’immagine corporea come deforme, brutta, strana,
diversa sono presenti in tutte le tavole fino a diventare fenomeni di condensazione con
fusione uomo-animale / uomo – fiore.
La condensazione è un fenomeno proprio dell’attività onirica e appartiene alla logica
dell’inconscio, che qui irrompe come materiale produttivo senza incontrare barriere
difensive.
E. presenta questo fenomeno proprio alle tavole che sono deputate all’identificazione,
all’empatia, alla comunicazione con l’altro mostrando una tendenza a plasmarsi in modo
proteiforme sull’altro, ad aderire, a imitare.
In conclusione ci troviamo di fronte a un difetto primario dell’immagine corporea
che colpisce a cascata identificazioni, identità psico-sessuale, identità psico-sociale.
E. presenta un Sé mimetico, proteiforme, con un sistema di difese varie e non
stabili, che agisce condotte perverse, o secondo la dizione attuale parafiliche.
Dal punto di vista psicopatologico, l’organizzazione prevalente è di tipo istrioniconarcisistico, quindi nell’area borderline, accompagnata da una depressività
primaria, difficilmente elaborabile e attualmente contenuta dal sostegno
psicoterapico.
Il Test di Millon- Il Millon Clinical Multiaxial Inventory III.
Il Millon è uno strumento, clinicamente orientato, con numerosi elementi che lo
distinguono dagli altri test, come la relativa brevità, le basi teoriche, il formato multi
assiale, la buona validazione e il coordinamento con un sistema diagnostico ufficiale
come il D. S. M. I V.
E. presenta punteggi alti, quasi totali, in primo luogo, nei profili di personalità gravi :
Istrionico, Narcisistico, Borderline.
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Va rilevato anche l’alto punteggio al Disturbo Post- Traumatico.
Compaiono punteggi alti anche al profilo Sadico e Antisociale.
Sul piano del Profilo Istrionico sono isomorfe a molti suoi aspetti biografici
caratteristiche contenute nei processi funzionali come : iper-reattività, volubilità,
provocatori età e seduttività, reazioni impulsive emotive e teatrali, eccitamenti
momentanei, avventure passeggere e edonismo ipoevoluto.
Superficialità dal punto di vista cognitivo, come parlare di cose generiche in modo
impressionistico, una modalità di apprendimento discontinua e con giudizi precipitosi. Il
ricorso alla dissociazione, come l’alterare e ricomporre sistematicamente modi di
presentarsi per creare una serie di facciate socialmente attraenti, ma mutevoli.
L’impegnarsi in attività che distraggono, per evitare di riflettere su pensieri ed emozioni
spiacevoli e di integrarli.
Negli attributi strutturali va segnalato l’umore instabile, con emozioni superficiali che
mutano rapidamente, dall’entusiasmo, all’eccitazione, alla rabbia, alla noia.
L’organizzazione del Sé è incoerente e lacunosa, i processi di regolazione interna e di
controllo sono discontinui e non integrati.
Nel profilo Narcisistico risultano interessanti , nei processi funzionali, caratteristiche
come : lo sfruttamento nei rapporti interpersonali e l’arroganza ; negli attributi
strutturali l’immagine di sé come oggetto di ammirazione.
Nel profilo Borderline la discontinuità, la capricciosità dal punto di vista cognitivo,
l’immagine di sé instabile e l’umore instabile.
Nel profilo Sadico la dannosità nelle relazioni interpersonali, le rappresentazioni degli
oggetti interiorizzati in termini distruttivi, l’organizzazione psichica produce scoppi
improvvisi ed esplosivi.
Nel profilo Antisociale l’impulsività, l’umore facilmente alterabile e la svalutazione
degli oggetti interni.
Le Matrici di Raven.
Alle matrici di Raven , E. in un tempo di 14’, su un totale di 60 risposte fornisce 22
risposte esatte. Si viene così a collocare nel terzo gruppo, con una intelligenza media, al
limite del centile per età, pertanto sul limite del gruppo con risultati nettamente inferiori
alla media.
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Questo risultato sorprende, ma bisogna pensare che le Matrici non hanno riferimenti con
la competenza verbale, tanto usata negli altri test da E. per costruire rappresentazioni
autoriferite al Sé.
Il metodo utilizzato da lui è stato completamente privo di concentrazione e di analisi,
come una ripetizione d’impeto di uno schema pre-stabilito e ripetuto.
CONCLUSIONI
E. ha commesso reati che vanno dalle condotte perverse a truffe e simulazioni. E’
un’area che tocca l’identità, la psicosessualità, l’affettività, l’intimità, secondo la
tradizione psicoanalitica siamo di fronte a un Falso Sé (Winnicott, 1981;
Greenacre, 1968 ;Gaddini, 1984), con un immaginario, fantasie, atti perversi
(Freud 1905; Khan, 1992; Stoller, 1978).
Ora si tratta di rendere questi costrutti teorici accessibili alle diagnosi del DSM IV,
considerando che la perversione diventa, con un termine più neutro, parafilia, e
non rappresenta un quadro psicopatologico strutturale.
Pertanto E. si conferma, diagnosticamente, in una organizzazione Borderline, con
profili severi di personalità sottostanti che, per gradienti di gravità, vanno dal
Narcisistico ,all’Istrionico, al Sadico, all’Antisociale.
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