I@R NewsLetter n°6 giugno 2014

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I@R NewsLetter n°6 giugno 2014
Giugno 2014
I@R- Newsletter
L’approfondimento mensile sul lavoro con e per gli INDIVIDUI A RISCHIO
ALL’INTERNO… Brasile: protestare non è un crimine!
Grazie Amnesty! –Appello Sudan– Buone notizie…e altro ancora!
…IN PRIMO PIANO
Amnesty International: "la presidenza italiana sia l'occasione di un
nuovo inizio per i diritti umani all'interno dell'Unione europea e oltre
le sue frontiere"
Alla vigilia dell'assunzione della presidenza semestrale dell'Unione europea, Amnesty International
ha sollecitato l'Italia a cogliere l'occasione per mostrare leadership e porre la rotta dell'Unione
europea (Ue) nella direzione dei diritti umani, mettendo le persone prima della politica.
Nelle sue "Raccomandazioni alla presidenza italiana dell'Unione europea", Amnesty International
ha chiesto all'Italia di assicurare che l'Ue sviluppi una strategia interna sui diritti umani che ne
contrasti le violazioni, sia all'interno delle frontiere che all'esterno.
"Esiste una profonda dicotomia tra l'aspirazione dell'Ue a promuovere i diritti umani a livello
globale e la realtà delle violazioni dei diritti umani negli stati membri" - ha dichiarato Antonio
Marchesi, presidente di Amnesty International Italia, presentando oggi a Roma le
"Raccomandazioni alla presidenza italiana dell'Unione europea".
"La discriminazione e la violenza contro i rifugiati, i migranti, le comunità rom, le persone Lgbti
(lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate) e le donne continuano a essere diffuse. È
ora di cambiare" - ha aggiunto Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty International Italia.
Nel promuovere una strategia complessiva dell'Ue sui diritti umani, la presidenza italiana può
gettare le basi per lo sviluppo di azioni proattive e di protezione in grado di affrontare le pressanti
sfide interne sui diritti umani e di assicurare che gli stati membri rispettino nel loro territorio gli
obblighi sui diritti umani. Questa strategia consentirebbe inoltre di identificare e superare le lacune
esistenti nella protezione dei diritti umani e di valutare l'azione dell'Ue in tale ambito.
Una strategia interna sui diritti umani può essere adottata e applicata attraverso l'azione collettiva
e il sostegno di tutti gli attori dell'Ue e degli stati membri. Insieme ai nuovi parlamentari europei,
alla nuova Commissione europea che entrerà in funzione nel corso dell'anno e con l'avvio dei
lavori degli stati membri sulle Linee guida strategiche destinate a delineare l'azione nel campo
della libertà, della sicurezza e della giustizia, la presidenza italiana dovrebbe lavorare per
assicurare che i diritti umani saranno al centro di tutte le politiche dell'Ue.
In particolare, Amnesty International ha sollecitato la presidenza italiana ad avviare un profondo
cambiamento nelle politiche e nelle prassi in materia d'immigrazione e asilo. L'Italia ha mostrato
che esistono approcci alternativi, soprattutto per ciò che concerne le ricerche e il soccorso, con
l'operazione Mare nostrum. Ma l'Italia non può salvare le vite da sola.
"Mentre l'Europa erige barriere più alte nel tentativo di tenere fuori migranti e rifugiati, in mare si
perdono vite umane. L'Italia conosce troppo bene i pericoli insiti nel voltare le spalle alla realtà
dell'immigrazione. Speriamo che, con la sua esperienza in materia, la presidenza italiana sia in
grado di riuscire dove altri hanno fallito e di assicurare un approccio basato sulla protezione più
che sulla sicurezza nella gestione dell'immigrazione, per rispettare i diritti umani e salvare vite
umane" - ha aggiunto Rufini.
1
Da questo punto di vista,
Amnesty
International
ha
sollecitato
la
presidenza
italiana a fare pressioni
affinché sia intrapreso uno
sforzo
congiunto
per
incrementare le capacità di
ricerca e soccorso e istituire
vie sicure in modo che coloro
che fuggono dalla violenza e
dalla persecuzione non siano
costretti a compiere viaggi
pericolosi e affinché cessi la
delega
dei
controlli
sull'immigrazione a paesi terzi
in cui la situazione dei diritti
umani è deplorevole.
La presidenza italiana ha inoltre l'occasione di assicurare che l'Ue adempia ai suoi obblighi in
materia di diritti umani nel suo territorio, tra l'altro:
- sollecitando un'esauriente legislazione anti-discriminazione e un approccio più solido al contrasto
e al perseguimento dei crimini d'odio, per proteggere le persone da ogni forma di discriminazione e
di violenza;
- reagire con urgenza alle violazioni dei diritti umani delle comunità rom, tra cui i crimini d'odio, gli
sgomberi forzati, la discriminazione scolastica e abitativa e la retorica discriminatoria da parte dei
pubblici ufficiali. La presidenza italiana dovrebbe esercitare pressioni sugli stati membri affinché
rispettino la Direttiva sull'uguaglianza razziale. L'Italia dovrebbe dare l'esempio, soprattutto per ciò
che riguarda gli sgomberi forzati e l'accesso agli alloggi pubblici;
- sollecitando gli stati membri a dare concretezza al loro impegno a combattere la violenza contro
le donne attraverso una strategia complessiva in materia. Gli stati membri dovrebbero essere
anche chiamati a dotare di risorse efficaci l'attuazione della Comunicazione della Commissione
"Verso l'eliminazione delle mutilazioni dei genitali femminili".
Accanto alle richieste relative ai diritti umani all'interno dell'Ue, le Raccomandazioni di Amnesty
International sottolineano la necessità che l'Ue assicuri di continuare a promuovere e sostenere i
diritti umani oltre le sue frontiere, in tutte le aree della politica e dell'azione esterna e nei rapporti
con tutti i paesi. Ciò significa, tra l'altro, rafforzare l'efficacia dell'azione dell'Ue e degli stati membri
per prevenire e reagire alla tortura su scala mondiale, come previsto dagli Orientamenti sulla
tortura e dal Regolamento sugli strumenti di tortura (che sottopone a controllo i trasferimenti a
paesi terzi di merci che potrebbero essere usate per compiere torture o altri maltrattamenti e per
eseguire condanne a morte). Allo stesso tempo, la presidenza dovrebbe collaborare col Servizio
europeo per l'azione esterna, le sue delegazioni e le ambasciate degli stati membri, per dare
sostegno e protezione ai difensori dei diritti umani e alle loro fondamentali attività.
Di fronte alla sofferenza causata dalle violazioni dei diritti umani in ogni parte del mondo, Amnesty
International ha fortemente sollecitato la presidenza italiana ad assicurare che l'Ue mostri
leadership e s'impegni concretamente su 11 casi di persone in pericolo, in Europa e in altre parti
del mondo.
"L'Italia ha l'occasione di assicurare un nuovo avvio per i diritti umani tanto all'interno dell'Ue
quanto oltre le sue frontiere. La presidenza italiana dovrà lavorare insieme ai leader dell'Ue per
reagire sollecitamente alle sfide poste ai diritti umani al suo interno, alle sue frontiere e a livello
globale. Collettivamente, i leader europei dovranno usare i loro nuovi
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mandati per rielaborare le agende, impegnarsi di nuovo rispetto a promesse su cui si è
temporeggiato e assicurare che il rispetto dei diritti umani sia il fondamento di tutte le politiche e le
prassi dell'Ue"- ha concluso Marchesi.
AZIONI URGENTI CHIUSE A GIUGNO
Ua 009/14 – Iran
La condanna a sette anni di carcere di Maryam Shafi’, prigioniera di coscienza, è stata ridotta a quattro anni
in appello.
UA – Cina
Nel maggio 2014 la Corte suprema ha annullato, ordinando un nuovo processo, la condanna a morte inflitta
nell'agosto 2011 a Li Yan, una donna di 43 anni della provincia del Sichuan, che aveva ucciso il marito dopo
mesi di sevizie.
Ua 093/14 Egitto
Gli studenti universitari Abrar Al-Anany e Menatalla Moustafa e l’insegnante Yousra Elkhateeb sono stati
condannati a pene detentive il 21 maggio per aver preso parte a proteste pacifiche.
Sono tutti prigionieri di coscienza, detenuti solo per l’esercizio pacifico del diritto alla libertà d’espressione e
riunione.
UA- Israele
Il 19 giugno 2014, a seguito della decisione di considerarlo 'inidoneo' al servizio militare, l'obiettore di
coscienza Omar Sa'ad è stato rimesso in libertà. In precedenza, a causa della sua volontà di non servire
nell'esercito israeliano, era stato condannato sette volte a periodi di detenzione.
UA – Paraguay
L'11 giugno 2014 il presidente Horacio Carter ha firmato la legge approvata dal parlamento a maggio grazie
alla quale lo stato potrà espropriare più di 14.000 ettari di terre e restituirle alla comunità nativa
Sawhoyamaxa. Oltre 160 famiglie, accompagnate dalla solidarietà e dalle campagne di Amnesty
International e di altre organizzazioni per i diritti dei popoli nativi, avevano intrapreso più di 20 anni prima una
lotta per il ritorno alle terre ancestrali della regione di Chaco.
GRAZIE AMNESTY!
Giappone "Senza Amnesty International, il caso di Iwao non
sarebbe mai stato conosciuto in ogni parte del mondo. La
decisione di disporre un nuovo processo che ha portato alla sua
libertà condizionata non sarebbe mai stata presa senza gli sforzi
degli attivisti di Amnesty International". Hakamada Hideko,
sorella di Hakamada Iwao, condannato a morte in Giappone nel
1968. Dopo 46 anni ha ottenuto un nuovo processo, cui si è
opposta la procura generale. In attesa della decisione del tribunale
sul ricorso della procura, Hakamada Iwao è stato posto in libertà
condizionata.
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Bahrein "Sono stati due anni duri, trascorsi lontano dalla mia
adorata famiglia e dal mio lavoro, che amo tantissimo, che è
quello di difendere i diritti umani. Sono stato tenuto isolato
dagli altri prigionieri di coscienza, in una zona separata della
prigione di Jaw, per impedirmi di comunicare con loro. A
interrompere l’isolamento erano le brevi telefonate e i fugaci
incontri con mia moglie, che mi aggiornava sulla solidarietà
proveniente dal mondo libero e sulle campagne organizzate
da Amnesty International e da altri. Nel mio cuore, questo mi
ha fatto sentire che non ero solo. Voglio ringraziare tutti i soci di Amnesty International per
la perseveranza della loro azione in difesa dei diritti e della libertà. Grazie anche per la
vostra campagna per ottenere la mia scarcerazione. La vostra azione mi ha dato la
speranza in un futuro migliore per il mondo intero”. - Da una lettera inviata ad Amnesty
International da Nabeel Rajab, difensore dei diritti umani, tornato in libertà dopo aver
scontato una condanna a due anni di carcere inflittagli unicamente a causa delle sue
attività in favore dei diritti umani.
L’AZIONE DEL MESE
Marocco/Sahara Occidentale: ancora nessuna giustizia per Ali
Aarrass
"Vivere un'ingiustiziaprovoca un danno enorme. Ma ancora piùdevastante è essere abbandonato,dimenticato, quando
parenti e amici rinuncianoa combattere... coloro a cui ci affidiamoper lottare affinché sia fattagiustizia." Ali Aarrass
Ali Aarrass è un uomo dalla doppia nazionalità belga-marocchina
detenuto in Marocco dal 2010. Ha subito molte violazioni dei diritti
umani: è stato torturato, maltrattato, detenuto in isolamento e
sottoposto a processo iniquo.
Nonostante la quantità e qualità delle prove che dimostrano
effettivamente le torture subite mentre era in custodia delle forze di
sicurezza marocchine, non ci sono state indagini adeguate.
Nato nel 1962, nell'enclave spagnola di Melilla, nel nord del Marocco, Ali
Aarrass si è trasferito in Belgio all'età di 15 anni e ha ottenuto la
cittadinanza belga nel 1989. È tornato a Melilla nel 2005 con la moglie
per stare vicino al padre anziano.
Nel 2006, le autorità spagnole e hanno iniziato a indagare su di lui, per sospetto terrorismo. Il caso
era supervisionato da Baltasar Garzon, esperto giudice in materia di antiterrorismo, che nel 2009
ha chiuso le indagini per mancanza di prove.
Tuttavia, le autorità spagnole lo hanno arrestato nel 2008, a seguito di una richiesta di estradizione
delle autorità marocchine sulla base di nuove accuse di terrorismo. In Spagna, è stato tenuto in
isolamento per due anni e otto mesi; un'esperienza che lo ha profondamento colpito. Per tre volte
ha portato avanti scioperi della fame, interrotti quando le sue condizioni di salute peggioravano. Il
14 dicembre 2010, è stato estradato in Marocco, nonostante gli avvertimenti del Comitato dei diritti
umani dell'Onu e di Amnesty International che hanno sottolineato i rischi a cui Aarrass andava
incontro in Marocco: detenzione in isolamento, torture e processi iniqui.
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Questi timori purtroppo sono stati confermati. Ali Aarrass ha riferito di essere stato tenuto in
isolamento e torturato per 12 giorni in un centro segreto di detenzione gestito dalla Direzione
generale per la sorveglianza del territorio (Direction générale de la sorveglianza du territoire - Dst)
a Temara, nei pressi della capitale marocchina, Rabat.
Le autorità marocchine si sono ripetutamente rifiutate di indagare sulle denunce di Ali Aarrass,
nonostante la legge contro la tortura in vigore nel paese, e gli obblighi internazionali che gravano
sul Marocco ai sensi della Convenzione contro la tortura e del Patto internazionale sui diritti civili e
politici.
In un'udienza dell'8 febbraio, Ali Aarrass ha riferito a un giudice istruttore che la sua "confessione"
era stata ottenuta sotto tortura; i suoi avvocati hanno presentato diverse denunce alle autorità
marocchine, ma queste ultime finora non hanno aperto alcuna inchiesta.
Il Relatore speciale sulla tortura dell'Onu, Juan Mendez, e un medico legale indipendente hanno
visitato Ali Aarrass in carcere il 20 settembre 2012 ed hanno confermato che i segni di tortura sono
compatibili con le sue affermazioni: percosse sotto le piante dei piedi (pratica nota come falaqa),
scariche elettriche ai testicoli, restare appeso per i polsi per lunghi periodi, ustioni con sigarette.
Prima dell'estradizione, le autorità spagnole avevano sospeso il procedimento giudiziario nei suoi
confronti poiché l'esperto giudice Baltazar Garzon non aveva rilevato prove contro di lui
durante un'indagine durata tre anni.
Minister of Justice
Mohamed Bushara Dousa
Ministry of Justice,
PO Box 302 Al Nil Avenue
Khartoum
Sudan
Email: [email protected]
Eccellenza,
Le scrivo in quanto sostenitore di Amnesty International, l'organizzazione non governativa che dal
1961 lavora in difesa dei diritti umani, ovunque siano violati.
La esorto ad assicurare che Meriam Yehya Ibrahim venga rilasciata immediatamente e
incondizionatamente perché è una prigioniera di coscienza, condannata solo a causa delle sue
convinzioni religiose e della sua identità.
Le chiedo di abrogare, in conformità degli obblighi del Sudan in base al diritto internazionale dei
diritti umani, gli articoli 126 e 146 che considerano reato, rispettivamente, l'apostasia e l'adulterio.
La invito ad abolire la pena della fustigazione e la pena di morte.
La ringrazio per l'attenzione.
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Minister of Justice and Liberties,
El Mustapha Ramid
Ministère de la Justice et des libertés
Place El Mamounia – BP 1015
Rabat
Morocco
@MincomMa (Ministry of Communications/Government Spokesperson Twitter account)
https://www.facebook.com/mincom.maroc
Dear Minister,
I am calling for justice for Ali Aarrass and survivors of torture.
Ali Aarrass reported being tortured for 12 days by officials of the General Directorate for the
Surveillance of the Territory (DST) while held incommunicado in a secret detention centre in
Témara, Morocco, after he was extradited from Spain in December 2010.
United Nations Special Rapporteur on torture Juan Mendez confirmed the torture in after a visit to
Ali Aarrass with an independent forensic doctor, and the United Nations Working Group on
Arbitrary Detention said that he was convicted on the sole basis of a confession extracted under
torture.
I urge you to abide by the decision of the Committee against Torture and immediately order the
opening of an independent and impartial investigation into the torture of Ali Aarrass, and to ensure
that those responsible are brought to justice. I also call on you to implement the decision of the UN
WGAD calling for his immediate release.
Thank you for your attention.
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ONLINE A GIUGNO
APPELLI:
Marocco/Sahara Occidentale: ancora nessuna giustizia per Ali Aarrass
http://www.amnesty.it/marocco-tortura-aarrass
Lituania, Polonia, Romania: accertare le responsabilità di torture e sparizioni forzate
http://www.amnesty.it/lituania-polonia-romania-tortura
Uzbekistan: ancora nessuna giusizia per Dilorom Abdukadirova
http://www.amnesty.it/uzbekistan-tortura-Dilorom-Abdukadirova
Etiopia: Eskinder Nega deve essere liberato!
http://www.amnesty.it/etiopia-eskinder-nega
Iraq: no alla pena di morte!
http://www.amnesty.it/iraq-pena-di-morte
Nigeria: giustizia per la comunità di Bodo!
http://www.amnesty.it/nigeria-responsabilita-aziende-bodo
Myanmar: Tun Aung è un prigioniero di coscienza!
http://www.amnesty.it/myanmar-tun-aung
Russia: liberare gli attivisti di piazza Bolotnaya
http://www.amnesty.it/russia-attivisti-bolotnaya
Grecia: giustizia per Paraskevi Kokoni!
http://www.amnesty.it/grecia-Grecia-giustizia-paraskevi-kokoni
Libia: stop agli abusi contro i migranti, rifugiati e richiedenti asilo!
http://www.amnesty.it/libia-abusi-migranti
AZIONI URGENTI:
Egitto: pesanti pene detentive per manifestanti pacifici
http://www.amnesty.it/egitto-manifestanti-condannati-Alaa
Spagna: minacciati diritti di donne e ragazze
http://www.amnesty.it/diritti-donne-ragazze-spagna
Arabia Saudita: Raif Badawi condannato a 10 anni di prigione e alla fustigazione
http://www.amnesty.it/Arabia_Saudita_attivista_online_apostasia
Iran: esecuzione imminente di Razieh Ebrahimi, minorenne al momento del reato
http://www.amnesty.it/iran-pena-di-morte-minorenne
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BUONE NOTIZIE
Prigionieri di coscienza - Messico
stato.
Il 28 maggio 2014 un tribunale federale ha ordinato alla procura generale di riconoscere
pubblicamente l'innocenza di Jacinta Francisco Marcial, che nel 2009 era stata
condannata a 21 anni di carcere per il sequestro di sei agenti di polizia. La donna,
adottata come "prigioniera di coscienza" da Amnesty International, aveva trascorso tre
anni in una prigione dello stato di Querétaro prima di essere riconosciuta innocente. Il
tribunale federale ha inoltre ordinato alla procura generale di riconoscere a Jacinta
Francisco Marcial un indennizzo per il danno procuratole dal comportamento illegale dello
Difensori dei diritti umani – Bielorussia
Il 21 giugno 2014, a seguito di un provvedimento di amnistia da lui non sollecitato, Ales Bialiatski è stato
scarcerato dopo aver trascorso quasi tre anni dei quattro e mezzo cui era stato condannato nel novembre
2011. Bialiatski, fondatore del centro per i diritti umani Viasna, era stato adottato da Amnesty International
come prigioniero di coscienza e il suo caso era stato rilanciato durante la maratona di firme Write for rights
del 2012.
Diritti economici, sociali e culturali - Nigeria
Il 10 giugno 2014 la Corte di giustizia della Comunità economica degli stati dell'Africa occidentale ha dato
ragione a 10 abitanti dell'insediamento informale di Bundu Ama, a Port Harcourt, da cui decine di migliaia di
abitanti sono stati vittime di sgombero forzato negli ultimi cinque anni. La Corte ha stabilito che, il 12 ottobre
2009, le forze di sicurezza aprirono indiscriminatamente e senza alcuna ragione il fuoco contro una
manifestazione pacifica, causando almeno un morto e 12 feriti. Il governo nigeriano, secondo la Corte, è
venuto meno all'obbligo di proteggere e rispettare il diritto di manifestazione pacifica. La Corte ha infine
stabilito un risarcimento danni di 11 milioni di naira (poco meno di 52.000 euro).
Armi
Il 3 giugno 2014, primo anniversario dell'adozione del Trattato internazionale sul commercio di armi, altri otto
paesi hanno depositato gli strumenti di ratifica: Australia, Austria, Belgio, Burkina Faso, Giamaica,
Lussemburgo, San Vincenzo e le Grenadine, Samoa. Il totale delle ratifiche è così salito a 40. Ne mancano
solo altre 10 perché il trattato entri in vigore.
Impunità - Guatemala
Il 6 giugno 2014 un tribunale della Svizzera ha condannato all'ergastolo l'ex direttore della polizia nazionale
guatemalteca, Erwin Sperisen, per aver preso parte all'uccisione di sei detenuti e averne ucciso un settimo,
durante un raid della polizia nella prigione di El Pavon, nel 2006. Dopo aver lasciato l'incarico, nel 2007,
Sperisen aveva profittato della sua doppia cittadinanza per riparare in Svizzera, dove però era stata aperta
un'inchiesta nei suoi confronti.
Diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate - Danimarca
L'11 giugno 2014 il parlamento ha approvato una legge che rimuove una serie di ostacoli al riconoscimento
del cambio di sesso all'anagrafe. La Danimarca è il primo paese europeo dove non saranno più necessari
esami psicologici e diagnosi di "disordini dell'identità di genere" prima che una persona possa ottenere
all'anagrafe il riconoscimento del genere in cui si riconosce.
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