SISTEMI DI VALUTAZIONE IN ALCUNI PAESI EUROPEI

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SISTEMI DI VALUTAZIONE IN ALCUNI PAESI EUROPEI
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SEMINARIO SULLA VALUTAZIONE
(Roma,5.12.2006)
SISTEMI DI VALUTAZIONE IN ALCUNI
EUROPEI
(Roberto Moscati, Università di Milano-Bicocca)
PAESI
Nella Dichiarazione di Bologna era implicita l’esigenza creare le condizioni per un
sistema comparabile di valutazione dell’istruzione superiore nei paesi europei
(secondo le forme comprese nel termine di “quality assurance”) . E tuttavia questa
esigenza è emersa in un secondo tempo e non è stata perseguita nelle riforme dei
sistemi di istruzione superiore. Solo all’interno della Dichiarazione di Bergen (2005)
il tema della valutazione viene sottolineato esplicitamente.
Se si esaminano alcuni dei principali sistemi d’istruzione superiore in Europa
emergono alcune problematiche comuni come ad esempio il grado di autonomia
degli atenei (o di controllo dei governi) nella costruzione dei curricoli.
Nell’analizzare i singoli sistemi d’istruzione superiore e il loro configurarsi è
indispensabile tener conto delle loro tradizioni ed evoluzioni storiche come del
diverso ruolo svolto dagli attori coinvolti nei processi, la loro percezione dei loro
diritti/doveri all’interno delle istituzioni di appartenenza e del sistema formativo nel
suo complesso.
Per ragioni di brevità si esaminano qui di seguito 4 casi nazionali: quelli di Germania,
Olanda, Francia e Inghilterra. Vengono poi presentate tre analisi trasversali relative a
tematiche comuni ai quattro sistemi d’istruzione superiore.
Germania:
La maggiore preoccupazione in questi ultimi anni ha riguardato la ricerca di una
maggiore differenziazione dei percorsi formativi e in conseguenza l’attribuzione di
un maggior potere alle istituzioni di istruzione superiore nella costruzione dei
curricoli. Allo scopo si è provveduto alla abolizione di un quadro di riferimento
nazionale per la costruzione dei percorsi formativi.
La presenza dei Länder rende peculiare la combinazione delle componenti esterne e
interne nei programmi di valutazione.
Il ricorso all’accreditamento viene visto come uno strumento che consente un
aumento della differenziazione e della competizione fra atenei, anche a livello
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internazionale. Per tali scopi viene sostenuto sia dalla Conferenza dei rettori, sia dalla
Conferenza permanente dei ministri dell’istruzione dei Länder.
Si evidenziano due tematiche: (i) quanta parte di potere deve essere devoluto dai
Länder alla Agenzia centrale di accreditamento?; (ii) come gestire la tensione tra il
bisogno di mantenere uno standard comune di qualità e le logiche della competizione
tra atenei che si esprimono, tra l’altro, nel diritto di ogni istituzione riscegliersi
l’agenzia di accreditamento. Sono sorte infatti sei agenzia che peraltro mantengono
collegamenti stretti con i Länder di residenza delle università e non sono più di una
per settore disciplinare.
Va osservato come solo i nuovi programmi di I° e II° livello (sorti con il Bologna
Process) siano tenuti ad accreditarsi e come il governo non attribuisca risorse
specifiche ai programma di accreditamento.
Allo stato non è chiaro se la abolizione del quadro di riferimento nazionale per la
costruzione dei curricoli abbia prodotto una vera diversificazione dei percorsi
formativi, né se – più in generale – vi sia una vera volontà politica in favore
dell’accreditamento.
Olanda:
All’origine delle riforme della valutazione c’è l’intenzione ricreare un sistema di
valutazione della qualità dell’università attraverso un modello comune e facilmente
interpretabile anche a livello internazionale.
Nel sistema olandese è consolidata una tradizione di autovalutazione e di peer-review
organizzata dalla Conferenza dei rettori e supervisionata dall’Ispettorato
all’educazione (agenzia pubblica). Il sistema tuttavia è stato considerato negli ultimi
anni troppo autoreferenziale e si è proposta una valutazione esterna attraverso
l’accreditamento.
In realtà, il governo riteneva che le singole università fossero in grado di valutare se
un nuovo corso era necessario dal punto di vista macro-economico sulla base di una
valutazione del mercato del lavoro e della disponibilità al coordinamento volontario a
livello nazionale. Si è posto poi il problema di fornire un’immagine più omogenea del
sistema a livello internazionale.
Ad ulteriore spiegazione dell’introduzione dell’accreditamento va ricordato il
particolare problema olandese delle “Hogenscholen” che per darsi un profilo
internazionale offrivano Master in partnership con l’Inghilterra (specie con i
Polytechnics): con l’accreditamento si intende riportarli sotto il controllo pubblico.
In generale non si verificano interferenze del governo centrale sulla costruzione dei
curricoli con l’eccezione della Commissione (ACO) incaricata di verificare la
generale coerenza, rilevanza ed efficienza dell’offerta formativa nazionale. Si tratta
del riconoscimento di una esigenza di “macro-efficienza” che rappresenta la
permanenza di un potere centrale di coordinamento del sistema. Lo si vede
chiaramente sotto il profilo dell’accreditamento dal momento che solo le università
accreditate sono per principio autorizzate a ricevere finanziamenti pubblici. Tuttavia
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il ministero dell’Istruzione può sulla base di ragioni di macro-efficienza decidere di
finanziare programmi formativi non accreditati e di ritirare l’autorizzazione a
programmi accreditati. Tuttavia, il nuovo sistema di accreditamento si aggiunge al (e
non annulla il) precedente sistema di peer-review.
Il governo inizialmente intendeva permettere la costituzione di numerose agenzie di
accreditamento poi decise di averne una sola a livello nazionale. L’accreditamento
peraltro riguarda solo i vecchi programmi formativi (e sono esentati quelli visitati di
recente dalle commissioni di peer-review), mentre per i nuovi programmi si procede a
forme di controllo di qualità.
Sorgono due problemi: (i) come conservare il rilievo delle valutazioni interne in
presenza di un sistema di accreditamento? E (ii) come fare se numerosi programmi
formativi non vengono accreditati?
Sembra nel complesso che anche in Olanda, come in Germania, si vada verso un
sistema di accreditamento delle istituzioni invece che dei singoli corsi di studio.
Francia :
Anche in questo sistema si tende a diversificare l’offerta formativa con l’attribuire
maggiore autonomia alle singole università nella programmazione dei curricoli.
Come si sa, in precedenza esisteva una tradizionale cornice a livello nazionale per
ogni curriculum (le “maquettes”) al fine di garantire l’uniformità dei titoli (“Diplome
national”). Oggi si tenda di abbandonarla in favore di una diversificazione che
consenta una maggiore competitività a livello internazionale delle singole istituzioni.
L’accreditamento a livello nazionale resta nelle mani dello Stato: ogni quattro anni si
opera il ri-accreditamento (“habilitation”) dei programmi attraverso incontri tra
ministero (dotato di esperti disciplinari e istituzionali:conseillers pédagogiques e
conseillers d’établissement) e rappresentanti delle università. Il problema che sorge è
legato alla difficoltà di far coincidere il ri-accreditamento con la valutazione ogni 4
anni degli atenei ad opera del Comitato nazionale di Valutazione (che non riesce a
completare l’intero processo di valutazione nel quadriennio).
L’introduzione del Processo di Bologna incoraggia la valutazione complessiva
dell’offerta formativa delle singole istituzioni che vengono invitate a tener conto della
distribuzione dell’offerta a livello regionale, cooperando con le altre istituzioni
presenti sul territorio (ritorna in qualche modo qui il tema della “macro-efficienza”
ricordato per il caso olandese).
Il Ministero usa della riforma dei curricoli per estendere la propria influenza sulle
Grandes Ecoles (ove operano tradizionalmente agenzie professionali di valutazione
della qualità).
Inghilterra:
Le riforme legate al Processo di Bologna non sono state dibattute in Inghilterra per le
diversità nei punti base: le università non dipendono da autorizzazioni statali per
l’attivazione dei programmi e la produzione di titoli di studio. Prevale
l’autovalutazione sulla base della peer-review e le forme di audit sotto gli auspici
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della Qualità Assurance Agency (QAA) ai fini di prestigio istituzionale e di
pubblicità verso gli stakeholders.
Il sistema si caratterizza per una grande diversificazione del curricoli e per la
distribuzione dei fondi nazionali secondo le aree scientifiche ritenute prioritarie. In
teoria esiste la possibilità che a una valutazione negativa consegua il ritiro o la non
attribuzione di fondi ma è ben raro che ciò accada.
La QAA svolge sia attività di audit rivolta a singole istituzioni sia valutazione di
settori disciplinari.
L’audit rivolta alle istituzioni ricalca una consolidata tradizione sostenuta dalla
Conferenza dei rettori e tesa a verificare la qualità del funzionamento delle strutture
interne di valutazione. Dal 2002-2003 prende progressivamente il posto delle
valutazioni delle singole aree disciplinari.
Tuttavia, viene nel contempo creato un complesso di strumenti per la gestione dei
curricoli teso a garantire che le università “facciano buon uso della loro libertà”. Sono
comprese codici di competenze previste ai vari livelli d’istruzione superiore; un
quadro nazionale dei titoli universitari; precisazioni relativamente ai programmi
formativi; definizione di benchmark per ogni settore disciplinare. Si tratta
nell’insieme di un tentativo del governo di aumentare la validità a livello nazionale
dei diversi titoli di studio (senza alcun riferimento ai processi di valutazione europei).
Occorre ricordare come i fondi per la ricerca dipendano dai risultati del “Research
Assessment Exsercise” e come il suo operare provochi una concentrazione delle
risorse nelle migliori università. Allo stesso modo che in Germania i fondi tendono
ad essere orientati dalle performance.
Va detto infine che se i risultati delle valutazioni incidono su parte dei finanziamenti
destinati alla ricerca, questi sono decisi dagli organi pubblici e non dagli enti di
valutazione.
ANALISI COMPARATIVE
a) SISTEMI CENTRALIZZATI vs. SISTEMI DECENTRATI
Francia: tendenza ad una maggior autonomia per le università all’interno di un
sistema centralizzato.
Inghilterra: La QAA resta l’unica struttura di valutazione per l’intero paese (dunque
vi è una tendenza alla centralizzazione). Nel mondo accademico vi è una generale
recriminazione circa le procedure imposte dalla QAA, ma non emerge la richiesta di
creare diverse agenzie di valutazione da porre in competizione. La ragione
probabilmente sta nel fato che l’audit è visto non come un mezzo per definire le
singole università ma piuttosto come un esercizio collettivo condotto secondo gli
standard condivisi dalla comunità accademica.
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Olanda e Germania: i sistemi di accreditamento appaiono simili: corpi di
accreditamento centrali e un certo numero di agenzie decentrate destinate alle visite
ali atenei. La differenza sta nel fatto che in Olanda la decisione finale per
l’accreditamento viene presa dall’istituzione centrale, mentre spetta alle agenzie
periferiche in Germania. In quest’ultimo sistema la competizione fra le agenzie
dovrebbe produrre maggior competizione fra le università (ma è ancora incerto che
ciò avvenga). In Olanda prevale l’esigenza di fornire una modalità unica di qualità
(ben visibile anche all’estero), anche perché esiste una forte tradizione di costruzione
dei curricoli all’interno delle singole università (la cui autonomia è largamente
rispettata) e dunque non si avverte il rischio di limitare l’indipendenza degli atenei
con iniziative del governo centrale.
b) ACCREDITAMENTO DI PROGRAMMI vs. AUDIT ISTITUZIONALE
Inghilterra: le università sono sempre state considerate in grado di gestire i loro
sistemi interni di valutazione della qualità, per cui è strato sufficiente per il QAA
assicurarsi della qualità di tali sistemi. L’accreditamento appare in qualche modo in
contraddizione con la tradizione delle università che si auto-accreditano.
Francia: con l’inizio della riforma (LMD) le università sono state timidamente
incoraggiate a costruire il proprio sistema interno di valutazione. Questo potrebbe
essere un primo passo verso l’accreditamento delle singole istituzioni.
Germania e Olanda: entrambi i sistemi vanno verso l’accreditamento dei programmi
formativi legato all’introduzione della struttura a tre livelli con l’intento di assicurare
la qualità dei nuovi titoli.
Germania = la scarsa realizzazione di un sistema di valutazione della qualità e di
attribuzione di responsabilità per la costruzione dei curricoli a livello dei singoli
atenei ha suggerito l’opportunità di un controllo esterno su ogni singolo progetto.
Olanda = qui l’esigenza era quella di fornire agli stakeholders esterni una chiara
indicazione circa la qualità dei programmi che intendevano scegliere.
Emerge una contraddizione interna ai tre sistemi di Germania, Olanda e Francia: la
credibilità dell’accreditamento richiede che non tutti i programmi formativi valutati
siano approvati, ma,d’altro canto, in un sistema pubblico è molto difficile far
chiudere un programma. Risulta dunque molto più agevole per gli enti che devono
accreditare instaurare processi formativi tesi ad aiutare le istituzioni a raggiungere gli
standard stabiliti. Questa procedura tende ad annullare le differenze tra
accreditamento e valutazione. Alla fine il sistema inglese sembra il migliore: nessuna
istituzione viene dichiarata fallita, ma i risultati dell’audit sono pubblicati e ottengono
il desiderato effetto di classificare di fatto le istituzioni.
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c) COMPARABILITA’ vs. DIFFERENZE CURRICOLARI
La riforma nei 4 paesi può essere vista come uno sforzo per trovare un nuovo
equilibrio tra una auspicabile diversità fra curricoli e la coerenza nazionale dei titoli.
Un aumento della diversità fra curricoli in Germania e Francia è stata raggiunta con
l’abolizione del “quadro nazionale di riferimento per i curricoli” anche se poi lo
stesso quadro continua a fungere da riferimento ed ha effetti di standardizzazione.
Il punto di domanda qui riguarda la possibilità di mantenere la mobilità degli studenti
a fronte di una crescente differenziazione dei programmi e dei titoli di studio (anche
alla luce del Processo di Bologna, che opera in senso opposto).
In Inghilterra lo sforzo della QAA di creare un quadro unico per i diversi titoli può
essere visto non come un modo per ridurre le differenze curricolari quanto piuttosto
per aumentare la coerenza, la comparabilità e la chiarezza dei livelli di qualificazione
raggiunti con i diversi titoli e le rispettive competenze,senza interferire peraltro con i
curricoli.
In Olanda i criteri dell’accreditamento sono generici e non interferiscono con
l’autonomia delle istituzioni nella creazione dei curricoli; anzi hanno finito per
attribuire più autonomia alle istituzioni universitarie, forse anche grazie alla lunga
tradizione esistente in questo senso.
Considerazioni conclusive
Come si è osservato, le misure rivolte alla valutazione (quality assurance) hanno
seguito le riforme nella costruzione dei curricoli che sono state gestite a livello
nazionale da attori politici, con l’uso della dimensione europea in funzione di rinforzo
e non attribuendo al tema della valutazione e della ricerca della qualità una
particolare rilevanza. Ora sembra che cresca il rilievo europeo della comparabilità dei
titoli e dunque della valutabilità degli stessi e dei relativi percorsi formativi. Infatti,
l’”European Association for Quality Assurance in Higher Education” – ENQA ha
presentato delle linee guida per la valutazione e la quality assurance che prevedono la
creazione di un Albo europeo della qualità, con la definizione di standard condivisi e
linee guida comuni, oltre all’identificazione di agenzie di valutazione
professionalmente affidabili.
Nel prendere in considerazione i processi di inserimento delle forme di valutazione
nei diversi sistemi d’istruzione superiore appare indispensabile tener conto di almeno
due componenti che incidono sulle forme e l’efficacia della valutazione stessa. Da
un lato, il peso delle tradizioni proprie all’organizzazione dei sistemi d’istruzione
superiore con particolare riferimento alla presenza (o all’assenza) di forme di autovalutazione e di peer-review; dall’altro, il peso degli atteggiamenti degli attori
coinvolti nei processi (i docenti come valutatori e come valutati) che influenzano in
modo sostanziale le possibilità di successo dei sistemi di valutazione. Per fare solo
un esempio, laddove non esiste una tradizione di valutazione di istituzioni e/o di
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percorsi formativi, i processi di valutazione dovranno assumere forme assai sfumate e
sganciate, almeno in una prima fase, da conseguenze dirette e da classificazioni anche
informali.
Alcuni dilemmi che contraddistinguono la tematica sono evidenziati dall’analisi
comparativa riassunta nelle pagine precedenti.
(i) L’accreditamento ripropone la combinazione non sempre semplice e spesso
altalenante tra l’autonomia delle istituzioni formative e il controllo dello stato sul
sistema nazionale d’istruzione superiore; controllo giustificato a volte in relazione
alla crescente necessità di assicurare uno sviluppo territoriale equilibrato dell’offerta
formativa (le esigenze di “macro-efficienza”), a volte allo scopo di fornire
un’immagine complessivamente positiva a interlocutori (stakeholders) esterni,sempre
più a livello internazionale (in Olanda, ma, in misura minore, sempre più anche in
altri paesi). L’accreditamento di corsi, curricoli, programmi formativi, settori
disciplinari tende ad assicurare sia la qualità sia la comparabilità dei nuovi titoli di
studio introdotti dalle riforme (Processo di Bologna) e trova una particolare
giustificazione dove le università non mettono in atto un credibile sistema di
autovalutazione interna (Germania).
(ii) La peer-review funziona nei sistemi che hanno da tempo (o da sempre)
consentito/incoraggiato l’autonomia degli atenei (Olanda, Inghilterra). Qui anche
l’accreditamento esiste ma in forme molto sfumate e senza ledere l’autonomia delle
istituzioni che si rapportano al territorio e articolano le proprie attività e l’offerta
formativa secondo il contesto esterno. Molto dipende, in questi casi, dall’intelligenza
della classe politica dei relativi paesi. L’accreditamento “secco” di corsi di studio
rischia di cacciarsi in un vicolo cieco se non prevede forme di aiuto alla correzione
delle proprie inadeguatezze nei riguardi delle istituzioni carenti. In Olanda è prevista
la forma dell’avvertimento (“cartellino giallo”) e, in un secondo tempo in caso di
mancata correzione, quella della sanzione sotto forma di riduzione di sostegni
finanziari (“cartellino rosso”,letteralmente mutuato dal calcio!).
(iii) L’audit tende a spostarsi dal riferimento alle aree disciplinari alle istituzioni o
addirittura alle strutture interne di valutazione. Quest’ultimo è a quel che pare il
punto di arrivo del processo di valutazione in Inghilterra dove l’esercizio complessivo
di audit non prevede graduatorie ufficiali di settori scientifico-disciplinari o di atenei.
Ma a questo livello si è arrivati partendo da una consolidata abitudine delle istituzioni
ad autovalutarsi allo scopo di migliorare le proprie performance, sulla quale si è
sovrapposta una politica di valutazione esterna statale che – dopo un periodo di
formali verifiche di tipo ispettivo – ha preso atto della inefficacia del meccanismo
(anche per le resistenze del mondo accademico) ed ha messo in atto la formula mista
di autonoma auto-valutazione delle istituzioni unita ad una verifica esterna (indiretta)
della validità dei processi interni.
Questa combinazione tra dimensione di sistema e dimensione di singola istituzione
tende a diffondersi anche in altri paesi (Olanda, Germania) ma richiede tempi mediolunghi perché si fonda su una condivisa cultura della valutazione non improvvisabile
né costruibile attraverso modalità meramente formali (normative).