BRASILE THAILANDIA DAL MONDO CAPPUCCINO DAL MONDO

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BRASILE THAILANDIA DAL MONDO CAPPUCCINO DAL MONDO
MISSIONARI
Cappuccini
Anno XLIV
n.3 - marzo 2006
Poste Italiane s.p.a.
Spedizione in Abbonamento Postale
D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 nº 46)
art. 1, comma 2, DCB Bergamo
BRASILE
Fra Ortensio
è in paradiso
THAILANDIA
GIORNATA
MISSIONARI
MARTIRI
Uccisi perché
testimoni del Risorto
Una festa grande
per il carisma
francescano
DAL MONDO
CAPPUCCINO
Fra Marcello Rota
festeggia i suoi 80 anni
EMMECI
notizie
a cura di Alberto Cipelli
Adozioni a distanza 2005:
un cuore solidale
Una statistica delle adozioni a distanza a fine 2005
intraprese dai Missionari Cappuccini permette
di riflettere sul bene che stiamo facendo
a tanti bambini. E tutto questo grazie a voi!
rimateia
to
382769
ONLUS
– 20151 Milano
un’ espressione che mi
piace molto: “avere un
cuore solidale”,, legata ad una
citazione: “Figlioli non amiamo
a parole né con la lingua,
ma coi fatti e nella verità”
(1 Giovanni 3,18).
Penso che si adattino
magnificamente ad ognuno
di voi che avete in corso
un’adozione a distanza,
e state vivendo un’esperienza
concreta di solidarietà:
ridare serenità, educazione,
salute, speranza, possibilità di
vivere a 3.290 bambini
c’è
585
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ONLUS
– 20151 Milano
ervare la ricevuta per 5
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ERE CAPPUCCINI onlus
ggiore, 5 - 20151 MILANO
72 - 02/30.88.042
sioni.org
ssioni.org
è una cosa meravigliosa.
Diciamo anche che i bambini
aiutati sono molti di più di
quelli censiti con le schede in
quanto i bisogni a volte si
manifestano in maniera
urgente, soprattutto le malattie,
e occorre intervenire subito.
Incontrare bambini in situazioni
di estremo bisogno stringe il
cuore e poter intervenire grazie
a Voi. Per i Missionari
Cappuccini è un esperienza
intensa di gioia e speranza:
grazie, grazie, grazie!
I Missionari Cappuccini senza di
Nuovi incarichi nella Provincia del Brasile
A
fine gennaio si è svolto il Capitolo della
Provincia “Nossa Senhora do Carmo”
del Maranhão-Pará-Amapá in Brasile a cui
hanno partecipato i frati brasiliani e i
missionari italiani che continuano la loro
opera in quella terra. Ecco i nuovi
responsabili a cui va il nostro augurio per
un mandato prospero nell’amore di Dio e
nella dedizione al prossimo.
Provinciale: José Rodrigues De Araùjo
(al centro); Vicario provinciale:
Luis Carlos Morais (primo a destra);
Definitori: Luigi Rota (secondo a sinistra),
Gilson Mariano Oliveira Marques (primo
a destra), José de Arimateia Da Luz
Araùjo (secondo a destra). n
2
MISSIONARI
Cappuccini
voi potrebbero fare ben poche
cose, grazie a questo vincolo di
solidarietà si riesce a portare
speranza nei luoghi dove
operiamo, luoghi che oltre alla
fame e alla miseria spesso sono
ancora contraddistinti da
situazioni di conflitto e i primi a
portarne le conseguenze
negative sono proprio i
bambini.
Continuiamo in quest’opera, in
questa collaborazione, perché è
già un pezzetto di futuro
migliore.
fra Mauro Miselli
promemoria•promem
Per quanto riguarda le adozioni
in corso sono così suddivise:
Brasile:
Fra Aligi Quadri (52)
Fra Apollonio Troesi, coadiuvato
dal Sig. Pino Cravero (589)
Fra Aquilino Appassiti (84)
Fra Luigi Rota (289)
Suor Anna Maria Proserpio (87)
Suor Fausta Milesi (164)
Fra Luigi Giudici (91)
Fra Gilson Mariano (44)
Fra Arimateia (35)
Mons. Cuter (Sr. Rosinete) (32)
Mons. Cuter (Sr. Marlene) (45)
Fra Ribamar (8)
Costa d’Avorio:
Lucy Moscardi (999)
S.O.S. Burulì (46)
Eritrea:
Suor Letizia Boccardo (601)
Fra Andemariam (41)
Fra Luca Barzano (10)
Etiopia:
Fra Roberto Dalloli (43)
Thailandia:
Fra Walter Morgante (30)
TOTALE ADOZIONI 3.290
Durante l’anno 2005:
– ne sono state attivate 404
– ne sono state terminate 291
– abbiamo inviato per le
adozioni 1.059.427,99 euro.
Ca rissimi amici lettori e benefattori
di questo:
"Nessuno ha un amore più grande
15,13)
(Gv
ci"
ami
ri
prop
i
per
dare la vita
dei missionari martiri per
Il 24 marzo sarà celebrata la giornata
nte il 2005, i quali hanno
ricordare i 27 missionari uccisi dura
dato la vita per l’amico: Cristo Gesù.
tiri cristiani sono appunto
Martire significa Testimone e i mar
detto, certificando la propria
e
fatto
ha
testimoni di ciò che Gesù
re disposti a morire.
fede in Cristo Gesù a tal punto da esse
imone che ha il coraggio del
Inutile dire che è più credibile il test
afferma, a confronto di
che
martirio per dimostrare vero ciò
nella realtà dei fatti.
ntro
risco
ano
tante parole che non trov
i il sangue versato per
Il sangue allora rafforza la voce, anz
più forte cementando così le
testimoniare il Vangelo grida ancor
entemente la vita
viol
pietre vive della Chiesa. Perdere
ia di Dio sostiene – o è
graz
solo
sopportando il martirio – che
ienza d’amore. Il martire di
grande follia o è somma prova e sap
per l’Amore. Chi conferma
Cristo è si pazzo, ma pazzo d'amore
a, annuncia che il bene più
col proprio sangue una cosa, dimostr
non è la vita che pur
ile
etib
grande, più necessario ed app
bitabile testimonianza che
finisce, ma l’oggetto della sua indu
ulliano: “semente di nuovi
mai finirà perché, come ricorda Tert
cristiani è il sangue dei martiri”.
il Vangelo si potrebbe
Versare il sangue per testimoniare
odo degli inizi della Chiesa,
pensare realtà di altri tempi, del peri
i. Eppure la cronaca ci dice
ma non della nostra società di ogg
po e luogo.
altrimenti, è questione di ogni tem
puccini ci è dato di
Cap
ri
Se in questo numero di Missiona
tra giovane missione in
nos
a
dell
ne
azio
raccontare il 25° di fond
e la straordinaria figura di
terra tailandese, piuttosto che ricordar
ile, è anche grazie al
Bras
padre Ortensio Conti, missionario in
hanno fertilizzato con il
che
ti
ezza
sacrificio cruento di molti batt
i della fede.
sangue le terre ove far crescere i sem
rimanere in determinate
no,
san
lo
ari
sion
mis
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Anche oggi, mol
ericordia di Dio per
mis
la
situazioni a testimoniare l’amore e
na a morte.
dan
con
una
tutti, è un rischio e molto spesso
gue, ancor più
san
di
za
nian
imo
test
Là dove non è chiesta la
testimonianza della vita
forte e significativa dovrà essere la
ricordo nella preghiera di
quotidiana, unitamente al costante
e.
ogni missionario in terra di mission
il martirio, ma ciascuno di
Non saremo chiamati, forse, a subire
bio invitato, dovunque si
noi, in quanto battezzato è senza dub
andi ragione della
trovi, “a rispondere a chiunque vi dom
).
speranza che è in voi”. (1Pt 3,16
Fra Stefano Polese
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MISSIONARI
Cappuccini
MISSIONI
Brasile
di fra Camillo Micheli
Fra Ortensio è in paradiso
A 91 anni nell’infermeria di Bergamo si è spento fra Ortensio Conti.
La sua figura è sinonimo di Brasile, paese nel quale ha donato la vita
in importanti incarichi missionari. Ma nell’affettuoso ricordo emerge
anche la sua anima santa e la sua particolare devozione alla Vergine.
rano le ore 20 di sera del 23
dicembre 2005. Qualcuno bussò
alla porta della mia cella:
è l’infermiera Simona che
singhiozzando mi dice: “Padre Ortensio è
in Paradiso!”
La notizia del trapasso di questo nostro
confratello non mi colse di sorpresa;
da pochi giorni era tornato dalla clinica
cardiologica all’infermeria di Bergamo
e le sue condizioni non davano particolari
speranze.
Il freddo e la neve non permisero l’afflusso
di tanti amici e devoti che, comunque, non
mancarono di rendersi presenti con la loro
preghiera e parole di profondo cordoglio
alla comunità. Da tutti è stato ricordato il
suo largo sorriso e la sua disponibilità
verso chi soffre.
Anche se con molto sacrificio, accorsero
dai conventi limitrofi della Lombardia
numerosi suoi confratelli, facendo corona
ai suoi resti mortali: il presbiterio della
chiesa dei Cappuccini di Borgo Palazzo si
rivestì come nelle grandi festività, il panno
nero che avvolgeva la bara diventò come
un trofeo. L’amore fraterno che ci unisce in
vita palpita nei nostri cuori anche dopo la
morte!
Celebrante è stato il nostro Provinciale
Padre Alessandro Ferrari, concelebrante il
Guardiano e Direttore dell’infermeria Padre
Riccardo d’Ambrosio. Un duplice Natale
incorniciò l’evento: quello di Gesù per noi
E
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MISSIONARI
Cappuccini
sulla terra, quello di Padre Ortensio
in Paradiso.
Per la storia è importante ricordare il suo
tragitto terreno: nacque a Treviglio il 10
febbraio 1914, venne battezzato con il
nome di Angelo, da religioso prenderà il
nome di Ortensio. Il 21 febbraio 1930
emise la professione temporanea, l’11
febbraio 1935 quella perpetua e l’1 agosto
1937 venne consacrato sacerdote nella
chiesa parrocchiale di Besana Brianza dal
beato cardinal Ildefonso Schuster.
Lo stesso anno partì per il Brasile con altri
otto compagni, fra i quali c’ero anch’io.
A Roma la prima tappa, la mattina dell’8
dicembre, festa dell’Immacolata,
partecipammo ad un’udienza generale
concessa ai pellegrini da papa Pio XI, del
breve saluto e benedizione, ricordo le sue
ultime parole: “Guardatevi dal peccato.”
A Napoli, dopo i soliti abbracci e saluti,
la nave Conte Biancamano ci aspettava
luccicando al sole che tramontava, dai
partenti alcune voci si alzavano cantando:
“Partono i bastimenti per terra assai
lontana...”, anche noi missionari partiamo,
alcuni senza ritorno, non in cerca di
fortuna, ma di anime da salvare.
Sbarco a Rio de Janeiro, poi il viaggio fino
a Fortaleza, la nostra destinazione. Padre
Ortensio ricevette il mandato come
direttore e formatore del seminario di
Messejana. I vecchi missionari ricordano il
suo andirivieni con la borsa sotto il braccio,
contenente solo il breviario e alcuni
testi di scuola. Oggi, dopo tanti anni,
questi giovani seminaristi, diventati
sacerdoti attraversano oceani e foreste
portando la buona parola. Fra questi
seminaristi ricordo fra Giuseppe
Macapuna, ora nell’isola di Cuba, famoso
ed eccellente oratore.
Padre Ortensio si può considerare il
cofondatore della nuova provincia
cappuccina in Brasile di Nossa Senhora do
Carmo, con sede a Sao Luis, Stato del
Maranhao. Le sue belle doti non
sfuggirono ai confratelli, che lo elessero
primo definitore, succedette poi come
Provinciale a Padre Valentino Lazzari,
nominato vescovo di Grajaù.
Breve, ma brillante per la carità, è stato
questo periodo, Padre Ortensio era
particolarmente portato a risolvere
problemi difficili; ricordiamo il
suo intervento diretto per
salvare dalle mani predatrici
dei politici l’ospedalematernità “San Camilo” di
Salinopolis, costruito con
grandi sacrifici da padre
Camillo Micheli. Informato dai suoi
confratelli angosciati, da Sao Luis si
precipitò col primo aereo in loro soccorso,
con i documenti comprovanti i diritti di
proprietà della struttura ospedaliera.
La sua grandezza è nell’animo
e nel nome
Una suora ingenua della comunità di
Lisieux domandava a sé stessa: “Cosa
potrà raccontarci la nostra Madre Superiora
sulla vita di suor Teresa del Bambino Gesù
dopo la sua morte, sembra non abbia fatto
niente!”. Così scriveva Luigi Chiappetta nel
libro “Storia di un amore”.
A smentire tale affermazione è la stessa
piazza San Pietro in Roma che, al
MISSIONI
Brasile
passaggio della sua urna, si riempì di
fedeli suoi devoti che l’invocavano e
l’applaudivano, la Chiesa le conferì il titolo
di “Dottore” e l’elesse patrona principale
delle missioni.
Senza pretese, la stessa cosa si può dire
anche di tante altre persone, a nostra
insaputa viviamo in mezzo ai santi. Anche
Padre Ortensio apparentemente non ha
fatto nulla, ha fatto molto con la sua
orazione, così come dice Isaia: “La vera
grandezza si trova nell’anima e non nel
nome. Il Signore darà un altro nome ai
suoi eletti” e Giovanni nell’Apocalisse:
“Il vincitore riceverà una pietra bianca su
cui è scritto un nome nuovo che nessuno
conosce se non colui che lo riceve.”
Due grandi riferimenti hanno favorito la
pietà del nostro caro confratello Ortensio:
L’Eucaristia e una filiale devozione alla
Madonna. Come compagno nella
predicazione di missioni parrocchiali, posso
confermare con ammirazione il suo amore
verso Gesù nell’Eucaristia.
Come insegna il Concilio Vaticano II,
Gesù è presente come uomo e come Dio.
Gesù non è un soggetto passivo
dell’adorazione dei fedeli, ma essere
vivente, simile ai suoi contemporanei che
vivevano con Lui.
Fra Ortensio sempre
con il rosario nelle mani
Vedo ancora Padre Ortensio ai piedi di un
quadro che raffigura la Madonna
addolorata, piangente sulle piaghe di Gesù
disteso sul suo grembo. Nel suo cuore
piange anche lui, con le sue orazioni
sembra quasi voglia asciugare il pianto di
Maria.
Il santo Rosario ci richiama un aspetto
peculiare della sua personalità. Mons. Luigi
Bossi, vescovo di Grajaù, in occasione del
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MISSIONARI
Cappuccini
MISSIONI
Thailandia
di Egidio Picucci
Una festa grande
per il carisma
francescano
I solenni
festeggiamenti
per il 25° della
missione ci
permettono, ancora
una volta, di riflettere
su una realtà difficile, quella tailandese, dove i cappuccini
sostengono con vigore gli ideali francescani.
discorso recitato per il 50° di sacerdozio di
padre Ortensio, dichiarò: “Praticamente
non conosco Padre Ortensio se non con il
Rosario fra le dita.”
Di preferenza sceglieva un posticino nella
chiesetta semi oscura dell’infermeria; per
l’ultima volta lo vidi stringere la corona
disteso sul catafalco della camera
mortuaria. Ora è Lei, Maria, che dal suo
Santuario delle Lacrime, lo stringe fra le
braccia portandolo al suo cuore.
“Porrum unum est necessarium” (una cosa
sola è necessaria), sono le parole rivolte
da Gesù a Marta, la sorella di Maria,
lasciata sola in cucina tra fuoco e padelle,
a preparare da mangiare. Di questo
messaggio noi tutti siamo destinatari.
Pensiamo che di Padre Ortensio, Gesù
possa dire come a Marta: “Ha scelto la
parte migliore che nessuno gli potrà
togliere”. n
L’articolo è stato scritto da fra Camillo
Micheli nato a Piomborno (Bs) nel 1912
che oggi si trova all'infermeria di Bergamo,
ma che per molti decenni ha condiviso con
fra Ortensio l'esperienza missionaria in
Brasile. A lui il nostro grazie per l'affettuoso
ricordo di cui è stato testimone.
S
amphran, una cittadina a circa
40 km a nord-est di Bangkok,
è il luogo più importante per i
buddisti e per i cristiani della
Thailandia. Per i primi perché a Nakhon
Pathon, un villaggio dei dintorni, ha
avuto inizio il buddismo tailandese, come
ricorda una bella pagoda a cui approdano
ogni anno migliaia di pellegrini
provenienti da tutto il Paese; per i
secondi perché è il luogo con il maggior
numero di cristiani di tutta la nazione e
perché in un quartiere chiamato
scherzosamente “il vaticano della
Thailandia”, sono presenti nove istituti
religiosi maschili e quattro femminili;
il seminario minore e maggiore; il centro
catechistico nazionale e una casa di
formazione per tutte le religiose.
Gli ultimi a stabilirvisi sono stati i
Cappuccini, “costretti” ad aprirvi una casa
MISSIONI
Thailandia
Da sinistra: Fra Antonio Valsecchi
con S.E. Mons. Michael Michai Kitbunchu;
la chiesa di S. Pietro a Samphran;
la processione dei celebranti.
per consentire ai giovani aspiranti alla
vita religiosa di frequentare il seminario,
cosa impossibile se fossero rimasti a
Bang Tan (50 km più a nord), dove
arrivarono esattamente venticinque anni
fa, chiamati dal vescovo di Ratchaburi,
mons. Joseph Ek Thabping, d’accordo con
la conferenza episcopale del Paese.
L’anniversario è stato ricordato
solennemente nella chiesa di S. Pietro a
Samphran, con la partecipazione del
cardinale arcivescovo Michael Michai
Kitbunchu, originario del luogo, di due
vescovi, mons. Giovanni Bosco Panja,
vescovo di Ratchaburi, di mons. Lawrence
Thienchai Samanchit, vescovo di
Chantaburi, di 81 sacerdoti, di un folto
gruppo di seminaristi e di vari istituti di
suore con le loro aspiranti.
Memori di essere stati chiamati in
Thailandia per testimoniare il carisma
francescano, i Cappuccini hanno
volutamente scelto di contenere le
manifestazioni nella celebrazione
liturgica, prolungata con il canto del
Vespro nella chiesa che li accolse nel
1980 a Bang Tan, evitando ogni
esteriorità, anche quella di ripercorrere
pubblicamente le tappe del lungo
cammino nella terra degli “uomini liberi”,
affidandolo a un opuscolo in thai, offerto
da una benefattrice.
Arrivarono in tre da Milano per
“testimoniare – ha scritto P. Antonio
Valsecchi rievocando gli inizi –
il francescanesimo in un ambiente
totalmente buddista; aiutare, con una
formazione più consona al loro carisma,
le sorelle clarisse cappuccine, presenti
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MISSIONARI
Cappuccini
nel Paese dal 1936; dedicarsi
all’apostolato tra i giovani, dando loro la
possibilità di fare un’esperienza di vita
religiosa, magari sul modello dei giovani
buddisti, che generalmente all’inizio
dell’età adulta si chiudono per qualche
tempo in monastero”. Tradizione che
risale alla dinastia di Ayutthaya (13501767) e che ha contribuito a fare della
Thailandia la capitale mondiale del
buddismo.
Il saio li identificava vagamente con gli
innumerevoli monaci locali (si dice che
ve ne sia uno ogni 70 abitanti, che sono
61 milioni), per cui inizialmente furono
considerati “pho rusii”, che vuol dire
padri eremiti, come i religiosi buddisti.
Ma poi essi chiarirono faticosamente la
propria identità (ci vollero circa 15 anni!)
e ci fu chi domandò di poter condividere
la loro vita, venendo accettato con un
entusiasmo che fece sottovalutare
problemi e difficoltà, superate con saggia
determinazione.
In venticinque anni sono passati
– e passano – molti giovani aspiranti a
Bang Tan e a Sampran, provenienti
ovviamente da famiglie cattoliche,
dislocate per lo più nel nord, originarie
del Laos, della Birmania o del Vietnam;
famiglie povere, ma ricche di fede e
legate alle tradizioni portate dai
missionari. Tra loro ci sono alcuni cariani,
che vivono lungo la frontiera birmano-
thailandese, semplici, ospitali e aperti al
cristianesimo perché nelle loro tradizioni
si parla di un Dio eterno, la cui natura era
descritta in un libro perduto dal figlio
maggiore di Dio; libro che un giorno
sarebbe stato riportato tra loro da uomini
bianchi, venuti dal mare.
Essi identificarono quegli uomini nei
missionari e si convertirono.
Attualmente tra i cappuccini thai ci sono
cinque sacerdoti, tre neo-professi, tre
postulanti (tra cui uno sta frequentando il
corso teologico, avendo chiesto di
passare tra i cappuccini alla vigilia
dell’ordinazione diaconale), 29 tra
giovani e ragazzi che frequentano vari
corsi di studi. La seria impostazione data
alla pastorale vocazionale sta dando i
suoi frutti.
Naturalmente l’impegno dei missionari
non si esaurisce nella formazione, ma si
estende alla collaborazione con la chiesa
locale di Ratchaburi e di Bangkok per le
confessioni, la predicazione di ritiri a
religiosi e laici (i quattro religiosi italiani
parlano un ottimo thai),
l’organizzazione di corsi di
formazione per sacerdoti e suore.
Venendo da una regione in cui
l’oratorio è parte integrante della
parrocchia, P. Giovanni Croppelli
ha trapiantato l’esperienza a
Huey Lük (ruscello profondo),
dove l’oratorio
S. Francesco, che in questi mesi si sta
arricchendo di un bel campo sportivo, è
frequentato da un centinaio di ragazzi,
in gran parte buddisti, per i quali (grazie
alla generosità del Milan) è stato allestito
anche un campo sportivo, capace di
sottrarli alla droga, che sta
imperversando con danni irreparabili.
Nel famoso triangolo d’oro, un bel nome
che però nasconde tragiche situazioni,
vivono popolazioni che il governo chiama
genericamente “gente delle colline”,
discriminate dall’analfabetismo, ma
soprattutto dall’incapacità di competere
con la gente delle pianure e che del
progresso hanno sì e no le briciole, per
cui preferiscono emigrare, impoverendo
sempre più i villaggi. Ma non sempre
l’emigrazione è il rimedio migliore.
È il caso degli abitanti di Hat Teng, che
oggi vivono alle sorgenti del fiume Kuei,
diventato famoso per gli eventi
dell’ultima guerra
mondiale, raccontati
poi nel film
MISSIONI
Thailandia
Da sinistra: Fra Antonio Valsecchi,
fra Maurizio Fiorini, il ministro provinciale
fra Andrea Ferrari e fra Stefano Polese
con una benefattrice; due momenti
della solenne celebrazione.
Sotto: danzatrici thailandesi.
“Il ponte sul fiume Kuei”. Di loro si
interessa P. Antonio Valsecchi che li ha
aiutati a costruire un acquedotto e una
canalizzazione che ha fatato aumentare
la coltivazione del mais e sta garantendo
un certo benessere.
Sempre in quel famoso triangolo, un
tempo crocevia di culture, oggi è
prevalentemente crocicchio intasato di
trafficanti di droga che talora finiscono
nelle mani della polizia, che li chiude in
carcere insieme a delinquenti comuni. Di
loro si interessano i missionari, che, con
P. Massimiliano Somyot, garantiscono
anche la catechesi ai detenuti cattolici
della prigione di Nakhon Pathom e a
quelli non cattolici interessati al
cristianesimo. Egli, inoltre, intrattiene
colloqui periodici con gli internati più
difficili, riuscendo a interessarsi con
argomenti per loro insoliti, “spingendoli a
ragionare”, tanto che il direttore del
carcere lo ha autorizzato a prendere tutte
le iniziative che possono facilitare la
propria attività.
Tra le preoccupazioni maggiori dei
missionari c’è l’istruzione, per cui hanno
aperto centri di accoglienza che
permettano ai ragazzi tribali di avvicinarsi
10 Cappuccini
MISSIONARI
di avvicinarsi alle scuole dei centri urbani
e così integrarsi, per quanto lo
consentano diffidenza e pregiudizi, con i
coetanei thai. Agli universitari pensa
P. Mauro Bazzi, lettore di lingua italiana
nell’università Chulalonkorn e, grazie alla
laurea conseguita a Manila in scienze
dell’educazione, docente nello stesso
ateneo; cosa che gli ha consentito di
conoscere professori cattolici con cui
organizzare corsi di formazione e incontri
di preghiera nei tempi forti dell’anno
liturgico, e di stabilire rapporti che vanno
al di là dell’insegnamento con gli
studenti buddisti.
P. Antonio è invece inserito nella
Conferenza Episcopale, a cui presenta e
illustra i Documenti della S. Sede;
partecipa al consiglio dei teologi; ha dato
un valido contributo alla traduzione in
lingua thai dell’ordinario della Messa
(notevole un moderno adattamento alla
lingua attuale del Padre nostro); fa parte
della commissione liturgica incaricata
della costruzione e del restauro degli
edifici sacri.
Nel campo direttamente pastorale i
missionari lavorano a Thare Nong Seng,
ai confini con il Laos, dirigendo una
parrocchia di circa 600 battezzati,
assistendo l’infanzia abbandonata e le
clarisse cappuccine del locale monastero,
il più grande tra i sette che esse hanno
nel Paese e in cui vivono 109 monache,
decine di novizie e di postulanti.
Anche qui le preferenze vanno ai
profughi attraverso il Coerr (ufficio
cattolico per gli interventi di emergenza
e per i rifugiati) e agli studenti, per i
quali è stato istituito un servizio di
trasporto per la scuola (in parte a carico
dei genitori), un doposcuola, borse di
studio che a molti hanno dato la
possibilità di sottrarsi allo smercio della
droga e alla prostituzione, mentre ad altri
hanno reso possibile una laurea.
Scopo principale della presenza
cappuccina in Thailandia resta,
comunque, il famoso “dialogo di vita”, in
questo caso la testimonianza di una vita
francescana autentica e convinta, molto
apprezzata dai buddisti, soprattutto se
affiancata da opere educative e sociali,
dalla condivisione e dalla collaborazione
per i problemi umani.
“Alcuni anni fa – ha scritto un missionario
– alcuni membri di una comunità molto
radicale di monaci e di laici buddisti
riformati (i praticanti nella nazione sono
sì e no il 4/5%) che tentavano una sorta
di vita comune, ebbero occasione di
vedere “Fratello sole e sorella luna” di
Franco Zeffirelli, restando fortemente
impressionati della vita di S. Francesco,
simile alla loro per la semplicità e la
povertà che la anima.
Saputo che nella zona c’erano i
cappuccini, andarono a trovarli per
conoscere meglio il carisma francescano:
ma, per varie ragioni, dopo alcune visite
reciproche, tutto si fermò”.
Non si è, però, fermata l’ammirazione
che porta in convento un crescente
numero di giovani thai che stanno
radicando il francescanesimo accanto alla
pagoda in cui i monaci vanno a cercare le
radici del buddismo hinayana a Nakhom
Pathom (prima città), diffuso ad opera
dell’imperatore indiano Ashoka, che inviò
due bonzi da Ceylon nel III a.C. n
11
MISSIONARI
Cappuccini
DAL MONDO DEI CAPPUCCINI
di Alberto Cipelli
Fra Marcello Rota
festeggia i suoi 80 anni
Un missionario a servizio dei poveri, una sfida a ripartire da Cristo
12 Cappuccini
MISSIONARI
Provinciale fra Tewelde Beyene: “Ero un
bambino dell’asilo quando lo incontrai
per la prima volta al Convento di
Sant’Antonio. I nostri incontri segnavano
una traccia e le nostre strade andarono
via via avvicinandosi fino ad incrociarsi
per un lungo tratto: dalla lettura del suo
bel “Veritas et Vita”, cui fra l’altro devo
gran parte dei miei primi passi in
italiano, alla vita insieme nella comunità
di Gaggiret. Begli anni di maturazione
umana e spirituale, vissuti
nell’esuberanza giovanile, nel desiderio
di imparare e di crescere. Chi può
dimenticare le sue lezioni di
teologia, così palpitanti di spirito
conciliare e postconciliare, così
ricche di apertura. Le belle
celebrazioni liturgiche e musicali, i
suoi ritiri e le sue conferenze così
attuali e così sensibili al
patrimonio culturale e spirituale
del paese. Frammenti di ricordi
che potrebbero moltiplicarsi… Al di
là di tutto c’era la testimonianza di tutta
una vita consacrata ai fratelli, nella
fedeltà gioiosa e costante”.
A fra Marcello un grazie per tutto quello
che ha fatto e come gli ha scritto padre
John Corriveau, Ministro Generale dei
Frati Cappuccini: “Il Signore ti benedica,
custodisca ogni tuo gesto e guidi i tuoi
passi sulla via della pace”. n
24 marzo 2006
Quattordicesima giornata
di preghiera e di digiuno
per i missionari martiri
disegni di padre Stefano Tedlà
N
ella comunità di Albino (BG) luogo
del suo incontro con i cappuccini,
fra Marcello Rota ora ha fatto
ritorno e il 5 dicembre scorso ha
festeggiato i suoi 80 anni di vita e i 60
di vita religiosa svolta per mezzo secolo
sul fronte missionario del continente
africano: Asmara, Addis Abeba, Abidjan
ed Alepè.
Nella sua intensa omelia durante la
celebrazione, non ha dimenticato di
menzionare tanti dei confratelli con i
quali ha condiviso passione missionaria
ed energia fisica,
intellettuale e spirituale.
Così dall’Asmara in
Eritrea lo ricorda
affettuosamente l’ex
Uccisi
perché testimoni
del Risorto
DAL MONDO
missionario
14 Cappuccini
MISSIONARI
rimanere in determinate situazioni a
testimoniare l’amore di Gesù per tutti, è
un rischio e molto spesso una condanna
a morte. Ma la forza e il coraggio della
fede, unite alla solidarietà di tutta la
comunità, dà la forza di rimanere.
I Cristiani che sono stati martirizzati nel
corso della storia non sono morti per
difendere la loro religione, nemmeno
per affermare la potenza e la presenza
di Dio nel mondo, né l’esistenza della
vita eterna dopo la morte! Sono morti
per non rinnegare Colui al quale
avevano donato tutta la loro vita, colui
che per fede si erano votati, colui con il
quale affermavano di essere in costante
rapporto personale, esistenziale e che
confessavano come Signore della loro
esistenza, il Cristo risorto, l’Emmanuele,
il Dio presente in loro e nell’umanità
intera, il Signore della storia che guida le
sorti dell’umanità. Il più delle volte i
missionari che hanno dato la vita per
Gesù si sono trovati nell’alternativa di
rinnegare la fede e l’amore a Cristo nella
testimonianza della vita o di subire,
prima o poi una morte violenta. Questa
scelta di vita è spesso considerata una
follia agli occhi umani, e invece dimostra
che la fede in Gesù è un valore così
grande che non deve mai venire meno.
Là dove non è chiesta la testimonianza
del sangue, ancora più forte e
significativa dovrà essere la
testimonianza della vita quotidiana.
Qui sta il vero significato per noi e per le
nostre comunità cristiane della
celebrazione della giornata di preghiera
e digiuno per i missionari martiri. Non è
solo un ricordo, ma diventa un motivo
per ravvivare la nostra fede e per
impegnarci di più nella testimonianza
della vita cristiana. n
13 gennaio, Kenya
2 0 0 5
sacrificio e di dono della vita. Il pieno e
totale riferimento a Cristo esalta e
definisce il martire cristiano! La fede in
Cristo e l’amore a Cristo sono i valori più
alti e assoluti della sua esistenza, tanto
che per non rinnegarli è pronto a
morire.
Ed è proprio l’intimo legame a Gesù e al
suo insegnamento “non c’è amore più
grande di questo: dare la vita per i
propri amici” (Giovanni 15,13) che dilata
il concetto di martirio dalla
testimonianza cruenta della fede alla
prova suprema dell’amore, cioè al
martirio della carità. Chi muore infatti
per salvare il prossimo, per amore dei
più poveri e sofferenti, per la dignità di
ogni persona umana, per la salvaguardia
dei più elementari diritti della persona
umana, e lo fa in nome di Cristo, è da
considerarsi un martire, uno che dà la
vita sull’esempio di Gesù e che lo vuole
imitare fino alla fine.
E solo la fede nelle sue parole e nella
sua resurrezione e vittoria finale, che ha
dato la forza di sopportare le prove più
difficili, e addirittura la morte violenta, ai
numerosi martiri di tutti i tempi. Ce lo
ricordava Giovanni Paolo II, all’inizio del
suo pontificato: “L’uomo deve allora
correre il rischio di una situazione
sconosciuta, il rischio d’essere mal visto,
di esporsi a delle conseguenza
sgradevoli, delle ingiurie, delle
rappresaglie, delle perdite materiali,
forse la prigione o la persecuzione…
Il Vangelo si rivolge a degli uomini
deboli, poveri, miti e umili, artigiani di
pace e misericordiosi; ma allo stesso
tempo fa costantemente appello alla
forza. Ripete spesso: Non abbiate
paura!” (cfr. 2 Corinzi 12,9).
Anche oggi, molti missionari lo sanno:
P. Thomas Richard Heath
14 gennaio, Indonesia
Don Thomas Harsidiyono
20 gennaio, Russia
Don Jan Hermananovasky
6 febbraio, Messico
Padre Manuel Delgado
12 febbraio, Brasile
Suor Dorothy Stang
1 maggio, India
Don Mathew Uzhuthal
7 maggio, Congo
Padre Renè de Haes
4-5 maggio, Belgio
Don Robert De Leener
14 luglio, Kenya
Mons. Luigi Locati Vicario
21 luglio, Colombia
Mons. Luis Enrique Rojas
25 luglio, Brasile
Don Paulo Henrique Machado
2 agosto, Nigeria
Don Godwin Okwesili
18 agosto, Colombia
Don Jesus Adrian Sanchez
15 agosto, Columbia
Don Vicente Rozo Bayona
15 agosto, Columbia
Don Jesus Emilio Mora
agosto, Congo
Don Francois Djikulo
agosto, Congo
Simon Kayimbi
2 settembre, Brasile
a n n o
Il
secolo scorso è stato definito dal
Santo Padre Benedetto XVI “un
tempo di martirio”, tanto è stato
elevato il numero dei cristiani che hanno
testimoniato la loro fede fino a dare la
vita con il martirio. Ma chi sono i martiri
cristiani? Che differenza c’è tra loro e
molti altri che sono morti e che
continuano a morire per non tradire la
loro patria o per essere fedeli alla loro
ideologia?
Martire, martys, nel Nuovo Testamento,
significa testimone di quello che Gesù
ha detto e fatto e proprio per questa
loro testimonianza esplicita alcuni
vengono anche uccisi! Il martire è il
testimone di Gesù, morto e risorto, che
resta fedele fino allo spargimento del
sangue; è colui che ha visto un fatto e
ne dà testimonianza. I cristiani pertanto
sono martiri perché testimoni di Cristo;
professano la loro fede in Lui e proprio
per questo motivo vengono perseguitati
ed uccisi.
Gesù l’aveva apertamente detto ai suoi
discepoli: “Se hanno perseguitato me,
perseguiteranno anche voi” (Giovanni
15,20).
Versare il sangue per testimoniare il
Vangelo si potrebbe pensare realtà di
altri tempi, del periodo degli inizi della
Chiesa, ma non della nostra società di
oggi. Eppure la realtà ci costringe a dire
altrimenti. Lo testimonia il lungo elenco
di martiri del XX secolo iscritti nel libro
del martirologio e anche i 27 missionari
uccisi per testimoniare Gesù risorto
nel 2005.
Risulta centrale pertanto, per il martire,
il riferimento diretto a Gesù Cristo,
morto e risorto per la salvezza
dell’umanità. È l’elemento qualificante il
martirio cristiano da altre forme di
tratto dal sito del Movimento Giovanile Missionario
Don Giuseppe Bessone
12 settembre, Congo
Padre Angelo Redaelli
25 ottobre, Messico
Don Luis Velasquez Romero
27 ottobre, Giamaica
Suresh Barwa
27 ottobre, Giamaica
Marco Candelario Lasbuna
11 novembre, Columbia
Suor Margarita Vasquez Sandino
25 dicembre, Kenya
Padre Virgilio Philip Valayam
28 dicembre, Sud Africa
Suor Margaret Branchen
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MISSIONARI
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