Conclusioni La domanda, viene totalmente soddisfatta
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Conclusioni La domanda, viene totalmente soddisfatta
Conclusioni La domanda, viene totalmente soddisfatta dalle ditte organizzate del Nord Italia. Potrebbe essere tuttavia interessante per gli allevamenti intraprendere la strada dell’adozione di un marchio privato per produzioni di qualità che sottostanno a disciplinari sul tipo di alimentazione o allevamento. Data l’integrazione di filiera esistente, la realizzazione di una completa tracciabilità delle carni di coniglio non dovrebbe rappresentare un grosso ostacolo. Inoltre intraprendere la strada delle produzioni certificate può rappresentare un salvagente nella prospettiva reale di un progressivo aumento nelle quantità di carni importate anche da paesi extra europei (o paesi comunitari) che vengono vendute a costi inferiori a quelle nazionali. Il costo relativamente alto delle carni di coniglio rispetto alle altre carni è infatti uno dei fattori limitanti il consumo, insieme all’assenza di prodotti innovativi sul mercato, come avviene per le carni avicole. Dati i nuovi di stili di vita che accanto alla qualità richiedono una sempre maggior valore aggiunto al prodotto, potrebbe essere economicamente valida la commercializzazione di prodotti elaborati di 3a e 4a generazione, ricalcando il notevole successo ottenuto dagli stessi prodotti ottenuto con le carni avicole. Altre opportunità sono offerte dallo sviluppo dell’allevamento biologico per aumentare il valore del prodotto e conquistarsi delle nicchie di mercato, non sembra vi siano altri spazi per collocare le carni. Il comparto equino Alla data del 22 ottobre 2000 in Italia figuravano circa 184.838 capi equini ( cavalli, asini, muli e bardotti), di cui 160.970 cavalli, divisi in poco più di 41.000 aziende. Rispetto al censimento precedente (1990) come per altri settori, la flessione del numero di cavalli è stata del 18%. Il patrimonio nazionale è suddiviso in 7 regioni, di cui 4 al Nord in ordine di importanza Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna e 3 al centro Lazio, Toscana, Sardegna. La dimensione media aziendale è stata nel 2000 pari a 4 capi ( 3 capi nel 1990). Negli ultimi dieci anni il patrimonio equino in Italia è diminuito per diverse ragioni, fra cui la scarsa o assente politica organica a difesa del settore. Con il D.Lgs. 173/98 l’allevamento del cavallo è rientrato a far parte del mondo agricolo, il possesso e l’allevamento del cavallo, è stato inteso come attività agricola, non solo ristretta ad un numero limitato o privilegiato di persone, ma tradizionalmente inserito in un ampio contesto socio-economico legato al territorio. Inoltre sempre più diffuso è l’allevamento del cavallo per scopi diversi da quello alimentare, per attività sportive, agonistiche che amatoriali, per il turismo equestre (agriturismo) e per la riabilitazione equestre ( ippoterapia e onoterapia). Per i consumi nazionale di carne di cavallo secondo dati ISTAT nel 2000 era di 0,8 kg pro capite – 70 essenzialmente stabile dal 1997 – anche se è probabile che a seguito della BSE, nel 2001 ci sia stato un aumento, considerato che le macellazioni di equini sul territorio nazionale sono cresciute dal 2000 al 2001 del 23,8% (dati ISTAT). Le rappresentanze tecniche del comparto. Il D.Lgs. 449/99 sul riordino dell’UNIRE (Unione Nazionale per l’Incremento delle Razze Equine) ha previsto, fra le altre misure, la confluenza di enti tecnici come il Jockey Club Italiano per la disciplina del galoppo (purosangue inglese), l’ENCI (Ente Nazionale del Cavallo Italiano da Sella) per l’area sella e l’ENCAT per il trotto (Ente Nazionale Corse al Trotto) nell’UNIRE, che attualmente gestisce i libri genealogici dei tre diversi settori (area purosangue inglese, area sella italiano, area trottatore). L’articolo 3 dello stesso D.lgs. 499/99 prevede di destinare annualmente come stabilito dal Mipaf, parte dei proventi delle scommesse alle Regioni e Province Autonome per l’incentivazione di programmi diretti alla formazione e alla qualificazione professionale degli addetti al settore. L’UNIRE oltre alla gestione dei LG, per la quale, secondo quanto stabilito da decreto, si avvale della collaborazione delle Associazioni Allevatori di Razza, riunisce periodicamente la Commissione Tecnica Centrale e organizza i Performance Test. A seguito della mancanza di dati precisi circa il numero dei soggetti iscritti ai LG, il Mipaf ha nominato una commissione ministeriale che ha redatto una tabella con stime relativamente all’anno 2000: Italia Area P.S.I. (*) Cavalli Allevamenti 1.621 641 Area Sella Cavalli Allevamenti 4.276 1.896 Area Trotto (**) Cavalli Allevamenti 9.134 2.211 (*): mancano i dati relativi alle fattrici (**): mancano i dati relativi agli stalloni Il totale dei cavalli iscritti nei LG tenuti dall’UNIRE al 2000 in Italia risulta pertanto di circa 15.000 unità mancano tuttavia i dati relativi alle fattrici e agli stalloni. Il settore equestre in Italia denuncia scarsa attenzione nei confronti del miglioramento genetico e dell’addestramento, che di fatto rende l’equitazione in Italia poco concorrenziale rispetto ad altri paesi. Va evidenziato che a seguito del crescente sviluppo delle attività sportive amatoriali, del turismo equestre (agriturismo), della riabilitazione, si sono potenziate numerose associazione di razza facenti parte dell’Associazione Nazionale Allevatori (ANA) che a pieno titolo detengono direttamente i LLGG, ( Ana Tiro rapido, quarter horse, murgese, aveglinese, maremmano, trottatore, bardigiano, sella, cavallo arabo, halflinger ). Altra evidente carenza del comparto è la mancanza di formazione professionale degli addetti e degli operatori nel settore. Le professioni che ruotano intorno al mondo del 71 cavallo sono molteplici: grooming, allievi fantini, allenatori trotto e galoppo, addestratori giovani cavalli, artieri, maniscalchi, infermieri veterinari, guide equestri. Ognuna di queste figure necessita di una formazione professionale appropriata e riconosciuta a livello istituzionale. Ciò potrebbe anche essere l’occasione per far emergere la quota ancora importante di lavoro irregolare che ruota intorno ai maneggi. Conclusioni Il mondo del cavallo, che non comprende solo l’allevamento ma altre fasi complesse a valle, è una realtà particolare nel contesto zootecnico ed agricolo che presenta problemi del tutto peculiari. Ancor più rispetto agli altri comparti, per l’allevamento del cavallo è necessario un articolato Piano di Interventi, in luogo di interventi limitati operativamente e temporalmente. Questo sarà possibile attraverso una programmazione che prenda in considerazione tutti gli aspetti legati all’allevamento, alla gestione del cavallo e delle attività ad esso collegate. Le opportunità di sviluppo sono molteplici per questo comparto rispetto agli altri facenti parte della zootecnia. Il cavallo può essere impiegato per attività turistiche, terapiche, per l’alimentazione, quindi non solo per le competizioni agonistiche. A fianco quindi di un allevamento finalizzato all’ottenimento di animali da concorso o per le corse – attività che automaticamente richiedono la presenza di figure professionali specializzate – si dovrà cercare di promuovere l’allevamento del cavallo secondo principi tecnici e manageriali corretti, ma destinata ad un bacino di utenza diverso e più ampio:, i turisti, i giovani, i disabili. 72