MARKETING NUTRIZIONALE Cibo e mente, salute e
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MARKETING NUTRIZIONALE Cibo e mente, salute e
MARKETING NUTRIZIONALE Cibo e mente, salute e business Gianpiero Lugli Prefazione 1. Rappresentazione neuronale e memoria del gusto 2. Il marketing nutrizionale nella prospettiva dell’operatore pubblico 3. Il marketing nutrizionale nella prospettiva delle imprese 4. La comunicazione nutrizionale dell’industria alimentare 5. Sviluppo dei grandi formati di prodotto ed aumento delle persone obese 6. La comunicazione nutrizionale della distribuzione alimentare 7. Il contributo dei social media allo sviluppo ed al controllo dell’obesità 8. La via consumerista al marketing nutrizionale 9. Come gestire il proprio peso migliorando l’autocontrollo Prefazione L’obesità è un fenomeno complesso sul quale incidono numerosi fattori che interagiscono tra loro ; vi sono infatti cause genetiche, metaboliche, comportamentali, economiche e culturali 1. La rilevanza dell’obesità non è dunque riconducibile solo al suo costo sociale ed al peggioramento della qualità della vita, ma è anche espressa dalla molteplicità dei fattori che la determinano e dalla conseguente difficoltà di controllo. Basti citare in proposito che l’obesità è determinata da fattori : Ø Genetici , in quanto il feto di una madre obesa nasce con un metabolismo compromesso ed una resistenza all’insulina ; Ø Socioculturali, in quanto le abitudini alimentari dei genitori si trasmettono ai figli ; Ø Ambientali, in quanto il comportamento alimentare delle persone è fortemente orientato alla socializzazione attraverso l’imitazione ; Ø Economici, in quanto l’industrializzazione ha prodotto alimenti ipercalorici in grandi formati ed a prezzi molto più bassi degli alimenti ipocalorici non trasformati. Il tema dell’obesità è stato analizzato sul piano Medico, Nutrizionale , Epidemiologico , Sociologico, Psicologico, Psicologico sociale e Marketing . Ogni ambito disciplinare ha adottato metodologie, paradigmi e strumenti di analisi specifici. Si può quindi sicuramente affermare che quasi tutte le ricerche sull’obesità sono racchiuse nel recinto di una sola disciplina.; ciò che rappresenta un limite e, probabilmente, la principale spiegazione degli insuccessi che fino ad ora sono stati collezionati nella manovra delle leve di marketing sociale su questo tema. Data la molteplicità dei fattori che concorrono a sostenere l’epidemia di obesità, è necessario approntare nuovi interventi con un approccio multidisciplinare. Per comprendere pienamente il comportamento delle persone e orientarle di conseguenza verso traiettorie virtuose sul piano individuale e collettivo, occorre infatti coniugare la conoscenza di diverse discipline. Del resto, l’approccio mono-disciplinare non ha prodotto fino ad ora contributi rilevanti nel contenimento del fenomeno, che è andato peggiorando nel corso del tempo in tutti i paesi. L’importanza relativa dell’obesità in termini di costi sociali ed il fallimento dei tentativi di controllo fino ad ora sperimentati è messo in evidenza da una recente ricerca McKinsey , di cui riportiamo una sintesi nella fig. 1 2. 1 Barsh, G.S., Farooqi, I.S., and O’Rahilly, S. (2000). Genetics of bodyweight regulation. Nature 404, 644– 651. Ravussin, E., Burnand, B., Schutz, Y., and Je´ quier, E. (1982). Twentyfour-hour energy expenditure and resting metabolic rate in obese,moderately obese, and control subjects. Am. J. Clin. Nutr. 35, 566–573. Chou, S.Y., Grossman, M., and Saffer, H. (2004). An economic analysis of adult obesity: results from the Behavioral Risk Factor Surveillance System. J. Health Econ. 23, 565–587. Finkelstein, E.A., Ruhm, C.J., and Kosa, K.M. (2005). Economic causes and consequences of obesity. Annu. Rev. Public Health 26, 239–257. Gilman, S.L. (2008). Fat: A Cultural History of Obesity (Cambridge:Polity). 2 McKinsey Global Institute, Overcoming Obesity : An initial economic analysis, November 2014 Fig 1 Obesity is one of the top three global social burdens generated by human beings Estimated annual global direct economic impact and investment to mitigate selected global burdens, 20121 GDP, $ trillion Share of global GDP % Selected global social burdens Smoking 2.1 2.9 Armed violence, war, and terrorism3 2.1 2.8 2.0 Obesity 1.4 Alcoholism Illiteracy 1.3 4 1.0 Climate change 0.9 Outdoor air pollution Drug use 5 Road accidents 2.8 2.0 1.7 1.3 1.3 0.7 1.0 0.7 1.0 Workplace risks 0.4 0.6 Household air pollution 0.4 0.5 Child and maternal undernutrition 0.3 0.5 Unsafe sex6 0.3 0.4 Poor water and sanitation7 0.1 Historical trend 2 0.1 1 Based on 2010 disability-adjusted life years (DALY) data from the Global Burden of Disease database and 2012 economic indicators from the World Bank; excluding associated revenue or taxes; including lost productivity due to disability and death, direct cost, e.g., for health care, and direct investment to mitigate; GDP data on purchasing power parity basis. 2 Based on historical development between 1990 and 2010 of total global DALYs lost (Global Burden of Disease). 3 Includes military budget. 4 Includes functional illiteracy. 5 Includes associated crime and imprisonment. 6 Includes sexually transmitted diseases. Excludes unwanted pregnancies. 7 Excludes lost time to access clean water source. SOURCE: Literature review; World Health Organization Global Burden of Disease database; McKinsey Global Institute analysis La fertilizzazione dell’economia con le conoscenze prodotte dalla psicologia cognitiva e dalle neuroscienze ha permesso lo sviluppo dell’economia comportamentale (Behavioural Economics) e del Neuromarketing. Diversamente dall’economia e dal marketing tradizionale, che non si occupano del processo con cui l’individuo arriva alla scelta perché si limitano ad analizzare le decisioni assunte ed il loro legame con l’utilità attesa, il nuovo approccio si propone di comprendere i meccanismi che conducono alla scelta. Questo approccio è particolarmente utile anche per individuare le ragioni che portano all’assunzione frequente di alimenti ipercalorici in quantità eccessiva. Una volta comprese le ragioni che portano all’obesità, occorre sviluppare un modello relazionale per cambiare il comportamento delle persone interessate da questa condizione e, nello stesso tempo, ridurre il numero dei nuovi obesi attraverso un’azione preventiva. Si tratta di un cambiamento che può avere come driver anche le imprese industriali e commerciali, oltre che lo Stato per quanto riguarda gli interventi in materia di salute pubblica ; insieme , questi attori del mercato, dovrebbero infatti sviluppare un marketing nutrizionale e rispondere così ad una domanda latente di salute della popolazione3. L’obesità non è dunque solo un problema sanitario 3 “ PROPORTION OF SHOPPERS CONSIDERING RESPECTIVE HEALTH CONCERN IMPORTANT WHEN SHOPPING FOR GROCERIES : Managing or Losing Weight ........................................................................ 74% Heart Health ................................................................................................. 70% per le numerose malattie connesse al sovrappeso4, ma rappresenta anche un problema economico in quanto al costo sanitario propriamente detto si deve aggiungere l’aumento del costo del lavoro che discende dall’assenteismo e dalla minor produttività degli obesi; ai costi quantificabili si devono poi aggiungere i costi individuali e sociali connessi al peggioramento della qualità della vita, che non sono misurabili sul piano monetario. Anche sul piano delle misure di contenimento, l’obesità non è solo un problema sanitario. Agli interventi farmacologici e chirurgici, si devono infatti aggiungere incentivi / disincentivi e campagne di comunicazione che coinvolgono sia l’operatore pubblico che le imprese. Questo libro non suggerisce diete particolari5, ma parla di marketing nutrizionale, inteso in una accezione ampia. Fanno marketing nutrizionale anche le imprese che agiscono fuori dai Strengthening Immunity ............................................................................. 68% Cholesterol .................................................................................................... 61% Digestive Health ........................................................................................... 59% Bone Health .................................................................................................. 58% Hypertension/Blood Pressure ....................................................................... 54% Heartburn or Acid Reflux ............................................................................. 40% Diabetes ........................................................................................................ 29% % of respondents rating health concern 4/5 on a 5-point scale where 5 = very important when shopping for groceries” Catalina Marketing,(2010), Helping Shoppers Overcome the Barriers to Choosing Healthful Food, FMI, Pag.5 4 Disorders associated with overweight and obesity Disorder associated with obesity Relative risk of obese to non obese non obese Relative risk of overweight to I. Cardiovascular disease 1.60 1.30 II. Cancer 2.00 1.30 III. Mental disorders 1.50 1.20 Depression 1.40 1.20 Anxiety disorders 2.00 1.20 Sleep disorders-sleep apnea 2.10 1.20 IV. Digestive disorders 2.30 1.50 Gall bladder disease 3.00 1.50 Non-alcoholic fatty liver disease 2.30 1.40 V. Musculoskeletal disorders 2.00 1.40 Osteoarthritis 2.00 1.40 Low back pain 2.00 1.50 VI. Asthma 1.60 1.20 VII. Diabetes 3.40 1.80 VIII. Alzheimers type dementias 1.75 1.40 IX. Urinary stress incontinence 2.40 1.40 Source : ABS. 4364.0-National Health Survey: Summary of Results, 2004/05.Canberra, 27 February 2006.2 IX. Urinary stress incontinence 2.40 1.40 Source ABS. 4364.0-National Health Survey: Summary of Results, 2004/05.Canberra, 27 February 2006.2 5 Dalle ultime ricerche di scienze della nutrizione è emerso che non esistono differenze particolari tra le diverse diete per quanto riguarda la loro efficacia ; non è dunque importante quale dieta si sceglie, ma piuttosto la capacità di mantenere nel tempo il regime alimentare. “ The study, published in the Journal of the American Medical Association, analysed data from 48 separate trials. The Canadian team concluded that sticking to a diet was more important than the diet itself. Obesity experts said all diets cut calories to a similar level, which may explain the results. Diets go in and out of fashion on a regular basis, with a current debate around the relative benefits of low carb and low fat diets. All the same, Scientists at McMaster University in Ontario and the Hospital for Sick Children Research Institute in Toronto analysed data from 7,286 overweight dieters. The range of diets covered included, Atkins, South Beach, tradizionali confini di questa funzione aziendale; sono infatti molte e differenziate le vie che si possono imboccare per indurre le persone a comportamenti più responsabili nel governo del proprio peso . Si pensi per esempio a quelle imprese americane che offrono ai propri dipendenti un contributo alla copertura del premio per l’assicurazione sulla vita, escludendo dall’incentivo le persone con un Body Mass Index ( BMI ) superiore a 30. Il marketing nutrizionale è dunque una disciplina che si colloca nell’intersezione di due insiemi di conoscenze e strumenti : Ø Il marketing sociale, inteso come attività regolatoria, oltre che come insieme di azioni di convincimento e di rappresentazione delle scelte alimentari ( nudging ) , che l’operatore pubblico intraprende perseguendo l’obiettivo del benessere della popolazione6 ; Ø Il marketing d’impresa, inteso come miglioramento della comprensione dei desideri e delle aspettative di consumatori-lavoratori , per sviluppare risposte adeguate in termini di prodottiservizi e comunicazione, al fine di realizzare un vantaggio competitivo sostenibile. Il marketing è una disciplina che offre strumenti per comprendere il comportamento degli individui; questa conoscenza è utile di per sé, ma serve anche per orientare le scelte ed i comportamenti verso obiettivi più o meno coerenti con gli interessi del target. Nei mercati che funzionano bene, l’interesse collettivo è solo in parte salvaguardato dalla rivalità delle imprese per la conquista e la fidelizzazione dei consumatori. Vi sono infatti anche comportamenti sbagliati che le imprese promuovono legittimamente in un mercato competitivo; si pensi per esempio alle compagnie che vendono sigarette e alle imprese che promuovono l’acquisto dei loro prodotti da parte di clienti che non se lo possono permettere offrendo pagamenti dilazionati a tassi di interesse non dichiarati. Nel caso dell’industria alimentare, l’offerta di prodotti ipercalorici a basso prezzo e con un alto contenuto di servizio, ha certamente contribuito in maniera rilevante allo sviluppo dell’epidemia di obesità. Vi è dunque spazio per un nuovo marketing , che ha come driver l’operatore pubblico. Questo marketing sociale dovrebbe essere visto come un investimento sul futuro della collettività7; un investimento che non consiste nell’introdurre misure proibizionistiche, in quanto si tratta semplicemente di orientare la libera scelta manovrando leve neuropsicologiche . Il marketing sociale si occupa infatti di tutte le scelte che producono : Zone, Biggest Loser, Jenny Craig, Nutrisystem, Volumetrics, Weight Watchers, Ornish and Rosemary Conley. It showed that after 12 months, people on low carbohydrate and low fat diets both lost an average of 7.3kg (16lb). Those on low carb meal plans had lost slightly more at the six-month marker. The report said: The differences [between diets] were small and unlikely to be important to those seeking weight loss." BBC News, 3/9/2014 6 La nascita del Marketing sociale come disciplina è riconducibile ai lavori di Andreasen e Kotler, che lo interpretano come un’applicazione del concetto e delle tecniche del marketing alla promozione di cambiamenti volontari nel comportamento delle persone, al fine di migliorare il benessere individuale e collettivo. Ovviamente, il marketing applicato alla salute opera in un contesto diverso dal marketing applicato a beni e servizi che vengono venduti in un mercato competitivo. Nel caso della salute, non esistono competitors nella vendita , ma ciascuno trova in se stesso il proprio rivale; dobbiamo infatti forzare cognitivamente il cambiamento . Viviamo un conflitto neuronale tra la mente cognitiva che spinge per il cambiamento e la mente emotiva che ci sollecita a mantenere i comportamenti abituali. Andreasen AR. 1995. Marketing Social Change: Changing Behavior to Promote Health, Social Development, and the Environment. San Francisco, CA: Jossey-Bass Kotler P, Roberto N, Lee N. 2002. Social Marketing: Improving the Quality of Life. Thousand Oaks, CA: Sage 7 “. Almost all the identified interventions are cost-effective for society—savings on health-care costs and higher productivity could outweigh the direct investment required to deliver the intervention when assessed over the full lifetime of target population. In the United Kingdom, such a program could reverse rising obesity, saving about $1.2 billion a year for the National Health Service (NHS).” McKinsey Global Institute, Overcoming obesity : An initial economic analysis, November 2014, Ø costi nel breve periodo e benefici nel lungo periodo ( fare la dieta per mantenere un peso forma, fare ginnastica in maniera continuativa per conseguire benefici psico-fisici, risparmiare per coprire possibili rischi e finanziare consumi futuri, …..) Ø benefici nel breve periodo e costi nel medio-lungo periodo ( fumo, alcool, droga, sovralimentazione , gioco….). Alcune forme di marketing sociale hanno già avuto un adeguato sviluppo in molti paesi ; basti pensare per esempio alla cosiddetta “pubblicità progresso”. Tuttavia, i risultati di questa attività sono stati fino ad ora piuttosto deludenti per due ordini di motivi . Innanzitutto, si è cercato di educare le persone a tenere comportamenti virtuosi puntando su un apprendimento cognitivo, quando invece le scelte che qui interessano sono soprattutto determinate dalla mente emotiva ; questo implica che , per avere successo, occorre mettere in campo nuovi strumenti di apprendimento emotivo. Si tratta in particolare di ridefinire il contesto e le norme sociali in modo da facilitare comportamenti automatici e abitudini alimentari più salutari. In secondo luogo, le leve utilizzate per cambiare il comportamento degli individui verso obiettivi socialmente rilevanti sono state quelle classiche dell’economia di mercato : il prezzo e la comunicazione soprattutto. Una qualche sensibilità al prezzo e alla comunicazione, del consumo di sigarette ad esempio, probabilmente esiste, ma non è mai stata misurata adeguatamente ; soprattutto , non è stato ancora fatto uno sforzo di affiancamento delle misure tradizionali dell’economia di mercato a leve mutuate dalla psicologia cognitiva e dalle neuroscienze. Infatti, gli incentivi economici non funzionano sempre : non producono il risultato atteso per esempio quando la logica economica viene sovrapposta alle regole sociali e al comportamento morale.8 Nel prossimo futuro sarà indispensabile una sorta di convergenza tra il marketing nutrizionale dell’operatore pubblico ed il marketing nutrizionale delle imprese industriali e commerciali. L’epidemia dell’obesità ha infatti raggiunto una consistenza ed un’estensione tali da generare consapevolezza del problema in un segmento sempre più numeroso della popolazione. Questa consapevolezza si è poi accompagnata ad una chiara attribuzione di responsabilità alle imprese, soprattutto industriali ; ciò che è successo nel caso del fumo sta accadendo ora nell’alimentazione. Non è solo colpa delle persone che autonomamente decidono di consumare frequentemente cibi ipercalorici in quantità eccessiva, ma la responsabilità spetta anche all’industria che ha creato cibi ipercalorici ai quali è difficile resistere; in alcuni studi si riscontra infatti una sorta di dipendenza del tutto simile a quella verso l’alcool, il tabacco e le droghe. Per alcuni autori, la trasformazione industriale del cibo è stata infatti realizzata combinando in maniera ottimale lo zucchero, col sale ed il grasso, in modo generare una sorta di dipendenza simile alla droga.9 Da una meta-analisi di studi clinici e neurologici, non emergono tuttavia sufficienti evidenze che leghino l’obesità ed il sovrappeso ad una sorta di dipendenza dal cibo10. 8 Lugli G. ( 2010), Neuroshopping, APOGEO “There are five key pieces of evidence cited in support of the addiction model: first, a clinical overlap between obesity (or, more specifically, BED) and drug addiction; second, evidence of shared vulnerability to both obesity and substance addiction; third, evidence of tolerance, withdrawal and compulsive food-seeking in animal models of overexposure to high sugar and/or high-fat diets; fourth, evidence of lower levels of striatal dopamine receptors (similar to findings in patients with drug addiction) in obese humans; and fifth, evidence of altered brain responses to food-related stimuli in obese individuals compared with non-obese controls in functional imaging studies.” Hisham Ziauddeen, I. Sadaf Farooqi and Paul C. Fletcher ( 2012), Obesity and the brain: how convincing is the addiction model? Nature Reviews| Neuroscience VOLUME 13 | APRIL 2012 | 2780 10 “Of course, there are differences in tasks and stimuli across the studies and there are age and gender differences across the groups studied. But, given that the striatum, midbrain and prefrontal cortex are core components of the dopaminergic-reinforcement circuitry, the lack of consistent findings across a large set of studies militates strongly against the addiction model. If we consider the region of the anterior insula and frontal operculum that is sometimes referred to as the gustatory cortex, the inconsistency remains. Nor is 9 Come preemptive strategy11 verso la responsabilizzazione di aver creato l’epidemia di obesità , alcune imprese hanno cominciato ad intravvedere la necessità di allineare prodotti e marketing alle preoccupazioni espresse dalla società. Si tratta da un lato di un allungamento dell’orizzonte temporale del management, dal momento che una posizione attiva nella lotta all’obesità può proteggere l’impresa contro l’accusa di aver contribuito al sorgere del problema. Dall’altro, la nascita di una sensibilità diffusa verso i problemi dell’obesità rappresenta una nuova opportunità di business. Così come i produttori di sigarette risposero al diffondersi delle preoccupazioni sugli effetti del fumo introducendo sigarette col filtro e versioni light12, l’industria alimentare può aiutare i consumatori che desiderano fare la dieta producendo prodotti meno calorici. In fondo, se numerosi consumatori sono disposti a rinunciare al gusto ed al piacere del consumo per ridurre l’apporto calorico, è profittevole soddisfare questa domanda; inoltre, così facendo l’impresa si protegge dalle critiche per le versioni ipercaloriche che non può eliminare dal suo portafoglio. La riformulazione dei prodotti core riducendo il contenuto di zucchero, grasso e sale, non è infatti possibile senza perdere vendite e competitività.13 Un altro aspetto su cui si può fondare il marketing nutrizionale è l’immagine sociale negativa degli obesi. L’obesità è considerata infatti negativamente dalla società , che tende a responsabilizzare gli individui più che le imprese . Gli obesi sono “diversi” con cui è difficile sviluppare una relazione. Mentre una malattia suscita empatia e ci ricorda “per chi suona la campana”, l’obesità non ci riguarda e viene vista come un vizio che caratterizza gli individui incapaci di un controllo cognitivo e per ciò stesso di serie B. Per supportare questa tesi, descriviamo qui di seguito un famoso esperimento psicologico. A due gruppi di persone vengono posti due diversi quesiti in relazione ad un treno che sta per investire 5 persone14 . observation of responses in the amygdala helpful in distinguishing obese individuals from normal-weight controls “ Hisham Ziauddeen, I. Sadaf Farooqi and Paul C. Fletcher ( 2012), Obesity and the brain: how convincing is the addiction model? Nature Reviews| Neuroscience VOLUME 13 | APRIL 2012 |p. 284 11 Per preemptive strategy si intendono i comportamenti che le imprese assumono per evitare / ridurre le minacce previste. “ ..You caused the health crisis, you pay for it. In 1998, Philip Morris joined the other big tobacco manufacturers in settling the litigation by agreeing to pay the states a stunning $365 billion to revive their moribund health care system. They also agreed to endure possible regulation of cigarettes by the FDA and to add stronger warnings on their cigarette packs….. It’s like good marketing. Don’t argue with the customer. Respond to the customer’s need and belief. Our business interest lies with public acceptance.” Moss, op. cit., pag 247-248 12 Nel mese di novembre 2014 , la Philip Morris ha inaugurato un impianto pilota a Zola Predosa ( Bologna ) per la produzione di sigarette a basso rischio. Si tratta in particolare di nuovi stick di tabacco, da utilizzare unicamente con un dispositivo che si basa sul riscaldamento invece che sulla combustione. La produzione su larga scala del nuovo prodotto Philip Morris inizierà nel 2016 con l’apertura di un nuovo stabilimento a Crespellano ( Bologna). 13 “ But Mudd felt increasingly frustrated by the rest of the industry’s refusal to follow suit, which isolated and put new pressure on Kraft – pressure that involved not thinking more about overweight kids but rather thinking more about returning to the basic of processed food. Namely, boosting the value of the company stock by selling more of the foods that people liked best.” Moss., op. cit., pag 257-258 14 “ My main line of experimental research began as an attempt to understand the "Trolley Problem," which was originally posed by the philosophers Philippa Foot and Judith Jarvis Thomson. First, we have the switch dilemma: A runaway trolley is hurtling down the tracks toward five people who will be killed if it proceeds on its present course. You can save these five people by diverting the trolley onto a different set of tracks, one that has only one person on it, but if you do this that person will be killed. Is it morally permissible to turn the trolley and thus prevent five deaths at the cost of one? Most people say "Yes." Then we have the footbridge dilemma: Once again, the trolley is headed for five people. You are standing next to a large man on a footbridge spanning the tracks. The only way to save the five people is to push this man off the footbridge and into the path of the trolley. Is that morally permissible? Most people say "No." ! Per salvare le persone che stanno per essere investite dal treno, è possibile muovere una leva e far così cambiare binario al treno; in questo caso però il treno colpirà un’altra persona, che morirà. ! Per salvare le persone che stanno per essere investite dal treno, è possibile gettare un uomo grasso da un cavalcavia e arrestare così il treno. L’obiettivo di questo esperimento è dimostrare che la rappresentazione della scelta può influire sulla decisione; la maggioranza delle persone accetta infatti di spostare la leva , ma rifiuta di gettare l’uomo grasso dal ponte. La ragione di questo diverso comportamento è riconducibile al ruolo strumentale piuttosto che incidentale / impersonale dei soggetti che scelgono nelle due condizioni. Buttare l’uomo grasso dal ponte significa un coinvolgimento diretto nella morte dell’individuo, mentre la manovra della leva è solo indirettamente legata alla morte di un individuo, che ci appare distante e incidentale. Ma la domanda che ci interessa in questa sede è perché mai gli psicologi , nel disegnare l’esperimento, hanno ritenuto utile precisare che l’uomo da gettare dal ponte era grasso. Se l’uomo da gettare sui binari fosse stato magro, il treno non si sarebbe fermato in modo da salvare le 5 vite ? Evidentemente non è questa la spiegazione . L’obesità rinforza l’impatto emotivo della decisione di uccidere una persona per salvarne 5; l’obesità rende indifeso l’uomo che dev’essere spinto sui binari aumentando la responsabilità dei soggetti coinvolti. Si tratta di uno stimolo inconsapevole (prime), che si propone di aumentare la compassione dei soggetti che devono scegliere . In questo modo , gli psicologi hanno aumentato la probabilità di ottenere la conferma della loro ipotesi sperimentale : la manovra della leva da parte del primo gruppo ed il rifiuto della spinta dell’uomo sui binari da parte del secondo gruppo. Questa introduzione al tema del sovrappeso / obesità non sarebbe completa se non spendessimo qualche parola anche sul suo reciproco : la fame e la malnutrizione. Le persone che non hanno sufficiente cibo per sostenere il loro fabbisogno energetico sono diminuite di 1/5 a partire dal 1990, ma sono ancora 800 milioni. La malnutrizione, intesa come carenza dei micronutrienti ( vitamine e minerali ) necessari per mantenere la persona in buona salute non è invece affatto calata15; secondo l’Economist, 2 miliardi di persone soffrono di queste carenze nutrizionali 16. A fronte della carenza di cibo di qualità , si osserva il paradosso della crescita degli individui in sovrappeso ed obesi, che ora riguarda anche in paesi in via di sviluppo. Si ritiene infatti che 2/3 degli obesi risiedano in paesi con un reddito pro-capite medio-basso. In questo libro non cercheremo di rispondere a tutte le domande suscitate dall’obesità , ma ci occuperemo solo delle misure di contenimento che McKinsey qualifica come informazione e influenza (fig.2 ) 17 . Il focus sarà dunque sulle diverse modalità con cui è possibile aiutare le persone ad acquistare e consumare alimenti idonei a mantenere salute e benessere; in particolare, utilizzeremo le conoscenze dell’Economia Comportamentale per disegnare soluzioni in grado di cambiare il comportamento delle persone senza compromettere la loro libertà di scelta. These two cases create a puzzle for moral philosophers: What makes it okay to sacrifice one person to save five others in the switch case but not in the footbridge case? There is also a psychological puzzle here: How does everyone know (or "know") that it's okay to turn the trolley but not okay to push the man off the footbridge? Greene, J.D., Sommerville, R.B., Nystrom, L.E., Darley, J.M., & Cohen, J.D. (2001). An fMRI investigation of emotional engagement in moral Judgment. Science, Vol. 293, 2105-2108. 15 La carenza di vitamin A è causa di cecità, mentre la carenza di ferro può causare l’anemia. 16 th The Economist , November 29 2014, pag. 53 17 McKinsey Global Institute, op. cit., pag. 31 Fig. 2 – I possibili driver di cambiamento delle abitudini alimentari secondo McKinsey Option availability Choice architecture Information architecture Priming HABITS Information availability Personal goals and commitments Social norms Material incentives Nel primo capitolo analizziamo il rapporto cibo-mente degli obesi rispetto ai normopeso, approfondendo in particolare la rappresentazione neuronale del gusto come punto di partenza per comprendere il nostro comportamento alimentare. Accettando l’idea che il gusto non è solo un fatto sensoriale, si può comprendere perché la vista ed il pensiero del cibo, così come le rappresentazioni del cibo che suscitano aspettative e desideri, incidono profondamente sulla soddisfazione che proviamo nel consumo degli alimenti e di conseguenza sull’equilibrio energetico. La scoperta che i recettori della lingua si limitano a rilevare i diversi gusti, ma è il cervello che assegna loro un gradimento, è importante perché dimostra la plasticità del gusto e la conseguente possibilità di modificare la nostra alimentazione per migliorare salute e benessere. In questo capitolo si dimostra dunque che possiamo imparare a preferire il cibo a basso contenuto calorico; il nostro cervello apprende infatti continuamente attraverso la via deduttiva ( mente cognitiva ) e la via associativa ( mente emotiva). La plasticità del gusto è riconducibile allo scarto tra memoria esplicita ( di breve periodo) e memoria implicita ( di lungo periodo), che non sono tra loro separate ed indipendenti, ma collegate dal ricordo. Il ricordare è infatti un’azione cognitiva, vale a dire la rivisitazione del passato alla luce delle esperienze vissute tra il momento dell’archiviazione ed il momento del recupero dell’informazione. Così, nel caso di un alimento che abbiamo gradito / non gradito, il ricordo non è stabile ma soggetto a continue variazioni in rapporto alle esperienze maturate. Un alimento ipocalorico inizialmente sgradito, può essere successivamente sempre più apprezzato man mano che ripetiamo questa scelta. Se, da un lato, la plasticità della memoria implicita è importante perché può essere orientata fino a farci preferire cibi ipocalorici, dall’altro, non è di alcun aiuto nel ridurre la quantità ingerita per occasione di consumo. Quando ci alimentiamo superando di molto il nostro fabbisogno energetico, i nutrienti si trasformano in grasso corporeo e non lasciano alcuna traccia mentale; non esiste cioè una memoria energetica che ci aiuta a compensare la sovralimentazione di un pasto con una minor alimentazione in quello successivo. Nel secondo capitolo, definiamo i confini del marketing nutrizionale nella prospettiva dello Stato , che deve promuovere la salute pubblica anche orientando i comportamenti delle persone verso scelte corrette sul piano nutrizionale. Dopo alcune premesse sulla natura e sull’importanza di sovrappeso ed obesità, suggeriamo all’operatore pubblico di utilizzare il suo potere legislativo e regolamentare per : ! cambiare la rappresentazione delle scelte alimentari, con particolare riferimento alle diverse modalità con cui possono essere costruite le etichette nutrizionali da contestualizzare sul pack dei prodotti; ! rimuovere i contenuti non veritieri dalla pubblicità delle imprese. Sul fronte degli interventi che lo Stato può mettere in campo per convincere le imprese a ridurre il contenuto calorico dei loro prodotti, diamo conto dei recenti sviluppi del marketing sociale nell’ utilizzo dello strumento della moral suasion, supportata dalla minaccia di un intervento legislativo in caso di mancata adesione. Per quanto riguarda poi la comunicazione istituzionale , spieghiamo le ragioni della sua attuale inefficacia e proponiamo di cambiare radicalmente l’approccio : ! passando da contenuti cognitivi a contenuti emotivi; ! sfruttando la nostra propensione all’imitazione; ! sviluppando il priming per orientare i bambini verso un’alimentazione corretta attraverso stimoli inconsci contestualizzati in meccanismi di gioco; ! mettendo in campo iniziative che sfruttano la nostra avversione alla perdita. Infine, solleviamo numerosi dubbi sulla possibilità di perseguire il controllo dell’obesità attraverso la leva fiscale, vale a dire tassando gli alimenti ipercalorici e detassando gli alimenti ipocalorici. Nel terzo capitolo, illustriamo le spiegazioni neurologiche dell’alimentazione compulsiva e, in particolare , della scelta di mangiare frequentemente cibi ipercalorici in quantità eccessive rispetto al fabbisogno energetico. La conoscenza del rapporto cibo-mente e la competizione per il gusto dei clienti hanno portato le imprese industriali ad aggiungere elementi ai quali siamo geneticamente sensibili ( sale, zucchero, grasso ) in quantità eccessive per la salute. Proponiamo dunque di ricercare la “responsabilità” industriale nel sostenere l’epidemia di obesità non solo nell’offerta di prodotti ipercalorici, ma anche nell’aver : ! raggiunto un punto di equilibrio degli elementi gustativi ( bliss point ) che allontana la sensazione di sazietà ; ! facilitato l’accesso, la preparazione ed il consumo del cibo, offrendo prodotti ad alto contenuto di servizio per un consumo destrutturato, durante l’intera giornata ed in ogni luogo; ! offerto formati via via più grandi; ! orientato gli investimenti promozionali verso l’offerta di una quantità gratuita, il multibuy e la riduzione del prezzo per unità di misura delle grandi confezioni ( supersized pricing ). Se non vogliamo rinunciare all’economia di mercato, non è possibile risolvere il problema dell’obesità imponendo alle imprese industriali di ridurre per tutti i prodotti la quantità di sale, zucchero e grasso, a tutela della salute dei clienti. In un’economia di libero mercato , non ci si può aspettare infatti che le imprese siano empatiche verso i loro clienti e si preoccupino della loro salute se questo contrasta col loro posizionamento competitivo e col profitto che devono ricavare dalla vendita dei prodotti. Secondo il pensiero economico liberale, la missione dell’impresa industriale consiste infatti nell’offrire prodotti che riscuotono il massimo apprezzamento a clienti che sono disposti a pagarli ad un prezzo remunerativo. D’altra parte, la crescita di una domanda nutrizionale non rappresenta solo una minaccia , ma è anche un’opportunità che le imprese industriali possono cogliere. Si consideri per esempio che , secondo una ricerca globale realizzata da Nielsen nel 201418, la motivazione che gli acquirenti di snack hanno dichiarato all’intervistatore è stata la seguente : 76% to satisfy hunger or craving, 63% for nutrition, 64% to improve their mood. Sempre secondo Nielsen, le vendite globali nel periodo 2012-2014 hanno manifestato un tasso di crescita più elevato nelle categorie salutari; più precisamente: ! +5% Healthy ( water, dairy-based shakes, fruits, sport drinks, tea, vegetable, yogurt); ! -1% Semi-healty ( bread, cheese, cereal, granola bars, juice, popcorn, pretzels); ! +2% Indulgent ( carbonated soft drinks, chips, chocolate, cookies / biscuits). Approfondiamo pertanto l’evoluzione dell’orientamento industriale, che è passato dalla fase negazionista all’assunzione di impegni generici nei confronti del Governo fino allo sviluppo di prodotti light, free from e funzionali, oltre alla mono-porzionatura delle confezioni. Posto che la domanda di salute nell’alimentazione è in forte crescita, le imprese hanno interesse a soddisfare questo segmento di clientela per sostenere i loro profitti, più che per affermare una sorta di responsabilità sociale o per fronteggiare la minaccia di regolamentazioni draconiane . Nel quarto capitolo, affrontiamo il tema della comunicazione nutrizionale della ristorazione e dell’industria alimentare attraverso le etichette stampate sui menu e sulla confezione dei prodotti. Per quanto riguarda la ristorazione, ci limitiamo a dar conto degli scarsi risultati ottenuti fino ad ora con la comunicazione testuale. Nel caso invece dei prodotti dell’industria alimentare, esaminiamo il significato cognitivo ed emotivo dei diversi formati di etichette nutrizionali, vale a dire il formato testuale, a semaforo, a stelle e immagine. Le alternative in materia di comunicazione nutrizionale vengono esaminate alla luce delle motivazioni psicologiche e neurologiche dell’alimentazione. La decisione di mangiare non origina infatti più da una carenza di nutrienti che percepiamo come fame, ma dal contesto, dall’anticipazione del piacere del consumo che discende dalla vista e dal pensare al cibo, dalla varietà del cibo , dalla riduzione degli sforzi necessari per procurarci e preparare il cibo ed infine, ma non per importanza, dall’abitudine. La nostra preferenza per il cibo altamente calorico ha un origine genetica ed è rimasta anche quando l’ambiente è radicalmente cambiato passando dalla scarsità all’abbondanza di cibo , che ora è anche facilmente accessibile e poco costoso. L’approccio cognitivo al sovrappeso/obesità non è dunque sufficiente sia per il fatto che l’alimentazione è in gran parte governata dal sistema limbico sia per la presenza di un numero crescente di persone che non riescono ad esercitare un controllo consapevole sulla propria alimentazione. Comunicare le conseguenze negative per la salute di sovrappeso/obesità non sortisce dunque alcun effetto in quei soggetti che mancano di forza di volontà e/o manifestano problemi psicosomatici; il cibo rappresenta infatti spesso una semplice “via di fuga” per colmare un vuoto affettivo e gestire lo stress emotivo. Questa analisi ci porta dunque a formulare l’ipotesi che la comunicazione nutrizionale più efficace è quella che si rivolge al sistema limbico ed al cambiamento delle norme sociali. Si tratta in altre parole di aiutare le persone a sviluppare marcatori somatici con riferimento alle alternative ipercaloriche / ipocaloriche ed alle porzioni grandi / piccole , che dovrebbero essere percepite come cattive / buone senza che vi sia consapevolezza, vale a dire in maniera automatica . Per verificare questa ipotesi abbiamo realizzato un esperimento con la tecnica della risonanza magnetica funzionale . In questo esperimento confrontiamo la risposta cerebrale di 30 soggetti alla vista di prodotti ipercalorici e light di diversi brand. Posto che la comunicazione nutrizionale non riguarda solo l’etichetta sulla confezione, ma anche la confezione stessa ed i messaggi pubblicitari, differenziare la confezione e la pubblicità delle varianti ipocaloriche di una marca può essere opportuno dal momento che l’impresa si rivolge in questo caso agli obesi in dieta , vale a dire una popolazione interessata a individuare rapidamente i prodotti ipocalorici. Prima di osservare le diverse etichette nutrizionali, i soggetti hanno dunque visto le immagini del prodotto nella variante ipercalorica ed ipocalorica; queste immagini rappresentano un prime che rafforza l’impatto comunicazionale delle etichette 18 Nielsen Europe Insight, Confectionary : illustratitng the $46 billion opportunity, Consumer 12/12/2014 nutrizionali. Ritenendo poi che il passaggio dal prodotto regular al prodotto light sia accompagnato da un aumento della quantità consumata in quanto il freno cognitivo al consumo si riduce e, inoltre, le aspettative generate dalla mente cognitiva ritardano la comparsa della sensazione di sazietà, abbiamo realizzato un secondo esperimento di natura comportamentale. Abbiamo dunque chiesto ai soggetti di bere, dopo la risonanza, la Coca Cola nella variante regular / light/ zero che preferivano e nella quantità desiderata. Con questo esperimento comportamentale ci proponiamo di dimostrare che : ! Il controllo cognitivo sulla quantità assunta è maggiore per il prodotto regular, che viene dunque consumato in quantitativi relativamente inferiori al prodotto light; ! La sensazione di sazietà si sviluppa per quantità più elevate nel caso della variante light, che dunque viene consumata in quantitativi maggiori. I risultati dello studio di brain imaging e dello studio comportamentale forniscono indicazioni al Governo e alle imprese industriali sulla diversa efficacia delle quattro modalità di comunicazione nutrizionale. Nel quinto capitolo analizziamo il contributo del formato di prodotto allo sviluppo dell’obesità e, di seguito, esaminiamo la possibilità di utilizzo di questa leva nel controllo del fenomeno. Il generale riconoscimento dell’associazione tra grande formato e aumento della quantità ingerita è particolarmente rilevante perché il fenomeno non interessa tutti gli alimenti, ma riguarda in particolare il cibo che ha subito un processo di trasformazione industriale che lo ha reso ad alta densità energetica ed il cibo consumato fuori casa in ristoranti fast food. Gli studi fino ad ora condotti convergono nel ritenere che la sensazione di sazietà dipende anche dalla percezione cognitiva legata alla dimensione della confezione , oltre che dai segnali interni dell’organismo . Questo significa che la sensazione di sazietà si sviluppa per quantità maggiori negli individui, in prevalenza persone in sovrappeso e obesi, che si alimentano prelevando il cibo da confezioni grandi rispetto agli individui che prelevano il cibo da confezioni piccole. L’analisi dei possibili interventi correttivi del trend di aumento dei formati e delle porzioni viene centrata sulle motivazioni che hanno indotto le imprese industriali e ristorative ad ampliare il loro portafoglio prodotti con queste alternative. Se da un lato la competizione di prezzo è spesso orientata all’aumento delle quantità acquistate ( aggiunta di prodotto gratis, promozione multibuy, supersized pricing), dall’altro, è stato dimostrato che l’aumento dello stock domestico si traduce in un aumento del consumo. Se poi si considera che la promozione di prezzo interessa maggiormente il cibo ipercalorico in quanto trasformato industrialmente, le implicazioni della promozione di prezzo nello spingere ad un eccesso di alimentazione sono ancora più evidenti. Nonostante l’origine industriale del fenomeno, in un’economia di libero mercato non è possibile immaginare interventi regolatori che proibiscono i grandi formati, la promozione di quantità ed il supersized pricing. Considerata l’importanza del formato nel sostenere l’epidemia di obesità, sorprende tuttavia che la discussione accademica non abbia ancora proposto soluzioni adeguate e , soprattutto, verificato sperimentalmente la diversa efficacia delle soluzioni possibili. Concludiamo dunque il quinto capitolo con alcune riflessioni sulle soluzioni possibili e con una verifica sperimentale realizzata con l’affective computing. Fra le soluzioni possibili, sconsigliamo lo sviluppo di miniformati e proponiamo la suddivisione delle grandi confezioni in monoporzioni. Suggeriamo poi all’operatore pubblico di informare il consumatore con strumenti che impattano sia sulla mente cognitiva che sulla mente emotiva ( priming ) . Per testare l’efficacia di una comunicazione nutrizionale imposta dal Governo alle imprese che promuovono la vendita dei loro prodotti offrendo una quantità aggiuntiva gratuita ovvero grandi confezioni a prezzi unitari ribassati ( Supersized Pricing ), abbiamo realizzato un esperimento di verifica della risposta emotiva di un panel di studenti alla vista di messaggi che segnalano : ! il rapporto tra la porzione consigliata per occasione di consumo e la quantità contenuta nella maxiconfezione; ! la percentuale di sconto e la percentuale di calorie aggiunte , nel caso di promozione realizzata con l’offerta di una quantità gratuita; ! la percentuale di sconto e la percentuale di calorie aggiunte nel caso di una maxi confezione offerta a un prezzo unitario ribassato. Nel sesto capitolo, affrontiamo il tema della comunicazione nutrizionale delle insegne della grande distribuzione alimentare. Riteniamo che , agendo sull’acquisto, con soluzioni che aiutano le persone a non comprare o a ridurre l’acquisto di cibi ipercalorici, il contributo alla lotta contro l’obesità potrebbe essere significativo. Naturalmente, i soggetti obesi devono sforzarsi cognitivamente e porsi l’obiettivo di ridurre il loro peso. Non si può infatti aiutare chi non vuole essere aiutato. In questo capitolo analizziamo dunque innanzitutto la responsabilità delle insegne nello sviluppo dell’epidemia dell’obesità, con particolare riferimento : ! all’estensione degli assortimenti, in quanto la vista della varietà di cibo alimenta il nostro desiderio di acquisto e la propensione a mangiare più del necessario dal momento che la sensazione di sazietà si sviluppa in ritardo se cambiamo cibi; ! alla promozione delle vendite, in quanto la riduzione temporanea del prezzo sostiene il nostro desiderio di sperimentare diversi gusti e ci porta all’acquisto di maggiori quantità. Per resistere alla tentazione della varietà dell’assortimento, suggeriamo ai consumatori di raffreddare la mente emotiva scegliendo formati di punto vendita con assortimenti poco estesi, oppure, di evitare gli acquisti d’impulso facendo la spesa dopo aver mangiato e utilizzando una lista della spesa per limitare la propria discrezionalità emotiva. Analizziamo poi le diverse leve che la Distribuzione alimentare può manovrare per aiutare gli acquirenti che si pongono obiettivi di controllo ponderale, con particolare riferimento : ! all’estensione del branding distributivo ai prodotti light, free-from e funzionali, che beneficiano della trasversalità della marca commerciale oltre che di un effetto àncora; ! alla comunicazione on line e on pack , per i prodotti a marca commerciale , al fine di favorire acquisti consapevoli sul piano nutrizionale; ! al merchandising , per aumentare la visibilità e l’accessibilità dei prodotti più corretti sul piano nutrizionale, oltre che per stimolare il rammarico in caso di scelte ipercaloriche; ! alla facilitazione della selezione delle alternative ipocaloriche, aiutando i consumatori obesi che hanno scelto di fare una dieta con un’APP nutrizionale; ! al sostegno delle vendite attraverso la promozione della salute. Il sesto capitolo si conclude con la presentazione dei risultati di un esperimento in cui abbiamo esaminato le reazioni cerebrali delle mamme alla vista della merendina COOP anti obesità rispetto alla vista delle merendine Barilla e Ferrero; per questo studio abbiamo utilizzato la tecnologia dell’ affective computing . Nel settimo capitolo, abbiamo analizzato prima il contributo dei social media nel generare il fenomeno dell’obesità e poi il possibile utilizzo della connessione sociale nella perdita di peso. Partiamo dall’assunto che l’obesità, così come la perdita di peso, possono essere contagiose per effetto della nostra propensione all’imitazione. I social network possono dunque contribuire allo sviluppo dell’obesità non solo stimolando l’imitazione nel comportamento dei soggetti che appartengono al gruppo, ma anche dissociando l’immagine corporea di ciascuno dallo standard clinico . La connessione tra individui riduce l’importanza delle informazioni rispetto alle “rappresentazioni sociali” ; l’informazione che utilizziamo nei nostri processi decisionali è infatti sempre più filtrata dal contesto di relazioni sociali in cui il soggetto è inserito. La scelta del cibo, come molte altre scelte che non hanno una valenza meramente funzionale , contribuisce allo sviluppo della nostra identità. Lo sviluppo delle relazioni on line non è dunque esteso, ma concentrato ; comunichiamo ed interagiamo solo con le persone che hanno idee, obiettivi e identità, simili alle nostre. Questo vale per le persone che fanno scelte alimentari estreme come i Vegani e le persone che più semplicemente decidono di socializzare la perdita di peso interagendo on line; in entrambe i casi, le preferenze e le scelte sono influenzate dal gruppo e dall’identità che ad esso associamo. Per quanto riguarda la parte sperimentale del settimo capitolo, abbiamo verificato l’ipotesi che le persone possano essere aiutate a realizzare i loro propositi di perdita di peso esternalizzando il controllo ed incentivando il risultato. E’ infatti ormai acquisito che la formazione di gruppi di persone che condividono l’obiettivo della perdita di peso e la responsabilità del controllo reciproco può aumentare in maniera rilevante i risultati ottenibili dai singoli individui19. In particolare, nel caso della perdita di peso di individui obesi, abbiamo verificato l’ipotesi che le persone possano essere aiutate a realizzare i loro propositi esternalizzando il controllo ed incentivando il risultato. Abbiamo a tal scopo creato una comunità virtuale, ovvero una rete sociale centrata sulla promozione della salute. Fattori psicologici come l’avversione alla perdita e la propensione al gioco possono essere infatti potenziati dalla tecnologia per rendere il miglioramento della salute più semplice, più divertente e più gratificante. Le applicazioni digitali (apps per mobile, come MyFitnessPal o Runtastic) offrono la possibilità di un contatto permanente coi partecipanti, che possono dunque ricevere apprezzamenti in tempo reale per il loro comportamento salutare, ottenendo anche l’endorsement della rete sociale online. Per esempio, quando il partecipante comunica di aver mangiato a pranzo frutta e verdura, ovvero di aver corso o fatto un giro in bicicletta, e ne condivide la foto tramite Facebook sul Gruppo e/o sulla Pagina riceverà immediatamente un feedback di apprezzamento e l’accreditamento di punti che serviranno per calcolare la performance della squadra di appartenenza. Inoltre, questi comportamenti virtuosi del singolo saranno evidenziati agli altri membri del gruppo che, quindi, potranno così rinforzare le loro motivazioni e la loro propensione all’imitazione. Questi rinforzi positivi offerti come feedback di comportamenti salutari rappresentano un contrappeso della rinuncia alle gratificazioni immediate derivanti dall’assunzione di cibo ipercalorico e da attività sedentarie. Ai feedback dell’Amministratore si aggiungeranno le motivazioni e il supporto generati dalla relazione tra membri del gruppo. I partecipanti potranno infatti condividere le loro esperienze, creando così una comunità aperta e trasparente focalizzata sulla promozione di una cultura della salute sul posto di lavoro. Nell’ottavo capitolo abbiamo esaminato il ruolo di controllo delle principali organizzazioni consumeristiche nei confronti delle politiche governative e delle politiche industriali. In particolare, abbiamo esaminato l’attività delle organizzazioni che hanno scelto di contrastare l’epidemia di obesità informando i consumatori ed esercitando funzioni di controllo sul comportamento e sulla comunicazione delle imprese. Nel nono ed ultimo capitolo utilizziamo la conoscenza prodotta nei capitoli precedenti per suggerire alcune soluzioni cognitive di potenziamento della nostra capacità di rinunziare a gratificazioni immediate per ottenere benefici in futuro. L’autocontrollo non è infatti frutto solo dell’eredità genetica, ma può essere appreso e migliorato attraverso specifiche strategie cognitive ; ciò che può essere di grande rilevanza non solo per l’educazione dei bambini , ma anche per il cambiamento di condotta degli adulti in svariati campi e, in particolare, nella gestione della sovralimentazione . Gli obesi che scelgono di dimagrire possono apprendere l’auto-controllo 19 Tricia M. Leahey, Rajiv Kumar, Brad M. Weinberg and Rena R. Wing, ( 2012). Teammates and Social th Influence Affect Weight Loss Outcomes in a Team-Based Weight Loss Competition, Obesity, 6 September adottando routine che consentono di mantenere in equilibrio mente cognitiva e mente emotiva . Si tratta infatti di resistere alla tentazione di mangiare frequentemente cibi ipercalorici in quantità eccessive sviluppando capacità inibitorie riconducibili alla corteccia prefrontale ( PFC) e alla corteccia dorsolaterale prefrontale ( dlPFC). Gli individui che esercitano un controllo cognitivo sulla loro alimentazione scelgono infatti il cibo anteponendo obiettivi salutistici alla gratificazione immediata. Di fatto , il controllo cognitivo del desiderio di cibi ipercalorici agisce sul circuito della ricompensa inibendo ex ante la sua attivazione. Gianpiero Lugli Università di Parma, Dipartimento di Economia