Segreto Professionale
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Segreto Professionale
Il diritto alla riservatezza, al rispetto della vita privata e della confidenzialità della persona assistita rappresentano diritti inviolabili. Da questo principio deriva, per tutti gli operatori sanitari, il dovere di garantire (o tutelare) tali diritti attraverso il mantenimento e la protezione del segreto professionale Il segreto professionale è l’obbligo a non rivelare le informazioni apprese all’interno del rapporto fiduciario. Il segreto riguarda ogni notizia che non deve essere divulgata e che una persona vuole sottrarre alla conoscenza di altre persone concerne un fatto o una cosa attinente alla sfera intima del soggetto: corpo, onore, famiglia, credo religioso, opinioni politiche etcc Distinzione tra segreto professionale, con il quale s'intende un segreto appreso per ragione e a causa dell'esercizio di una attività professionale che differisce dal cosiddetto segreto naturale con il quale, invece, s'intende qualunque notizia che viene appresa a ragione del proprio stato di amico, di confidente, etc., al di fuori cioè di qualsiasi rapporto professionale. Viene definito, segreto professionale ogni notizia che sia relativa alla sfera intima e privata (notizie di ordine fisico, psichico, familiare, sentimentale, emotivo, etc.) dell'assistito e che quest'ultimo ha interesse a che non venga rivelato e della quale il professionista sia venuto a conoscenza in quanto tale, cioè in quanto professionista. Fondamenti del segreto professionale Etico legato al rispetto della persona; Deontologico; Giuridico sancito dall’art. 622 del c.p. dalla Legge 675/96 sulla Privacy e dal D.lgs 196/03. FONDAMENTO ETICO: è uno dei cardini del giuramento ippocratico legato alla posizione del malato che costretto a ricorrere all’opera del medico è nella necessità di rendere noti fatti propri sui quali avrebbe preferito tacere IL GIURAMENTO DI IPPOCRATE …di tutto ciò che vedrò o intenderò nella vita comune, durante l’esercizio della mia professione o anche al di fuori di esso, tacerò quanto non è necessario sia reso noto, considerando in simili casi la discrezione come un dovere … FONDAMENTO DEONTOLOGICO sancito come norma di comportamento professionale nel codice deontologico con un forte richiamo ad un obbligo di riservatezza CODICE DEONTOLOGIA degli infermieri FONDAMENTO GIURIDICO Art. 622 C.P. - Rivelazione di segreto professionale “Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento, con la reclusione fino ad un anno o con la multa da lire 60.000 a lire 1.000.000. Il delitto è punibile a querela della persona offesa”. reclusione da sei mesi a tre anni”. La rivelazione del segreto professionale viene, infatti definito come delitto contro la persona e punibile con la reclusione fino ad un anno o con la multa da lire 60.000 a lire un milione. Il fatto costitutivo del delitto consiste nella rivelazione "senza giusta causa" del segreto professionale ovvero nel suo impiego al proprio o altrui profitto La violazione deve avvenire con coscienza e volontà occorre, la dimostrazione del dolo (l'intenzione di rivelare il segreto). Il delitto trattato, è definito reato di pericolo e non di danno Rivelare, quindi, significa comportarsi in modo tale che, senza giusta causa, una o più persone non vincolate dal segreto, siano messe a conoscenza del segreto; in realtà, la rivelazione del segreto professionale è legittima solo se sussiste una giusta causa. LE GIUSTE CAUSE DI RIVELAZIONE SONO DISTINTE IN IMPERATIVE sono quelle che impongono la rivelazione del segreto professionale solo ed esclusivamente nei casi previsti PERMISSIVE quelle che permettono o consentono, ma non obbligano, la rivelazione del segreto GIUSTE CAUSE IMPERATIVE di rivelazione del segreto professionale: le denunce sanitarie obbligatorie con le quali si vuole perseguire finalità di ordine clinico, statistico e preventivo. Vengono presentate all'Autorità sanitaria; i certificati obbligatori che rappresentano attestazioni di un fatto di natura tecnica destinati a provare la verità in ordine ad un evento di natura biologico-clinica e che si rilascia al richiedente, nel suo stesso interesse; il referto, denuncia giudiziaria (ex rapporto) la perizia e la consulenza tecnica; l'ispezione corporale ordinata dal giudice; CAUSE PERMISSIVE il consenso dell'avente diritto; poiché il rispetto del segreto è un diritto personale dell'assistito, il consenso di quest'ultimo è una giusta causa permissiva il consenso deve essere informato, esplicito, autentico e libero Da ciò si deduce che l'assistito consente alla rivelazione solo per quei segreti di cui egli stesso ha consapevolezza, mentre il consenso non è chiaramente valido per ciò che egli ignora Tra le giuste cause permissive vanno inserite tutte quelle cosiddette scriminative cioè che escludono la punibilità della rivelazione del segreto quali: caso fortuito o forza maggiore (art. 45 c.p.) dal momento che per la realizzazione del delitto occorre il dolo, mancando invece l'intenzione dell'agente di rivelare il segreto, manca una delle condizioni obiettive di punibilità; errore determinato dall'altrui inganno (art. 48 c.p.); stato di necessità (art. 54 c.p.) “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato né altrimenti evitabile sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo” legittima difesa (art. 52 c.p.) “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta sempre che la difesa sia proporzionale all'offesa”, il diritto che si difende deve essere più importante rispetto alle conseguenze della violazione del segreto ad esempio la difesa del diritto alla vita, alla incolumità fisica, alla salute ed alla onorabilità professionale costringimento fisico (art. 46 c.p.) in questo caso risponde della rivelazione l'autore della violenza; la legge riconosce il diritto di astenersi, ma non l'obbligo, dal testimoniare su fatti di cui il sanitario è venuto a conoscenza per ragione ed a causa dell'esercizio professionale. (art.200 del c.p.p.) Tale tutela incontra dei limiti: lo stesso art. 200 c.p.p specifica che se il giudice ha motivo di dubitare che le dichiarazioni rese da tali persone per esimersi dal deporre sia infondata, ordina che il testimone deponga La facoltà di testimoniare, riconosciuta dalla norma giuridica, non implica necessariamente il dovere o l'obbligo di astenersi, ma significa che il sanitario può anche rendere spontaneamente la sua testimonianza, in questo caso deve, tuttavia, nel caso trattasi di un medico, tenere in considerazione la norma deontologica contenuta nell'art.13 del Codice Deontologico Medico, la quale è tassativa e perentoria nel vietare al medico di rendere qualsiasi testimonianza su ciò che egli ha appreso nell'esercizio ed a causa della sua attività professionale SEGRETO PROFESSIONALE E ORDINAMENTO GIURIDICO Art. 326 C.P. - Rivelazione ed utilizzazione di segreto d’ufficio “Il pubblico ufficiale e la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbono rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni. Se l’agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a 1 anno. Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico, che, per procurare a se o ad altri un indebito materiale, si avvale illegittimamente di notizie d’ufficio, le quali debbono rimanere segrete, è punito con la reclusione da 2 a 5 anni TRASMISSIONE DEL SEGRETO PROFESSIONALE La trasmissione del segreto è rappresentata dalla rivelazione a persone egualmente tenute al segreto, resa necessaria da circostanze inerenti lo stesso interessato o dovute a finalità sociali (trasmissione ad altri professionisti, pubblicazione di un caso a fine scientifico, etc.). LA LEGGE SULLA PRIVACY La custodia del "segreto professionale", già disciplinata in duplice veste, penale e deontologica, viene rafforzata da recenti disposizioni legislative LEGGE 675/96 sulla Privacy e dal D.lgs 196/03 CODICE IN MATERIA DI PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI D. Lgs 30.6.2003 n. 196 (Legge delega n. 127/2001) Art. 1 Diritto alla protezione dei dati personali 1. Chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano. IN BASE ALLA LEGGE SULLA PRIVACY I DATI PERSONALI POSSONO ESSERE SUDDIVISI IN (art.4) DATI ANONIMI DATI IDENTIFICATIVI DATI SENSIBILI (VI RIENTRANO I DATI GENETICI) DATI GIUDIZIARI DATO PERSONALE “qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente o associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione” DATO IDENTIFICATIVO “dati personali che permettono l’identificazione diretta dell’interessato” DATI SENSIBILI “dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale DATI GIUDIZIARI “dati personali idonei a rivelare provvedimenti di cui al DPR 14.11.02n.313, in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, o la qualità di imputato o di indagato ai sensi degli artt. 60-61 c.p.p.” DATI ANONIMI il dato che in origine, o a seguito di trattamento non può essere associato ad un interessato identificato o identificabile Art. 4 (Definizioni) 1. Ai fini del presente codice si intende per: "trattamento", qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuati anche senza l'ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la conservazione, la consultazione, l'elaborazione, la modificazione, la selezione, l'estrazione, il raffronto, l'utilizzo, l'interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati, anche se non registrati in una banca di dati..; LA CONSULTAZIONE RIGUARDA TERZE PERSONE CHE DEVONO PERO’ ESSERE INCARICATE DEL TRATTAMENTO DEI DATI COME REGOLA GENERALE I DATI DEVONO ESSERE TRATTATI (art.11) IN MODO LECITO E SECONDO CORRETTEZZA RACCOLTI E REGISTRATI PER SCOPI DETERMINATI, ESPLICITI E LEGITTIMI ESATTI E SE NECESSARIO AGGIORNATI PERTINENTI, COMPLETI E NON ECCEDENTI RISPETTO ALLE FINALITA’ PER LE QUALI SONO STATI RACCOLTI O SUCCESSIVAMENTE TRATTATI CONSERVATI IN FORMA CHE L’IDENTIFICAZIONE DELL’INTERESSATO CONSENTA Art. 76 Esercenti professioni sanitarie e organismi sanitari pubblici 1. Gli esercenti le professioni sanitarie e gli organismi sanitari pubblici, anche nell’ambito di un’attività di rilevante interesse pubblico ai sensi dell’articolo 85, trattano i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute: a) con il consenso dell’interessato e anche senza l’autorizzazione del Garante, se il trattamento riguarda dati e operazioni indispensabili per perseguire una finalità di tutela della salute o dell'incolumità fisica dell'interessato; b) anche senza il consenso dell’interessato e previa autorizzazione del Garante, se la finalità di cui alla lettera a) riguarda un terzo o la collettività. 2. Nei casi di cui al comma 1 il consenso può essere prestato con le modalità semplificate di cui al capo II. 3. Nei casi di cui al comma 1 l'autorizzazione del Garante è rilasciata, salvi i casi di particolare urgenza, sentito il Consiglio superiore di sanità.