Arduino Salatin - Ciofs-Fp
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Arduino Salatin - Ciofs-Fp
CIOFS – Seminario Europa Firenze, venerdì 9 settembre 2016 Tavola rotonda: Sperimentazione duale stato dell’arte e prospettive. Posizioni a confronto. Coordina: Arduino Salatin (IUSVE) La sperimentazione del duale La sperimentazione dei percorsi professionalizzanti nel nostro Paese ha seguito finora nei contesti scolastici la strada dell’alternanza scuola-lavoro (alternanza “formativa”), vale a dire l’inclusione nel curricolo di moduli in cui gli allievi potessero svolgere esperienze reali in azienda. Questa prospettiva è stata assunta dalla legge di riforma scolastica n.107/2015 (la cosiddetta “buona scuola”) come curriculare obbligatoria per tutti gli studenti del secondo ciclo di istruzione (licei, istituti tecnici e professionali). A seguito del Decreto Legislativo n.81/2015 e degli accordi intervenuti in sede di conferenza Stato-Regioni tra il Ministero del lavoro e le stesse regioni, è stata lanciata – parallelamente a quanto avviene nella scuola - la sperimentazione della “via italiana al sistema duale”, ispirata al modello tedesco e riservata al sistema della IeFP (istruzione e formazione professionale). Tale dispositivo prevede dei percorsi sia di “alternanza rafforzata” che di impresa simulata e di apprendistato di primo livello. La sperimentazione, il cui target previsto è di 60.000 giovani, può contare su risorse pari a 87 milioni di euro annui (per il biennio 2015-2016), aggiuntive rispetto ai 189 milioni già previsti per la IeFP, ripartiti tra le Regioni e le Province Autonome. La sperimentazione, affidata per una parte significativa all’assistenza tecnica di Italia Lavoro, ha visto una massiccia partecipazione degli enti di formazione professionale aderenti alla Confap e a Forma I percorsi duali tuttavia presentano un carattere per lo più inedito per la realtà italiana, in quanto richiedono scelte progettuali e organizzative non scontate nella nostra tradizione. Tale carattere consiste nel concepire l’ambito dell’impresa e del lavoro come un bacino culturale, umano ed esperienziale ricco di opportunità e di significati educativi nei quali disegnare percorsi in grado di formare sia le competenze richieste dalle professionalità di riferimento di determinate filiere e/o settori del mercato del lavoro, sia la persona ed il cittadino nella sua globalità. Ciò comporta - tra l’altro - che la regia dell’esperienza formativa non sia più esclusivamente a carico del Cfp, ma debba essere cogestita tra questo e le imprese partner. Per questo si apre una sfida che è prima di tutto culturale e che investe l’identità della formazione professionale e l’organizzazione dei Centri di formazione professionale. La partecipazione degli Enti di FP alla sperimentazione e l’idea di una “rete nazionale” per una nuova IeFP A seguito dell’emanazione dei bandi da parte del Ministero per avviare la sperimentazione sul piano operativo, alcuni Enti aderenti a Cpnfap e poi la Confap nel suo complesso (raccogliendo anche la disponibilità di Forma) hanno assunto l’iniziativa di proporre un proprio progetto1 in grado di raccogliere tali sfide, come avvenuto a suo tempo nel 2003 – anche se in una stagione del tutto diversa - con l’avvio della sperimentazione dei percorsi triennali di qualifica nella IeFP.Tale progetto si caratterizza come una ricerca-azione avente come obiettivo quello di creare una rete nazionale di Centri di formazione2 in grado di rispondere alla nuova domanda proveniente dai giovani e dal mondo del lavoro, promuovendo innovazione a livello formativo ed organizzativo. 1 Cfr. Nicoli D., Progetto Fenice. Un network nazionale di Scuole per il lavoro, in “Rassegna Cnos”, 2 (2016), pp. 81-91 L’idea di una rete nazionale di “scuole professionali” è presente anche nella riforma dell’istruzione professionale statale che sta prendendo corpo nella delega del Governo in materia, prevista dalla L.107/2015. 2 1 Ciò impone anche una riflessione sul campo identitario della FP rappresentata dagli Enti e sul loro ruolo nell’incidere sul paradigma culturale e sui possibili modelli distintivi atti a tradurre il nuovo rapporto tra educazione e lavoro. Agli Enti si richiede quindi di fare un altro salto di qualità, assumendo dei rischi in un campo del tutto aperto; la ricerca azione diventa così il modo di ricercare insieme, imparare insieme, agendo sul modello pedagogico per agire sul modello organizzativo dei Cfp (che appare in parte obsoleto). Le condizioni per la costruzione e sviluppo di una rete nazionale efficace Educare una persona al lavoro richiede il concorso delle forze buone della società, è un atto generativo dal grande valore etico e sociale. Il “campo” della formazione duale appare segnato però da una grande complessità; contribuiscono a renderlo tale diversi fattori: le caratteristiche personali degli allievi, i contratti con cui sono ingaggiati gli allievi, i dispositivi regionali, i territori ed i partner, il modello metodologico e organizzativo dei Cfp. Il successo di questo compito formativo richiede dunque che l’organismo formativo possegga una reputazione tale da giustificare la fiducia delle imprese, degli allievi e delle loro famiglie. I Centri di formazione professionale posseggono effettivamente questa reputazione e ciò è confermato da molti studi recenti, a partire dai rapporti periodici dell’ISFOL in materia di IeFP. Il “capitale reputazionale” di cui godono i Cfp e le reti di imprese con cui operano positivamente, rappresenta la principale risorsa per il successo della formazione duale. Esso consente di disegnare reti di relazioni tra centri di formazione professionale ed imprese fondate sulla fiducia, esito di una familiarità positiva costruita nel corso degli anni, fondata sulla fiducia nei confronti dei giovani, visti con gli occhi di una fede speciale in grado di cogliere ciò che possono diventare in quanto persone libere, autonome e responsabili, dotate di entusiasmo e di amore della vita. Nelle diverse stagioni dello sviluppo economico, nei differenti contesti territoriali e con tipologie di utenti molto variegate, il sistema degli Enti di formazione professionale di ispirazione cattolica ha infatti mostrato di saper svolgere opere ispirate all’ educazione al lavoro, non meri percorsi di addestramento, ma vere e proprie occasioni di maturazione personale, civica e professionale dei propri allievi. Il successo occupazionale di queste opere ha contribuito allo sviluppo dei territori: molti ex allievi sono diventati tecnici apprezzati, imprenditori e professionisti nei vari ambiti dell’economia e della società. Questa ricca iniziativa dal basso potrebbe però essere limitata dalla frammentazione delle iniziative, svolgendo una funzione di mero “assecondamento” della molteplice varietà del reale. Per questo il progetto degli Enti prevede le seguenti azioni chiave: - elaborare un modello formativo unitario, di alto profilo, imperniato su un cammino tri-quadriennale e nel contempo flessibile3, che comprende sia l’alternanza “lunga” sia l’apprendistato, con un primo anno anche di “intrapresa formativa (simulata)”, al cui centro vi è la persona dell’allievo e la sua capacità di assumere l’iniziativa (e le conseguenti decisioni) a fronte delle opportunità che gli vengono proposte dall’intesa tra organismo formativo ed impresa; - l’elaborazione di “Linee Guida” di settore e di figure professionali, metodologicamente fondate e corredate da tool applicativi concepiti in base ai criteri di fondo indicati, con il supporto di “imprese madrine”, intese come partner significativi e rappresentativi dei rispettivi comparti, e particolarmente disponibili a co-progettare in senso verticale “prototipi formativi” per settori e figure professionale intese, imperniati su “compiti di realtà” situati nel contesto di riferimento e immeditatamente applicabile sul piano didattico; - la condivisione e validazione sul campo di tali Linee guida, funzionali a diventare un reale punto di riferimento culturale e metodologico per tutta l’offerta di IeFP. Le Linee Guida abbozzano infatti un modello che dovrà però essere definito (e valutato) sulla base delle esperienze messe in campo; sono quindi le esperienze che generano il modello. Le “esperienze” sono a loro volta alla ricerca di soluzioni: 3 Il modello è strutturato ed insieme flessibile, così da includere stimoli e proposte provenienti dalle relazioni e d esperienze formative “sul campo”. 2 condividendole tra CFP ed Enti si può creare un format realmente distintivo (e generativo) a livello nazionale; - il superamento di un modello organizzativo funzionale del CFP, in forza del quale i diversi comparti (IeFP, servizi al lavoro, orientamento, formazione continua…) risultano spesso separati, per passare invece ad un modello a matrice in cui ogni area di competenza di cui l’organizzazione si avvale è al servizio dei progetti di intervento, secondo uno stile collaborativo centrato sulla valorizzazione delle risorse-persona nella collaborazione tra Cfp ed imprese presenti sul territorio; - l’arricchimento della figura dei formatori verso una sorta di “formatore plus” in grado di combinare competenze e stili formativi di presidio multiplo (docenza, laboratorio, orientamento, accompagnamento individuale, …), - la definizione ed implementazione di un dispositivo di monitoraggio e valutazione in grado di restituire e interpretare i progressi, le difficoltà, le risultanze, le dinamiche della “realtà viva” rappresentata dai processi di ricerca e di sperimentazione, - una campagna nazionale di comunicazione. Sul piano operativo il progetto prevede l’assunzione di una logica “a cascata” attivando una dinamica di rete intorno a “centri pilota” in grado di far proprio e irradiare il cambiamento e l’innovazione, con una speciale attenzione al Mezzogiorno d’Italia. Questi Cfp pilota possono essere sia Cfp “eccellenti”, ma anche “normali” per capire cosa funziona e cosa no nei contesti “ordinari” a livello territoriale. Inoltre devono essere individuati in tutte le regioni italiane, dando un segnale forte e concreto che si tratta di una rete nazionale. Si possono pensare delle geometrie diverse rispetto alla distribuzione geografica concreta, ma si è credibili sono se si rappresenta tutto l’Italia, pur nel rispetto e valorizzazione della diversità. Criteri orientativi e supporti operativi La formazione duale, per essere efficace, deve riferirsi ai “prototipi formativi” elaborati a seguito della ricerca azione con le “aziende madrine” e/o con le “imprese pedagogiche”. Ciò richiede tre qualità: apertura, integrazione, fluidità organizzativa. Per realizzare un presidio in grado di svolgere tale compito, serve ridefinire anzitutto il modello pedagogico ed organizzativo usuale del Cfp, superando la frammentazione attuale e la divisione tra ambiti (es.. formazione e servizi per il lavoro). Il progetto prevede a tale scopo di adottare un modello di “iniziazione professionale” rappresentabile secondo lo schema seguente. 3 Inoltre esso propone di puntare su tre figure chiave che agiscono come “educatori al e nel lavoro”: a) Il Referente delle relazioni con le imprese: questa figura, solitamente collocata entro l’ambito dei servizi per il lavoro, va mobilitata secondo tre linee di compiti: l’attivazione delle relazioni con le imprese, sapendo individuare quelle che presentano le condizioni più “formative” e instaurando con esse una relazione centrata sulla “creazione di valore” tramite la formazione di risorse umane di qualità; la definizione delle condizioni giuridiche, amministrative ed organizzative per una formazione duale, fornendo il massimo di collaborazione al fine di snellire le incombenze procedurali a carico delle imprese; fare da tramite, e da supervisore, per i rapporti tra le imprese ed il personale del Cfp; b) il Tutor formativo: è la figura che presidia l’elaborazione e la realizzazione dei progetti formativi personalizzati, a partire dai seguenti compiti: la presentazione alle imprese partner del prototipo formativo e della rubrica di valutazione della figura professionale affinché l’impresa possa prenderne coscienza e individuare le attività in grado di gestire in proprio e quelle in collaborazione con il Cfp; l’elaborazione del piano delle attività Cfp – Impresa; la presentazione dell’allievo ed il supporto affinché egli elabori il proprio curricolo personale; c) Il Formatore plus: è una nuova figura che deve gestire globalmente l’attività formativa reale, svolgendo i seguenti compiti: declinare le competenze in compiti di realtà, individuando nel dialogo con il tutor aziendale le attività consone al perseguimento dei traguardi formativi; gestire il processo formativo a livello individuale e di gruppo, co-valutandolo con l’impresa; gestire un archivio dinamico delle progressioni individuali e delle pratiche didattiche, in condivisione con il personale del Centro, della rete sperimentale e delle imprese. Infine serve dotarsi di supporti digitali adeguati, a partire da una piattaforma informatica gestionale in grado di supportare i vari processi formativi e realizzativi4, compresa la valutazione dei prodotti e delle competenze acquisite. La partecipazione ai singoli moduli da parte degli allievi – una parte rilevante dei quali viene svolta direttamente in azienda – consente inoltre la gestione delle attestazioni delle competenze acquisite. Alcune questioni aperte Il progetto sopra sintetizzato evoca alcune questioni aperte connesse alla sperimentazione del duale; tali questioni potrebbero trovare un primo confronto in questa tavola rotonda a partire da alcuni punti, tra cui: - come intercettare la domanda reale del mondo del lavoro promuovendo una nuova “alleanza educativa” tra CFP ed imprese, nel nome del bene comune rappresentato dai giovani e dal loro potenziale, in termini sia umani che culturali e professionali, - come impostare una regia nazionale in grado di valorizzare il ruolo e l’apporto dei vari attori istituzionali e non, - come valorizzare le pratiche di iniziazione lavorativa dei giovani attuate dai CFP, dai vari operatori, dai servizi per il lavoro, dalle imprese, sollecitando le (necessarie) discontinuità, - come rendere la sperimentazione una vera occasione di innovazione del modello pedagogico ed organizzativo dei CFP e degli altri servizi coinvolti, superando derive di tipo burocratico o rendite di posizione verso una rete integrata funzionale all’utenza (e non alla propria sopravvivenza organizzativa), - come favorire dinamiche realmente partecipative nei giovani, promuovendone i talenti, la creatività e il protagonismo, - come valutare i risultati ottenuti e l’impatto sia a livello di apprendimento di competenze che di sistema. 4 Ad esempio si può prevedere: un gestionale del Cfp 4.0 (con una dotazione di tecnologie di una nuova generazione fondato su principi di “sharing” delle conoscenze; un gestionale dell’impresa simulata specifica (es: impresa elettrica); un gestionale delle attività formative (UdA) e dei progetti “capolavori”. 4