Congedo di maternità - FIADEL Roma e Lazio

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Congedo di maternità - FIADEL Roma e Lazio
 Congedo di maternità
Estensione del divieto, interruzione della gravidanza, flessibilità
del congedo di maternità, documentazione, trattamento
economico e normativo, mobilità, prolungamento del diritto alla
corresponsione del trattamento economico
E’ vietato adibire al lavoro le donne: durante i due mesi precedenti la
data presunta del parto, (salvo quanto previsto in caso di flessibilità del
congedo) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente
tra la data presunta e la data effettiva del parto; durante i tre mesi dopo
il parto, (salvo quanto previsto in caso di flessibilità del congedo),
durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora il parto
avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta, tali giorni sono
aggiunti al periodo di congedo di maternita’ dopo il parto.
In caso di parto prematuro il diritto al congedo obbligatorio di maternità
scatta dal ritorno a casa del neonato. Lo ha stabilito la Corte
Costituzionale con sentenza 7 aprile 2011, n. 116 dichiarando
illegittimo l’articolo 16 del T.U. “nella parte in cui non prevede,
nell’ipotesi di parto prematuro, qualora il neonato abbia necessità di un
periodo di ricovero ospedaliero, la possibilità per la madre lavoratrice di
usufruire del congedo obbligatorio o di parte di esso dalla data di
ingresso del bambino nella casa familiare”. In quanto la finalità
perseguita dall’istituto del congedo obbligatorio, è quella di tutelare la
salute della donna nel periodo successivo al parto, per consentirle di
recuperare le energie necessarie a riprendere il lavoro, ma permettendo
altresì, lo sviluppo del rapporto tra madre e figlio che si instaura proprio
in tale periodo (messaggio INPS 14448 del 13 luglio 2011).
Estensione del divieto
Il divieto e’ anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto quando le
lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all’avanzato stato di
gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli. Tali lavori sono
determinati con decreti del Ministro per il lavoro e la previdenza
sociale. Il servizio ispettivo del Ministero del lavoro puo’ disporre, sulla
base di accertamento medico, l’interdizione dal lavoro delle lavoratrici in
stato di gravidanza per i seguenti motivi: a) nel caso di gravi
complicanze della gravidanza o di preesistenti forme morbose che si
presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza; b) quando
le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla
salute della donna e del bambino; c) quando la lavoratrice non possa
essere spostata ad altre mansioni. In ogni caso il provvedimento dovra’
essere emanato entro sette giorni dalla ricezione dell’istanza della
lavoratrice.
Interruzione della gravidanza
L’interruzione della gravidanza, spontanea o volontaria, verificatasi
durante i primi 90 giorni di gravidanza e per aborto terapeutico e’
considerata a tutti gli effetti come malattia.
In tali casi trova applicazione la speciale tutela di cui all’art. 20 del
D.P.R. n. 1026/1976, pertanto le malattie determinate dalla gravidanza
non operano ai fini del superamento del periodo di comporto
(conservazione del posto) previsto da regolamenti o da contratti collettivi
. La certificazione dello stato di malattia può essere rilasciata dal medico
di base convenzionato, senza che sia necessario ricorrere ad uno
specialista del Servizio sanitario nazionale (ML interpello n. 32/2008).
Il D.lgs 119/2011 art. 2 ha apportato modifiche al congedo di maternità
nei casi di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza
successiva al 180° giorno dall’inizio della gestazione, nonche’ in caso di
decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternita’, le
lavoratrici hanno facolta’ di riprendere in qualunque momento l’attivita’
lavorativa, con un preavviso di dieci giorni al datore di lavoro, a
condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con
esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e
tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non
arrechi pregiudizio alla loro salute.».
Fino ad oggi in base alla previsione del D.P.R. n. 1026/1976 art. 12 era
considerato invece come parto, a tutti gli effetti, l’interruzione
spontanea, o terapeutica, della gravidanza avvenuta successivamente al
180º giorno dall’inizio della gestazione e quindi nei tre mesi successivi
operava il divieto di adibire le lavoratrici al lavoro.
Ai sensi dell’articolo 17 della legge 22 maggio 1978, n. 194, la pena
prevista per chiunque cagioni ad una donna, per colpa, l’interruzione
della gravidanza è punito con la reclusione da tre mesi a due anni. In
caso di parto prematuro la pena prevista dal comma precedente è
diminuita fino alla metà.
Nei casi previsti dal comma precedente, se il fatto è commesso con la
violazione delle norme poste a tutela del lavoro la pena è aumentata.
Flessibilita’ del congedo di maternita’ Ferma restando la durata
complessiva dell’astensione dal lavoro, le lavoratrici hanno la facoltà di
astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del
parto e nei quattro mesi successivi al parto, a condizione che il medico
specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il
medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei
luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla
salute della gestante e del nascituro. Il Ministero del lavoro con circ. n.
43/2000, ha stabilito i presupposti per l’applicabilità della norma.
Il periodo di flessibilità, che va da un minimo di un giorno ad un
massimo di un mese, può essere successivamente ridotto su istanza
della lavoratrice o per fatti sopravvenuti .
La lavoratrice che intende avvalersi dell’opzione deve presentare
apposita domanda al datore di lavoro e all’ente erogatore dell’indennità
di maternità, corredata della certificazione sanitaria acquisite nel corso
del settimo mese di gravidanza.
Le domande di flessibilità cui siano allegate certificazioni sanitarie con
data successiva alla fine del settimo mese sono, invece, integralmente
respinte e l’indebita permanenza al lavoro determina:
- per la lavoratrice, la perdita del diritto all’indennità per le relative
giornate e, in ogni caso, la non computabilità nel periodo "post partum"
delle giornate medesime, secondo quanto disposto dall’art. 22, D.P.R. n.
1026/1976;
- per il datore di lavoro che consente la prosecuzione dell’attività
lavorativa, la violazione di cui all’art. 16 T.U. e la conseguente
applicazione della sanzione di cui al successivo art. 18 (arresto fino a sei
mesi).
Documentazione
In merito alla documentazione richiesta, la lavoratrice è tenuta a due
adempimenti, da assolvere, prima e dopo il parto (art. 21 T.U.).
Prima dell’inizio del periodo di cui all’art. 16, comma 1, lett. a) T.U. (due
mesi prima della data presunta del parto), la lavoratrice deve
consegnare al datore di lavoro e all’INPS, il certificato medico indicante
la data presunta del parto. La data indicata nel certificato fa stato,
nonostante qualsiasi errore di previsione.
Successivamente al parto, la lavoratrice è tenuta a presentare, entro
trenta giorni, il certificato di nascita del figlio, o la dichiarazione
sostitutiva.
L’art. 14, D.P.R. n. 1026/1976, dispone che nel certificato medico di
gravidanza devono essere riportate:
a) le generalità della lavoratrice;
b) l’indicazione del datore di lavoro e della sede dove l’interessata presta
il proprio lavoro, delle mansioni alle quali è addetta;
c) il mese di gestazione alla data della visita;
d) la data presunta del parto.
Il certificato di gravidanza deve essere rilasciato in tre copie, due delle
quali devono essere prodotte a cura della lavoratrice rispettivamente al
datore di lavoro e all’Istituto assicuratore.
Al rilascio del certificato medico sono abilitati i medici del SSN si
considerano equivalenti ai certificati rilasciati dai medici del SSN quelli
redatti da medici convenzionati con il SSN, e quindi devono essere
accettati dall’INPS e dal datore di lavoro (INPS circ. n. 62/2010).
Il datore di lavoro è tenuto – ex art. 16, D.P.R. n. 1026/1976 – a
rilasciare alla lavoratrice la ricevuta dei certificati e di ogni altra
documentazione prodotta dalla lavoratrice stessa.
Trattamento economico e normativo
Le lavoratrici hanno diritto ad un’indennita’ giornaliera pari all’80 per
cento della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternita’
(salvo condizioni di miglior favore prevista dalla contrattazione
collettiva) L’indennita’ di maternità, viene anticipata dal datore di lavoro.
I periodi di congedo di maternita’ devono essere computati nell’anzianita’
di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima e
quattordicesima mensilita’ e alle ferie. Il congedo di maternità non è
computabile, ai sensi dell’art. 7, D.P.R. n. 1026/1976, ai fini della durata
del periodo di apprendistato.
Gli stessi periodi sono considerati, ai fini della progressione nella
carriera, come attivita’ lavorativa, quando i contratti collettivi non
richiedano a tale scopo particolari requisiti.
Le ferie e le assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice ad altro
titolo non possono essere godute contemporaneamente ai periodi di
congedo di maternita’.
Mobilità
I periodi di congedo di maternità non si computano ai fini del
raggiungimento dei limiti di permanenza nelle liste di mobilità di cui
all’art. 7, L. n. 223/1991, mentre sono utili ai fini del raggiungimento del
limite minimo di sei mesi di lavoro effettivamente prestato per poter
beneficiare dell’indennità di mobilità (art. 22, c. 4, T.U.).
Infine, non viene cancellata dalla lista di mobilità ai sensi dell’art. 9, L. n.
223/1991, la lavoratrice che, in periodo di congedo di maternità, rifiuta
l’offerta di lavoro, di impiego in opere o servizi di pubblica utilità, o
l’avviamento a corsi di formazione professionale.
Prolungamento del diritto alla corresponsione del trattamento
economico
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 17; decreto-legge 20 maggio
1993, n. 148, convertito dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, art. 6,
comma 3)
L’indennita’ di maternita’ e’ corrisposta anche nei casi di risoluzione del
rapporto per cessazione dell’attività dell’azienda a cui la lavoratrice è
addetta, di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è
stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del
termine; che si verifichino durante i periodi di congedo di maternita’ .
Le lavoratrici gestanti che si trovino, all’inizio del periodo di congedo di
maternita’, sospese, assenti dal lavoro senza retribuzione, ovvero,
disoccupate, sono ammesse al godimento dell’indennita’ giornaliera di
maternita’ purche’ tra l’inizio della sospensione, dell’assenza o della
disoccupazione e il congedo di maternità non siano decorsi piu’ di
sessanta giorni.
Ai fini del computo dei sessanta giorni, non si tiene conto delle assenze
dovute a malattia o ad infortunio sul lavoro, accertate e riconosciute
dagli enti gestori delle relative assicurazioni sociali, ne’ del periodo di
congedo parentale o di congedo per la malattia del figlio fruito per una
precedente maternita’, ne’ del periodo di assenza fruito per accudire
minori in affidamento, ne’ del periodo di mancata prestazione lavorativa
prevista dal contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale.
Qualora il congedo di maternita’ abbia inizio trascorsi sessanta giorni
dalla risoluzione del rapporto di lavoro e la lavoratrice si trovi, all’inizio
del periodo di congedo, disoccupata e in godimento dell’indennita’ di
disoccupazione, ha diritto all’indennita’ giornaliera di maternita’ anziche’
all’indennita’ ordinaria di disoccupazione.
La lavoratrice, che si trova nelle condizioni di cui al comma precedente,
ma che non e’ in godimento della indennita’ di disoccupazione perche’
nell’ultimo biennio ha effettuato lavorazioni alle dipendenze di terzi non
soggette all’obbligo dell’assicurazione contro la disoccupazione, ha diritto
all’indennita’ giornaliera di maternita’, purche’ al momento dell’inizio del
congedo di maternita’ non siano trascorsi piu’ di centottanta giorni dalla
data di risoluzione del rapporto e, nell’ultimo biennio che precede il
suddetto periodo, risultino a suo favore, nell’assicurazione obbligatoria
per le indennita’ di maternita’, ventisei contributi settimanali.
La lavoratrice che, nel caso di congedo di maternita’ iniziato dopo
sessanta giorni dalla data di sospensione dal lavoro, si trovi, all’inizio del
congedo stesso, sospesa e in godimento del trattamento di integrazione
salariale a carico della Cassa integrazione guadagni, ha diritto, in luogo
di tale trattamento, all’indennita’ giornaliera di maternita’.
Le stesse disposizioni si applicano anche ai casi di fruizione
dell’indennita’ di mobilita’ di cui all’articolo 7 della legge 23 luglio 1991,
n. 223.