Utilizzo dello iodio come immunomodulatore

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Utilizzo dello iodio come immunomodulatore
Progresso_Vet_dicembre_05
6-12-2005
17:18
Contributi
pratici
Davide Tassi
Osservazioni
sull’uso dello iodio
in farmacoterapia
veterinaria
Lo iodio è usato nella cura dei granulomi infettivi nel cavallo e nel bovino al dosaggio di
circa 60 mg/kg in unica somministrazione.
Nel cane e nel gatto si usa nella sporotricosi al dosaggio di 40 mg/kg ogni 8 ore nel cane e 20 mg/kg ogni 12 ore nel gatto fino a
trenta giorni dopo la guarigione.
Sembra quindi, anche ammettendo differenze legate alla specie, data l’enorme differenza di dosaggio, che l’azione terapeutica si verifichi nei due casi in maniera diversa, nel primo in modo indiretto, nel secondo
in modo diretto.
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Utilizzo dello iodio
come immunomodulatore
Lo iodio viene anche usato nell’ipertiroidismo nella fase preparatoria dell’intervento
chirurgico di tiroidectomia. La somministrazione di iodio inibisce l’attività della ghiandola rendendola anatomicamente più adatta
alla chirurgia. È rilevante che tale effetto si
mantiene per un breve periodo seguito da
un pronto ripristino dell’ipersecrezione.
È ipotizzabile che l’azione inibitoria si verifichi non solo a livello periferico (effetto WolffChaikoff), ma anche centrale inibendo la secrezione dell’ormone trh.
Tra le tante proprietà di questo neuromodulatore c’è quella di rilasciare un altro ormone
con effetto immunomodulatore: la prolattina.
Quindi somministrando ad intervalli definiti
precise quantità di iodio, potremmo ottenere
l’inibizione del trh con up-regulation dei recettori specifici ed una forte risposta neuroen575
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dondocrina quando lo iodio viene eliminato
dall’organismo.
Ottimizzando il meccanismo on–off si può ottenere la massima efficacia immunitaria.
Su queste basi è stato utilizzato lo iodio in
quei soggetti con malattie infettive resistenti
alle terapie tradizionali.
Lo schema terapeutico utilizzato prevede l’uso di una soluzione contenente 4 mg/ml di ioduro di sodio in acqua per preparazioni iniettabili, è stato somministrato 0,1 ml/capo sottocute ogni 10 giorni a gatti che non rispondevano più a nessuna terapia.
Il preparato non può essere conservato a
lungo poiché gli ioduri sono molecole poco
stabili, inoltre gli animali devono seguire una
dieta con un tenore di iodio relativamente
basso. Di seguito sono riportati gli aspetti salienti di alcuni tra i casi più significativi.
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Caso 1
Caso 2
Caso 4
Gatto maschio, castrato, 2 anni.
Il gatto veniva visitato per la frattura della tibia destra causata da un incidente, l’esame
clinico evidenziava una gengivite piuttosto
marcata (foto 1) ma nel complesso le condizioni generali erano buone.
L’intervento di osteosintesi, effettuato mediante l’uso di fissatori esterni, si era risolto
in maniera ottimale con il recupero della funzionalità dell’arto in tempi normali ma il pelo
sulla cute non ricresceva.
È interessante notare che erano presenti
solo alcuni ciuffi quando ormai le ferite chirurgiche erano completamente cicatrizzate
(foto 2). Dopo accertamenti si rilevava positività al test FIV e anemia di grado lieve.
Iniziata la terapia iodica dopo appena 20
giorni il pelo iniziava a ricrescere in maniera
omogenea (foto 3) e dopo 40 si risolveva sorprendentemente anche l’anemia.
Gatto maschio, castrato, 6 anni, FIV positivo. Il gatto soffriva di una grave stomatite
che veniva curata con antibiotici e cortisone
con scarsi risultati, era presente inoltre una
rinite mucopurulenta con abbondante essudato. Le condizioni generali erano molto critiche (foto 4).
Gatto maschio, castrato, 6 anni. Il gatto da
piccolo aveva contratto una grave polmonite
mucopurulenta che nel corso degli anni era
stata trattata con svariati antibiotici con miglioramenti superficiali e transitori.
Dopo tre mesi di terapia immunostimolante
si è completamente risolta la malattia.
1
Conclusioni
4
Associata la terapia di iodio c’è stato un lento ma progressivo recupero fino alla sospensione della terapia tradizionale (foto 5).
5
Caso 3
2
Gatto maschio, intero, 3 anni, FELV positivo.
Il gatto era affetto da una gravissima stomatite che gli impediva di alimentarsi nonostante gli venissero somministrati 40 mg a
settimana di metilprednisolone acetato.
Era presente linfoadenomegalia di tutti i linfonodi esplorabili e le condizioni generali
erano chiaramente pessime. Di nuovo la terapia a base di iodio è stata determinante
ed ha permesso il lento recupero.
3
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Sicuramente sono necessari ulteriori e più
approfonditi studi su questa nuova terapia
ma, in seguito all’osservazione dei casi citati
e numerosi altri, è già possibile affermare che
assumere precise quantità di iodio ad intervalli di tempo definiti determina, in molti organismi animali, un chiaro effetto immunomodulatore. Tale effetto diventa essenziale
nella cura di malattie gravi come la FIS, la
leucemia virale felina, la peritonite infettiva
felina e la leishmaniosi.
Questo tipo di terapia è attuabile almeno nel
cane, nel gatto, nel coniglio e negli uccelli.
Data la forte somiglianza tra FIS e AIDS è
molto probabile che detta cura sia efficace
anche nell’uomo. Inoltre l’immunomodulazione sembra esplicarsi attraverso un fenomeno di inibizione–up-regulation a livello
neuroendocrino determinando una forte attivazione metabolica ed un marcato aumento
dell’appetito utilissimo in malattie così debilitanti. Un eccesso di iodio nella dieta determina invece alitosi e flatulenza.