Matrimonio e verginità: due parabole dell`unico amore1

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Matrimonio e verginità: due parabole dell`unico amore1
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Matrimonio e verginità:
due parabole
dell’unico amore
di Raimondo Scotto
In questo articolo si approfondisce il rapporto tra matrimonio e verginità
come due vie per esprimere e realizzare la vocazione fondamentale
dell’uomo all’amore, come immagine del Dio Trinità, comunione totale
nell’amore.
N
on è stato sempre facile nel corso della storia (e talvolta non lo è ancora
adesso) comprendere la relazione esistente tra matrimonio e verginità. È
stato il Concilio Vaticano II a sottolineare la vocazione universale alla
santità e la complementarietà delle diverse vocazioni nell’insieme del popolo di
Dio2. Giovanni Paolo II sottolinea questo aspetto:
La Rivelazione cristiana conosce due modi specifici di realizzare la vocazione della persona umana, nella sua interezza, all’amore: il Matrimonio e
la Verginità. Sia l’uno che l’altra nella forma loro propria, sono una concretizzazione della verità più profonda dell’uomo, del suo «essere ad immagine
di Dio»3.
L’unica chiamata all’amore
Il matrimonio e la verginità esprimono l’immagine divina dell’uomo perché
entrambe le strade esprimono l’amore, che è l’essenza stessa di Dio. Il matrimonio e la verginità sono due scelte radicali, attraverso cui ogni persona
è chiamata a realizzare la chiamata all’amore, comune a ogni essere umano.
Queste due scelte, però, s’illuminano a vicenda: non si può comprendere l’una
senza l’altra; due scelte tra loro complementari, che rilevano aspetti diversi
dell’unico amore.
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Due dimensioni dell’amore attirano sempre: l’amore universale e l’amore per una
singola e particolare persona. Infatti l’amore di Dio è così: mentre ama ognuno
personalmente, nello stesso tempo ci ama anche tutti insieme come suo popolo.
Ma l’essere umano non sempre riesce a equilibrare nella sua vita questi due aspetti.
La verginità sottolinea l’universalità dell’amore. Infatti, libero da un legame familiare, il vergine ha maggiori possibilità di essere sempre disponibile verso tutti,
senza escludere nessuno. Il matrimonio, invece, sottolinea soprattutto l’amore
personale, esclusivo, concreto, per il proprio coniuge, che si estende nei figli. La
convivenza richiede pazienza, accoglienza della diversità, concretezza. Magari
piccole cose, ma quotidiane, continue.
Da questi diversi accenti si comincia a comprendere la complementarietà di questi
due stati di vita; scrive Caffarra: «L’esclusivismo dell’amore coniugale, senza la
verginità, rischierebbe di trasformarsi in chiusura egoistica, e l’universalità della
donazione verginale senza la coniugalità rischierebbe di trasformarsi in astratta
genericità»4. Perciò solo insieme, amore coniugale e donazione verginale, possono
esprimere l’immagine di Dio.
La sessualità
Ciò che accomuna e distingue in una maniera speciale vergini e coniugati è la
sessualità; è soprattutto nel modo di vivere questa dimensione della persona che si
nota in maniera particolare la complementarietà tra vergini e sposati. Cerchiamo,
allora, di capire cos’è la sessualità.
Nel mondo moderno il suo significato si va sempre più banalizzando. Essa viene
facilmente confusa con la genitalità, cioè con tutto ciò che riguarda il comportamento
sessuale in senso stretto. Invece la genitalità, pur essendo un aspetto importantissimo
della sessualità, non la esaurisce, ma ne rappresenta solo una componente. La sessualità è una dimensione fondamentale della persona, che si estende a tutte le espressioni
della vita, anche a quelle spirituali, che risultano sempre segnate dal sesso di appartenenza. Essa, quindi, interessa la nostra identità più profonda. Esiste poi una stretta
relazione tra affettività e sessualità; quest’ultima, infatti, potrebbe essere definita come
un’energia affettiva di base5, da cui dipende il nostro modo di relazionarci. Tale energia
affettiva si sviluppa secondo due direttive: una che spinge ad uscire da se stessi per
andare verso gli altri ed un’altra orientata a una persona particolare dell’altro sesso per
costruire con lei una profonda intimità di vita6.
La sessualità è alla base di ogni vita di relazione7. «Il suo dinamismo più profondo è quello di spingere la persona a superare ogni chiusura e ripiegamento su se
stessa, per aprirsi a relazioni interpersonali sempre più coinvolgenti, fino al dono
totale di sé nell’amore»8. Qualsiasi tipo di rapporto, che mette in moto sentimenti
ed emozioni, è dovuto al nostro essere persone sessuate. Certamente l’amore è
anche un atto della volontà, ma la sessualità, con la sua carica affettiva, lo facilita e
lo colora di tenerezza, di sensibilità, di piena partecipazione all’esperienza altrui.
La sessualità è, allora, anche alla base della nostra capacità d’amare. Il suo significato ultimo e più profondo è quello del dono; da essa dipende la capacità che
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Sessualità e verginità
Il vergine è una persona come le altre, che porta dentro di sé tutte le caratteristiche
della sessualità, le quali, nonostante non vengano espresse attraverso il linguaggio
della genitalità, vanno vissute in pienezza per poter crescere in tutte le dimensioni
della propria esistenza.
Cominciamo dalla dimensione relazionale della sessualità. È semplice rendersi conto
che anche la persona vergine può svilupparla pienamente; anzi, il fatto che non è sposata, più che limitare la crescita dell’affettività, può addirittura amplificarla, rendendola capace di allargare il cuore sul maggior numero possibile di persone, non con un
amore freddo e distaccato, ma con calore e partecipazione. L’altra è la dimensione della
fecondità. Le persone vergini possono viverla pienamente nella dimensione spirituale.
Quanto più forte e più puro sarà il loro amore, tanto più esso sarà spiritualmente
fecondo, in quanto divenire madri o padri non vuol dire semplicemente generare
qualcuno, ma portare un essere allo sviluppo pieno della sua personalità. Ecco, quindi,
un primo aspetto nel diverso modo di vivere la sessualità tra vergini e sposati, che ci
permette di cogliere la complementarietà dei loro diversi stati di vita.
Le persone sposate possono comprendere dai vergini che non basta essere sposati
e avere una regolare vita sessuale per poter dire di vivere la propria sessualità. Se
non sanno relazionarsi, se non sanno amare con tutta la ricchezza delle loro emozioni, possono fare sesso, ma non vivere veramente la propria sessualità. I vergini,
al contrario, possono comprendere dagli sposati quanto è importante che ci siano
il cuore e l’affetto nell’amore verso gli altri. Non capiti che, per paura di lasciarsi
travolgere, rimangano freddi e lontani. Prudenza sì, ma non chiusura.
La fecondità fisica degli sposi ricorda ai vergini che non si può mai rinunciare alla
paternità o alla maternità. L’uomo e la donna sono fatti per essere padre e madre.
La rinuncia alla paternità e alla maternità fisiche può avvenire senza frustrazioni
solo nella misura in cui si riesce a entrare nel mistero stesso della paternità e della
maternità divine, generando tante persone alla vita di Dio. Si tratta di una fecondità spirituale, ma non meno importante di quella fisica.
La fecondità spirituale dei vergini ricorda a chi è sposato che la fecondità fisica da
sola non è sufficiente per dirsi padri o madri. I figli vanno generati continuamente
giorno per giorno, aiutati a scoprire e a realizzare il disegno d’amore che Dio ha
pensato per loro. E questo è possibile quanto più si passa dalla semplice fecondità
fisica a quella spirituale.
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abbiamo di essere dono e di accogliere il dono dell’altro. Alla sessualità è anche
legata la nascita di nuove persone. Attraverso di essa Dio continua a darsi dei figli
e fa partecipe l’essere umano della sua fecondità e della sua paternità e maternità
universali. Due, allora, sono i significati principali della sessualità: quello del dono
reciproco e quello della fecondità; si può anche dire, mettendo insieme questi due
aspetti, che la sessualità permette alla persona di esprimere la fecondità dell’amore.
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L’amore di Dio può bastare
La sessualità spinge la persona a stabilire un rapporto di intimità profonda con un
“tu” particolare. Tale rapporto è essenziale per la crescita di ognuno. In che modo
una persona vergine, che ha rinunciato al matrimonio, potrà riuscire a costruire
un’intimità di questo tipo?
Dio, per il vergine, dovrebbe essere quella persona con cui realizzare l’incontro
più profondo della propria esistenza9. Ciò non vuol dire che il vergine non sia
capace di costruire rapporti di profonda intimità con altri esseri umani; il vergine,
però, deve essere segno visibile di questa intimità con Dio, molto attento a non
porre nessun altro al centro della propria vita, o a farsi da parte se qualcuno volesse farlo diventare l’oggetto di un amore esclusivo.
Oggi, tanti enfatizzano il bisogno sessuale, quasi che il nostro benessere passi
soltanto attraverso la gratificazione di esso. L’impulso sessuale è un fatto naturale,
ma va gestito con intelligenza e integrato con tutti i valori della propria esistenza,
sia per chi ha fatto la scelta della verginità che per gli sposi. In realtà il bisogno
sessuale, proprio in quanto ci spinge verso un’altra persona, è anche segno del
nostro limite esistenziale, del nostro bisogno di relazione, del bisogno più radicale
che abbiamo di Dio. Ecco un primo richiamo del vergine a chi è sposato. Egli, con
la sua scelta di continenza, sottolinea proprio questo segno nascosto nel bisogno
sessuale, relativizzando così il sesso.
Dice al mondo che l’amore di Dio può bastare al punto da tralasciare una vita
sessuale, senza essere per questo meno realizzati; che, pur essendo importante l’intimità fisica tra due sposi per la crescita della loro unità, tuttavia essa non è tutto
nella vita matrimoniale. Prima di tutto occorre scegliere Dio e metterlo al primo
posto; poi lui aiuterà gli sposi ad amarsi meglio tra loro e con i figli. «In forza
di questa testimonianza – scrive Giovanni Paolo II – la verginità tiene viva nella
Chiesa la coscienza del mistero del matrimonio e lo difende da ogni riduzione e
da ogni impoverimento»10.
In un certo senso la verginità aiuta gli sposati a scoprire la verginità anche nella
loro vita matrimoniale, cioè a vivere la sessualità come dono, nella disponibilità a
perdere il proprio corpo, con i suoi desideri, le sue pulsioni, per donarsi totalmente al coniuge. È questo il culmine della nuzialità per gli sposi, in quanto non può
esistere tra loro un vero amore se non include anche un certo distacco da se stessi;
una specie di possesso nel distacco, che aiuta a cogliere l’altro nel suo mistero11.
Il significato del matrimonio
Anche il matrimonio può aiutare i vergini a scoprire e a vivere meglio la loro
vocazione. Il matrimonio è un sacramento, in virtù del quale i coniugi sono chiamati a testimoniare, attraverso il loro amore, la grandezza dell’amore di Dio per
il suo popolo, per ogni essere umano. Attraverso la loro capacità di perdonarsi e
di ricominciare sempre, attraverso la loro fedeltà, attraverso la loro tenerezza, gli
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sposi sono chiamati a rendere in qualche modo visibile la fedeltà e la tenerezza di
un Padre misericordioso, disposto a perdonarci e ad aspettarci sempre per farci
finalmente dono di sé. Proprio attraverso l’amore coniugale Dio ci rivela qualcosa
di sé. Pensiamo, per esempio, all’eroismo di quelle persone che, separatesi dal
coniuge per una serie di circostanze dolorose, hanno però deciso di rimanergli
fedeli: chi più di loro riesce a far comprendere la fedeltà di Dio al suo progetto
sull’essere umano?
Anche la persona vergine, attraverso l’amore degli sposi, può cogliere meglio
il tipo di amore con cui è amato personalmente da Dio, la sua tenerezza, la sua
fedeltà, la sua misericordia senza limiti. La concretezza di questo amore aiuta i
vergini a cogliere meglio il valore della loro castità, che non consiste solo nella
continenza, ma nell’impegno a una maggiore pienezza d’amore verso Dio e verso
i fratelli; «se ci fosse qualcuno capace di continenza sessuale, ma incapace di porsi
in atteggiamento di dono e di gratuità verso gli altri, perché fondamentalmente
egoista, di fatto non vivrebbe la castità, come non la vivrebbe chi non fosse capace
di continenza...»12.
Alla fine di questo paragrafo si coglie bene la complementarietà delle due chiamate
all’amore: la verginità testimonia fin dove può arrivare l’amore dell’essere umano
per Dio, fino al punto da lasciare tutto per Lui; il matrimonio, fin dove può arrivare l’amore di Dio per l’essere umano, fino a sacrificarsi e morire per lui.
Ringraziamo la rivista Vita Consacrata che ci ha gentilmente permesso di pubblicare una
versione ridotta dell’articolo pubblicato dallo stesso autore, con medesimo titolo ma in una
versione più estesa, in «Vita Consacrata», LI (2015/2), pp. 160-169.
2
Cf. A. Cencini, Per amore. Libertà e maturità affettiva nel celibato consacrato, EDB,
Bologna 1994, p. 33.
3
Familiaris Consortio, n. 11.
4
C. Caffarra, Etica generale della sessualità, Ares, Milano 1992, p. 112.
5
Cf. P. Ionata, Psicoterapia e problematiche religiose, Città Nuova, Roma 1991, p. 53.
6
Cf. A. Peluso, Sognare e vivere l’amore. Cammino verso la maturità affettiva e sessuale
dell’adolescente, Città Nuova, Roma 1992, p. 45.
7
Cf. I. Fucêk, È vocazione all’amore la sessualità dell’uomo (Comandamenti VI e IX), parte
I, Fondamenti antropologico-teologici, Pontificia Università Gregoriana, Roma 1989, p. 39.
8
L. Ciccone, Etica sessuale. Persona, matrimonio, vita verginale, Ares, Milano 2004, p. 78.
9
Logicamente l’intimità, che il vergine è chiamato a stabilire con Dio, solo per analogia è
simile a quella che si può stabilire tra due persone, in quanto essa si realizza su di un piano
totalmente diverso e con l’esclusione della genitalità.
10
Familiaris Consortio, n. 16.
11
Cf. A. Scola, Il mistero nuziale. 1. Uomo-Donna, PUL - Mursia, Roma 1998, p. 113.
12
C. Zuccaro, Morale sessuale, EDB, Bologna 1997, p. 195.
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