visualizza il file - Xaverian Missionaries
Transcript
visualizza il file - Xaverian Missionaries
Convegno Saveriano sulla Missione, 2012 L’OGGI DEL DIALOGO L’oggi del dialogo L’oggi del dialogo Convegno Saveriano sulla Missione Tavernerio 15–29 luglio 2012 Hanno collaborato Asian Study Centre tudy Ce nS e ntr Asia Dialogo Interreligioso: Bangaldesh — Domenico Pietanza; Brasile Nord — Giuseppe Leoni; Brasile Sud — Villaseñor Rafael López; Burundi — Modesto Todeschi; Camerun — Franco Sana; Ciad — Perera Jesús Manuel Calero; Giappone — Franco Sottocornola; Great Britain — John Convery; Indonesia — Francesco Marini; Philippines — Everaldo Dos Santos; RD Congo — Gianni Brentegani; Sierra Leone — Michele Carlini; Taiwan — Paulin K. Batairwa; United States — Carl Chudy. Convegno Saveriano sulla Missione — 2012 Dialogo Interculturale: Bangaldesh — Sergio Targa; Camerun-Ciad — Armando Coletto; Filippine — Eugenio Pulcini; Giappone — Tiziano Tosolini; Indonesia — Matteo Rebecchi; RD Congo — Gianni Brentegani; Sierra Leone — Michele Carlini; Taiwan — Fabrizio Tosolini; United States — Carl Chudy. Xaverian Missionaries – Japan L’oggi del dialogo a cura di tudy Ce nS e ntr Asia Tiziano Tosolini Xaverian Missionaries – Japan Indice L’oggi del dialogo – Tiziano Tosolini Dialogo Interculturale Bangladesh – Sergio Targa Camerun-Ciad – Armando Coletto Filippine – Eugenio Pulcini Giappone – Tiziano Tosolini Indonesia – Matteo Rebecchi RD Congo – Gianni Brentegani Sierra Leone – Michele Carlini Taiwan – Fabrizio Tosolini United States – Carl Chudy Dialogo Interreligioso Bangladesh – Domenico Pietanza Brasile Nord – Giuseppe Leoni Brasile Sud – Villaseñor Rafael López Burundi – Modesto Todeschi Camerun – Franco Sana Ciad – Perera Jesús Manuel Calero Giappone – Franco Sottocornola Indonesia – Francesco Marini Philippines – Everaldo Dos Santos RD Congo – Gianni Brentegani Sierra Leone – Michele carlini Taiwan – Paulin K. Batairwa United Kingdom – John Convery United States – Carl Chudy Considerazioni conclusive – Luigi Menegazzo 3 7 11 14 18 23 27 31 33 36 41 44 49 52 54 56 58 62 67 70 76 80 84 88 95 L’oggi del dialogo Tiziano Tosolini Non ci stanchiamo di rivedere le varie modalità attraverso le quali rendiamo testimonianza: la testimonianza silenziosa, la proclamazione esplicita, le opere di misericordia, la promozione umana, il dialogo interreligioso e interculturale, l’impegno per la giustizia e la pace, la via più straordinaria del martirio Ratio Missionis Xaveriana 7 A Tavernerio (Como), dal 15 al 29 luglio 2012, i Missionari Saveriani daranno vita a un importante Convegno sulla Missione. È questo un privilegiato momento di revisione generale del metodo missionario adottato dalla Congregazione; una pausa di verifica di come sono state attuate le indicazioni dei Capitoli Generali in merito alla missione; un coraggioso rilancio di nuove strategie e scelte missionarie. Come afferma l’Instrumentum Laboris, il testo preparato per aiutare le Regioni e i partecipanti al Convegno a riflettere e interrogarsi su alcune tematiche di grande importanza per la nostra missione che sono emerse in modo esplicito soprattutto a partire dal xv Capitolo Generale fino alla Cosuma del 2011: Il Convegno si inserisce in un momento particolare della vita della nostra famiglia Religiosa e Missionaria: la canonizzazione del Fondatore e il cammino di approfondimento della Spiritualità saveriana, iniziato in modo sistematico con il Convegno di Tavernerio del 2006 e proseguito con i Documenti del xv Capitolo Generale: «Abbiamo sentito dentro di noi l’invito dello Spirito a “ripartire” da quella esperienza originale del Fondatore dove l’avventura saveriana ha avuto inizio: Cristo Crocefisso. Lo sguardo fisso su di Lui e l’ascolto della sua Parola sono la fonte e l’origine della nostra esistenza come Saveriani, l’inizio della nostra famiglia. Dal nostro sguardo a Lui rivolto, sgorga la nostra spiritualità e nasce la nostra vocazione ad annunziarlo a tutte le genti e a diffondere il suo Regno fino agli ultimi confini della terra» (xvcg 3). Santità e Missione sono, praticamente, i due poli sui quali la Congregazione sta riflettendo e programmando la sua vita e il suo rinnovamento. Essi sono intimamente connessi tra di loro e da essi il Convegno sulla Missione prende significato, consistenza e urgenza nella misura in cui la santità del missionario saveriano viene richiamata e dichiarata come condizione indispensabile che rende possibile l’aggiornamento del metodo missionario, la ricerca e l’accoglienza di nuove aree di lavoro missionario, la revisione delle nostre presenze, la revisione di alcuni ambiti della nostra vita consacrata per il Primo Annuncio. «Questo evento [la canonizzazione del Fondatore] deve favorire un magis di missionarietà, secondo quello che è concretamente possibile a ciascuno… alla crescita nella santità corrisponderà un salto qualitativo della missione che ci permetterà di viverla senza bisogno di alzare la voce, cioè testimoniando e annunciando in modo allo stesso tempo coraggioso, forte, dialogico, umile e convincente” (La Grazia della Santità n. 6, iSaveriani 63)». 4 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 Tra i vari fattori che si prenderanno in esame (internazionalizzazione e interculturalità, formazione, animazione e formazione missionaria della Chiesa locale, economia e missione) si è dato spazio anche ad un elemento che attualmente sembra trovare un riscontro importante all’interno della nostra riflessione saveriana, e cioè quello del dialogo interculturale e interreligioso. Interrogandoci su come poter contribuire a quest’ultimo dibattito in maniera qualificata e costruttiva, il csa (per quanto riguarda le missioni asiatiche) e il Vicario Generale p. Luigi Menegazzo (per quanto riguarda le altre Circoscrizioni) hanno chiesto ai vari Regionali e/o a coloro che lavorano nel campo del dialogo di scrivere un breve articolo descrivendo i progetti in atto (o a cui presto si vorrebbe dar vita) in questo settore, di enumerare il personale coinvolto, di descrivere le difficoltà incontrate o che si dovranno affrontare in futuro, di annotare le pubblicazioni finora prodotte, di segnalare le speranze o i timori che si nutrono nei riguardi di queste iniziative missionarie sul dialogo. Il frutto di queste riflessioni è stato poi raccolto nelle pagine che seguono e che per la prima volta vengono pubblicate in vista di una riflessione comune. Ringraziamo tutti coloro che hanno accolto questo nostro invito e che hanno contribuito a realizzare questo piccolo progetto inviandoci i loro scritti e le loro riflessioni: con la loro fatica renderanno il dibattito sul dialogo interculturale e interreligioso al Convegno sulla Missione più sentito, partecipato e concreto. Certamente più interessante e più autentico. Dialogo interculturale Bangladesh – Sergio Targa Camerun-Ciad – Armando Coletto Filippine – Eugenio Pulcini Giappone – Tiziano Tosolini Indonesia – Matteo Rebecchi RDCongo – Gianni Brentegani Sierra Leone – Michele Carlini Taiwan – Fabrizio Tosolini United States – Carl Chudy Bangladesh Sergio Targa «I n offering to others the Good News of the Redemption, the Church strives to understand their culture. She seeks to know the minds and hearts of her hearers, their values and customs, their problems and difficulties, their hopes and dreams. Once she knows and understands these various aspects of culture, then she can begin the dialogue of salvation; she can offer, respectfully but with clarity and conviction, the Good News of the Redemption to all who freely wish to listen and to respond.»1 These words of Pope John Paul ii summarise well the Church’s thought on the question of intercultural dialogue while at the same time they pinpoint its utmost importance and necessity in the Church’s Mission. Unlike the Universal Church, the local Church in Bangladesh appears to be less vocal in manner of intercultural dialogue, at least in the sense that it has not produced any official statement on the issue. Nevertheless, the lack of official interventions does not necessarily involve a disregard for the question: as a matter of fact, our local Church is very poor of pronouncements in general even though it often refers to pronouncements made by others, primarily the fabc (the Federation of Asian Bishops Conferences). I think it may be said that the Church in Bangladesh, of late, is more concerned with interreligious dialogue and tends to see intercultural dialogue as a facet of the former. Xaverians in Bangladesh indeed participate in the person of Sergio Targa to that special experiment started in 2002 called csa. The csa has been for nearly ten years now the focus of intercultural studies centring on Asia. However, the csa has been a sort of end result of sensitivity towards cultural issues which started much earlier, i.e., at least 20 years before. In the beginning of the 80s people like Luigi Paggi (Ricerca sui Muci-Rishi di Khulna e Satkhira, 1985–90) and John Fagan (A People Set Apart: The Muchi Untouchable, 1979) started to research systematically on cultural aspects of their mission among the Rishi. In those days the Rishi mission was in full swing and in fact the Rishi people became the focus of research. The cultural interest surrounding them was perhaps determined by the difficulties Xaverians and other missionaries before them had experienced while working among them. Whatever the reason behind it, the new interest came to renew 1. John Paul ii, Homily at the Mass for the Catholics of West Bengal, Calcutta (4 February 1986), 3. Quoted in T. Tosolini, Church and Culture (Osaka: Asian Study Centre, 2010), 54. 8 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 and somehow reformulate Mission and particularly the Xaverians’ mission. Of course, before Paggi and Fagan other fathers did get involved with cultural questions related to the Rishi people, yet their interest and outlook was never systematic and never went beyond the collection of sparse notes (see for instance Father Bernacchi and Father Chiofi, both operating in the 60s). From then on the cultural interest had taken roots among the Xaverians working in Bangladesh. Thus in 1989 R. Tobanelli, studying at soas wrote Asprsyata: The Experience of the Muci-Rishi (ma dissertation) while Cosimo Zene did a phd in the same University (The Rishi of Bangladesh, 2002). Apart from the last publication all the others were only manuscripts which however were circulated in our circles. But the sensitivity towards cultures got a particular push when individual Xaverians were earmarked for particular studies on non-theological, ecclesiastical or biblical nature. Joe Devine (phd 2000) and Sergio Targa (mphil 1999) were two of the last who specialised on sociology and history (of the Indian Sub-Continent) respectively. To this respect the late Sebastiano Tedesco, several times Regional Superior, must be remembered as one who profoundly believed in the importance of dialogue, both religious and intercultural, and encouraged Xaverians to undertake new experiences, studies and interests always to the service of Mission. This brief Xaverian history related to the period 1980–2000, may be rightly considered the «golden age» of Xaverians’ interests on culture and the like in Bangladesh. In 2002 the csa became the heir to such a rich tradition. Strongly willed by the then General Direction, the csa in time came to gather the representatives of all the Xaverian Regions and Delegations of Asia: Japan, Bangladesh, The Philippines, Indonesia and China-Taiwan. Juridically depending on and located in the Region of Japan (Osaka), the csa besides producing every year a monograph related to Asiatic cultural arguments of missionary interest, publishes also a quarterly magazine (Quaderni del csa) which, similarly to the monographs, gathers contributions on cultural issues coming from the different Xaverian jurisdictions of Asia. The institutionalisation of the cultural dimension of our Mission in the csa has given stability, consistency and shape to the cultural sensitivity of our Bangladeshi Region. Yet, coming at the apex of a «glorious» tradition (the golden age of which above), the csa could not but represent also the beginning of a slow but steady decline. This last decade has seen the Xaverian situation in Bangladesh changing considerably. From a missionary work which to a certain extent was mainly centred on the Rishi, both Christian and Hindu, Xaverian activities differentiated quite a lot, particularly with the addition of the Tribal People as new concern of Xaverian missionary activity, the in- dialogo interculturale troduction of formation work, the foreign doctors’ activity, the Street Children concern etc. The activities multiplied and so did the cultural interests. Nevertheless this newness which was and still is coming out has not yet achieved nor produced the kind of cultural developments the Xaverians working with the Rishi managed to produce in the 80s and 90s. On top of this on-going process, both the internationalisation of the Xaverian Presence in Bangladesh and the aging of its personnel farther added to the apparent present cultural laziness of Xaverians in Bangladesh. In the first number of the newsletter of the csa (1–9–2002) it was written: [Noi (i.e. i membri del csa)] dovremmo essere «animatori» di cultura all’interno delle Regioni in cui operiamo cercando di trasmettere un certo gusto del pensare attenti anche, allo stesso tempo, alla storia passata e a tutti quei tentativi di ricerca e a quel materiale raccolto negli anni da alcuni Saveriani interessati in questioni culturali. La motivazione che spinge questa nostra iniziativa sarebbe quella di poter fungere da referente e luogo di elaborazione di un dibattito culturale che aiuti il nostro sforzo missionario nelle rispettive Regioni in cui ci troviamo ad operare. Per questa ragione ci avvaliamo dei canali comunicativi già presenti nelle proprie Regioni di appartenenza (incontri o assemblee, programmazioni, riviste di collegamento Saveriano...) allo scopo di animare culturalmente le Regioni stesse e di offrire un serio contributo/aiuto anche al più vasto settore culturale del mondo Saveriano.2 Indeed the inadequacy of the csa representative may be the cause for the present situation of cultural stagnation in Bangladesh. The latter has not been able to involve the community and its members in the way it was hoped for. Far from being an animator, he has given up too early the task to raise cultural awareness and wake up Xaverians to the intercultural call. The short lived internal journal Bhabna Songroho managed to run only a couple of numbers and then it disappeared into oblivion. This attempt to involve Xaverians in an internal cultural debate through a written newsletter failed, managing only to increase the cultural tiredness of many, too accustomed to the already said and written. Yet our Xaverian environment in Bangladesh has become so culturally stifled, senile and saturated that any attempt at something different faces smiles of compassion at best and scorn at the worst. We in Bangladesh know everything, do not need anything, particularly when it is a Xaverian who is going to offer something. The future does not look bright, I am afraid. When it is the cultural interest which is being missed out, we may well surmise that it 2. T. Tosolini ed., Foglio di Collegamento, no. 1 (1 September 2002), 2. 9 10 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 is the whole edifice of mission which is crumbling down. As a matter of course, the loss of interest towards cultural questions related to the environment where we operate goes hand in hand with the loss of enthusiasm towards the «audace progetto della missione» in general. For a missionary congregation like ours, this is certainly not something of little consequence. dialogo interculturale Camerun–Ciad Armando Coletto A livello di Chiesa o di Chiese, l’aspetto del dialogo interculturale non è tanto sentito. Si è molto parlato e scritto sul tema dell’inculturazione del Vangelo, ma la tensione non è più quella di alcuni anni fa e si aggiunga il fatto che nel concreto questo tema ha avuto qualche lieve riscontro a livello liturgico (con un certo rischio di «folklorizzazione» più che di inculturazione) e meno ancora in altri settori. Infinite e appassionate discussioni non sono mancate (e non mancano tutt’ora) sulla bontà o meno di certe pratiche tradizionali e della loro compatibilità con la vita cristiana. Il magistero rarissimamente si è dichiarato su questi temi per orientare i cristiani. Una certa confusione regna tra i cristiani così come tra i pastori. In questi ultimi tempi si evidenzia una lettera pastorale del vescovo di Yaguà (diocesi in cui i Saveriani lavorano), ripresa dalla conferenza episcopale provinciale del nord del Camerun, sull’iniziazione tradizionale. Un grande sforzo è stato compiuto dai saveriani che hanno lavorato e lavorano in Camerun e in Ciad per la conoscenza delle diverse culture in cui sono inseriti e lavorano. Questo sforzo è stato ed è molto più grande nel nord del Camerun e nelle comunità del Ciad, dove le culture sono ancora poco conosciute e sono ancora dipendenti per la comunicazione del loro patrimonio culturale dalla trasmissione orale. Alcuni etnologi e antropologi, soprattutto francesi, aveva iniziato a studiare e descrivere le culture fin dagli anni della colonizzazione e poi nei decenni successivi. Dagli anni cinquanta i missionari hanno contribuito nel fissare per scritto alcune lingue e tradizioni orali. Ad oggi, il materiale raccolto è di notevole importanza. Due nostri confratelli hanno investito molte energie nel settore: Melis Tonino e Bertoni Marco. Entrambi, in questi ultimi anni, hanno dato vita a pubblicazioni, hanno offerto corsi universitari, e animato conferenze e sessioni di formazione. Melis, poi, è anche direttore di un Centro Culturale nascente (destinato a diventare anche museo) nella città di Yaguà. Tutti i confratelli che lavorano in queste zone imparano le lingue locali e si sforzano di avere un approccio alle culture a partire dall’esperienza, dal dialogo con le persone e dallo studio del materiale già raccolto. Le comunità del sud del Camerun, che si trovano in contesti più urbani, vivono l’approccio culturale in modo diverso. Gli ambienti di lavoro sono normalmente multi- 11 12 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 culturali (si parla di circa 150 lingue e culture diverse in Camerun); alcuni confratelli fanno lo sforzo di acquisire qualche elemento della lingua principale del luogo; tutti cercano anche di leggere quanto è stato pubblicato sulle culture maggioritarie delle nostre aree missionarie (Basaa, Beti, Bamileke). La Regione ha organizzato dei momenti di confronto con persone particolarmente competenti nelle diverse culture, in genere dei cristiani che sono in grado di aiutarci a capire più profondamente le loro culture e a discernere gli elementi compatibili con il Vangelo. Al momento attuale non c’è nessun confratello che possa dirsi competente in una delle culture di cui sopra. Possiamo definire «dialogo» tutto questo lavoro già fatto e ancora in atto? Cercare di conoscere in profondità e di capire le dinamiche culturali, i valori, la visione della vita, della morte, delle relazioni sociali, sono certamente dei passi importanti e indispensabili. Il secondo passo dovrebbe forse implicare il confronto tra la «cultura del Vangelo» e le diverse culture per determinarne le coerenze e le incoerenze, per vedere come il Vangelo possa essere espresso in termini culturali alternativi e come le culture possano essere a loro volta arricchite dalla «cultura evangelica». Questo confronto potrebbe essere fatto in maniera interdisciplinare: etnologi, antropologi, teologi, pastori dovrebbero poter costituire dei gruppi di lavoro per arrivare a delle conclusioni di tipo operativo che aiutino l’inculturazione dell’annuncio. In questo «gioco interdisciplinare» noi saveriani possiamo dare un contributo significativo sulla base delle competenze che ci sono nella Regione. È possibile anche essere presenti e attivi in iniziative non nostre, che abbiano come scopo la salvaguardia dei valori autentici delle culture africane e camerunesi-ciadiane in particolare. Queste iniziative dovrebbero avere come pubblico privilegiato i giovani che tendono a stabilirsi nelle grandi metropoli dove le culture tradizionali si perdono o si diluiscono in una sorta di «miscuglio» nella quale di fatto i «valori» sono misurati sulla base della facile riuscita degli obiettivi personali e non su criteri etici o culturali determinati. Per noi missionari questo tentativo di mantenere vive le culture e di fare in modo che i giovani vadano fieri della loro appartenenza specifica, assume un senso particolare, non puramente etnologico. Prima di tutto la persona per essere realizzata deve riconoscersi in una (o più) cultura determinata, deve avere delle radici profonde in un terreno ben preciso. Ne va dunque dello sviluppo di personalità ben integrate. Secondariamente le culture tradizionali africane sono vettori di autentici valori evangelici che rischiano di perdersi oggi nel limbo della «modernità», di una cultura «globale» indefinita e indefinibile. dialogo interculturale Economicamente, socialmente e culturalmente moltissimi giovani camerunesi e ciadiani vivono destrutturati e parcellizzati, esposti a ogni ideologia I valori evangelici difficilmente diventano un riferimento costante e irrinunciabile a livello operativo. Anche in questo senso c’è bisogno di persone sensibili e formate che conoscano con una certa precisione e profondità almeno qualche cultura tradizionale e, allo stesso tempo, che accettino di immergersi in questo mondo giovanile in continua mutazione. 13 14 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 Filippine Eugenio Pulcini È stato bello e suggestivo, anche se non proprio una sorpresa, leggere nella Storia della Fondazione Filippina scritta da P. Venturini verso la fine del 1994, la seguente riflessione circa l’origine e l’obiettivo della nostra presenza nelle Filippine, sotto la voce «Realizzazione del carisma missionario saveriano»: «Ci caratterizziamo come piccola comunità incarnata, dove il “piccolo” dovrebbe essere il veicolo dell’“incarnazione”. Il Progetto che la comunità si è dato e ne governa la vita, parla di incarnazione come processo iniziato nella fede attraverso la “partenza” dalla propria cultura, dal proprio mondo come Abramo verso una terra mostrata da Yahwe… e che avrà come termine l’incarnazione sullo stile di Gesù Cristo: diventando così come sono gli uomini. Uomini tra uomini»3… figli e padri della cultura in cui siamo immersi (cfr. Fides et Ratio 71)! L’espressione dialogo interculturale non appare, ma ci sembra che queste parole esprimano tutta la simpatia con la quale questi nostri confratelli si accostavano alla cultura filippina consapevoli di entrare in una «terra sconosciuta», ma non «vuota» di valori, di vita, di problemi, etc. Si sentivano chiamati ad essere esperti in umanità, quell’umanità che avrebbero poi cercato di servire con amore. Ciò avrebbe richiesto loro un continuo e impegnativo discernimento per incontrare, capire, amare così poi per condividere il messaggio del Cristo, nel modo di Cristo, in linea con ciò che le nostre Costituzioni ci chiedono. Tra i principali pronunciamenti della Chiesa Filippina sul tema evangelizzazione e cultura, segnaliamo i seguenti: a) Acts and Decrees of the Second Plenary Council of the Philippines, cbcp, February 1991, nella terza parte, sotto la voce «A renewed integral evangelization», c’è un capitolo dedicato alla inculturazione (numeri 202–211) dove si dichiara che il primo atteggiamento missionario della Chiesa che porta il Vangelo ad una cultura è il rispetto: «Inculturation requires evangelizers to immerse themselves in the cultural milieu of those to whom they are sent. It requires evangelizers to understand, appreciate, foster and evangelize the culture of the people while equipping themselves to communicate effectively with it… (The missionary) will have to be a learner, willing to be taught by the people he has come to teach» (205–6). 3. P. Piergiorgio Venturini, Pro manuscripto, 5. dialogo interculturale b) Pastoral Exhortation on Philippino Culture,4 January 25, 1999. Il documento, (diviso in tre parti : 1) Philippine Culture; 2) Church and Cultures; 3) The Church of the Philippines and Filipino Culture) parte da queste domande: How much of the Gospel has become part of our way of life? How do we let it penetrate deeper into our culture, influence our values? c) Filipino Way to Holiness (Pastoral letter on Filipino spirituality), cbcp, July 1999.5 Molto interessante per il nostro lavoro missionario per il tipo di approccio che offre. Questa esortazione pastorale è stata scritta originalmente in Tagalog (o Filipino) avendo come titolo originale : Landas ng pagpapakabanal che letteralmente significa: Sentiero/cammino di santità, poi tradotto in inglese come Spirituality. d) Missions’ and the Church in the Philippines, cbcp July 2000,6 documento ispirato a Ecclesia in Asia (November 1999). Nel iv capitoletto, Some Reflections on Our Call to Mission, troviamo alcune considerazioni sul tema dell’inculturazione. Questo documento fu scritto anche in preparazione al Primo Congresso Nazionale Missionario, realizzato a Cebu, a fine settembre, primi di Ottobre del 2000. In Delegazione La nostra delegazione non ha una persona o una commissione incaricata di questo aspetto dell’attività missionaria. Tuttavia, durante i nostri incontri mensili (Sama-sama) almeno una o due volte all’anno si cerca di dare attenzione specifica a queste tematiche sia attraverso una riflessione particolare (magari guidata da materiale di riflessione prodotto dalla Congregazione), sia cercando di analizzare concretamente un aspetto della cultura filippina. È un modo semplice, ma concreto, per cercare di mantenere un cuore vivo e aperto, sensibile e non indifferente rispetto alle persone e all’ambiente dove viviamo e dove svolgiamo il nostro ministero pastorale e missionario. Essere parte — attraverso un nostro rappresentante — del Centro Studi Asiatici, risulta essere un altro elemento di aiuto e di stimolo circa il dialogo interculturale. Il lavoro del csa, tra gli altri aspetti, ha anche la funzione di animazione e di invito all’attenzione alla dimensione culturale attraverso scambi di esperienze e/o elaborazione di riflessioni in linea anche con il dialogo interreligioso. Infatti, vari dei nostri studenti e padri collabo- 4. In <http://www.cbcponline.org/documents/1990s/1999-philippine_culture.html>. 5. Un breve riassunto in inglese in <http://www.cbcponline.org/documents/1990s/1999-filipino_spirituality.html> e in tagalog in <http://www.cbcponline.org/documents/1990s/1999-pagpapakabanal.html>. 6. In <http://www.cbcponline.net/documents/2000s/2000-church_mission.html>. 15 16 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 rano generosamente alle attività del csa. È parte di un esercizio che aiuta a essere propositivi, a cercare metodi e vie migliori anche nelle strategie pastorali e missionarie. La Teologia La comunità internazionale della teologia è un ambiente che presenta di per sé evidenti sfide nel tema dell’interculturalità. La formazione accademica7, la dimensione multiculturale dei membri della comunità e l’interazione con il mondo circostante sono poderosi fattori che — almeno in teoria — dovrebbero facilitare una continua attenzione a questo elemento. L’apprendimento di una grammatica interculturale «ad intra» fa parte delle sfide giornaliere di questa comunità: accettazione, rispetto sincero, dialogo aperto, reciproca conoscenza e concreta solidarietà sono atteggiamenti — «testing ground» — da imparare e valutare continuamente; esperienza e condizione sine qua non per la credibilità dell’annuncio evangelico. Ogni anno come comunità formativa, si dedicano vari tempi e attività a questa dimensione per aiutarci a combattere l’insidia della superficialità. Si studia il numero monografico pubblicato dal csa. Vari collaborano con articoli per il quaderno trimestrale: si offrono principalmente argomenti accademici, non ancora molto esperienze di contatto, e/o analisi della cultura filippina. Inoltre, si organizzano cultural nights dove le nostre nazionalità sono presentate attraverso alcune informazioni basiche e con dettagli circa l’attività missionaria saveriana in quella regione. A seconda delle opportunità offerte e/o trovate, a volte si visitano monumenti e musei; si partecipa a presentazioni artistiche locali (teatro e musica); si scelgono film a carattere di informazione storica e culturale sulle Filippine… Insomma, si cerca di mantenere viva in un modo o nell’altro l’urgenza di conoscere l’uomo e la cultura dove — come Saveriani — siamo immersi, favorendo un atteggiamento di ascolto della storia, delle idee e della vita. In questo Paese, la fede è così strettamente intrecciata con quasi ogni aspetto della vita quotidiana dei filippini che è difficile dire esattamente dove la religione finisce e comincia il resto della società. Se si dà una rapida occhiata ai mezzi di comunicazione di massa e al modo di condurre la politica e le imprese, si nota subito come i confini siano piuttosto sfumati. Personalmente, mi trovo spesso a domandarmi se la rigida distinzione 7. «Loyola School of Theology has been tasked with providing theological formation that is rooted in Asian contexts, including the Philippines. This must be seen not exclusively nor primarily as an academic or intellectual exercise but also as a pastoral service to the Churches of Asia and the Philippines. It is rooted in forming ministers — ordained, religious and lay — for our contexts.» dialogo interculturale del «mondo della fede» che si suppone debba avvenire in ogni società moderna fortemente secolarizzata, mai accadrà nella società filippina. «Il Regno che il Vangelo annuncia è vissuto da uomini profondamente legati ad una cultura, e la costruzione del Regno non può non avvalersi degli elementi della cultura e delle culture umane» (en 20). Come Delegazione Saveriana, abbiamo l’impegno di due parrocchie, uno di noi è impegnato full time nel Justice and Peace Ministry per cui non mancano occasioni per imparare ad essere esperti in umanità! Da sempre, l’uomo è la via della Chiesa: da qui la necessità di diventare sempre più consapevoli di come la riflessione sulla cultura debba essere considerata come indispensabile per un lavoro missionario che voglia definirsi «serio»! Infatti, la bellezza in ogni luogo al mondo giace nella propria cultura. Non c’è altra via per sentirsi sempre meno stranieri e —soprattutto — per fare sì che Gesù Cristo sia sempre accolto come maestro nel mondo filippino. 17 18 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 Giappone Tosolini Tiziano P rima di presentare succintamente l’attività del Centro Studi Asiatico (csa), vorrei riportare un breve brano tratto dall’Esortazione post-sinodale Ecclesia in Asia (1999) in quanto questo testo, nella sua semplicità e chiarezza, lascia subito intendere la novità della scelta missionaria che ha coinvolto il Giappone: Con l’inculturazione la Chiesa diventa segno più comprensibile di ciò che è e strumento più atto della missione. Questo coinvolgimento con le culture è sempre stata parte del pellegrinaggio della Chiesa nella storia, ma ha una speciale urgenza oggi, nella situazione multi-etnica, multi-religiosa e multi-culturale dell’Asia, dove il Cristianesimo è troppo spesso visto come straniero… Nell’offrire agli altri la Buona Novella della Redenzione, la Chiesa si sforza di comprendere le loro culture. Essa cerca di conoscere le menti e i cuori di chi l’ascolta, i loro valori e costumi, i loro problemi e le loro difficoltà, le loro speranze e i loro sogni. Una volta che essa conosce e comprende questi diversi aspetti della cultura, allora può iniziare il dialogo di salvezza; essa è in grado di offrire, con rispetto ma chiaramente e con convinzione, la Buona Novella della Redenzione a tutti coloro che liberamente desiderano ascoltare e rispondere. (n. 21) Il richiamo che sembra essere ricorrente e urgente per tutti coloro che intraprendono l’opera di evangelizzazione in Asia è quindi quello di entrare il più possibile in sintonia con la cultura di un popolo, dato che esso rappresenta la base spirituale e antropologica delle persone a cui siamo inviati come annunciatori del Vangelo. Quest’ultima idea è stata recepita anche nella nostra Ratio Missionis Xaveriana, laddove si afferma che è necessario che l’annuncio del Vangelo sia preparato da un contatto più o meno prolungato, secondo le circostanze, che disponga il cuore degli ascoltatori a comprendere e ad accogliere l’invito alla fede in Cristo. Scopo di questa preparazione è, da una parte, rendere l’annuncio del Vangelo più facilmente comprensibile e credibile a chi lo ascolta, e, dall’altra, radicarlo meglio nella cultura ed esperienza religiosa di quanti lo accolgono. (n. 57) Lo scopo che il csa della Regione del Giappone si è posto fin dall’inizio in questo senso è autenticamente missionario e saveriano e si può riassumere con queste parole: essere strumenti, all’interno delle nostre Regioni, affinché in qualsiasi maniera Cristo venga annunciato e non sia mai sentito come straniero. Di qui l’urgenza di conoscere l’uomo e la cultura a cui siamo stati inviati come missionari. Sulla base di queste riflessioni, il csa si sta muovendo attraverso varie iniziative, sia riguardanti la Regione del Giappone, sia dialogo interculturale coinvolgendo altre Regioni saveriane dell’Asia. Per quanto riguarda il suo status giuridico, il csa appartiene alla Regione del Giappone e il suo progetto è stato accolto favorevolmente dall’xi Capitolo Regionale del 2001. Nell’ottobre 2002 il Regolamento del csa veniva approvato dal Regionale del Giappone e dal suo Consiglio, mentre nel gennaio 2003 riceveva il consenso e l’approvazione da parte del Superiore Generale e del suo Consiglio. Il responsabile del csa rimane il Regionale del Giappone che si mantiene in dialogo con l’Interlocutore per la Cultura della Direzione Generale, mentre l’incarico di direttore è stato affidato a p. Tiziano Tosolini (Laurea in Pedagogia all’Università di Parma, Dottorato in Filosofia all’Università di Glasgow) che vi lavora a tempo pieno. Per quanto riguarda le attività svolte nella Regione di appartenenza il Centro propone annualmente un incontro con i giovani missionari appena giunti in Giappone. Lo scopo di questo raduno è quello di aiutare i partecipanti ad introdursi nel clima religioso e culturale di queste isole. I temi, trattati da specialisti nel settore che sono invitati per l’occasione, riguardano il Buddhismo, lo Shintoismo e il Confucianesimo. Negli anni scorsi il Centro ha inoltre offerto un pomeriggio di riflessione aperto al pubblico e presieduto da alcune personalità intellettuali su alcuni temi di attualità. L’incontro (svoltosi sia nella casa regionale di Izumisano che a quella di Heira, nel Kyūshū) ha toccato temi quali «Il cambiamento dei valori in Giappone», «L’inculturazione del messaggio cristiano», «Pedagogia cristiana», «Come dire Dio oggi in Giappone». Il Centro, oltre a ospitare una biblioteca, è anche sede di una rivista a scadenza trimestrale chiamata Quaderni del csa. Con il supporto di una redazione asiatica, essa si propone di essere uno strumento mediante il quale riflettere su alcuni fenomeni religiosi, socio-economici, politici, culturali e missionari delle Regioni Saveriane presenti in Asia proponendosi, inoltre, di far conoscere eventi o esperienze che possano arricchire ed essere di aiuto ad altri missionari coinvolti nelle stesse attività. La rivista viene poi inviata alle varie case Saveriane, a tutte le Università pontificie, a vari Centri di Cultura e Centri Missionari Diocesani, a Istituti missionari, a studiosi e simpatizzanti di cultura giapponese. Questo lavoro editoriale ci introduce alla parte più internazionale del Centro, quella che coinvolge direttamente anche altri rappresentanti Saveriani delle nostre missioni asiatiche, cioè p. Sergio Targa (Bangladesh), p. Eugenio Pulcini (Filippine), p. Matteo Rebecchi (Indonesia) e p. Fabrizio Tosolini (Taiwan). Il gruppo cerca di abbinare alla ricerca accademica l’importanza imprescindibile del vissuto, dando luogo a delle pubblicazioni annuali (Asian Study Centre Series) che si prefiggono di analizzare uno stesso tema a partire dal contesto vitale in cui ciascuno si 19 20 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 trova a vivere, offrendo così al lettore oltre che una lettura ragionata delle caratteristiche comuni o divergenti che si incontrano in queste missioni, anche una comprensione più ampia e approfondita di quali siano gli orientamenti futuri verso cui questi paesi asiatici si stanno incamminando. Di prossima pubblicazione, poi, sarà il testo di p. Sergio Targa che inaugurerà la collana Monumenta missionalia, una serie di scritti che vorrebbero valorizzare e portare all’attenzione molte di quelle indagini storiche, analisi missionarie, saggi e trattati a sfondo culturale e antropologico nati dalla riflessione, passione e studio di molti missionari. Tutte ricerche, queste, che purtroppo sono state dimenticate in cassetti o archivi non venendo mai stampate e mantenendo quindi la forma di semplici ciclostilati o di appunti sparpagliati. Accanto a queste attività editoriali, il Centro, ha visto l’attuale direttore coinvolto in altre attività a sfondo culturale, come ad esempio quella di visiting professor in filosofia e antropologia applicata alla missione in Università dove studiano i nostri studenti Saveriani (Loyola School of Theology, Ateneo de Manila e a Reggio Emilia presso lo Studio Teologico Interdiocesano), autore di libri per far conoscere il Giappone contemporaneo, collaboratore con riviste missionarie, relatore in conferenze internazionali (attività questa che ha raggiunto il suo apice con la partecipazione al 21° Congresso Mondiale di Filosofia svoltosi nel 2003 a Istanbul, in Turchia dove ha presentato un paper su «Nishida and Levinas on Moral Intersubjectivity»), e ricercatore presso l’Istituto di Religione e Cultura dell’Università Nanzan di Nagoya dove si interessa soprattutto di filosofia giapponese (a questo riguardo si sono iniziate delle traduzioni in italiano di opere composte o riguardanti la cosiddetta Scuola di Kyoto che stanno dando vita ad un forte interesse da parte di circoli filosofici e culturali italiani e che rappresentano un originalissimo contributo nel dialogo interculturale tra queste due traduzioni filosofiche). Il csa rappresenta quindi un servizio per la crescita interna della Congregazione, dove ogni apporto, non importa quanto qualificato purché serio e costruttivo, è ben accetto. Esso vorrebbe così contribuire allo sforzo di ricucire quello strappo tra Vangelo e cultura, e tentare di risolvere quel dramma del nostro tempo contemporaneo che aveva visto queste due realtà come ostili e nemiche, sconvolgendo così il loro naturale rapporto. Per questo, il csa si augura che, oltre che continuare umilmente la propria esperienza e a cercare di attrarre persone disposte a condividere la propria passione e creatività in questo importante settore della nostra vocazione missionaria, altre Regioni Saveriane possano incamminarsi su questa strada di dialogo interculturale (così come è accaduto dialogo interculturale per l’originale percorso del Centre d’Études Africaines) e accogliere al loro interno un incaricato che possa favorire la crescita comune dei Saveriani in funzione della qualificazione culturale del loro servizio missionario. Qualificazione che ovviamente non è l’unica, eppure mai come oggi essa è sentita così urgente e necessaria, un’attività missionaria che riteniamo essere preziosa ed indispensabile, un dolce «dovere morale» a cui non possiamo sottrarci o ignorare perché è solo nella sua assunzione che ci riscopriremo davvero come ascoltatori della Sua Parola, amanti della gente e cultura a cui siamo inviati, competenti testimoni del Risorto. Pubblicazioni del CSA e miscellanea Asian Study Centre Series 2011 Tiziano Tosolini ed., Death and Those Beyond. 2010 Tiziano Tosolini ed., Chiesa e Cultura. Testi Scelti (1965–2009). Prefazione di Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. 2010 Tiziano Tosolini ed., Church and Culture. Selected Texts (1965–2009). Foreword by Mons. Gianfranco Ravasi, President of the Pontificial Council for Culture. 2010 Tiziano Tosolini ed., The Other Within. 2009 Tiziano Tosolini ed., Mission and Globalization. 2007 Tiziano Tosolini ed., Women in Context. 2006 Sergio Targa, Fabrizio Tosolini, Tiziano Tosolini. Faith and Money. 2006 Tiziano Tosolini. Controstorie dal Giappone. 2005 Fabrizio Tosolini. The Letter to the Romans and St. Paul’s Grace and Apostleship: Towards a New Interpretation. In collaboration with Fu Jen Catholic University Press, Taipei, Taiwan. 2005 Sergio Targa, Fabrizio Tosolini, Tiziano Tosolini. Experiences of Conversion. 2004 Sergio Targa, Fabrizio Tosolini, Tiziano Tosolini. Culture and Alterity. 2003 Sergio Targa, Fabrizio Tosolini, Tiziano Tosolini. To What Needs are Our Cultures Responding? 2002 FABRIZIO TOSOLINI. Esperienza Missionaria in Paolo. Monumenta Missionalia Series Sergio Targa Satkhira. The Diaries of the Jesuit Fathers (1918–1947). Di prossima pubblicazione. 21 22 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 Quaderni del Centro Studi Asiatico 2006— Trimestrale. Direttore: Tiziano Tosolini. Redazione: Sergio Targa (Bangladesh); Eugenio Pulcini (Filippine); Matteo Rebecchi (Indonesia); Fabrizio Tosolini (Taiwan). Monografie sul Giappone Tiziano Tosolini Una lettura orientale del dialogo. Il caso Giappone. Villa Verucchio (Rimini): Pazzini Editore, 2010. Tiziano Tosolini Interno giapponese. Tracce di un dialogo tra Oriente e Occidente. Bologna: Editrice Missionaria Italiana, 2009. Filosofia giapponese (Scuola di Kyoto) Tanabe Hajime Filosofia come metanoetica. Trad. e premessa di Tiziano Tosolini. Milano: Mimesis, 2011. Heisig James. W. Filosofi del nulla. Un saggio sulla scuola di Kyoto. Trad. Carlo Saviani, Enrico Fongaro, Tiziano Tosolini. Palermo: L’Epos, 2007. Nishida Kitar La logica del luogo e la visione religiosa del mondo. Trad. e introduzione di Tiziano Tosolini. Palermo: L’Epos, 2005. Biblioteca 2002— I volumi e le riviste finora catalogati al computer sono 8,300. dialogo interculturale Indonesia Matteo Rebecchi I l desiderio di innestare il messaggio evangelico nel contesto culturale indonesiano è sempre stato vivo nel cuore e nella prassi dei primi evangelizzatori come pure nella vita della chiesa locale, anche se va riconosciuto che alla prassi di inculturazione non sempre ha corrisposto un’adeguata riflessione teologica sul tema. Per questo motivo, se è vero che la preoccupazione del dialogo con la cultura è presente nei documenti ecclesiastici, che certamente riconoscono l’importanza dell’inculturazione del Vangelo, d’altra parte in letteratura sono rari gli approfondimenti di un certo spessore sul tema del dialogo con le culture. La storia della Chiesa in Indonesia è ricca di tentativi di dialogo con le culture autoctone, come, peraltro, lo è stata la storia dell’Islam che si è propagato in maniera sorprendentemente efficace proprio grazie ad una notevole capacità di adattamento alla mentalità e ai costumi preesistenti. Nel campo cristiano va ricordato il metodo scelto dai gesuiti a Giava centrale. Tra di essi, una figura molto importate è quella del missionario olandese Franciscus van Lith sj il quale seppe impostare la sua efficace opera evangelizzatrice sulla profonda conoscenza della cultura giavanese e sulla preparazione accurata di quadri capaci di influire nella società. Nel contesto attuale, la sensibilità verso l’inculturazione è stimolata dal fatto che la chiesa indonesiana ha ormai assunto una solida struttura (ha celebrato quest’anno i 50 anni dell’istituzione della Gerarchia indonesiana da parte della Santa Sede), una ricchezza in vocazioni che la rendono stabile e vivace, oltre al naturale attaccamento dell’indonesiano al proprio patrimonio culturale. Per questo motivo non sono rari gli esempi di chiese in cui sono messi in rilievo elementi architettonici tradizionali, i testi sacri e quelli liturgici ormai tradotti in quasi tutte le numerose lingue locali, la creazione di canti ispirati alle melodie tradizionali ed inseriti nel repertorio liturgico nazionale (il tutto realizzato mediante workshops guidati da team di esperti), l’uso del gong e paramenti che richiamano le tradizioni locali nella liturgia, fino alle rappresentazioni wayang kulit (il teatro delle ombre) per raccontare le storie sacre. Ma anche al di fuori del contesto strettamente pastorale e liturgico, la Chiesa ha dato un contributo alla conservazione e allo studio delle culture, si pensi solo alla costituzione di musei etnografici (per esempio al Nias), alla compilazione di numerosi vocabolari di 23 24 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 lingue locali (il vocabolario della lingua Batak Toba è stato realizzato da un missionario cappuccino), come pure nel campo della trascrizione e conservazione dei patrimoni culturali per secoli trasmessi solo oralmente. Dal punto di vista accademico mi pare importante accennare alla presenza dell’Istituto Teologico di Yogyakarta, il quale propone un curriculum teologico inculturato nell’ambiente giavanese per la formazione dei presbiteri, e l’Università di Filosofia Driyarkara a Jakarta, un ateneo cattolico in cui lo studio del pensiero filosofico viene offerto a chiunque, compresi i musulmani, quale strumento di analisi critica e di dialogo in vista di una società giusta e fraterna. Non si può infine dimenticare come alcuni esponenti della Chiesa indonesiana siano attivi nel campo del dialogo con la cultura e il mondo della politica; un esempio su tutti è il gesuita di origine tedesca Magnis Suseno, che, tra l’altro, è uno degli esperti della cultura di Giava. L’impegno dei Saveriani nel dialogo con le culture è stato praticato sin dagli inizi della nostra presenza in terra indonesiana. Anche in questo caso, ci si è sentiti spinti più dalle inclinazioni personali e dalle esigenze contingenti, che da un vero progetto riflettuto strategicamente da parte della Regione. In Regione non esiste un centro dedicato in modo particolare al dialogo, né per quanto riguarda il rapporto con le altre religioni, né con la cultura, e per il momento neppure una persona incaricata in modo particolare di animare i confratelli su questi temi. Nonostante questo, non mancano gli esempi positivi nel campo del dialogo con le culture. Partendo dal contesto islamico Minangkabau di Padang, notoriamente difensivo e impenetrabile a contaminazioni religioso-culturali, p. Aniceto Morini ha tentato lo studio della lingua e della cultura Minang. P. Aniceto ha anche raccolto una notevole quantità di materiale cartaceo attinente alle varie etnie che compongono l’insieme dell’arcipelago indonesiano. Sfortunatamente il suo lavoro è stato arrestato dalla malattia e dalla morte sopravvenuta lo scorso anno, impedendo una rielaborazione sintetica del materiale. L’attività missionaria nelle isole Nias e Mentawai ha prodotto alcuni tentativi di inculturazione. Ad esempio, su indicazione di p. Vincenzo Baravalle, è stata costruita la chiesa parrocchiale di Gunung Sitoli secondo un disegno che richiama la forma delle case tradizionali Nias. La stessa cosa è avvenuta nella costruzione di alcune chiese alle Mentawai. Qui i Saveriani hanno raccolto materiale etnografico e studiato la cultura locale. P. Bertazza ha compilato una grammatica della lingua Mentawaiana. Diversi sono i dizionari della lingua Mentawaiana compilati dai Saveriani (il più completo e recente è quello di p. Daniele Cambielli, il quale ha raccolto dati su 6 diversi dialetti), come pure la raccolta di miti e leggende (oltre al materiale non ancora pubblicato dialogo interculturale di p. Cambielli, è interessante il lavoro di p. Bruno Spina8 su questo argomento), indovinelli, proverbi, raccolte di dati sul mondo degli spiriti e degli sciamani. Tutto questo prezioso materiale, testimonianza unica di una cultura fondamentalmente orale, e ancora in gran parte inedito, attende una sistemazione per essere conservato e reso accessibile per ulteriori studi. Altri confratelli si sono cimentati in studi e approfondimenti di natura antropologia e teologica: p. Fernando Abis ha scritto una tesi sui Riti di Iniziazione alle Mentawai; p. Coronese ha prodotto uno studio globale della cultura Mentawaiana9 che, a distanza di anni, rimane un riferimento documentato e affidabile (è pubblicato anche in forma più sintetica in Indonesiano). Rimane ancora non pubblicato uno studio abbozzato, ma molto ricco di dati, compilato da p. Caissutti, purtroppo deceduto prima del completamento dell’opera. Speriamo davvero che tale testo possa presto essere pubblicato per diventare accessibile a chi desidera approfondire gli studi sulla cultura Mentawaiana. Nel corso degli anni si sono svolti tre workshops di inculturazione liturgica recuperando elementi della cultura tradizionale per la celebrazione della «messa mentawaiana». È stato compilato, inoltre, un libro di benedizioni per tutte le circostanze della vita. Due ulteriori workshops sulla musica hanno creato una serie di canti liturgici ispirati alle melodie dei Mentawaiani, mentre i loro miti sono stati utilizzati nella forma del teatro popolare per favorire la coscientizzazione e rivalutazione dei valori tradizionali. Nel campo delle pubblicazioni va ricordato lo studio di p. Vitus Rubianto sul pensiero del teologo dello Sri Lanka Aloisius Pieris10, oltre ad altri testi che vanno dalle traduzioni di biografie di Conforti o del Saverio (per il momento, l’unica biografia del Saverio disponibile in lingua Indonesiana) curate da p. Ciroi, p. Laurenzi e altri. Lo studente di teologia Ronald Tardelly ha già al suo attivo la pubblicazione di tre libri di cui uno sulla spiritualità del mondo virtuale. Nel campo educativo, molti Saveriani si sono impegnati nell’insegnamento nelle scuole. Nel campo universitario hanno dato il loro contributo p. Vitus Rubianto, p. Fernando Abis e ultimamente, p. Francesco Marini, mentre al presente non abbiamo Saveriani che insegnano in Università. Una breve nota va fatta sulla biblioteca nello studentato filosofico di Jakarta, che raccoglie più di 3000 volumi, principalmente di teologia-filosofia. Altre due, più modeste, sono nelle comunità di Padang e di Yogyakarta. 8. S. Bruno, Mitos dan Legenda Suku Mentawai (Jakarta: Balai pustaka, 1981). 9. S. Coronese, Una religione che muore, la cultura delle Isole Mentawai nell’impatto con il mondo moderno (Bologna: Editrice Missionaria Italiana, 1980). 10. V. Rubianto, Paradigma Asia, pertautan kemiskinan dan kereligiusan dalam teologi Aloysius Pieris (Yogyakarta: Kanisius, 1996). 25 26 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 Alla fine di questa rassegna che dipinge il lavoro concreto dei Saveriani nel campo del dialogo con la cultura, viene spontaneo pensare che tale impegno andrebbe continuato e ulteriormente sviluppato. I motivi sono soprattutto da ricercare nel fatto che meno ci si rapporta (leggi «studia») con una cultura, più vi si entra da stranieri e quindi non ci si trova mai veramente «a casa». In secondo luogo, il rapporto con il mondo culturale è fondamentale per dare maggiore efficacia alla comunicazione del messaggio evangelico alle persone a cui è rivolto. In terzo luogo, lo studio di un milieu culturale diventa un modo concreto per manifestare l’amore e il rispetto per quei fratelli che desideriamo servire. Per favorire una maggior sensibilità nei confronti del mondo del dialogo con la cultura, mi permetto di lanciare qualche sollecitazione. A livello di Regione, bisognerebbe richiamarci ancora una volta alla necessità dello studio, in particolare del mondo culturale in cui siamo immersi. Sarebbe poi necessaria una maggior collaborazione dei confratelli nella produzione di testi, riflessioni e studi su temi culturali, magari da pubblicare su riviste saveriane come i Quaderni del csa. Nelle principali città indonesiane c’è poi la possibilità di frequentare buoni corsi di specializzazione, anche per lo studio dell’Islam, col vantaggio di inserirci nel mondo accademico ed intellettuale locale. Tali corsi non sempre richiederebbero un impegno a tempo pieno, ma potrebbero essere frequentati continuando un servizio pastorale. Dovremmo inoltre cercare il tempo per partecipare a conferenze e seminari, ormai abbastanza comuni e frequenti nelle grandi città. L’uso di Internet, ormai comunissimo, potrebbe essere maggiormente orientato verso la ricerca e lo studio del mondo culturale in cui viviamo. dialogo interculturale Repubblica Democratica del Congo Gianni Brentegani L’ Esortazione Apostolica Africae Munus si sofferma sul tema della cultura nel capitolo riguardante i cantieri per la riconciliazione, la giustizia e la pace. La Chiesa apprezza e vuole salvaguardare le culture africane. Ne incoraggia le iniziative per affermarne l’identità soprattutto in questo frangente in cui i popoli si incontrano più facilmente. In un clima di interculturalità, è importante trasmettere quei valori che il Creatore ha infuso nei cuori degli africani11. Per dare più vitalità alla spiritualità di comunione, Benedetto xvi si auspica uno studio approfondito delle tradizioni e delle culture africane per identificare quegli aspetti che fanno ostacolo all’incarnazione dei valori del Vangelo12. Questa dinamica d’inculturazione farà si che l’Africa porti il suo contributo all’icona dell’avvenire che lo Spirito di Dio sta preparando13. L’Esortazione invita anche a considerare il compito di evangelizzare la cultura contemporanea africana all’ora della globalizzazione14 con «una pastorale dell’intelligenza e della ragione che crei un’abitudine di dialogo razionale e di analisi critica nella società e nella Chiesa»15. Dialogo con la cultura ambiente Il primo dialogo interculturale che ci troviamo a fare è quello di ogni giorno con la cultura ambiente. È questa una cultura fatta di riferimenti tradizionali che si incontrano con la modernità o post-modernità veicolata dai mass media attuali. Le idee che propaga, i simboli che forma, le attitudini che mette in opera e la mentalità che crea, soprattutto presso la grande maggioranza dei giovani16, ne fa un elemento da studiare, analizzare, al quale cercare di rispondere con realismo ma anche con prospettive di fede. Attualmente si assiste a una tendenza materialista e utilitarista che si installa sempre di più nella gioventù e che rende sempre più difficile l’espressione di una cultura del dono, della gratuità. Anche 11. Africae Munus, n. 38. 12. Ibid., n. 36. 13. Ibid., n. 37. 14. Ibidem. 15. Ibid., n. 137 16. L’età media della popolazione della RdCongo è di 16,7 anni, su una popolazione stimata a 67,8 milioni di abitanti. Cf. pnud, Rapport mondial sur le développement humain 2011, p. 183. 27 28 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 la cultura tradizionale ne soffre perché valori come il rispetto della vita, la solidarietà, la trascendenza, il rispetto delle persone anziane, di quelle che esercitano un’autorità riconosciuta e legittima, ecc., questi valori, rischiano di essere trascurati e di estinguersi poco a poco se nulla è fatto per arginare questa amnesia. A questo tipo di dialogo, tutti i confratelli sono impegnati e si misurano quotidianamente nell’intento di meglio capire cosa succede intorno a loro e vedere come meglio annunciare il Vangelo. A questo stravolgimento dei valori culturali ha contribuito molto il periodo delle guerre (1996–2004) aumentando la violenza e il ricorso alle armi. Più particolarmente, la Regione saveriana della RDCongo, ha pensato di aprire due centri si spiritualità17. Questi luoghi dovrebbero aiutare soprattutto i giovani a mantenere vivi quei valori spirituali della tradizione, del Vangelo, della Chiesa facendo crescere la coscienza che un uomo non può vivere senza valori culturali positivi ben radicati e una spiritualità forte proveniente dal Vangelo. Dialogo con la cultura tradizionale Sulla scia del xv Capitolo generale18, sta prendendo sempre più corpo la messa in opera di un museo etnografico. Questo è istallato nei locali della Domus religiosa e ospita già numerose opere d’arte congolese, soprattutto di quei popoli presso i quali abbiamo lavorato (Warega, Babembe, Babuyu). La documentazione necessaria è in pieno svolgimento e quando ogni pezzo sarà accompagnato dall’identità necessaria, il museo si potrà aprire al pubblico, incominciando dalle scuole. La cura di questa iniziativa è affidata a Tam p. Gianandrea, vero esperto di arte africana locale. Questo lavoro di raccolta, conservazione, esposizione, diventa sempre più importante e necessario nella situazione particolare che è la nostra. Infatti, mai come ora sono apparse autentiche opere d’arte che sono, per cosi dire, uscite allo scoperto per una ragione ben precisa: lo stato d’insicurezza che prevale nel paese, soprattutto all’interno, lontano dai grandi centri abitati e questo soprattutto all’Est del paese. Una guerra silenziosa e «teatrale» è combattuta, lontano dai riflettori dei mass media tra presunti ribelli stranieri (fdlr, lra, fnl, ecc.)19 e coalizioni nazionali e internazionali di forze più o meno regolari. 17. Un centro a Panzi, alla periferia sud della città di Bukavu. Un secondo a Kilomoni in prossimità della città di Uvira. 18. Cf. n. 79c. 19. Forces Démocratiques de Libération du Rwanda (fdlr); Lord’s Resistence Army — Armée de Resistance du Seigneur (lra), movimento ribelle ugandese; Forces Nationales de Libération (fnl) movimento ribelle burundese. dialogo interculturale Agli occhi degli osservatori internazionali questi si danno battaglia ma il tutto assomiglia più a un’azione per continuare a mantenere un’insicurezza costante e giustificare cosi la presenza continua di forze armate. Queste zone, tra l’altro, sono zone a forte densità «mineraria» di cui un rapporto ha già denunciato la dinamica militaro-economica che scatena20. Naturalmente la popolazione paga il prezzo forte e spesso è obbligata a lasciare i luoghi di «combattimento» con quel che ha di più importante. Spesso deve anche fuggire dai saccheggi e dalla distruzione del villaggio. Questa situazione costituisce un vero attentato alla cultura il cui scopo più evidente è quello di fare «tabula rasa», per far ritornare un luogo culturale al suo stato originale di luogo geografico. A causa delle necessità della vita molte di queste opere d’arte prendono poi la via dell’estero, magari a partire dai paesi vicini. Dialogo con le profondità religioso-culturali Un’attività di dialogo che attraversa il campo religioso e quello culturale, è l’attività svolta da Riccardo p. Nardo nell’esercizio del suo ministero ricevuto dall’Ordinario del luogo, nel quadro della pastorale dei malati. Egli esercita questa attività da più di 22 anni ed è ormai un punto di riferimento nel mondo spirituale locale. Situato nel cuore di Kadutu, quartiere popolare della città di Bukavu e coadiuvato dal confratello Olvera Gonzàles p. José Pedro, p. Riccardo vive ed opera in una struttura della diocesi. L’attività è centrata sul contatto, l’ascolto, la relazione personale con molte persone che chiedono di incontrarlo. Vengono dai ceti e dai luoghi più diversi, e non sono solo cattolici o cristiani. L’accoglienza è fatta a tutti, senza discriminazione di sorta. Gli uni, parlano con lui, del male di ogni genere che subiscono, gli altri, delle sofferenze che si portano dentro. Entrambi aspirano sinceramente ad esserne liberati. Per questa attività il confratello esercita l’accompagnamento spirituale, la confessione sacramentale, diversi modi di fare catechesi, la preghiera di liberazione, l’esorcismo. Spesso la gente arriva da p. Riccardo dopo essere passati in sette o nuovi movimenti religiosi che non hanno fatto altro che aumentare la confusione nello spirito di queste persone. In generale, l’azione delle sette punta ad inibire la persona colpevolizzandola, installando dubbi, creando paure e conservando la persona nel suo stato di schiavitù. Per aiutarle, il confratello offre il perdono domandando il coraggio di perdonare, offre 20. Rapporto intitolato: «Face à un fusil, que peut-on faire? La guerre et la militarisation du secteur minier dans l’Est du Congo», Global Witness, Juillet 2009. 29 30 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 una parola di incoraggiamento aiutando a liberare testa e spirito dai pensieri più strani, stimola a superare la paura che è il registro culturale di fondo che è capace di bloccare ragione e intelligenza inibendo qualsiasi forma di reazione nell’assunzione delle proprie responsabilità. È un’attività questa che tocca le esigenze e le aspirazioni le più profonde dell’anima del popolo. Ed è qui che si può riconoscere quello che l’Esortazione AM chiama «distinzione necessaria tra culturale e cultuale»21: quando qualcuno prende coscienza del male che porta in sé, del suo peccato, delle sue paure e decide di uscirne chiedendo aiuto a qualcuno, qui si opera il passaggio «religioso» e la persona agisce sulla cultura. Questa presa di coscienza aiuta la persona ad essere più realista, più responsabile e in grado così di accogliere la grazia, passando dalla paura alla libertà, dal rancore alla comprensione, dal cercare per se al dono, dal timore alla lode e all’azione di grazia. A segnalare infine un iniziativa personale che indica l’interesse culturale dell’aver vissuto a lungo presso un popolo: il libro pubblicato da Simoncelli p. Giulio22. Sono raccolti proverbi, racconti, l’epopea del popolo dei Warega dove il confratello ha esercitato il suo ministero per parecchi anni. Dopo una simile riflessione che non pretende di essere esauriente, ci si rende conto di come il dialogo sia una attività missionaria da curare e da sviluppare, da fare entrare in pastorale e nello studio, da attualizzare nel vita e da inserire nel cammino spirituale di ciascuno23. In questa prospettiva, i nostri centri di spiritualità, le nostre case di formazione, le parrocchie dove siamo impegnati, potrebbero diventare a loro volta «centri di dialogo», più attenti alle manifestazione religiose e culturali presenti sul terreno, nel loro evolversi e nel loro farsi continuamente. A noi Saveriani presenti in RDCongo di assumere questa attitudine spirituale affinché si realizzi un «fraterno e qualificato dialogo di vita e di fede» per promuoverne «i comuni valori del Regno»24. 21. Cf. n. 92. 22. G. Simoncelli, Missione tra i Balega nelle foreste del Congo, Ed. La Pinacoteca alla Crocetta di Mozzo, Bergamo, 2009, pp. 289. 23. Cf. rmx, nn. 62–67. 24. Costituzioni, n. 13. dialogo interculturale Sierra Leone Michele Carlini Declarations of the Local Church — Apostolic Exhortation Africae Munus «The inculturation of the Gospel and the evangelization of culture» (36–38) and some institutions and African values (42-80); — The Makeni Diocesan Synod (2006) dealt with six areas. Particularly relevant part i on Evangelization and Part vi on Liturgy and Inculturation. See the Acta «Growing as a Local Church,» Makeni, 2006, especially pp. 112–33; — itcabic (Bishops’ Conference of Sierra Leone and The Gambia), «The Bishops of itcabic Speak» (from 1977 to 2001) give some exhortations on the topic, e.g. p. 132; — The Archdiocese of Freetown has prepared the Lineamenta for the Pastoral Assembly 2012. The interreligious dialogue is highlighted but not the cultural yet. As we are required to submit our considerations, we will also include a reminder on this topic. Describe any Existing Xaverian Intercultural Dialogue Center in the Region We don’t run a center for Inter-cultural Dialogue. Our Schools are indirect centers for Inter-cultural dialogue. Xaverian Activities and Publications — Though there are not specific works on the matter, the books of Fr. Senno give a meaningful contribution on the knowledge of the Limba, considering the very few existing studies on that ethnic group. Cf. T. Senno, Giornale etnografico. Matebeh. Ricerca d’armonia cosmica tra i Birrwa della Sierra Leone. Bologna: emi, 2000; and T. Senno, Un missionario tra i Birrwa-Limba della Sierra Leone. Bologna: emi, 1993; — In a Regional Assembly (2011) we invited the Vicar General of Freetown to give a talk on the African Synod ii. He gave a much appreciated contribution on the cultural notion of personhood in the West and among the Mende of Sierra Leone. He then explained some cultural aspects and ceremonies of this country, mentioning also some abuses of this cultural capital; 31 32 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 — Some confreres have gone a certain length towards membership into the secret societies; — We indirectly dialogue with the African Traditional Religions (atr) religion/ culture by integrating in our activities some local rites, such as libation to the Ancestors of the place whenever a new building is to be erected: school, church, etc. The rite is performed by one of the Elders of the place, according to the local tradition; — Some elements of the rituals of the Traditional Culture are being used in our celebrations/sacraments, such as marriages, presentation to the community of a new born child, initiations… Problems Encountered Internal problems: we never really planned about this sector in the Region; External problems: — At times we sense some animosity among the people, conflict between the various ethnic groups in Sierra Leone (also at a political level); — Some Muslims wrongly identify the Christian Church with the West, thus blaming Christianity for the actions of Western governments; — Some mosques host preachers against the Catholic Church. In recent years, more women have started to wear various Muslim outfits (chadors, burka, …), which were never seen before in Sierra Leone; — During the war the un contingents radicalized the Muslim population; — There is some ambiguity in our work here: good relationship between Muslims and Christians is maintained for sake of the materialistic benefit that people receive as a result of our commitment for development. Opportunities to Discuss Intercultural Dialogue Among Us At a community level we are committed to reading and in-depth study of Encyclicals or other documents of the Church’s Magisterium. As a Region we shall dedicate an Assembly-Retreat of a week on Islam. Sierra Leone is a «Muslim dominated country,» as we are often reminded here, and the workshop will deal with the cultural aspects of this religion, since the Muslim faith also covers all the other aspects of social life. We are looking for an expert in the field. dialogo interculturale Taiwan Fabrizio Tosolini P roporzioni fatte, probabilmente la Delegazione Cinese è la circoscrizione Saveriana più coinvolta nell’impegno verso il mondo della cultura. Per prima cosa, uno sguardo alla storia. Storia Fin dalla preparazione degli inizi (a partire dal 1986 con il Gruppo Cina), alcune persone hanno cominciato degli studi specializzati (antropologia, insegnamento dell’inglese, musicologia), in vista di una presenza qualificata e accettabile nel mondo cinese.Nel tempo, si è aggiunto il nuovo campo dell’archeologia buddhista, e quello del management. Queste specializzazioni hanno poi aperto la strada per un servizio di insegnamento, e di assistenza tecnica a vari gruppi operanti nel sociale. Questi servizi hanno permesso ai confratelli una presenza stabile, non invasiva (il cosiddetto «basso profilo»), e costruttiva nella difficile situazione del continente. Parallelamente, anche a Taiwan, la qualificazione a livello culturale è stata una delle opzioni preferenziali. Sull’isola comunque, in dipendenza dalle opzioni dei singoli confratelli, e anche data la situazione culturale e politica più aperta, l’orientamento è stato verso studi più chiaramente legati alla religione e alla Chiesa Cattolica (Bibbia e Scienze Religiose). In entrambi i casi lo sbocco è da una parte l’insegnamento (negli ultimi due anni hanno cominciato a frequentare i corsi anche studenti che provengono dal Continente), dall’altra un servizio qualificato alla pastorale e al dialogo interreligioso. In questo momento si sta delineando una nuova via intermedia (lo studio delle traduzioni in cinese di testi religiosi), che sembra utile anche in vista del lavoro in Terraferma. Né si deve dimenticare il servizio offerto da un confratello come Direttore del Centro Studi Cinesi della Pontificia Università Urbaniana a Roma. In pratica, a partire dagli inizi, e in modo costante, l’orientamento verso il mondo della cultura ha coinvolto la maggioranza dei confratelli presenti nella Delegazione. 33 34 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 Risultati A questo punto, si possono anche elencare dei risultati. a) Sono state scritte e discusse delle tesi di valore (una delle quali è stata anche proposta per un premio nazionale, consegnato dal Premier), a cui sono seguite pubblicazioni di libri e articoli specializzati; b) Uno dei nostri confratelli è riconosciuto a livello mondiale come una autorità nel campo della ricerca su alcuni siti buddhisti della Via della Seta; c) A un altro è stato richiesto di scrivere alcune voci nell’Enciclopedia Cinese della Musica; d) È stata pubblicata in Cina la traduzione in cinese di una importante opera del Tucci (Indotibetica), che ha avuto come sponsor il Direttore della Banca d’Italia; e) Oltre ai diversi insegnamenti, a partire dai quali si aprono continuamente nuove prospettive e possibilità, a Taiwan un confratello lavora nella Conferenza Episcopale per il dialogo interreligioso, ed è diventato un punto di riferimento in questo campo per tutta la Chiesa Taiwanese; f) Analogamente, il servizio svolto a Roma all’Urbaniana si rivela di grande importanza anche in riferimento ai rapporti tra il Vaticano e la rpc. Riflessioni Si possono offrire a questo punto anche alcune riflessioni. Innanzitutto, il servizio nel campo della cultura mostra la sua rilevanza positiva in vista della Missione, e questo secondo almeno due dimensioni. In primis, ovviamente, a livello dei contenuti, quando essi hanno relazione con la religione in genere e con la Chiesa Cattolica in particolare. Ma poi anche a livello delle relazioni interpersonali che si creano nel corso degli anni. Queste sono più libere, immediate, spontanee; si può andare in profondità e condividere la fede e la speranza che ci animano. Non sempre si tratta di grandi numeri e di risultati immediatamente visibili, di sicuro però c’è verità e intensità nel cercare insieme, fraternamente. C’è poi — e la Delegazione Cinese ne fa esperienza in modo speciale — un rapporto non distorto con la realtà della vita sociale: ci si deve adattare alle logiche e ai ritmi di una vita normale, senza poter far conto degli «sconti», o delle «corsie preferenziali» offerte altrove: queste facilitazioni infatti, se da una parte sono comode e aiutano, dall’altra non favoriscono un atteggiamento di umiltà, una disponibilità ad imparare, ad adattarsi, a cui in genere tutti sono costretti se vogliono vivere in una società, e da cui i Religiosi corrono il rischio di ritenersi esenti. dialogo interculturale Questo fatto comunque comporta il rischio dell’isolamento dei confratelli impegnati in questi campi: in primo luogo il tempo da dedicare allo studio diminuisce la disponibilità a «perder tempo» nei dialoghi e nella vita comunitaria; inoltre, il contatto con la realtà della vita fuori della protezione del convento, crea una mentalità un po’ diversa da quella dei confratelli che lavorano «per linee interne», riparati sotto le ali delle strutture ecclesiastiche. Quando questa nuova mens non viene accolta, ci si può facilmente isolare nel giudizio, nella sfiducia, in formalismi relazionali che non sono di nessuna utilità per la crescita comune. Sfide Rimangono sempre, infine, le sfide legate al far Missione percorrendo la via della cultura: a) occorre prestare molta attenzione a non perdersi in progetti allettanti ma inutili in vista del nostro fine, ricordando che la scelta della vita religiosa comporta morte a sé stessi e ai propri progetti, in vista dell’obbedienza ai progetti di Dio; b) occorre qualificare le relazioni interpersonali che possono nascere, così da offrire veramente una via all’incontro con il Signore; c) occorre un costante dialogo con la comunità (e della comunità con i confratelli impegnati nel servizio culturale), cosicché questa interazione diventi occasione di crescita insieme, e non fonte di scoraggiamento per tutti; e) occorre una gestione del settore, così che le competenze acquisite tornino utili anche all’interno della Famiglia Saveriana, e i confratelli impegnati in esso possano mettersi al suo servizio anche in altre incombenze; f) occorre creare una tradizione di travaso di quanto acquisito negli studi, nella reciproca disponibilità a condividere e ad imparare, per l’arricchimento reciproco attraverso scambi e discussioni, anche a livello informale, e per evitare rischi di polarizzazioni non costruttive. In definitiva, il nostro carisma è annunciare Cristo, e questo passa attraverso la santità comunitaria e personale. 35 36 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 United States Carl Chudy 1. Throughout the United States we experience a profound demographic shift as Hispanics, Asians, Caribbean people, Africans and many other communities of nonEuropean origin are on the rise. Today, more than ever, the Church’s mission to proclaim the Gospel of Jesus Christ and promote the life and dignity of each and every human being has much to do with insight into cultures. us Catholic parishes and Dioceses are moving from monocultural patterns to ones we call «shared,» that is, to parishes in which more than one language, racial or cultural group seek to celebrate the Eucharist and embody Christian community. 2. In this context the Xaverian Missionaries serve local parishes and diocesan agencies and in our interactions with them we are guided and nourished by our relationships with these communities as we bring our missionary experience and multicultural perspective to bear. In some cases we are assisting dioceses with particular cultural groups. 3. Intercultural dialogue is wrapped up also in the pursuit of interfaith dialogue, for one cannot be without the other. In fact, collaboration with other faith organizations is an additional resource for us. For example, the hyperlink Rumi Forum at <http://www. rumiforum.org/> was founded for the very purpose of fostering both intercultural and interfaith dialogue. Mind of the Local Church 4. The diverse cultural groups in the us are made up of people at many different levels of acculturation to the American experience. While the Church has served as a conduit for this process of adaptation throughout us history, the bishops today are very clear about the fact that the Church’s mission is not to Americanize but to evangelize. This means respecting the languages, customs and style whereby particular cultures live their Catholic faith while seeking to form their emerging Catholic identity in light of the Word of God and Church teaching. The Bishops have key subcommittees that focus on Hispanics, African-Americans, Asians and Pacific Islanders, and Native Americans. 5. The New Evangelization proposed by Pope John Paul ii and further pursued by Pope Benedict xvi involves finding a fit between Catholic identity for today and the di- dialogo interculturale verse cultural identities of the human family. That is why the us bishops have set as one of their priorities the recognition of cultural diversity. 6. One of the main pastoral priorities of the Bishops for the period of 2008–2011 was the recognition of cultural diversity with a special emphasis on Hispanic Ministry in the spirit of Encuentro 2000. There is the need to increase the Catholic community’s understanding and acceptance of cultural diversity in the Church. It also means to include diverse cultures in the life and leadership of dioceses, parishes and other Catholic organizations in the United States. Experiences in the Region 7. A few confreres are assisting certain specific cultural groups by making their mission experience a valuable resource for the local diocese. Frs. Signorelli and Lalli provide some pastoral care with the Brazilian communities and other Portuguese speaking groups. Our shrine attracts a number of different cultural groups yearly. Fr. Matteucig opened doors from our Holliston community with the Chinese community. Fr. Menendez was working specifically in Hispanic ministry while in campus ministry up to this year. Fr. Puopolo, while working with Africa Faith Justice Network, worked with a number of African cultural groups in the Washington area. I too am attempting to connect with Filipino communities in the diocese where the Provincial House resides. 8. Our communities themselves witness intercultural living. We as Xaverians have experienced this weaving of our differences while overseas, but we also experience both that experience of Africa, Asia or Latin America which impacted each of us as well as the day to day intercultural play which directs our present ministries from our us Communities. Our very being witnesses the blessings as well as the challenges of intercultural living. We could have an «at homeness» with this intercultural challenge from the very experience of who we are as an international community. 9. We are members of the United States Catholic Mission Association, a membership group that holds annual national conferences as well as local events that have addressed intercultural mission themes recently from missiological, biblical and ecclesiastical perspectives. 10. Our media, both printed and internet, constantly shares on the intercultural dialogue of the Church in the us and worldwide. This comes out for example through the issues of immigration and the pursuit of hyperlink immigration reform at <http://usccb. org/issues-and-action/human-life-and-dignity/immigration/churchteachingonimmigra- 37 38 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 tionreform.cfm> as an agenda of the us Catholic Church. As missionaries, immigration is an important issue since many of the cultural groups we are sent to in mission are immigrating to this country, both legally and illegally. Internal and External Challenges 11. Like interfaith dialogue, many of our confreres do not parse what we are about as missionaries into intercultural and interfaith dialogue very readily. This is particularly true for advocacy in immigration. Many of them come from parish experiences in the missions, or have been back from the missions so long that their cultural experience is more a distant memory. Formation opportunities in assemblies, study days, collaborative conferences with other communities such as uscma and retreats could have been used more effectively perhaps. 12. Bishops often see us as help for parishes that are struggling with fewer priests, rather than a resource for the missio ad gentes of the diocese. As an added difficulty, dialogue with bishops and local diocesan priests on this matter is not easy. For the Future 13. We hope to continue our service to assist special cultural groups like the Brazilians, Chinese, and Filipino while we have confreres who can carry this out. At the same time, with two confreres speaking Spanish, we also hope to connect to the Hispanic community in a more meaningful way. 14. With the start of our new outreach to youth and young adults from our Holliston community, we are looking to develop an immersion program in one of our missions, perhaps on a yearly basis. Other cross cultural opportunities will also be available as Frs. Puopolo and Menendez develop this office. These may include cross-cultural service projects, special celebrations of cultural diversity (Festival of Nations), using the arts as a way to share the richness of cultures through music, art, etc… Regional Formation toward Intercultural Dialogue 15. Like the important commitment of interfaith dialogue, formation in our communities is needed to help our confreres see this as part and parcel of the vision of our unique call to mission and to find ways to share this aspect with others. Dialogo interreligioso Bangladesh – Domenico Pietanza Brasile Nord – Giuseppe Leoni Brasile Sud – Villaseñor Rafael López Burundi – Modesto Todeschi Camerun – Franco Sana Ciad – Perera Jesús Manuel Calero Giappone – Franco Sottocornola Indonesia – Francesco Marini Philippines – Everaldo Dos Santos RDCongo – Gianni Brentegani Sierra Leone – Michele Carlini Taiwan – Paulin Batairwa United Kingdom – John Convery United States – Carl Chudy Bangladesh Domenico Pietanza È dal 1977 che noi Saveriani e il pime abbiamo cominciato a dare importanza e a tenere incontri riguardanti il dialogo interreligioso e culturale in Bangladesh. Tenendo presente la cultura bengalese (che cerca di sottolineare quello che unisce piuttosto che quello che divide), l’impegno della Chiesa a promuovere l’unità e la coesistenza amorevole e vicendevole con tutti gli uomini (Nostra aetate 1) e i vari documenti della Federazione dei Vescovi Asiatici (fabc) scritti sull’argomento, alcuni padri hanno incominciato a incontrare i maulana, gli ulema e i sufi per instaurare un dialogo di reciproca conoscenza sugli aspetti religiosi e culturali della religione islamica e del Cristianesimo. Gli argomenti trattati in quei raduni erano di natura principalmente teologica e avevano come oggetto le rispettive fedi. Grazie a questi incontri si era creata un’amicizia fra i partecipanti dei due gruppi. I pp. Saveriani Sebastiano Tedesco, Francesco Zannini e il p. Enzo Corba del pime (cioè i pionieri del dialogo interreligioso in Bangladesh) si incontravano regolarmente fra loro (e con il Vescovo Joachim Rozario csc) per uno scambio reciproco sulle esperienze che stavano vivendo, ed è mia convinzione che questa stretta collaborazione li aiutasse molto. Desiderando un maggiore approfondimento e una più vasta competenza su questo argomento, i capitoli saveriani del Bangladesh sollecitarono dei programmi di azione pastorale che prestassero attenzione anche al gruppo indù (che in Bangladesh rappresenta il 12 della popolazione) e si chiese ad alcuni padri di specializzarsi in vista di un futuro impiego in questa importante attività. Oltre all’Islam, anche coloro che appartenevano alla religione indù entrarono di diritto come partners qualificati all’interno del lavoro dedicato al dialogo interreligioso. Occorre però notare che come Saveriani abbiamo sempre considerato l’attività fra i «non-cristiani» (termine usato fino a pochi anni fa, e di cui parlano le nostre Costituzioni) come un impegno che riguardasse tutti i Saveriani del Bangladesh. E questo per il semplice fatto che siamo continuamente a contatto con gruppi di fede diversa, e la comunità cristiana è numericamente molto piccola (500.000 fedeli rispetto ai 160 milioni di bengalesi). Con creatività e cercando di assecondare le capacità e le qualità di ciascuno ci siamo calati nella loro realtà e ci siamo impegnati senza riserve nel fare del bene e nel testimoniare l’amore che ha Dio verso ogni uomo e di cui Lui stesso è Padre. Al Dialogue Centre si sono 42 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 avvicendati e/o hanno lavorato assieme i pp. John Fagan e Archey Casey, il p. Riccardo Tobanelli e il p. Agustin Albor e altri ancora. Oggi i vescovi del Bangladesh sono di solito più attenti e curano molto l’attività del dialogo interreligioso presente nelle loro diocesi, e questo sia per quanto riguarda incontri qualificati e specializzati che per quanto riguarda la vita pratica quotidiana. Attualmente l’attività del dialogo interreligioso di Khulna è condotta da due padri: un saveriano (p. Domenico Pietanza) e un sacerdote diocesano (p. Bablu Sarker), in qualità di coadiutore. I raduni con i rappresentanti del gruppo islamico, cristiano e indù della città ha generalmente luogo ogni due mesi, attualizzando così il programma di incontri che si era deciso in comune all’inizio dell’anno. In questi incontri, in un clima di condivisione e maggiore conoscenza reciproca, vengono dibattuti temi concernenti le tre fedi e le diverse tradizioni religiose a cui ciascuno appartiene. Per diventare membri di questo gruppo è necessario partecipare a dei colloqui introduttivi riguardanti il tema del dialogo interreligioso, perché si era notato come a volte, soprattutto tra i nuovi arrivati, sorgevano varie incomprensioni circa la natura e lo scopo del gruppo e dei raduni stessi. Ogni anno, poi, in occasione delle feste più importanti delle tre religioni, ci sono incontri aperti al pubblico di qualsiasi fede, dove il rappresentante della religione la cui festa è stata appena celebrata spiega la festività, la sua storia e la sua teologia, mentre gli appartenenti alle altre fedi possono intervenire e commentare se vi fosse qualcosa di comune o di simile di quanto celebrato nella loro religione. Scopo di questi raduni è quello di riflettere sulla fede propria e altrui, creando una più approfondita e reciproca conoscenza fra i gruppi dai quali, molto spesso, nascono anche delle profonde amicizie. È ormai consuetudine che prima di Natale, si organizzi un incontro con il pubblico della città di Khulna dove si parla di un tema proposto e commentato da un relatore islamico, indù e cristiano e si faccia poi seguire l’intervento da una discussione o scambio di idee fra i partecipanti sull’argomento trattato. Il tema è scelto dal gruppo del Dialogo rappresentato dai credenti delle tre fedi, e per questa occasione viene pubblicato, in bengalese, un fascicolo contenente gli interventi degli oratori di quel giorno, oltre che altri articoli ritenuti interessanti. Alla fine dello scorso settembre, poi, abbiamo promosso una giornata di studio per i giovani del College e universitari di Khulna, chiedendo la collaborazione anche dei professori sensibili ai nostri argomenti e al tema del dialogo interreligioso. È nostra intenzione continuare con questa iniziativa organizzando con gli studenti degli incontri mensili e offrendo loro delle tematiche su cui riflettere e crescere nella loro fede oltre che nell’incontro con l’altro. Questa iniziativa ha finora coinvolto tre College di Khulna, in ognuno dei quali dialogo interreligioso c’è un professore che ci aiuta nella progettazione degli incontri e, allo stesso tempo, si sta formando un gruppo di coordinamento degli studenti che ci aiuterà a gestire il programma. Abbiamo inoltre intenzione di stampare una pagina di informazioni e formazione da distribuire e far circolare tra i nostri giovani per coinvolgerli quanto più possibile in questo fondamentale cammino riguardante il dialogo, un cammino che certamente è sempre nuovo e che speriamo il Signore ci sostenga e ci aiuti, poiché è la sua opera che vogliamo realizzare e noi non possiamo che sentirci «servi di poco conto in questa grande opera». Il Centro desidera quindi creare e diffondere rapporti di armonia e concordia fra tutti gli abitanti della città di Khulna. Questo significa non solo essere tolleranti nei confronti dell’altro, come se l’altro stesse sbagliando e quindi bisognasse portare pazienza nei suoi confronti, quanto piuttosto interagire con coloro che appartengono a una fede diversa, conoscersi meglio e rispettarsi, senza dar adito a critiche, senza ostentare atteggiamenti di superiorità e senza ritenere di essere sempre nel giusto. Di solito, la metodologia adottata nei nostri incontri con il pubblico consiste nel dare la parola al rappresentate di ogni gruppo religioso e poi, nel reciproco rispetto, si può intervenire lasciando spazio a domande di chiarimento o di approfondimento da rivolgere ai relatori. Il Centro poi anima incontri riguardanti il dialogo interreligioso anche al di fuori dalla città di Khulna, in tutti quei luoghi in cui le varie organizzazioni non governative e i tanti consigli parrocchiali ci invitano a parlare. Mediante questa attività, stiamo cercando di creare «una rete di amici» che si incontrino per parlare di temi religiosi, condividendo la propria fede e diventando operatori di pace nella società bengalese e nel mondo. Le difficoltà che generalmente incontriamo derivano dal fatto che, di solito, gli islamici sono poco propensi al dialogo interreligioso. E questo prima di tutto per motivi sociologici (dato che essi rappresentano la stragrande maggioranza nel paese, cioè l’88 della popolazione) e, in secondo luogo, per motivi religiosi perché l’Islam si ritiene il compimento, la sintesi compiuta della religione ebraica e del Cristianesimo. Il Corano afferma infatti che Maometto è «il suggello dei profeti» (Sura 33:40), colui che porta a termine e perfeziona le rivelazioni precedenti (cioè quelle ebraiche e cristiane). Per questa ragione, il più delle volte i maulana e/o gli ulema che sono stati invitati ai nostri incontri, partecipano solo il tempo necessario per leggere il loro intervento, e poi abbandonano l’assemblea. Altri maulana, invece, dimostrano una certa apertura e simpatia per il dialogo interreligioso, e con loro stiamo progettando di ritrovarci almeno una volta all’anno. Uno dei miei compiti e impegni è appunto quello di cercare queste persone e di coinvolgerle per quanto possibile nelle nostre attività. Un impegno questo che richiede una notevole dose di coraggio, di fede e di perseveranza. 43 44 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 Brasile Nord Giuseppe Leoni U na ricerca sul dialogo interculturale e interreligioso, nella nostra regione, trova, nella festa del Círio de nossa Senhora de Nazaré, una piattaforma ideale nella descrizione che ne fa João de Jesus Paes Loureiro, professore, poeta, già segretario di Educazione dello Stato del Parà, Brasile. Eccola: Il Círio è la «vetrata» dell’anima paraense. Nel cristallo della sua trasparenza a colori c’è tutto un mondo: volti, scene, allegorie, immagini, natura, case, manghi, santi, uomini, angeli. È una drammaturgia etno-liturgica di un corteo mistico diventato mitico nella sua circolarità ricorrente nel tempo, da più di duecento anni. Qui si intrecciano fede e fantasia, realtà e sogno, immanenza e trascendenza. Tutte le arti compongono questa vetrata attraversata dalla luce di un’estetica religiosa. Luce che da secoli viene dal sole dell’anima, attraversa la vetrata e illumina i sentieri di una felicità che dà senso al desiderio degli uomini. Tre gli elementi fondamentali nel Círio di Nazareth di Belèm del Parà: la Berlinda (il saccello-vetrina-carrozza dell’immagine della Madonna), la Corda (per trainare simbolicamente la carrozza), i giocattoli di Miriti (artefatti di tronco di palma). La Berlinda simbolizza la fede; la Corda simbolizza la devozione; i Giocattoli di Miriti, la cultura artistica. Ma la fiumana simbolica che accompagna è costituita da: fotografia, teatro, musica, cinema, pittura, poesia. Senza questo complesso estetico il Círio sarebbe solo un’immensa processione di carattere puramente devozionale. Con questa complessa combinazione, dove non si distingue chiaro il religioso e il profano, l’emozione collettiva non separa l’artistico dal sacro. Il sacro emoziona attraverso l’estetico. Il Círio di Nazareth è una catarsi di identità. Ogni sentimento represso dello stare insieme trova libertà in questa dionisiaca celebrazione del barrocchismo cattolico e, anche, culturale del Parà-amazzonico. Si perde la distinzione tra arte e realtà, religione e credo, popoli e razze, ricchi e poveri, bambini e adulti, estranei e conoscenti, contadini e cittadini. L’arte culinaria celebra la carnalità pagana. La prece consacra la spiritualità cristiana. Il Carro degli Angeli (coi bambini vestiti di bianco, con le ali) è una scena di paradiso in terra. Il Carro dei Miracoli (in cera, gli ex-voto e le domande di cura) è il barcone dell’inferno delle disgrazie umane. Quelli che fanno voti incarnano la fiducia in una felicità possibile. Quelli che stringono la Corda avanzano nell’ordinato disordine trascinando per le strade la certezza di ricongiungere la speranza fatta a pezzi nel quotidiano del mondo. Il Círio di Nazareth, nella sua complessa struttura , è uno spettacolo di arte totale in dimensione liturgica. Arti incorporate nel rito. Siano esse del Círio, o ispirate al Círio, o partecipi col Círio, o inerenti nel Círio: la poesia del Círio è la poesia della totalità organica.. Impossibile separare il Círio delle Arti dalle Arti del Círio. Arte e Círio sono due sponde di uno stesso fiume in cui si specchiano e si realizzano. Si coinvolgono, si integrano, si armonizano, si santificano, si estetizzano, si trascendono. Perché nel Círio di Nazaré di Belèm del Parà la liturgia si esprime in bellezza e l’arte in preghiera1. 1. Estratto dal quotidiano O Liberal: «Especial: Círio de Nazarè», 9–10–2011. dialogo interreligioso Dialogo interculturale-interreligioso «La convivenza nasce dal dialogo che celebra le nostre differenze». Come non condividere questa massima di Tenzin Gyatso, il xiv Dalai Lama? Come non cercare, con un dialogo sincero e disarmato, i valori che uniscono, aldilà delle differenze, tutti gli esseri umani? Il Dalai Lama è venuto in Brasile due mesi fa (15–17 settembre 2011) ed ha partecipato, nel World Trade Center— São Paulo, ad una intervista collettiva, sul dialogo interreligioso, interculturale e pluridisciplinare. Ha aperto l’intervista dichiarando il suo impegno personale: Io sto parlando con voi come un essere umano, come uno dei sette miliardi di esseri umani che esistono nel pianeta. Noi siamo basicamente tutti uguali: a livello mentale, emozionale, fisico... del tutto uguali. Certo, tra di noi ci sono delle differenze di lingua, di razza e di fede religiosa, ma queste cose esistono ad un livello secondario. Tu vuoi essere felice, desideri una vita buona; anch’io desidero la stessa cosa... Ma se diamo molta enfasi a ció che ho chiamato secondario, alle differenze di fede, di personalità, di nazionalità, allora nascono i problemi, che però sono stati creati dall’uomo stesso per il fatto di ritenere importanti cose secondarie, dimenticando l’unità, l’elemento comune che unisce l’umanità. Il mio impegno principale è quello di cercare di creare una coscienza circa l’uguaglianza fra tutti gli esseri umani che condividono l’unico pianeta. Dobbiamo considerarci, gli uni gli altri, fratelli e sorelle consapevoli di condividere una sola casa di cui siamo responsabili. Sappiamo che, nel nostro pianeta, esistono grandi tradizioni religiose e abbiamo assistito nel passato e assistiamo tutt’ora a conflitti che nascono dalle differenze religiose... Ma ciò che sento in noi è la necessità di promuovere l’armonia tra le varie differenze religiose. Certo, ci sono divergenze, ma ció che esiste di più significativo è che tutte le grandi tradizioni religiose portano dentro lo stesso messaggio: il messaggio della compassione, dell’amore, del perdono e dell’autodisciplina. Valori questi che formano la base della condotta etica. Allora, se vogliamo promuovere la morale e l’etica, è importante che promoviamo l’armonia che sarà il loro fondamento2. Nel quotidiano Alcuni «salotti» perivilegiati per dialogare nel quotidiano ci paiono i seguenti: 1. Facendo la fila nei vari ospedali del Governo viviamo l’interculturalità e l’interreligiosità anche se abbiamo il «fondo salute» e possiamo, in una clinica privata, trovare un ambiente più elegante e evitare la fila; 2. Il mezzo di trasporto collettivo, sia in città che fuori città: ecco una «base comune» per dialogare; 3. La visita alle famiglie e agli ammalati: il dialogo è facilitato soprattutto se non si ha fretta e se ci si «prepara» andando, a queste visite, in autobus, in bicicletta o a piedi; 2. Estratto dalla rivista Cidade Nova, 2011, liii/11. 45 46 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 4. Le processioni, soprattutto se non siamo noi a dirigerle con preghiere e con canti; il mercato; l’arraial (il sagrato con le bancherelle nei giorni di Festa); le veglie funebri, i funerali (aiutando anche, nella sepoltura, con la zappa e col badile); gli incontri biblici nelle famiglie; la chiesa o la cappella (arrivando prima delle celebrazioni per salutare chi arriva); la chiesa, per «ascoltare» l’Eucarestia; il confessionale (per confessarsi e confessare); 5. I problemi sociali con cui ci si coinvolge attraverso: il Grito dos Excluídos, le manifestazioni di massa nelle strade e nelle piazze in difesa dei diritti umani e dell’ecologia, la presenza di annuncio-denuncia nel mondo del lavoro, dell’educazione, dell’economia, della politica, dei mass-media, tra i giovani...; 6. La Pastorale Indigenista della nostra Regione è spazio privilegiato per i due dialoghi. Siamo presenti, da più di trent’anni, in mezzo ai Kayapó in particolare, ma anche presso altre etnie lungo il fiume Xingu ed affluenti. L’equipe saveriana si dedica a tempo pieno in questa pastorale specifica e il dialogo coi Kayapó poggia su una conoscenza profonda della loro cultura e della loro lingua. La partecipazione dei missionari alla vita degli Indios (specialmente nelle feste rituali, nella formazione scolastica dei giovani, nelle rivendicazioni dei diritti della comunità indigena) ha favorito amicizia e rispetto reciproci, garantendo un dialogo proficuo; 7. Il xii Capitolo Regionale (gennaio 2011) ha confermato come priorità per i Saveriani della Regione bn: la Vita Saveriana, l’Animazione Missionaria e Vocazionale, la Formazione, l’Economia, la Pastorale Indigenista, la Pastorale Parrocchiale, la Pastorale delle Periferie, le Pastorali Sociali, la Comissione Pastorale della Terra. È soprattutto in queste priorità che siamo chiamati a «dialogare» per fare e rifare della comunità il soggetto della missione; 8. Finalmente, oltre che elencare, nella nostra Regione, «piattaforme» e «salotti» per dialogare, non saprei rispondere circa i «propriamente detti» due dialoghi, ma, senza ripetere il già detto, i dialoghi della vita avvengono comunque. Pronunciamenti della Chiesa locale a) Il Documento di Aparecida: testo conclusivo della v Conferenza Generale dell’Episcopato Latino-Americano de Caribe (13–31 maggio 2007), in 45 nn. trattano del «dialogo»; b) Il Documento del ix Incontro dei Vescovi dell’Amazzonia Discepoli Missionari in Amazzonia (11–13 settembre 2007) rimanda al Documento di Aparecida e insiste sull’inculturazione dei missionari; dialogo interreligioso c) Le Direttrici Generali dell’Azione Evangelizzatrice della Chiesa in Brasile per il periodo 2011–2015 in 21 nn. menziona il «dialogo» e rimanda alla linea 5 (dimensione ecumenica e dialogo religioso) del Plano de Pastoral de Conjunto 1966–1970. Circa la nostra Regione 1. In Regione non esiste un centro di dialogo saveriano (sia interreligioso che interculturale) e neppure in passato i saveriani hanno lavorato o avuto compiti specifici riguardo ai due dialoghi. 2. P. Savino Mombelli (dottorato in Missiologia all’Urbaniana) ha fatto uno studio col titolo Valores Religiosos do Círio de Nazarè (1976) che è stato pubblicato dall’Università Federale del Parà; inoltre P. Savino ha scritto vari articoli sul dialogo e attualmente insegna Filosofia delle Religioni all’iref (Istituto Religioso di Formazione Presbiterale dell’Archidiocesi di Belèm)3. 3. Problemi e difficoltà: più che poca sensibilità nei confronti del dialogo interreligioso e interculturale, io credo si possa parlare di poca preparazione scientifica in subiecta materia e quindi una non cosciente disattenzione nei confronti dei valori della cultura del Paese dell’altro. 4. Aspettative per il futuro: Se il «dialogo» è paradigma della missione oggi, credo si debba evidenziare maggiormente, nella formazione dei missionari, questa disciplina o attività. 5. Nel «post-convegno sulla missione», un «Segretariato del Dialogo Culturale e Interreligioso» (magari presieduto da p. Francesco Marini) potrebbe aiutare la Congregazione ad attualizzare il Convegno in tutte le Regioni e a mantenerne vivo l’impegno. In conclusione… «Tutta la nostra attività missionaria, marcata dall’interculturalità, deve riproporre con coraggio la bellezza dell’universale vocazione dei popoli a diventare famiglia di Dio, a sperimentarne l’amore paterno e liberante. 3. P. Savino si è specializzato a Roma sulle religioni afro-brasiliane e, a partire da queste, ha composto sia la tesi di licenza (Riviviscenza delle religioni africane in Brasile, pubblicata in Fede e Civiltà nel 1970) che quella del dottorato (Origine e significati di una religione popolare brasiliana, pubblicata in Fede e Civiltà nel 1971). Importante è anche il suo lavoro su Círio de Nazaré, con più di 200 pagine pubblicate dall’Università Federale del Parà, dove era responsabile del corso di Teologia (tra il 74 e 82). Altri articoli pubblicati (almeno una ventina) riguardano la religiosità popolare e la pastorale. 47 48 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 Mezzo privilegiato per annunciare questo valore evangelico è il nostro modo di essere , di vivere e di operare come comunità interculturali: vivere con gioia la nostra vocazione missionaria, interagire tra di noi, membri di Paesi e culture diverse, e collaborare attivamente con tutti gli operatori di evangelizzazione nel tentativo di inculturare la fede, sono elementi essenziali che fanno dell’interculturalità il nuovo paradigma della missione» (P. Aquileo Fiorentini, imc). dialogo interreligioso Brasile Sud Villaseñor Rafael López L a cnbb (Conferenza Nazionale dei Vescovi Del Brasile), fondata nel 1952, è l’organizzazione principale della Chiesa del Brasile ed essa ha costituito la Commissione Episcopale Pastorale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso. La Commissione si è riunita più volte con l’obiettivo di riflettere sul valore dell’ecumenismo attraverso il conic (Conselho Nazionale delle Chiese del Brasile) celebrando ogni cinque anni la Campagna della Fraternità ecumenica durante la quaresima e proponendo ogni anno, insieme ad altre iniziative, la settimana di Unità dei Cristiani. Riguardo all’attività specifica del dialogo interreligioso si sono create commissioni bilaterali di dialogo tra cattolici e ebrei, cattolici e musulmani, cattolici e religioni di discendenza africana. Nonostante in Brasile sia ancora di maggioranza cattolica, esiste una grande pluralità religiosa e pentecostale. Secondo i dati ufficiali, c’è una diminuzione dei cattolici, un aumento dei pentecostali e di quelli che si dichiarano senza religione o appartenenti ad altri gruppi religiosi. La maggioranza dei musulmani è costituita da quelle generazioni discendenti degli immigrati provenienti dall’oriente e la maggioranza dei buddhisti è frutto delle immigrazioni provenienti dal Giappone. Tra le priorità stabilite nel Piano del Quadriennio 2011–2015 ci sono: la formazione per il dialogo ecumenico e interreligioso nei «Regionali» della cnbb, lo studio del fenomeno pentecostale, la realizzazione di un Congresso sull’Ecumenismo e di un Seminario sul Dialogo Interreligioso (per commemorare i cinquanta anni del Concilio Vaticano ii), la ristrutturazione delle Commissioni Bilaterali per l’Ecumenismo, il rafforzamento dell’azione dei Vescovi (e anche dei loro assessori) che rappresentano il settore Ecumenismo nei «Regionali» della cnbb. La cnbb, durante la sua storia, ha elaborato vari documenti di studio riguardanti la teologia del pluralismo religioso: 1986 Guia para o Diàlogo Católico-Judaico no Brasil, n. 46. São Paulo, Paulinas. 1987 Guia para o Diàlogo Interreligioso, n. 52, São Paulo, Paulinas. 1991 Igreja Católica Diante do Pluralismo Religioso no Brasil, i. n. 62. São Paulo, Paulinas. 1993 A Igreja Católica Diante do Pluralismo Religioso no Brasil, ii. n. 69. São Paulo, Paulinas. 49 50 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 1993 A Igreja e os Novos Grupos Religiosos, n. 68. São Paulo, Paulus. 1994 A Igreja Católica Diante do Pluralismo Religiosos no Brasil, iii. n. 71. São Paulo, Paulinas. 1997 O que è ecumenismo? Uma ajuda para trabalhar a exigência do diàlogo. São Paulo, Paulinas. 2004 Guia Ecumênico, n. 21. 3ª Edição, São Paulo, Paulus. La cnbb si è impegnata a studiare in maniera obiettiva le varie religioni cercando di descrivere e capire il loro significato e l’origine della pluralità delle diverse forme religiose. I Vescovi riconoscono che oggi viviamo al’interno di una cultura fortemente pluralista (cfr. cnbb 2008, 64) dove le persone scelgono la propria religione in un contesto postmoderno. Come risposta al pluralismo religioso ci si propone di impegnarsi nell’ecumenismo tra i cristiani e nel dialogo interreligioso con i non-cristiani. «L’approssimazione e il dialogo possono prevenire la nascita e la crescita di fanatismi e fondamentalismi di differenti posizioni» (cnbb 2008, 169). «Siamo invitati a sviluppare insieme e, molto di più, la preghiera in comune. Solamente attraverso il contatto fraterno, fatto di preghiera e di dialogo e soltanto condividendo il significato più profondo dell’esperienza religiosa vissuta, è possibile crescere nella stima reciproca e nella collaborazione ecumenica e inter-religiosa in vista del bene comune e della promozione della vita» (cnbb 2008, 170). La cnbb (2008, 168), di fronte al fenomeno del pluralismo religioso, chiede di instaurare un fraterno e rispettoso dialogo con i seguaci delle religioni non cristiane, «con speciale attenzione al dialogo con i giudei e i mussulmani, fratelli nella fede monoteista». Lo stesso dialogo dovrà estendersi al mondo dei discendenti africani, indigeni e atei. Questi gesti concreti hanno lo scopo di facilitare la convivenza fraterna: di fronte alla nuova realtà plurale che il Brasile sta vivendo, «diventa indispensabile studiare le nuove tendenze religiose, le altre Chiese cristiane e le tradizioni non cristiane, anche laddove il dialogo non è immediatamente possibile». «È necessario conoscere per discernere i valori che devono essere scelti in conformità con la nuova realtà del mondo plurale» (cnbb 2008, 171). L’enfasi data all’ecumenismo e al dialogo interreligioso dovrà concretizzarsi nell’incontro fraterno tra i cristiani e non cristiani come parte importante della collaborazione ecumenica. Nel dialogo, nella convivenza ecumenica e inter-religiosa, la Chiesa è chiamata all’incontro fraterno, fatto di preghiera e di dialogo; è chiamata a condividere l’esperienza religiosa vissuta in vista del bene comune e della promozione della vita per tutti (cfr cnbb 2008, 165–171). Come Saveriani della Regione del Brasile Sud, purtroppo, non partecipiamo direttamente al dialogo interreligioso, e proprio per questo non vi sono pubblicazioni in que- dialogo interreligioso sto settore. Ci potrebbe però essere qualche collaborazione con le iniziative a favore del dialogo interreligioso nelle organizzazioni ecclesiali già esistenti, come, per esempio, la Casa della Riconciliazione, (in São Paulo) con il Padre Josè Bizon che è il direttore della casa e che promuove attività in vista dell’Ecumenismo e del dialogo interreligioso. Le difficoltà incontrate nel servizio missionario sono molte come, ad esempio, la sfida dell’integrazione tra il dialogo interreligioso e l’Animazione Missionaria nella nostra Regione Saveriana del Brasile Sud, la mancanza di ambienti, l’assenza di personale preparato, poca sensibilità verso il dialogo interreligioso e interculturale… In futuro, forse, alcuni passi più concreti verso la promozione di questo dialogo potranno essere realizzati e pensati come parte dell’Animazione Missionaria della nostra Regione Saveriana nel Brasile Sud. 51 52 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 Burundi Modesto Todeschi 1. Pronunciamenti della Chiesa Africana: su questo argomento il Secondo Sinodo Africano ai nn. 10–13 parla chiaramente con insistenza su questo argomento. Il Papa fra pochi giorni presenterà la lettera apostolica su questo argomento. Il lavoro e l’impegno in questa direzione è dunque più che sicuro. 2. Come missionari Saveriani in Burundi, pur avendo delle caratteristiche importanti su altri settori, in questo dimensione del Dialogo interreligioso, non abbiamo nessun centro di dialogo saveriano, nessuna iniziativa in questo senso e nessun saveriano si è impegnato in questa direzione. Si può comunque citare il ruolo che il Centro Giovanile di Kamenge, fondato da P. Claudio Marano, da 20 anni. In modo per quanto indiretto, questo Centro ha sempre dimostrato un’apertura alla accoglienza di tutti i giovani di tutte le religioni, in tutte le iniziative, appunto per mostrare come sia possibile collaborare ed incoraggiarsi assieme. Per es. nel 2002 si era organizzato una sfilata silenziosa dalla Cattedrale di Bujumbura alla Moschea. Con l’occupazione di Bagdad si era pensato che fosse inutile tale iniziativa. Ma ricordo come eravamo riusciti a valorizzare quella preparazione facendo un incontro di preghiera dai Focolari con la presenza del Nunzio apostolico e dell’Arcivescovo con una corale di bambini musulmani e un’altra di giovani cattolici. Ma in seguito non si riuscì ad organizzare nulla di simile. 3. Nessuna iniziativa o pubblicazione saveriana 4. Possiamo certo parlare di poca sensibilità nei confronti del dialogo interreligioso e di scarso livello di accettazione di questo impegno da parte di noi Saveriani. Abbiamo già tanto lavoro che ci impegna a fondo e non si è mai pensato di iniziare appunto un dialogo in questa direzione. Certo ce ne sarebbe bisogno e sarebbe utile. Ma anche a livello di Chiesa Burundese si è fatto ben poco. 5. Per il futuro potrebbe e dovrebbe essere un argomento da trattare in collaborazione con le altre Congregazioni religiose e con la Chiesa Locale. Ma, sinceramente, si può prevedere che non ci saranno grandi novità o realizzazioni impegnative, dato che il lavoro apostolico già esistente occupa molto spazio e tante forze. Ma d’altra parte è incontestabile che il problema della mancanza di dialogo e di contatti esiste e che il numero dei musulmani aumenta in modo assai consistente, anche se non ci sono statistiche che conosciamo su questo settore. dialogo interreligioso 6. Altre considerazioni: potrebbe essere possibile tenere i contatti e cercare di collaborare con il Consiglio interconfessionale del Burundi. Presentare una certa disponibilità in questo settore credo che sarebbe incoraggiante per tutti. Così pure per l’Ottavario di preghiera per l’Unità della Chiese credo che sia un’iniziativa da non dimenticare. 53 54 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 Camerun Il dialogo con l’Islam a Younde Franco Sana S ulla spinta degli avvenimenti di dialogo interreligioso vissuti a livello mondiale in questi ultimi decenni, anche i vescovi del Camerun, in collaborazione con le Chiese Protestanti, hanno deciso di creare una associazione, l’acadir, che ha come scopo la facilitazione di questo dialogo. Si tratta di una associazione che vuole non solo promuovere il dialogo ma anche la pace, la concordia e il progresso sociale fra le due grandi religioni, l’Islam e il Cristianesimo. La detta Associazione ha organizzato nel settembre 2006 il primo colloquio (a Maroua), ma la vicenda del discorso del Papa a Ratisbona ha spinto i musulmani a ritirarsi all’ultimo momento in segno di protesta. Un anno dopo, nel novembre 2007, l’incontro avrà effettivamente luogo. L’acadir ha anche tentato di organizzare nel 2010 un Forum sulla Laicità e pluralismo religioso in Camerun, ma per mancanza di finanziamenti il Forum non ha potuto essere realizzato. Nonostante questo, l’Associazione ha organizzato lo stesso anno a Yaounde una tavola rotonda sul tema della coabitazione pacifica tra le religioni, all’occasione del cinquantenario dell’Indipendenza del Camerun. Si trattava di fare un bilancio della coabitazione tra le religioni in Camerun e in Africa a partire dalle Indipendenze. Il professor Jean Paul Messina, intervenendo a proposito della storia delle relazioni interreligiose, ha dichiarato che «se la pace continua in Camerun, crocevia delle religioni, è perché le religioni fanno di tutto per salvaguardarla». Adamou Ndam Ndjoya, presidente esecutivo dell’acadir, ha rilevato da parte sua che le buone relazioni tra le religioni dagli anni cinquanta sono presagio di un futuro ancora migliore, nella misura in cui le discriminazioni religiose e etniche sono state rimpiazzate da molto tempo dalla prossimità, grazie al fatto che le nostre confessioni religiose, in cui Dio regna sovrano, incoraggiano l’amore e la pace. Si tratta di passi timidi di dialogo che comunque fanno ben sperare il futuro. A Yaounde da due anni noi Saveriani partecipiamo alle riunioni dell’acadir insieme al responsabile diocesano. Alla parrocchia di Oyom Abang abbiamo organizzato due anni fa una tavola rotonda sulla laicità, con la partecipazione di un Imam della zona di Nkolbisson e di un professore dell’Università Cattolica. Quest’anno il gruppo parroc- dialogo interreligioso chiale incaricato del dialogo interreligioso ha organizzato una serie di incontri per far conoscere l’Islam ai nostri fedeli. C’è da dire che i musulmani della nostra regione non hanno un gran livello culturale, e questo non facilita un cammino di dialogo. Ci pare che nel nostro quartiere ci sia la tendenza all’installazione di famiglie musulmane un po’ dappertutto, fenomeno che porta con sé anche la conversione di qualche cristiano all’Islam. Dall’altro lato, due anni fa ci sono state delle giovani famiglie musulmane che sono diventate cristiane. Facciamo dei passi ancora timidi su questa via : l’interesse dei cristiani per il dialogo è scarso e quanto a noi non conosciamo ancora bene il paesaggio musulmano di Yaounde. 55 56 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 Ciad Il dialogo con l’Islam a Bongor Perera Jesús Manuel Calero T ra tutte le presenze saveriane in Camerun e in Ciad, Bongor è quella che ha più direttamente a che fare con l’Islam. La zona non è tradizionalmente musulmana, fatta eccezione la presenza di alcuni gruppi Fulbe che convivevano abbastanza bene con gli autoctoni. Ma negli ultimi anni nella zona pastorale di Bongor si è stabilito un numero importante di musulmani in provenienza dal Nord del Ciad. I musulmani impiantati nel Sud del Paese hanno in mano il commercio e i trasporti. L’aspetto dei nostri villaggi cambia. A Bongor in due anni siamo passati da 40 a 56 moschee. L’Islam si fa sempre più visibile (moschee nei posti strategici delle città, la preghiera pubblica, le feste, le ong islamiche, il controllo dei posti chiave della politica…). Le statistiche ufficiali dicono che l’Islam rappresenta il 50 della popolazione totale del Ciad (stimata a circa 12 milioni). Nel piano pastorale della nostra diocesi (1996) non c’è neppure una parola sulle relazioni con l’Islam. I resoconti delle riunioni della Conferenza Episcopale del Ciad invitano regolarmente a interessarsi alla questione del dialogo interreligioso. L’Arcivescovo emerito di Ndjamena, Mons. Charles Vandame sj, durante una riunione della Conferenza Episcopale nel 1991 parlava dell’importanza della formazione del clero e dei fedeli allo scopo di «favorire il dialogo» e arrivare ai seguenti obiettivi : a) «avere in Ciad non solo degli individui, ma delle comunità che abbiano superato la paura, la tentazione del ripiegamento su sé e sul confessionalismo; b) avere in Ciad delle comunità cristiane abbastanza sicure di sé stesse per uscire e andare verso l’altro, il musulmano, interessarsi a lui, accogliere i suoi valori, imparare la sua lingua (l’arabo) e anche adottare senza complessi alcune delle sue abitudini se paiono buone ; c) avere in Ciad delle comunità cristiane così sicure de sé stesse e dei loro valori da finire di insultare e sminuire l’altro». Nella riunione della Conferenza Episcopale del dicembre 2010 è stata fatta la proposta di creare un «Ufficio Nazionale delle relazioni islamo-cristiane» per rispondere a un bisogno già evocato in altre riunioni: «Una istanza nazionale d’osservazione del fenomeno islamico, incaricata di analizzarlo in maniera scientifica e oggettiva e di fare delle proposte. Questo osservatorio dovrebbe esistere allo stesso tempo con delle antenne nelle dialogo interreligioso otto diocesi … Si tratta in effetti di prevedere piuttosto che di subire, di avere un’idea precisa di tutto ciò che riguarda l’evoluzione delle relazioni islamo-cristiane nel nostro Paese e nella Regione». Nell’archidiocesi di Ndjamena esistono da parecchi anni delle iniziative in questo senso: un ufficio diocesano d’incontro cristiani-musulmani, un centro per il dialogo (Al-Muna), laici e preti formati al pisai per sensibilizzare i cristiani, ecc. Noi saveriani abbiamo solo delle relazioni informali e occasionali con qualche persona e qualche imam. Un confratello ha preso contatto con un’iniziativa di dialogo condotta dai Comboniani a Ndjamena e si forma in maniera auto-didatta, creando pian piano una rete di contatti. Ha imparato l’arabo ciadiano, mezzo indispensabile per impegnarsi nel dialogo con l’Islam in Ciad. Le proposte a) creare a livello diocesano e delle zone pastorali un «Ufficio per il dialogo islamocristiano» con dei cristiani sensibili e formati; b) conoscere i responsabili musulmani (Comitato Islamico) di ogni località per contattarli all’occasione di feste e ricorrenze e promuovere iniziative comuni; c) formazione: — dei catechisti e degli animatori delle ceb alla conoscenza dell’Islam (almeno a livello locale) e delle cause e conseguenze dei conflitti e pregiudizi reciproci; — dei catecumeni, sottolineando gli aspetti del credo comuni alla fede cristiana e all’Islam e mettendo in rilievo quelli che ci mettono in conflitto (in particolare la fede trinitaria). d) collaborare nelle opere sociali: scuole, alfabetizzazione, dispensari, biblioteche; e) crearedei gruppi di incontro con musulmani interessati alla conoscenza dell’altro; f) approfittare della radio diocesana (diretta da un Saveriano) per far passare i valori della convivenza pacifica, del rispetto e della conoscenza mutua. Condizioni per un impegno saveriano più incisivo a) rinforzare il personale perché un confratello particolarmente sensibile al dialogo con l’Islam possa essere animatore à livello della zona pastorale e incoraggiare la diocesi a prendere in conto il dialogo ; b) nella pastorale ordinaria interessarsi del dialogo ecumenico e interreligioso ; c) darsi i mezzi per ottenere lo scopo: preparazione. 57 58 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 Giappone Franco Sottocornola S hinmeizan (sulle colline meridionali di Nagomi Machi, Kumamoto-ken) fu fondato nel 1987 da p. Franco Sottocornola su mandato del Superiore Regionale, p. Pier Giorgio Manni, e con la benedizione del Vescovo di Fukuoka, Mons. Hirata. Le indicazioni della seconda assemblea generale della fabc tenutasi a Barrackpore (Calcutta) nel 1978, che richiamavano l’importanza della preghiera nella missione della Chiesa in Asia e auspicavano la fondazione di «luoghi di preghiera inculturati e in dialogo con le religioni locali», fornì un punto di riferimento concreto e attuale ad un progetto già da tempo coltivato dal p. Sottocornola. Fin dall’inizio collaborarono al progetto le Missionarie di Maria inviando tre Sorelle, tra le quali Maria De Giorgi che scrisse la storia degli inizi in Frammento di un dialogo tra Cristiani e Buddhisti, emi 1989. Nel 2003, durante la direzione regionale del p. Paco Marin, Shinmeizan fu assunto dalla regione saveriana come opera della regione stessa. La comunità di Shinmeizan è composta da Saveriani (oltre a P. F. Sottocornola, per cinque anni p. Claudio Codenotti, per due anni il p. Daniele Sarzi Sartori), da Missionarie di Maria (attualmente Maria De Giorgi presente fin dagli inizi) e anche da collaboratori di altri istituti religiosi maschili e femminili (attualmente, il p. Pietro Sonoda ofm Conv.), e anche da laici, avvicendatisi lungo gli anni. Le due componenti di «casa di preghiera» e «centro di dialogo interreligioso» si integrano e completano a vicenda e non potrebbero sussistere l’una senza l’altra. Come «casa di preghiera» Shinmeizan si caratterizza per la sua ricerca di forme inculturate di spiritualità, attinte ai tesori della tradizione giapponese: la natura come luogo di esperienza religiosa (Shintō), il silenzio (Buddhismo), l’«armonia dell’incontro» («la via del tè»)4. Principali attività Come Centro di spiritualità Shinmeizan dal 1996 tiene ritiri mensili aperti a tutti, e organizza corsi di esercizi spirituali con temi ispirati alle caratteristiche della spiritualità propria del Centro, «tre giorni» su temi specifici come «Pregare con i fiori», «La croce e 4. Cfr. Maria De Giorgi, «Tradizione spirituale giapponese e preghiera cristiana. Il cammino di Shinmeizan», in C. Rossini e P. Scialdini, eds., Dizionario della preghiera (ed. Vaticana, 2007), 710–18. dialogo interreligioso zazen», «Il dialogo interreligioso», ecc. Accoglie persone o gruppi desiderosi di trascorrere alcune ore o alcuni giorni (a volte anche settimane o mesi) in un clima di silenzio, preghiera, incontro. Tra i visitatori molti non sono cristiani. Ne abbiamo accompagnato diversi nel cammino verso il battesimo. I visitatori sono circa un migliaio all’anno, dei quali un centinaio e più si fermano per periodi più o meno lunghi. Numerose le persone che vengono in cerca di conforto, guida, in momenti di difficoltà. Le occasioni di «primo annuncio» sono molte. Come Centro di dialogo interreligioso le attività principali possono essere raccolte attorno alle seguenti iniziative: — Vita con il villaggio. Partecipiamo alla vita del villaggio (lavoro, riunioni, riti di inizio e fine dei lavori agricoli…) e accogliamo visite di singoli o gruppi (le tradizionali visite di Capodanno, il gruppo degli anziani a maggio, il gruppo dei piccoli per la celebrazione del Natale)… Nessuno del villaggio (ca. 150 abitanti) è cristiano. E nell’intero Comune di Nagomi (ca. 15,000 abitanti) non c’è neppure un cattolico. — Contatti con templi (buddhisti e shintoisti) e centri di attività religiosa (nuove religioni). Lungo gli anni attraverso contatti, visite, incontri, abbiamo tessuto una rete di conoscenze e amicizie con vari enti religiosi non cristiani. Dal 1993 ogni due anni, nella prima domenica di ottobre, riuniamo questi nostri partners di dialogo per un incontro di preghiera e impegno per la pace. Per la festa del Vesakh, che ricorda l’illuminazione del Buddha (8 aprile), mandiamo a tutti i partners Buddhisti una lettera di auguri accompagnando il messaggio del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. — Nel 1992, con la collaborazione del Ven. Tairyu Furukawa, abbiamo dato vita ad un gruppo di dialogo interreligioso a Kumamoto. Dopo due anni di incontri bimestrali di formazione, abbiamo iniziato una regolare attività di incontri interreligiosi che si tengono quattro volte all’anno. — Dal 1988 abbiamo partecipato, conducendo gruppi di cristiani, a pellegrinaggi di riconciliazione tra Giappone e Cina, con gruppi di Buddhisti guidati dal Ven. Furukawa, culminati nella costruzione di un Centro per bambini disabili, inaugurato nel 1998 a Fangshan (Pechino), nella conduzione del quale furono coinvolti anche nostri confratelli della Delegazione Cinese. In concomitanza, con la collaborazione di associazioni locali, abbiamo organizzato a Pechino vari corsi di formazione per il personale. addetto al servizio di bambini disabili. — Per promuovere una migliore teologia del dialogo interreligioso in seno alla stessa Chiesa Cattolica, Shinmeizan ha organizzato negli anni 2003–2007 quattro convegni 59 60 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 internazionali di teologi cattolici: in Giappone (presso la casa regionale di Izumisano), Indonesia (presso la Casa Regionale Saveriana di Padang), Bangalore (India) e, con la collaborazione del p. Rocco Viviano, a Tagaytay (Filippine)5. — Su richiesta dei Superiori Regionali di Istituti Missionari, dal 2000 Shinmeizan organizza un corso annuale di introduzione alla cultura e alle religioni del Giappone per giovani missionari all’inizio del loro apostolato in questo Paese, e dal 2001 un corso annuale per giovani universitari sul tema «Religione. Religioni. Dialogo interreligioso». — Dal 2002 Shinmeizan ha contribuito attivamente al rilancio del gruppo di Saveriani e pime per il dialogo interreligioso, trasformato nell’associazione Kakehashi nella quale una decina di istituti religiosi collaborano nella promozione del dialogo interreligioso in Giappone. P. Sonoda e Maria De Giorgi, di Shinmeizan, ne furono, rispettivamente, i primi Presidente e Vice Presidente. — Per la formazione di persone competenti e preparate in questo settore, per conto dell’associazione Kakehashi, Shinmeizan, dal 2008 organizza corsi annuali di formazione al dialogo interreligioso. Il prossimo avrà luogo a Tokyo dal 21 al 26 maggio. 2012. — Padre Franco Sottocornola e p. Pietro Sonoda sono, rispettivamente dal 1966 e dal 2001 Consultori del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, impegno che comporta partecipazione a convegni e alla elaborazione di documenti, collaborazione, consultazioni ecc. Maria De Giorgi, p. Sonoda e p. Sottocornola sono stati membri della sottocommissione per il dialogo interreligioso della Conferenza Episcopale Giapponese (2004–2010) e nominati Consiglieri della medesima per il triennio 2010–2013. — Dal suo inizio Shinmeizan partecipa ad attività di altri organismi per il dialogo interreligioso, come: l’incontro annuale di «Uomini e religioni» organizzato dalla comunità di sant’Egidio, la «tre giorni» annuale di Zenkikondankai (associazione a livello nazionale di amicizia tra buddhisti e cristiani), gli incontri bimestrali del gruppo di studio interreligioso (cristiani-buddhisti) di Fukuoka, ecc. — Molti sono gli impegni di conferenze, partecipazione a incontri, ecc. richiesti continuamente a membri di Shinmeizan. Notevole l’impegno di Maria De Giorgi, dal 2007 Docente incaricata di corsi sul dialogo interreligioso (specialmente tra Buddhismo e Cristianesimo) presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, e richiesta di conferenze all’Università di Londra nel 2010 e 2011. P. Pietro Sonoda è anche membro della commissione internazionale del suo Ordine (ofm Conv.) per il dialogo interreligioso. — Molte le pubblicazioni. Per una bibliografia parziale: <www.shinmeizan.org>. 5. Cfr. F. Sottocornola, «Meetings of Catholic Theologians on Interreligious Dialogue Called by Shinmeizan. 2003–2007», in Quadermi del CSA, 2007, 2/4: 153–66. dialogo interreligioso Progetti e problemi a) Nonostante che la fabc abbia fin dal suo inizio (1970) indicato come prioritari per la missione della Chiesa in Asia i tre settori del a) dialogo con le culture, b) dialogo con le religioni, c) dialogo con i poveri; e nonostante che il nostro stesso Statuto di Regione abbia incluso tra gli scopi o obbiettivi prioritari della nostra Regione il dialogo interreligioso (dal 1981) e interculturale (dal 2009) e che il xv Capitolo Generale abbia chiesto un impegno prioritario della Congregazione in questo settore (cfr. Atti, nn. 53–54), non si vedono segni di un interessamento e iniziative da parte della Regione nel campo del dialogo interreligioso. Nuova e lodevole l’iniziativa del csa, ma che ricaduta concreta ha nel nostro apostolato soprattutto nella nostra attività di «primo annuncio»? b) Shinmeizan, è un Centro unico del suo genere in Giappone, apprezzato anche a livello internazionale ma… il p. Franco Sottocornola ha ormai 77 anni, e… chi porterà avanti il Centro? 61 62 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 Indonesia Francesco Marini M i introduco alla presentazione della situazione sul dialogo religioso, partendo dalla mia esperienza in una grande parrocchia di periferia: la parrocchia di san Matteo, nella zona del Bintaro. Fin dall’inizio (settembre 2003) mi ero riproposto di dare particolare sviluppo ai contatti interreligiosi, in ciò molto sostenuto e illuminato dal P. Ismartono SJ che a quel tempo era incaricato del dialogo a livello di Conferenza Episcopale. Naturalmente non volevo fare un lavoro isolato, svolto da me stesso, ma fare della comunità il soggetto di questo dialogo. All’interno dunque della Commissione Parrocchiale del Dialogo, avevo proposto che a) ogni comunità di base, si facesse un quadro conoscitivo di tutte le istanze religiose presenti sul territorio (moschee, scuole religiose di ogni tipo…); b) con regolarità si iniziasse un lavoro di contatto e conoscenza dei responsabili di quelle istituzioni; c) si continuasse poi ad approfondire i rapporti fino alla collaborazione su punti di interesse comune per la vita della zona. La piccola comunità di base avrebbe dunque dovuto indicare chi avrebbe iniziato i contatti con chi, verificarne il progresso e seguirne lo sviluppo. Ma nelle discussioni con i membri della Commissione, il progetto si inceppò. La sola idea di fare un elenco di queste istanze religiose, suscitò preoccupazione: «È pericoloso» dissero in vari. «Se si viene a sapere che abbiamo un elenco di queste realtà, ci sospetteranno di chissà quali cose!» (e in realtà, nel clima di diffidenza e paura delle comunità cristiane, a volte anche cose innocue possono diventare pericolose). Siccome la resistenza era generale e forte, ci siamo accordati che si poteva fare a meno di fare un elenco scritto, ma che comunque ogni comunità ne avrebbe fatto un inventario, a memoria, e avrebbe poi proceduto ai contatti. Ma ciò non ha portato grandi novità: solo alcuni volenterosi hanno allargato i contatti che già avevano con gli esponenti di altre religioni. È diventato più comune il fare gli auguri in occasione di feste religiose, anche se in qualche caso, alcuni sono riusciti ad allacciare contatti abituali pieni di fiducia, fino al punto che qualche cattolico è stato richiesto di diventare responsabile nella gestione di qualche problema comune o addirittura membro di commissione in occasione di qualche festa islamica. dialogo interreligioso Per incentivare questi contatti a livello di base, abbiamo organizzato varie volte incontri ampi a livello parrocchiale, con inviti a personalità musulmane, sia locali che addirittura a livello nazionale. Ciò avrebbe dovuto comportare automaticamente la ricerca e il contatto con le personalità locali. La partecipazione di questi esponenti islamici è stata in genere buona (non si sono avuti casi di rifiuto da parte loro, anzi, spesso ci sono stati apprezzamenti e dichiarazioni di disponibilità a continuare i contatti). La partecipazione dei fedeli è stata pure abbastanza buona (molto piccola però in rapporto al numero di cattolici della parrocchia). Tuttavia l’intento principale — di favorire così il contatto e il dialogo a livello di base in maniera continuativa — non è stato raggiunto: questi episodi sono rimasti avvenimenti occasionali, il cui seguito a livello di base è stato piccolo. Su una novantina di piccole comunità di base si può dire che solo in due o tre c’è stato qualche movimento significativo di contatti stabili per iniziativa di alcuni esponenti della Commissione del Dialogo. d) Un altro momento forte di contatto con il mondo religioso circostante è stato quando la Parrocchia, essendo orami diventata troppo grande (circa 13.000 cattolici) aveva deciso di creare un altro centro parrocchiale. Il processo burocratico per raggiungere questo obiettivo è abbastanza complesso e lungo e dipende sostanzialmente non dai requisiti giuridici da adempire, ma dalla accettazione che ne fa il mondo circostante. È essenziale dunque instaurare dei rapporti buoni con le varie personalità locali e con l’ambiente popolare in generale. È successo difatti che un primo terreno comprato come area del costruendo centro parrocchiale, non è stato possibile utilizzarlo perché ha suscitato delle reazioni molto forti da parte di alcuni gruppi fondamentalisti. Pro bono pacis, lo si è rivenduto e ci si è orientati ad un terreno in una zona commerciale, dove le abitazioni private erano praticamente assenti. Il progetto è andato avanti abbastanza celermente, proprio grazie ai contatti con le personalità civili (e religiose) della zona, anche se in continuità ci sono stati tentativi di infiltrazioni di varie persone che pretendevano un «risarcimento» a causa di loro eventuali interessi toccati dalla futura presenza cristiana. L’aiuto di alcune personalità civili (e religiose) è stato decisivo per il successo del cammino per ottenere il permesso di costruzione. Tuttavia, ad ogni passo avanti nell’iter burocratico è stato necessario ovviamente gratificare coloro che ci avevano aiutato. Una espressione di «riconoscenza» da parte cattolica, è stata la costruzione di un’aula civica per tutta la zona, luogo di incontro e attività varie per gli abitanti del luogo, inaugurata solennemente con tanto di targa che ricorda il dono dei cattolici. D’altra parte, noi stessi, consapevoli di questa dipendenza dal benvolere dell’ambiente circostante, abbiamo cer- 63 64 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 cato di fare in modo che la presenza della chiesa fosse una occasione di vantaggio per la maggior parte della gente. Così per esempio, abbiamo iniziato la presenza nel luogo della futura chiesa parrocchiale, con l’apertura di un ambulatorio che a bassissimo costo, cura la salute di chi lo vuol visitare. Nello stesso tempo ci siamo preoccupati di assumere vari musulmani come impiegati nel servizio del complesso parrocchiale. Questa esperienza insegna che è difficile instaurare dei rapporti profondi e abituali di fiducia e collaborazione tra le religioni, se si è dominati dal sentimento di minoranza in pericolo, dipendente dalla buona volontà di un contesto considerato non benevolo. Ma dove il diritto non è «uguale per tutti» e non si ha senso di sicurezza e si ha il timore di sempre possibili atti ostili, anche i gesti di incontro sono superficiali e occasionali. A livello di Regione Diverso è lo sguardo se ci rivolgiamo alla considerazione di tutta la Regione. a) Come Saveriani non abbiamo mai avuto un centro per il dialogo, però con p. Ednilson (anni ’90), c’è stato qualcuno incaricato per il dialogo. In un paio di anni egli è riuscito ad allacciare rapporti con molte personalità, specialmente con il gruppo interreligioso madia. Purtroppo il P. Ednilson ha lavorato in Indonesia solo per un paio di anni in questo campo… Il frutto del suo lavoro non è stato raccolto da nessuno. Dopo di lui a Padang il P. Carlos Melgares (per alcuni anni all’inizio di questo decennio), pur lavorando in parrocchia, è riuscito ad entrare in contatto con vari gruppi e istituzioni religiose, specie giovanili. Il suo lavoro però si è interrotto dopo alcuni anni… Dopo di loro non c’è stato più nessun incaricato a tempo pieno o specificamente per il dialogo. b) Nonostante ciò, il lavoro pastorale nelle varie parrocchie ha sempre comportato un certo livello di contatti e di dialoghi con esponenti di altre religioni. Occorre notare però che non abbiamo quasi nessun contatto con le religioni tradizionali o tribali nei luoghi dove lavoriamo (per esempio la religione tradizionale delle Mentawai, il Parmalim tra i Batak, il Kejawen tra i Giavanesi). Nonostante che proprio queste religioni abbiano un influsso profondo, spesso inconscio sulla gente, anche se molti sono stati nel frattempo battezzati. Queste religioni in realtà sono più considerate «superstizioni» che «religioni». Anche la nostra conoscenza di queste religioni tradizionali è di solito molto limitata così che la nostra catechesi non affronta il retroterra mentale della religiosità dei nostri fedeli. Ciò significa che, invece di operare una conversione della mentalità tradizionale per farla cristiana, si corre il rischio che il Vangelo venga «convertito» secondo le modalità di comprensione e di pratica della vecchia tradizione religiosa. dialogo interreligioso A livello di religioni mondiali Diverso è il rapporto con le grandi religioni mondiali. Noi come minoranza in Indonesia, sentiamo il bisogno del dialogo con esse. Ma mi viene il sospetto che la sua necessità sia più dovuta al bisogno di cercare sicurezza nei buoni rapporti con i potenziali «disturbatori» (visto che il governo non è in grado di assicurare il diritto delle minoranze), piuttosto che alla convinzione di reciproco arricchimento e riconoscimento mediante il dialogo. Il dialogo è quindi il frutto di una situazione pericolosa, per sfuggire ad alcuni pericoli, non un bisogno del cuore in cerca dei raggi di quella Luce che illumina ogni uomo. Scolasticato filosofico Ma il lavoro più continuo ed esplicito di dialogo è stato svolto dallo scolasticato filosofico. Varie le espressioni di questi contatti: a) quasi ogni mese c’è stato un contatto con qualche personalità che ci ha presentato aspetti o problemi connessi con la sua religione. Si è trattato soprattutto di personalità musulmane, note a livello nazionale per l’impegno a servizio del rispetto di ognuno; b) abbiamo fatto alcune visite alle comunità di altre religioni; c) alcuni studenti prestano servizio in enti religioso-culturali dediti al dialogo. Attualmente ci sono tre studenti che prestano servizio all’Indonesian Conference on Religion and Peace (icrp), al Wahid Institute e al Maarif Institute. Tutti e tre sono centri islamici che promuovono il pluralismo, i diritti umani, la uguaglianza di tutte le religioni di fronte alla legge e allo Stato, la difesa delle minoranze… d) il periodo di «Live in» (un mese) che ogni anno alcuni studenti passano in vari contesti umani, comprende anche la permanenza in qualche scuola o collegio musulmano. Si allacciano così rapporti personali con studenti e con educatori; e) gli studenti hanno varie attività di apostolato sociale, specialmente di aiuto ai ragazzi (dopo scuola, ragazzi di strada…) la cui quasi totalità è musulmana; f) spesso si è in collaborazione con non cattolici in questo servizio… Per concludere: una proposta Qui in Indonesia, noi missionari non possiamo prescindere dal dialogo. Il dialogo è la maniera asiatica di annunciare. Occorre quindi che ogni Saveriano, ogni comunità sia almeno in qualche modo coinvolta nel dialogo. Si può forse anche pensare alla costituzione di qualche comunità dedita esclusivamente al dialogo. Non sarebbe difficile costituire 65 66 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 una comunità aperta, fatta di riflessione, preghiera e azione di contatto, disponibile ad accettare presenze anche diverse, che si fa guidare da criteri evangelici… Insomma, una cellula via di Vangelo che immette nel circolo del corpo sociale spirito e valori evangelici. Questi, è inevitabile che irrorino le menti e i cuori di altri e che trasformino, un po’ alla volta la vita. Il dialogo è arricchimento della nostra fede attraverso la religione degli altri, e arricchimento della vita degli altri, attraverso il Vangelo. dialogo interreligioso Philippines Everaldo Dos Santos T he Philippines entered the Third Millennium with a population close to one hundred million roughly composed by 81 of Catholics, 10 of Protestants, evangelicals and Iglesia ni Cristo; 5 of Muslims; and 4 of Chinese, Hindus and tribal religions. As it is evidenced by the statistics, differently from all the other Asian countries (with exception of East Timor), The Philippines comprehends a massive majority of Catholics and the Church’s hierarchy, even though less than what it used to be, is still powerful and influential in society. For any reason, interreligious dialogue has never been a concern included among priorities by Church in this country. Observing all the documents of the Catholic Bishops Conference, from the Vatican ii up to the present, there has always been a number of other pressing issues that were given precedence as urgent concerns. At present, in the Official Website of Catholic Bishops Conference of The Philippines, the only blank page is the one of the Episcopal Commission on Interreligious Dialogue. It seems that this commission has undergone hibernation. But it has not always been like this. On January 22, 1997, in a Pastoral Letter entitled Journeying Towards the Third Millennium «Walking in the New Life with Christ» the bishops stated that one of the major commitments that should characterize that year is meeting the challenge of interreligious dialogue towards a culture of peace with our brothers and sisters of different faiths. On July 5, 2000, the cbcp issued a pastoral letter entitled «Missions» and the Church in the Philippines. In it the bishops dedicated one paragraph on interreligious dialogue. It beautifully states that Mission in Asia will call for new consciousness and knowledge regarding other religious traditions here in this continent in which almost all the great religions of humanity have been born. One of the «new things» of the mission in Asia will be the demand for a deepened understanding of other religious communities (especially the Islamic), their religiosity and their theologies. Attitudes of genuine respect and reverence for others’ beliefs and spiritualities must precede and accompany all interreligious dialogue and mission. The Church's authentic teaching on the relation of Jesus Christ and of the Church herself to other religions and their traditions, as well as a personal experience of living with people of other religions, must become, at least in some measure, part of the Christian formation of Asian and Filipino Catholics in the years to come. 67 68 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 On March 10, 2003 on a pastoral statement on peace the cbcp appealed for solidarity and unity so that together we might be able to organize ecumenical and interreligious initiatives for peace. The bishops insisted that we need to pray together, reflect together and act together without the divisive intrusion of ideological and political partisanship. However, most of the initiatives on the field of interreligious dialogue have been taken not by the official hierarchy but by other religious institutions, foundations and non-governmental organizations. The svd Missionaries have being sponsoring several inter-faith initiatives even including local tribal religions. At present, the most significant experience of interreligious dialogue in the Philippines has been that of Silsilah, an Islamic-Christian Dialogue Movement which was created in 1984 by Fr. Sebastiano D’Ambra, pime, in Zamboanga City, a region in the southern part of the country with a population predominantly Islamic. Apart from several other projects and initiatives, perhaps the most unique experience is its Annual Summer Course open to both Christians and Muslims. Everything that is said about Christianity is taught by Christians and everything that is said about Islam is taught by Muslims. Furthermore, the participants are also given the opportunity to be exposed and to interact with Christians and Muslim families. Another initiative worthy mentioning is The Peacemakers’ Circle, a Manila-based organization composed of people of diverse religions, spiritual expressions, and indigenous traditions who promote self-awareness and transformation; dialogue for understanding; and interfaith action for social change. It is a Cooperation Circle and founding member of the United Religions Initiative (uri) which commits itself to promote enduring daily interfaith cooperation, to end religiously motivated violence and to create a culture of justice and peace. The Xaverian Missionaries present in the Philippines since 1991 have always nourished appreciation and concern for interreligious dialogue in terms of principles. However there has never been an organized plan of action in this field. The best we could reach so far has been left at the discretion of few individuals who at times did not feel supported as they think they should have been. Here we can recall the experience of Fr. Sandro Barchiesi who worked in the office of the Episcopal Commission on Interreligious Dialogue from 1997 to 1999. During that period he managed to establish an extended net of connections with Taoist, Shintô, Hindu and specially Buddhist leaders of various communities or temples. Unfortunately some conflicts and misunderstandings, both at the level of the local hierarchy and at the level of our own Xaverian Delegation, paved the way for his discouragement and cessation of activities. dialogo interreligioso Another Xaverian attempt to re-ignite interreligious dialogue has been carried on by Fr. Rocco Viviano. He arrived in 2004 already with a deep understanding of the Christian-Muslim relations in The Philippines. Even while still in London he already was regularly in touch with Fr. Sebastiano D’Ambra who introduced him to the historical background, major issues and concerns. Therefore as soon as he arrived he began teaching courses related to Missiology, including Theology of Dialogue and Islam in two different schools of Theology and cooperated as a lecturer in Silsilah. Then, towards the end of his stay in the country he develop meaningful relations with a Jewish community in Makati City and was girded towards cooperating with Fr. D’Ambra as he planned to start the Silsilah experience is an Islamic area of Manila. But, in the mean time he was assigned to another Region and no one was fit to give continuity his work. In our International Theologate of The Philippines the formators hold Interreligious dialogue as an integral part of the formative curriculum. For the Xaverian students of Theology, courses of Missiology and Interreligious Dialogue are compulsory whenever offered by the School. All students spend at least one summer break in Silsilah Summer Course during their stay in The Philippines. Besides, all new students are introduced right in the beginning to the Peace Makers Circle in Manila where they attend their weekly meetings. The Silsilah usually marks our students as a profound, meaningful and marking experience. The Peace Makers on the other hand is much simpler and at times confusing, but nevertheless provides a good venue where people are exposed and have the chance to interact with members of various religious traditions. As for the possibilities in the future, all will depend on the availability of qualified and motivated personnel. We do not foresee initiatives of our own, but a meaningful cooperation could be possible with Silsilah, especially with its plan to have a centre of dialogue here in Manila, with Peacemakers Circle and its initiatives, with Schools of Theology for the formation of the religious and the priests of the future. Even within our parishes, especially in Marikina, where we have a big Muslim community, we could do something in order to cooperate in search for justice and peace. Our Sama-sama meetings could offer the right opportunity to challenge and help each other in committing ourselves to this important dimension of our mission. 69 70 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 Repubblica Democratica del Congo Gianni Brentegani I l documento ecclesiale più recente per l’Africa dove si evoca l’attività del dialogo come risposta pastorale ai diversi movimenti in atto, è l’Esortazione Apostolica Postsinodale di Benedetto xvi, Africae Munus6. L’attività di dialogo vi è presentata come un’attitudine spirituale da promuovere affinché i credenti imparino a lavorare insieme in associazioni orientate verso la pace e la giustizia in uno spirito di fiducia e di aiuto reciproco7. Questa attitudine spirituale è rivolta prima di tutto verso i discepoli di Cristo il cui cammino di riconciliazione e di comunione dovrebbe diminuire lo scandalo della divisione8. Si rivolge poi a quelle comunità non cattoliche che sono le Chiese Indipendenti Africane (African Independent Churches)9. Infine, all’interno dell’orizzonte dei credenti, l’Esortazione invita ad aprire gli occhi sui numerosi movimenti sincretisti e le sette che formano una realtà difficile da penetrare, analizzare e capire10. Dopo l’approccio del dialogo ecumenico e delle sfide poste dai nuovi movimenti religiosi, l’Esortazione prende in considerazione il dialogo interreligioso. Il primo interlocutore in questo settore sono le Religioni Tradizionali Africane, definite come facenti riferimento agli antenati con una forma di mediazione tra l’uomo e l’Immanenza11. Si afferma che queste religioni formano l’humus culturale e spirituale della più grande parte dei cristiani convertiti. Il secondo interlocutore del dialogo interreligioso in Africa è costituito dall’Islam nella sua complessità12. Vediamo ora come si affrontano queste realtà nella nostra Circoscrizione saveriana della RDCongo. Il dialogo ecumenico Il dialogo con il mondo protestante13 è assai difficile. Alcune iniziative sono state realizzate con qualche chiesa protestante tradizionale come gli Anglicani e i Luterani ma la 6. Dato a Ouidah, in Benin, il 19 novembre 2011. 7. Africae Munus, n. 88 8. Ibid., n. 89 9. Ibid., n. 90 10. Ibid., n. 91 11. Ibid., n. 92 12. Ibid., n. 94 13. In RDCongo, solo l’assemblea della Eglise du Christ au Congo (ecc), riconosciuta dal Consiglio Ecumenico delle Chiese (Conseil Oecumenique des Eglises, coe) conta 64 denominazioni (Cf. Operation World «La dialogo interreligioso grande parte delle chiese protestanti all’Est del Congo sono composte da realtà che non fanno nemmeno parte del Consiglio Ecumenico delle Chiese14. Una forte componente si identifica con il Mouvement de reveil15 le cui chiese si fanno chiamare Eglises du reveil provenienti dal movimento Pentecostale anglosassone (usa e gb). Altre «chiese» di tendenza Battista fanno riferimento, le une alla Scandinavia (Norvegia e Svezia), le altre agli usa. Le «chiese» di tendenza Metodista e Avventista, fanno riferimento soprattutto agli usa. Per mancanza di dati statistici è difficile fare un analisi più dettagliata ma quanto detto dovrebbe bastare per rendersi conto della complessità delle appartenenze «cristiane». Molte di queste appartenenze«cristiane» sono caratterizzate dall’emozionale, dal sensazionale, dalla pretesa di dare risposte immediate a bisogni contingenti. La loro azione si svolge in un clima di proselitismo fondamentalista con la demonizzazione delle chiese tradizionali come quella cattolica e quelle protestanti. Il loro discorso tende ad inculcare una netta separazione tra il mondo abitato dal male e dal diavolo da una parte, e dall’altra il cielo abitato dai puri. Questo orientamento spiritualista comporta un disinteresse per l’azione di trasformazione della realtà e di qualsiasi impegno di carattere sociale. Non è raro venire a conoscenza di casi di pratica magica e di stregoneria nelle pratiche di questi movimenti. Come non è raro ascoltare testimonianze di gente che lavorando in organismi, scuole e imprese «protestanti» sono state licenziate perché non hanno voluto abbandonare la loro fede cattolica. In maniera generale, tutti questi gruppi sono molto più vicini al potere politico che non le chiese tradizionali cattolica e protestanti. Si capisce subito dunque che in un clima come questo, più che di dialogo noi respiriamo conflittualità e a volte confronto e siamo ancora lontani da quanto prospettato in sede di Magistero16 per un dialogo sereno. Di questo passo c’è pure il pericolo di tro- République Démocratique du Congo» <www.gmi.org>). Bisogna poi aggiungere le «chiese» che non fanno parte del ecc perché non riconosciute dal coe e le Eglises du Reveil. 14. Le iniziative di dialogo ecumenico si svolgono all’interno del Servizio Diocesano di Animazione Missionaria (sdam) della Diocesi di Bukavu in cui è particolarmente attivo Dovigo p. Giuseppe. Una quindicina sono le«chiese» con le quali il servizio conserva i contatti. I locali della nostra casa di formazione di Vamaro (filosofia) servono per l’incontro regolare dello sdam ma le attività si fanno altrove. Si organizza con alcune chiese la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, incontri a carattere socio-politico in vista di una più grande partecipazione della gente al bene comune. In occasione del 50° anniversario dell’Indipendenza del paese, sono stati organizzati incontri a carattere storico-politico, di educazione civica, in modo ecumenico. 15. Questo movimento è nato nel mondo anglosassone all’inizio del xx secolo come movimento dissidente all’interno delle chiese della Riforma. Nella RdCongo il termine designa l’insieme delle«chiese» nate all’ombra della tendenza pentecostale e che non si riconoscono più con le chiese tradizionali protestanti e con il Consiglio Ecumenico delle Chiese. 16. Conseil Pontifical pour la Promotion de l’Unité des Chrétiens, Directoire pour l’application des principes et des normes sur l’œcuménisme (1993). 71 72 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 varsi davanti a una società stratificata (cloisonné) o a compartimenti stagni, senza che ci sia possibilità di contatto, interscambio, di dialogo appunto. La Chiesa locale dovrebbe essere più attenta a queste dinamiche e svolgere un ruolo più attivo di animatrice «ecumenica». Noi missionari possiamo cogliere qui un campo di azione e di intervento17 nei confronti della Chiesa locale affinché percepisca sempre meglio la necessità di una pastorale ecumenica. Il dialogo interreligioso. Nei confronti delle Religioni Tradizionali Africane (RTA) Presa di primo acchito, questa problematica è considerata, dai missionari della regione, come del resto dalla Chiesa locale18, più come un oggetto accademico che come una realtà alla quale dare risposte di tipo pastorale; è vista più come un soggetto di dissertazione «archeologica» che una questione attuale in forza della quale organizzare una strategia pastorale adeguata. In effetti, non si saprebbero bene definire i contorni di questa attività di dialogo proprio perché non esistono più in zona rta allo stato primordiale. La stessa definizione diventa difficile perché non basta avere qualche elemento come gli «spiriti» o gli «antenati» per farne una religione. Bisogna che questi si strutturino in un culto, fatto di riti e cerimonie che ne danno la visibilità. Questi elementi tradizionali delle rta si possono trovare dallo stregone, dal mago, dall’indovino, dal guaritore, dal profeta, dal pastore. Quando si fa riferimento al valore e al rispetto della vita che si trova in ogni essere, quando si percepisce la tensione trascendentale, quando si fa riferimento all’unione spirituale tra persone e cose, tra vivi e morti, tra spirito e corpo, più che a una religione si fa riferimento a elementi del patrimonio spirituale e culturale africano. Questi elementi, nell’attualità dell’oggi, si traducono in pratiche di guarigione personali e comunitarie, in riti di riconciliazione, in ricerca di risposte ai bisogni più diversi che vanno dalla fecondità al matrimonio, alla fortuna negli affari, alla liberazione dei cattivi spiriti. Questi elementi si trovano un po’ ovunque, anche nel mondo cattolico. Anche se è difficile tracciare una linea di demarcazione tra ciò che è culturale e ciò che è religioso, quello che possiamo costatare nei contatti di tutti i giorni è l’esistenza di credenze, pratiche, visioni di mondo, che sono più legate a espressioni culturali che a espressioni cultuali19. Se esistono pratiche che potrebbero identificarsi con la rta, queste, 17. Cf. Costituzioni, n. 13.2. 18. Mgr Théophile Kaboy, Vescovo di Kasongo dal 2005 al 2009, ora Vescovo di Goma, cosi si esprimeva: «Le religioni tradizionali si vivono à un livello piuttosto informale e la loro espressione si rende visibile nei casi di lite o di malattia», in Physionomie du Diocèse de Kasongo, 2008–2009, p. 12. 19. Africae Munus, n. 92. dialogo interreligioso nella maggioranza dei casi, s’identificano più alla magia e alla stregoneria che a riti religiosi. L’impressione dunque, è quella di trovarci davanti più a un sincretismo che ha assorbito elementi diversi diventando l’espressione di una nuova cultura, non necessariamente armonica nelle sue espressioni e ancora meno coerente nelle sue manifestazioni. Possiamo dire che nella nostra circoscrizione assistiamo più a una giustapposizione e in certi casi a un conflitto tra diversi sistemi di pensiero e di riferimento di natura interculturale piuttosto che interreligiosa. Questo soggetto di studio resta comunque importante per il missionario per chiarire meglio l’interdipendenza tra cultura e religione, tra culto e visione del mondo, tra elementi tradizionali presenti in forma latente e l’influsso della modernità globalizzata. Nei confronti di una AIC (African Independent Church) Forse elementi delle rta si possono trovare nella «chiesa» Kimbanghista20, rappresentante in RDCongo della denominazione delle Chiese Africane Indipendenti (African Indendent Churches — aic). L’Esortazione AM afferma che insieme ad elementi cristiani, esse adottano aspetti della cultura tradizionale21. Si sono tentate infatti alcune iniziative con questa AIC, fino a quando l’Episcopato congolese ha scritto una dichiarazione22 affermando che i kimbanghisti non erano più una chiesa cristiana ma una religione noncristiana. Da quando infatti i tre figli di Kimbangu sono stati identificati alla «Trinità» anche il Consiglio Ecumenico delle Chiese li ha espulsi. Nei confronti dell’Islam L’Islam è una religione presente all’Est della RDCongo. I Saveriani si trovano a lavorare nella parrocchia più islamizzata della RDCongo23. Questa regione è stata islamizzata a partire dal xix secolo a partire dalla costa dell’Oceano Indiano e dall’Isola di Zanzibar. I popoli di questa regione sono entrati in contatto prima con l’Islam (verso il 1860) e più tardi con il cristianesimo (1894 con l’arrivo dei coloni belgi)24. Sono questi Arabi che han20. La cui denominazione originale é: «Eglise de Jésus Christ sur terre par Simon Kinbangu» (e.j.c.s.k.) 21. Africae Munus, n. 90 22. Cf. Déclaration de la Conférence Episcopale Nationale du Congo sur les relations de l’Eglise catholique avec les Kimbanguistes, Kinshasa, 3 Juillet 2004. 23. Kasongo-Ngene, nella Regione del Maniema. I Saveriani sono in questa parrocchia dal 1982. 24. Cf. Luigi Lazzarato, L’Islam à Kasongo, Bukavu, 2001. 73 74 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 no portato la lingua Swahili parlata all’Est del Congo. Si tratta di un Islam abbastanza tollerante, di tendenza sunnita, diviso al suo interno tra «non originari e originari25», che riunisce intorno a se circa il 75 della popolazione della regione26. I legami più stretti sono mantenuti con l’Egitto e l’Arabia Saudita, da dove vengono catechisti e dove son inviati giovani per studiare la teologia islamica. Durante le grandi feste mussulmane e cristiane, o circostanze particolari, da lunga data, i responsabili dell’Islam e quelli cattolici si invitano reciprocamente a partecipare in modo conviviale a sedere alla stessa tavola, il che è già molto. Non si sono però organizzate iniziative di carattere sociale o di natura interreligiosa in una logica di dialogo anche se Mgr Théophile Kaboy, l’allora vescovo di Kasongo, ne aveva fatto una pista pastorale. Sul posto non ci sono confratelli particolarmente preparati ad iniziare o a svolgere un dialogo con l’Islam e se qualche iniziativa c’è stata, era più di tipo personale che espressione di una progettualità comunitaria. Nelle altre regioni dell’Est della RDCongo, come Bukavu, Goma e Uvira, piccole realtà mussulmane esistevano dall’Indipendenza. Ma da quando è arrivata la monuc27, il cui contingente all’Est del Congo est in gran parte formato da truppe provenienti dal Pakistan, l’Egitto e il Bangladesh28, l’Islam è diventato più attivo. Si vedono sorgere piccole moschee qua e là, finanziate da organizzazioni presenti in quei paesi che hanno fornito le truppe per l’onu. È questa una realtà che bisognerebbe conoscere meglio per scoprirne dinamiche e motivazioni. Benedetto xvi esorta la Chiesa in ogni situazione, a perseverare nella stima dei mussulmani che adorano il Dio-uno29.Esistono altre realtà religiose di tipo millenarista30 con le quali non si ha nessun contatto se non informale con individui precisi. 25. I non-originari (Wazalia): discendenti diretti di coloro che erano entrati in contatto con gli AraboSwahili e facenti parte di tribù non autoctone. Sono più legati all’ortodossia mussulmana. Gli originari (Wenyeji): autoctoni del luogo. Meno rigidi verso l’ortodossia mussulmana. Cf. Tata Pontien, L’Islam à Kasongo, in Souvenirs du Centenaire, Kasongo, 2003, p. 68. 26. Dati provenienti dalla Diocesi di Kasongo, Physionomie du Diocèse de Kasongo, par Mgr Théophile Kaboy, Eveque de Kasongo, année pastorale 2008–2009. 27. Missione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per il Congo (monuc). Creata dal Consiglio di Sicurezza dell’onu, il 30 novembre 1999, aveva come compito di osservare il cessate il fuoco tra i belligeranti del Congo. Il 28 maggio 2010 questa missione ha cambiato di denominazione divenendo monusco (Missione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per la Stabilizzazione del Congo) e conta circa 20.000 soldati. Si tratta della più grande operazione militare al mondo dell’onu. 28. Il Pakistan schiera 3623 tra militari, poliziotti e osservatori; il Bangladesh 2940; l’Egitto 1167. Queste unità sono tutte schierate all’Est del Congo (cf. <http://www.operationspaix.net/monusco,566>). 29. Africae Munus, n. 94. 30. Per esempio i Testimoni di Geova, La Parole Parlée (Branham William Morion), tutti e due provenienti e finanziati a partire dagli usa. dialogo interreligioso Anche qui resta importante animare la Chiesa locale sulla necessità di riflettere sulla sua prassi attuale per meglio porsi in mezzo a chi ha altri riferimenti di fede e di vita31. Per il fatto che la Chiesa cattolica pensa di essere maggioritaria non da l’importanza necessaria alle piccole realtà che crescono vicino a lei. Questo terreno potrebbe sicuramente essere un altro campo di lavoro per i missionari. 31. Pontificio Consiglio per il dialogo inter-religioso, Testimonianza cristiana in un mondo inter-religioso: raccomandazioni per il comportamento (Bangkok—Thailandia), gennaio 2011. 75 76 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 Sierra Leone Michele Carlini Declarations of the Local Church — Apostolic Exhortation Africae Munus, part iv: «Ecumenical Dialogue and the Challenge of New Religious Movements» (nos. 89–91). «Interreligious Dialogue» (nos. 92–94) - Traditional African Religions (the literature rather calls then ATR: African Traditional Religions) and Islam; — aecawa (Assoc. Episcopal Conferences of Anglophone West Africa) Triennial Plenary Assembly’s Final Message («Take Heart!» 1995) dedicates n. 8 to Religious harmony, stating: «We call on our fellow countrymen and women of the Islamic faith to accept our outstretched hand of fellowship and collaboration, for the good of our people and the greater glory of the Almighty»; — aecawa issued a communiqué (Freetown, Oct. 15, 2007) encouraging ChristianMuslim dialogue as «the only way that we can truly cultivate respect for each other.» The communiqué affirms Christian-Muslim dialogue as a way both to solidify common ground between the faiths and to mitigate controversies and violent conflicts. Muslims and Christians share similar «fundamental religious values,» which include belief in the uniqueness of God, the need for prayer, almsgiving, fasting, and pilgrimage; — Documents of the «Interreligious Council of Sierra Leone»; — Makeni Diocesan Synod (2006) «Growing as a Local Church,» Acta, reads: «We recommend that our evangelization include ecumenism with Christians and inter-religious dialogue with Muslims and people of other religions» (p. 51); — The Archdiocese of Freetown has prepared the Lineamenta for the Pastoral Assembly 2012. The interreligious dialogue is highlighted, along with ecumenical relations, under the thematic of Evangelization (Part iii); — Booklets published by «The Christian life and work organization» in Sierra Leone, such as «Something to Think about Muslim-Christian Relationship» that help in divulgating positive knowledge about the two religions; — The Diocesan and Religious Priests of Sierra Leone met for a week in September 2010. They dealt with topics connected to Interreligious dialogue. dialogo interreligioso Describe any Existing Xaverian Intercultural Dialogue Center in the Region — Our Region is not equipped with such center; — Fr. Ghizzo was involved in a monthly meeting with pastors of other Christian Denominations; — There was an «Inter-religious committee» during the war (1991–2002) in which our confreres involved themselves actively. They met together to find out solution of any problems; — The late Fr. John Ceresoli, was involved in Inter-religious Dialogue in Freetown as member of the «Interreligious Council of Sierra Leone»; — The trc (Truth and Reconciliation Commission) was set up to heal the wounds of the war. The Religious Leaders of sl played an active role in that process. Fr. Lazzarini was asked to perform a public rite of reconciliation, which included victims and perpetrators. He can be seen in the dvd produced by the trc, along with the 6 books of reports. Xaverian Activities and Publications — Our works of charity, especially in education (schools) and health (hospitals, clinics) are open to everybody regardless of their religions; — The Catholics join the «Sierra Leone Council of Churches (slcc).» In some towns they meet regularly; — Radio Maria (national Catholic Radio) organizes «interreligious programme,» namely inviting an Imam to share and explain their religious tradition; — We are involved in some ecumenical services, especially on the occasion of the week of the Christian unity and Holy Week (Palm Sunday, Good Friday), new year’s day; — In 2011 Sierra Leone celebrated her Golden Jubilee as an independent State. The religious leaders agreed to organize a national Peace March on a Friday for Muslims and on a Sunday for Christians. Unfortunately only few Catholics priests took part, though the Xaverians were represented; — We give the local Imam the annual Pope’s message for the end of Ramadan. Occasionally we give it to local Radios to be broadcasted; — In some occasions we accepted or included local/traditional prayers (for example: libation offered to the Ancestors) in our Christian celebration/prayer/service; — In 1995, when the Xaverian Sisters and some children were abducted by the rebels the Christians and Muslims rallied together asking for their release; 77 78 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 — Some Xaverians with their parishioners go to the Mosques to pray during the Muslim festivities and meet with the Imams. On Christmas one community invites the Muslims to dinner; — The Paramount Chief of our newly established Parish of Mongo told the Xaverians he wishes the Church to grow. The Imam gave a palm tree to be planted in that compound; — The relationship with the Muslims is usually cordial. During the war some confreres lived in the woods for three weeks and were supported by a Muslim family. Problems Encountered Internal problems: in general, there is a lack of sensitivity and interest towards inter-religious dialogue. External problems: — Animosity among the people: in the same town each ethnic group has its own Imam. — In Islam there is no distinction between religion and culture aspect; — There is a clash between local culture and the teachings of the Catholic church (examples: burials (traditional burial and Christian burial), marriage (traditional wedding and Christian wedding), etc.; — At official level the Catholic Church in Sierra Leone never faced in depth the problem of secret societies; — During the war the un contingents radicalized the Muslim population; — Members shift easily from mosque to church and vice versa. Syncretism is common, since «God is God», they say (meaning that we adore the same God); — The Dialogue with other religions at a grassroots level is made difficult by equivocal expressions like: «We believe in the same God, only the way of worshipping is different»; — The latest two Ministers of Education (both Muslims) have been biased towards the Catholic schools. The same attitude is shared by some education authorities at local levels; — Some Muslims in the rural areas find it difficult to join the church because they say Christianity is for educated people and they feel ashamed. dialogo interreligioso Opportunities to Discuss Intercultural Dialogue Among Us At a community level we are committed to reading and in-depth study of Encyclicals or other documents of the Church’s Magisterium. As a Region we shall dedicate an Assembly - Retreat of a week on Islam. Projects, Activities, Hopes for the Future — In general there is a good tolerance and respect between Catholic and other religions. There is a positive mentality concerning inter-religious dialogue, especially among ordinary people; — Sierra Leoneans are not much concerned on religions differences unlike other countries; — At official level inter-religious dialogue activity is rather poor, but at practical level there are more activities, especially through good personal relationship with others. That is why people respect us as missionaries. Considered the four types of Interreligious Dialogue: a) Dialogue of Life (co-existence); b) Dialogue of Action (social solidarity); c) Dialogue of Discourse (theological); d) Dialogue of Religious Experience (mystical experiences & prayer), in Sierra Leone we are rather engaged in the first, the second and the fourth. 79 80 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 Taiwan Paulin K. Batairwa T hough in a nameless way, Interreligious practice in Taiwan has a long history. Longtime before Vatican ii, the first cross religious organization known on the island was an implantation of the «Chinese Friendship Association of Religious Believers», an organization created in Chong-king in 1943 by the one who was to be Cardinal Paul Yu Pin. At its creation, the association aimed at advocating peace and promoting social services. Yu Pin’s dialogic model consisted in formal and informal gatherings of religious leaders aimed at prompting friendship and mutual respect among religious leaders. The leading assumption has been that such interactions dissipate doubts among respective religious followers and create a trickle down effect among them. Noticeably, since then, friendship has been held as a paradigmatic approach for the promotion of Interreligious Dialogue on the island. The second fabc meeting, held in Taipei in 1974, offered another important reference for Interreligious Dialogue in Taiwan. This meeting defined «dialogue» as the way of being Church in Asia and confirmed the timid choices of those who were already engaged in the field. In fact, the assessment of the extent of their involvement remains a delicate and complex task. One the one hand, the Church of Taiwan is perceived as a minority striving for survival in the midst of apparently better equipped and prosperous religious organizations. In such context, active proclamation would be deemed a more fitting engagement than Interreligious Dialogue. On the other hand, Interreligious Dialogue is being carried ahead through scattered initiatives by individuals or communities. In a nutshell, there are no Church pronouncements, no visible structures, but a tacit and verbal encouragement for those willing to commit themselves. The result is that for these brave ones, «every one does it in his or her way.» This observation holds also for the method fostered by Fr. Albert Poulet-Mathis who, as we will develop soon, emerged in the Catholic circle as the figure of Interreligious Dialogue. In line with the guidelines of the Holy See, a commission of Ecumenism and another of Interreligious Dialogue were established by the Chinese Bishops’ Conference. While nominally the members of these commissions were numerous, in reality, the life of these institutions lied on the entrepreneurship of the late Jesuit Fr. Albert Poulet-Mathis. dialogo interreligioso He stood as the most outstanding figure and flag bearer of Interreligious Dialogue in Taiwan. At a time he held the position of Executive Secretary of the fabc Commission of Interreligious Dialogue, the same service that he was rendering at the Chinese Bishops’ Conference Office while at the Taipei Diocesan level; he was the reference and contact person for all activities related to Interreligious and Ecumenical Dialogue. Upon his retirement, these two commissions kept a nominal presence. This was confirming a perennial complaint of Fr. Albert regarding the hardship of finding collaborators, not to mention, an interested successor who could continue crossing the thresholds of friendship and mutual interests he had initiated during the three decades of commitment to Interreligious Dialogue. From the above short description we note the two directions in which Interreligious Dialogue has to be fostered. First, efforts are to be made to help Christians value the richness and challenges emerging from the context of religious plurality in which they are living. A pastoral approach is to help Christians develop attitude and acquire knowledge needed to avoid a denial of the plurality of religions in which they are unconditionally bathing. The Taiwanese catholic environment is still in need of sensitization regarding the pertinence of Interreligious Dialogue. The actual self-understanding of the local Church as a tiny minority in the midst of prosperous religious denominations tends to justify a conception that the time of dialogue has not yet come: priority should be given to a more direct proclamation, one that aims at swallowing the numbers of converts. This theological background accounts for the lack of local/native clergy involved in the field. In fact, this far, it remains one of those areas entrusted to missionaries. For this reason, the primary task in promoting Interreligious Dialogue in Taiwan is towards the Church and consists in assuring that the field ceases to be seen as the jungle for «lone rangers.» Interreligious Dialogue has in fact to become a «Church commitment.» The other aspect is the ad-religiones dimension. The requirement here is to ensure that the Church maintains respectful and fruitful interactions with other religious organizations. This is only possible when and where friendship nurtures and qualifies the relations existing between dialog partners. Involvement in dialogue then implies knitting nests of friendships between religious believers. Chinese Delegation and Interreligious Dialogue The initial interreligious activities enhanced in the Delegation were rather informal. The activities in question comprised lectures on Chinese religions or some of its aspects, tour- 81 82 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 ing of religious places, especially temples and monasteries. In some occasions, live-in experiences provided the confrere with a first hand taste of the religion of the other. No matter how, all these activities aimed at facilitating the confreres’ grasp and insertion in their missionary milieu. Nonetheless, their appraisal and reception still bear witness to the shared interest and openness to the field of Interreligious Dialogue. This became evident during the discussion of the Ratio Missionis of the Delegation, result of which Interreligious Dialogue was recognized as one of the Delegation’s ways of doing mission. Moreover, in 2005, a confrere, Paulin B. who under the guidance of Fr. Albert Poulet-Mathis was being introduced to the Taiwanese interreligious world, was allowed to acquire the specialization deemed for the work. After graduation in 2010, the Bishops’ Conference has requested him to coordinate the commissions of Interreligious Dialogue and Ecumenism. It was with this title that he took part in the Workshop of the Asian Movement for Christian Unity held in Thailand in December of the same year. Beside this position, he is attached to Fu Jen Academia Catholica, a position that enables to carry on academic research in the field of Interreligious Dialogue and interact with the university’s Department of Religious Studies. From the above excursus, it appears that involvement in Interreligious Dialogue in the Chinese Delegation has moved from a mere response to the dynamics of insertion of confreres to a qualified assistance and service to the local Church. The involvement is now to be thought in the framework of the local Church. In other words, the stress is put on the organization and coordination of existing initiatives related to Interreligious Dialogue such ensuring that the Catholic Church is validly represented at interreligious venues. Moreover, the commissions are also thought as multifunctional bridges: between Rome and local Church, between the local Church and other religious denominations, first in the interreligious circle but also in the ecumenical sphere. At this point, it can be signaled that the Catholic Church is member of ncct which is the local representation of wcc. Problems, Challenges and Future Plans One of the main problems and challenges is the complexity of the field. It is not only vast but also delicate, requiring ample time for self-study, prudence, awareness of the margins to stick on. Rome wants a clear theological framework which not always can find local correspondence. The current tasks are about the organization of the Commissions’ office, and the participation in the ongoing activities organized by other partners. Small dialogo interreligioso projects include the translation of reference texts and documents on dialogue in local language. The courses on Ecumenism and Religious Dialogue taught in the Department of Religious Studies are organized in a manner to provide real encounters and exchange with the religious denominations studied. Additionally, the research topics to develop in the context of the Academia Catholica will focus on aspects of Interreligious Dialogue. Moreover, the little attention that the local clergy and Christians pay to the field of Interreligious Dialogue requires a strategy which conveys the spirit of Interreligious Dialogue in a pastoral way. But for this to materialize, practical means (financial and personnel) are needed. And as we are still in a rather organizational stage, our hope is that doors open and the assistance requested would be made available. 83 84 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 United Kingdom John Convery A ccording to the 2001 uk Census when asked about their religious affiliation the following figures emerged, already out of date because of the 2011 Census they do however give us a general idea of the situation in this country. 41 million described themselves as Christian (72 of the population); 1.6 million as Muslim (3); 558.000 as Hindu (1); 336 000 as Sikh (0.6); 267.000 as Jewish (0.5); 149.000 as Buddhist (0.3); 159.000 as members of other religions(0.3); 8.6 million as of no religion (15); 4.4 million (8) did not say (Office for National Statistics, Census, April 2001). It would be fair to say that the uk is probably one of the most culturally and religiously diverse countries on the European continent. With the ever dwindling numbers attending the churches and the increasing numbers of peoples of many nations, cultures and religions present in the country and the growing number of mosques and temples, the Church is beginning to realize her fundamental calling to engage and dialogue with our brothers and sisters of other faiths (Meeting God in Friend and Stranger, Fostering Respect and Mutual Understanding between the Religions, Catholic Bishops’ Conference of England and Wales, 2010). In the above document, adapted by the uk Region as part of their on-going formation programme on inter-religious/inter-cultural dialogue, the Catholic bishops define dialogue as follows: Simply living as good neighbours with those of other religions, or working together in matters of common concern, such as in issues of justice, peace, the integrity of creation and so forth. It includes a willingness, according to circumstances, to try to understand better the religion of one’s neighbours, and to experience something of their religious life and culture. In other words dialogue is above all a frame of mind, an attitude. (no. 3) This would indicate that for the local church in the uk today dialogue is a priority as it seeks to listen and understand peoples and religions of all nations and encouragement to members of the Catholic community to look upon dialogue as an essential part of their Christian witness in the uk today. In this context the small numbers of Xaverians attempt to give their contribution as a missionary presence. We are scattered around the uk in four different communities from Scotland in the North to Preston in the North West of England to London in the South. Historically inter-religious and inter-cultural dialogue was for obvious reasons dialogo interreligioso not a priority in the Region. The focus of the uk Region over the years was one of Mission Animation/Vocation Promotion. However during this time of its history individual Xaverians did engage themselves in dialogue work. Attempts were made in the East end of London in the early nineties and more recently and successfully the late Emilio Paloschi’s pioneering work in inter-faith dialogue in Preston, continued today by John Zampese. The Region at this time was going through a transitional period during which time it was re-assessing the Xaverian presence in the uk. With a commitment already in place for the redevelopment of the site in Coatbridge and after much searching and regional discernment it was decided that the focus of the last Regional Chapter would be inter-faith/inter-cultural dialogue. It emerged from the Chapter that the new Conforti Institute would become a centre of study and activity around these issues but that also the other communities would take it on as a priority in their work and community life. As a result of the Regional Chapter of 2010 a Committee was put in place, Rocco Viviano (presently studying at Heythrop Centre for Christianity and Inter-religious Dialogue, London), Tom Welsh and John Zampese to draw up a program of ongoing formation which would become part of a Regional Strategy. Fundamental to any activity in this field of dialogue is awareness and an education of what is out there already and what is already being done. So far the Region has decided to focus on the themes of inter-religious dialogue, with themes given to the communities to reflect on and also forming the focus of each of our assemblies; a) Theme 1: Christianity and Religious Pluralism b) Theme 2: What is Inter-religious Dialogue c) Theme 3: Inter-religious Dialogue and Spirituality: Prayer and Worship d) Theme 4: Interreligious Dialogue and Praxis:The case of Interreligious Marriages e) Theme 5: Inter-religious Dialogue at the local level. The last two Regional Assemblies have focused on the first two themes with the reading and preparation already done in the communities beforehand. As well as the aforementioned document produced by Bishop’s Conference of England and Wales, Meeting God in Friend and Stranger, the Committee suggested other materials such as — Second Vatican Council, Nostra Aetate, October 1965; — Pontifical Council for Inter-religious Dialogue and Sacred Congregation for the Evangelisation of Peoples, Dialogue and Proclamation, May 1990; — Council Of European Bishop’s Conferences and of the Conference of European Churches, «Islam in Europe» Committee, Christians and Muslims Praying together? 2003. 85 86 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 As well as other relevant reading we were helped also at our first assembly by an Islamic community in Glasgow, «Andaluz», to better understand Islam through a serious of workshops and visits to the Mosque. This has created a valuable relationship with the Islamic community of Glasgow which continues even today Conforti Institute The Conforti Institute has been open and operational since September 2009. Three Xaverians, Tom Welsh, Patrick Duffy and John Convery along with a full time education coordinator, John Dornan, as well as two other part time employees, Pauline Eadie and Michael Canning. The Institute aims to equip young people and the wider community with the knowledge and skills needed to be active responsible citizens in today’s global village. It has an inclusive vision: open to the world; to cultures, to religions; and to humanity in its fullest sense. The world needs people who are capable of dialogue. And genuine dialogue can only happen between people who can respect each other’s belief, culture and traditions. Conforti Institute responds to this need by promoting diversity as positive and good, by challenging prejudice, ignorance and intolerance at all levels and making connections across cultures and faiths with individuals, schools and communities. To this end Conforti Institute offers training designed to help negotiate the turmoil that change engenders and to generate appropriate solutions/responses to the challenges thrown up by globalization. The programmes provided include areas such as: — Celebrating Diversity, challenging sectarianism, racism and social exclusion; — Conflict transformation and exploring creative alternatives to violence; — Organisational development/empowermentprogrammes forcommunity groups; — Faith/ Mission and Ministry programmes; — Leadership and management formation; As well as its traditional activity of working with schools, teachers and community groups Conforti Institute sees as integral to its intercultural work challenging and working with Secular Society. It has recently been heavily involved in working with and creating partnerships with a wide range of organizations, trade unions, community groups, a number of Christian churches, mosques and volunteer groups to organise and work together to challenge the culture of today on various social issues in order to bring about effective change in people’s lives. Conforti Institute has been at the forefront along with the Church of Scotland and the trade unions in the setting up of what is being called dialogo interreligioso «Citizens Scotland» so as not to shy away from secular culture but to work within it as missionaries in order to challenge it. Expectations for the Future We Xaverians working here in the uk Region are convinced more than ever that this work of dialogue between the faiths and cultures is fundamental to being a missionary presence in Europe in the twenty-first century. What we have begun to do especially through the work of Conforti Institute is only the tip of the iceberg. Our plans going forward are that as well as continuing to work with young people and the wider community around issues of inter-religious and intercultural dialogue Conforti Institute has the potential to become a Centre of Excellence in this field. So that alongside the practical work which we do at Conforti we have already begun to look at ways in which we can organize and publish pieces of research and study into the field of dialogue from a Western/European perspective, similar to what already exists in Asia and Africa. We are also convinced that the sustainability of such a project is guaranteed only if we continue to empower and gather around us trained and skilled lay people from our communities. The uk Region and usa Region over the past three years have been working closely together around a number of issues, given our common language but also our common cultural issues. The issue of inter-religious and inter-cultural dialogue is also one which we have been discussing through exchange visits and Skype conferences and we are hopeful that this work will develop and grow especially through the means of electronic social networking and the World Wide Web. To turn away from even the attempt to dialogue is to despair of the power of God and of his risen Son to advance his own Kingdom of peace and love. It is to forget that the work of dialogue, as with all forms of evangelization, is not our work at all but his. We are merely his ‘earthen vessels’ whose limitations show that the «extraordinary power belongs to God, and does not come from us» (2 Cor. 4:7). Christ is calling us to trust unflinchingly in that power. Meeting God in Friend & Stranger, No. 216, 2010 87 88 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 United States Carl Chudy 1. Beginning with the work of the 13th Provincial Chapter of 2008 the region of the United States is passing through a plan of restructuring and renewal, not unlike other regions in the congregation faced with diminished personnel and resources. Renewal here in part refers to «a sharper focus on the urgency of missio ad gentes, ad extra in the us context.» This is done by sharing four core experiences that underline the contemporary challenges of the mission of the church for the us: a) Sharing the interfaith and intercultural dialogue of the church, b) Sharing solidarity with the poorest through charity and justice, c) Sharing the spirit and legacy of the Founder, d) Sharing the stories of our missionaries and missions. 2. In particular, we would like to collaborate with some key dialogue programs already going on and invite young people to be part of these events. In this way, we hope to help “inspire a new generation to the missio ad gentes of the Church. In the post 9/11 world in the us there is a strong sense of «islamaphobia» for a variety of reasons. In service to local parishes and youth and young adult ministry, our unique service may assist the local church in this area. Because of this, I would recommend focusing dialogue efforts with Islam in the us, although dialogue with others may not be ruled out. Muslim communities are very open to initiating programs together by and large. Mind of the Local Church 3. The United States Catholic Bishops, through their hyperlink Ecumenical Interreligious Office at <http://www.usccb.org/about/ecumenical-and-interreligious-affairs/>. In 1990 this committee convened its first national dialogue with the Muslim community in the United States to discuss how to sustain and direct an ongoing dialogue between the two religious communities on a national level. By 1999, the usccb was meeting regularly with American Muslims and national Islamic organizations in three fixed venues— the MidAtlantic, Midwest, and West Coast dialogues. Today, the Committee is engaged in on-going or ad hoc consultations with national representatives of the Muslim, Buddhist, Sikh and Hindu traditions, and participates in a widening range of interreligious networks and activities of religious, social, academic or cultural impact. dialogo interreligioso Experiences in the Region 4. In the past, through Catholic Theological Unions, interfaith dialogue was done with our students and formation staff. The Peace Camp in Wisconsin was an interfaith project for youth through Fr. Puopolo. Other programs were initiated as well. 5. More recently in 2007, Frs. Matteucig and Chudy began some interfaith activity. An interfaith book club began through the internet and meets regularly to this day nearby our house in Holliston. At the same time, a partnership was made at a local mosque with Sunni Muslims where two leaders from the mosque joined Frs. Matteucig and Chudy to present programs on Catholic-Muslim relations. A workshop for a national youth conference was done and programs in some local parishes were held. 6. Contacts were made with hyperlink Interfaith Youth Core at <http://www.ifyc. org> and I attended several national conferences. Their guiding ideas are three-fold: a) Appreciative knowledge of diverse religious traditions and philosophical perspectives, b) Meaningful encounters between people of different faith and philosophical backgrounds, c) Common action projects between people of different backgrounds. Relationships that involve common activities influence both personal attitudes and the bonds of a community. 7. The hyperlink Peace Islands Institute (formerly Interfaith Dialogue Center of New Jersey) at <http://idcnj.org/> is run by Sufi Muslims from Turkey who promotes respect and mutual understanding among all faiths and cultures by organizing educational and cultural activities. Their first and foremost objective is to advance diversity, pluralism and multiculturalism in the society and lead the way for a transcultural generation in the future. Their honorary president is M. Fethullah Gulen, a Turkish Muslim scholar and Sufi who has inspired the Turkish community to get involved in especially educational and interfaith-intercultural activities. I have participated in a number of their programs. Media 8. In early 2011 we created a new Media Office and hired a lay expert to help us use modern media for effectively, particular in the area of social networking and internet. We have published a number of interfaith activities and issues affecting the us in our provincial newsletter and our internet network: blog, facebook and twitter. 9. We are currently looking at a media project of producing a series of 2–3 minutes videos for the internet. Funding this project may come from various sources. 10. Recently we became members of hyperlink Odyssey Network at <http://www. 89 90 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 odysseynetworks.org/>. It is the nation’s largest multi-faith coalition dedicated to producing and distributing media that fosters understanding among people of different beliefs and perspectives and that enriches spiritual life. Odyssey-produced content can be seen on a variety of platforms including cable tv, the Internet, mobile smartphones, e-readers and tablets. Collaboration as well as funding are possible for special media projects. Internal and External Challanges 11. Like other regions in the north, we are getting smaller as a region and aging. We are still hoping to receive confreres in the region who would like to be engaged, particularly in areas youth work and interfaith dialogue, and media. We need to be audacious, careful and realistic in our planning for the future. 12. As a region we lack a cohesive vision of missio ad gentes that binds us together. On an external level, there is a certain lack of interest on global mission for bishops and many diocesan clergy. There is an “inward looking” problem among dioceses more concerned about their own shortages. 13. The misconduct issues and a growing secularism also contribute to an indifference or mistrust of the church by others, particularly young people. 14. The problem is that there is a missing link between what one team of confreres does and latter teams in a community. What an individual gets involved in not only because of personal interest, but community charism and orientation gets lost to community memory or identity when he moves on to another mission. 15. The Xaverian sense of «hospitality» needs to be formationally connected to our charism of dialogue. For the Future 16. The province is pouring her energies into a new project, Global Youth Mission Services (the gym) with two full time confreres. We need to help connect all confreres to work with them in order to develop work in interfaith dialogue that involves Catholic young people, among others and that uses service and volunteerism based on common faith values. 17. We began collaboration with the uk Province on a media project. Other projects may also be looked at, such as a regular symposium or conference around issues of missio ad gentes from the northern part of the world. dialogo interreligioso 18. Collaboration with lay people and other mission congregations in interfaith dialogue as a tool for mission animation is very possible. Inspired by the hyperlink Court of the Gentiles of Pope Benedict xvi at <http://www.romereports.com/palio/court-of-thegentiles-benedict-xvi-urges-believers-and-nonbelievers-to-dialogue-english-3779.htm>. Dialogue in the northern hemisphere with atheism and agnosticism may be an important work of the missio ad gentes today. Regional Formation for Interfaith Dialogue 19. Assemblies and regional retreats may be used for formation in this area. Also, local communities may be assisted by the provincial office to study local issues around dialogue. Our upcoming chapter in 2012 will include this. 20. Finding practical ways for other communities to collaborate with our new youth office and the possible implementation of interfaith dialogue is crucial. 21. If we are to collaborate with other congregations and lay people, be more involved in the local and national conferences that are held on these issues, we would better prepare ourselves as a community. 91 Considerazioni conclusive Conclusione Luigi Menegazzo Occorre evangelizzare — non in maniera decorativa, a somiglianza di vernice superficiale, ma in modo vitale, in profondità e fino alle radici — la cultura e le culture dell’uomo, nel senso ricco ed esteso che questi termini hanno nella Costituzione Gaudium et Spes (50), partendo sempre dalla persona e tornando sempre ai rapporti delle persone tra loro e con Dio Paolo vi, Evangelii Nuntiandi, 20 L a nostra Famiglia Missionaria, impegnata nell’Annuncio del Nome del Signore Gesù, non ha mai tralasciato, e tantomeno sottovalutato, la necessità che questo avvenga tramite l’incontro con le persone. Il Fondatore chiede al saveriano di tenere «gran conto dei suggerimenti e dei consigli dei missionari più saggi e più provetti riguardo al trattare con la gente» (Regola Fondamentale, 13); di «non cercare il proprio tornaconto, ma unicamente la gloria di Cristo» (rf 15); di porre «cura specialissima nell’apprendere la lingua del paese in modo da possederla presto con perfezione e parlarla speditamente» (rf 16); di compilare «monografie e memorie intorno ai costumi, ai luoghi, alla storia, alla flora e alla fauna del paese di missione ad utilità dei confratelli e ad istruzione di tutti» (rf 17); di attendere «allo studio per acquistare una cultura possibilmente larga, adatta ai ministeri ai quali deve dedicarsi» (rf 23). Le indicazioni di Mons. Conforti sono state codificate nelle nuove Costituzioni e divengono per il saveriano un dovere: «Ci impegniamo a capire e ad accettare i nostri fratelli non cristiani con i loro valori e la loro religione. Con fraterno e qualificato dialogo di vita e di fede, cerchiamo di promuovere i valori comuni del Regno. L’esercizio di questo dialogo esige da noi conoscenza e rispetto delle culture dei popoli fra i quali operiamo, per coglierne l’eredità spirituale e incarnare in esse, con sano discernimento, il messaggio cristiano» (Cost. 13). La lettura delle varie attività di dialogo interculturale e interreligioso in corso nelle Circoscrizioni Saveriane, presentate in questo Volume, propone una duplice riflessione: il dialogo come via necessaria per la missione e la libertà interiore come disposizione necessaria per il dialogo. 96 Convegno Saveriano sulla Missione – 2012 Il dialogo interculturale e interreligioso non è più una scelta opzionale o una delle possibili vie per la missione evangelizzatrice della Chiesa. Il dialogo con le culture e le religioni è normativo, cioè è aspetto normale, indispensabile, necessario per la Missione. Esso non è una forma strategica per evangelizzare, ma è esigenza del Comandamento Nuovo che Cristo ci ha lasciato come segno distintivo: «Amatevi gli uni gli altri». Il dialogo nasce dalla libertà interiore, cioè da una fede schietta, che non cerca il proprio tornaconto, ma che si propone di veder Dio, cercar Dio, amar Dio in tutto. Dalla libertà del cuore proviene anche la lucidità intellettuale che rende aperti alla novità, all’autocritica, al confronto, all’analisi, all’indagine, all’incontro. Non si dimentichi l’invito dell’Apostolo Paolo contenuto in Fil 4,8. Il presente Volume fa emergere anche un altro aspetto: nessun ambito della Missione della Chiesa è esente dalla possibilità del Dialogo con la cultura e con le religioni. Le innumerevoli possibilità che sono offerte sono, a loro volta, tutte convogliate verso un unico scopo: l’incontro reciproco e l’incontro con Dio. Sono lodevoli tutti i tentativi, tutto l’interesse per la comprensione dei fenomeni culturali e religiosi, tutti i dibattiti e le ricerche, tutti i tipi di incontro e di studio. Niente risulta insignificante di ciò che porta ad una maggiore conoscenza e accettazione reciproca, perché è da questi atteggiamenti che nasce e si sviluppa la accoglienza e il rispetto. È naturale formulare anche un desiderio al termine della lettura delle varie attività di Dialogo presentate in questo Volume: possa aumentare l’impegno personale e comunitario, all’interno della nostra Famiglia Saveriana, per lo studio sistematico delle culture e delle fedi, delle cosmologie e cosmogonie, delle filosofie e delle arti, dei sistemi economici e politici, dei metodi di scolarizzazione e formazione umana, dell’etica e della morale, della psicologia e della ritualità dei popoli dove lavoriamo. Lo studio non dovrà essere fine a se stesso, quasi un passatempo estetico, ma segno concreto di sacro rispetto per la porzione di Vigna nella quale il Signore ci ha chiamato a lavorare. In conclusione: un grazie sincero a tutti coloro che hanno contribuito alla stesura di questo primo Indice saveriano del Dialogo. Ci hanno dato una notevole quantità di speranza. Grazie al Centro Studi Asiatico, che ha suggerito l’idea di questo testo e ne ha curato la pubblicazione. Grazie a tutti i confratelli che, in vari modi, favoriscono con perseveranza e competenza il dialogo interculturale e interreligioso, attività specifica (Ratio Missionis Xaveriana 62) della missione della nostra Famiglia. Convegno Saveriano sulla Missione L’OGGI DEL DIALOGO L’oggi del dialogo L’oggi del dialogo Convegno Saveriano sulla Missione Tavernerio 15–29 luglio 2012 Hanno collaborato Asian Study Centre tudy Ce nS e ntr Asia Dialogo Interreligioso: Bangladesh — Domenico Pietanza; Brasile Nord — Giuseppe Leoni; Brasile Sud — Villaseñor Rafael López; Burundi — Modesto Todeschi; Camerun — Franco Sana; Ciad — Perera Jesús Manuel Calero; Giappone — Franco Sottocornola; Indonesia — Francesco Marini; Philippines — Everaldo Dos Santos; RD Congo — Gianni Brentegani; Sierra Leone — Michele Carlini; Taiwan — Paulin K. Batairwa; United Kingdom — John Convery; United States — Carl Chudy. Convegno Saveriano sulla Missione — 2012 Dialogo Interculturale: Bangladesh — Sergio Targa; Camerun-Ciad — Armando Coletto; Filippine — Eugenio Pulcini; Giappone — Tiziano Tosolini; Indonesia — Matteo Rebecchi; RD Congo — Gianni Brentegani; Sierra Leone — Michele Carlini; Taiwan — Fabrizio Tosolini; United States — Carl Chudy. Xaverian Missionaries – Japan