Dal gol nello spareggio con la Lazio all`incredibile partita al Grezar

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Dal gol nello spareggio con la Lazio all`incredibile partita al Grezar
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anni Antonio De Vitis,
per tutti Totò, è nato a
Lecce il 16/5/1964. Oggi
lavora con la Fiorentina.
Totò
De Vitis
Dal gol nello spareggio con la Lazio all’incredibile
partita al Grezar di Trieste: ecco il racconto di quello
che in soli due anni è diventato il bomber più amato
di Taranto dai tempi di Erasmo Iacovone
di pietro cinieri
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E
cco ancora un’azione di Gridelli, che fa
inserire molto bene Dalla Costa...possibilità di tiro da parte di Dalla Costa,
che prosegue ancora scambiando
con De Vitis, poi fa proseguire verso
Picci...tiro di Picci parato dal portiere Terraneo...riprende Dalla Costa....
Gridellli...ancora...e gol da parte di
De Vitis! Taranto in vantaggio al
ventesimo del secondo tempo con il
suo cannoniere, Totò De Vitis!». La
telecronaca è di Giorgio Martino,
le immagini sono Rai, la partita
Taranto-Lazio, spareggio salvezza del
1987. E il gol di De Vitis è in fuorigioco.
«Ma francamente chi se ne importa? Lo stadio era per tre quarti azzurro, ma lo spicchio rossoblù impazzì...È
stato uno dei momenti più importanti che ho vissuto con la maglia del
Taranto, uno dei gol più sentiti della
mia carriera». Antonio De Vitis, per
tutti Totò, parla lentamente, forse perchè i ricordi arrivano una goccia dopo
l’altra. Tornare alla sorgente, dopo la
fiumana d’una carriera che l’ha portato alle foci del grande calcio, non è per
niente semplice. Cosa sono, in fondo,
due stagioni nella vita di un fuoriclasse? Forse nulla, forse molto. Forse, più
semplicemente, dipende da quello che
ti lasciano dentro.
Per questo, quando una goccia dopo
l’altra la memoria torna a scorrere, il
dirigente viola ritrova le emozioni di
quel rosso e blu da cui è partito tutto, ritorna a sentire il boato di quel
Totò-De-Vitis-facci-un-gol-è-la-curvanord-che-te-lo-chiede. E il Taranto ritrova quello che, probabilmente, dopo
Erasmo Iacovone, è stato il bomber
più amato della sua storia.
la prima cosa bella
«In B avevo giocato quattro o cinque
partite con il Palermo, ma fu con il
Taranto che ebbi la mia prima, vera
occasione». Quando Totò De Vitis
sbarca in rossoblù il calendario segna
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Il gol nello spareggio con la Lazio
era in fuorigioco? Francamente
chi se ne importa? È stato uno dei più
sentiti della mia carriera»
luglio 1986. La squadra è stata appena promossa in serie B e Vito Fasano
vuole la salvezza. L’ingegnere mette insieme una campagna acquisti
mirata. Riesce a tenere Maiellaro,
puntella la squadra di giovani come
Dalla Costa, Russo, Gridelli e piazza
tre colpi: Sergio Paolinelli, Silvio Picci
e Antonio De Vitis. All’attaccante leccese viene chiesto il non facile compito
di rimpiazzare Nicola D’Ottavio, che
nell’ultima annata ha realizzato 14
gol contribuendo alla B.
Totò gira bene da subito, il resto della squadra no: a metà campionato, con
una sola vittoria e otto sconfitte è ultima in classifica e quasi condannata
Taranto 1987/88
Nel primo anno del
bomber leccese
quell’undici poteva
contare anche su
campioni come
Spagnulo, Picci,
Paolucci, Paolinelli,
Donatelli, Dalla
Costa e Roselli
foto: studio r.ingenito
alla C. «Eravamo giovani, sotto tanti
punti di vista inesperti».
Poi, all’improvviso, qualcosa cambia: Veneranda scuote la squadra,
i risultati cominciano ad arrivare e
il Taranto inizia a risalire la china.
«All’improvviso trovammo l’intesa con
Pietro Maiellaro. Lui è stato uno dei
centrocampisti più forti con cui abbia
mai giocato: la sua è stata una grande carriera ma con quel talento avrebbe potuto fare anche di più». L’ultima
giornata è decisiva: si gioca GenoaTaranto, da una parte c’è in ballo la
promozione, dall’altra la salvezza. Fra
due città agli antipodi, però, se ne staglia prepotentemente un’altra: Lecce.
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la carriera
dallo ionio
al paradiso
della serie a
reti in 71 partite per il
bomber salentino con la
maglia del Taranto, con cui
ha giocato dal 1986 all’88.
la gavetta e la b
Totò De Vitis cresce nel settore
giovanile del Napoli, esordisce
in Serie A a 18 anni, poi inizia
la gavetta trasferendosi, nel
1983, alla Campania.
Nel 1984 passa al Palermo, in
C1, con cui conquista la promozione in Serie B segnando
7 reti in 19 partite, e la stagione successiva viene ceduto
ad ottobre (dopo 5 presenze e un gol) in Serie C1 alla
Salernitana, dove riesce a trovare la continuità di rendimento necessaria a mettere
insieme un bottino di 16 reti.
L’anno successivo approda al
Taranto di Vito Fasano.
destinazione serie a
«Quella partita non la dimenticherò
mai, per tutto quello che significò ma
anche perché giocammo sul neutro di
Via Del Mare, lo stadio della mia città.
E poi per un’altra cosa: il Lecce era in
lotta per la promozione proprio con il
Genoa. Ma la loro unica speranza era
che il Grifone perdesse».
Il Taranto, in campo, aggredisce da subito, fa girare palla sulle fasce, schiaccia gli avversari nella loro
metà campo: il Genoa balla la pizzica
e dopo un quarto d’ora si piega ad una
correzione in area di De Vitis. Sugli
spalti del Via Del Mare tarantini e
leccesi, incredibile ma vero, si abbracciano: Totò li ha uniti tutti. La spinta dello stadio diventa straordinaria,
il Taranto la sente e prima dell’intervallo raddoppia con Maiellaro: i liguri
sono in ginocchio.
Nel sole del suo Salento, al minuto
cinquantasei, l’uomo del fato è però
Totò. È lui, leccese in rossoblù, che fissa l’ultimo appuntamento con la storia del calcio pugliese: punizione di
Maiellaro, colpo di testa in tuffo e 3-0.
Il delirio è totale: il Genoa è crollato,
il Taranto va agli spareggi salvezza, il
Lecce a quelli promozione. «Sono sensazioni irripetibili: quella giornata segnò la vittoria di due città». Vittoria
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che però assunse le sembianze di
Pirro per i salentini, che quello spareggio lo persero a favore del Cesena
e che invece, per il Taranto, dopo la
vittoria con la Lazio e il pareggio con
il Campobasso, si trasformò in trionfo. «Della partita con i molisani ricordo una cosa: dopo il gol di Evangelisti,
Veneranda si mise a gridare come un
pazzo dalla panchina: “Io vi tengo in
clausura per altri quindici giorniii!!!”.
Noi venivamo già da due settimane di
ritiro totale: di non pareggiare quella
partita non se ne parlava proprio...».
Il gol di Paolinelli è lo spartiacque
tra inferno e paradiso: il Taranto resta inaspettatamente in serie B. E
Totò De Vitis, con i suoi diciotto
gol, entra nel cuore dei tifosi e negli annali del calcio ionico.
gli eroi del grezar di trieste
Qualche pagina di calendario
più avanti c’è un’altra storia:
meno travagliata, meno
sofferta ma non per
questo meno bella. La
stagione 1987/88, anzi,
sarà la più prolifica del
Taranto dall’immediato
dopoguerra: nonostante
la partenza di Maiellaro,
lo zar. Pietro Maiellaro
ha giocato in rossoblù con
De Vitis nella stagione
1986/87. La loro è stata,
probabilmente, la coppia
offensiva più amata della
storia rossoblù.
foto: studio r.ingenito
Nelle due stagioni in Puglia
De Vitis realizza 28 reti, rivelandosi determinante ai fini
della salvezza del Taranto. Nel
1988, con la società in crisi (la
squadra sarebbe retrocessa
e Fasano avrebbe venduto a
Carelli) viene venduto all’Udinese, che trascina alla promozione con quindici gol. Nel
1991, dopo la nuova retrocessione dell’Udinese e un’altra
stagione in cadetteria, passa al
Piacenza e nel 1993 torna in A.
piacenza e verona
Nel 1995, dopo aver collezionato 49 gol in tre
stagioni, approda
all’Hellas Verona
dove trascorre altre
quattro stagioni fra
A e B.
In tutta la carriera ha
totalizzato 63 presenze
con 11 reti in Serie A e
315 gettoni conditi da
125 gol in Serie B.
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movimento sul primo palo. Secondo Cesare Prandelli, nessuno lo faceva come De Vitis. foto: studio r.ingenito
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Ho giocato più di 400 partite
nella mia carriera ma le
emozioni di quel Triestina-Taranto
4-6 non le ho mai più provate»
la squadra segna quaranta gol, mette assieme un cammino equilibrato
(15 punti nel girone d’andata, 17 nel
ritorno) e si salva matematicamente
alla penultima giornata pareggiando
1-1 con il Padova. Più della permanenza in B, però, di quell’annata si
ricorda una partita memorabile:
Triestina-Taranto.
«Ho giocato più di quattrocento partite nella mia carriera, ma novanta minuti così incredibili non li ho
mai più vissuti». Rimontato e superato per due volte (dallo 0-1 al 2-1 e
dal 2-3 al 4-3), il Taranto sembra dover crollare, invece due punizioni di
Roselli e Paolinelli, ribaltano ancora una volta il risultato. Poi, a evitare ogni sorpresa finale, ci pensa proprio De Vitis su rigore: 4-6, la storia è
scritta. E alla fine della pagina c’è la
firma di Totò.
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professione voyeur
Oggi De Vitis è il capo-osservatore
della Fiorentina. «Ho fatto per tre stagioni il direttore sportivo a Piacenza,
poi, quattro anni fa, Corvino mi ha
chiamato in Toscana. Coordino una
decina di talent-scout in giro per il
mondo: oltre ai campionati italiani
monitoriamo Spagna, Inghilterra, Est
Europa e Sud America».
Ma non si diventa il braccio destro del Profeta di Vernole a caso: fra
i talenti scovati da De Vitis, oltre a
Padalino e Sardo, c’è anche un certo
Gilardino. «A me questo fatto di dire:
“Quello l’ho scoperto io” non piace...
Alberto giocava nel Piacenza e quando mi chiamò il d.s. del Verona, gli dissi di prenderlo subito. Ma in alto ci sarebbe arrivato lo stesso...». Al destino,
insomma, non si sfugge. Come al confronto con il passato: un Taranto come
oggi e ieri
1- Il direttore sportivo della Fiorentina
Pantaleo Corvino.
Ha voluto con se De
Vitis.
2- Alessandro De
Vitis, centrocampista figlio di Totò e
grande promessa del
calcio italiano.
3- Alberto Gilardino,
uno dei giocatori che
De Vitis ha contribuito a lanciare sul
grande palcoscenico
della serie A.
quello di De Vitis non verrà più. «Ma
non è detto che non ce ne saranno di
altrettanto belli in maniera diversa.
Io l’ho sempre detto: con la Lega Pro
il Taranto non c’entra nulla. Come bacino d’utenza dovrebbe essere sempre
fra la B e la A, ma negli ultimi anni è
mancata una programmazione societaria seria. A partire da questa stagione però, con D’Addario, le cose sono
cambiate. Il Verona ha ancora qualcosa in più ma con il mercato di gennaio
sono state messe delle basi importanti: la squadra può farcela».
Totò accenna un sorriso speranzoso
e sincero. Due anni, nella carriera di
un fuoriclasse, sono nulla o forse molto. Di certo, la sorgente che l’ha portato alla foce del grande calcio, Totò
non l’ha dimenticata. E con altrettanta certezza Taranto non dimenticherà
mai Totò.
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