L`OSSERVATORE ROMANO
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L`OSSERVATORE ROMANO
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLVI n. 94 (47.229) Città del Vaticano lunedì-martedì 25-26 aprile 2016 . Il Papa celebra il giubileo dei ragazzi e chiede loro di non accontentarsi di una vita mediocre Obama ad Hannover incontra i leader dell’Ue La felicità non è un’app Più Europa e meno muri E al Regina caeli nuovo appello per i sequestrati in Siria «La vostra felicità non ha prezzo e non si commercia; non è una “app” che si scarica sul telefonino» ha ricordato il Papa ai tantissimi ragazzi riuniti in piazza San Pietro domenica mattina, 24 aprile, per la celebrazione eucaristica che ha costituito il culmine della tre giorni giubilare vis- suta dagli adolescenti di tutto il mondo a Roma. Con un’omelia semplice e diretta, ricca di spunti e di riferimenti all’esperienza quotidiana dei giovani, Francesco ha rilanciato la consegna dell’amore cristiano: non quello «nelle nuvole» o da «telenovela» — ha spiegato — ma Papa Francesco a Villa Borghese Visita a sorpresa di MARIA VO CE* stata la prima volta di un Papa a una Mariapoli e mi è tornato in mente quanto più volte ascoltato da Chiara Lubich per descrivere l’effetto che avevano in lei la visita e le parole di un vescovo alle Mariapoli. Vi riconosceva «un peso, un’unzione» che le diversificava da quelle di chiunque altro, anche teologo o santo, e la percezione che con la sua presenza la “città di Maria” raggiungesse il compimento: diventasse “città Chiesa”. Così è accaduto, nella pienezza, con la visita fuori programma di Papa Francesco al Villaggio per la Terra a Villa Borghese, dove, in collaborazione con l’evento di Earth Day Italia, si svolgeva la Mariapoli di Roma che però non si ferma nella capitale. Così ogni Mariapoli che si svolge e si svolgerà nel mondo — e sono centinaia — si sentirà guardata e amata alla stessa maniera. Quel suo parlare a braccio, mettendo fin dall’inizio da parte i fogli, era come dire: mi avete preso il cuore e devo rispondere a ciò che voi avete detto a me. E le sue parole nette, luminose, non erano solo riconoscimento per l’impegno e l’azione dei tanti che gli hanno parlato, ma avevano il sapore di un programma per il futuro: in esse ritornavano come idea forte il prodigio e la possibilità di trasformare il deserto in foresta. Mi ha fatto impressione il suo dire con forza che ciò che vale è portare la vita. Non fare programmi e rimanervi ingabbiati, ma andare incontro alla vita così com’è, con il suo disordine e i suoi conflitti, senza paura, affrontando i rischi e cogliendo le opportunità. Per conoscere la realtà col cuore bisogna avvicinarvisi. Avvengono così i miracoli: deserti, i più vari, che si trasformano in foreste. Papa Francesco possiede la forza della parola. Le sue immagini non si cancellano, né dalla mente né dal cuore. Insieme tra diversi: persone, gruppi, associazioni. Il Pontefice lo ha ripetuto tante volte perché ci y(7HA3J1*QSSKKM( +.!"!&!?!]! È tiene e gli dà gioia. Lo spettacolo umano a Villa Borghese è nato da una domanda: perché non realizzare la Mariapoli nel cuore di Roma? Perché non provare a fare un innesto di fraternità, magari piccolo ma concreto, nelle strade della città? Roma — lo sappiamo — piange per le tante ferite e soffre per le molte fragilità, ma vive anche di una ricchezza incredibile: il tanto bene che vi si fa. Quando il Papa ha indetto l’anno della Misericordia abbiamo pensato alle tantissime associazioni che operano nella città, con o senza riferimento religioso, ma che “fanno misericordia”. Quasi un caso l’incontro con Earth Day, che si occupa della tutela del creato e lavora per quell’ecologia integrale cara a Francesco. Un percorso e un lavoro appassionanti, fuori dai propri schemi, su strade anche impensate. Non senza difficoltà, certo, perché non ci si conosceva e perché si è diversi. Ma la diversità è ricchezza, come l’incontro con oltre cento associazioni: sono così nate sinergie e si sono costruiti ponti. Anche con realtà piccolissime: «Ma la mia associazione va avanti con la mia pensione, non abbiamo né loghi né cose del genere» ci ha detto un nuovo amico. E la Mariapoli ha voluto dare testimonianza del bene che anche lui fa. Sono così emerse le tante città sotterranee virtuose che Roma contiene. Un bene che si moltiplicherà e una rete che sembra dare ragione all’intuizione che Chiara Lubich scrisse nel 1949 incontrando Roma e amandola: «molti occhi s’illuminerebbero della sua Luce: segno tangibile che Egli vi regna (...) a risuscitare i cristiani e a fare di quest’epoca, fredda perché atea, l’epoca del Fuoco, l’epoca di Dio (...) Non è solo un fatto religioso (...) È questo separarlo dalla vita intera dell’uomo una pratica eresia dei tempi presenti, e un asservire l’uomo a qualcosa che è meno di lui e relegare Dio, che è Padre, lontano dai figli». Molti i temi sul tavolo del sumBERLINO, 25. «Papa Francesco ha detto che i profughi non sono nu- mit di questo pomeriggio. Oltre meri, ma persone che hanno volti e all’emergenza immigrazione, c’è la storie» e proprio per questo «il sfida al terrorismo e la crescita ecomondo non ha bisogno di muri». nomica che ancora stenta a riprenÈ un messaggio chiaro e forte quel- dersi. «Gli Stati Uniti e il mondo lo lanciato oggi dal presidente de- hanno bisogno di un’Europa forgli Stati Uniti, Barack Obama, par- te». Questo continente — ha sottolando alla fiera di Hannover, in lineato ancora il presidente ad Germania, prima di incontrare i Hannover — «nel ventesimo secolo era in costante conflitto: la gente leader dell’Unione europea. Punto centrale di questo messag- moriva di fame, le famiglie venivagio, l’immigrazione e il valore no separate. Ora la gente vuole vedell’accoglienza: «Voi europei siete uniti nella diversità». E per questo «non dovete dimenticarvi da dove venite: siete tutti un’eredità della lotta per la libertà. I tedeschi, i francesi, gli olandesi, i belgi, i lussemburghesi, gli italiani, e sì anche anche i britannici, che hanno portato l’Europa sulla strada dell’unità, superando le vecchie divisioni». Di qui il richiamo alla necessità quello «concreto» che insegna Gesù. cristiani e ortodossi, sequestrati in di abbattere i muri al Un amore, ha sottolineato, «non fa- Siria. fine di trovare una Della necessità di vivere la misericile, impegnativo», che «costa fatistrategia comune per cordia nei rapporti con gli altri il Paca», ma che alla fine «rende felici». gestire gli arrivi di miPer il Pontefice amare vuol dire pa ha poi parlato nel pomeriggio, granti, la maggiore soprattutto donare: «non solo qual- recandosi a Villa Borghese per inemergenza umanitaria cosa di materiale — ha specificato — contrare i protagonisti della Mariain Europa dalla fine ma qualcosa di sé stessi: il proprio poli di Roma organizzata dal movidella seconda guerra tempo, la propria amicizia». Si trat- mento dei Focolari. E un invito al mondiale. Nel suo inObama durante il vertice di Hannover (Afp) ta, in sostanza, di «voler bene senza perdono aveva lanciato anche nel vitervento Obama ha possedere», lasciando liberi gli altri deomessaggio inviato la sera di sabapoi ricordato «i polace testimoniando in prima persona to ai ragazzi protagonisti del giubichi di Solidarność, i cechi e gli slo- nire qui esattamente proprio per «la libertà di poter scegliere il be- leo riuniti allo stadio Olimpico di vacchi che hanno fatto la rivoluzio- quello che avete creato. Vi sono gene». Un impegno da vivere con Roma per una serata di festa e di tene pacifica, gli ungheresi, gli au- nitori pronti ad attraversare il de«scelte coraggiose e forti» che rifug- stimonianze. A sedici di loro, in striaci, i berlinesi e i parigini che serto, il mare per dare ai propri figano dalla «mediocrità» e stimolino mattinata, il Pontefice aveva ammidopo gli attentati hanno riaperto il gli quelle cose che noi non dobbianistrato il sacramento della confesalla «responsabilità». Bataclan». L’Unione europea è mo dare per scontate». Ed è in forAl termine della messa, al Regina sione in piazza San Pietro. «una delle maggiori conquiste za delle conquiste raggiunte che caeli il Papa ha rinnovato l’appello economiche e politiche dell’era mo- l’Europa deve far fronte comune nella lotta al terrore jihadista che PAGINE 7 E 8 per i vescovi, i sacerdoti e i religiosi, derna». continua a colpire. «La minaccia del terrorismo è reale e noi dobbiamo continuare a difenderci». E sulla difesa Obama ha esortato gli alleati della Nato ad aumentare le Annunciato l’invio di nuove unità sul terreno per fermare l’Is spese militari fino a raggiungere l’obiettivo del due per cento del prodotto interno lordo. Washington rafforza l’impegno in Siria WASHINGTON, 25. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha annunciato oggi l’invio di 250 militari in Siria per aiutare le forze locali a combattere i jihadisti del cosiddetto Stato islamico (Is). L’annuncio è stato fatto oggi dal presidente nel suo intervento ad Hannover. Non si tratta — dicono i primi commenti degli analisti — di un intervento di terra, opzione che l’inquilino della Casa Bianca ha già definito «un errore». Ieri, durante una conferenza stampa con il cancelliere tedesco, Angela Merkel, il presiden- te aveva infatti dichiarato: «Sono convinto che in termini pratici sia molto difficile creare una zona di sicurezza in Siria, anche se non abbiamo nessuna obiezione ideologica a riguardo. La cosa migliore rimane assicurare la transizione politica del Paese». Nei giorni scorsi anche il «New York Times» aveva già parlato della possibilità dell’invio di almeno duecento militari delle forze speciali in Siria per addestrare ed assistere i ribelli sul campo. Inoltre — conferma il quotidiano della Grande Mela — per la prima volta gli Stati Uniti Centinaia di jihadisti uccisi nello Yemen Primo turno delle presidenziali Svolta a destra per Vienna PAGINA 2 Il settimo volume dell’Epistolario Don Bosco feriale Civili tra le macerie di Mukalla (Reuters) *Presidente del movimento dei Focolari avrebbero formulato un piano per la guerra cibernetica contro i jihadisti dell’Is. L’obiettivo del piano sarebbe quello di fermare la capacità dei miliziani di diffondere il loro messaggio nel web, di attrarre e reclutare nuove leve, di far circolare ordini dei comandanti, di eseguire le operazioni quotidiane, come pagare i propri combattenti. Insomma, gli esperti del Pentagono vogliono hackerare e manipolare i network di comunicazione, creando sfiducia sulla sicurezza dei circuiti jihadisti. Nel frattempo, sul terreno la situazione resta molto difficile. Mentre in Siria, nonostante i colloqui di Ginevra vadano avanti, i combattimenti proseguono nell’area di Aleppo e di Raqqa, anche in Iraq si registra una nuova ondata di attacchi jihadisti. Almeno 14 persone sono morte e decine sono rimaste ferite in due attacchi kamikaze avvenuti ieri sera, quasi simultaneamente, in due diversi quartieri di Baghdad. E a nord della capitale sono esplosi scontri tra le forze dei peshmerga curdi e truppe dell’esercito regolare. PAGINA 3 GRAZIA LOPARCO A PAGINA 5 NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza le Loro Maestà il Re Willem-Alexander e la Regina Máxima di Olanda, e Seguito. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza: l’Eminentissimo Cardinale Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi; Sua Eccellenza Monsignor Mario Oliveri, Vescovo di Albenga-Imperia (Italia). Nomine di Vescovi Ausiliari Il Santo Padre ha nominato Ausiliare della Diocesi di Ciudad del Este (Paraguay) il Reverendo Pedro Collar Noguera, Vicario Generale della medesima Diocesi, assegnandogli la Sede titolare vescovile di Tamugadi. Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare dell’Arcidiocesi di Southwark (Inghilterra) il Reverendo Paul Mason, del clero dell’Arcidiocesi di Southwark, Vicario Episcopale del Kent, assegnandogli la sede titolare vescovile di Skàlholt. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 lunedì-martedì 25-26 aprile 2016 Il candidato del partito della Libertà Hofer dopo l’annuncio della vittoria elettorale (Reuters) Bilaterale Germania - Stati Uniti Sui profughi il sostegno di Obama a Merkel VIENNA, 25. Perdono al primo turno delle presidenziali i grandi partiti tradizionali in Austria, mentre è netta l’affermazione dell’estrema destra. Una vittoria del fronte anti-migranti che spazza via la coalizione che guidava il Paese dal 1945. Il candidato del partito della Libertà, Fpöe, Norbert Hofer, ha ottenuto oltre il 35 per cento delle preferenze. Il verde Alexander van der Bellen ha raggiunto circa il 21 per cento. Seguono, all’11 per cento, il socialista Rudolf Hundstorfer ed il popolare Andreas Khol. I partiti tradizionali, dunque, restano fuori dal ballottaggio del 22 maggio. Al voto erano chiamati 6,4 milioni di austriaci con più di 16 anni, per scegliere quello che sarà il nono capo dello Stato della seconda Repubblica, nata alla fine della Seconda guerra mondiale. Il favorito sembrava Alexander Van der Bellen, un economista del partito ecologista e progressista dei Verdi. È risultato invece primo Hofer, candidato del partito ultranazionalista Fpöe. Lo stesso partito che fu di Jörg Haider, morto nel 2008, leader di forte carisma che rinnovò i toni della politica lottizzata tra popolari e socialisti con posizioni nazionalistiche e antieuropeistiche ma arrivando anche a esprimere nostalgia filo-nazista e strisciante antisemitismo. L’attuale leader del Fpöe, Primo turno delle presidenziali Svolta a destra per Vienna Heinz-Christian Strache, ha parlato di «nuova era politica». Da tempo si registra in Austria una certa disaffezione ai partiti tradizionali. Ma è stata la questione migratoria ad essere al centro della campagna elettorale. Hofer, il candidato alla presidenza dal Fpöe, ha 45 anni, è ingegnere. Ha dichiarato di essere abituato ad Manifestazioni in Italia per l’anniversario della Liberazione Dopo lo sversamento di petrolio Rientra l’allarme a Genova Operazioni di bonifica lungo il torrente Polcevera (Ansa) ROMA, 25. Con l’annuncio che in mare deve essere eliminata solo la chiazza davanti a Varazze e il ritiro di due dei mezzi navali impegnati nella caccia alle “macchie nere” di greggio, la Capitaneria di Genova ha reso noto ieri che l’emergenza ambientale sta rientrando. Due giorni fa diverse navi avevano incrociato nelle acque di fronte a Genova e al savonese per individuare e rimuovere le macchie causate dalla rottura della conduttura dell’oleodotto dell’Iplom. In particolare, un satellite aveva messo in evidenza una striscia di materiale oleoso lunga circa due chilometri e larga 500 metri che aveva preso il largo davanti a Genova, trasportata a ponente dalla corrente e dal vento. Dovrebbe dissolversi — dicono gli esperti — nelle prossime ore. Dopo l’intervento dei mezzi, la Capitaneria ha appunto annunciato che «in mare resta solo una “chiazza di sfilacciamento” e si trova a dieci chilometri a sud di Varazze. Per questo motivo una parte dei mezzi antinquinamento sono stati ritirati». Per il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, «non c’è più alcun rischio di altre fuoriuscite di greggio in mare: si tratta ora di lavorare per rimettere in sicurezza totale il territorio, ma quello è un lavoro di bonifica di altra proporzione. Resta un’emergenza locale allo sbocco del Polcevera che credo verrà ritirata nelle prossime ore». È intanto partita questa notte la procedura per spegnere la raffineria Iplom di Busalla obbligata dal sequestro dell’oleodotto in cui si è verificato lo sversamento. La procedura di stop è complessa e si concluderà il 4 maggio. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va andare in giro con la sua pistola e ha promesso che, una volta diventato presidente, si impegnerà a sfiduciare il Governo se non adotterà misure più restrittive sui migranti. Di fatto, l’attuale governo austriaco, guidato dal socialista Faymann, ha già indurito molto i toni nei confronti dell’immigrazione, ribadendo il rifiuto del paradigma di un’acco- ROMA, 25. Si sono svolte oggi le manifestazioni per il 71° anniversario della liberazione dal nazifascismo in Italia. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è recato questa mattina all’Altare della Patria per depositare una corona d’alloro al milite ignoto, alla presenza del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, del presidente del Senato, Pietro Grasso, del vicepresidente della Camera, Simone Baldelli, e di diversi ministri. Subito dopo la cerimonia, il capo dello Stato si è recato in Valsesia dove ha visitato alcuni centri della resistenza italiana, tra cui Varallo, medaglia d’oro al valore militare per il ruolo svolto nella lotta contro il nazifascismo. L’Associazione nazionale partigiani d’Italia ha sfilato dal Colosseo a Porta San Paolo, luogo simbolo della resistenza. Anche quest’anno hanno deciso di non partecipare al corteo la Brigata ebraica e l’Associazione nazionale ex deportati nei campi di sterminio. Per protesta — hanno spiegato — contro la presenza nel corteo di centri sociali e associazioni considerati antisemiti. glienza illimitata. Il ministro degli Esteri, Sebastian Kurz, ha più volte ribadito che la protezione dei confini esterni dell’Ue deve essere la priorità assoluta, per ridurre il numero degli irregolari dalla rotta mediterranea. Il voto del primo turno delle presidenziali viene salutato con soddisfazione dalla destra di tutta Europa, dall’italiano Salvini, alla francese Le Pen, all’olandese Wilders, e preoccupa invece quanti difendono la libera circolazione in Europa, cioè l’applicazione dei principi di Schengen. In particolare l’Italia guarda con attenzione a quello che accade al di là del confine, dopo le minacce di Vienna di chiudere il Brennero in caso di arrivi massicci. Resta da dire che in coincidenza con il voto, al Brennero ci sono stati momenti di tensione tra manifestanti dei centri sociali e polizia. È stato arrestato e poi rilasciato un leader dei manifestanti ed è stato usato spray al peperoncino. BERLINO, 25. Sull’emergenza profughi, Angela Merkel è «dalla parte giusta della storia». Sono di decisa approvazione per la politica della cancelliera tedesca i toni di Barack Obama, nel corso di quella che è probabilmente l’ultima visita in Germania da presidente degli Stati Uniti. I due leader hanno inaugurato la fiera dell’Industria ad Hannover, dopo un faccia a faccia di due ore, in cui si sono mostrati perfettamente allineati anche sul Ttip, il Trattato transatlantico che deve rinnovare gli standard commerciali, definendo possibile la firma entro il 2016. Ai critici, hanno spiegato che «aumenterà e non abbasserà gli standard, migliorando le tutele per i consumatori su lavoro e ambiente». Si è parlato poi di Siria e Libia. Forte la preoccupazione per la ripresa dei combattimenti ad Aleppo, così come la convinzione che «la soluzione non può essere che politica». Diverse le opinioni sull’ipotesi di creare zone di sicurezza. La Germania le rilancia, gli Stati Uniti no. Centrale in agenda anche la necessità di sostenere il Governo libico. Alla richiesta di Washington di aumentare l’impegno sulle spese militari e di fronte all’insistente sottolineatura dell’importanza del partner tedesco nel contrasto al sedicente Stato islamico, il cancelliere ha risposto che Berlino è «molto più attiva in Iraq e in Africa, in Siria lo è nel sostegno a Hollande, come in Afghanistan, dove vede minacciata la propria sicurezza». Resta da ricordare che il cancelliere tedesco Merkel, insieme con il presidente del consiglio europeo, Donald Tusk, e il vicepresidente della Commissione, Frans Timmer- mans, sabato hanno fatto visita al campo profughi di Gaziantep, in Turchia, vicino al confine siriano, che ospita circa cinquemila profughi siriani. In quell’occasione è stato inaugurato un centro per il sostegno ai bambini finanziato dall’Unione europea. QUITO, 25. Otto giorni di lutto nazionale in Ecuador, a seguito del violento terremoto che una settimana fa ha sconvolto il Paese latino americano. Al momento si registrano 646 morti, 12.000 feriti e 250.000 bambini nell’emergenza. Tra gli sfollati interni si contano 26.000 persone. Ad annunciare i giorni di lutto è stato il presidente Correa. Il sisma ha raggiunto la magnitudo massima di 7.8 nella giornata di sabato scorso colpendo soprattutto la zona nordoccidentale della costa del Paese, una regione poco popolata e nota per le sue spiagge. È stato poi seguito da centinaia di scosse di assestamento. Un primo ponte aereo dell’Unicef con 86 tonnellate di aiuti è atterrato nella capitale Quito. Grant Leaity, il rappresentante Unicef in Ecuador, sottolinea che oltre 1.100 costruzioni sono state distrutte e oltre 25.000 persone hanno trovato riparo in rifugi di fortuna. Come parte di un appello delle Nazioni Unite per 72 milioni di dollari, l’Unicef chiede 23 milioni di dollari per i bisogni di 250.000 bambini nel corso dei prossimi tre mesi. Si vuole fornire protezione, acqua, servizi igienici e un sostegno per l’istruzione. I leader mondiali firmano l’accordo di Parigi sul clima GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio gi rappresenta un punto di svolta nella lotta al cambiamento climatico, è il più ambizioso accordo sul clima mai negoziato prima. Ma la sua potenza sta nelle possibilità che esso crea». Ora, come detto, inizia la corsa alla ratifica dell’accordo. Bruxelles punta a presentare la proposta di ratifica agli Stati membri prima dell’estate. Per entrare in vigore, l’intesa ha bisogno della ratifica di 55 Paesi che coprano almeno il 55 per cento delle emissioni globali. L’accordo, in sintesi, punta a bloccare l’innalzamento della temperatura «ben al di sotto dei 2 gradi» rispetto all’era preindustriale e di fare tutto lo sforzo possibile per non superare 1,5 gradi; ad alimentare un fondo annuo da 100 miliardi di dollari (a partire dal 2021, con un meccanismo di crescita programmata) per il trasferimento delle tecnologie pulite nei Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va BELGRAD O, 25. Si profila una netta vittoria del partito progressista di centro-destra nelle elezioni politiche in Serbia. Con il proseguire dello spoglio delle schede, giunto all’ottanta per cento, la formazione del premier uscente Aleksandar Vučić avrebbe ottenuto 145 seggi su 250, ovvero il 49,90 per cento delle preferenze. Al secondo posto, con l’11,5 per cento dei voti, il partito socialista di Ivica Dačić, che quindi ottiene 33 seggi. Terzi i radicali di Vojislav Šešelj che arrivano al 7,8 per cento, entrando in Parlamento. «La Serbia ha mostrato a sé stessa e al mondo che è unita e che desidera continuare sulla strada di un futuro migliore» ha detto Vučić, confermando quindi il proprio impegno nel cammino di riforme verso l’integrazione in Europa. Gli osservatori internazionali hanno riferito che non ci sono stati incidenti e che il voto si è svolto regolarmente. Cuba apre i porti alle crociere senza restrizioni In Ecuador emergenza bambini Parte il processo di ratifica NEW YORK, 25. A quattro mesi dallo storico accordo sul clima raggiunto a Parigi, i leader del mondo si sono riuniti al palazzo di Vetro dell’Onu per apporre la propria firma al documento e dare così inizio alla sua attuazione. Un numero record di 175 Paesi ha siglato il testo. Il primo a firmare è stato il presidente francese, François Hollande. «È una corsa contro il tempo, la finestra per mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2 gradi, e ancora di più contenerlo entro 1,5 gradi, si sta rapidamente chiudendo» ha detto il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, aprendo i lavori. Quindi un appello a tutti gli Stati affinché «ratifichino velocemente il documento, in modo che possa entrare in vigore il più presto possibile». Per il segretario di Stato americano, John Kerry, «Pari- Vučić vince le politiche serbe Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale Paesi più poveri; a rafforzare periodicamente gli obiettivi di riduzione fissati volontariamente dai singoli Paesi (la prima verifica nel 2018). E sempre a New York, a ricordare l’importanza di uno sviluppo sostenibile fondato sul rispetto per l’ambiente e su una finanza responsabile è stato pochi giorni fa il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Ricordando le parole di Papa Francesco all’Assemblea generale dell’Onu lo scorso settembre, Turkson ha sottolineato che «la pace è la condizione necessaria e il contesto per qualsiasi vero e durevole sviluppo». In tal senso, «società pacifiche e premurose sono più fondamentali della disponibilità di finanziamenti e fondi. La guerra è la negazione di tutti i diritti e di ogni sviluppo». Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 L’AVANA, 25. Il Governo di Raúl Castro ha abrogato la norma che proibiva ai cubani residenti all’estero di tornare nel Paese per via marittima. È spianata, dunque, la strada all’arrivo di navi da crociera americane nei porti dell’isola. In particolare, la decisione permetterà alla Carnival, la compagnia americana specializzata in crociere nei Caraibi, di inaugurare il mese prossimo il suo annunciato primo percorso da Miami, nella statunitense Florida, all’Avana senza restrizioni nella vendita dei biglietti. Alcuni dei cubani che vivono in Florida, circa un milione e mezzo, avevano minacciato di denunciare l’azienda per discriminazione dei passeggeri. La decisione delle autorità dell’Avana permetterà, a partire dal 26 aprile, «l’ingresso e l’uscita di cittadini cubani, indipendentemente dal loro status migratorio, in qualità di passeggeri o membri dell’equipaggio di navi». La decisione arriva nel giorno in cui scatta per gli imprenditori americani la possibilità di importare da Cuba, anche non direttamente, il caffè e una serie di articoli tessili. Il dipartimento di Stato ha aggiornato la lista dei prodotti in seguito al disgelo con l’isola caraibica. Dopo 54 anni di gelo tra Stati Uniti e Cuba, sono arrivati i primi segnali del disgelo il 17 dicembre 2014, poi nel 2015 c’è stato il ripristino dei voli commerciali e la riapertura a luglio delle ambasciate nelle rispettive capitali. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO lunedì-martedì 25-26 aprile 2016 pagina 3 Il premier nepalese alla cerimonia in ricordo delle vittime del sisma a Kathmandu (Reuters) Truppe lealiste riconquistano la città di Mukalla Centinaia di jihadisti uccisi nello Yemen SANA’A, 25. Le truppe fedeli al legittimo presidente yemenita, Abd Rabbo Mansour Hadi, sostenute dall’appoggio aereo della coalizione guidata dall’Arabia Saudita, sono entrate ieri nella città portuale yemenita di Mukalla, conquistata circa L’Onu condanna il nuovo test missilistico nordcoreano NEW YORK, 25. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha «condannato fermamente» ieri l’ultimo lancio di quello che la Corea del Nord ha definito un missile balistico nel mar del Giappone, e ha sottolineato la necessità di rafforzare le sanzioni contro Pyongyang. I cinque Paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna) affermano in una dichiarazione approvata all’unanimità che il lancio, effettuato sabato, rappresenta una «nuova grave violazione» delle risoluzioni dell’Onu e ribadiscono la loro «grave inquietudine» per la prosecuzione di attività balistiche che «contribuiscono allo sviluppo di vettori di armi nucleari e accrescono la tensione nella regione e oltre». Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha accusato la Corea del Nord di «provocazione» dopo le segnalazioni su un nuovo test missilistico. Gli ultimi test di questo tipo sono stati «presi molto seriamente», ha detto Obama al termine dei colloqui di ieri ad Hannover con il cancelliere tedesco, Angela Merkel. «Quello che è chiaro è che la Corea del Nord continua a dimostrare un continuo comportamento provocatorio, che sta attivamente perseguendo un programma nucleare e la capacità di lanciare armi nucleari», ha detto Obama. «Ed anche se il più delle volte questi esperimenti non hanno successo — ha aggiunto — comunque permettono di acquisire conoscenze ogni volta che vengono compiuti». Il capo della Casa Bianca ha quindi assicurato: «Non prendiamo sul serio le promesse» nordcoreane sui test nucleari, auspicando «una seria conversazione su come porre fine alle tensioni» con un «atteggiamento serio sulla denuclearizzazione della penisola coreana». Il ministero degli Esteri di Pyongyang si è detto pronto a porre fine ai test nucleari se Washington e Seoul rinunceranno alle manovre militari congiunte. un anno fa da Al Qaeda nella penisola arabica. Lo riporta oggi Al Arabiya. Intanto, nel corso di violenti combattimenti nella città di Kous, nella provincia meridionale di Abyan, tra militari ed elementi di Al Qaeda, centinaia di jihadisti sono rimasti uccisi. Secondo fonti della sicurezza locale, gli scontri sono avvenuti in seguito a una serie di raid aerei condotta nelle scorse settimane dalla coalizione guidata da Riad. «L’operazione si è conclusa nelle prime ore di oggi con la morte di 800 miliziani di Al Qaeda e di alcuni loro dirigenti, e con la fuga di altri» ha annunciato un comunicato delle forze yemenite. Al Qaeda è riuscita a sfruttare il vuoto di potere che si è creato nel Paese arabo a seguito della guerra che da anni vede contrapporsi i ribelli huthi alle trupp governative. La coalizione guidata da Riad sta cercando di frenare l’avanzata dei ribelli che da settembre del 2014 hanno preso il controllo della capitale Sana’a e stanno cercando con ogni mezzo di sottrarre altre regioni al controllo dello Stato centrale. Per porre fine al sanguinoso conflitto sono iniziati nella capitale del Kuwait negoziati tra le parti. E anche se i ribelli huthi hanno rifiutato di condurre colloqui diretti con i delegati inviati dal presidente Hadi, al termine della prima sessione di trattative l’inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen, Ismail Ould Cheikh Ahmed, ha parlato di giornata «costruttiva». Oltre 6.400, secondo dati dell’Onu, sono le persone che hanno perso la vita nel conflitto. La maggior parte delle vittime sono civili, riferiscono sempre le Nazioni Unite. I colloqui in Kuwait si basano sulla risoluzione 2216 del Consiglio di sicurezza dell’Onu che impone agli huthi il ritiro dalle aree occupate dal 2014 e la consegna delle armi pesanti al Governo. I ribelli hanno già annunciato che sospenderanno la loro partecipazione ai colloqui se dovessero proseguire le violazioni della tregua in vigore nel Paese arabo dal 10 aprile. Ancora emergenza in Nepal KATHMANDU, 25. Responsabili politici, diplomatici e gente comune hanno ricordato oggi a Kathmandu, vicino alle rovine della storica torre Dharahara, le oltre 9.000 vittime, i 21.000 feriti e i milioni di senzatetto causati dalla scossa di magnitudo 7,6 gradi Richter registrata il 25 aprile 2015, alle 11,56 locali. Per la cerimonia, presieduta dal primo ministro nepalese, Khadga Prasad Oli, che ha deposto una corona di fiori, è stato scelto nella capitale il luogo dove si ergeva la torre Dharahara di nove piani e 62 metri di altezza, che era patrimonio dell’Unesco e che al momento del sisma era piena di turisti. Crollando completamente al suolo, intrappolò quel giorno mortalmente 132 persone. Resta il grido di disperazione dei nepalesi che hanno perso tutto. La Croce rossa internazionale ha ricordato che quattro milioni di persone stanno ancora vivendo in rifugi temporanei, una condizione che rappresenta una minaccia permanente alla loro salute e dignità. Allarme della Croce Rossa internazionale per un altro conflitto dimenticato dai media Afghanistan allo stremo KABUL, 25. La situazione in Afghanistan diventa sempre più allarmante, ma la comunità internazionale e i media non sembrano più interessati al conflitto, e «questo è molto pericoloso». Lo ha dichiarato il responsabile del Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) a Kabul, Jean-Nicolas Marti. Impegnato in un giro delle capitali europee e negli Stati Uniti, il responsabile uscente del Cicr ha detto che «il quadro generale si sta deteriorando; assistiamo a un continuo incremento della violenza che inte- ressa le città, gli agglomerati urbani, e che sta generando molte necessità sul piano dei rifornimenti medici e dell’evacuazione e protezione della popolazione civile». Prevedo — ha ancora detto Marti — «che quest’anno le cose peggioreranno poiché non si vede all’orizzonte una fine del Forze di sicurezza afghane dopo un attentato suicida a Kabul (Ap) Ma resta drammatica la crisi umanitaria libica Al Sarraj si consolida a Tripoli TRIPOLI, 25. Il Consiglio presidenziale guidato dal premier incaricato libico, Fayez Al Sarraj, si è riunito ieri per la prima volta nella sede del Congresso di Tripoli, sciolto nelle scorse settimane. Lo ha riferito l’agenzia di stampa Lana. Miliziani fedeli al Governo di unità hanno inoltre preso il controllo della sede del ministero dei Trasporti e altri due dicasteri. E mentre consolida la sua leadership nella capitale libica, il premier Al Sarraj riceve anche il sostegno da parte di vari leader della comunità internazionale. «In Libia abbiamo l’opportunità di sostenere un nuovo Governo» e di contrastare l’infiltrazione «degli estremisti» del cosiddetto Stato islamico (Is), ha detto il presidente statunitense, Barack Obama, dopo l’incontro con il premier britannico, David Came- A un anno dal devastante terremoto che causò 9.000 morti ron, a Londra. Obama ha inoltre aggiunto: «Non ci sono piani per l’invio di truppe di terra in Libia. Non penso che sia necessario. Non penso che sarebbe un segnale gradito dal nuovo Governo. Sarebbe — ha detto — un segnale sbagliato». Ieri il ministro degli Esteri britannico, Philip Hammond, ha detto che «non è escluso» in futuro l’intervento di truppe da combattimento britanniche in Libia. Hammond ha sottolineato che non è possibile sapere come evolverà la situazione nel Paese nordafricano. Ogni tipo di partecipazione militare diretta della Gran Bretagna, ha però aggiunto il capo del Foreign Office, dovrà prima ricevere il via libera da parte della Camera dei Comuni. La situazione umanitaria nel Paese è estremamente drammatica con oltre il 60 per cento degli ospedali praticamente fuori uso, come ha reso noto ieri l’inviato speciale delle Nazioni Unite in Libia, Martin Kobler. Secondo Kobler, circa il 40 per cento della popolazione ha assoluta necessità di aiuti umanitari. L’inviato dell’Onu ha anche affrontato il tema dell’Is che sta continuando a colpire le infrastrutture petrolifere libiche, in particolare dopo il grande flusso di miliziani provenienti dalla Siria e dall’Iraq. «Il numero di militanti dell’Is che giungono in Libia è in crescita a causa dei raid aerei della coalizione internazionale che hanno costretto molti miliziani a fuggire dalla Siria e dall’Iraq». Per Kobler la strategia dell’Is «è molto chiara» e il suo obiettivo è quello di dirigersi verso i Paesi a sud della Libia, come Niger e Ciad, al fine di controllare parte delle risorse petrolifere. conflitto». In questo ambito — ha concluso — «è necessario che a livello internazionale le Nazioni si uniscano per cooperare nel reperimento di una soluzione alla crisi, mentre i media non debbono ridurre l’attenzione, come apparentemente stanno facendo ora, sulla gravità della tragedia». E a conferma del fatto che la violenza non ha abbandonato l’Afghanistan, nello scorso fine settimana una serie di attentati da parte dei talebani ha causato numerose vittime: sei morti in un attacco a un campo dell’esercito nella provincia di Farah dove oltre cento studentesse sono state ricoverate con sintomi di avvelenamento; altre due vittime in un attentato suicida nella provincia meridionale di Helmand; altri sei morti nella provincia settentrionale di Jazzjan. La violenza degli insorti ha colpito anche il confinate Pakistan con l’uccisione di Sardar Soran Singh, primo parlamentare sikh della provincia del nord e ministro locale delle minoranze. Singh, 46 anni, è stato ucciso davanti alla sua casa nel villaggio di Bacha Killay (distretto di Bruner, nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa. Uomini armati alla guida di due motociclette si sono fermati di fronte alla sua auto e hanno aperto il fuoco uccidendo sul colpo il ministro delle minoranze. Successivamente il gruppo Tehreek-e-taliban Pakistan ha rivendicato l’attacco terroristico. Catturati quattro capi di Boko Haram ABUJA, 25. Arrestati in Nigeria quattro capi di alto livello del gruppo terroristico Boko Haram. Lo ha annunciato l’esercito nigeriano, secondo cui i quattro sono stati catturati a Rann, nel travagliato Stato di Borno, durante un’operazione militare. Si ritiene che i terroristi, di cui sono già state fornite le generalità, abbiano sostenuto le attività del gruppo soprattutto attraverso il commercio illegale. Si tratta di arresti la cui importanza è «senza precedenti», così ha dichiarato, citato dai media, un portavoce militare, il generale Sani Usman, aggiungendo che i quattro saranno sottoposti ad interrogatorio. Adesso la speranza è che almeno uno dei quattro dia informazioni utili per il ritrovamento delle decine di studentesse rapite nel 2014 e mai ritrovate. Intanto, in tutto il Paese la tensione resta alta, soprattutto dopo la recente notizia dell’uccisione da parte dell’esercito nigeriano di 35o persone, alcune delle quali bruciate ancora vive. A denunciare, qualche giorno fa, il terrificante episodio, che si sarebbe verificato tra il 12 e il 14 dicembre scorso, è stata l’organizzazione Amnesty international. La carneficina sarebbe avvenuta — in base alla ricostruzione fornita dall’organizzazione — dopo un violento scontro tra un gruppo di soldati governativi ed esponenti del Movimento islamico a Zaria, nello Stato di Kaduna. Amnesty ha ascoltato le testimonianze di decine di persone, presunti superstiti delle violenze, e analizzato immagini satellitari che hanno permesso di individuare fosse comuni. L’esercito nigeriano e il Governo di Abuja hanno smentito con decisione qualsiasi coinvolgimento nelle violenze nello Stato di Kaduna. Mobilitazione internazionale per il Darfur JUBA, 25. Si è animata nell’ultima settimana una mobilitazione internazionale per mantenere viva l’attenzione sul conflitto che ormai si protrae da oltre tredici anni nella regione del Darfur. Domani, 26 aprile, si riunisce il Consiglio di sicurezza dell'Onu per decidere se mantenere o meno il contingente stanziato nell'area. Simultaneamente si svolgeranno in molte capitali europee e mondiali iniziative di sensibilizzazione. Questo, come detto, per riaccendere i riflettori sulla crisi nella regione occidentale sudanese, dove da almeno un anno sono ripresi violenti scontri in villaggi e campi profughi. La settimana di mobilitazione è stata indetta dalla coalizione di organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani che da 13 anni promuove il «Global Day for Darfur», di cui fanno parte tra le altre Amnesty International, Save Darfur Coalition e Italians for Darfur, per denunciare i nuovi bombardamenti e la gravità della situazione. A Roma gli attivisti «Italians for Darfur» ed i rifugiati sudanesi hanno realizzato un flash mob con tamburi e slogan per chiedere di non dimenticare la tragedia africana. A tal proposito, la giornalista e presidente di «Italians for Darfur», Antonella Napoli, ha affermato che «nei primi tre mesi del 2016 la recrudescenza delle violenze ha causato almeno 130 mila sfollati, un migliaio di vittime e la distruzione di centinaia di villaggi», aggiungendo che l’assistenza ai profughi, per lo più donne e bambini, già carente in tutto il Darfur, è drasticamente peggiorata. Nel frattempo, sul piano politico, la Commissione nazionale del Sudan per il referendum amministrativo in Darfur ha annunciato che circa il 97 per cento degli aventi diritto al voto, chiamati alle urne l’11 aprile scorso e nei tre giorni successivi per decidere se unificare l’area in un unica regione, com’era fino al 1994, o se se mantenere l’attuale quadro amministrativo (divisione in cinque Stati), hanno optato per quest’ultima soluzione. Il referendum amministrativo per il Darfur è una disposizione del Documento di Doha per la pace in Darfur messo a punto dall’All Darfur Stakeholder Conference, che si è tenuta a giugno 2011. Sia il Governo del Sudan, sia il Movimento di Liberazione e Giustizia hanno firmato un protocollo d’intesa impegnandosi al rispetto del documento di riferimento per il processo di pace in D arfur. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 lunedì-martedì 25-26 aprile 2016 Mosaico pavimentale (Sinagoga Hammath Tiberias, III-IV secolo) Sentieri teorici e autobiografici di Jan Assmann Il disagio dei monoteismi Gerusalemme, la distruzione delle antiche culture d’America e lo sterminio dei nativi americani». Secondo Assmann, in un tempo di rinnovata violenza in nome di Dio, una vera tolleranza religiosa, capace di riconoscere la relatività senza scivolare nella banalità, può sussistere solo superando la distinzione mosaica tra vera e falsa religione, ripensando quel concetto di “religione profonda” che Gandhi esprimeva come «Religione con la Genesi e significato del giubileo ebraico R maiuscola», ovvero quella che lega indissolubilmente alla verità che è dentro di noi e ci purifica sempre. Al di là della distinzione tra le religioni concrete, essa è elemento permanente della natura umana, che lascia l’anima inquieta fino a che non ha trovato se stessa e conosciuto il suo Creatore. simbolo rappresenta il cande- merete la libertà nel paese per Nel mondo globalizzato di FABRIZIO BISCONTI La novella dei tre labro che fu eretto durante tutti i suoi abitanti. Sarà per anelli del Boccaccio, solo il continuo confronto permette apparato deco- l’Esodo per imitare quello del voi un giubileo; ognuno di voi ripresa da Lessing nel rativo dei mo- Tempio di Gerusalemme e ha tornerà nella sua famiglia. Il di restare uniti e solidali suo Nathan il saggio, è numenti ebraici un significato identitario per cinquantesimo anno sarà per ricordata con viva apnel comune destino umano della tarda anti- gli aderenti alla religione voi un giubileo; non seminereprovazione da Aschità, con parti- ebraica, in quanto elemento Al di là di tutte le differenze smann nel suo Religio colare riguardo per le manife- sacro custodito nella sinagoga duplex (2010, in corso stazioni funerarie — ossia i rari e utile per illuminare gli scritti di pubblicazione presaffreschi catacombali e le nu- sacri. competenza da Elisabetta Colagros- so Morcelliana), ove si esprime il merose lastre cimiteriali, ma Altri simboli hanno un casi, nella quale lo studioso tedesco fa concetto che nel nostro mondo gloanche per quel che attiene rattere evocativo, come il lulav, la storia della sua formazione cultu- balizzato la religione può trovare ossia un mazzetto di rami di rale e della sua ricerca e traccia un posto solo appunto come religio dupalma, di mirto e di salice, e bilancio della sua opera, rivedendo plex, ovvero religione a due piani, l’etrog, il cedro, ambedue uti«Al decimo giorno anche, almeno parzialmente, alcune che ha imparato a concepirsi come lizzati durante la festa di Sukdelle sue posizioni. una tra le tante e a guardarsi con kat, o dei tabernacoli, per ridel settimo mese In libri come Mosè l’egizio e La gli occhi degli altri, senza nondimecordare l’esilio in Egitto. Non farai squillare le trombe distinzione mosaica, Assmann espri- no perdere mai di vista il Dio namancano, nei monumenti tarmeva la tesi che il monoteismo bi- scosto, «punto trascendentale» codoantichi, il coltello per la cirNel giorno dell’espiazione blico creò per la prima volta la di- mune a tutte le religioni. Siccome, concisione; l’aròn, ossia l’arca, farete squillare la tromba stinzione tra vero e falso nella reli- nonostante la globalizzazione, non in forma di armadietto con gione, cui si accompagnò l’intolle- ci sarà mai un’unica religione, sportelli e timpano sommitale, per tutto il paese» ranza nei confronti delle religioni un’unica verità, un unico Dio, la reche conteneva i rotoli della Todice il Levitico “false” e dei falsi dèi, ricondotti a ligio duplex è quella che permette di rah; il pane azzimo di forma idoli. Invece le religioni antiche circolare o con cerchi concenrestare uniti e solidali nel comune non conoscevano questa distinziotrici; le tovaglie usate come destino umano, al di là di tutte le ne, mettevano tranquillamente in all’arredo delle sinagoghe e, smoccolatoio del candelabro. differenze. Una tesi, questa di Asrelazione i loro dèi con gli dèi degli segnatamente, ai pavimenti Appare, infine, lo shofar, ossia smann, che dà molto da pensare. altri, anzi, addirittura li equiparavamusivi — annovera un piccolo il corno d’ariete, rappresentato no. Era infatti pratica costante numero di utensili legati al nella forma dritta o ricurva, quella “traducibilità” dei nomi diviculto. Se, infatti, facciamo ec- suonato durante molti momenIscrizione funeraria con simboli ni, in forza della quale, per esemcezione per il complesso sina- ti dei riti, che si consumavano pio, nelle Metamorfosi di Apuleio, gogale dipinto di Dura Euro- nella sinagoga, ma che assume Iside si presenta come la dea adorapos, riferibile alla prima metà un ruolo epocale, nell’ambito ta con nomi diversi dai diversi podel III secolo, che propone del solenne tempo del giubileo te, e non raccoglierete ciò che cresce spontaneamente e non poli: Giunone, Ecate, Bellona, nelle pareti un consistente nu- ebraico. Ramnusia, e così via. Cosa impossiLo shofar può essere collega- vendemmierete le vigne non mero di episodi figurati ispirabile nel monoteismo biblico, per il ti alle storie del Vecchio Testa- to al termine jobel, che allude potate. Poiché è il giubileo; esquale è blasfemo identificare Yhwh mento e per il più tardo pavi- al potente suono emesso da un so sarà sacro per voi. Mangecon Giove, come invece proponeva mento musivo di Beth Alpha, corno vuoto di montone in oc- rete il prodotto, che vi daranil pagano Varrone. che traduce iconograficamente casione dell’avvio di Secondo Assmann, la distinzione il sacrificio di Isacco, la mag- un periodo speciale tra vero e falso non appartiene alla gior parte dei monumenti che conclude i sette religione, bensì solo alle scienze che Tra gli utensili legati al culto ebraici della tarda antichità af- cicli dello Shemittah, operano con dimostrazioni, come la fianca, come in una teoria di secondo il Levitico figurano il coltello matematica o la logica. Nella reliemblemi, alcuni strumenti-sim- «Conterai sette volte gione non si tratta di ciò che è vero per la circoncisione e l’arca bolo, ripetuti meccanicamente, sette anni; questi sette e falso, bensì di ciò che è puro e senza un ordine preciso. Tra Shabbat di anni farancon i rotoli della Torah impuro, sacro e profano. Nella realquesti, trova una postazione no per te un periodo tà storica, peraltro, questa distinzioprivilegiata il candelabro epta- di quarantanove anni. ne non ha nulla a che fare con Molicne, o menorah, che propone Al decimo giorno del sè, bensì piuttosto con Zarathustra, diverse varianti nel numero dei settimo mese farai squillare la no i campi. In quest’anno del e infatti nella Bibbia compare per nel giorno del- giubileo, ciascuno tornerà alle bracci, che arrivano sino a un- tromba; la prima volta nei profeti dell’esilio dici, e nella forma, ora a ele- l’espiazione farete squillare la sue proprietà» (25, 8-13). e del post-esilio, come Geremia, I biblisti avvicinano la pratimenti ricurvi, ora triangolari, tromba per tutto il paese. Sarà Deutero-Isaia, Daniele, risalendo Jan Assmann ora spiraliformi. Ebbene, il per voi un giubileo e procla- ca del giubileo all’anno sabbaprobabilmente a influssi zoroastriani. Sta di fatto, comunque, che il monoteismo affermatosi in Israele assunse caratteristiche esclusivistiche, raccontando e ricordando la propria nascita e affermazione col La Festa del Teatro di San Miniato dedica il suo spettacolo di punta al martire salvadoregno linguaggio della violenza. Come scrive Assmann: «Ovviamente, Mosè non ha mai lasciato uccidere tremila persone perché avevano danzato intorno al vitello d’oro, e anche gli atti violenti legati alla riforma del culto di Giosia si possono intendere da un punto di vista letIl filo conduttore della settantesima beatificato pochi mesi fa da Papa che per i suoi primi settant’anni ha terario, piuttosto che come eventi edizione della Festa del Teatro di San Francesco. Il martirio del pastore, un te- cercato di aderire nel modo più letterastorici. Forse persino Neemia — ma Miniato è la fede che si traduce in sto di Samuel Rovinski affidato alla re- le possibile agli obiettivi che si posero qui sarei più cauto — non ha sciolto quotidiano, umile ma concreto cammi- gia di Maurizio Scaparro, narra gli ul- i fondatori nel 1947: scuotere le coi matrimoni misti tra Giudei e Cano verso il bene, e in un “di più” di vi- timi tre anni della vita terrena di Ro- scienze. La prima nazionale de Il marnanei e lasciato ripudiare i figli nati ta, sperimentabile già su questa terra. mero, ucciso mentre celebrava la messa tirio del pastore sarà il 14 luglio. da quelle unioni. Solo con le vioIl “centuplo” promesso dal Vangelo. il 24 marzo 1980. Tre giorni prima, l’1 luglio, ci sarà lenze dei Maccabei contro i loro Ma anche, nel caso dei martiri, in un «Le sue denunce contro la violenza, un’altra “prima” importante: Don Mazcompatrioti greci assimilati si ha a “di più” di morte, misteriosa partecipa- le torture e le sparizioni — si legge nel zolari, un prete scomodo di e con Antoche fare con fatti storicamente reali. zione alla Passione di Cristo, che con- comunicato stampa che presenta il car- nio Zanoletti. Il programma sarà arricIl problema però è che questa “lettiene già i segni della risurrezione e di- tellone 2016 — le sue scarpe impolvera- chito da spettacoli che hanno già riteratura” è passata attraverso un venta occasione di speranza per tutti. te e il suo stare sempre dalla parte di scosso grande successo alla rassegna processo di canonizzazione che le Persino per i carnefici. chi ha bisogno hanno fatto di lui un Teatri del Sacro, come lo scarno, esha conferito una grandissima autoIl Dramma Popolare quest’anno po- prete scomodo. Oggi per la Chiesa è senziale e commovente monologo Per rità, cosicché i posteri, richiamando ne al centro del cartellone la vicenda un martire, per i campesinos sudameri- obbedienza. Dell’incanto di frate Giuseptali passaggi, hanno potuto legittidi monsignor Oscar Arnulfo Romero, cani un santo da molti anni». Una pe, dedicato a san Giuseppe da Copermare i loro atti di violenza, come l’arcivescovo salvadoregno determinato scelta carica di significati, quella della tino, interpretato da Fabrizio Pugliese. per esempio le Crociate, il terribile a difendere a ogni costo la sua gente Fondazione Istituto dramma popolare, (silvia guidi) bagno di sangue per la conquista di di MARCO VANNINI ià nel 2003 l’allora cardinale Joseph Ratzinger si confrontava con le tesi di Jan Assmann, egittologo di fama internazionale e teorico della cultura e della religione, discutendole criticamente, ma riconoscendone anche quella importanza che appare in piena evidenza oggi, nel momento in cui è in atto su di esse una grossa discussione. Molto opportuna appare perciò la pubblicazione de Il disagio dei monoteismi. Sentieri teorici e autobiografici, (Brescia, Morcelliana, 2016, pagine 112, euro 11). Un’intervista ad Assmann, curata con grande G Il suono del corno L’ Omaggio a Romero tico, che corrisponde al settimo anno di servizio degli schiavi ebrei, allorquando possono finalmente essere liberati, collegando il parallelismo a Ezechiele (46, 17), laddove si ebraici (Jewish Museum, New York, IV-V secolo) fa riferimento all’anno di libertà, durante il quale le proprietà erano restituite ai legittimi proprietari, una libertà, che sembra associarsi al problema della liberazione degli schiavi, così come viene riferita in Geremia (34, 14): «Alla fine di ogni sette anni, ognuno lascerà andare il proprio fratello ebreo che si sarà venduto a te; ti servirà sei anni, poi lo lascerai andare via da te libero». Questo periodo speciale, dove, dopo un lungo tempo, si riordinano i rapporti e si riconsegnano le proprietà, all’insegna di una condizione di una grande libertà veniva, dunque, annunciato dallo jobel, dallo squillo di tromba, dallo shofar, il piccolo corno di montone raffigurato nei monumenti ebraici della diaspora, come emblema della giustizia, della fine delle disuguaglianze, del perdono, della reintegrazione del mondo. Specialmente queste ultime forme di interpretazione ci accompagnano verso quell’accezione semantica delle parole e delle opere del Cristo, che si propone come colui che porta a compimento l’antico giubileo. Egli, infatti, un giorno, entrò nella sinagoga di Nazareth e, richiesto di commentare il brano relativo alla Torah, applica alla sua missione le parole di Isaia, proponendosi come l’inviato che rende concreto il concetto giubilare: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore» (Luca 4, 18-19). L’OSSERVATORE ROMANO lunedì-martedì 25-26 aprile 2016 Don Giovanni Bosco e i suoi ragazzi in una foto d’epoca Una ricostruzione storica non è mai scritta in modo definitivo Tanto più se mancano all’appello fonti primarie importanti come lettere autografe e minute Donne della parola di GRAZIA LOPARCO meno di due anni dalla pubblicazione del testo precedente che riguardava le lettere scritte nel biennio 1878-1879, il salesiano Francesco Motto ha dato alle stampe il VII volume dell’Epistolario di Giovanni Bosco in edizione critica (Istituto Storico Salesiano, Fonti, Serie prima, 14, Roma, LAS 2016, 555 pagine). Anche in questo caso il curatore pubblica le lettere di un altro intenso biennio della vita del santo piemontese (1815-1888), vale a dire quelle scritte nel 1880 e 1881 (in ordine cronologico sono le lettere 3121-3561). Su 441 lettere, 151 erano sconosciute sia agli autori delle monumentali Memorie biografiche, sia al primo curatore dell’Epistolario negli anni Cinquanta del Novecento, Eugenio Ceria. L’arricchimento si deve alla ricerca estesa a molti archivi e biblioteche, pubbliche e private, in Europa e America latina, sebbene i testi siano ovviamente sempre inferiori a quelli scritti dall’autore. Le lettere reperite sono per lo più autografe, ma anche allografe con firma autografa, minute. Varie lettere inedite indirizzate alle più alte autorità ecclesiastiche e civili, trattando di argomenti impor- A Statua lignea raffigurante don Bosco (XXI secolo) tanti per la congregazione salesiana e il suo fondatore, scrive Motto, offrono materiale tale «da far ritoccare, e talora riscrivere, intere pagine di biografie su don Bosco e di saggi su di lui» (p. 5). Questa prima considerazione fa riflettere sui motivi per cui una storia non è mai scritta in modo definitivo, tanto più se mancano all’appello fonti primarie. Le lettere sono tra queste e nel caso di don Bosco sono la fonte princeps. Di conseguenza, l’accesso alle fonti, la conoscenza e lo studio aggiornato è un’esigenza ineludibile perché gli scritti, i saggi, le interpretazioni che a volte si moltiplicano, come nel caso di date celebrative (nel 2015 ricorreva il bicentenario della nascita di Giovanni Bosco), non poggino su basi incerte, come luoghi comuni e anacronismi, riduzionismi semplificatori o amplificatori. Lettera dopo lettera, questione dopo questione, interlocutore dopo interlocutore, seguendo l’autore attraverso il filo degli scritti a inchiostro (in assenza di telefono e internet per fortuna dei posteri) emergono i pensieri, le motivazioni, la mentalità, i condizionamenti, le direttive di un fondatore dell’Ottocento piemonte- pagina 5 di LUCETTA SCARAFFIA un piccolo libro, in apparenza rivolto a un pubblico ristretto, e il tema che affronta è in fondo molto tradizionale: il commento alle costituzioni delle domenicane, opera di san Domenico stesso. Ma in realtà questo libro — di profonda meditazione ma che non rinuncia a un severo sguardo filologico sul documento esaminato — segna alcuni cambiamenti importanti nel registro dei rapporti uomo-donna nella vita religiosa. In primo luogo, il commento a questo testo fondativo della vita religiosa claustrale femminile domenicana è opera di una donna, di una monaca stessa, Paola Panetta (Donne della Parola. Commento al Libro delle Costituzioni delle monache domenicane, Napoli, Editrice Domenicana Italiana, 2016, pagine 144, euro 13). Fino a qualche decennio fa, le monache erano solite affidare compiti importanti di carattere intellettuale a un’autorevole figura maschile del loro ordine, quasi a riconoscerne un ruolo di guida spirituale e intellettuale. Oggi questa forma di dipendenza sta volgendo a termine, perché le donne hanno scoperto di essere in grado di fare come gli uomini, e talvolta anche meglio di loro. Un altro punto importante, ribadito anche nelle introduzioni al testo di esponenti di rilievo dell’ordine domenicano (come il priore del convento di Sant’Alberto Magno a Irving, fratel Brian J. Pierce, oppure Viktor Hofstetter e Timothy Radcliffe, ministro generale dal 1992 al 2001), è la riscoperta che il carisma specifico dell’ordine, la predicazione, è rivolto anche alle monache. È Il settimo volume dell’Epistolario Don Bosco feriale se. Trattandosi di una persona pienamente identificata con la propria missione educativa, in più con l’attitudine a coinvolgere molte persone in un’impresa ritenuta primaria per il bene dei ragazzi e dell’intera società, le lettere attestano il tenore delle relazioni intrattenute in un biennio della maturità umana e religiosa. L’osservatorio torinese postunitario, le implicanze della politica italiana ed estera, specie francese, per la vita delle congregazioni religiose, la diffusione dell’opera salesiana a livello internazionale, soprattutto in America latina, si concentrano nel caso salesiano che è sì specifico, ma per certi versi emblematico di quanto accadde ad altri istituti religiosi negli stessi anni. I destinatari delle lettere di don Bosco sono molti, e il curatore li distingue, ne analizza le caratteristiche, la frequenza di contatti. Un dato prezioso di questa edizione dell’epistolario sono certamente le note: diversi interlocutori di don Bosco sono gli stessi per un lungo tratto di tempo, sicché i rimandi a personaggi ed eventi, sia all’interno dello stesso volume, sia agli altri volumi o alla bibliografia, permette di collegare e cogliere il senso dei frammenti informativi e comunicativi. Il lettore viene così introdotto con precisione, e al contempo senza pedanteria, nelle questioni che spaziano dalle grandi tematiche comuni alla vita particolare delle comunità salesiane. Sia chiaro, don Bosco non usa le lettere per esprimere idee politiche, o per polemizzare, o per fare lunghe esortazioni ai suoi religiosi o benefattori. Dal suo punto di osservazione della realtà, e di azione in essa, coglie quello che si ripercuote sulle istituzioni religiose o quello che si può indirizzare, con argomentazioni e dati concreti, per continuare a fare il bene dei ragazzi specie più disagiati e trascurati. L’epistolario può interessare molti lettori, e non solo per quelli direttamente legati al santo per simpatia o scelte di vita, a causa del volto pubblico dell’opera salesiana sin dagli inizi. Don Bosco è un fondatore del tempo della secolarizzazione, iniziatore di un’opera educativa a largo raggio quando erano finiti i privilegi della cristianità e bisognava accreditarsi dinanzi alla società e alle autorità per il valore sociale più che religioso della propria proposta. Fermo restando che per lui e per i suoi collaboratori la motivazione della salvezza delle persone era il motore di tutto. L’interesse spirituale, però, essendo autentico, non alienava dalla ricerca di un benessere anche materiale dei giovani e di riflesso della società, pertanto non sfuggiva le leggi, si misurava con le tortuosità amministrative cercando di trattare in modo conveniente, si confrontava con le norme canoniche e con la visione di Chiesa che proprio in quel biennio opponeva in un amaro conflitto il sacerdote all’arcivescovo di Torino, Lorenzo Gastaldi, prima suo amico. Questo è un aspetto raccontato a lungo in ambiente salesiano, ovviamente tutto a favore di don Bosco, e ripreso in modo semplificato nelle fiction televisive. Attraverso le lettere ad alcuni personaggi della Curia romana, incluso il Papa Leone XIII, la vicenda si snoda nella sua concretezza, fatta di incomprensioni, di prese di posizioni a volte preconcette, di fragilità umana. Non per nulla, questa è una delle maggiori questioni che risaltano dal volume, con 22 lettere indirizzate a Leone XIII, 20 al cardinale Lorenzo Nina, 10 a don Francesco Dalmazzo procuratore salesiano a Roma. Ovviamente non è l’unico argomento trattato con le autorità vaticane, ma irrisolto. Don Bosco lamentava che questo sottraeva indebitamente a lui e a qualche altro salesiano tempo ed energie che dovevano invece essere messe a servizio della missione, tuttavia la soluzione non poteva essere immediata per i personaggi implicati nella mediazione. Difatti nel 1881 non si conclude. Le visite di don Bosco a Roma e le informazioni su questo e altri temi, partite dalla città per don Michele Rua e altri interessati, arricchiscono il quadro. Un altro tema di rilievo è costituito dal pericolo di soppressione dell’opera educativa in Francia, in conseguenza delle leggi anticongregazioniste, 1880. Il canonico Clément Guiol di Marsiglia, benefattore dei salesiani, ricevette 21 lettere in quel biennio, 10 il direttore della casa di Marsiglia e 9 quello di Nizza Mare. I cambi rapidi di governo furono favorevoli alla permanenza dei religiosi, tuttavia attraverso le lettere si segue la preoccupazione e la strategia messa a punto da don Bosco e dai responsabili locali, in caso di espulsione, data per imminente. Le fondazioni salesiane in America latina, condizionate dalle situazioni locali non meno che dai “sogni”, sono un altro tema in cima ai pensieri di don Bosco, difatti nel 1880 fu possibile entrare nella desiderata Patagonia dopo cinque anni di attesa. La problematicità del contesto e dell’ambiente, come delle concrete possibilità per i missionari di operare tra le etnie locali è ancor oggi oggetto di dibattito storico. Considerando il luogo di residenza dei corrispondenti, il curatore nota che 81 lettere erano indirizzate a residenti a Roma, 66 a Torino. Per la prima volta la ca- Leone XIII pitale supera Torino, per la presenza delle autorità ecclesiastiche e civili del Paese, a cui don Bosco si rivolgeva per appoggi soprattutto economici. Tra i destinatari, 136 lettere sono indirizzate a sacerdoti, di cui 92 salesiani; 88 a donne Dal libro emerge il ritratto di un uomo pronto alla battuta con molti problemi di salute E talora stanco per le tante questioni pratiche da affrontare e risolvere per lo più nobili (3 a religiose, di cui solo 1 a una figlia di Maria Ausiliatrice, tenendo conto che nel 1881 moriva la confondatrice, madre Mazzarello, e le succedeva Caterina Daghero); 77 ad autorità religiose; 53 a laici per lo più benestanti; 26 a giovani, chierici, coadiutori; 24 a ministri e uffici ministeriali, autorità locali; 6 al direttore delle ferrovie, poche altre ad altri. Non mancano le lettere a benefattori e benefattrici, poiché la diffusione delle opere implicava spese sempre al di sopra delle disponibilità, tuttavia nell’insieme della corrispondenza del biennio essa ha un’incidenza minore. In sintesi, come tematiche maggiormente ricorrenti (p. 14-27), oltre quelle già richiamate, il curatore segnala l’espansione e consolidamento della Società salesiana, con uno spirito sintetizzabile in questa sua frase: «Tutte le volte che ci frappongono imbarazzi, io rispondo sempre coll’apertura di una casa. Ora sto vedendo quale» (lett. 3232). Poi le emergenze di carattere economico, la fiducia nella divina Provvidenza, raccomandazioni spirituali per tutti, la prima fondazione salesiana a Roma, un lavoro immane. Gli indici, come sempre ben curati, sono lo strumento fondamentale per lo studio del volume. La sua lettura continua mette a contatto diretto con il don Bosco vero, feriale, pronto alla battuta e serio, confidente e preoccupato, acciaccato nella salute e talora stanco. Non è un “altro” don Bosco, ma il don Bosco ormai anziano che viaggia, scrive, pensa, affronta direttamente i problemi legati alle istituzioni da lui fondate più che la vita quotidiana tra i ragazzi nel cortile di Valdocco. Per questo sembra di conoscere un’altra persona, dato che le rappresentazioni più comuni si fermano allo stadio iniziale della sua opera. Governare il consolidamento e la diffusione di due congregazioni era meno entusiasmante, ma coltivava il terreno per creare radici solide. Beato Angelico, «Cristo deriso», (1438-1440, convento di San Marco a Firenze, frammento raffigurante san Domenico) «La monaca domenicana non dovrebbe mai votarsi al silenzio, perché un tale voto sarebbe in contrasto con il cuore e la missione dell’ordine dei predicatori» scrive Pierce. E Hofstetter ricorda come le costituzioni domenicane — le più democratiche di tutta la Chiesa — «sono identiche nelle parti essenziali» per frati e per suore. Per entrambi infatti Domenico stesso è nominato e offerto come esempio da imitare. Radcliffe inoltre sottolinea come «le costituzioni dei frati e delle monache sono in costante evoluzione». In futuro questa evoluzione potrebbe arrivare anche a modificare la struttura di direzione dell’ordine, che invece non tiene conto in alcun modo della parità fra i sessi. Le monache domenicane, infatti, dipendono dal ministro generale dell’ordine, che però è stato eletto soltanto dai frati (nessuna monaca vota al capitolo generale per la sua elezione). Ed è legittimo attendersi sviluppi nuovi. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 lunedì-martedì 25-26 aprile 2016 Udienza alla fraternità cattolica carismatica L’esortazione «Amoris laetitia» Sulle nostre ferite di ANDREANA BASSANETTI Amatissimo Papa Francesco, con il cuore colmo di commozione e profonda gratitudine per il dono prezioso dell’esortazione Amoris laetitia, desidero farmi portavoce delle tan- Figli in cielo Pubblichiamo una riflessione sull’esortazione apostolica Amoris laetitia scritta, in forma di lettera indirizzata a Papa Francesco, dalla fondatrice di Figli in cielo, comunità che dal 1991 si occupa del sostegno e del reciproco accompagnamento nel cammino cristiano delle famiglie che hanno vissuto la perdita di un figlio o di una persona cara. tissime famiglie visitate dal lutto, incontrate dalla nostra comunità Figli in cielo in questi venticinque anni di cammino nella Chiesa, per esprimerle il nostro più grande e sincero: grazie. Mamme, papà, sorelle, fratelli, vedove, vedovi, fidanzate, fidanzati, nonni, parenti, amici. Tutti accomunati dalla stessa esperienza di dolore. Desiderosi della stessa consolazione. Tutti abbiamo sentito che la Chiesa non ci ha abbandonati. No- nostante i fermenti e le inquietudini per tematiche familiari impellenti e urgenti, lei, Santo Padre, non ci ha lasciati soli. Ci ha consolati. Per questo le siamo tutti molto molto grati. Come un buon padre premuroso, ricco di tenerezza e di misericordia, ha ascoltato il lamento di chi ha perso un figlio, l’angoscia di chi ha lasciato una persona amata. In disparte, si è seduto con noi, nel nostro dramma, ha pianto con noi. Si è chinato sulle nostre ferite. Ha proteso la sua mano ferma e sicura, per invitarci a uscire dal tunnel buio della morte, a risalire dall’abisso in cui il dolore ci trattiene. Ben consapevoli che la nostra è solo una prima lettura di contenuti densi e ricchi, da approfondire con calma, con le famiglie che vivono l’esperienza del lutto, con i pastori della Chiesa, sacerdoti e vescovi, che ci affiancano sin dalle origini nel nostro percorso, abbiamo cercato comunque di inoltrarci nel sesto capitolo, nella parte titolata «Quando la morte pianta il suo pungiglione». Abbiamo sentito una prossimità, stretta, partecipe, che cresceva di parola in parola, già vissuta all’udienza generale del 17 giugno 2015, interamente dedicata al lutto in famiglia, alla quale ho avuto la gioia di partecipare, a cui è seguito un breve ma intenso colloquio con vostra Santità, l’intensa preghiera che recitava a occhi chiusi mentre teneva la sua destra sul mio capo. È stata la prima volta che un Papa ha svolto un’inte- ra catechesi sul lutto. Tutte le famiglie, in particolare i genitori che perdono un figlio, il dolore più grande, le sono infinitamente grate. Nella stesura del testo abbiamo riconosciuto le nostre comuni esperienze, gli argomenti che in genere trattiamo, i linguaggi familiari, le espressioni abituali, proprio quelle che usiamo nei nostri incontri, nelle condivisioni che facciamo. E questo ce lo ha fatto sentire ancora più vicino, ancora più nostro. Espressioni di una Chiesa veramente madre. Viva, palpitante, accogliente, rassicurante, avvolgente. Proprio perché è viva e ama, dà voce ai propri figli, è capace di ogni comprensione, delicatezza, dolcezza, consolazione. Li aiuta ad avere uno sguardo più ampio di sé e del proprio caro, a scoprire la propria chiamata, la ricchezza che il Padre ha preparato per loro, a trovare la propria missione, proprio attraverso il lutto, proprio grazie al lutto. Li mette «sul moggio» come potenziali evangelizzatori, riflesso dell’amore del Padre che li ha eletti testimoni autentici e credibili di risurrezione. Grazie alle parole di Amoris laetitia sentiremo d’ora innanzi, Santo Padre, la sua stessa voce umile e discreta al nostro fianco, confortarci e accompagnarci, fino a quando lo Spirito non riuscirà a farci ardere il cuore nel petto. Fino a quando tutti gli afflitti saranno consolati e la loro afflizione si cambierà in gioia. Quando vivremo in pienezza la gioia dell’amore. Come il patriarcato di Gerusalemme dei Latini aiuta le famiglie dei migranti Oasi anche per i più piccoli GERUSALEMME, 25. Per consentire anche ai bimbi minori di 3 anni, figli di rifugiati e richiedenti asilo, di essere accuditi in modo adeguato mentre i loro genitori sono al lavoro, la pastorale dei migranti di Gerusalemme dei Latini e il vicariato patriarcale per i fedeli cattolici di espressione ebraica hanno avviato un programma di accoglienza. Nello Stato israeliano i figli nuti in condizioni igieniche spesso disastrose (nel 2015 addirittura cinque piccoli sono morti in uno di questi cosidetti garages pour enfants). Grazie alla pastorale dei migranti, a Gerusalemme è stato istituito un asilo nido sul modello classico che ospita ventidue piccoli. A Tel Aviv l’ampiezza della domanda ha spinto padre David Neuhaus, vicario patriar- due appartamenti cinquantadue bimbi di nazionalità eritrea, filippina, sudanese, indiana e srilankese. Vengono assistiti quotidianamente, dalle 7 alle 18, da donne migranti, ciascuna delle quali è responsabile di sei piccoli. Due bambini autistici e un altro affetto da sindrome di Down ricevono un’attenzione particolare. Due nuovi appartamenti consentiranno presto di accogliere altri dodici bambini. Questo progetto si fa carico non solo dell’assistenza ai bambini ma permette anche alle baby sitter di ricevere un compenso economico e a volte di poter essere ospitate. L’insieme degli asili nido è supervisionato da una suora srilankese, coadiuvata da un’assistente sociale del servizio per la pastorale dei migranti. Fino a quando chi ha la morte nel cuore potrà rinascere dall’alto, sostenuto e nutrito da quell’Amore che fa nuova ogni cosa, e che ci attira a sé in quell’abbraccio eterno in cui, già qui, possiamo «amare la persona reale che ora si trova nell’aldilà». Quell’Amore che, solo, può condurci a «un incontro differente» perché ci rende capaci «di ascoltare senza suoni e di vedere nell’invisibile» (n. 255). Ancora grazie, grazie infinite, Santo Padre. Un abbraccio filiale, ideale, devoto di tutte le famiglie chiamate a questo particolare cammino. Le vogliamo un mondo di bene e le assicuriamo la nostra costante preghiera. Beatificato Valentín Palencia Marquina Ai detenuti di Velletri Martire perché sacerdote Agli occhi di Dio gli errori non contano «Ucciso perché era sacerdote». È questa la vera ragione del martirio di don Valentín Palencia Marquina (1871-1937), assassinato insieme a quattro giovani laici — Donato Rodríguez García, Germán García García, Zacarías Cuesta Campo, Emilio Huidobro Corrales — la cui unica colpa è stata quella di voler difendere la fede e condividere la sorte del loro padre, maestro e amico. È stato il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, a ricordare la vicenda dei cinque martiri, in occasione della loro beatificazione. Il rito, presieduto dal porporato in rappresentanza di Papa Francesco, si è svolto sabato mattina, 23 aprile, nella cattedrale di Burgos, in Spagna. «Consapevoli del pericolo imminente, i martiri, prima del massacro — ha raccontato il cardinale — avevano pregato molto, per prepararsi alla morte con un atteggiamento mite e perdonante. Nessun atto di ribellione». Poi ha riferito un particolare sugli ultimi momenti di vita di don Valentín: riuscì anche a conservare nel taschino un’ostia consacrata, come viatico per l’incontro con il Signore. Nella lettera apostolica per la beatificazione — ha sottolineato il porporato — Papa Francesco chiama i cinque martiri «testimoni eroici del Vangelo». Infatti, come la patria «ha bisogno di imprese gloriose, per difendere la libertà, l’indipendenza e la pace sociale dei suoi cittadini», così la Chiesa ha bisogno «di figli valorosi e arditi per mantenere nella famiglia umana l’accoglienza, il rispetto e la carità frater- Lutti nell’episcopato Monsignor Paul Hisao Yasuda, arcivescovo emerito di Osaka, in Giappone, è morto sabato 23 aprile. Nato il 20 dicembre 1921 a Kurume, nella diocesi di Fukuoka, aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 21 maggio 1955. Eletto vescovo titolare di Tucci e nominato ausiliare di Osaka, aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il 21 marzo 1970. Quindi il 15 novembre 1978 era divenuto arcivescovo di Osaka. E il 10 maggio 1997 aveva rinunciato al governo pastorale dell’arcidiocesi. Le esequie saranno celebrate martedì 26 aprile nella cattedrale di Osaka. dei rifugiati possono frequentare le scuole pubbliche ma non esistono strutture in grado di accogliere i bambini di età inferiore ai 3 anni. Questa mancanza — si legge nel sito in rete del patriarcato di Gerusalemme dei Latini — ha originato in questi anni il moltiplicarsi di asili nido improvvisati, piccoli appartamenti dove decine di bambini sono te- cale per i fedeli cattolici di espressione ebraica, a studiare un più articolato sistema di accoglienza. In collaborazione con un’organizzazione non governativa attiva nel settore, il centro Notre-Dame de Valeur (aperto nel febbraio 2014 a sud di Tel Aviv e vera e propria oasi per i migranti) si è adattato per ospitare nella casa Saint Joseph e in Nella mattina di lunedì 25 aprile il Papa ha ricevuto una delegazione della Catholic Fraternity of Charismatic Covenant Communities and Fellowships, l’associazione internazionale di fedeli di diritto pontificio che raggruppa numerose comunità carismatiche cattoliche di tutto il mondo. Monsignor John Steven Sattherthwaite, vescovo emerito di Lismore, in Australia, è morto nella mattina di sabato 23 aprile, all’Emmaus age care di Port Macquaire, nello Stato di New South Wales. Nato a Sydney l’11 agosto 1928, aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 16 marzo 1957. Eletto alla Chiesa titolare di Tignica il 6 marzo 1969 e nominato vescovo coadiutore di Lismore, aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il 1° maggio successivo. Quindi il 1º settembre 1971 era divenuto vescovo di Lismore succedendo per coadiuzione. E il 1º dicembre 2001 aveva rinunciato al governo pastorale della diocesi. Le esequie saranno celebrare lunedì 2 maggio nella cattedrale di Lismore. na». Questo è il messaggio che scaturisce dalla beatificazione di questi cinque spagnoli vittime della guerra civile. «La glorificazione dei martiri — ha sottolineato il prefetto — è una buona notizia per tutti. Essi hanno seminato amore, non odio». In effetti, hanno praticato «la carità verso tutti, soprattutto verso i bisognosi. Hanno trasmesso il calore della presenza di Dio anche nel cuore di coloro che li uccidevano». Per questo, la loro bontà «lenisce le ferite e risana i cuori, guarendoli dai mali dell’odio e della divisione». In questo senso, i martiri «rendono più bella e abitabile la casa dell’uomo, invitando a non ripetere il passato oscuro e sanguinoso, ma a costruire e vivere un presente luminoso e fraterno». D’altronde, ha ricordato il cardinale, il Vangelo è «il libro della bontà e della liberazione dell’uomo da ogni male». Infatti, i gesti di Gesù «sono azioni di liberazione dal male». Per questo i martiri «all’arroganza rispondono con l’umiltà, all’egoismo con la generosità, alla vendetta col perdono, ai pensieri di morte con pensieri e gesti di vita». In questo modo essi sono «portatori di misericordia divina, che placa la violenza con la mitezza che genera concordia». Ancora oggi, ha fatto notare il porporato, i martiri «sono gli agnelli che vincono i lupi. È questa la rivelazione dell’amore cristiano». Ed è proprio per questo che l’umanità ha quanto mai bisogno oggi di questo «straordinario spettacolo di fraternità, di gioia, di rispetto, di accoglienza». Il cardinale ha poi citato le parole di Paul Bhatti, pakistano cattolico, fratello di Shabhaz Bhatti, ucciso a Islamabad il 2 marzo 2011 perché cristiano: «Noi cristiani del Pakistan — ha affermato — non lasceremo che le prove e le difficoltà rubino la speranza che è fondata sull’amore di Gesù e sulla fede dei martiri, ma continueremo a testimoniare il Vangelo della mitezza, del dialogo, dell’amore». È questa la fede cristiana, ha aggiunto, «e per questa fede noi vogliamo vivere e, se necessario, anche morire come mio fratello Shabhaz». «Non lasciatevi rinchiudere nel passato, anzi trasformatelo in cammino di crescita, di fede e di carità». Lo scrive il Papa in una lettera ai detenuti del carcere di Velletri che gli avevano inviato un messaggio tramite il vescovo di Albano, monsignor Marcello Semeraro. «Voi vivete un’esperienza nella quale il tempo sembra si sia fermato» afferma il Pontefice, aggiungendo che «la vera misura del tempo non è quella dell’orologio» ma è la speranza. «Siate certi sempre che Dio ci ama personalmente» assicura: per lui «non ha importanza che cosa siete stati, gli errori che avete commesso, le persone che abbiamo ferito». Per questo, conclude, «aprite la porta del vostro cuore a Cristo e sarà Cristo a capovolgere la vostra situazione». Veglia di preghiera In ricordo del Metz Yegern Con il pensiero e la preghiera rivolti al viaggio che il Papa compirà in Armenia dal 24 al 26 giugno, il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, ha presieduto, il 23 aprile nella chiesa romana di San Nicola da Tolentino, una veglia per l’anniversario del Metz Yegern. «Il male in se stesso — ha detto — non va ricordato né celebrato, mentre deve esserlo la vita che nonostante i travagli e le sofferenze ha continuato a esserci donata da Dio». Ma va lodata anche la luce che «ha continuato a brillare e sostenere i cuori dei nostri fratelli e sorelle, martiri di un secolo fa», come pure quelli che anche oggi, in Medio oriente, patiscono «sofferenza e persecuzione». L’OSSERVATORE ROMANO lunedì-martedì 25-26 aprile 2016 pagina 7 Papa Francesco in visita al Villaggio per la terra Assumere i conflitti Visita a sorpresa di Papa Francesco alla Mariapoli di Roma, che quest’anno si svolge nell’ambito del Villaggio per la terra, la manifestazione organizzata a Villa Borghese da Earth Day Italia e dal movimento dei Focolari. Accompagnato dall’arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, il Pontefice è giunto intorno alle 17 di domenica 24 aprile ed è stato accolto, tra gli altri, dall’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, e da Maria Voce e Jesús Morán, rispettivamente presidente e Sentendovi parlare, mi sono venute alla mente due immagini: il deserto e la foresta. Ho pensato: questa gente, tutti voi, prendono il deserto per trasformarlo in foresta. Vanno dove c’è il deserto, dove non c’è speranza, e fanno cose che fanno diventare foresta questo deserto. La foresta è piena di alberi, è piena di verde, ma troppo disordinata... ma così è la vita! E passare dal deserto alla foresta è un bel lavoro che voi fate. Voi trasformate deserti in foreste! E poi si vedrà come si possono regolare certe cose della foresta... Ma lì c’è vita, qui no: nel deserto c’è morte. Tanti deserti nelle città, tanti deserti nella vita delle persone che non hanno futuro, perché sempre c’è — e sottolineo una parola detta qui — sempre ci sono i pregiudizi, le paure. E questa gente deve vivere e morire nel deserto, nella città. Voi fate il miracolo con il vostro lavoro di cambiare il deserto in foreste: andate avanti così. Ma com’è il vostro piano di lavoro? Non so... Noi ci avviciniamo e vediamo cosa possiamo fare. E copresidente dei Focolari. A dargli il benvenuto si sono alternati Donato Falmi e Antonia Testa, responsabili del movimento a Roma, Pierluigi Sassi, presidente di Earth Day Italia, e alcuni dei presenti. Francesco ha ascoltato testimonianze sul valore della solidarietà verso i più poveri, i detenuti, e sulla lotta al gioco d’azzardo. Poi ha ricevuto da un ragazzo il “dado della terra”, un cubo che, come un gioco, insegna alcuni principi da vivere per la difesa del creato. Di seguito il discorso pronunciato a braccio dal Pontefice. questa è vita! Perché la vita la si deve prendere come viene. È come il portiere nel calcio: prendere il pallone da dove lo buttano... viene di qua, di là... Ma non bisogna avere paura della vita, non avere paura dei conflitti. Una volta qualcuno mi ha detto — non so se è vero, se qualcuno vuole può verificare, io non ho verificato — che le parola conflitto nella lingua cinese è fatta da due segni: un segno che dice “rischio”, e un altro segno che dice “opportunità”. Il conflitto, è vero, è un rischio ma è anche una opportunità. Il conflitto possiamo prenderlo come una cosa da cui allontanarsi: “No, lì c’è un conflitto, io sto lontano”. Noi cristiani conosciamo bene cosa ha fatto il levita, cosa ha fatto il sacerdote, con il povero uomo caduto sulla strada. Hanno fatto una strada per non vedere, per non avvicinarsi (cfr. Lc 10, 30-37). Chi non rischia, mai si può avvicinare alla realtà: per conoscere la realtà, ma anche per conoscerla col cuore, è necessa- Il cardinale Woelki inviato papale in Lussemburgo Com’è noto, lo scorso 10 marzo è stata pubblicata la nomina del cardinale Rainer Maria Woelki, arcivescovo di Köln, a inviato speciale del Papa alla celebrazione conclusiva dell’Ottava di Nostra Signora consolatrice degli afflitti, nel trecentocinquantesimo anniversario dell’elezione a patrona della città di Lussemburgo, in programma il prossimo 1° maggio. La missione pontificia che accompagnerà il porporato sarà composta da monsignor Théophile Walin, canonico onorario, e da don Tom Kerger, vicario episcopale per il processo sinodale. Di seguito la lettera papale di nomina. Venerabili Fratri Nostro RAINERIO MARIAE Cardinali WOELKI Archiepiscopo Metropolitae Coloniensi S.R.E. Maternitatis officium Mariae concreditum Populum Dei impellit ut filiorum more fidenter ad eam confugiat quae promptam semper paratamque se praebet ad eius preces materno amore exaudiendas et ad ei succurrendum auxilio efficaci. Etenim christifideles eam invocare consueverunt ut «Consolatricem afflictorum» ad impetrandum in aerumnis solacium, in aegritudine levamen in morbisque salutem. Insuper ipsa, a peccatorum labe prorsus libera, christifideles continenter adiuvat ut peccatum firmo proposito devincant. Non igitur sine quadam providentia accidit quod, ipso Iubilari Anno quo misericordia Domini studiosius annuntiatur, trecentesimus et quinquagesimus dies anniversarius electionis Mariae Consolatricis afflictorum tamquam Patronae Luxemburgi commemoratur, quippe quae magna imbuat nos spe salute perfruendi necnon venia utendi. Ideo incolae Luxemburgenses rite oculos suos attollent ad Consolatricem afflictorum sollemni convenienti die Sancti Ioseph, scilicet Kalendis Maiis, cum, gratum de beneficiis tria et dimidia saecula acceptis animum ostendentes, finem octavae Marianae faciant. Magno igitur gaudio pro eorum parte affecti, volumus enixas populo Luxemburgensi depromere Nostras gratulationes cum hanc opportunitatem habuerint in divina gratia proficiendi. Enimvero Venerabilis Frater Ioannes Claudius Hollerich, SI, Archiepiscopus Luxemburgensis, postulavit ut quendam insignem Praelatum designaremus qui, die ipso I mensis Maii insequentis, verba adhortationis omnibus huic iucundo eventui adstantibus afferat. Iustam hanc rogationem iudicantes eique adnuere volentes, ad Te, Venerabilis Frater Noster, decurrimus, quippe qui insigne servitium in bonum Ecclesiae tamquam Archiepiscopus Metropolita Coloniensis ac Pater Purpuratus offeras. Te igitur hisce Litteris Missum Extraordinarium Nostrum nominamus ad sollemnes celebrationes finis octavae Mariae Consolatrici afflictorum in urbe Luxemburgensi dicatae. Omnes porro huius eventus participes adhortaberis ut, animis cum sanctissimi misericordiarum Domini animo coniunctis, universorum donorum ex intercessione Beatissimae Virginis Mariae a Deo Patre impetratorum plene sint conscii eaque ceteris impertiantur. Archiepiscopum Luxemburgensem aliosque adstantes sacros Praesules, sacerdotes, religiosos viros mulieresque et christifideles laicos Nostro salutabis nomine Nostramque iis ostendes benevolentiam. Instanti denique prece omnipotentem Deum exoramus ut diligenter officium tibi concreditum expleas, ita ut omnes hanc celebrationem participantes uberibus gratiis a Domino ditentur. Caelestium verum donorum conciliatrix et nuntia esto Nostra Benedictio Apostolica, quam tibi, Venerabilis Frater Noster, libenter in Domino impertimus, quam item ad omnes illic congregatos volumus pertinere. Datum Romae, apud Sanctum Petrum, die XVIII mensis Aprilis, anno MMXVI, Iubilaeo Misericordiae, Pontificatus Nostri quarto. rio avvicinarsi. E avvicinarsi è un rischio, ma anche un’opportunità: per me e per la persona alla quale mi avvicino. Per me e per la comunità alla quale mi avvicino. Penso alle testimonianze che avete dato, per esempio nel carcere, con tutto il vostro lavoro. Il conflitto: mai, mai, mai girarsi per non vedere il conflitto. I conflitti si devono assumere, i mali si devono assumere per risolverli. Il deserto è brutto, sia quello che è nel cuore di tutti noi, sia quello che è nella città, nelle periferie, è una cosa brutta. Anche il deserto che c’è nei quartieri protetti... È brutto, lì anche c’è il deserto. Ma non dobbiamo avere paura di andare nel deserto per trasformarlo in foresta; c’è vita esuberante, e si può andare ad asciugare tante lacrime perché tutti possano sorridere. Mi fa pensare tanto quel salmo del popolo d’Israele, quando era in prigionia in Babilonia, e dicevano: “Non possiamo cantare i nostri canti, perché siamo in terra straniera”. Avevano gli strumenti, lì con sé, ma non avevano gioia perché erano ostaggi in terra straniera. Ma quando sono stati liberati, dice il Salmo, “non potevamo crederci, la nostra bocca si è riempita di sorriso” (cfr. Sal 137). E così in questo transito dal deserto alla foresta, alla vita, c’è il sorriso. Vi dò un compito da fare “a casa”: guardate un giorno la faccia delle persone quando andate per la strada: sono preoccupati, ognuno è chiuso in sé stesso, manca il sorriso, manca la tenerezza, in altre parole l’amicizia sociale, ci manca questa amicizia sociale. Dove non c’è l’amicizia sociale sempre c’è l’odio, la guerra. Noi stiamo vivendo una “terza guerra mondiale a pezzi”, dappertutto. Guardate la carta geografica del mondo e vedrete questo. Invece l’amicizia sociale, tante volte si deve fare con il perdono — la prima parola — col perdono. Tante volte si fa con l’avvicinarsi: io mi avvicino a quel problema, a quel conflitto, a quella difficoltà, come abbiamo sentito che fanno questi ragazzi e ragazze coraggiosi nei posti dove si gioca d’azzardo e tanta gente perde tutto lì, tutto, tutto. A Buenos Aires ho visto donne anziane che andavano in banca a prendere la pensione e poi subito al casinò, subito! Avvicinarsi al posto del conflitto. E questi [ragazzi] vanno, si avvicinano. Avvicinarsi... E c’è anche un’altra cosa che ha a che fare col gioco, con lo sport e anche con l’arte: è la gratuità. L’amicizia sociale si fa nella gratuità, e questa saggezza della gratuità si impara, si impara: col gioco, con lo sport, con l’arte, con la gioia di stare insieme, con l’avvicinarsi... È una parola, gratuità, da non dimenticare in questo mondo, dove sembra che se tu non paghi non puoi vivere, dove la persona, l’uomo e la donna, che Dio ha creato proprio al centro del mondo, per essere pure al centro dell’economia, sono stati cacciati via e al centro abbiamo un bel dio, il dio denaro. Oggi al centro del mondo c’è il dio denaro e quelli che possono avvicinarsi ad adorare questo dio si avvicinano, e quelli che non possono finiscono nella fame, nelle malattie, nello sfruttamento... Pensate allo sfruttamento dei bambini, dei giovani. Gratuità: è la parola-chiave. Gratuità che fa sì che io dia la mia vita così com’è, per andare con gli altri e fare che questo deserto diventi foresta. Gratuità, questa è una cosa bella! E perdono, anche, perdonare. Perché, col perdono, il rancore, il risentimento si allontana. E poi costruire sempre, non distruggere, costruire. Ecco, queste sono le cose che mi vengono in mente. E come si fa questo? Semplicemente nella consapevolezza che tutti abbiamo qualcosa in comune, tutti siamo umani. E in questa umanità ci avviciniamo per lavorare insieme. “Ma io sono di questa religione, di quella...” Non importa! Avanti tutti per lavorare insieme. Rispettarsi, rispettarsi! E così vedremo questo miracolo: il miracolo di un deserto che diventa foresta. Grazie tante per tutto quello che fate! Grazie. Per il giubileo dei ragazzi il Pontefice si è unito a centocinquanta confessori in piazza San Pietro Misericordia in rete A Roma da tutto il mondo a Roma per incontrare il volto misericordioso del Padre: lo spirito del giubileo dei ragazzi si è reso visibile già dalla mattina di sabato 23 aprile, quando il Papa in piazza San Pietro si è unito ai centocinquanta sacerdoti che per tutto il giorno hanno confessato gli adolescenti — circa settantamila in totale — arrivati per celebrare le giornate giubilari. Francesco è giunto in piazza intorno alle 11.30 con la stola viola al collo e, nella sorpresa generale, ha preso posto su una sedia vicino al colonnato, fermandosi a confessare per circa un’ora. In tutto sono stati sedici i ragazzi che hanno ricevuto i consigli e l’assoluzione del Pontefice. La giornata del Papa era cominciata con un momento di festa a Casa Santa Marta, dove aveva ricevuto per il suo onomastico una grande torta decorata con l’immagine di san Giorgio che affronta il drago. Francesco si è poi dedicato al giubileo dei ragazzi e, prima di andare in piazza a confessare, si è fermato nell’auletta dell’aula Paolo VI per salutare gli artisti e i testimoni che la sera hanno animato il grande concerto organizzato per l’occasione allo stadio Olimpico. «È stato un incontro informale — racconta l’arcivescovo Rino Fisichella — nel quale il Pontefice ha voluto ringraziare i beniamini degli adolescenti e ricordare quanto possono fare nel dare ai ragazzi una visione positiva della vita». Era presente, tra gli altri, anche Gianfranco Rosi, regista del docufilm Fuocoammare. E il Papa ha colto l’occasione per collegare la sua prima visita pastorale a Lampedusa con quella recente a Lesbo e ha invitato le persone presenti a tener vivo nell’opinione pubblica il valore di una società senza confini. Al termine, Francesco si è fermato per qualche foto ricordo: naturalmente i selfie scattati con i cantanti sono subito diventati virali nella rete di internet. E in rete, per raggiungere i più giovani con il linguaggio da loro usato, il Papa ha poco dopo lanciato un tweet: «Cari ragazzi e ragazze, i vostri nomi sono scritti nel cielo, nel cuore misericordioso del Padre. Siate coraggiosi, controcorrente!». Agli adolescenti radunati allo stadio Olimpico di Roma il Papa ricorda che senza Gesù la vita non ha senso Quando non c’è campo Di seguito il testo del videomessaggio rivolto da Papa Francesco alle migliaia di giovani che sabato sera, 23 aprile, si sono riuniti allo stadio Olimpico di Roma per la grande festa all’insegna della musica e delle testimonianze nell’ambito del giubileo dei ragazzi. Care ragazze e ragazzi, buonasera! Siete raccolti per un momento di festa e di gioia. Non sono riuscito a venire e mi dispiace. E ho deciso di salutarvi con questo video. Mi sarebbe piaciuto tanto poter venire allo Stadio, ma non sono riuscito a farlo... Vi ringrazio per aver accolto l’invito a venire a celebrare il Giubileo qui, a Roma. Questa mattina avete trasformato la Piazza San Pietro in un grande confessionale e poi avete attraversato la Porta Santa. Non dimenticate che la Porta indica l’incontro con Cristo, che ci introduce all’amore del Padre e ci chiede di diventare misericordiosi, come Lui è misericordioso. Domani, poi, celebreremo insieme la Messa. Era giusto che ci fosse anche uno spazio per stare insieme con gioia e ascoltare alcune testimonianze importanti, che vi possono aiutare a crescere nella fede e nella vita. So che avete una bandana con scritte le Opere di misericordia corporale: mettete in testa queste opere, perché sono lo stile di vita cristiana. Come sapete le Opere di misericordia sono gesti semplici, che appartengono alla vita di tutti i giorni, permettendo di riconoscere il Volto di Gesù nel volto di tante persone. Anche giovani! Anche giovani come voi, che hanno fame, sete; che sono profughi o forestieri o ammalati e richiedono il nostro aiuto, la nostra amicizia. Essere misericordiosi vuol dire anche essere capaci di perdono. E questo non è facile! Può succedere che, a volte, in famiglia, a scuola, in parrocchia, in palestra o nei luoghi di divertimento qualcuno ci possa fare dei torti e ci sentiamo offesi; oppure in qualche momento di nervosismo possiamo essere noi ad offendere gli altri. Non rimaniamo con il rancore o il desiderio di vendetta! Non serve a nulla: è un tarlo che ci mangia l’anima e non ci permette di essere felici. Perdoniamo! Perdoniamo e dimentichiamo il torto ricevuto, così possiamo comprendere l’insegnamento di Gesù ed essere suoi discepoli e testimoni di misericordia. Ragazzi, quante volte mi capita di dover telefonare a degli amici, però succede che non riesco a mettermi in contatto perché non c’è campo. Sono certo che capita anche a voi, che il cellulare in alcuni posti non prenda... Bene, ricordate che se nella vostra vita non c’è Gesù è come se non ci fosse campo! Non si riesce a parlare e ci si rinchiude in se stessi. Mettiamoci sempre dove si prende! La famiglia, la parrocchia, la scuola, perché in questo mondo avremo sempre qualcosa da dire di buono e di vero. Adesso vi saluto tutti, vi auguro di vivere con gioia questo momento e vi aspetto tutti domani in Piazza San Pietro. Ciao! L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 lunedì-martedì 25-26 aprile 2016 tutta la vita; è l’impegno quotidiano di chi sa realizzare grandi sogni! Ah, guai ai giovani che non sanno sognare, che non osano sognare! Se un giovane, alla vostra età, non è capace di sognare, già se n’è andato in pensione, non serve. L’amore si nutre di fiducia, di rispetto, di perdono. L’amore non si realizza perché ne parliamo, ma quando lo viviamo: non è una dolce poesia da studiare a memoria, ma una scelta di vita da mettere in pratica! Come possiamo crescere nell’amore? Il segreto è ancora il Signore: Gesù ci dà Sé stesso nella Messa, ci offre il perdono e la pace nella Confessione. Lì impariamo ad accogliere il suo Amore, a farlo nostro, a rimetterlo in circolo nel mondo. E quando amare sembra pesante, quando è difficile dire di no a quello che è sbagliato, guardate la croce di Gesù, abbracciatela e non lasciate la sua mano, che vi conduce verso l’alto e vi risolleva quando cadete. Nella vita sempre si cade, perché siamo peccatori, siamo deboli. Ma c’è la mano di Gesù che ci risolleva, che ci rialza. Gesù ci vuole in piedi! Quella parola bella che Gesù diceva ai paralitici: “Alzati!”. Dio ci ha creati per essere in piedi. C’è una bella canzone che cantano gli alpini quando salgono su. La canzone dice così: “Nell’arte di salire, l’importante non è non cadere, ma non rimanere caduto!”. Avere il coraggio di alzarsi, di lasciarci alzare dalla mano di Gesù. E questa mano tante volte viene dalla mano di un amico, dalla mano dei genitori, dalla mano di quelli che ci accompagnano nella vita. Anche Gesù stesso è lì. Alzatevi! Dio vi vuole in piedi, sempre in piedi! So che siete capaci di gesti di grande amicizia e bontà. Siete chiamati a costruire così il futuro: insieme agli altri e per gli altri, mai contro qualcun altro! Non si costruisce “contro”: questo si chiama distruzione. Farete cose meravigliose se vi preparate bene già da ora, vivendo pienamente questa vostra età così ricca di doni, e senza aver paura della fatica. Fate come i campioni sportivi, che raggiungono alti traguardi allenandosi con umiltà e duramente ogni giorno. Il vostro programma quotidiano siano le opere di misericordia: allenatevi con entusiasmo in esse per diventare campioni di vita, campioni di amore! Così sarete riconosciuti come discepoli di Gesù. Così avrete la carta d’identità di cristiani. E vi assicuro: la vostra gioia sarà piena. «La vostra felicità non ha prezzo e non si commercia; non è una “app” che si scarica sul telefonino»: lo ha ricordato il Papa alle decine di migliaia di ragazzi riuniti in piazza San Pietro domenica mattina, 24 aprile, per la celebrazione eucaristica giubilare. «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 35). Cari ragazzi e ragazze, che grande responsabilità ci affida oggi il Signore! Ci dice che la gente riconoscerà i discepoli di Gesù da come si amano tra di loro. L’amore, in altre parole, è la carta d’identità del cristiano, è l’unico “documento” valido per essere riconosciuti discepoli di Gesù. L’unico documento valido. Se questo documento scade e non si rinnova continuamente, non siamo più testimoni del Maestro. Allora vi chiedo: volete accogliere l’invito di Gesù a essere suoi discepoli? Volete essere suoi amici fedeli? Il vero amico di Gesù si distingue essenzialmente per l’amore concreto; non l’amore “nelle nuvole”, no, l’amore concreto che risplende nella sua vita. L’amore è sempre concreto. Chi non è concreto e parla dell’amore fa una telenovela, un teleromanzo. Volete vivere questo amore che Lui ci dona? Volete o non volete? Cerchiamo allora di metterci alla sua scuola, che è una scuola di vita per imparare ad amare. E questo è un lavoro di tutti i giorni: imparare ad amare. Anzitutto, amare è bello, è la via per essere felici. Però non è facile, è impegnativo, costa fatica. Pensiamo, ad esempio, a quando riceviamo un regalo: questo ci rende felici, ma per preparare quel regalo delle persone generose hanno dedicato tempo e impegno, e così, regalandoci qualcosa, ci hanno donato anche un po’ di loro stesse, qualcosa di cui hanno saputo privarsi. Pensiamo anche al dono che i vostri genitori e animatori vi hanno fatto, permettendovi di venire a Roma per que- Ai ragazzi il Papa chiede di non accontentarsi di una vita mediocre La felicità non è un’app sto Giubileo dedicato a voi. Hanno progettato, organizzato, preparato tutto per voi, e questo dava loro gioia, anche se magari rinunciavano a un viaggio per loro. Questa è la concretezza dell’amore. Amare infatti vuol dire donare, non solo qualcosa di materiale, ma qualcosa di sé stessi: il proprio tempo, la propria amicizia, le proprie capacità. Guardiamo al Signore, che è invincibile in generosità. Riceviamo da Lui tanti doni, e ogni giorno dovremmo ringraziarlo... Io vorrei chiedervi: voi ringraziate il Signore ogni giorno? Anche se noi ci dimentichiamo, Lui non si scorda di farci Da tutto il mondo in piazza San Pietro «Era importante venire qui a pregare con i ragazzi di tutto il mondo». Lo ha ripetuto a decine di giornalisti padre Manuel, uno dei sacerdoti che hanno accompagnato 127 adolescenti dal Belgio a Roma. Fra loro anche una trentina provenienti dal distretto di Molenbeek, tristemente noto per essere stato la base dei recenti attentati di Parigi: «La risposta giusta all’odio — ha detto — è proprio la forza della fede e dell’amicizia che si vive in giornate come questa». Anche loro erano tra le decine di migliaia di ragazzi che domenica 24 aprile hanno riempito, sin dalle prime ore della mattina, piazza San Pietro per la messa presieduta da Francesco. Un mare di persone punteggiato da bandiere e striscioni di tutti i colori, a testimonianza che la risposta alla chiamata del Papa è giunta da ogni parte del mondo. «È commovente — ci ha detto l’arcivescovo Fisichella — vedere migliaia e migliaia di adolescenti con il sorriso sulle labbra e con nel cuore il desiderio di tornare a casa per essere protagonisti e impegnarsi». «La cosa che li ha colpiti di più — ha aggiunto — è stata proprio il ritrovarsi qui così numerosi: molti vengono da piccole parrocchie, piccoli gruppi, e fare questa esperienza di Chiesa universale è per loro veramente importante». Emozionatissimi, Anxhela, 16 anni, e Klodian, 15 anni, ci hanno parlato di «un’esperienza bellissima», di «una grazia speciale», di «un sogno che si avvera» e di come riporteranno a casa l’invito di Francesco a essere misericordiosi. I due fanno parte di un piccolo gruppo di dieci adolescenti provenienti dall’Albania: «Il pellegrinaggio — ci ha spiegato Fra Nicola Troisi, della missione dei celestini a Durazzo, nella parrocchia di Bize — è stato organizzato dalla cattedrale di Tirana e i ragazzi sono stati scelti tra le famiglie più povere della diocesi». Molti più chilometri hanno percorso diciotto ragazzi provenienti dalla diocesi coreana di Incheon. Kang Min Seo e Seo Eugene, ci hanno raccontato di non essere arrivati direttamente a Roma: prima, infatti, hanno fatto altre tappe in Italia, visitando molte chiese e luoghi legati al ricordo di miracoli. «Ci siamo commossi — hanno detto — nel vedere l’opera del Signore, e siamo felici perché, anche se in pochi giorni, abbiamo fatto una grande esperienza di amicizia: cercheremo di crescere nella misericordia come ci ha chiesto Papa Francesco». Il riferimento alle parole e alle esortazioni del Pontefice è continuo: la scintilla è scoccata, la sintonia è piena e tutti apprezzano il linguaggio di Francesco, diretto, semplice, coinvolgente. Il dialogo ha trovato il suo culmine durante l’omelia, interrotta da numerosi applausi. In piazza c’erano anche i rappresentanti di tre fondazioni — Jesus Film Media, Cristonautas e Ramón Pané — che, nel kit distribuito ai ragazzi dal Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, hanno messo a disposizione anche un dvd in sedici lingue contenente un film sul Vangelo di Luca. La messa ha avuto inizio alle 10.30. Con il Papa hanno concelebrato i cardinali Arinze, Bertone, Bagnasco e Monterisi, che poi, insieme agli arcivescovi Fisichella e Ruiz Arenas, sono saliti all’altare per la liturgia eucaristica. Tra i concelebranti c’erano in tutto dieci tra vescovi e arcivescovi e circa novecento sacerdoti. Erano presenti anche il prefetto della Casa Pontificia, l’arcivescovo Gänswein, e il reggente della Prefettura, monsignor Sapienza. «Misericordiosi come il Padre», cantava in latino il coro della Cappella Sistina, diretto da monsignor Palombella, durante la breve processione d’ingresso sotto la loggia centrale della basilica da dove pendeva il drappo con il logo del giubileo realizzato da padre Rupnik. E a entrare nella logica della misericordia sono stati invitati a più riprese gli adolescenti giunti a Roma per l’anno santo. A ognuno è stata donata una bandana gialla con disegnate le opere di misericordia corporali. A venti di loro il Papa, dopo la comunione, ha consegnato simbolicamente una croce che è stata data a tutti i partecipanti al pellegrinaggio. Il piccolo oggetto da un lato mostra il volto di Gesù, mentre sull’altro c’è uno specchio dove ogni giovane può vedere la propria immagine. Per tutti l’invito a farsi missionari e annunciatori della misericordia del Padre «in piedi e a testa alta», con la gioia della propria identità cristiana. Dopo quest’ultimo, caloroso invito, al termine della preghiera del Regina caeli, Francesco è salito a bordo della papamobile e ha salutato i ragazzi con un lungo giro in piazza. ogni giorno un dono speciale. Non è un regalo da tenere materialmente tra le mani e da usare, ma un dono più grande, per la vita. Che cosa ci dona il Signore? Ci dona la sua amicizia fedele, che non ci toglierà mai. È l’amico per sempre, il Signore. Anche se tu lo deludi e ti allontani da Lui, Gesù continua a volerti bene e a starti vicino, a credere in te più di quanto tu creda in te stesso. Questa è la concretezza dell’amore che ci insegna Gesù. E questo è tanto importante! Perché la minaccia principale, che impedisce di crescere bene, è quando a nessuno importa di te — è triste, questo —, quando senti che vieni lasciato in disparte. Il Signore invece è sempre con te ed è contento di stare con te. Come fece con i suoi giovani discepoli, ti guarda negli occhi e ti chiama a seguirlo, a “prendere il largo” e a “gettare le reti” fidandosi della sua parola, cioè a mettere in gioco i tuoi talenti nella vita, insieme con Lui, senza paura. Gesù ti aspetta pazientemente, attende una risposta, attende il tuo “sì”. Cari ragazzi, alla vostra età emerge in voi in modo nuovo anche il desiderio di affezionarvi e di ricevere affetto. Il Signore, se andate alla sua scuola, vi insegnerà a rendere più belli anche l’affetto e la tenerezza. Vi metterà nel cuore un’intenzione buona, quella di voler bene senza possedere, di amare le persone senza volerle come proprie, ma lasciandole libere. Perché l’amore è libero! Non c’è vero amore che non sia libero! Quella libertà che il Signore ci lascia quando ci ama. Lui è sempre vicino a noi. C’è sempre infatti la tentazione di inquinare l’affetto con la pretesa istintiva di prendere, di “avere” quello che piace; e questo è egoismo. E anche la cultura consumistica rafforza questa tendenza. Ma ogni cosa, se la si stringe troppo, si sciupa, si rovina: poi si rimane delusi, con il vuoto dentro. Il Signore, se ascoltate la sua voce, vi rivelerà il segreto della tenerezza: prendersi cura dell’altra persona, che vuol dire rispettarla, custodirla e aspettarla. E questa è la concretezza della tenerezza e dell’amore. In questi anni di gioventù voi avvertite anche un grande desiderio di libertà. Molti vi diranno che essere liberi significa fare quello che si vuole. Ma qui bisogna saper dire dei no. Se tu non sai dire di no, non sei libero. Libero è chi sa dire sì e sa dire no. La libertà non è poter sempre fare quello che mi va: questo rende chiusi, distanti, impedisce di essere amici aperti e sinceri; non è vero che quando io sto bene tutto va bene. No, non è vero. La libertà, invece, è il dono di poter scegliere il bene: questa è libertà. È libero chi sceglie il bene, chi cerca quello che piace a Dio, anche se è faticoso, non è facile. Ma io credo che voi giovani non abbiate paura delle fatiche, siete coraggiosi! Solo con scelte coraggiose e forti si realizzano i sogni più grandi, quelli per cui vale la pena di spendere la vita. Scelte coraggiose e forti. Non accontentatevi della mediocrità, di “vivacchiare” stando comodi e seduti; non fidatevi di chi vi distrae dalla vera ricchezza, che siete voi, dicendovi che la vita è bella solo se si hanno molte cose; diffidate di chi vuol farvi credere che valete quando vi mascherate da forti, come gli eroi dei film, o quando portate abiti all’ultima moda. La vostra felicità non ha prezzo e non si commercia; non è una “app” che si scarica sul telefonino: nemmeno la versione più aggiornata potrà aiutarvi a diventare liberi e grandi nell’amore. La libertà è un’altra cosa. Perché l’amore è il dono libero di chi ha il cuore aperto; l’amore è una responsabilità, ma una responsabilità bella, che dura Le nomine di oggi riguardano la Chiesa in Paraguay e in Inghilterra. Pedro Collar Noguera ausiliare di Ciudad del Este (Paraguay) È nato il 9 settembre 1963 a Juan León Mallorquín, nel dipartimento dell’Alto Paraná. Ha seguito gli studi filosofici nel seminario metropolitano di Asunción (1978-1983) e quelli teologici nel seminario maggiore nazionale (19831989). Ha conseguito la licenza in diritto canonico a Buenos Aires presso l’Università Cattolica argentina (1995-1998) e ha svolto corsi per il dottorato in diritto canonico presso l’Università Pontificia di Comillas a Madrid (2006-2010). È stato ordinato sacerdote il 7 giugno 1992 a Ciudad del Este. Successivamente è stato vicario parrocchiale (1992-1994) e L’appello del Pontefice durante il Regina caeli Per i sequestrati in Siria Un appello per la liberazione di tutti «i fratelli vescovi, sacerdoti e religiosi, cattolici e ortodossi, sequestrati da molto tempo in Siria», è stato lanciato dal Pontefice al Regina caeli recitato al termine della messa per il giubileo dei ragazzi. Al termine di questa celebrazione giubilare, il mio pensiero si rivolge in modo particolare a voi, cari ragazzi e ragazze. Siete venuti dall’Italia e da diverse parti del mondo per vivere momenti di fede e di fraterna convivialità. Grazie per la vostra gioiosa e chiassosa testimonianza. Andate avanti con coraggio! Ieri, a Burgos (Spagna), sono stati proclamati Beati il sacerdote Valentín Palencia Marquina e quattro suoi compagni martiri, giovani, uccisi per la loro fede durante la guerra civile spagnola. Lodiamo il Signore per questi suoi coraggiosi testimoni, e per loro intercessione supplichiamolo di liberare il mondo da ogni violenza. È sempre viva in me la preoccupazione per i fratelli vescovi, sacerdoti e religiosi, cattolici e ortodossi, sequestrati da molto tempo in Siria. Dio Misericordioso tocchi il cuore dei rapitori e conceda quanto prima a quei nostri fratelli di essere liberati e poter tornare alle loro comunità. Per questo vi invito tutti a pregare, senza dimenticare le altre persone rapite nel mondo. Affidiamo tutte le nostre aspirazioni e le nostre speranze all’intercessione di Maria, Madre di Misericordia. Dopo la benedizione il Pontefice ha concluso l’incontro con queste parole. Cari giovani, avete celebrato il Giubileo: adesso tornate a casa con la gioia della vostra identità cristiana. In piedi, a testa alta, e con la vostra carta d’identità nelle vostre mani e nel vostro cuore! Che il Signore vi accompagni. E, per favore, pregate anche per me. Grazie. Nomine episcopali moderatore dell’Equipo Sacerdotal della parrocchia della cattedrale di Ciudad del Este (1994-1995). Dopo gli studi di diritto canonico presso l’Università Cattolica di Buenos Aires è divenuto parroco della cattedrale di Ciudad del Este e giudice del tribunale ecclesiastico di seconda istanza del Paraguay (1998-2006), poi vicario generale di Ciudad del Este (2010-2011), giudice del tribunale ecclesiastico di seconda istanza (2011-2015), cancelliere diocesano (2014-2015) e nuovamente vicario generale (dal 2016). Paul Mason ausiliare di Southwark (Inghilterra) È nato a North Shields, nella diocesi di Hexham and Newcastle (Inghilterra), il 6 novembre 1962. Ha conseguito il baccalaureato in lingue e istituzioni europee presso l’Istituto politecnico di Leeds. Ha ricevuto poi la formazione seminaristica presso il Venerabile English College a Roma, conseguendo la licenza in filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana. Ha ottenuto in seguito un master in Medical ethics presso il King’s College di Londra. È stato ordinato sacerdote, per l’arcidiocesi di Southwark, il 25 luglio 1998. Dopo gli studi, tornato in patria, è stato prima nominato cappellano presso gli ospedali St. Thomas e Guy di Londra (2001). In seguito ha svolto vari incarichi presso la Conferenza episcopale. Nel 2011 è diventato educatore presso il seminario di Allen Hal, e direttore della formazione permanente del clero. Nel 2013 è stato nominato vicario episcopale per il Kent e, l’anno successivo, membro del consiglio dell’arcivescovo.