L`OSSERVATORE ROMANO

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L`OSSERVATORE ROMANO
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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLVI n. 94 (47.229)
Città del Vaticano
lunedì-martedì 25-26 aprile 2016
.
Il Papa celebra il giubileo dei ragazzi e chiede loro di non accontentarsi di una vita mediocre
Obama ad Hannover incontra i leader dell’Ue
La felicità non è un’app
Più Europa
e meno muri
E al Regina caeli nuovo appello per i sequestrati in Siria
«La vostra felicità non ha prezzo e
non si commercia; non è una “app”
che si scarica sul telefonino» ha ricordato il Papa ai tantissimi ragazzi
riuniti in piazza San Pietro domenica mattina, 24 aprile, per la celebrazione eucaristica che ha costituito il
culmine della tre giorni giubilare vis-
suta dagli adolescenti di tutto il
mondo a Roma. Con un’omelia
semplice e diretta, ricca di spunti e
di riferimenti all’esperienza quotidiana dei giovani, Francesco ha rilanciato la consegna dell’amore cristiano: non quello «nelle nuvole» o da
«telenovela» — ha spiegato — ma
Papa Francesco a Villa Borghese
Visita a sorpresa
di MARIA VO CE*
stata la prima volta di un
Papa a una Mariapoli e mi è
tornato in mente quanto più
volte ascoltato da Chiara Lubich
per descrivere l’effetto che avevano
in lei la visita e le parole di un vescovo alle Mariapoli. Vi riconosceva «un peso, un’unzione» che le
diversificava da quelle di chiunque
altro, anche teologo o santo, e la
percezione che con la sua presenza
la “città di Maria” raggiungesse il
compimento:
diventasse
“città
Chiesa”.
Così è accaduto, nella pienezza,
con la visita fuori programma di
Papa Francesco al Villaggio per la
Terra a Villa Borghese, dove, in
collaborazione con l’evento di
Earth Day Italia, si svolgeva la
Mariapoli di Roma che però non si
ferma nella capitale. Così ogni Mariapoli che si svolge e si svolgerà
nel mondo — e sono centinaia — si
sentirà guardata e amata alla stessa
maniera.
Quel suo parlare a braccio, mettendo fin dall’inizio da parte i fogli, era come dire: mi avete preso il
cuore e devo rispondere a ciò che
voi avete detto a me. E le sue parole nette, luminose, non erano solo
riconoscimento per l’impegno e
l’azione dei tanti che gli hanno
parlato, ma avevano il sapore di un
programma per il futuro: in esse ritornavano come idea forte il prodigio e la possibilità di trasformare il
deserto in foresta.
Mi ha fatto impressione il suo
dire con forza che ciò che vale è
portare la vita. Non fare programmi e rimanervi ingabbiati, ma andare incontro alla vita così com’è,
con il suo disordine e i suoi conflitti, senza paura, affrontando i rischi e cogliendo le opportunità.
Per conoscere la realtà col cuore bisogna avvicinarvisi. Avvengono così i miracoli: deserti, i più vari, che
si trasformano in foreste. Papa
Francesco possiede la forza della
parola. Le sue immagini non si
cancellano, né dalla mente né dal
cuore.
Insieme tra diversi: persone,
gruppi, associazioni. Il Pontefice lo
ha ripetuto tante volte perché ci
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È
tiene e gli dà gioia. Lo spettacolo
umano a Villa Borghese è nato da
una domanda: perché non realizzare la Mariapoli nel cuore di Roma?
Perché non provare a fare un innesto di fraternità, magari piccolo ma
concreto, nelle strade della città?
Roma — lo sappiamo — piange per
le tante ferite e soffre per le molte
fragilità, ma vive anche di una ricchezza incredibile: il tanto bene
che vi si fa.
Quando il Papa ha indetto l’anno della Misericordia abbiamo
pensato alle tantissime associazioni
che operano nella città, con o senza riferimento religioso, ma che
“fanno misericordia”. Quasi un caso l’incontro con Earth Day, che si
occupa della tutela del creato e lavora per quell’ecologia integrale cara a Francesco. Un percorso e un
lavoro appassionanti, fuori dai propri schemi, su strade anche impensate. Non senza difficoltà, certo,
perché non ci si conosceva e perché si è diversi.
Ma la diversità è ricchezza, come
l’incontro con oltre cento associazioni: sono così nate sinergie e si
sono costruiti ponti. Anche con
realtà piccolissime: «Ma la mia associazione va avanti con la mia
pensione, non abbiamo né loghi né
cose del genere» ci ha detto un
nuovo amico. E la Mariapoli ha
voluto dare testimonianza del bene
che anche lui fa. Sono così emerse
le tante città sotterranee virtuose
che Roma contiene.
Un bene che si moltiplicherà e
una rete che sembra dare ragione
all’intuizione che Chiara Lubich
scrisse nel 1949 incontrando Roma
e amandola: «molti occhi s’illuminerebbero della sua Luce: segno
tangibile che Egli vi regna (...) a risuscitare i cristiani e a fare di quest’epoca, fredda perché atea, l’epoca del Fuoco, l’epoca di Dio (...)
Non è solo un fatto religioso (...) È
questo separarlo dalla vita intera
dell’uomo una pratica eresia dei
tempi presenti, e un asservire l’uomo a qualcosa che è meno di lui e
relegare Dio, che è Padre, lontano
dai figli».
Molti i temi sul tavolo del sumBERLINO, 25. «Papa Francesco ha
detto che i profughi non sono nu- mit di questo pomeriggio. Oltre
meri, ma persone che hanno volti e all’emergenza immigrazione, c’è la
storie» e proprio per questo «il sfida al terrorismo e la crescita ecomondo non ha bisogno di muri». nomica che ancora stenta a riprenÈ un messaggio chiaro e forte quel- dersi. «Gli Stati Uniti e il mondo
lo lanciato oggi dal presidente de- hanno bisogno di un’Europa forgli Stati Uniti, Barack Obama, par- te». Questo continente — ha sottolando alla fiera di Hannover, in lineato ancora il presidente ad
Germania, prima di incontrare i Hannover — «nel ventesimo secolo
era in costante conflitto: la gente
leader dell’Unione europea.
Punto centrale di questo messag- moriva di fame, le famiglie venivagio, l’immigrazione e il valore no separate. Ora la gente vuole vedell’accoglienza: «Voi
europei siete uniti nella diversità». E per
questo «non dovete
dimenticarvi da dove
venite:
siete
tutti
un’eredità della lotta
per la libertà. I tedeschi, i francesi, gli
olandesi, i belgi, i lussemburghesi, gli italiani, e sì anche anche i
britannici, che hanno
portato l’Europa sulla
strada dell’unità, superando le vecchie divisioni». Di qui il richiamo alla necessità
quello «concreto» che insegna Gesù. cristiani e ortodossi, sequestrati in
di abbattere i muri al
Un amore, ha sottolineato, «non fa- Siria.
fine di trovare una
Della necessità di vivere la misericile, impegnativo», che «costa fatistrategia comune per
cordia nei rapporti con gli altri il Paca», ma che alla fine «rende felici».
gestire gli arrivi di miPer il Pontefice amare vuol dire pa ha poi parlato nel pomeriggio,
granti, la maggiore
soprattutto donare: «non solo qual- recandosi a Villa Borghese per inemergenza umanitaria
cosa di materiale — ha specificato — contrare i protagonisti della Mariain Europa dalla fine
ma qualcosa di sé stessi: il proprio poli di Roma organizzata dal movidella seconda guerra
tempo, la propria amicizia». Si trat- mento dei Focolari. E un invito al
mondiale. Nel suo inObama durante il vertice di Hannover (Afp)
ta, in sostanza, di «voler bene senza perdono aveva lanciato anche nel vitervento Obama ha
possedere», lasciando liberi gli altri deomessaggio inviato la sera di sabapoi ricordato «i polace testimoniando in prima persona to ai ragazzi protagonisti del giubichi di Solidarność, i cechi e gli slo- nire qui esattamente proprio per
«la libertà di poter scegliere il be- leo riuniti allo stadio Olimpico di
vacchi che hanno fatto la rivoluzio- quello che avete creato. Vi sono gene». Un impegno da vivere con Roma per una serata di festa e di tene pacifica, gli ungheresi, gli au- nitori pronti ad attraversare il de«scelte coraggiose e forti» che rifug- stimonianze. A sedici di loro, in
striaci, i berlinesi e i parigini che serto, il mare per dare ai propri figano dalla «mediocrità» e stimolino mattinata, il Pontefice aveva ammidopo gli attentati hanno riaperto il gli quelle cose che noi non dobbianistrato il sacramento della confesalla «responsabilità».
Bataclan». L’Unione europea è mo dare per scontate». Ed è in forAl termine della messa, al Regina sione in piazza San Pietro.
«una delle maggiori conquiste za delle conquiste raggiunte che
caeli il Papa ha rinnovato l’appello
economiche e politiche dell’era mo- l’Europa deve far fronte comune
nella lotta al terrore jihadista che
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per i vescovi, i sacerdoti e i religiosi,
derna».
continua a colpire. «La minaccia
del terrorismo è reale e noi dobbiamo continuare a difenderci». E sulla difesa Obama ha esortato gli alleati della Nato ad aumentare le
Annunciato l’invio di nuove unità sul terreno per fermare l’Is
spese militari fino a raggiungere
l’obiettivo del due per cento del
prodotto interno lordo.
Washington rafforza l’impegno in Siria
WASHINGTON, 25. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha
annunciato oggi l’invio di 250 militari in Siria per aiutare le forze locali a combattere i jihadisti del cosiddetto Stato islamico (Is). L’annuncio è stato fatto oggi dal presidente nel suo intervento ad Hannover.
Non si tratta — dicono i primi
commenti degli analisti — di un intervento di terra, opzione che l’inquilino della Casa Bianca ha già definito «un errore». Ieri, durante una
conferenza stampa con il cancelliere
tedesco, Angela Merkel, il presiden-
te aveva infatti dichiarato: «Sono
convinto che in termini pratici sia
molto difficile creare una zona di sicurezza in Siria, anche se non abbiamo nessuna obiezione ideologica
a riguardo. La cosa migliore rimane
assicurare la transizione politica del
Paese».
Nei giorni scorsi anche il «New
York Times» aveva già parlato della
possibilità dell’invio di almeno duecento militari delle forze speciali in
Siria per addestrare ed assistere i ribelli sul campo. Inoltre — conferma
il quotidiano della Grande Mela —
per la prima volta gli Stati Uniti
Centinaia di jihadisti
uccisi nello Yemen
Primo turno delle presidenziali
Svolta a destra
per Vienna
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Il settimo volume dell’Epistolario
Don Bosco feriale
Civili tra le macerie di Mukalla (Reuters)
*Presidente del movimento
dei Focolari
avrebbero formulato un piano per la
guerra cibernetica contro i jihadisti
dell’Is. L’obiettivo del piano sarebbe quello di fermare la capacità dei
miliziani di diffondere il loro messaggio nel web, di attrarre e reclutare nuove leve, di far circolare ordini
dei comandanti, di eseguire le operazioni quotidiane, come pagare i
propri combattenti. Insomma, gli
esperti del Pentagono vogliono hackerare e manipolare i network di comunicazione, creando sfiducia sulla
sicurezza dei circuiti jihadisti.
Nel frattempo, sul terreno la situazione resta molto difficile. Mentre in Siria, nonostante i colloqui di
Ginevra vadano avanti, i combattimenti proseguono nell’area di Aleppo e di Raqqa, anche in Iraq si registra una nuova ondata di attacchi
jihadisti. Almeno 14 persone sono
morte e decine sono rimaste ferite in
due attacchi kamikaze avvenuti ieri
sera, quasi simultaneamente, in due
diversi quartieri di Baghdad. E a
nord della capitale sono esplosi
scontri tra le forze dei peshmerga
curdi e truppe dell’esercito regolare.
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GRAZIA LOPARCO
A PAGINA
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NOSTRE
INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza le Loro
Maestà il Re Willem-Alexander
e la Regina Máxima di Olanda,
e Seguito.
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza:
l’Eminentissimo
Cardinale
Marc Ouellet, Prefetto della
Congregazione per i Vescovi;
Sua Eccellenza Monsignor
Mario Oliveri, Vescovo di Albenga-Imperia (Italia).
Nomine
di Vescovi Ausiliari
Il Santo Padre ha nominato
Ausiliare della Diocesi di Ciudad del Este (Paraguay) il Reverendo Pedro Collar Noguera,
Vicario Generale della medesima Diocesi, assegnandogli la
Sede titolare vescovile di Tamugadi.
Il Santo Padre ha nominato
Vescovo Ausiliare dell’Arcidiocesi di Southwark (Inghilterra)
il Reverendo Paul Mason, del
clero dell’Arcidiocesi di Southwark, Vicario Episcopale del
Kent, assegnandogli la sede titolare vescovile di Skàlholt.
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lunedì-martedì 25-26 aprile 2016
Il candidato del partito della Libertà Hofer
dopo l’annuncio
della vittoria elettorale (Reuters)
Bilaterale Germania - Stati Uniti
Sui profughi il sostegno
di Obama a Merkel
VIENNA, 25. Perdono al primo turno
delle presidenziali i grandi partiti
tradizionali in Austria, mentre è netta l’affermazione dell’estrema destra.
Una vittoria del fronte anti-migranti
che spazza via la coalizione che guidava il Paese dal 1945.
Il candidato del partito della Libertà, Fpöe, Norbert Hofer, ha ottenuto oltre il 35 per cento delle preferenze. Il verde Alexander van der
Bellen ha raggiunto circa il 21 per
cento. Seguono, all’11 per cento, il
socialista Rudolf Hundstorfer ed il
popolare Andreas Khol. I partiti tradizionali, dunque, restano fuori dal
ballottaggio del 22 maggio. Al voto
erano chiamati 6,4 milioni di austriaci con più di 16 anni, per scegliere
quello che sarà il nono capo dello
Stato della seconda Repubblica, nata alla fine della Seconda guerra
mondiale.
Il favorito sembrava Alexander
Van der Bellen, un economista del
partito ecologista e progressista dei
Verdi. È risultato invece primo Hofer, candidato del partito ultranazionalista Fpöe. Lo stesso partito che fu
di Jörg Haider, morto nel 2008,
leader di forte carisma che rinnovò i
toni della politica lottizzata tra popolari e socialisti con posizioni nazionalistiche e antieuropeistiche ma
arrivando anche a esprimere nostalgia filo-nazista e strisciante antisemitismo. L’attuale leader del Fpöe,
Primo turno delle presidenziali
Svolta a destra per Vienna
Heinz-Christian Strache, ha parlato
di «nuova era politica». Da tempo si
registra in Austria una certa
disaffezione ai partiti tradizionali.
Ma è stata la questione migratoria
ad essere al centro della campagna
elettorale.
Hofer, il candidato alla presidenza
dal Fpöe, ha 45 anni, è ingegnere.
Ha dichiarato di essere abituato ad
Manifestazioni
in Italia
per l’anniversario
della Liberazione
Dopo lo sversamento di petrolio
Rientra
l’allarme a Genova
Operazioni di bonifica lungo il torrente Polcevera (Ansa)
ROMA, 25. Con l’annuncio che in
mare deve essere eliminata solo la
chiazza davanti a Varazze e il ritiro
di due dei mezzi navali impegnati
nella caccia alle “macchie nere” di
greggio, la Capitaneria di Genova
ha reso noto ieri che l’emergenza
ambientale sta rientrando. Due
giorni fa diverse navi avevano incrociato nelle acque di fronte a Genova e al savonese per individuare
e rimuovere le macchie causate dalla
rottura
della
conduttura
dell’oleodotto dell’Iplom.
In particolare, un satellite aveva
messo in evidenza una striscia di
materiale oleoso lunga circa due
chilometri e larga 500 metri che
aveva preso il largo davanti a Genova, trasportata a ponente dalla
corrente e dal vento. Dovrebbe dissolversi — dicono gli esperti — nelle
prossime ore.
Dopo l’intervento dei mezzi, la
Capitaneria ha appunto annunciato
che «in mare resta solo una “chiazza di sfilacciamento” e si trova a
dieci chilometri a sud di Varazze.
Per questo motivo una parte dei
mezzi antinquinamento sono stati
ritirati». Per il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, «non
c’è più alcun rischio di altre fuoriuscite di greggio in mare: si tratta
ora di lavorare per rimettere in sicurezza totale il territorio, ma quello è un lavoro di bonifica di altra
proporzione. Resta un’emergenza
locale allo sbocco del Polcevera
che credo verrà ritirata nelle prossime ore».
È intanto partita questa notte la
procedura per spegnere la raffineria Iplom di Busalla obbligata dal
sequestro dell’oleodotto in cui si è
verificato lo sversamento. La procedura di stop è complessa e si concluderà il 4 maggio.
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andare in giro con la sua pistola e
ha promesso che, una volta diventato presidente, si impegnerà a sfiduciare il Governo se non adotterà misure più restrittive sui migranti.
Di fatto, l’attuale governo austriaco, guidato dal socialista Faymann,
ha già indurito molto i toni nei confronti dell’immigrazione, ribadendo
il rifiuto del paradigma di un’acco-
ROMA, 25. Si sono svolte oggi le
manifestazioni per il 71° anniversario della liberazione dal nazifascismo in Italia. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella,
si è recato questa mattina all’Altare della Patria per depositare una
corona d’alloro al milite ignoto,
alla presenza del presidente del
Consiglio, Matteo Renzi, del presidente del Senato, Pietro Grasso,
del vicepresidente della Camera,
Simone Baldelli, e di diversi ministri. Subito dopo la cerimonia,
il capo dello Stato si è recato in
Valsesia dove ha visitato alcuni
centri della resistenza italiana, tra
cui Varallo, medaglia d’oro al valore militare per il ruolo svolto
nella lotta contro il nazifascismo.
L’Associazione nazionale partigiani d’Italia ha sfilato dal Colosseo
a Porta San Paolo, luogo simbolo
della resistenza. Anche quest’anno
hanno deciso di non partecipare
al corteo la Brigata ebraica e l’Associazione nazionale ex deportati
nei campi di sterminio. Per protesta — hanno spiegato — contro la
presenza nel corteo di centri sociali e associazioni considerati antisemiti.
glienza illimitata. Il ministro degli
Esteri, Sebastian Kurz, ha più volte
ribadito che la protezione dei confini
esterni dell’Ue deve essere la priorità
assoluta, per ridurre il numero degli
irregolari dalla rotta mediterranea.
Il voto del primo turno delle presidenziali viene salutato con soddisfazione dalla destra di tutta Europa,
dall’italiano Salvini, alla francese Le
Pen, all’olandese Wilders, e preoccupa invece quanti difendono la libera
circolazione in Europa, cioè l’applicazione dei principi di Schengen.
In particolare l’Italia guarda con
attenzione a quello che accade al di
là del confine, dopo le minacce di
Vienna di chiudere il Brennero in
caso di arrivi massicci.
Resta da dire che in coincidenza
con il voto, al Brennero ci sono stati
momenti di tensione tra manifestanti
dei centri sociali e polizia. È stato
arrestato e poi rilasciato un leader
dei manifestanti ed è stato usato
spray al peperoncino.
BERLINO, 25. Sull’emergenza profughi, Angela Merkel è «dalla parte
giusta della storia». Sono di decisa
approvazione per la politica della
cancelliera tedesca i toni di Barack
Obama, nel corso di quella che è
probabilmente l’ultima visita in
Germania da presidente degli Stati
Uniti.
I due leader hanno inaugurato la
fiera dell’Industria ad Hannover,
dopo un faccia a faccia di due ore,
in cui si sono mostrati perfettamente allineati anche sul Ttip, il Trattato transatlantico che deve rinnovare
gli
standard
commerciali,
definendo possibile la firma entro
il 2016. Ai critici, hanno spiegato
che «aumenterà e non abbasserà
gli standard, migliorando le tutele
per i consumatori su lavoro e ambiente».
Si è parlato poi di Siria e Libia.
Forte la preoccupazione per la ripresa dei combattimenti ad Aleppo, così come la convinzione che
«la soluzione non può essere che
politica».
Diverse le opinioni sull’ipotesi di
creare zone di sicurezza. La Germania le rilancia, gli Stati Uniti
no. Centrale in agenda anche la
necessità di sostenere il Governo libico. Alla richiesta di Washington
di aumentare l’impegno sulle spese
militari e di fronte all’insistente
sottolineatura dell’importanza del
partner tedesco nel contrasto al sedicente Stato islamico, il cancelliere
ha risposto che Berlino è «molto
più attiva in Iraq e in Africa, in Siria lo è nel sostegno a Hollande,
come in Afghanistan, dove vede
minacciata la propria sicurezza».
Resta da ricordare che il cancelliere tedesco Merkel, insieme con il
presidente del consiglio europeo,
Donald Tusk, e il vicepresidente
della Commissione, Frans Timmer-
mans, sabato hanno fatto visita al
campo profughi di Gaziantep, in
Turchia, vicino al confine siriano,
che ospita circa cinquemila profughi siriani.
In quell’occasione è stato inaugurato un centro per il sostegno ai
bambini finanziato dall’Unione europea.
QUITO, 25. Otto giorni di lutto nazionale in Ecuador, a seguito del
violento terremoto che una settimana fa ha sconvolto il Paese latino
americano. Al momento si registrano
646 morti, 12.000 feriti e 250.000
bambini nell’emergenza. Tra gli sfollati interni si contano 26.000 persone. Ad annunciare i giorni di lutto è
stato il presidente Correa.
Il sisma ha raggiunto la magnitudo massima di 7.8 nella giornata di
sabato scorso colpendo soprattutto
la zona nordoccidentale della costa
del Paese, una regione poco popolata e nota per le sue spiagge. È
stato poi seguito da centinaia di
scosse di assestamento. Un primo
ponte aereo dell’Unicef con 86 tonnellate di aiuti è atterrato nella capitale Quito. Grant Leaity, il rappresentante Unicef in Ecuador, sottolinea che oltre 1.100 costruzioni
sono state distrutte e oltre 25.000
persone hanno trovato riparo in rifugi di fortuna.
Come parte di un appello delle
Nazioni Unite per 72 milioni di dollari, l’Unicef chiede 23 milioni di
dollari per i bisogni di 250.000 bambini nel corso dei prossimi tre mesi.
Si vuole fornire protezione, acqua,
servizi igienici e un sostegno per
l’istruzione.
I leader mondiali firmano l’accordo di Parigi sul clima
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
gi rappresenta un punto di svolta nella lotta al
cambiamento climatico, è il più ambizioso accordo sul clima mai negoziato prima. Ma la sua potenza sta nelle possibilità che esso crea».
Ora, come detto, inizia la corsa alla ratifica
dell’accordo. Bruxelles punta a presentare la proposta di ratifica agli Stati membri prima dell’estate. Per entrare in vigore, l’intesa ha bisogno della
ratifica di 55 Paesi che coprano almeno il 55 per
cento delle emissioni globali. L’accordo, in sintesi, punta a bloccare l’innalzamento della temperatura «ben al di sotto dei 2 gradi» rispetto all’era
preindustriale e di fare tutto lo sforzo possibile
per non superare 1,5 gradi; ad alimentare un fondo annuo da 100 miliardi di dollari (a partire dal
2021, con un meccanismo di crescita programmata) per il trasferimento delle tecnologie pulite nei
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Gaetano Vallini
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BELGRAD O, 25. Si profila una
netta vittoria del partito progressista di centro-destra nelle elezioni politiche in Serbia. Con il
proseguire dello spoglio delle
schede, giunto all’ottanta per
cento, la formazione del premier
uscente Aleksandar Vučić avrebbe ottenuto 145 seggi su 250, ovvero il 49,90 per cento delle preferenze. Al secondo posto, con
l’11,5 per cento dei voti, il partito socialista di Ivica Dačić, che
quindi ottiene 33 seggi. Terzi i
radicali di Vojislav Šešelj che arrivano al 7,8 per cento, entrando
in Parlamento. «La Serbia ha
mostrato a sé stessa e al mondo
che è unita e che desidera continuare sulla strada di un futuro
migliore» ha detto Vučić, confermando quindi il proprio impegno nel cammino di riforme
verso l’integrazione in Europa.
Gli osservatori internazionali
hanno riferito che non ci sono
stati incidenti e che il voto si è
svolto regolarmente.
Cuba apre
i porti
alle crociere
senza restrizioni
In Ecuador
emergenza bambini
Parte il processo di ratifica
NEW YORK, 25. A quattro mesi dallo storico accordo sul clima raggiunto a Parigi, i leader del
mondo si sono riuniti al palazzo di Vetro
dell’Onu per apporre la propria firma al documento e dare così inizio alla sua attuazione. Un
numero record di 175 Paesi ha siglato il testo. Il
primo a firmare è stato il presidente francese,
François Hollande. «È una corsa contro il tempo,
la finestra per mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2 gradi, e ancora di
più contenerlo entro 1,5 gradi, si sta rapidamente
chiudendo» ha detto il segretario generale
dell’Onu, Ban Ki-moon, aprendo i lavori. Quindi
un appello a tutti gli Stati affinché «ratifichino
velocemente il documento, in modo che possa
entrare in vigore il più presto possibile». Per il
segretario di Stato americano, John Kerry, «Pari-
Vučić vince
le politiche
serbe
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Tipografia Vaticana
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don Sergio Pellini S.D.B.
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Paesi più poveri; a rafforzare periodicamente gli
obiettivi di riduzione fissati volontariamente dai
singoli Paesi (la prima verifica nel 2018).
E sempre a New York, a ricordare l’importanza
di uno sviluppo sostenibile fondato sul rispetto
per l’ambiente e su una finanza responsabile è
stato pochi giorni fa il cardinale Peter Kodwo
Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Ricordando le
parole di Papa Francesco all’Assemblea generale
dell’Onu lo scorso settembre, Turkson ha sottolineato che «la pace è la condizione necessaria e il
contesto per qualsiasi vero e durevole sviluppo».
In tal senso, «società pacifiche e premurose sono
più fondamentali della disponibilità di finanziamenti e fondi. La guerra è la negazione di tutti i
diritti e di ogni sviluppo».
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
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L’AVANA, 25. Il Governo di Raúl
Castro ha abrogato la norma che
proibiva ai cubani residenti
all’estero di tornare nel Paese per
via marittima. È spianata, dunque, la strada all’arrivo di navi da
crociera americane nei porti
dell’isola. In particolare, la decisione permetterà alla Carnival, la
compagnia americana specializzata in crociere nei Caraibi, di inaugurare il mese prossimo il suo annunciato primo percorso da Miami, nella statunitense Florida,
all’Avana senza restrizioni nella
vendita dei biglietti. Alcuni dei
cubani che vivono in Florida, circa un milione e mezzo, avevano
minacciato di denunciare l’azienda per discriminazione dei passeggeri. La decisione delle autorità dell’Avana permetterà, a partire
dal 26 aprile, «l’ingresso e l’uscita
di cittadini cubani, indipendentemente dal loro status migratorio,
in qualità di passeggeri o membri
dell’equipaggio di navi».
La decisione arriva nel giorno
in cui scatta per gli imprenditori
americani la possibilità di importare da Cuba, anche non direttamente, il caffè e una serie di articoli tessili. Il dipartimento di Stato ha aggiornato la lista dei prodotti in seguito al disgelo con
l’isola caraibica.
Dopo 54 anni di gelo tra Stati
Uniti e Cuba, sono arrivati i primi segnali del disgelo il 17 dicembre 2014, poi nel 2015 c’è stato il
ripristino dei voli commerciali e
la riapertura a luglio delle ambasciate nelle rispettive capitali.
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lunedì-martedì 25-26 aprile 2016
pagina 3
Il premier nepalese alla cerimonia in ricordo
delle vittime del sisma a Kathmandu (Reuters)
Truppe lealiste riconquistano la città di Mukalla
Centinaia di jihadisti
uccisi nello Yemen
SANA’A, 25. Le truppe fedeli al legittimo presidente yemenita, Abd Rabbo
Mansour
Hadi,
sostenute
dall’appoggio aereo della coalizione
guidata dall’Arabia Saudita, sono
entrate ieri nella città portuale yemenita di Mukalla, conquistata circa
L’Onu condanna
il nuovo test
missilistico
nordcoreano
NEW YORK, 25. Il Consiglio di
sicurezza dell’Onu ha «condannato fermamente» ieri l’ultimo
lancio di quello che la Corea del
Nord ha definito un missile balistico nel mar del Giappone, e ha
sottolineato la necessità di rafforzare le sanzioni contro Pyongyang. I cinque Paesi membri
permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (Stati
Uniti, Russia, Cina, Francia e
Gran Bretagna) affermano in una
dichiarazione approvata all’unanimità che il lancio, effettuato sabato, rappresenta una «nuova
grave violazione» delle risoluzioni dell’Onu e ribadiscono la loro
«grave inquietudine» per la prosecuzione di attività balistiche
che «contribuiscono allo sviluppo di vettori di armi nucleari e
accrescono la tensione nella regione e oltre».
Il presidente degli Stati Uniti,
Barack Obama, ha accusato la
Corea del Nord di «provocazione» dopo le segnalazioni su un
nuovo test missilistico. Gli ultimi
test di questo tipo sono stati
«presi molto seriamente», ha detto Obama al termine dei colloqui
di ieri ad Hannover con il cancelliere tedesco, Angela Merkel.
«Quello che è chiaro è che la
Corea del Nord continua a dimostrare un continuo comportamento provocatorio, che sta attivamente perseguendo un programma nucleare e la capacità di lanciare armi nucleari», ha detto
Obama. «Ed anche se il più delle
volte questi esperimenti non hanno successo — ha aggiunto — comunque permettono di acquisire
conoscenze ogni volta che vengono compiuti». Il capo della Casa
Bianca ha quindi assicurato:
«Non prendiamo sul serio le promesse» nordcoreane sui test nucleari, auspicando «una seria
conversazione su come porre fine
alle tensioni» con un «atteggiamento serio sulla denuclearizzazione della penisola coreana». Il
ministero degli Esteri di Pyongyang si è detto pronto a porre
fine ai test nucleari se Washington e Seoul rinunceranno alle
manovre militari congiunte.
un anno fa da Al Qaeda nella penisola arabica. Lo riporta oggi Al Arabiya.
Intanto, nel corso di violenti
combattimenti nella città di Kous,
nella provincia meridionale di
Abyan, tra militari ed elementi di Al
Qaeda, centinaia di jihadisti sono rimasti uccisi. Secondo fonti della sicurezza locale, gli scontri sono avvenuti in seguito a una serie di raid
aerei condotta nelle scorse settimane
dalla coalizione guidata da Riad.
«L’operazione si è conclusa nelle
prime ore di oggi con la morte di
800 miliziani di Al Qaeda e di alcuni loro dirigenti, e con la fuga di altri» ha annunciato un comunicato
delle forze yemenite.
Al Qaeda è riuscita a sfruttare il
vuoto di potere che si è creato nel
Paese arabo a seguito della guerra
che da anni vede contrapporsi i ribelli huthi alle trupp governative.
La coalizione guidata da Riad sta
cercando di frenare l’avanzata dei ribelli che da settembre del 2014 hanno preso il controllo della capitale
Sana’a e stanno cercando con ogni
mezzo di sottrarre altre regioni al
controllo dello Stato centrale.
Per porre fine al sanguinoso conflitto sono iniziati nella capitale del
Kuwait negoziati tra le parti. E anche se i ribelli huthi hanno rifiutato
di condurre colloqui diretti con i
delegati inviati dal presidente Hadi,
al termine della prima sessione di
trattative l’inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen, Ismail
Ould Cheikh Ahmed, ha parlato di
giornata «costruttiva».
Oltre
6.400,
secondo
dati
dell’Onu, sono le persone che hanno perso la vita nel conflitto. La
maggior parte delle vittime sono civili, riferiscono sempre le Nazioni
Unite. I colloqui in Kuwait si basano sulla risoluzione 2216 del Consiglio di sicurezza dell’Onu che impone agli huthi il ritiro dalle aree
occupate dal 2014 e la consegna delle armi pesanti al Governo. I ribelli
hanno già annunciato che sospenderanno la loro partecipazione ai colloqui se dovessero proseguire le violazioni della tregua in vigore nel
Paese arabo dal 10 aprile.
Ancora emergenza in Nepal
KATHMANDU, 25. Responsabili politici, diplomatici e
gente comune hanno ricordato oggi a Kathmandu, vicino alle rovine della storica torre Dharahara, le oltre
9.000 vittime, i 21.000 feriti e i milioni di senzatetto
causati dalla scossa di magnitudo 7,6 gradi Richter registrata il 25 aprile 2015, alle 11,56 locali. Per la cerimonia,
presieduta dal primo ministro nepalese, Khadga Prasad
Oli, che ha deposto una corona di fiori, è stato scelto
nella capitale il luogo dove si ergeva la torre Dharahara
di nove piani e 62 metri di altezza, che era patrimonio
dell’Unesco e che al momento del sisma era piena di
turisti. Crollando completamente al suolo, intrappolò
quel giorno mortalmente 132 persone. Resta il grido di
disperazione dei nepalesi che hanno perso tutto. La
Croce rossa internazionale ha ricordato che quattro milioni di persone stanno ancora vivendo in rifugi temporanei, una condizione che rappresenta una minaccia
permanente alla loro salute e dignità.
Allarme della Croce Rossa internazionale per un altro conflitto dimenticato dai media
Afghanistan allo stremo
KABUL, 25. La situazione in Afghanistan diventa sempre più allarmante, ma la comunità internazionale e i
media non sembrano più interessati
al conflitto, e «questo è molto pericoloso». Lo ha dichiarato il responsabile del Comitato internazionale
della Croce Rossa (Cicr) a Kabul,
Jean-Nicolas Marti.
Impegnato in un giro delle capitali europee e negli Stati Uniti, il responsabile uscente del Cicr ha detto
che «il quadro generale si sta deteriorando; assistiamo a un continuo
incremento della violenza che inte-
ressa le città, gli agglomerati urbani,
e che sta generando molte necessità
sul piano dei rifornimenti medici e
dell’evacuazione e protezione della
popolazione civile». Prevedo — ha
ancora detto Marti — «che quest’anno le cose peggioreranno poiché non
si vede all’orizzonte una fine del
Forze di sicurezza afghane dopo un attentato suicida a Kabul (Ap)
Ma resta drammatica la crisi umanitaria libica
Al Sarraj si consolida a Tripoli
TRIPOLI, 25. Il Consiglio presidenziale guidato dal premier incaricato
libico, Fayez Al Sarraj, si è riunito
ieri per la prima volta nella sede
del Congresso di Tripoli, sciolto
nelle scorse settimane. Lo ha riferito l’agenzia di stampa Lana. Miliziani fedeli al Governo di unità
hanno inoltre preso il controllo della sede del ministero dei Trasporti e
altri due dicasteri.
E mentre consolida la sua leadership nella capitale libica, il premier
Al Sarraj riceve anche il sostegno
da parte di vari leader della comunità internazionale. «In Libia abbiamo l’opportunità di sostenere un
nuovo Governo» e di contrastare
l’infiltrazione «degli estremisti» del
cosiddetto Stato islamico (Is), ha
detto il presidente statunitense, Barack Obama, dopo l’incontro con il
premier britannico, David Came-
A un anno dal devastante terremoto che causò 9.000 morti
ron, a Londra. Obama ha inoltre aggiunto: «Non ci sono piani per l’invio di truppe di terra in Libia. Non
penso che sia necessario. Non penso
che sarebbe un segnale gradito dal
nuovo Governo. Sarebbe — ha detto
— un segnale sbagliato».
Ieri il ministro degli Esteri britannico, Philip Hammond, ha detto
che «non è escluso» in futuro l’intervento di truppe da combattimento britanniche in Libia. Hammond
ha sottolineato che non è possibile
sapere come evolverà la situazione
nel Paese nordafricano. Ogni tipo di
partecipazione militare diretta della
Gran Bretagna, ha però aggiunto il
capo del Foreign Office, dovrà prima ricevere il via libera da parte della Camera dei Comuni.
La situazione umanitaria nel Paese è estremamente drammatica con
oltre il 60 per cento degli ospedali
praticamente fuori uso, come ha reso noto ieri l’inviato speciale delle
Nazioni Unite in Libia, Martin Kobler. Secondo Kobler, circa il 40 per
cento della popolazione ha assoluta
necessità di aiuti umanitari.
L’inviato dell’Onu ha anche affrontato il tema dell’Is che sta continuando a colpire le infrastrutture
petrolifere libiche, in particolare dopo il grande flusso di miliziani provenienti dalla Siria e dall’Iraq. «Il
numero di militanti dell’Is che giungono in Libia è in crescita a causa
dei raid aerei della coalizione internazionale che hanno costretto molti
miliziani a fuggire dalla Siria e
dall’Iraq». Per Kobler la strategia
dell’Is «è molto chiara» e il suo
obiettivo è quello di dirigersi verso i
Paesi a sud della Libia, come Niger
e Ciad, al fine di controllare parte
delle risorse petrolifere.
conflitto». In questo ambito — ha
concluso — «è necessario che a livello internazionale le Nazioni si uniscano per cooperare nel reperimento
di una soluzione alla crisi, mentre i
media non debbono ridurre l’attenzione, come apparentemente stanno
facendo ora, sulla gravità della tragedia».
E a conferma del fatto che la violenza non ha abbandonato l’Afghanistan, nello scorso fine settimana
una serie di attentati da parte dei talebani ha causato numerose vittime:
sei morti in un attacco a un campo
dell’esercito nella provincia di Farah
dove oltre cento studentesse sono
state ricoverate con sintomi di avvelenamento; altre due vittime in un
attentato suicida nella provincia meridionale di Helmand; altri sei morti
nella provincia settentrionale di
Jazzjan.
La violenza degli insorti ha colpito anche il confinate Pakistan con
l’uccisione di Sardar Soran Singh,
primo parlamentare sikh della provincia del nord e ministro locale delle minoranze. Singh, 46 anni, è stato
ucciso davanti alla sua casa nel villaggio di Bacha Killay (distretto di
Bruner, nella provincia di Khyber
Pakhtunkhwa. Uomini armati alla
guida di due motociclette si sono
fermati di fronte alla sua auto e hanno aperto il fuoco uccidendo sul colpo il ministro delle minoranze. Successivamente il gruppo Tehreek-e-taliban Pakistan ha rivendicato l’attacco terroristico.
Catturati quattro capi
di Boko Haram
ABUJA, 25. Arrestati in Nigeria
quattro capi di alto livello del gruppo terroristico Boko Haram. Lo ha
annunciato l’esercito nigeriano, secondo cui i quattro sono stati catturati a Rann, nel travagliato Stato di
Borno, durante un’operazione militare. Si ritiene che i terroristi, di cui
sono già state fornite le generalità,
abbiano sostenuto le attività del
gruppo soprattutto attraverso il
commercio illegale. Si tratta di arresti la cui importanza è «senza precedenti», così ha dichiarato, citato
dai media, un portavoce militare, il
generale Sani Usman, aggiungendo
che i quattro saranno sottoposti ad
interrogatorio. Adesso la speranza è
che almeno uno dei quattro dia informazioni utili per il ritrovamento
delle decine di studentesse rapite
nel 2014 e mai ritrovate. Intanto, in
tutto il Paese la tensione resta alta,
soprattutto dopo la recente notizia
dell’uccisione da parte dell’esercito
nigeriano di 35o persone, alcune
delle quali bruciate ancora vive. A
denunciare, qualche giorno fa, il
terrificante episodio, che si sarebbe
verificato tra il 12 e il 14 dicembre
scorso, è stata l’organizzazione Amnesty international. La carneficina
sarebbe avvenuta — in base alla ricostruzione fornita dall’organizzazione — dopo un violento scontro
tra un gruppo di soldati governativi
ed esponenti del Movimento islamico a Zaria, nello Stato di Kaduna.
Amnesty ha ascoltato le testimonianze di decine di persone, presunti superstiti delle violenze, e
analizzato immagini satellitari che
hanno permesso di individuare fosse comuni. L’esercito nigeriano e il
Governo di Abuja hanno smentito
con decisione qualsiasi coinvolgimento nelle violenze nello Stato di
Kaduna.
Mobilitazione
internazionale
per il Darfur
JUBA, 25. Si è animata nell’ultima
settimana una mobilitazione internazionale per mantenere viva l’attenzione sul conflitto che ormai si
protrae da oltre tredici anni nella
regione del Darfur. Domani, 26
aprile, si riunisce il Consiglio di
sicurezza dell'Onu per decidere se
mantenere o meno il contingente
stanziato nell'area. Simultaneamente si svolgeranno in molte capitali europee e mondiali iniziative
di sensibilizzazione. Questo, come
detto, per riaccendere i riflettori
sulla crisi nella regione occidentale sudanese, dove da almeno un
anno sono ripresi violenti scontri
in villaggi e campi profughi.
La settimana di mobilitazione è
stata indetta dalla coalizione di
organizzazioni internazionali per
la difesa dei diritti umani che da
13 anni promuove il «Global Day
for Darfur», di cui fanno parte tra
le altre Amnesty International, Save Darfur Coalition e Italians for
Darfur, per denunciare i nuovi
bombardamenti e la gravità della
situazione. A Roma gli attivisti
«Italians for Darfur» ed i rifugiati
sudanesi hanno realizzato un flash
mob con tamburi e slogan per
chiedere di non dimenticare la tragedia africana. A tal proposito, la
giornalista e presidente di «Italians for Darfur», Antonella Napoli, ha affermato che «nei primi
tre mesi del 2016 la recrudescenza
delle violenze ha causato almeno
130 mila sfollati, un migliaio di
vittime e la distruzione di centinaia di villaggi», aggiungendo che
l’assistenza ai profughi, per lo più
donne e bambini, già carente in
tutto il Darfur, è drasticamente
peggiorata.
Nel frattempo, sul piano politico, la Commissione nazionale del
Sudan per il referendum amministrativo in Darfur ha annunciato
che circa il 97 per cento degli
aventi diritto al voto, chiamati alle
urne l’11 aprile scorso e nei tre
giorni successivi per decidere se
unificare l’area in un unica regione, com’era fino al 1994, o se se
mantenere l’attuale quadro amministrativo (divisione in cinque Stati), hanno optato per quest’ultima
soluzione.
Il referendum amministrativo
per il Darfur è una disposizione
del Documento di Doha per la
pace in Darfur messo a punto
dall’All Darfur Stakeholder Conference, che si è tenuta a giugno
2011. Sia il Governo del Sudan,
sia il Movimento di Liberazione e
Giustizia hanno firmato un protocollo d’intesa impegnandosi al rispetto del documento di riferimento per il processo di pace in
D arfur.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
lunedì-martedì 25-26 aprile 2016
Mosaico pavimentale
(Sinagoga Hammath Tiberias, III-IV secolo)
Sentieri teorici e autobiografici di Jan Assmann
Il disagio
dei monoteismi
Gerusalemme, la distruzione delle
antiche culture d’America e lo sterminio dei nativi americani».
Secondo Assmann, in un tempo
di rinnovata violenza in nome di
Dio, una vera tolleranza religiosa,
capace di riconoscere la relatività
senza scivolare nella banalità, può
sussistere solo superando la distinzione mosaica tra vera e falsa religione, ripensando quel concetto di
“religione profonda” che Gandhi
esprimeva come «Religione con la
Genesi e significato del giubileo ebraico
R maiuscola», ovvero quella che lega indissolubilmente alla verità che
è dentro di noi e ci purifica sempre.
Al di là della distinzione tra le religioni concrete, essa è elemento permanente della natura umana, che
lascia l’anima inquieta fino a che
non ha trovato se stessa e conosciuto il suo
Creatore.
simbolo rappresenta il cande- merete la libertà nel paese per
Nel mondo globalizzato
di FABRIZIO BISCONTI
La novella dei tre
labro che fu eretto durante tutti i suoi abitanti. Sarà per
anelli del Boccaccio,
solo il continuo confronto permette
apparato deco- l’Esodo per imitare quello del voi un giubileo; ognuno di voi
ripresa da Lessing nel
rativo dei mo- Tempio di Gerusalemme e ha tornerà nella sua famiglia. Il
di restare uniti e solidali
suo Nathan il saggio, è
numenti ebraici un significato identitario per cinquantesimo anno sarà per
ricordata con viva apnel comune destino umano
della tarda anti- gli aderenti alla religione voi un giubileo; non seminereprovazione
da
Aschità, con parti- ebraica, in quanto elemento
Al di là di tutte le differenze
smann nel suo Religio
colare riguardo per le manife- sacro custodito nella sinagoga
duplex (2010, in corso
stazioni funerarie — ossia i rari e utile per illuminare gli scritti
di pubblicazione presaffreschi catacombali e le nu- sacri.
competenza da Elisabetta Colagros- so Morcelliana), ove si esprime il
merose lastre cimiteriali, ma
Altri simboli hanno un casi, nella quale lo studioso tedesco fa concetto che nel nostro mondo gloanche per quel che attiene rattere evocativo, come il lulav,
la storia della sua formazione cultu- balizzato la religione può trovare
ossia un mazzetto di rami di
rale e della sua ricerca e traccia un posto solo appunto come religio dupalma, di mirto e di salice, e
bilancio della sua opera, rivedendo plex, ovvero religione a due piani,
l’etrog, il cedro, ambedue uti«Al decimo giorno
anche, almeno parzialmente, alcune che ha imparato a concepirsi come
lizzati durante la festa di Sukdelle sue posizioni.
una tra le tante e a guardarsi con
kat, o dei tabernacoli, per ridel
settimo
mese
In libri come Mosè l’egizio e La gli occhi degli altri, senza nondimecordare l’esilio in Egitto. Non
farai squillare le trombe
distinzione mosaica, Assmann espri- no perdere mai di vista il Dio namancano, nei monumenti tarmeva la tesi che il monoteismo bi- scosto, «punto trascendentale» codoantichi, il coltello per la cirNel giorno dell’espiazione
blico creò per la prima volta la di- mune a tutte le religioni. Siccome,
concisione; l’aròn, ossia l’arca,
farete squillare la tromba
stinzione tra vero e falso nella reli- nonostante la globalizzazione, non
in forma di armadietto con
gione, cui si accompagnò l’intolle- ci sarà mai un’unica religione,
sportelli e timpano sommitale,
per tutto il paese»
ranza nei confronti delle religioni un’unica verità, un unico Dio, la reche conteneva i rotoli della Todice il Levitico
“false” e dei falsi dèi, ricondotti a ligio duplex è quella che permette di
rah; il pane azzimo di forma
idoli. Invece le religioni antiche
circolare o con cerchi concenrestare uniti e solidali nel comune
non conoscevano questa distinziotrici; le tovaglie usate come
destino umano, al di là di tutte le
ne, mettevano tranquillamente in
all’arredo delle sinagoghe e, smoccolatoio del candelabro.
differenze. Una tesi, questa di Asrelazione i loro dèi con gli dèi degli
segnatamente, ai pavimenti Appare, infine, lo shofar, ossia
smann, che dà molto da pensare.
altri, anzi, addirittura li equiparavamusivi — annovera un piccolo il corno d’ariete, rappresentato
no. Era infatti pratica costante
numero di utensili legati al nella forma dritta o ricurva,
quella “traducibilità” dei nomi diviculto. Se, infatti, facciamo ec- suonato durante molti momenIscrizione funeraria con simboli
ni, in forza della quale, per esemcezione per il complesso sina- ti dei riti, che si consumavano
pio, nelle Metamorfosi di Apuleio,
gogale dipinto di Dura Euro- nella sinagoga, ma che assume
Iside si presenta come la dea adorapos, riferibile alla prima metà un ruolo epocale, nell’ambito
ta con nomi diversi dai diversi podel III secolo, che propone del solenne tempo del giubileo te, e non raccoglierete ciò che
cresce spontaneamente e non
poli: Giunone, Ecate, Bellona,
nelle pareti un consistente nu- ebraico.
Ramnusia, e così via. Cosa impossiLo shofar può essere collega- vendemmierete le vigne non
mero di episodi figurati ispirabile nel monoteismo biblico, per il
ti alle storie del Vecchio Testa- to al termine jobel, che allude potate. Poiché è il giubileo; esquale è blasfemo identificare Yhwh
mento e per il più tardo pavi- al potente suono emesso da un so sarà sacro per voi. Mangecon Giove, come invece proponeva
mento musivo di Beth Alpha, corno vuoto di montone in oc- rete il prodotto, che vi daranil pagano Varrone.
che traduce iconograficamente casione dell’avvio di
Secondo Assmann, la distinzione
il sacrificio di Isacco, la mag- un periodo speciale
tra vero e falso non appartiene alla
gior parte dei monumenti che conclude i sette
religione, bensì solo alle scienze che
Tra gli utensili legati al culto
ebraici della tarda antichità af- cicli dello Shemittah,
operano con dimostrazioni, come la
fianca, come in una teoria di secondo il Levitico
figurano il coltello
matematica o la logica. Nella reliemblemi, alcuni strumenti-sim- «Conterai sette volte
gione non si tratta di ciò che è vero
per la circoncisione e l’arca
bolo, ripetuti meccanicamente, sette anni; questi sette
e falso, bensì di ciò che è puro e
senza un ordine preciso. Tra Shabbat di anni farancon i rotoli della Torah
impuro, sacro e profano. Nella realquesti, trova una postazione no per te un periodo
tà storica, peraltro, questa distinzioprivilegiata il candelabro epta- di quarantanove anni.
ne non ha nulla a che fare con Molicne, o menorah, che propone Al decimo giorno del
sè, bensì piuttosto con Zarathustra,
diverse varianti nel numero dei settimo mese farai squillare la no i campi. In quest’anno del
e infatti nella Bibbia compare per
nel
giorno
del- giubileo, ciascuno tornerà alle
bracci, che arrivano sino a un- tromba;
la prima volta nei profeti dell’esilio
dici, e nella forma, ora a ele- l’espiazione farete squillare la sue proprietà» (25, 8-13).
e del post-esilio, come Geremia,
I biblisti avvicinano la pratimenti ricurvi, ora triangolari, tromba per tutto il paese. Sarà
Deutero-Isaia, Daniele, risalendo
Jan Assmann
ora spiraliformi. Ebbene, il per voi un giubileo e procla- ca del giubileo all’anno sabbaprobabilmente a influssi zoroastriani. Sta di fatto, comunque, che il
monoteismo affermatosi in Israele
assunse caratteristiche esclusivistiche, raccontando e ricordando la
propria nascita e affermazione col
La Festa del Teatro di San Miniato dedica il suo spettacolo di punta al martire salvadoregno
linguaggio della violenza. Come
scrive Assmann: «Ovviamente, Mosè non ha mai lasciato uccidere tremila persone perché avevano danzato intorno al vitello d’oro, e anche gli atti violenti legati alla riforma del culto di Giosia si possono
intendere da un punto di vista letIl filo conduttore della settantesima beatificato pochi mesi fa da Papa che per i suoi primi settant’anni ha
terario, piuttosto che come eventi
edizione della Festa del Teatro di San Francesco. Il martirio del pastore, un te- cercato di aderire nel modo più letterastorici. Forse persino Neemia — ma
Miniato è la fede che si traduce in sto di Samuel Rovinski affidato alla re- le possibile agli obiettivi che si posero
qui sarei più cauto — non ha sciolto
quotidiano, umile ma concreto cammi- gia di Maurizio Scaparro, narra gli ul- i fondatori nel 1947: scuotere le coi matrimoni misti tra Giudei e Cano verso il bene, e in un “di più” di vi- timi tre anni della vita terrena di Ro- scienze. La prima nazionale de Il marnanei e lasciato ripudiare i figli nati
ta, sperimentabile già su questa terra. mero, ucciso mentre celebrava la messa tirio del pastore sarà il 14 luglio.
da quelle unioni. Solo con le vioIl “centuplo” promesso dal Vangelo. il 24 marzo 1980.
Tre giorni prima, l’1 luglio, ci sarà
lenze dei Maccabei contro i loro
Ma anche, nel caso dei martiri, in un
«Le sue denunce contro la violenza, un’altra “prima” importante: Don Mazcompatrioti greci assimilati si ha a
“di più” di morte, misteriosa partecipa- le torture e le sparizioni — si legge nel zolari, un prete scomodo di e con Antoche fare con fatti storicamente reali.
zione alla Passione di Cristo, che con- comunicato stampa che presenta il car- nio Zanoletti. Il programma sarà arricIl problema però è che questa “lettiene già i segni della risurrezione e di- tellone 2016 — le sue scarpe impolvera- chito da spettacoli che hanno già riteratura” è passata attraverso un
venta occasione di speranza per tutti. te e il suo stare sempre dalla parte di scosso grande successo alla rassegna
processo di canonizzazione che le
Persino per i carnefici.
chi ha bisogno hanno fatto di lui un Teatri del Sacro, come lo scarno, esha conferito una grandissima autoIl Dramma Popolare quest’anno po- prete scomodo. Oggi per la Chiesa è senziale e commovente monologo Per
rità, cosicché i posteri, richiamando
ne al centro del cartellone la vicenda un martire, per i campesinos sudameri- obbedienza. Dell’incanto di frate Giuseptali passaggi, hanno potuto legittidi monsignor Oscar Arnulfo Romero, cani un santo da molti anni». Una pe, dedicato a san Giuseppe da Copermare i loro atti di violenza, come
l’arcivescovo salvadoregno determinato scelta carica di significati, quella della tino, interpretato da Fabrizio Pugliese.
per esempio le Crociate, il terribile
a difendere a ogni costo la sua gente Fondazione Istituto dramma popolare, (silvia guidi)
bagno di sangue per la conquista di
di MARCO VANNINI
ià nel 2003 l’allora
cardinale Joseph Ratzinger si confrontava
con le tesi di Jan Assmann, egittologo di
fama internazionale e teorico della
cultura e della religione, discutendole criticamente, ma riconoscendone anche quella importanza che appare in piena evidenza oggi, nel
momento in cui è in atto su di esse
una grossa discussione.
Molto opportuna appare perciò
la pubblicazione de Il disagio dei
monoteismi. Sentieri teorici e autobiografici, (Brescia, Morcelliana, 2016,
pagine 112, euro 11). Un’intervista
ad Assmann, curata con grande
G
Il suono del corno
L’
Omaggio a Romero
tico, che corrisponde al settimo anno di servizio degli
schiavi ebrei, allorquando possono finalmente essere liberati,
collegando il parallelismo a
Ezechiele (46, 17), laddove si
ebraici (Jewish Museum, New York,
IV-V
secolo)
fa riferimento all’anno di libertà, durante il quale le proprietà erano restituite ai legittimi
proprietari, una libertà, che
sembra associarsi al problema
della liberazione degli schiavi,
così come viene riferita in Geremia (34, 14): «Alla fine di
ogni sette anni, ognuno lascerà
andare il proprio fratello ebreo
che si sarà venduto a te; ti servirà sei anni, poi lo lascerai
andare via da te libero». Questo periodo speciale, dove,
dopo un lungo tempo, si riordinano i rapporti e si riconsegnano le proprietà, all’insegna
di una condizione di una
grande libertà veniva, dunque,
annunciato dallo jobel, dallo
squillo di tromba, dallo shofar,
il piccolo corno di montone
raffigurato nei monumenti
ebraici della diaspora, come
emblema della giustizia, della
fine delle disuguaglianze, del
perdono, della reintegrazione
del
mondo.
Specialmente
queste ultime forme di interpretazione ci accompagnano
verso quell’accezione semantica delle parole e delle opere
del Cristo, che si propone come colui che porta a compimento l’antico giubileo. Egli,
infatti, un giorno, entrò nella
sinagoga di Nazareth e, richiesto di commentare il brano relativo alla Torah, applica alla
sua missione le parole di Isaia,
proponendosi come l’inviato
che rende concreto il concetto
giubilare: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per
annunziare ai poveri un lieto
messaggio, per proclamare ai
prigionieri la liberazione e ai
ciechi la vista; per rimettere in
libertà gli oppressi, e predicare
un anno di grazia del Signore» (Luca 4, 18-19).
L’OSSERVATORE ROMANO
lunedì-martedì 25-26 aprile 2016
Don Giovanni Bosco e i suoi ragazzi
in una foto d’epoca
Una ricostruzione storica
non è mai scritta in modo definitivo
Tanto più se mancano all’appello
fonti primarie importanti
come lettere autografe e minute
Donne
della parola
di GRAZIA LOPARCO
meno di due anni dalla pubblicazione del testo precedente che riguardava le lettere
scritte nel biennio 1878-1879,
il salesiano Francesco Motto
ha dato alle stampe il VII volume
dell’Epistolario di Giovanni Bosco in edizione critica (Istituto Storico Salesiano,
Fonti, Serie prima, 14, Roma, LAS 2016,
555 pagine). Anche in questo caso il curatore pubblica le lettere di un altro intenso biennio della vita del santo piemontese (1815-1888), vale a dire quelle scritte
nel 1880 e 1881 (in ordine cronologico sono le lettere 3121-3561).
Su 441 lettere, 151 erano sconosciute sia
agli autori delle monumentali Memorie
biografiche, sia al primo curatore dell’Epistolario negli anni Cinquanta del Novecento, Eugenio Ceria. L’arricchimento si
deve alla ricerca estesa a molti archivi e
biblioteche, pubbliche e private, in Europa e America latina, sebbene i testi siano
ovviamente sempre inferiori a quelli scritti dall’autore. Le lettere reperite sono per
lo più autografe, ma anche allografe con
firma autografa,
minute. Varie
lettere inedite
indirizzate alle più alte autorità ecclesiastiche e civili,
trattando di
argomenti impor-
A
Statua lignea raffigurante don Bosco (XXI secolo)
tanti per la congregazione salesiana e il
suo fondatore, scrive Motto, offrono materiale tale «da far ritoccare, e talora riscrivere, intere pagine di biografie su don
Bosco e di saggi su di lui» (p. 5). Questa
prima considerazione fa riflettere sui motivi per cui una storia non è mai scritta
in modo definitivo, tanto più se mancano
all’appello fonti primarie. Le lettere sono
tra queste e nel caso di don Bosco sono
la fonte princeps. Di conseguenza, l’accesso alle fonti, la conoscenza e lo studio
aggiornato è un’esigenza ineludibile perché gli scritti, i saggi, le interpretazioni
che a volte si moltiplicano, come nel caso
di date celebrative (nel 2015 ricorreva il
bicentenario della nascita di Giovanni
Bosco), non poggino su basi incerte, come luoghi comuni e anacronismi, riduzionismi semplificatori o amplificatori.
Lettera dopo lettera, questione dopo
questione, interlocutore dopo interlocutore, seguendo l’autore attraverso il filo
degli scritti a inchiostro (in assenza di telefono e internet per fortuna dei posteri)
emergono i pensieri, le motivazioni, la
mentalità, i condizionamenti, le direttive
di un fondatore dell’Ottocento piemonte-
pagina 5
di LUCETTA SCARAFFIA
un piccolo libro, in apparenza
rivolto a un pubblico ristretto, e
il tema che affronta è in fondo
molto tradizionale: il commento
alle costituzioni delle domenicane, opera di san Domenico stesso. Ma in
realtà questo libro — di profonda meditazione ma che non rinuncia a un severo sguardo filologico sul documento esaminato —
segna alcuni cambiamenti importanti nel registro dei rapporti uomo-donna nella vita
religiosa.
In primo luogo, il commento a questo testo fondativo della vita religiosa claustrale
femminile domenicana è opera di una donna, di una monaca stessa, Paola Panetta
(Donne della Parola. Commento al Libro delle
Costituzioni delle monache domenicane, Napoli, Editrice Domenicana Italiana, 2016, pagine 144, euro 13). Fino a qualche decennio
fa, le monache erano solite affidare compiti
importanti di carattere intellettuale a un’autorevole figura maschile del loro ordine,
quasi a riconoscerne un ruolo di guida spirituale e intellettuale. Oggi questa forma di
dipendenza sta volgendo a termine, perché
le donne hanno scoperto di essere in grado
di fare come gli uomini, e talvolta anche
meglio di loro.
Un altro punto importante, ribadito anche nelle introduzioni al testo di esponenti
di rilievo dell’ordine domenicano (come il
priore del convento di Sant’Alberto Magno
a Irving, fratel Brian J. Pierce, oppure
Viktor Hofstetter e Timothy Radcliffe, ministro generale dal 1992 al 2001), è la riscoperta che il carisma specifico dell’ordine, la
predicazione, è rivolto anche alle monache.
È
Il settimo volume dell’Epistolario
Don Bosco feriale
se. Trattandosi di una persona pienamente identificata con la propria missione
educativa, in più con l’attitudine a coinvolgere molte persone in un’impresa ritenuta primaria per il bene dei ragazzi e
dell’intera società, le lettere attestano il
tenore delle relazioni intrattenute in un
biennio della maturità umana e religiosa.
L’osservatorio torinese postunitario, le
implicanze della politica italiana ed estera, specie francese, per la vita delle congregazioni
religiose,
la
diffusione
dell’opera salesiana a livello internazionale, soprattutto in America latina, si concentrano nel caso salesiano che è sì specifico, ma per certi versi emblematico di
quanto accadde ad altri istituti religiosi
negli stessi anni.
I destinatari delle lettere di don Bosco
sono molti, e il curatore li distingue, ne
analizza le caratteristiche, la frequenza di
contatti. Un dato prezioso di questa edizione dell’epistolario sono certamente le
note: diversi interlocutori di don Bosco
sono gli stessi per un lungo tratto di
tempo, sicché i rimandi a personaggi ed
eventi, sia all’interno dello stesso volume,
sia agli altri volumi o alla bibliografia,
permette di collegare e cogliere il senso
dei frammenti informativi e comunicativi.
Il lettore viene così introdotto con precisione, e al contempo senza pedanteria,
nelle questioni che spaziano dalle grandi
tematiche comuni alla vita particolare
delle comunità salesiane. Sia chiaro, don
Bosco non usa le lettere per esprimere
idee politiche, o per polemizzare, o per
fare lunghe esortazioni ai suoi religiosi o
benefattori. Dal suo punto di osservazione della realtà, e di azione in essa, coglie
quello che si ripercuote sulle istituzioni
religiose o quello che si può indirizzare,
con argomentazioni e dati concreti, per
continuare a fare il bene dei ragazzi specie più disagiati e trascurati. L’epistolario
può interessare molti lettori, e non solo
per quelli direttamente legati al santo per
simpatia o scelte di vita, a causa del volto pubblico dell’opera salesiana sin dagli
inizi.
Don Bosco è un fondatore del tempo
della secolarizzazione, iniziatore di
un’opera educativa a largo raggio quando erano finiti i privilegi della cristianità
e bisognava accreditarsi dinanzi alla società e alle autorità per il valore sociale
più che religioso della propria proposta.
Fermo restando che per lui e per i suoi
collaboratori la motivazione della salvezza delle persone era il motore di tutto.
L’interesse spirituale, però, essendo autentico, non alienava dalla ricerca di un
benessere anche materiale dei giovani e
di riflesso della società, pertanto non
sfuggiva le leggi, si misurava con le tortuosità amministrative cercando di trattare in modo conveniente, si confrontava
con le norme canoniche e con la visione
di Chiesa che proprio in quel biennio opponeva in un amaro conflitto il sacerdote
all’arcivescovo di Torino, Lorenzo Gastaldi, prima suo amico. Questo è un aspetto
raccontato a lungo in ambiente salesiano,
ovviamente tutto a favore di don Bosco,
e ripreso in modo semplificato nelle fiction televisive. Attraverso le lettere ad alcuni personaggi della Curia romana, incluso il Papa Leone XIII, la vicenda si
snoda nella sua concretezza, fatta di incomprensioni, di prese di posizioni a volte preconcette, di fragilità umana.
Non per nulla, questa è una delle
maggiori questioni che risaltano dal volume, con 22 lettere indirizzate a Leone
XIII, 20 al cardinale Lorenzo Nina, 10 a
don Francesco Dalmazzo procuratore salesiano a Roma. Ovviamente non è l’unico argomento trattato con le autorità vaticane, ma irrisolto. Don Bosco lamentava che questo sottraeva indebitamente a
lui e a qualche altro salesiano tempo ed
energie che dovevano invece essere messe
a servizio della missione, tuttavia la soluzione non poteva essere immediata per i
personaggi implicati nella mediazione.
Difatti nel 1881 non si conclude. Le visite
di don Bosco a Roma e le informazioni
su questo e altri temi, partite dalla città
per don Michele Rua e altri interessati,
arricchiscono il quadro.
Un altro tema di rilievo è costituito
dal pericolo di soppressione dell’opera
educativa in Francia, in conseguenza delle leggi anticongregazioniste, 1880. Il canonico Clément Guiol di Marsiglia, benefattore dei salesiani, ricevette 21 lettere
in quel biennio, 10 il direttore della casa
di Marsiglia e 9 quello di Nizza Mare. I
cambi rapidi di governo furono favorevoli alla permanenza dei religiosi, tuttavia
attraverso le lettere si segue la preoccupazione e la strategia messa a punto da don
Bosco e dai responsabili locali, in caso di
espulsione, data per imminente.
Le fondazioni salesiane in America latina, condizionate dalle situazioni locali
non meno che dai “sogni”, sono un altro
tema in cima ai pensieri di don Bosco,
difatti nel 1880 fu possibile entrare nella
desiderata Patagonia dopo cinque anni di
attesa. La problematicità del contesto e
dell’ambiente, come delle concrete possibilità per i missionari di operare tra le etnie locali è ancor oggi oggetto di dibattito storico.
Considerando il luogo di residenza dei
corrispondenti, il curatore nota che 81
lettere erano indirizzate a residenti a Roma, 66 a Torino. Per la prima volta la ca-
Leone
XIII
pitale supera Torino, per la presenza delle autorità ecclesiastiche e civili del Paese, a cui don Bosco si rivolgeva per appoggi soprattutto economici. Tra i destinatari, 136 lettere sono indirizzate a sacerdoti, di cui 92 salesiani; 88 a donne
Dal libro emerge il ritratto
di un uomo pronto alla battuta
con molti problemi di salute
E talora stanco per le tante questioni
pratiche da affrontare e risolvere
per lo più nobili (3 a religiose, di cui solo 1 a una figlia di Maria Ausiliatrice, tenendo conto che nel 1881 moriva la confondatrice, madre Mazzarello, e le succedeva Caterina Daghero); 77 ad autorità
religiose; 53 a laici per lo più benestanti;
26 a giovani, chierici, coadiutori; 24 a
ministri e uffici ministeriali, autorità locali; 6 al direttore delle ferrovie, poche altre ad altri. Non mancano le lettere a benefattori e benefattrici, poiché la diffusione delle opere implicava spese sempre al
di sopra delle disponibilità, tuttavia
nell’insieme della corrispondenza del
biennio essa ha un’incidenza minore.
In sintesi, come tematiche maggiormente ricorrenti (p. 14-27), oltre quelle
già richiamate, il curatore segnala
l’espansione e consolidamento della Società salesiana, con uno spirito sintetizzabile in questa sua frase: «Tutte le volte
che ci frappongono imbarazzi, io rispondo sempre coll’apertura di una casa. Ora
sto vedendo quale» (lett. 3232). Poi le
emergenze di carattere economico, la fiducia nella divina Provvidenza, raccomandazioni spirituali per tutti, la prima
fondazione salesiana a Roma, un lavoro
immane.
Gli indici, come sempre ben curati, sono lo
strumento fondamentale
per lo studio del volume.
La sua lettura continua
mette a contatto diretto
con il don Bosco vero,
feriale, pronto alla battuta e serio, confidente e
preoccupato, acciaccato
nella salute e talora stanco. Non è un “altro” don
Bosco, ma il don Bosco
ormai anziano che viaggia, scrive, pensa, affronta direttamente i problemi legati alle istituzioni
da lui fondate più che la
vita quotidiana tra i ragazzi nel cortile di Valdocco. Per questo sembra
di conoscere un’altra persona, dato che le rappresentazioni più comuni si
fermano allo stadio iniziale della sua opera.
Governare il consolidamento e la diffusione di
due congregazioni era
meno entusiasmante, ma
coltivava il terreno per
creare radici solide.
Beato Angelico, «Cristo deriso», (1438-1440, convento di San
Marco a Firenze, frammento raffigurante san Domenico)
«La monaca domenicana non dovrebbe mai
votarsi al silenzio, perché un tale voto sarebbe in contrasto con il cuore e la missione dell’ordine dei predicatori» scrive Pierce.
E Hofstetter ricorda come le costituzioni
domenicane — le più democratiche di tutta
la Chiesa — «sono identiche nelle parti essenziali» per frati e per suore. Per entrambi
infatti Domenico stesso è nominato e offerto come esempio da imitare.
Radcliffe inoltre sottolinea come «le costituzioni dei frati e delle monache sono in
costante evoluzione». In futuro questa evoluzione potrebbe arrivare anche a modificare la struttura di direzione dell’ordine, che
invece non tiene conto in alcun modo della
parità fra i sessi. Le monache domenicane,
infatti, dipendono dal ministro generale
dell’ordine, che però è stato eletto soltanto
dai frati (nessuna monaca vota al capitolo
generale per la sua elezione). Ed è legittimo
attendersi sviluppi nuovi.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
lunedì-martedì 25-26 aprile 2016
Udienza
alla fraternità cattolica
carismatica
L’esortazione «Amoris laetitia»
Sulle nostre ferite
di ANDREANA BASSANETTI
Amatissimo Papa Francesco, con il
cuore colmo di commozione e profonda gratitudine per il dono prezioso dell’esortazione Amoris laetitia,
desidero farmi portavoce delle tan-
Figli in cielo
Pubblichiamo una riflessione
sull’esortazione apostolica Amoris
laetitia scritta, in forma di lettera
indirizzata a Papa Francesco,
dalla fondatrice di Figli in cielo,
comunità che dal 1991 si occupa
del sostegno e del reciproco
accompagnamento nel cammino
cristiano delle famiglie che hanno
vissuto la perdita di un figlio o
di una persona cara.
tissime famiglie visitate dal lutto, incontrate dalla nostra comunità Figli
in cielo in questi venticinque anni di
cammino nella Chiesa, per esprimerle il nostro più grande e sincero:
grazie.
Mamme, papà, sorelle, fratelli, vedove, vedovi, fidanzate, fidanzati,
nonni, parenti, amici. Tutti accomunati dalla stessa esperienza di dolore. Desiderosi della stessa consolazione. Tutti abbiamo sentito che la
Chiesa non ci ha abbandonati. No-
nostante i fermenti e le inquietudini
per tematiche familiari impellenti e
urgenti, lei, Santo Padre, non ci ha
lasciati soli. Ci ha consolati. Per
questo le siamo tutti molto molto
grati.
Come un buon padre premuroso,
ricco di tenerezza e di misericordia,
ha ascoltato il lamento di chi ha
perso un figlio, l’angoscia di chi ha
lasciato una persona amata. In disparte, si è seduto con noi, nel nostro dramma, ha pianto con noi. Si
è chinato sulle nostre ferite. Ha proteso la sua mano ferma e sicura, per
invitarci a uscire dal tunnel buio
della morte, a risalire dall’abisso in
cui il dolore ci trattiene.
Ben consapevoli che la nostra è
solo una prima lettura di contenuti
densi e ricchi, da approfondire con
calma, con le famiglie che vivono
l’esperienza del lutto, con i pastori
della Chiesa, sacerdoti e vescovi, che
ci affiancano sin dalle origini nel
nostro percorso, abbiamo cercato
comunque di inoltrarci nel sesto capitolo, nella parte titolata «Quando
la morte pianta il suo pungiglione».
Abbiamo sentito una prossimità,
stretta, partecipe, che cresceva di parola in parola, già vissuta all’udienza
generale del 17 giugno 2015, interamente dedicata al lutto in famiglia,
alla quale ho avuto la gioia di partecipare, a cui è seguito un breve ma
intenso colloquio con vostra Santità,
l’intensa preghiera che recitava a occhi chiusi mentre teneva la sua destra sul mio capo. È stata la prima
volta che un Papa ha svolto un’inte-
ra catechesi sul lutto. Tutte le famiglie, in particolare i genitori che
perdono un figlio, il dolore più
grande, le sono infinitamente grate.
Nella stesura del testo abbiamo riconosciuto le nostre comuni esperienze, gli argomenti che in genere
trattiamo, i linguaggi familiari, le
espressioni abituali, proprio quelle
che usiamo nei nostri incontri, nelle
condivisioni che facciamo. E questo
ce lo ha fatto sentire ancora più vicino, ancora più nostro.
Espressioni di una Chiesa veramente madre. Viva, palpitante, accogliente, rassicurante, avvolgente.
Proprio perché è viva e ama, dà voce ai propri figli, è capace di ogni
comprensione, delicatezza, dolcezza,
consolazione. Li aiuta ad avere uno
sguardo più ampio di sé e del proprio caro, a scoprire la propria chiamata, la ricchezza che il Padre ha
preparato per loro, a trovare la propria missione, proprio attraverso il
lutto, proprio grazie al lutto. Li
mette «sul moggio» come potenziali
evangelizzatori, riflesso dell’amore
del Padre che li ha eletti testimoni
autentici e credibili di risurrezione.
Grazie alle parole di Amoris laetitia sentiremo d’ora innanzi, Santo
Padre, la sua stessa voce umile e discreta al nostro fianco, confortarci e
accompagnarci, fino a quando lo
Spirito non riuscirà a farci ardere il
cuore nel petto. Fino a quando tutti
gli afflitti saranno consolati e la loro
afflizione si cambierà in gioia.
Quando vivremo in pienezza la
gioia dell’amore.
Come il patriarcato di Gerusalemme dei Latini aiuta le famiglie dei migranti
Oasi anche per i più piccoli
GERUSALEMME, 25. Per consentire anche ai bimbi minori di 3
anni, figli di rifugiati e richiedenti asilo, di essere accuditi in
modo adeguato mentre i loro
genitori sono al lavoro, la pastorale dei migranti di Gerusalemme dei Latini e il vicariato patriarcale per i fedeli cattolici di
espressione ebraica hanno avviato un programma di accoglienza. Nello Stato israeliano i figli
nuti in condizioni igieniche
spesso disastrose (nel 2015 addirittura cinque piccoli sono morti
in uno di questi cosidetti garages
pour enfants).
Grazie alla pastorale dei migranti, a Gerusalemme è stato
istituito un asilo nido sul modello classico che ospita ventidue
piccoli. A Tel Aviv l’ampiezza
della domanda ha spinto padre
David Neuhaus, vicario patriar-
due appartamenti cinquantadue
bimbi di nazionalità eritrea, filippina, sudanese, indiana e srilankese. Vengono assistiti quotidianamente, dalle 7 alle 18, da
donne migranti, ciascuna delle
quali è responsabile di sei piccoli. Due bambini autistici e un altro affetto da sindrome di Down
ricevono un’attenzione particolare. Due nuovi appartamenti consentiranno presto di accogliere
altri dodici bambini.
Questo progetto si fa carico
non solo dell’assistenza ai bambini ma permette anche alle baby sitter di ricevere un compenso economico e a volte di poter
essere ospitate.
L’insieme degli asili nido è supervisionato da una suora srilankese, coadiuvata da un’assistente
sociale del servizio per la pastorale dei migranti.
Fino a quando chi ha la morte nel
cuore potrà rinascere dall’alto, sostenuto e nutrito da quell’Amore che fa
nuova ogni cosa, e che ci attira a sé
in quell’abbraccio eterno in cui, già
qui, possiamo «amare la persona
reale che ora si trova nell’aldilà».
Quell’Amore che, solo, può condurci a «un incontro differente» perché
ci rende capaci «di ascoltare senza
suoni e di vedere nell’invisibile» (n.
255).
Ancora grazie, grazie infinite,
Santo Padre. Un abbraccio filiale,
ideale, devoto di tutte le famiglie
chiamate a questo particolare cammino. Le vogliamo un mondo di bene e le assicuriamo la nostra costante preghiera.
Beatificato Valentín Palencia Marquina
Ai detenuti di Velletri
Martire perché sacerdote
Agli occhi di Dio
gli errori
non contano
«Ucciso perché era sacerdote». È
questa la vera ragione del martirio
di don Valentín Palencia Marquina
(1871-1937), assassinato insieme a
quattro giovani laici — Donato Rodríguez García, Germán García
García, Zacarías Cuesta Campo,
Emilio Huidobro Corrales — la cui
unica colpa è stata quella di voler
difendere la fede e condividere la
sorte del loro padre, maestro e amico. È stato il cardinale Angelo
Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, a ricordare
la vicenda dei cinque martiri, in occasione della loro beatificazione. Il
rito, presieduto dal porporato in
rappresentanza di Papa Francesco,
si è svolto sabato mattina, 23 aprile,
nella cattedrale di Burgos, in Spagna.
«Consapevoli del pericolo imminente, i martiri, prima del massacro
— ha raccontato il cardinale — avevano pregato molto, per prepararsi
alla morte con un atteggiamento
mite e perdonante. Nessun atto di
ribellione». Poi ha riferito un particolare sugli ultimi momenti di vita
di don Valentín: riuscì anche a conservare nel taschino un’ostia consacrata, come viatico per l’incontro
con il Signore.
Nella lettera apostolica per la
beatificazione — ha sottolineato il
porporato — Papa Francesco chiama
i cinque martiri «testimoni eroici
del Vangelo». Infatti, come la patria
«ha bisogno di imprese gloriose,
per difendere la libertà, l’indipendenza e la pace sociale dei suoi cittadini», così la Chiesa ha bisogno
«di figli valorosi e arditi per mantenere nella famiglia umana l’accoglienza, il rispetto e la carità frater-
Lutti nell’episcopato
Monsignor Paul Hisao Yasuda, arcivescovo emerito di Osaka, in
Giappone, è morto sabato 23 aprile. Nato il 20 dicembre 1921 a Kurume, nella diocesi di Fukuoka, aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 21 maggio 1955. Eletto vescovo titolare di Tucci e nominato ausiliare di Osaka, aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il 21 marzo
1970. Quindi il 15 novembre 1978 era divenuto arcivescovo di Osaka.
E il 10 maggio 1997 aveva rinunciato al governo pastorale dell’arcidiocesi. Le esequie saranno celebrate martedì 26 aprile nella cattedrale di Osaka.
dei rifugiati possono frequentare
le scuole pubbliche ma non esistono strutture in grado di accogliere i bambini di età inferiore
ai 3 anni. Questa mancanza — si
legge nel sito in rete del patriarcato di Gerusalemme dei Latini
— ha originato in questi anni il
moltiplicarsi di asili nido improvvisati, piccoli appartamenti
dove decine di bambini sono te-
cale per i fedeli cattolici di
espressione ebraica, a studiare
un più articolato sistema di accoglienza. In collaborazione con
un’organizzazione non governativa attiva nel settore, il centro
Notre-Dame de Valeur (aperto
nel febbraio 2014 a sud di Tel
Aviv e vera e propria oasi per i
migranti) si è adattato per ospitare nella casa Saint Joseph e in
Nella mattina di lunedì 25 aprile il Papa ha ricevuto una delegazione della
Catholic Fraternity of Charismatic Covenant Communities and Fellowships, l’associazione internazionale di fedeli di diritto pontificio che raggruppa numerose comunità carismatiche cattoliche di tutto il mondo.
Monsignor John Steven Sattherthwaite, vescovo emerito di Lismore, in Australia, è morto nella mattina di sabato 23 aprile, all’Emmaus age care di Port Macquaire, nello Stato di New South Wales.
Nato a Sydney l’11 agosto 1928, aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 16 marzo 1957. Eletto alla Chiesa titolare di Tignica il 6 marzo
1969 e nominato vescovo coadiutore di Lismore, aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il 1° maggio successivo. Quindi il 1º settembre
1971 era divenuto vescovo di Lismore succedendo per coadiuzione. E
il 1º dicembre 2001 aveva rinunciato al governo pastorale della diocesi. Le esequie saranno celebrare lunedì 2 maggio nella cattedrale di
Lismore.
na». Questo è il messaggio che scaturisce dalla beatificazione di questi
cinque spagnoli vittime della guerra
civile.
«La glorificazione dei martiri —
ha sottolineato il prefetto — è una
buona notizia per tutti. Essi hanno
seminato amore, non odio». In effetti, hanno praticato «la carità verso tutti, soprattutto verso i bisognosi. Hanno trasmesso il calore della
presenza di Dio anche nel cuore di
coloro che li uccidevano». Per questo, la loro bontà «lenisce le ferite e
risana i cuori, guarendoli dai mali
dell’odio e della divisione». In questo senso, i martiri «rendono più
bella e abitabile la casa dell’uomo,
invitando a non ripetere il passato
oscuro e sanguinoso, ma a costruire
e vivere un presente luminoso e fraterno».
D’altronde, ha ricordato il cardinale, il Vangelo è «il libro della
bontà e della liberazione dell’uomo
da ogni male». Infatti, i gesti di
Gesù «sono azioni di liberazione
dal male». Per questo i martiri
«all’arroganza
rispondono
con
l’umiltà, all’egoismo con la generosità, alla vendetta col perdono, ai
pensieri di morte con pensieri e gesti di vita». In questo modo essi sono «portatori di misericordia divina, che placa la violenza con la mitezza che genera concordia».
Ancora oggi, ha fatto notare il
porporato, i martiri «sono gli agnelli che vincono i lupi. È questa la rivelazione dell’amore cristiano». Ed
è proprio per questo che l’umanità
ha quanto mai bisogno oggi di questo «straordinario spettacolo di fraternità, di gioia, di rispetto, di accoglienza».
Il cardinale ha poi citato le parole di Paul Bhatti, pakistano cattolico, fratello di Shabhaz Bhatti, ucciso a Islamabad il 2 marzo 2011 perché cristiano: «Noi cristiani del Pakistan — ha affermato — non lasceremo che le prove e le difficoltà rubino la speranza che è fondata
sull’amore di Gesù e sulla fede dei
martiri, ma continueremo a testimoniare il Vangelo della mitezza, del
dialogo, dell’amore». È questa la fede cristiana, ha aggiunto, «e per
questa fede noi vogliamo vivere e,
se necessario, anche morire come
mio fratello Shabhaz».
«Non lasciatevi rinchiudere nel
passato, anzi trasformatelo in
cammino di crescita, di fede e di
carità». Lo scrive il Papa in una
lettera ai detenuti del carcere di
Velletri che gli avevano inviato
un messaggio tramite il vescovo
di Albano, monsignor Marcello
Semeraro. «Voi vivete un’esperienza nella quale il tempo sembra si sia fermato» afferma il
Pontefice, aggiungendo che «la
vera misura del tempo non è
quella dell’orologio» ma è la speranza. «Siate certi sempre che
Dio ci ama personalmente» assicura: per lui «non ha importanza
che cosa siete stati, gli errori che
avete commesso, le persone che
abbiamo ferito». Per questo, conclude, «aprite la porta del vostro
cuore a Cristo e sarà Cristo a capovolgere la vostra situazione».
Veglia di preghiera
In ricordo
del Metz Yegern
Con il pensiero e la preghiera rivolti al viaggio che il Papa compirà in Armenia dal 24 al 26 giugno, il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione
per le Chiese orientali, ha presieduto, il 23 aprile nella chiesa romana di San Nicola da Tolentino, una veglia per l’anniversario
del Metz Yegern. «Il male in se
stesso — ha detto — non va ricordato né celebrato, mentre deve
esserlo la vita che nonostante i
travagli e le sofferenze ha continuato a esserci donata da Dio».
Ma va lodata anche la luce che
«ha continuato a brillare e sostenere i cuori dei nostri fratelli e
sorelle, martiri di un secolo fa»,
come pure quelli che anche oggi,
in Medio oriente, patiscono «sofferenza e persecuzione».
L’OSSERVATORE ROMANO
lunedì-martedì 25-26 aprile 2016
pagina 7
Papa Francesco in visita al Villaggio per la terra
Assumere i conflitti
Visita a sorpresa di Papa Francesco alla Mariapoli di
Roma, che quest’anno si svolge nell’ambito del Villaggio per
la terra, la manifestazione organizzata a Villa Borghese da
Earth Day Italia e dal movimento dei Focolari.
Accompagnato dall’arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della
Segreteria di Stato, il Pontefice è giunto intorno alle 17 di
domenica 24 aprile ed è stato accolto, tra gli altri,
dall’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio
Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, e
da Maria Voce e Jesús Morán, rispettivamente presidente e
Sentendovi parlare, mi sono venute
alla mente due immagini: il deserto
e la foresta. Ho pensato: questa gente, tutti voi, prendono il deserto per
trasformarlo in foresta. Vanno dove
c’è il deserto, dove non c’è speranza,
e fanno cose che fanno diventare foresta questo deserto. La foresta è
piena di alberi, è piena di verde, ma
troppo disordinata... ma così è la vita! E passare dal deserto alla foresta
è un bel lavoro che voi fate. Voi trasformate deserti in foreste! E poi si
vedrà come si possono regolare certe
cose della foresta... Ma lì c’è vita,
qui no: nel deserto c’è morte.
Tanti deserti nelle città, tanti deserti nella vita delle persone che non
hanno futuro, perché sempre c’è — e
sottolineo una parola detta qui —
sempre ci sono i pregiudizi, le paure.
E questa gente deve vivere e morire
nel deserto, nella città. Voi fate il
miracolo con il vostro lavoro di cambiare il deserto in foreste: andate
avanti così. Ma com’è il vostro piano
di lavoro? Non so... Noi ci avviciniamo e vediamo cosa possiamo fare. E
copresidente dei Focolari. A dargli il benvenuto si sono
alternati Donato Falmi e Antonia Testa, responsabili del
movimento a Roma, Pierluigi Sassi, presidente di Earth
Day Italia, e alcuni dei presenti. Francesco ha ascoltato
testimonianze sul valore della solidarietà verso i più poveri, i
detenuti, e sulla lotta al gioco d’azzardo. Poi ha ricevuto da
un ragazzo il “dado della terra”, un cubo che, come un
gioco, insegna alcuni principi da vivere per la difesa del
creato. Di seguito il discorso pronunciato a braccio dal
Pontefice.
questa è vita! Perché la vita la si deve prendere come viene. È come il
portiere nel calcio: prendere il pallone da dove lo buttano... viene di
qua, di là... Ma non bisogna avere
paura della vita, non avere paura dei
conflitti. Una volta qualcuno mi ha
detto — non so se è vero, se qualcuno vuole può verificare, io non ho
verificato — che le parola conflitto
nella lingua cinese è fatta da due segni: un segno che dice “rischio”, e
un altro segno che dice “opportunità”. Il conflitto, è vero, è un rischio
ma è anche una opportunità.
Il conflitto possiamo prenderlo
come una cosa da cui allontanarsi:
“No, lì c’è un conflitto, io sto lontano”. Noi cristiani conosciamo bene
cosa ha fatto il levita, cosa ha fatto il
sacerdote, con il povero uomo caduto sulla strada. Hanno fatto una
strada per non vedere, per non avvicinarsi (cfr. Lc 10, 30-37). Chi non rischia, mai si può avvicinare alla realtà: per conoscere la realtà, ma anche
per conoscerla col cuore, è necessa-
Il cardinale Woelki
inviato papale in Lussemburgo
Com’è noto, lo scorso 10 marzo è
stata pubblicata la nomina del
cardinale Rainer Maria Woelki,
arcivescovo di Köln, a inviato speciale
del Papa alla celebrazione conclusiva
dell’Ottava di Nostra Signora
consolatrice degli afflitti, nel
trecentocinquantesimo anniversario
dell’elezione a patrona della città di
Lussemburgo, in programma il
prossimo 1° maggio. La missione
pontificia che accompagnerà il
porporato sarà composta da
monsignor Théophile Walin, canonico
onorario, e da don Tom Kerger,
vicario episcopale per il processo
sinodale. Di seguito la lettera papale
di nomina.
Venerabili Fratri Nostro
RAINERIO MARIAE
Cardinali WOELKI
Archiepiscopo Metropolitae
Coloniensi
S.R.E.
Maternitatis officium Mariae concreditum Populum Dei impellit ut
filiorum more fidenter ad eam confugiat quae promptam semper paratamque se praebet ad eius preces
materno amore exaudiendas et ad
ei succurrendum auxilio efficaci.
Etenim christifideles eam invocare
consueverunt ut «Consolatricem afflictorum» ad impetrandum in aerumnis solacium, in aegritudine levamen in morbisque salutem. Insuper ipsa, a peccatorum labe prorsus
libera, christifideles continenter
adiuvat ut peccatum firmo proposito devincant.
Non igitur sine quadam providentia accidit quod, ipso Iubilari
Anno quo misericordia Domini
studiosius annuntiatur, trecentesimus et quinquagesimus dies anniversarius electionis Mariae Consolatricis afflictorum tamquam Patronae Luxemburgi commemoratur,
quippe quae magna imbuat nos
spe salute perfruendi necnon venia
utendi. Ideo incolae Luxemburgenses rite oculos suos attollent ad
Consolatricem afflictorum sollemni
convenienti die Sancti Ioseph, scilicet Kalendis Maiis, cum, gratum
de beneficiis tria et dimidia saecula
acceptis animum ostendentes, finem octavae Marianae faciant.
Magno igitur gaudio pro eorum
parte affecti, volumus enixas populo Luxemburgensi depromere Nostras gratulationes cum hanc opportunitatem habuerint in divina
gratia proficiendi. Enimvero Venerabilis Frater Ioannes Claudius
Hollerich, SI, Archiepiscopus Luxemburgensis, postulavit ut quendam insignem Praelatum designaremus qui, die ipso I mensis Maii
insequentis, verba adhortationis
omnibus huic iucundo eventui adstantibus afferat. Iustam hanc rogationem iudicantes eique adnuere
volentes, ad Te, Venerabilis Frater
Noster, decurrimus, quippe qui insigne servitium in bonum Ecclesiae
tamquam Archiepiscopus Metropolita Coloniensis ac Pater Purpuratus offeras. Te igitur hisce Litteris
Missum Extraordinarium Nostrum
nominamus ad sollemnes celebrationes finis octavae Mariae Consolatrici afflictorum in urbe Luxemburgensi dicatae. Omnes porro
huius eventus participes adhortaberis ut, animis cum sanctissimi misericordiarum Domini animo coniunctis, universorum donorum ex intercessione Beatissimae Virginis
Mariae a Deo Patre impetratorum
plene sint conscii eaque ceteris impertiantur. Archiepiscopum Luxemburgensem aliosque adstantes
sacros Praesules, sacerdotes, religiosos viros mulieresque et christifideles laicos Nostro salutabis nomine
Nostramque iis ostendes benevolentiam.
Instanti denique prece omnipotentem Deum exoramus ut diligenter officium tibi concreditum
expleas, ita ut omnes hanc celebrationem participantes uberibus gratiis a Domino ditentur. Caelestium
verum donorum conciliatrix et
nuntia esto Nostra Benedictio Apostolica, quam tibi, Venerabilis Frater Noster, libenter in Domino impertimus, quam item ad omnes illic
congregatos volumus pertinere.
Datum Romae, apud Sanctum
Petrum, die XVIII mensis Aprilis,
anno MMXVI, Iubilaeo
Misericordiae, Pontificatus Nostri
quarto.
rio avvicinarsi. E avvicinarsi è un rischio, ma anche un’opportunità: per
me e per la persona alla quale mi
avvicino. Per me e per la comunità
alla quale mi avvicino. Penso alle testimonianze che avete dato, per
esempio nel carcere, con tutto il vostro lavoro. Il conflitto: mai, mai,
mai girarsi per non vedere il conflitto. I conflitti si devono assumere, i
mali si devono assumere per risolverli.
Il deserto è brutto, sia quello che
è nel cuore di tutti noi, sia quello
che è nella città, nelle periferie, è
una cosa brutta. Anche il deserto
che c’è nei quartieri protetti... È
brutto, lì anche c’è il deserto. Ma
non dobbiamo avere paura di andare
nel deserto per trasformarlo in foresta; c’è vita esuberante, e si può andare ad asciugare tante lacrime perché tutti possano sorridere.
Mi fa pensare tanto quel salmo
del popolo d’Israele, quando era in
prigionia in Babilonia, e dicevano:
“Non possiamo cantare i nostri canti, perché siamo in terra straniera”.
Avevano gli strumenti, lì con sé, ma
non avevano gioia perché erano
ostaggi in terra straniera. Ma quando sono stati liberati, dice il Salmo,
“non potevamo crederci, la nostra
bocca si è riempita di sorriso” (cfr.
Sal 137). E così in questo transito dal
deserto alla foresta, alla vita, c’è il
sorriso.
Vi dò un compito da fare “a casa”: guardate un giorno la faccia delle persone quando andate per la
strada: sono preoccupati, ognuno è
chiuso in sé stesso, manca il sorriso,
manca la tenerezza, in altre parole
l’amicizia sociale, ci manca questa
amicizia sociale. Dove non c’è l’amicizia sociale sempre c’è l’odio, la
guerra. Noi stiamo vivendo una “terza guerra mondiale a pezzi”, dappertutto. Guardate la carta geografica del mondo e vedrete questo. Invece l’amicizia sociale, tante volte si
deve fare con il perdono — la prima
parola — col perdono. Tante volte si
fa con l’avvicinarsi: io mi avvicino a
quel problema, a quel conflitto, a
quella difficoltà, come abbiamo sentito che fanno questi ragazzi e ragazze coraggiosi nei posti dove si gioca
d’azzardo e tanta gente perde tutto
lì, tutto, tutto. A Buenos Aires ho
visto donne anziane che andavano in
banca a prendere la pensione e poi
subito al casinò, subito! Avvicinarsi
al posto del conflitto. E questi [ragazzi] vanno, si avvicinano. Avvicinarsi...
E c’è anche un’altra cosa che ha a
che fare col gioco, con lo sport e anche con l’arte: è la gratuità. L’amicizia sociale si fa nella gratuità, e questa saggezza della gratuità si impara,
si impara: col gioco, con lo sport,
con l’arte, con la gioia di stare insieme, con l’avvicinarsi... È una parola,
gratuità, da non dimenticare in questo mondo, dove sembra che se tu
non paghi non puoi vivere, dove la
persona, l’uomo e la donna, che Dio
ha creato proprio al centro del mondo, per essere pure al centro
dell’economia, sono stati cacciati via
e al centro abbiamo un bel dio, il
dio denaro. Oggi al centro del mondo c’è il dio denaro e quelli che possono avvicinarsi ad adorare questo
dio si avvicinano, e quelli che non
possono finiscono nella fame, nelle
malattie, nello sfruttamento... Pensate allo sfruttamento dei bambini, dei
giovani.
Gratuità: è la parola-chiave. Gratuità che fa sì che io dia la mia vita
così com’è, per andare con gli altri e
fare che questo deserto diventi foresta. Gratuità, questa è una cosa bella!
E perdono, anche, perdonare. Perché, col perdono, il rancore, il risentimento si allontana. E poi costruire
sempre, non distruggere, costruire.
Ecco, queste sono le cose che mi
vengono in mente. E come si fa questo? Semplicemente nella consapevolezza che tutti abbiamo qualcosa in
comune, tutti siamo umani. E in
questa umanità ci avviciniamo per
lavorare insieme. “Ma io sono di
questa religione, di quella...” Non
importa! Avanti tutti per lavorare insieme. Rispettarsi, rispettarsi! E così
vedremo questo miracolo: il miracolo di un deserto che diventa foresta.
Grazie tante per tutto quello che
fate! Grazie.
Per il giubileo dei ragazzi il Pontefice si è unito a centocinquanta confessori in piazza San Pietro
Misericordia in rete
A Roma da tutto il mondo a Roma per incontrare il volto misericordioso del Padre: lo spirito del giubileo dei ragazzi si è reso visibile già
dalla mattina di sabato 23 aprile, quando il Papa in piazza San Pietro si è unito ai centocinquanta sacerdoti che per tutto il giorno hanno
confessato gli adolescenti — circa settantamila
in totale — arrivati per celebrare le giornate
giubilari. Francesco è giunto in piazza intorno
alle 11.30 con la stola viola al collo e, nella sorpresa generale, ha preso posto su una sedia vicino al colonnato, fermandosi a confessare per
circa un’ora. In tutto sono stati sedici i ragazzi
che hanno ricevuto i consigli e l’assoluzione
del Pontefice.
La giornata del Papa era cominciata con un
momento di festa a Casa Santa Marta, dove
aveva ricevuto per il suo onomastico una grande torta decorata con l’immagine di san Giorgio che affronta il drago. Francesco si è poi dedicato al giubileo dei ragazzi e, prima di andare in piazza a confessare, si è fermato nell’auletta dell’aula Paolo VI per salutare gli artisti e
i testimoni che la sera hanno animato il grande
concerto organizzato per l’occasione allo stadio
Olimpico. «È stato un incontro informale —
racconta l’arcivescovo Rino Fisichella — nel
quale il Pontefice ha voluto ringraziare i beniamini degli adolescenti e ricordare quanto possono fare nel dare ai ragazzi una visione positiva della vita». Era presente, tra gli altri, anche
Gianfranco Rosi, regista del docufilm Fuocoammare. E il Papa ha colto l’occasione per collegare la sua prima visita pastorale a Lampedusa
con quella recente a Lesbo e ha invitato le persone presenti a tener vivo nell’opinione pubblica il valore di una società senza confini.
Al termine, Francesco si è fermato per qualche foto ricordo: naturalmente i selfie scattati
con i cantanti sono subito diventati virali nella
rete di internet. E in rete, per raggiungere i più
giovani con il linguaggio da loro usato, il Papa
ha poco dopo lanciato un tweet: «Cari ragazzi
e ragazze, i vostri nomi sono scritti nel cielo,
nel cuore misericordioso del Padre. Siate coraggiosi, controcorrente!».
Agli adolescenti radunati allo stadio Olimpico di Roma il Papa ricorda che senza Gesù la vita non ha senso
Quando non c’è campo
Di seguito il testo del videomessaggio rivolto da
Papa Francesco alle migliaia di giovani che
sabato sera, 23 aprile, si sono riuniti allo
stadio Olimpico di Roma per la grande festa
all’insegna della musica e delle testimonianze
nell’ambito del giubileo dei ragazzi.
Care ragazze e ragazzi, buonasera!
Siete raccolti per un momento di festa e di
gioia. Non sono riuscito a venire e mi dispiace. E ho deciso di salutarvi con questo
video. Mi sarebbe piaciuto tanto poter venire allo Stadio, ma non sono riuscito a farlo...
Vi ringrazio per aver accolto l’invito a venire a celebrare il Giubileo qui, a Roma.
Questa mattina avete trasformato la Piazza
San Pietro in un grande confessionale e poi
avete attraversato la Porta Santa. Non dimenticate che la Porta indica l’incontro con
Cristo, che ci introduce all’amore del Padre
e ci chiede di diventare misericordiosi, come
Lui è misericordioso.
Domani, poi, celebreremo insieme la
Messa. Era giusto che ci fosse anche uno
spazio per stare insieme con gioia e ascoltare alcune testimonianze importanti, che vi
possono aiutare a crescere nella fede e nella
vita.
So che avete una bandana con scritte le
Opere di misericordia corporale: mettete in
testa queste opere, perché sono lo
stile di vita cristiana. Come sapete le Opere di misericordia sono
gesti semplici, che appartengono
alla vita di tutti i giorni, permettendo di riconoscere il Volto di
Gesù nel volto di tante persone.
Anche giovani! Anche giovani come voi, che hanno fame, sete; che
sono profughi o forestieri o ammalati e richiedono il nostro aiuto, la nostra amicizia.
Essere misericordiosi vuol dire
anche essere capaci di perdono. E
questo non è facile! Può succedere che, a volte, in famiglia, a
scuola, in parrocchia, in palestra
o nei luoghi di divertimento qualcuno ci possa fare dei torti e ci sentiamo offesi; oppure in qualche momento di nervosismo possiamo essere noi ad offendere gli altri. Non rimaniamo con il rancore o il desiderio di vendetta! Non serve a nulla: è un
tarlo che ci mangia l’anima e non ci permette di essere felici. Perdoniamo! Perdoniamo
e dimentichiamo il torto ricevuto, così possiamo comprendere l’insegnamento di Gesù
ed essere suoi discepoli e testimoni di misericordia.
Ragazzi, quante volte mi capita di dover
telefonare a degli amici, però succede che
non riesco a mettermi in contatto perché
non c’è campo. Sono certo che capita anche
a voi, che il cellulare in alcuni posti non
prenda... Bene, ricordate che se nella vostra
vita non c’è Gesù è come se non ci fosse
campo! Non si riesce a parlare e ci si rinchiude in se stessi. Mettiamoci sempre dove
si prende! La famiglia, la parrocchia, la
scuola, perché in questo mondo avremo
sempre qualcosa da dire di buono e di vero.
Adesso vi saluto tutti, vi auguro di vivere
con gioia questo momento e vi aspetto tutti
domani in Piazza San Pietro. Ciao!
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
lunedì-martedì 25-26 aprile 2016
tutta la vita; è l’impegno quotidiano di chi
sa realizzare grandi sogni! Ah, guai ai giovani che non sanno sognare, che non osano sognare! Se un giovane, alla vostra età,
non è capace di sognare, già se n’è andato
in pensione, non serve. L’amore si nutre
di fiducia, di rispetto, di perdono. L’amore non si realizza perché ne parliamo, ma
quando lo viviamo: non è una dolce poesia da studiare a memoria, ma una scelta
di vita da mettere in pratica! Come possiamo crescere nell’amore? Il segreto è ancora il Signore: Gesù ci dà Sé stesso nella
Messa, ci offre il perdono e la pace nella
Confessione. Lì impariamo ad accogliere il
suo Amore, a farlo nostro, a rimetterlo in
circolo nel mondo. E quando amare sembra pesante, quando è difficile dire di no
a quello che è sbagliato, guardate la croce
di Gesù, abbracciatela e non lasciate la
sua mano, che vi conduce verso l’alto e vi
risolleva quando cadete. Nella vita sempre
si cade, perché siamo peccatori, siamo deboli. Ma c’è la mano di Gesù che ci risolleva, che ci rialza. Gesù ci vuole in piedi!
Quella parola bella che Gesù diceva ai paralitici: “Alzati!”. Dio ci ha creati per essere in piedi. C’è una bella canzone che
cantano gli alpini quando salgono su. La
canzone dice così: “Nell’arte di salire,
l’importante non è non cadere, ma non rimanere caduto!”. Avere il coraggio di alzarsi, di lasciarci alzare dalla mano di Gesù. E questa mano tante volte viene dalla
mano di un amico, dalla mano dei genitori, dalla mano di quelli che ci accompagnano nella vita. Anche Gesù stesso è lì.
Alzatevi! Dio vi vuole in piedi, sempre in
piedi!
So che siete capaci di gesti di grande
amicizia e bontà. Siete chiamati a costruire così il futuro: insieme agli altri e per gli
altri, mai contro qualcun altro! Non si costruisce “contro”: questo si chiama distruzione. Farete cose meravigliose se vi preparate bene già da ora, vivendo pienamente questa vostra età così ricca di doni, e
senza aver paura della fatica. Fate come i
campioni sportivi, che raggiungono alti
traguardi allenandosi con umiltà e duramente ogni giorno. Il vostro programma
quotidiano siano le opere di misericordia:
allenatevi con entusiasmo in esse per diventare campioni di vita, campioni di amore!
Così sarete riconosciuti come discepoli di
Gesù. Così avrete la carta d’identità di cristiani. E vi assicuro: la vostra gioia sarà
piena.
«La vostra felicità non ha prezzo e non si
commercia; non è una “app” che si scarica
sul telefonino»: lo ha ricordato il Papa alle
decine di migliaia di ragazzi riuniti in piazza
San Pietro domenica mattina, 24 aprile, per
la celebrazione eucaristica giubilare.
«Da questo tutti sapranno che siete miei
discepoli, se avete amore gli uni per gli altri»
(Gv 13, 35).
Cari ragazzi e ragazze, che grande responsabilità ci affida oggi il Signore! Ci dice
che la gente riconoscerà i discepoli di Gesù da come si amano tra di loro. L’amore,
in altre parole, è la carta d’identità del cristiano, è l’unico “documento” valido per
essere riconosciuti discepoli di Gesù.
L’unico documento valido. Se questo documento scade e non si rinnova continuamente, non siamo più testimoni del Maestro. Allora vi chiedo: volete accogliere
l’invito di Gesù a essere suoi discepoli?
Volete essere suoi amici fedeli? Il vero
amico di Gesù si distingue essenzialmente
per l’amore concreto; non l’amore “nelle nuvole”, no, l’amore concreto che risplende
nella sua vita. L’amore è sempre concreto.
Chi non è concreto e parla dell’amore fa
una telenovela, un teleromanzo. Volete vivere questo amore che Lui ci dona? Volete
o non volete? Cerchiamo allora di metterci
alla sua scuola, che è una scuola di vita
per imparare ad amare. E questo è un lavoro di tutti i giorni: imparare ad amare.
Anzitutto, amare è bello, è la via per essere felici. Però non è facile, è impegnativo, costa fatica. Pensiamo, ad esempio, a
quando riceviamo un regalo: questo ci
rende felici, ma per preparare quel regalo
delle persone generose hanno dedicato
tempo e impegno, e così, regalandoci
qualcosa, ci hanno donato anche un po’
di loro stesse, qualcosa di cui hanno saputo privarsi. Pensiamo anche al dono che i
vostri genitori e animatori vi hanno fatto,
permettendovi di venire a Roma per que-
Ai ragazzi il Papa chiede di non accontentarsi di una vita mediocre
La felicità non è un’app
sto Giubileo dedicato a voi. Hanno progettato, organizzato, preparato tutto per
voi, e questo dava loro gioia, anche se magari rinunciavano a un viaggio per loro.
Questa è la concretezza dell’amore. Amare
infatti vuol dire donare, non solo qualcosa
di materiale, ma qualcosa di sé stessi: il
proprio tempo, la propria amicizia, le proprie capacità.
Guardiamo al Signore, che è invincibile
in generosità. Riceviamo da Lui tanti doni, e ogni giorno dovremmo ringraziarlo...
Io vorrei chiedervi: voi ringraziate il Signore ogni giorno? Anche se noi ci dimentichiamo, Lui non si scorda di farci
Da tutto il mondo in piazza San Pietro
«Era importante venire qui a pregare
con i ragazzi di tutto il mondo». Lo ha
ripetuto a decine di giornalisti padre Manuel,
uno dei sacerdoti che hanno accompagnato
127 adolescenti dal Belgio a Roma.
Fra loro anche una trentina provenienti
dal distretto di Molenbeek, tristemente noto
per essere stato la base dei recenti attentati
di Parigi: «La risposta giusta all’odio — ha
detto — è proprio la forza della fede
e dell’amicizia che si vive
in giornate come questa».
Anche loro erano tra le decine di migliaia
di ragazzi che domenica 24 aprile hanno
riempito, sin dalle prime ore della mattina,
piazza San Pietro per la messa presieduta
da Francesco. Un mare di persone
punteggiato da bandiere e striscioni
di tutti i colori, a testimonianza che la risposta
alla chiamata del Papa è giunta da ogni parte
del mondo. «È commovente — ci ha detto
l’arcivescovo Fisichella — vedere migliaia e
migliaia di adolescenti con il sorriso sulle
labbra e con nel cuore il desiderio di tornare a
casa per essere protagonisti e impegnarsi».
«La cosa che li ha colpiti di più — ha
aggiunto — è stata proprio il ritrovarsi qui
così numerosi: molti vengono da piccole
parrocchie, piccoli gruppi, e fare questa
esperienza di Chiesa universale
è per loro veramente importante».
Emozionatissimi, Anxhela, 16 anni, e Klodian,
15 anni, ci hanno parlato di «un’esperienza
bellissima», di «una grazia speciale»,
di «un sogno che si avvera» e di come
riporteranno a casa l’invito di Francesco
a essere misericordiosi. I due fanno parte di
un piccolo gruppo di dieci adolescenti
provenienti dall’Albania: «Il pellegrinaggio —
ci ha spiegato Fra Nicola Troisi, della missione
dei celestini a Durazzo, nella parrocchia di
Bize — è stato organizzato dalla cattedrale di
Tirana e i ragazzi sono stati scelti
tra le famiglie più povere della diocesi».
Molti più chilometri hanno percorso diciotto
ragazzi provenienti dalla diocesi coreana
di Incheon. Kang Min Seo e Seo Eugene,
ci hanno raccontato di non essere arrivati
direttamente a Roma: prima, infatti, hanno
fatto altre tappe in Italia, visitando molte
chiese e luoghi legati al ricordo di miracoli.
«Ci siamo commossi — hanno detto — nel
vedere l’opera del Signore, e siamo felici
perché, anche se in pochi giorni, abbiamo
fatto una grande esperienza di amicizia:
cercheremo di crescere nella misericordia
come ci ha chiesto Papa Francesco».
Il riferimento alle parole e alle esortazioni
del Pontefice è continuo: la scintilla è
scoccata, la sintonia è piena e tutti
apprezzano il linguaggio di Francesco, diretto,
semplice, coinvolgente. Il dialogo ha trovato
il suo culmine durante l’omelia,
interrotta da numerosi applausi.
In piazza c’erano anche i rappresentanti
di tre fondazioni — Jesus Film Media,
Cristonautas e Ramón Pané — che, nel kit
distribuito ai ragazzi dal Pontificio consiglio
per la promozione della nuova
evangelizzazione, hanno messo a disposizione
anche un dvd in sedici lingue
contenente un film sul Vangelo di Luca.
La messa ha avuto inizio alle 10.30. Con il
Papa hanno concelebrato i cardinali Arinze,
Bertone, Bagnasco e Monterisi, che poi,
insieme agli arcivescovi Fisichella e Ruiz
Arenas, sono saliti all’altare per la liturgia
eucaristica. Tra i concelebranti c’erano
in tutto dieci tra vescovi e arcivescovi e circa
novecento sacerdoti. Erano presenti anche il
prefetto della Casa Pontificia, l’arcivescovo
Gänswein, e il reggente della Prefettura,
monsignor Sapienza.
«Misericordiosi come il Padre»,
cantava in latino il coro della Cappella
Sistina, diretto da monsignor Palombella,
durante la breve processione d’ingresso
sotto la loggia centrale della basilica da dove
pendeva il drappo con il logo del giubileo
realizzato da padre Rupnik. E a entrare
nella logica della misericordia sono stati
invitati a più riprese gli adolescenti giunti
a Roma per l’anno santo.
A ognuno è stata donata una bandana gialla
con disegnate le opere di misericordia
corporali. A venti di loro il Papa, dopo la
comunione, ha consegnato simbolicamente
una croce che è stata data a tutti i partecipanti
al pellegrinaggio. Il piccolo oggetto da un
lato mostra il volto di Gesù, mentre sull’altro
c’è uno specchio dove ogni giovane può
vedere la propria immagine. Per tutti l’invito a
farsi missionari e annunciatori della
misericordia del Padre «in piedi e a testa
alta», con la gioia della propria identità
cristiana.
Dopo quest’ultimo, caloroso invito, al termine
della preghiera del Regina caeli, Francesco è
salito a bordo della papamobile e ha salutato i
ragazzi con un lungo giro in piazza.
ogni giorno un dono speciale. Non è un
regalo da tenere materialmente tra le mani
e da usare, ma un dono più grande, per la
vita. Che cosa ci dona il Signore? Ci dona
la sua amicizia fedele, che non ci toglierà
mai. È l’amico per sempre, il Signore. Anche se tu lo deludi e ti allontani da Lui,
Gesù continua a volerti bene e a starti vicino, a credere in te più di quanto tu creda in te stesso. Questa è la concretezza
dell’amore che ci insegna Gesù. E questo
è tanto importante! Perché la minaccia
principale, che impedisce di crescere bene,
è quando a nessuno importa di te — è triste, questo —, quando senti che vieni lasciato in disparte. Il Signore invece è sempre con te ed è contento di stare con te.
Come fece con i suoi giovani discepoli, ti
guarda negli occhi e ti chiama a seguirlo,
a “prendere il largo” e a “gettare le reti”
fidandosi della sua parola, cioè a mettere
in gioco i tuoi talenti nella vita, insieme
con Lui, senza paura. Gesù ti aspetta pazientemente, attende una risposta, attende il tuo “sì”.
Cari ragazzi, alla vostra età
emerge in voi in modo nuovo
anche il desiderio di affezionarvi
e di ricevere affetto. Il Signore,
se andate alla sua scuola, vi insegnerà a rendere più belli anche l’affetto e la tenerezza. Vi
metterà nel cuore un’intenzione
buona, quella di voler bene senza
possedere, di amare le persone
senza volerle come proprie, ma
lasciandole libere. Perché l’amore è libero! Non c’è vero amore
che non sia libero! Quella libertà che il Signore ci lascia quando ci ama. Lui è sempre vicino
a noi. C’è sempre infatti la tentazione di inquinare l’affetto con
la pretesa istintiva di prendere,
di “avere” quello che piace; e
questo è egoismo. E anche la
cultura consumistica rafforza
questa tendenza. Ma ogni cosa,
se la si stringe troppo, si sciupa,
si rovina: poi si rimane delusi,
con il vuoto dentro. Il Signore,
se ascoltate la sua voce, vi rivelerà il segreto della tenerezza:
prendersi cura dell’altra persona,
che vuol dire rispettarla, custodirla e aspettarla. E questa è la
concretezza della tenerezza e
dell’amore.
In questi anni di gioventù voi avvertite
anche un grande desiderio di libertà. Molti
vi diranno che essere liberi significa fare
quello che si vuole. Ma qui bisogna saper
dire dei no. Se tu non sai dire di no, non
sei libero. Libero è chi sa dire sì e sa dire
no. La libertà non è poter sempre fare
quello che mi va: questo rende chiusi, distanti, impedisce di essere amici aperti e
sinceri; non è vero che quando io sto bene
tutto va bene. No, non è vero. La libertà,
invece, è il dono di poter scegliere il bene:
questa è libertà. È libero chi sceglie il bene, chi cerca quello che piace a Dio, anche se è faticoso, non è facile. Ma io credo che voi giovani non abbiate paura delle fatiche, siete coraggiosi! Solo con scelte
coraggiose e forti si realizzano i sogni più
grandi, quelli per cui vale la pena di spendere la vita. Scelte coraggiose e forti. Non
accontentatevi della mediocrità, di “vivacchiare” stando comodi e seduti; non fidatevi di chi vi distrae dalla vera ricchezza,
che siete voi, dicendovi che la vita è bella
solo se si hanno molte cose; diffidate di
chi vuol farvi credere che valete quando vi
mascherate da forti, come gli eroi dei film,
o quando portate abiti all’ultima moda.
La vostra felicità non ha prezzo e non si
commercia; non è una “app” che si scarica
sul telefonino: nemmeno la versione più
aggiornata potrà aiutarvi a diventare liberi
e grandi nell’amore. La libertà è un’altra
cosa.
Perché l’amore è il dono libero di chi ha
il cuore aperto; l’amore è una responsabilità, ma una responsabilità bella, che dura
Le nomine di oggi riguardano la Chiesa
in Paraguay e in Inghilterra.
Pedro Collar Noguera
ausiliare di Ciudad del Este
(Paraguay)
È nato il 9 settembre 1963 a Juan
León Mallorquín, nel dipartimento
dell’Alto Paraná. Ha seguito gli studi filosofici nel seminario metropolitano di
Asunción (1978-1983) e quelli teologici
nel seminario maggiore nazionale (19831989). Ha conseguito la licenza in diritto
canonico a Buenos Aires presso l’Università Cattolica argentina (1995-1998) e
ha svolto corsi per il dottorato in diritto
canonico presso l’Università Pontificia
di Comillas a Madrid (2006-2010). È
stato ordinato sacerdote il 7 giugno 1992
a Ciudad del Este. Successivamente è
stato vicario parrocchiale (1992-1994) e
L’appello del Pontefice durante il Regina caeli
Per i sequestrati in Siria
Un appello per la liberazione di tutti
«i fratelli vescovi, sacerdoti e religiosi,
cattolici e ortodossi, sequestrati da
molto tempo in Siria», è stato
lanciato dal Pontefice al Regina caeli
recitato al termine della messa per il
giubileo dei ragazzi.
Al termine di questa celebrazione
giubilare, il mio pensiero si rivolge
in modo particolare a voi, cari ragazzi e ragazze. Siete venuti
dall’Italia e da diverse parti del
mondo per vivere momenti di fede
e di fraterna convivialità. Grazie
per la vostra gioiosa e chiassosa testimonianza. Andate avanti con coraggio!
Ieri, a Burgos (Spagna), sono
stati proclamati Beati il sacerdote
Valentín Palencia Marquina e quattro suoi compagni martiri, giovani,
uccisi per la loro fede durante la
guerra civile spagnola. Lodiamo il
Signore per questi suoi coraggiosi
testimoni, e per loro intercessione
supplichiamolo di liberare il mondo da ogni violenza.
È sempre viva in me la preoccupazione per i fratelli vescovi, sacerdoti e religiosi, cattolici e ortodossi, sequestrati da molto tempo in
Siria. Dio Misericordioso tocchi il
cuore dei rapitori e conceda quanto
prima a quei nostri fratelli di essere
liberati e poter tornare alle loro comunità. Per questo vi invito tutti a
pregare, senza dimenticare le altre
persone rapite nel mondo.
Affidiamo tutte le nostre aspirazioni e le nostre speranze all’intercessione di Maria, Madre di Misericordia.
Dopo la benedizione il Pontefice ha
concluso l’incontro con queste parole.
Cari giovani, avete celebrato il
Giubileo: adesso tornate a casa con
la gioia della vostra identità cristiana. In piedi, a testa alta, e con la
vostra carta d’identità nelle vostre
mani e nel vostro cuore! Che il Signore vi accompagni. E, per favore, pregate anche per me. Grazie.
Nomine episcopali
moderatore dell’Equipo Sacerdotal della
parrocchia della cattedrale di Ciudad
del Este (1994-1995). Dopo gli studi di
diritto canonico presso l’Università Cattolica di Buenos Aires è divenuto parroco della cattedrale di Ciudad del Este e
giudice del tribunale ecclesiastico di seconda istanza del Paraguay (1998-2006),
poi vicario generale di Ciudad del Este
(2010-2011), giudice del tribunale ecclesiastico di seconda istanza (2011-2015),
cancelliere diocesano (2014-2015) e nuovamente vicario generale (dal 2016).
Paul Mason
ausiliare di Southwark
(Inghilterra)
È nato a North Shields, nella diocesi
di Hexham and Newcastle (Inghilterra),
il 6 novembre 1962. Ha conseguito il
baccalaureato in lingue e istituzioni europee presso l’Istituto politecnico di
Leeds. Ha ricevuto poi la formazione seminaristica presso il Venerabile English
College a Roma, conseguendo la licenza
in filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana. Ha ottenuto in seguito
un master in Medical ethics presso il
King’s College di Londra. È stato ordinato sacerdote, per l’arcidiocesi di Southwark, il 25 luglio 1998. Dopo gli studi,
tornato in patria, è stato prima nominato cappellano presso gli ospedali St.
Thomas e Guy di Londra (2001). In seguito ha svolto vari incarichi presso la
Conferenza episcopale. Nel 2011 è diventato educatore presso il seminario di Allen Hal, e direttore della formazione
permanente del clero. Nel 2013 è stato
nominato vicario episcopale per il Kent
e, l’anno successivo, membro del consiglio dell’arcivescovo.