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legal thriller ambientato tra salotti romani, politica e spettacolo. E scorrerebbe sui volti di un
cast affascinante: Elio Germano,
Valeria Golino, Neri Marcoré, Michele Riondino, Claudio Santamaria e altri, capitanati dalla collega Cinzia Mascoli. Peccato che
attori di rango, allenati ai ruoli
scomodi e nella vita inclini all’impegno, qui non recitino: raccontano invece un pezzo di zona grigia, una battaglia per il riconoscimento di tutele e compensi, i cosiddetti “diritti connessi” ai passaggi di opere cinematografiche, musicali o audiovisive su
network radio e tv (Rai, Mediaset, Sky, La 7).
Una storia vera, con fiumi di
denaro. E con un titolo ostico:
che fine ha fatto la massa di fondi mai distribuiti dal vecchio
Imaie, l’ex istituto mutualistico,
alla folla di artisti interpreti ed
esecutori che ne avevano diritto? Quasi cento milioni: in un
cantuccio da anni. Perché? È la
domanda a cui ora un’inchiesta
della Procura di Roma sui vertici
del nuovo Imaie proverà a rispondere. Misteri che hanno spinto
questi artisti, caduto l’opaco monopolio del vecchio Imaie, a costituirsi in una società di distribuzione dei profitti, la Artisti 7607,
guidata dalla Mascoli.
I riflettori si riaccendono così
sulla vicenda che qualcuno voleva sepolta. Ed è rabbia per quello
che Marcoré chiama «un triste
garbuglio», che Germano indica
come «una storia piena di zone
d’ombra», e che la Mascoli definisce «una commedia italiana che
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non fa ridere», sebbene per questa definizione sia stato chiesto
loro un risarcimento di mezzo
milione.
Perché quel tesoro è rimasto lì
congelato? Per quale scopo o convenienze si è consumato un abuso? Tra le motivazioni, una grottesca: non si trovavano i destinatari da pagare. Intanto dilagavano sprechi, assunzioni clientelari, truffe. E ancora: come mai i
commissari liquidatori di oggi
(3 milioni di parcelle, in tutto)
hanno affidato alla stessa struttura operativa del vecchio Imaie
il compito di ricalcolare le quote
degli artisti, considerata l’incapacità del passato? L’inchiesta
penale è in mano al pm Paolo
D’Ovidio, indaga la Gdf. Tra gli
indagati, i commissari liquidatori Giovanni Galloppi, Enrico Laghi e Giuseppe Tepedino. E il
nuovo cda: Sabino Mogavero,
Andrea Marco Ricci, Silvano Picardi, Franco Trevisi, con il presi-
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dente, l’avvocato Andrea Micciché (in lieve conflitto d’interesse, essendo anche stimato consulente di Emi, Raitrade e Fox Italia). L’ipotesi: abuso d’ufficio.
Tra i primi ad essere sentiti, il
professor Laghi, assistito dall’avvocato Carlo Longari. Il quale, interpellato, non ha tempo: «Nessuna opacità, siamo sereni».
Sarcasmo: «Hanno costretto
gli attori a ragionare, incredibile», accusa Elio Germano, l’attore pluripremiato in versione capelli rasati, dal set francese dove
veste i panni di Francesco d’Assisi. «E poiché quello che scoprivamo sul sistema Imaie non ci piaceva per niente, appena c’è sta-
ta la liberalizzazione, ci siamo organizzati senza intermediazioni: per distribuire con trasparenza ed efficienza». Risorse e criteri che ormai vedono radicalizzarsi lo scontro. Da un lato il nuovo
Imaie nato nel 2010 dalle ceneri
del vecchio, estinto dal prefetto
di Roma per «incapacità gestionale» un anno prima e messo in
liquidazione. Dall’altro, appunto, la 7607, ormai sotto attacco
con sei contenziosi. L’ultimo
duello ha visto prevalere il nuovo Imaie. «Ma non è vero che ci
hanno bloccato 3 milioni – sostiene la Mascoli – la controparte ha
ottenuto una inibitoria per quei
soldi che restano da distribuire
della cosiddetta copia privata
2012-2013, somme di molto inferiori, su cui abbiamo promosso
reclamo. E ci auguriamo che i giudici esamineranno accuratamente gli atti». Un Marcoré affilato
aggiunge: «A peggiorare tutto,
ci si è messo il decreto 2014 che
invece di riordinare la materia,
ha interrotto la liberalizzazione,
assegnando singolari vantaggi
all’ex monopolista Imaie». Anche Santamaria va giù duro: «Abbiamo registrato conflitti di interessi, anomalie, è bene se ne occupino i pm».
Prossima udienza al civile, tra
due giorni. E intanto si apre il
nuovo filone, nella Procura guidata da Giuseppe Pignatone.
Mentre quelli di 7607 non mollano, neanche di fronte a condizionamenti e «ricatti» sui set.
Tenacia. Germano e Marcoré:
«In questo clima avvelenato, ci
sono pressioni e boicottaggi: con
l’obiettivo di penalizzare, nelle
produzioni, gli attori iscritti alla
nostra cooperativa». Cinzia Mascoli: «Può sembrare noioso, ma
se fosse un film, gli spettatori, vi
assicuro, starebbero con noi».
Un cast di livello, e un legal thriller non indolore.
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Un libro antisionista presentato alla
Fiera della piccola e media editoria “Più libri
più liberi” fa infuriare la comunità ebraica. E
il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, diserta l’evento a cui era stato invitato. A scatenare la polemica, il testo 4JPOJTNPJMWFSPOF
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Hart, fortemente critico sulla politica di Israele, fino a ritenere, ad esempio, che dietro l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre
ci possa essere stato un complotto dei servizi
segreti israeliani. Alla Fiera sono arrivate le
richieste di cancellare l’evento da parte di un
consigliere della Comunità ebraica. «Delirante povero ebreo» l’ha definito, su Facebook, il
curatore del volume Diego Siragusa, che ieri
mattina, con l’editore Zambon, ha presentato il libro al Palazzo dei Congressi dell’Eur. Lo
stesso giorno in cui, cinque ore più tardi, doveva andare in scena l’incontro tra Di Segni,
la storica Anna Foa e il giornalista Fabio
Isman su “Gli abitanti del Ghetto di Roma” di
Angela Groppi, censimento della popolazione ebraica tra il 1555 e il 1796. Ma il rabbino
ha deciso di rinunciare all’appuntamento organizzato da mesi: «La manifestazione dell’editoria è libera di presentare quel che vuole,
io sono altrettanto libero di fare le mie scelte»
spiega. Ad annunciare alla sala piena il forfait è stata la Foa: «La comunità ebraica ha deROMA.
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ciso di dissociarsi dall’evento e il Rabbino per
protesta non verrà».
La querelle a Roma era già scoppiata il giorno prima: il 7 doveva essere la sezione dell’Anpi Don Pappagallo dell’Esquilino a presentare il volume di Hart. Doveva, perché l’iniziativa è stata revocata dopo la durissima reazione del presidente dell’Ucei, Renzo Gattegna:
«È sconcertante che l’Anpi, che dovrebbe tutelare e diffondere ben altri valori, si faccia
promotrice di un’iniziativa di aperto odio antiebraico e antisraeliano» aveva tuonato.
«Non sapevamo nulla» si è scusato il presidente nazionale Carlo Smuraglia. Ed Ernesto Nassi, resposanbile locale, ha aggiunto: «Il volume non è in linea con i nostri principi che rifiutano qualsiasi forma di antisemitismo».
Scelta diversa per la Fiera dei piccoli editori. «Dopo la richieste di annullare la presentazione - spiega la coordinatrice Silvia Barbagallo - abbiamo verificato il contenuto del libro
per accertarci che, al di là delle posizioni rigide sul sionismo e la questione palestinese,
non ci fosse nulla di antisemita. Abbiamo invitato i rappresentanti della comunità a confrontarsi con noi perché le critiche ci sono
sembrate eccessive e politiche. Abbiamo seguito l’incontro e non c’è stata alcuna allusione razzista. Nulla di offensivo nemmeno nel libro a nostro avviso, e così abbiamo deciso di
andare avanti».
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Repubblica Nazionale 2015-12-09