Partorire in anonimato oggi

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Partorire in anonimato oggi
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VENERDÌ
13 NOVEMBRE 2015
CUNEO
La Guida
Sono quasi tutte donne italiane, che antepongono il valore della Vita alla possibilità di una relazione col figlio
Partorire in anonimato oggi
All’ospedale di Cuneo nove casi dal 2008: circa uno l’anno, a fronte di 300 aborti
Cuneo - Al dolore dell’abbandono e alla lacerazione
della separazione antepongono il valore della Vita e nel
momento stesso in cui nascono come madri ‘biologiche’
accettano di morire come madri ‘accudenti’.
Sono le donne che ancora
oggi scelgono di partorire in
anonimato e di non riconoscere i igli alla nascita, creature che di lì a breve saranno
dichiarate adottabili dal Tribunale per i minorenni e afidate alla famiglia adottiva ritenuta più idonea.
Una prassi antica, da sempre trasversale a tutte le culture e a tutte le classi sociali, ben consolidata sul nostro
territorio, dove nel XIX secolo si contavano ino ad 800
abbandoni l’anno, come testimoniato dalla ricerca condotta da Alessandra Demichelis,
autrice del volume “N.N. Storie di trovatelli in provincia
di Cuneo tra Ottocento e Novecento”, e come raccontato
dalla mostra fotografica “L’Istituto provinciale per l’infanzia, una storia per immagini”,
recentemente allestita negli
spazi della Provincia.
Proprio al tema dell’assistenza all’infanzia e alla maternità nella storia dell’Ipi di
Cuneo è stato dedicato, martedì 3 novembre, un convegno
svoltosi in Sala Falco che, tra
gli altri, si è avvalso del contributo della dottoressa Maura Anfossi. Psicologa e psicoterapeuta, dal 2006 consulente dell’Azienda ospedaliera
Santa Croce e Carle di Cuneo,
l’Anfossi ha indagato il fenomeno del parto in anonimato,
con le sue storie e le sue ferite,
nell’attualità.
“Dal 2008 ad oggi - ha spiegato - all’ospedale di Cuneo
hanno scelto di partorire come “anonimo anonimo” (così sono indicate sulla cartella clinica le gestanti che non
riconosceranno i nascituri,
ndr) nove donne. Di queste,
un paio erano cuneesi, le altre provenivano da altre zone. Dei bambini venuti alla luce, sette sono stati dati in adozione, uno è nato morto ed
uno è stato riconosciuto dalla madre biologica allo scadere del tempo utile prima della
dichiarazione di adottabilità”.
Impressionante il divario
tra il numero delle interruzioni volontarie di gravidanza e quello dei parti in anonimato: “a Cuneo - ha precisato
l’Anfossi - si registra circa un
parto in anonimato l’anno, a
fronte di più di 300 aborti”.
Da sfatare anche il ‘mito’
che vede nelle donne straniere le più inclini ad abbandonare i igli alla nascita: dei no-
ve parti suddetti, otto erano a
carico di donne italiane e uno
solo di una donna di nazionalità albanese. “Le donne straniere - ha spiegato la psicologa - non hanno le resistenze
ed il radicamento sul territorio necessari a portare avanti
una scelta così impegnativa”.
Ma qual è l’identikit di queste madri?
“Di solito, - ha raccontato la
relatrice - queste donne si accorgono della gravidanza non
nell’immediato, ma dopo due
o tre settimane di ritardo del
ciclo mestruale. Subito s’informano per l’ivg (interruzione volontaria di gravidanza),
ma allo scadere del tempo utile, alla dodicesima settimana,
vi è un ripensamento (“Partorisco - si dicono -, porto avanti il bambino finché posso e
poi lo dono ad un’altra donna”) e si cerca un’alternativa.
Dai servizi sociali il caso viene segnalato all’ospedale, che
seguirà la gestante ino al parto. Durante la gestazione ha proseguito - queste donne
continuano a lavorare, anche
molto, sono ligie ai controlli
sanitari e mettono in atto tutte le strategie per garantire il
benessere del nascituro, con il
quale cercano, però, di porre
una certa distanza psicologica, almeno ino al parto”.
Ma come fa una donna a
Chiede alla tesoreria 61 mila euro per pagare i fornitori ed esce dalla Fiaso
prendersi cura del bimbo
che ha in grembo, sapendo
che poi questo figlio non sarà suo?
“Le donne che partoriscono in anonimato - ha dichiarato la psicologa - sono donne
che hanno molto radicato il
valore della Vita e hanno una
grande iducia nella forza della Vita. Pensano che l’esistenza del iglio valga più del legame che potrebbero instaurare
con lui: rinunciano alla relazione col iglio, ma non gli tolgono la possibilità di vivere,
pensando che qualcun altro,
poi, si prenderà cura di lui
meglio di quanto potrebbero
fare loro. Sono, infatti, donne
dalle vite profondamente ferite e con scarsa iducia in se
stesse, donne di grande resistenza, ma incapaci a proteggersi. Dei nove casi suddetti,
solo una gravidanza era frutto
di una violenza sessuale, le altre erano scaturite da relazioni occasionali o durature che
avevano visto fuggire gli uomini al momento opportuno”.
E dopo il parto che cosa
succede?
“Questa è sempre un’incognita, - ha affermato l’Anfossi
- perché davvero il parto per
una donna è un evento trasformativo che sconfina nel
mistero e nell’indicibile. Di
solito questi sono parti veloci,
Cuneo - I bambini dell’Istituto provinciale per l’infanzia in una foto d’epoca (Archivio Provincia).
senza lamenti, che avvengono in solitudine: sono lo specchio della vita di queste donne. Una volta venuto alla luce
il bambino, si deve scegliere
se vederlo o meno. E anche se
tutte arrivano all’ultimo colloquio dicendo che non lo vogliono vedere, alla ine non ci
riescono. A questo punto avviene il distacco, con il dolore
che ne consegue. Otto su nove donne hanno, comunque,
riconfermato la scelta. Qualcuna ha scritto al iglio un biglietto, una frase, una lettera,
indicando magari il nome che
avrebbe scelto per lui”.
A volte, però, arriva anche la decisione inaspettata,
come quella di Monica (nome di fantasia), donna vedova, già madre di un iglio, con
un compagno più giovane di
lei che nel momento in cui
lei si scopre incinta la abbandona. Monica non vuole che
un altro suo iglio cresca senza padre, ma non se la sente di abortire e decide di portare avanti la gravidanza, nella convinzione di non riconoscere il nascituro. Allo scadere del 10° giorno dopo il parto, però, ci ripensa e decide di
tenere con sé il bambino. “Ed
ora - ha concluso Maura Anfossi - è felice della scelta che
ha fatto”.
Elisabetta Lerda
L’Asl Cn1 tra anticipi di cassa e risparmi
L’assessore Saitta rassicura che l’Hospice di Busca
oggi rimane dove è, ma se si dovrà ampliare chissà
Cuneo - L’Asl Cn1 ricorre all’anticipazione di cassa
chiedendo un consistente anticipo di liquidità per far fronte ai normali pagamenti obbligatori per legge e a quelli derivanti dalle forniture di beni e servizi al suo tesoriere, la
Bre Banca (che ino a settembre 2017 avrà la gestione del
servizio di tesoreria e cassa).
La delibera dell’Asl è del 4 novembre scorso, la motivazione per la richiesta di anticipo è
che al momento non sono state trasmesse dalla Regione indicazioni deinitive relative al
finanziamento 2015. L’anticipazione richiesta, anche per
l’anno 2016, è di 61.428.924
euro (che corrisponde a un
dodicesimo dei ricavi del bilancio consuntivo 2014, che è
Cuneo - (mc). “Posso garantire che nel breve periodo all’Hospice di Busca non
cambierà assolutamente nulla e quindi non vi sono rischi
di trasferimento del servizio”.
Sono parole dell’assessore regionale alla sanità Antonio
Saitta che rassicura sull’attuale situazione dell’Hospice di
Busca che rimarrà tale, cioè a
Busca e con lo stesso tipo di
servizio.
Come già riportato da La
Guida la scorsa settimana anche l’assessore Saitta non sa
però dire che cosa succederà
in futuro, nel caso in cui si dovessero, come spetta al territorio cuneese (in base a un calcolo che tiene conto del numero di popolazione e di morti
per tumore), ampliare i posti
quello che ancora fa fede, di
737.147.099).
L’anticipo servirà per garantire un regolare lusso dei pagamenti e consentire l’erogazione dei servizi sanitari senza
soluzione di continuità da parte del Sistema Sanitario. Questo considerando anche che
gli incassi straordinari del cosiddetto decreto Sbloccafondi
per la Sanità, hanno permesso di ridurre considerevolmente l’esposizione verso i fornitori privati e pubblici che erogano assistenza, primi fra tutti i
Consorzi socio assistenziali.
Alle anticipazioni ordinarie,
a cui l’Asl non faceva ricorso
dal giugno scorso, viene applicato un tasso di interesse passivo spread +1,94%.
Ben altre le cifre sul fron-
te dei risparmi dove si registra
la delibera del 28 ottobre con
cui l’Asl Cn1 ha deciso il recesso dalla Fiaso, la Federazione Italiana delle Aziende Sanitarie e Ospedaliere, dall’anno
2016. Il risparmio che ne deriva è di 7.500 euro di contributo associativo annuo. Scopo
della Fiaso è la “tutela le istanze delle sue associate, la maggior parte delle aziende sanitarie e ospedaliere e degli istituti
di ricovero e cura del Paese (in
Piemonte le Asl di Asti, Biella, Cuneo2 che è anche la coordinatrice regionale, Torino1,
Torino2 e l’Aso Santa Croce)
presso tutti i tavoli di discussione di politica sanitaria e di
governance delle aziende sanitarie”. Sarà un vero risparmio?
Massimiliano Cavallo
DENTI NUOVI E FISSI IN GIORNATA? OGGI È POSSIBILE
per le cure palliative dagli 11
attuali ai 23 a cui avrebbe diritto.
“Certamente - continua
Saitta - bisognerà ragionare sul se, sul come e sul quando attivare ulteriori posti letto di Hospice rispetto agli 11
attuali, pur sapendo che l’immobile attualmente occupato
non consente un ampliamento
dell’attività. Nel medio e lungo
periodo si dovrà affrontare il
tema di come ampliare l’offerta, ma certamente verrà fatto
con il coinvolgimento del territorio, delle amministrazioni
locali e delle associazioni dei
cittadini”.
La risposta di Saitta sull’Hospice di Busca è arrivata in
consiglio regionale di mercoledì 11 novembre al cosiddetto
question time. Una risposta diretta a un’interpellanza posta
dal consigliere cuneese Maria
Carla Chiapello che, a seguito
degli articoli de La Guida, interrogava l’assessorato sul futuro dell’Hospice di Busca.
“L’Hospice è uno dei quattro
servizi della struttura di Cure Palliative dell’Asl Cn1 - ha
concluso Saitta -, sotto la direzione del dr. La Ciura, e svolge un’attività molto importante su un territorio assai ampio.
Siamo di fronte a un esempio virtuoso di integrazione
tra ospedale e territorio: nella
struttura operano medici, infermieri e oss adeguatamente
formati e molta parte dell’attività (anche in convenzione
con la Lilt e l’Adas) è di tipo
domiciliare”.
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