Il Commissario Ricciardi,L`autodromo di Pomezia

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Il Commissario Ricciardi,L`autodromo di Pomezia
JURASSIC WORLD –
QUANDO LA NATURA
SI RIBELLA ALLA
GENETICASPETTACOLO
Sono passati più di venti anni, il sogno di John Hammond è diventato realtà: In
quel luogo lontano e misterioso chiamato Isla Nublar il Jurassic World richiama
ogni giorno migliaia di visitatori e, si cerca sempre di inserire spettacolari e
nuove attrazioni . Dopo qualche anno però, il terribile T-Rex, i Velociraptor, e
gli enormi erbivori sembrano non richiamare più la stessa mole di visitatori. Ci
si abitua a tutto, anche all’esistenza di un parco con dinosauri.
Ed allora, per ravvivarne l’interesse, la responsabile delle
operazioni del parco Claire Dearing e quel monello di un
genetista capo Henry Wuche già si era distinto in follie
all’epoca del mitico “Jurassic Park” decidono di creare un
nuovo dinosauro usando tecniche di ingegneria genetica,
combinando i DNA di diverse specie.
Il nuovo mostro che dovrà sorprendere tutti, nascerà da questa fusione folle e
sarà l’agghiacciante Indominus Rex. Cresciuto in isolamento dopo aver divorato
il suo unico fratello, l’Indominus sta per essere presentato al pubblico. Ma
proprio sul più bello, il gigantesco dinosauro riuscirà a fuggire dal suo
imponente recinto, scatenando il panico tra le migliaia di visitatori del parco.
In poche parole la nuova creatura dell’ex regista, ora produttore Steven
Spielberg è tutta qui. Una prosecuzione ideale del primo Jurassic Park, questo
imponente kolossal promette di battere tutti i recod dei film di genere. Sono
lontani i tempi di “Godzilla” eppure il plot narrativo esplode sempre allo
stesso modo, con questa ribellione della natura (in questo caso della
manipolazione genetica diremmo meglio) contro l’uomo, sempre avido di emozioni
nuove e senza nessun limite etico e ecologico.
Sicuramente
questo
riaccenderà
nei
progetto,
giovanissimi
perché
la
chiamarlo
nuova
film
sarebbe
“dinosauro-mania”,
riduttivo,
così
come
la
generazione dei genitori di adesso fu folgorata da quel primo epico film diretto
dal Maestro Spielberg, che sembra giocare con le sue creature più mostruose
della sua carriera, addirittura facendo in una sequenza divorare il “suo”
squalo, quasi un tenero peluche a confronto del mostruoso “Indominus Rex” di
adesso.
Diretto con anonima mano da
Colin Trevorrow , il film ha il cast giusto per
arrivare in quota, con Chris Pratt su tutti, che dopo la
caccia a Bin Laden in “Zero dark thirty” si cimenterà in una
cattura ancor più spietata, brava anche Bryce Dallas Howard,
già vista in “Spiderman 3” e nel meraviglioso “Hereafter”
del grande Clint, qui direttrice del terrificante parco
sempre schiacciata tra le regole del business e le sue
emozioni più intime.
IL COMMISSARIO
RICCIARDI
Il Commissario Ricciardi, il suo straordinario sguardo
sulla sua Napoli
La Napoli anni 30 rivive nella nostalgia, nel crimine e nella musica attraverso
la creatura letteraria del più talentuosa tra i giallisti italiani
Sabato 11 luglio, in Prima assoluta, la pièce teatrale Lo
sguardo di Ricciardi, una nuova produzione de I Concerti nel
Parco, protagonista MAURIZIO DE GIOVANNI, napoletano doc, lo
scrittore più venduto in Italia insieme ad Andrea Camilleri
e Gianrico Carofiglio, la cui fama è esplosa nel 2005 con la
presentazione al pubblico del bel tenebroso e inquieto
commissario Luigi Alfredo Ricciardi, salernitano di nobili
origini, che vive e lavora nella Napoli degli anni ’30, in
pieno periodo fascista.
In questa Napoli, di cui de Giovanni riesce a cogliere profumi, sapori, colori,
suoni, attorno alla figura del commissario si agita un’eterogenea umanità.
Un’umanità mossa, come dice Ricciardi, da due ragioni fondamentali, “fame” e
“amore”: il fedele brigadiere Maione, la balia Rosa che l’ha cresciuto essendo
rimasto orfano da piccolo, la giovane e timida Enrica contrapposta alla sexy e
fatale Livia, il femminiello Bambinella e l’integerrimo Dott. Modo che paga il
suo antifascismo con il confino.
Su drammaturgia e regia di Brunella Caputo, sarà proprio Maurizio de Giovanni a
salire sul
palco, insieme agli attori della Compagnia del Giullare e ai
musicisti dell’Electric Ethno Jazz Trio, per raccontare il suo protagonista in
concomitanza con l’uscita del suo nuovo e attesissimo libro incentrato proprio
sulle nuove indagini del commissario Ricciardi (‘Anime di vetro’ – ed. Einaudi).
L’intuito straordinario e la natura integerrima sono le caratteristiche di
questo straordinario personaggio, che è capace di stabilire misteriosamente un
ponte con l’aldilà tramite le sue visioni, una caratteristica, venuta fuori già
da bambino ed ereditata dalla madre e che lui si è abituato a chiamare “il
Fatto”. Il Commissario Ricciardi vede i morti, ma solo quelli di morte violenta,
con l’espressione dell’ultimo attimo prima della fine. Ne sente “le ultime
parole ripetute incessantemente, come a voler finire un lavoro cominciato
dall’anima prima di essere strappata via”. “Il Fatto” però gli infetta l’anima e
l’esistenza, non gli consente di avere amici né di amare una donna.
è quindi la sua condanna.
“Il Fatto”
Questo spettacolo parte proprio dal “Fatto”, analizzandolo
attraverso il pensiero e gli occhi di Ricciardi. Prosegue
poi con la Passione: la passione fisica attraverso il
personaggio
di
Livia,
la
passione
come
riconoscenza
attraverso il personaggio di Bambinella, la passione che può
condurre al delitto. Termina con l’Amore, quello di Enrica,
quello per Enrica. L’amore che non si riesce a dire, l’amore
che non si riesce a toccare.
Un viaggio attraverso tutti i romanzi della serie creata da Maurizio de
Giovanni, che segue un percorso intervallato da liriche e da brani musicali.
Durante questo percorso una voce, quella dell’autore, si unirà a quella degli
attori a dimostrazione che l’anima di ogni personaggio sta in quella di chi lo
crea.
Prima assoluta
Produzione I Concerti nel Parco
in collaborazione con Compagnia del Giullare
INFO LINE
06. 58.16.987 (attivo dal lun al ven dalle 11 alle 18)
INFO BOTTEGHINO 339 80.41.777
www.iconcertinelparco.it
INDIRIZZO:
Villa Doria Pamphilj – Area antistante Casa dei Teatri
Via di San Pancrazio, 10 – Roma
ORARIO SPETTACOLI
h. 21.30
In caso di maltempo gli spettacoli si svolgeranno al Teatro Vascello – Via G.
Carini 72
Hanno detto di Maurizio de Giovanni e del “Commissario Ricciardi”:
I numerosi personaggi sono così credibili nelle loro debolezze, desideri e
ipocrisie da moltiplicare il numero dei possibili colpevoli lasciando intatta la
suspence.
Corrado Augias
La capacità di commerciare tra la vita e la morte, questo continuo dar voce a
dei fantasmi, fa di Maurizio de Giovanni un grande scrittore napoletano.
Toni Servillo
L’AUTODROMO DI
POMEZIA PRONTO
PER LA FORMULA
UNO!
Finalmente avremo la Formula Uno a Pomezia. Era già nell’aria da un po’, da
quando, qualche anno fa fu aperta la prosecuzione di via Alcide De Gasperi, con
quella direttrice che con solo un paio di antipatiche rotatorie collega la 167 a
Torvajanica alta. Ma da marzo ormai il progetto ha preso forma, il tratto nuovo
di via Fratelli Bandiera che la connette alla via del Mare ha completato un
percorso che sicuramente sarà apprezzato dagli emissari di Jean Todt, Presidente
della FIA in visita a Pomezia in questi giorni.
Il circuito partirà dalla rotonda di via Salvo D’Acquisto, scendendo in un
rettilineo velocissimo su via Alcide De Gasperi, un piccolo rallentamento nella
chicane di Largo Brodolini, dove si farà un po’ di selezione, per poi
riaccelerare senza indugio per la discesa di viale Giuseppe Di Vittorio, dove si
potranno toccare i 350 km/h. Spianate due piccole rotatorie, i bolidi dovranno
affrontare il piccolo tratto di percorso pseudo-cittadino di Torvajanica alta,
dove verranno rimossi quei fastidiosissimi (ed unici) dossi limitatori di
velocità nonché quell’offensivo semaforo pedonale intelligente che limita la
corsa forsennata delle auto oggi, posizionato in un punto strategico della gara,
davanti all’attraversamento della scuola elementare.
Da li, svolta a destra per la provinciale 109b e poi ancora a tutta velocità nel
salitone della via del Mare, dove senza indugio le vetture potranno anche
sorpassarsi considerando che adesso si superano le auto gran turismo e i SUV
anche in una condizione di doppio senso di marcia.
Spazio riservato
all’arrivo
il punto più
veloce del
circuito
Attraversamento
pedonale nel
circuito
Saliti per circa 2 km si arriva alla parte finale, splendido slargo che sarà
adibito a settore per i box, che saranno posizionati difronte ai 16 pini. Da li,
superata la seconda chicane dei colli di Enea arriviamo al punto più veloce di
tutto il tracciato. Infatti girando a destra ecco la discesa e poi la salita che
porta a via Fratelli Bandiera, un rettifilo con una curva parabolica che porta
all’arrivo in salita dove si potrà far volare tutti i 750 cavalli motore fino
alla bandiera a scacchi proprio davanti alla farmacia.
Un progetto entusiasmante, che già sta accendendo i cuori dei piloti pometini,
impegnati da mesi in giri di prova sempre più veloci, sempre più pericolosi per
i pedoni che si trovano ad attraversare sul tratto di via Fratelli Bandiera e su
via Alcide De Gasperi, considerando che nella zona c’è il parco giochi per
l’infanzia più grande della città e diverse scuole primarie e superiori.
Fastidiosi orpelli, questi giovanissimi pedoni di chi vuole farsi trovare
preparato alla grande corsa e che sta affinando i tempi decimo dopo decimo di
secondo.
Del resto, l’estate tale circuito era già stato in passato ampiamente
sperimentato utilizzato come Motodromo, certo limitato perché la strada era
chiusa, costringendo i nuovi Valentino Rossi pontini a noiosissime inversioni a
U nel vialone, sempre di notte (si sa con il fresco le gomme rendono di più) e
sempre con le marmitte NON omologate.
Qualcuno, sempre i soliti guastafeste chiedono a gran voce i dossi limitanti la
velocità, che se posizionati nel circuito e nelle due vie oggetto delle nuove
aperture, porterebbero ad una notevolissima riduzione dei rischi per i pedoni,
oltre che ad un cospicuo abbattimento dell’inquinamento acustico che nelle calde
notti che ci aspettano potrebbe addirittura far riposare più serenamente la zona
più popolosa e popolare di Pomezia.
Ma tali limitazioni poi, a fronte di un insignificante miglioramento della
sicurezza, mortificherebbe tutte le speranze dei nostri corridori automobilisti,
che non potrebbero più esercitarsi nelle strategia per migliorare i tempi di
qualifica.
Speriamo
dunque
che
i
responsabili
della
viabilità
cittadina
e
l’amministrazione, con il Sindaco in testa che spesso si trova a passare proprio
di li nel percorso del circuito, NON prendano in considerazioni le richieste di
sicurezza, non si deve per pochi bambini che si ostinano ad attraversare in quel
tratto fermare le giuste ambizioni di chi vuole almeno arrivare sul podio a
fianco di Vettel e Hamilton!
Mauro Valentini
ROAD 47 – GLI
EROI PER CASO
DEL XXV APRILE
Vicente Ferraz è un regista brasiliano atipico, curioso com’è dell’aspetto
eroico e passionale che si nasconde dietro le piccole storie di eroi
dimenticati.
La vicenda vera del gruppo di suoi connazionali, genieri della forza di
spedizione carioca mandata senza troppa pubblicità in aiuto agli alleati in
Italia lo aveva affascinato da sempre, un mistero quasi considerando la
neutralità ufficiale del Brasile nel conflitto almeno fino all’attacco di Pearl
Harbour nel 1942.
Nel dicembre del 1944, sull’appennino Tosco-Emiliano la squadra sudamericana è
afflitta e quasi vinta dal freddo a cui nessuno è abituato più che dalla guerra
di posizione lungo la linea gotica. Poi, nel tentativo di sminare un campo
tedesco ha un incidente, perde la bussola emotiva e si disperde nel ghiaccio e
nella neve.
L’incontro con un connazionale corrispondete di guerra, con un disertore
italiano misterioso e di poche parole e con un tedesco quasi moribondo ma che
conosce bene la mappa dove si è seminato ordigni di morte costruiranno una
vicenda umana ed incredibile, come solo la realtà sa essere a volte.
Girato in Friuli, sotto un freddo che si sente anche davanti lo schermo, con un
percorso narrativo a metà tra il film di guerra e l’introspezione umana,
agganciato nello stile al capolavoro di Renoir “ La grande illusione”, Ferraz
restituisce un film toccante e avvincente, prologo perfetto dell’anniversario
del 25 Aprile.
Questi uomini anti eroi, che cercano il riscatto e la salvezza hanno i volti
perfetti del nostro Sergio Rubini, grande attore quando non è costretto a
dirigersi da solo, uno dei “nostri” che si supera in intensità e bravura, ma
bravi sono tutti i protagonisti, dal Paulista Francisco Gaspar al tedesco
Richard Sammel, centrale in questa storia di lotta, paura, eroismo e redenzione.
Non era facile non cadere nello stereotipo del classico War-Movie, non
aspettatevi il didascalico “Miracolo a San’Anna” di Spike Lee per intenderci, in
una terra straniera, impervia e di cui non si riconoscono le motivazioni di
tanto orrore questi eroi lontani e sconosciuti sanno commuoverci. E Ferrez fa il
suo “miracolo”, restituendogli gloria postuma e l’umana pietà.
Mauro Valentini
Road 47
Un film di Vicente Ferraz. Con Sergio Rubini, Daniel de Oliveira, Francisco
Gaspar, Thogun, Julio Andrade. Titolo originale A Estrada 47. Drammatico, durata
108 min. – Italia, Brasile, Portogallo 2013. Data uscita al cinema: 23/04/201
NESSUNO SI SALVA
DA SOLO. IL
RITORNO DELLA
COPPIA
CASTELLITTOMAZZANTINI
Riccardo Scamarcio e Jasmine Trinca
una scena del film
«…e in mezzo a questo mare cercherò di scoprire quale stella sei perché mi
perderei se dovessi capire che stanotte non ci sei…»
Ci vorrebbe giusto una sera dei miracoli per Gaetano e Delia, in questa loro
prima cena da ex marito e moglie. C’è da pianificare le vacanze dei loro
bambini, ma dall’esplosione immediata di parole sguardi e rancori si capisce
subito che in gioco c’è molto, molto di più.
Lo sfondo di un locale alla moda quasi si scolora difronte alla bellezza dei
due, uno di fronte all’altro, pieni di armi e di munizioni, di livore e di
rimpianto. «I signori hanno scelto?» chiede la cameriera…
Inizia così la quinta opera da regista di Sergio Castellitto, terza tratta da un
libro di sua moglie Margaret Mazzantini, primo film senza la sua presenza in
scena. Inizia così, con questa cena lunga una vita intera il film più bello del
regista romano, il più introspettivo, maturo ed equilibrato.
Una storia drammatica che non cade mai nel melò, divertente e tragica come può
esser la vita di tutti i giorni, due ragazzi che diventano genitori, la
difficoltà di restare uniti, le debolezze e le cadute di stile e la fine di un
amore.
Il tutto scandito da flashback, chiusi dentro un ristorante Gaetano e Delia
percorreranno rinfacciandosi e raccontandosi i loro migliori anni, per scoprire
che forse proprio parlarsi, mettersi a nudo è l’unica via per salvarsi.
Una fotografia perfetta, regolare come le geometrie del villaggio Olimpico e del
ristorante dove tutto si srotola, quasi un confronto stonato con la irregolarità
delle forme e delle menti dei due protagonisti che, con la loro straordinaria
voglia di vivere conquisteranno ed emozìoneranno chi si riconoscerà in questa
storia, siano essi padri, madri ex mariti ed ex mogli, figli nonni e amanti.
Due attori meravigliosi, il meglio del nostro cinema in questo momento, Jasmine
Trinca a cui forse manca quel pizzico di ironia sul suo sguardo doloroso ma
straordinariamente efficace, la sua miglior performance seconda soltanto al
capolavoro di Giorgio Diritti “Un giorno devi andare” di due anni fa, mentre
Riccardo Scamarcio è davvero a suo agio in un ruolo profondo ma leggero, una
prova d’attore completa, pronto prontissimo per il suo primo David di Donatello.
A Castellitto poi occorre riconoscere una qualità rara nel cinema italiano,
l’abilità nello scegliere i personaggi di contorno. Anna Galiena, Massimo
Bonetti e (udite udite) Roberto Vecchioni sono bravissimi, essenziali in una
trama avvincente dal primo all’ultimo secondo.
«Nessuno si salva da solo» quasi li implorerà l’anziano Vito, che ha ascoltato e
osservato per tutta la cena Gaetano e Delia dal tavolo vicino, quasi uno
spettatore dentro al film anch’egli e che ad un certo punto entrerà in scena a
restituire, come un angelo caduto dal cielo, quell’umanità e quella speranza che
i due ex coniugi avevano creduto perduta.
Il miracolo del confronto e dell’ascolto dunque, un messaggio chiaro e pieno di
speranza, un grande film, con una struttura perfetta, quasi come la canzone di
Lucio Dalla che fa da sottofondo ad un finale di questa bellissima storia, un
finale aperto e ricco di sorprese: « È la notte dei miracoli fai attenzione,
qualcuno nei vicoli di Roma ha scritto una canzone.
Lontano una luce diventa sempre più grande nella notte che sta per finire è la
nave che fa ritorno,
per portarci a dormire.»
Mauro Valentini
LA TEORIA DEL
TUTTO
MAI ARRENDERSI AL DESTINO
“Finchè c’è vita, c’è speranza“. Questa frase risuona nella mente e nel cuore
per molto tempo, dopo aver visto il film La teoria del tutto.
James Marsh ci racconta la straordinaria storia della vita e delle “passioni”
del dottor Stephen Hawking e della signora Hawking (la prima). La storia è
narrata attraverso gli occhi di questa donna apparentemente debole, ma in grado
di compiere delle scelte potenti che richiederanno una grande forza d’animo. Il
film è, infatti, tratto dal libro Travelling to infinity: my life with Stephen
scritto da Jane Wilde Hawking nel 2008.
Il tempo è l’argomento che Stephen sceglie per la sua tesi di dottorato a
Cambridge, e proprio lo scorrere del tempo è la chiave del film: i tempi
dell’università e delle birre con gli amici, il primo incontro con Jane, la
diagnosi
di
una
malattia
che
colpisce
i
motoneuroni,
la
scelta
di
non arrendersi, il matrimonio, i figli, la scienza… il tutto scandito dal lento
ed inesorabile peggioramento della malattia. Grazie alla fotografia di Benoit
Delhomme e ai costumi di Steven Noble, il trascorrere dei decenni è chiaramente
percepibile.
Nonostante la malattia, ciò che contraddistingue Stephen è un grande senso
dell’umorismo e una buona dose di autoironia. E nel film questo suo lato è reso
bene dai dialoghi. Da non dimenticare che il professor Hawking si è spesso
prestato ad interpretare se stesso in serie tv come Big Bang Theory, Star Trek o
i Simpson e che nel 1993 registrò “Keep Talking” con i Pink Floyd.
Un intenso Eddie Redmayne incarna quest’uomo dalle mille sfaccettature e ci
emoziona ad ogni difficoltà e ad ogni successo. Accanto a lui una Felicity Jones
drammatica, pronta e viscerale nel riportare gli stati d’animo, i dubbi e le
gioie derivanti dalle scelte compiute dalla sua Jane.
Emily Watson, che interpreta la madre di quest’ultima, ha una breve parte, ma
cruciale. Con maestria riempie questo poco tempo, portando lo spettatore a
domandarsi se sta davvero offrendo soluzioni così “sciocche” alla figlia in
difficoltà o se ha un piano, al di là della comprensione di chi osserva. Ed è
così che entra in scena un aitante Charlie Cox, direttore del coro della
chiesa frequentata da Jane, nonchè insegnate di musica del figlio.
Ma uno dei personaggi che più mi sta a cuore è il professor Sciame, interpretato
da un sempre coinvolgente David Thewlis.
Questo film va visto, criticato, amato o odiato. Di certo non può passare
inosservato. Ed il fatto che prenda spunto dal libro della prima moglie di
Hawking, ancora sua grande amica, lo salva con successo dalla banalità nella
quale sarebbe potuto cadere.
Renata Marcelli
OSCAR 2015 – LA
CORSA ALLA
STATUETTA TRA
GUERRA, SOGNI E
ARTE
Come al solito contenti e scontenti, la lista dei candidate agli Oscar suscita
sempre discussioni, anche perché fregiarsi o meno di una nomination vale quasi
un 20% in più al botteghino.
Birdman di Alejandro Gonzalez Inarritu e The Grand Budapest Hotel di Wes
Anderson sono i film che ottengono il maggior numero di candidature. Entrambi
totalizzano nove nomination, inclusa quella al miglior film.
The Imitation Game, splendido racconto del mistero del Codice Enigma nazista ne
ottiene otto, mentre American Sniper di Clint Eastwood e Boyhood sei. A cinque
si fermano La teoria del tutto, Foxcatcher, Whiplash e Interstellar.
Grande sconfitto Gone Girl di David Fincher: candidatura di Rosemund Pike a
parte, manca le nomination principali, film e regia. Aldilà del tema di assoluta
attualità si è colto forse tra i giurati qualcosa di già visto che non ha fatto
bene al film, giustamente escluso l’insicuro Ben Affleck tra i candidati come
miglior attore.
Tra i titoli che si contendono l’Oscar ci sono American Sniper, Birdman,
Boyhood, The Grand Budapest Hotel, The Imitation Game, Selma, The Theory of
Everything e Whiplash.
Eastwood (American Sniper) e Ava DuVernay (Selma), tuttavia, vengono esclusi
dalla corsa alla miglior regia, scelta che lascia un po’ perplessi, per cui si
sfideranno Iñárritu (Birdman), Linklater (Boyhood), Wes Anderson (The Grand
Budapest Hotel), Morten Tyldum (The Imitation Game) e Bennet Miller, regista di
Foxcatcher.
Tra le candidate alla statuetta di miglior attrice, Julianne Moore crediamo non
possa evitare di vincerla, insidiata questo si solo dall’outsider (si fa per
dire) Marion Cotillard che tanto ha commosso per la sua interpretazione di Due
giorni e una notte.
Cerimonia di premiazione il prossimo 22 febbraio. Ecco tutti i candidati:
Miglior film
American Sniper
Birdman
Boyhood
Grand Budapest Hotel
The Imitation Game
Selma
La teoria del tutto
Whiplash
Miglior regia
Alejandro G. Inarritu per Birdman
Richard Linklater per Boyhood
Bennett Miller per Foxcatcher
Wes Anderson per Grand Budapest Hotel
Morten Tydlum per The Imitation Game
Miglior attore protagonista
Steve Carell per Foxcatcher
Bradley Cooper per American Sniper
Benedict Cumberbatch per The Imitation Game
Michael Keaton per Birdman
Eddie Redmayne per La teoria del tutto
Migliori attrice protagonista
Marion Cotillard per Due giorni, una notte
Felicity Jones per La teoria del tutto
Julianne Moore per Still Alice
Rosamund Pike per L’amore bugiardo
Reese Witherspoon per Wild
Miglior attore non protagonista
Robert Duvall per The Judge
Ethan Hawke per Boyhood
Edward Norton per Birdman
Mark Ruffalo per Foxcatcher
J.K Simmons per Whiplash
Miglior attrice non protagonista
Patricia Arquette per Boyhood
Laura Dern per Wild
Keira Knightler per The Imitation Game
Emma Stone per Birdman
Meryl Streep per Into the Woods
Miglior sceneggiatura originale
Birdman
Boyhood
Foxcatcher
Grand Budapest Hotel
Lo sciacallo
Miglior sceneggiatura non originale
American Sniper
The Imitation Game
Vizio di forma
La teoria del tutto
Whiplash
Miglior film straniero
Ida (Polonia)
Leviathan (Russia)
Tangerines (Estonia)
Timbuktu (Mauritania)
Storie Pazzesche (Argentina)
Miglior film d’animazione
Big Hero 6
The Boxtrolls
Dragontrainer 2
Song of the Sea
The Tale of the Princess Kaguya
Miglior fotografia
Birdman
Grand Budapest Hotel
Ida
Mr. Turner
Unbroken
Miglior montaggio
American Sniper
Boyhood
Grand Budapest Hotel
The Imitation Game
Whiplash
Miglior scenografia
Grand Budapest Hotel
The Imitation Game
Into the Woods
Mr. Turner
Migliori costumi
Grand Budapest Hotel
Vizio di forma
Into the Woods
Maleficent
Mr. Turner
Miglior trucco e acconciature
Foxcatcher
Grand Budapest Hotel
Guardiani della Galassia
Migliori effetti speciali
Captain America: The Winter Soldier
Apes Revolution
Guardians of the Galaxy
Interstellar
X-Men: Days of Future Past
Miglior sonoro
American Sniper
Birdman
Interstellar
Unbroken
Whiplash
Miglior montaggio sonoro
American Sniper
Birdman
Lo Hobbit
Interstellar
Unbroken
Miglior colonna sonora originale
Grand Budapest Hotel
The Imitation Game
Interstellar
Mr. Turner
La teoria del tutto
Miglior canzone
The Lego Movie
Selma
Beyond the Lights
Begin Again
Glen Campbell… I’ll be me
Miglior documentario
Citizenfour
Finding Vivian Maier
Last Days in Vietnam
The Salt of the Earth
Virunga
Mauro Valentini
GIADA, A POMEZIA
È NATA UNA
STELLA
La riconoscono e la conoscono tutti, cammina per Pomezia circondata dai sorrisi
compiaciuti dei suoi concittadini che la considerano ( e la chiamano) la stella
della città. Giada Agasucci il canto lo aveva nel sangue, fin da piccola. In un
certo senso era una predestinata.
Per gentile concessione di GMS
19 anni ma già con un curriculum di esperienze di tutto rispetto. Ha il sorriso
sicuro e soddisfatto, mi stringe la mano con una sicurezza che mi sorprende, si
sente a suo agio in quel fisico minuto e nella fama che non l’ha assolutamente
travolta; la sua città in un certo senso la protegge, le fa sentire il calore ma
la rispetta. Vivere ai margini della grande metropoli non l’ha danneggiata anzi…
: «Il fatto di esser di Pomezia non mi ha penalizzato molto, certo è più
difficile quando si è adolescenti trovare scuole adatte rispetto ad una grande
città, hai meno scelta. Ma in fondo siamo così vicini a Roma, di contro
l’aspetto positivo è proprio questo affetto che senti tutto attorno, anche se
non proprio da tutti».
Credo di capire che qualche coetaneo non ha digerito il suo successo, qualche
piccola acredine affiora ma è solo un attimo. Le ritorna subito quel suo sorriso
bellissimo.
« Ho iniziato a fare concorsi da piccolissima, a 7 anni ho partecipato al “Free
music “ di Pomezia, quello l’ho fatto per diversi anni ogni estate, cantare mi
piaceva davvero. A 13 anni ho iniziato la scuola di canto sempre qui a Pomezia,
poi ho vinto un concorso per uno stage alla Filarmonica di Ardea, un anno molto
importante. Gli ultimi tre anni ho studiato e perfezionato all’Artès, la scuola
di Brignano, sempre qui in zona quindi, con un insegnante bravissimo come Delio
Caporale».
Una quantità di vittorie e di premi ai concorsi canori in giro per l’Italia; la
lista è lunghissima a leggerla nel sito ufficiale, questo fino alle soglie dei
18 anni .
Poi… Amici !
«Ho sempre avuto il desiderio di andare ad Amici, mi ci vedevo proprio su quel
palco! Poi quando sei li, ti sembra un sogno. Ci sono arrivata superando tutte
le selezioni. La prima fu un caos, tantissimi ragazzi, pochi secondi di canzone
e via, nel secondo provino invece ho cantato tre canzoni, in quella sede è tutto
più tranquillo, ti fanno delle domande, ti conoscono anche per come sei . Poi
superato anche quello, un’altra audizione, ho cantato ancora alcune canzoni, poi
uno stage di tre giorni e sono stata scelta».
Un programma che forma giovani talenti sotto tutti i punti di vista, un
concentrato di esperienza.
«Esperienza bellissima, dal punto di vista artistico ed umano. Artisticamente ci
sono grandi Maestri, un laboratorio dove impari tantissimo. A livello umano ti
matura tanto, il rispetto delle regole, lo studio, la professionalità. E poi
passando dal programma pomeridiano a quello serale, ero nella squadra di Miguel
Bosè. Lui è bravissimo, è un grande! Sotto tutti i punti di vista, artistico
perché mi dava consigli, mi ha insegnato tante cose su come stare sul palco,
sceglieva i brani adatti a me, un uomo di spettacolo completo. Ma anche una
persona dalla grande umanità, pensa dopo la prima puntata ero rimasta l’unico
componente femminile della sua squadra, si è istaurato un bel rapporto. Una
fortuna poter imparare da un artista come lui».
Tanti duetti durante la gara, prestigiosissimi: «i due più emozionanti per me
sono stati quelli con i Modà e con Antonello Venditti. Con i Modà è stato di una
intensità musicale notevole, ho suonato con la mia band i Kube e abbiamo fatto
un loro pezzo che adoro: La sua bellezza. Con Antonello Venditti ho cantato
Amici mai e soprattutto Notte prima degli esami. Bellissimo, pensa, qualche
settimana e poi avrei dato gli esami di maturità anche io. Antonello è stato
gentilissimo, beh, lui è proprio forte!».
E poi l’eliminazione dalla gara nelle battute finali. Come l’hai presa?
« Non mi sono abbattuta, ero soddisfatta di quello che avevo fatto, sai, lo dico
serenamente, pensavo di vincere, lo avrei meritato, ma va bene cosi».
Subito dopo, il 3 giugno esce “Da capo” ,EP d’esordio con la Sony, il singolo
(scritto da ha un grande paroliere figlio d’arte come Cheope) è un successo.
Parte il tour proprio da Pomezia, la piazza gremita così non si era mai vista,
l’entusiasmo di tanta gente che ha fame di cose belle.
«Pomezia mi ha riempito di affetto, tantissima gente. Ho capito che cantare dal
vivo mi da grandissime emozioni, un tour di tante date, esperienza che non vedo
l’ora di riproporre».
(Il video del concerto di Giada a Pomezia il 5 luglio 2014)
http://www.dailymotion.com/video/x20y09e_giada-agasucci-concerto-a-pomezia-5-lug
lio-2014-siamo-amore_music
Giada ha partecipato poche settimane fa alla trasmissione “l’anno che verrà” su
Rai Uno, trasmissione cult del 31 dicembre sulla prima rete nazionale. Un
turbine di musica e spettacolo visto da 9 milioni di spettatori. «Mi sono
trovata benissimo, ho incontrato i ragazzi di Amici e c’erano grandissimi
artisti. Flavio Insinna poi con la sua grande umanità ha creato un bel clima, mi
sono divertita tanto. Ho avuto anche la possibilità di conoscere Pino Daniele,
che colpo aver appreso pochi giorni dopo della triste notizia».
L’abbiamo vista spavalda e sicura in TV, anche in questa ribalta di Capodanno,
dopo che i critici di Amici la definirono una della più telegeniche. Giada mi
anticipa la domanda, me la legge nello sguardo: «Io sono una cantante,
assolutamente. Farei TV solo se ci fosse comunque la possibilità di cantare».
Da poco più di un anno ha un sodalizio affiatato con Marco Canigiula, autore,
musicista e produttore che con Francesco Sporta ha scritto il nuovo singolo:
“Dove ci siamo persi”. Canigiula crede molto in Giada, la ricopre di attenzioni.
Li osservo, Giada, Marco e Francesco, seduti in questo meraviglioso locale che
ci fa da ciarliero sottofondo.
Percepisco tra loro una sintonia rara nel mondo artistico e ho la sensazione che
Marco abbia l’ambizione giusta e la chiave per aprire le porte del successo
della giovane Pometina : «Voglio costruirle musicalmente parlando un vestito
perfetto intorno alle sue qualità, ho creduto in lei appena l’ho ascoltata».
(Il video della versione acustica di “ Dove ci siamo persi”)
https://www.youtube.com/watch?x-yt-cl=84359240&x-yt-ts=1421782837&v=wkIn_M-br1I
Con l’etichetta Cantieri Sonori Giada ha appena lanciato il nuovo singolo: “Un
uomo migliore” che anticipa l’uscita dell’album previsto per questa primavera.
La canzone appare più che mai attuale nel suo messaggio di solidarietà
interculturale. Un altro tassello di questo disco tanto atteso.
L’intervista è finita, Giada ha fretta, ha un incontro con il Sindaco Fabio
Fucci che l’ha invitata negli uffici comunali di Piazza Indipendenza. «Chissà
che cosa mi dirà…», mi guarda per cogliere la mia reazione e sorride in maniera
disarmante. Il tempo di salutarci sotto il sole accecante e freddo di gennaio e
in controluce piano piano sparisce, andando verso la Piazza e la Torre civica,
andando incontro veloce e leggera verso un futuro di successo a cui sembra
predestinata.
Mauro Valentini
( info: www.giadaagasucci.com )
(il video del singolo “Un uomo migliore”)
https://www.youtube.com/watch?v=CjyLIAnKR6w&feature=youtu.be
THE IMITATION
GAME – IL CODICE
ENIGMA E LA
MACCHINA DI
TURING
«Se stai attraversando l’Inferno, fallo a testa alta» (Winston Churchill).
Gli alleati avevano un segreto.
In quei terribili anni della Seconda Guerra Mondiale i nazisti sconvolgevano il
mondo con attacchi sincronizzati via terra e via mare, affondando mercantili e
navi strategiche e bombardando le città inglesi.
Comunicavano, gli uomini di Hitler, le loro posizioni e gli ordini da eseguire
attraverso un sistema criptato detto “Codice Enigma”, sofisticato per tutti, o
meglio… quasi per tutti.
“The Imitation Game” racconta la storia vera di un segreto di stato, la
decodifica del codice tedesco da parte di un manipolo di cervellotici
cervelloni, con a capo un certo Alan Turing.
Ma non si pensi ad un film di guerra… le milioni di milioni di combinazioni
possibili per decrittare quel codice fanno da sfondo quasi ad una bellissima
storia umana, vera e sconosciuta ai più, di questo ragazzo saccente e geniale
con un cuore solitario e disperato, investito nel compito niente meno che da
Churchill in persona.
Il genio della matematica Alan chiede ed ottiene finanziamenti ed anche del
tempo, preziosissimo considerando l’urgenza bellica, per elaborare la sua
“Macchina di Turing”, antesignana, preistorica ma efficace antenata di quegli
aggeggi che tutti ormai chiamiamo Computer.
Quasi un gruppo di Via Panisperna dunque, ragazzi giovani e spensierati che la
guerra inchiodò al servizio di Sua Maestà e della libertà cercando di trovare il
bandolo della matassa di un codice che stava bruciando il mondo. Una storia
commovente ed avvincente che Morten Tyldum, regista norvegese di successo, ha
diretto con sapienza in bilico tra thriller e racconto epico senza mai cadere
nella retorica.
Una storia che restituisce dignità postuma ad un uomo che rimase segnato da
quell’esperienza e dai pochi anni che visse successivamente, un film bellissimo
e commovente, interpretato da un gruppo di attori britannici affiatatissimi, tra
cui spicca il protagonista, un intenso Benedict Cumberbatch, insieme a Keira
Knightley, a suo agio nel ruolo dell’eroina che ormai le si addice e a Mark
Strong, forse la rivelazione più grande di questo grande film.
Gli alleati mantennero il segreto; per 50 anni non fecero trapelare il fatto che
avessero decifrato il Codice Enigma, costrinsero questo gruppo di ragazzi eroici
a non dire niente a nessuno, nessuno avrebbe saputo fino ai giorni nostri che
grazie a loro si rese possibile lo sbarco in Normandia, la fine con due anni di
anticipo della guerra e che, in base a recenti studi si risparmiarono 14 milioni
di vite nel conflitto.
Tutto grazie ad Alan Turing e alla sua infernale macchina benedetta.
Mauro Valentini
.
BIG EYES – TIM
BURTON RACCONTA
L’ILLUSIONE DI
KEANE
Tim Burton torna nel mondo degli umani, anzi, racconta dopo venti anni dal
meraviglioso Ed Wood un’altra storia vera eppur incredibile, l’epopea familiare,
artistica e legale dei coniugi Keane e dei loro meravigliosi “Big Eyes”.
La pittrice Margaret Ulbrich (raccontata nel film dalla voce narrante dal
cronista Dick Nolan) nella puritana California degli anni ’50 fugge dal marito
con la figlia piccola, per approdare a San Francisco, città viva e vivace già
allora. Margaret si mantiene facendo ritratti per la strada, tutti con una
caratteristica: quella di aver occhi enormi, espressivi e spudoratamente
invasivi. Ha talento Margaret, se ne accorgono tutti, anche quel filibustiere di
nome Walter Keane, di professione agente immobiliare ma che arrotonda cercando
qualcuno che si compri le sue vedute di Parigi, che dipinge senza passione e con
tecnica scolastica.
Amy Adams
Walter si innamora di Margaret ( o del suo talento?) e la sposa immediatamente,
cercando di aiutarla nel far conoscere i suoi quadri. Sarà poi l’astuzia di
Keane ed il caso a far precipitare i loro rapporti mentre i quadri con la firma
“Keane” dipinti da Margaret ma venduti come fossero di Walter cominceranno a
riempire le riviste e le pareti di mezzo mondo.
Un film si è detto Hollywoodiano, un cocktail di colori, grande musica,
scenografia e costumi splendidi, Tim Burton conosce il mezzo, ha l’arte del
racconto e nessuno dei 114 minuti del film ha il marchio della banalità.
Locandina del film
Eppure qualcosa in quest’opera segna il passo; salta all’occhio proprio questa
estrema cura che snatura il cinema di Burton, ne frena l’ardore e lo rende
omologato lui che è il genio e la sregolatezza in persona.
La delusione più grande però ce la riserva il protagonista Christoph Waltz,
finora osannato dalla critica per le sue meravigliose performance Tarantiniane,
ma che lontano dallo sguardo folle e geniale di Quentin mostra tutti i suoi
limiti, che sono davvero tanti. Waltz restituisce un Keane troppo ammiccante,
teatrale e grottesco che alla terza battuta e al secondo sguardo fintamente
sorpreso stanca ed indispettisce.
Anche qui come nel sopravvalutato “Carnage” di Roman Polanski, l’attore viennese
appare non all’altezza del compito, mentre è bravissima Amy Adams che come in
Her e The Master si cala con i suoi occhioni (tanto per rimanere in tema con il
film) nel poliedrico personaggio di Margaret con picchi di intensità emotiva che
lasciano il segno.
Nota finale per la musica fluida e placida di Danny Elfman, che accompagna da
sempre il genio di Burton mentre incanta l’elettro-pop di Lana Del Rey, che con
la canzone tema del film si avvia a vincere il Golden Globe e forse l’Oscar.
Keane