cs_IV concerto stagione sinfonica

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cs_IV concerto stagione sinfonica
Ivrea, dicembre 2003.
COMUNICATO STAMPA
Venerdì 9 gennaio 2004, alle ore 21, presso l’Auditorium ex “Officina H” Olivetti di Ivrea
(via Montenavale, angolo via Jervis), si terrà il IV Concerto della Stagione Sinfonica 20032004 dell’Orchestra Sinfonica Giovanile del Piemonte, che vedrà protagonista assoluta
l’Orchestra del Teatro Regio di Torino, per la prima volta ospite ad Ivrea della nostra
Associazione.
Il programma musicale della serata prevede l’esecuzione di musiche di Mendelssohn,
Respighi e Mozart. Sul podio il giovane direttore Marco Zambelli.
PROGRAMMA
Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809 – 1847)
Le ebridi (La grotta di Fingal), Ouverture op. 26
Ottorino Respighi (1879 – 1936)
Gli uccelli, Suite per piccola orchestra
Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791)
Sinfonia n. 41 in do maggiore, K. 551 “Jupiter”
Marco Zambelli. Nato a Genova nel 1960, Marco Zambelli ha completato gli studi classici e musicali nella
sua città natale. Dopo il diploma in organo e composizione organistica, clavicembalo e musica da camera
conseguito al Conservatorio Statale di Musica “N. Paganini” di Genova, si è trasferito al Conservatoire
Superieur di Ginevra dove ha studiato con Lionel Rogg. L’attività concertistica, come solista e in formazioni
cameristiche, è stata anche confortata, oltre che dal successo di pubblico, dal Premier Prix de Virtuosité in
organo e improvvisazione e dal Secondo Premio al Concorso Internazionale di Kaltern, ottenuti nel 1986.
Nel frattempo l’interesse per la polifonia vocale lo ha condotto sul versante della direzione corale, con gli
incarichi dapprima presso la Maitrise des Petits Chanteurs de la Côte d’Azur a Grasse (F) e poi all’Opéra de
Lyon, dove è stato maestro del coro dal 1989 al 1992 e, fino al 1994, anche direttore degli studi musicali. La
direzione d’orchestra è il successivo passo naturale della carriera di Marco Zambelli: l’esperienza alla testa
del Coro e dell’Orchestra dell’Opéra gli ha offerto l’opportunità di collaborare in qualità di assistente di
maestri di fama internazionale come Maurizio Arena, Emanuel Krivine, Bruno Campanella, Neville Marriner e
John Elliot Gardiner e di partecipare alle registrazioni discografiche di Béatrice et Bénédict e Roméo et
Juliètte di Hector Berlioz; Les Dialogues des Carmélites di Francis Poulenc; Turandot di Ferruccio Busoni:
Don Giovanni e Die Zauberflöte di Wolfgang Amadeus Mozart.
La carriera di direttore è iniziata ufficialmente nel 1994 al Teatro Vittorio Emanuele di Messina con il dittico
La serva padrona/Il maestro di cappella e da allora include alcuni dei titoli più rappresentativi del repertorio
operistico, che Zambelli ha diretto in Europa, negli Stati Uniti e in Estremo Oriente. È salito inoltre sul podio
di alcune delle più importanti orchestre internazionali, come la London Concert Orchestra, la Royal
Philharmonic Orchestra e la London Philharmonic Orchestra in altrettanto prestigiose sale da concerto quali
la Barbican Hall di Londra, la Bridgewater Hall di Manchester e la National Concert Hall di Dublino.
L’Orchestra del Teatro Regio è l’erede del complesso fondato alla fine del secolo scorso da Arturo
Toscanini, che ne fu direttore stabile e artistico. Dal 1967 è l’Orchestra stabile della Fondazione lirica
torinese ed è il fulcro della stagione d’opera e di balletto. Negli ultimi anni il complesso è stato protagonista
di spettacoli di gran successo, come La damnation de Faust di Berlioz nell’allestimento di Luca Ronconi,
insignito nel 1992 del “Premio Abbiati” dell’associazione nazionale dei critici musicali italiani, La bohème di
Puccini in occasione del centenario con Luciano Pavarotti e Mirella Freni, l’Assassinio nella cattedrale di
Pizzetti con Ruggero Raimondi, Fedora di Giordano con Mirella Freni e Plácido Domingo. In ambito lirico
l’Orchestra si è esibita con i solisti più celebri, quali José Carreras, Renata Scotto, Alfredo Kraus, Raina
Kabaivanska, Renato Bruson, José Cura, Barbara Frittoli, Anna Caterina Antonacci; in ambito sinfonico con
Salvatore Accardo, Uto Ughi, Aldo Ciccolini, Michele Campanella, Enrico Dindo, Gianluca Cascioli. Alla
guida del complesso si alternano direttori di fama internazionale come Jeffrey Tate, Yuri Ahronovitch, Daniel
Oren, Peter Maag, Aldo Ceccato, Gianluigi Gelmetti, Roberto Abbado, Evelino Pidò, Bruno Bartoletti, Bruno
Campanella, Pinchas Steinberg, Semyon Bychkov. Protagonista di registrazioni radiotelevisive e di incisioni
discografiche (da segnalare l’integrale delle sinfonie di Čajkovskij con Vladimir Delman), è stata ospite di vari
festival e teatri stranieri. Nell’Ottobre 2000 ha rappresentato a Nizza Sly con José Carreras all’Acropolis e
Zazà con Leo Nucci all’Opéra. Nella primavera 2001 è stata protagonista di una grande tournée sinfonica in
Francia con esecuzioni a Parigi, Tolosa, Tolone e Lione. Sotto la guida del maestro John Mauceri
l’Orchestra ha inciso un cd di arie d’opera con Angela Gheorgiu per la Decca. Nel 2000 l’Orchestra è stata
insignita del Premio Internazionale “Viotti d’Oro” conferito dalla Società del Quartetto di Vercelli. L’Orchestra
e il Coro del Teatro Regio hanno inoltre inciso per la Nuova Era Il barbiere di Siviglia di Rossini e il Don
Pasquale di Donizetti con Bruno Campanella e nel 1997 la Hardy Classic ha pubblicato il video della
rossiniana Elisabetta, regina d’Inghilterra, direttore Gabriele Ferro, protagonisti Lella Cuberli, Daniela Dessì
e Rockwell Blake.
FELIX MENDELSSOHN-BARTOLDY
(1809-1847)
Le Ebridi (La Grotta di Fingal), Ouverture op. 26
Durante il suo viaggio in Scozia nell’agosto del 1829, Mendelssohn invia al padre poche righe: «Per rendere chiaro a
me stesso quale strano stato d’animo io abbia provato alle Ebridi, mi è venuto in mente ciò che segue» e, tracciato a
mano, un doppio pentagramma fitto di note, proprio quelle che si era appuntato sul taccuino di viaggio durante la visita
alla Grotta di Fingal, sull’isola di Staffa, dove la leggenda voleva che avesse vissuto l’antico bardo Ossian, il cantore
dei miti nordici divenuti tanto popolari nell’Europa Sturm und Drang.
Nei tre anni seguenti Mendelssohn lavora su questi primi schizzi spontanei e ne trae la cellula melodica alla
base del tema fondamentale di tutta la futura Ouverture. Tuttavia, come gli accadeva spesso, rimane a lungo
scontento delle elaborazioni e, ancora nel 1831 scrive alla sorella Fanny: «Non posso eseguire Le Ebridi
perché non le trovo abbastanza a buon punto. Il passaggio centrale è proprio banale, e il cosiddetto sviluppo
sa più di contrappunto che di olio di pesce, di gabbiani e di merluzzo, mentre dovrebbe essere il contrario».
Da queste parole è evidente il desiderio di un continuo riferimento alla visione marina, fino a restituire,
attraverso i suoni, le impressioni ricevute dalla percezione uditiva, visiva e addirittura olfattiva.
Nella sua forma definitiva l’Ouverture assume le proporzioni di una sinfonia, in cui la cellula tematica viene enunciata
fin dall’inizio: sono le onde di un mare calmo che lambiscono timide la costa. Ben presto però fluiscono dalle zone più
scure dell’orchestra altri temi che, attraverso passaggi dal tono maggiore al minore, incrementano progressivamente il
vortice delle acque nel loro impetuoso rincorrersi e infrangersi per poi rinascere incessantemente.
OTTORINO RESPIGHI
(1879-1936)
Gli uccelli, suite per piccola orchestra
Gli uccelli costituiscono un tipico esempio dell’interesse per la rievocazione dell’arcaico che ha caratterizzato gran
parte della produzione di Respighi. Lo stesso sottotitolo rivela l’ispirazione barocca dell’opera, che si articola in cinque
brevi sezioni in cui l’autore realizza la rielaborazione di brani del Sei-Settecento ispirati al verso di quattro uccelli: la
colomba, la gallina, l’usignolo e il cucù. I quattro pennuti protagonisti si presentano subito tutti insieme alla ribalta, in
un brioso Preludio (Allegro moderato) dal carattere quasi operistico.
Segue La colomba (da Jacques de Gallot), in cui armonizzazione e abbellimenti peculiari della musica
barocca convivono con la tavolozza coloristica dell’ultimo Romanticismo. La pace e l’innocenza di cui la
colomba è simbolo vengono evocate attraverso il canto tranquillo e un po’ trasognato dell’oboe e del flauto,
cui fa da sfondo un rapido fremito dei violini che imitano il tubare dell’uccello.
All’intimità de La colomba fa da contrasto improvviso La gallina (da La poule di Rameau) – un
«divertimento» dove suoni striduli e impertinenti si combinano con una ritmica marcata per realizzare
movenze tanto pronunciate da essere addirittura caricaturali. La formula chiave della composizione è il
chiocciare petulante della gallina che viene subito suggerito dai violini – con l’arco balzato sulla corda – e poi
viene ribadito in successione da fagotti, archi e trombe. La pagina è pervasa di pizzicati sottilmente ironici
degli archi e di versi ora gutturali ora gracidanti del clarinetto e dell’oboe secondo un caleidoscopio di
soluzioni orchestrali che si conclude con un grido protratto e strozzato delle trombe, quasi a suggerire una
triste fine per il pennuto.
L’usignolo rimanda alla pagina di un anonimo inglese del 1600 ed è tutto giocato sui toni smorzati del piano
e pianissimo, con i quali viene tratteggiato il clima misterioso e notturno del brano. Sin dalle prime battute
ottoni e contrabbassi (in una sorta di wagneriano «mormorio della foresta») ambientano il nuovo quadro in
un’atmosfera soffusa sulla quale si staglia la morbida melodia del flauto: sono i gorgheggi dell’usignolo a cui
farà eco l’ottavino. Sullo sfondo si intreccia un sottobosco di spunti melodici e timbrici che sfumano
lentamente l’uno nell’altro, in un disegno piuttosto ricercato. Nella ripresa il canto si scurisce passando dal
flauto al corno, si moltiplica nei gorgheggi dei legni e infine, attraverso lievi gradazioni, viene ricondotto
all’atmosfera assorta dell’inizio.
Nell’Allegro seguente (tratto dalla Toccata con lo scherzo del cucco di Bernardo Pasquini) la terza minore
discendente, onomatopea del verso del cuculo, rimbalza tra le sezioni dell’orchestra con gaia insistenza.
Ben presto il contagioso “cucù” si accompagna ad un brulicante motivo di sottofondo che man mano si
afferma come protagonista anche nelle improvvise divagazioni (Più largo), dove si assiste dapprima a una
schiarita melodica entusiastica, poi a una parentesi riflessiva.
Con la ripresa dell’Allegro iniziale tutti gli strumenti vengono progressivamente coinvolti in un turbinio sempre
più festoso che porta alla conclusione della suite.
WOLFGANG AMADEUS MOZART
(1756-1791)
Sinfonia n. 41 in do maggiore K. 551 (Jupiter)
Nell’estate del 1788, nella tranquilla casetta di periferia dove si è da poco trasferito, Mozart compone in
poche settimane le ultime tre sinfonie, «opere complementari nello spirito, nello stato d’animo e nel colorito
orchestrale che costituiscono il grande lascito sinfonico di Mozart» (Mila).
Il primo aspetto che cattura l’attenzione dell’ascoltatore della Jupiter (soprannome attribuito alla K 551
dall’impresario londinese Salomon) è l’immediato accostamento di due temi dal carattere contrastante, uno
veemente e poderoso, l’altro dolce e interrogativo. In effetti il tratto peculiare dell’opera è proprio la
rivoluzionaria commistione dei linguaggi della sinfonia, della musica da camera (evidente nella
strumentazione intima di certi passaggi) e dell’opera buffa, di cui viene citato un piccolo tema, tratto dall’aria
mozartiana Un bacio di mano. Proprio questo materiale “leggero” diventa il protagonista dello sviluppo dove
è rielaborato fino a mutare fisionomia. Dopo una falsa ripresa si ha un secondo svolgimento, questa volta
imperniato sul primo tema dal carattere marziale, ora un po’ ridimensionato dall’organico ridotto. All’inizio del
secondo tempo (Andante cantabile), gli archi in sordina presentano il primo tema pacato, come una timida
aspirazione, alla quale l’immediato e rude forte sembra opporre un secco «No!». Ora è difficile presagire gli
elementi drammatici successivi: accentuazioni violente, dissonanze e sincopi dense di affanno che generano
un clima di tensione e instabilità così profonde che, al ritorno dell’idea iniziale, le nubi non possono essere
credibilmente dissipate. Il Minuetto e il Trio presentano temi garbati che si susseguono agevolmente come a
creare un’oasi di tranquillità prima del Finale. Ciononostante, sotto l’esteriorità galante, si ascolta un
minaccioso mormorio di numerosi elementi messi in contrappunto, pronti a esplodere da un momento
all’altro. Il brano più vasto e complesso dell’intera sinfonia è il Finale, composto di episodi ad imitazione che
intrecciano un fittissimo gioco di richiami tematici. Esordisce deciso un motivo di quattro note derivante dalla
musica liturgica: è il celebre «motto» comparso innumerevoli volte nelle pagine di Mozart e, ironia della
sorte, anche nella prima Sinfonia K 16. A questo tema si uniscono altre cellule brevi che, per la loro
essenzialità, si prestano a essere coinvolte in un incalzante gioco polifonico che giunge alla saturazione
nella grandiosa Coda. Alla fine ricompare a sorpresa la piccola “fanfara” ascoltata subito dopo il «motto»,
che, estranea agli intrecci che hanno coinvolto gli altri motivi, può assicurare alla complessa polifonia una
scintillante risoluzione.
Laura Brucalassi
BIGLIETTI.
Prevendita presso il Liceo Musicale di Ivrea (corso Massimo d’Azeglio n. 69, tel.
0125425123, dalle ore 14 alle ore 19, dal lunedì al venerdì); gli eventuali biglietti ancora
disponibili saranno messi in vendita direttamente presso il botteghino dell’Auditorium ex
“Officina H” a partire da un’ora prima dell’inizio del concerto.
• Ingressi: da € 11 a € 13.
Hanno diritto all’acquisto di un biglietto a prezzo ridotto i giovani nati dal 1978, le persone
che abbiano compiuto il 65° anno di età e i Soci Aderenti della Nuova Società Musicale di
Ivrea.
L’Ufficio Stampa.
Andrea Sicco – Valeria Monte
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